Coordinamento
Nazionale per la Jugoslavia



Poesie sparse
contro la guerra e per la libertŕ



VOCI DALLA FOSSA COMUNE

(Per il giorno dei morti. In vece di un sermone)


Qui noi giaciamo, giŕ da tempo sfatti.

Voi di passaggio dite: dormon profondo.

Ma noi giaciam rivolti e senza sonno,

perchč il timor di voi ci tiene svegli.

Abbiam la terra in bocca. E stiamo zitti.

Pur grideremmo acché la tomba esploda!

Pur grideremmo, dalle fosse, in piedi!

Ma abbiam la terra in bocca. Voi non sentite

altro che la chiacchiera del prete

che cerca col suo Capo affiatamento.

Il vostro caro dio non ha mai perso guerre

e vuole che diciate: Pace ai defunti!

Di dio apprezzerete i funzionari

che sulla fossa parlan del Dovere.

Noi sottoterra, lor di sopra, bravi,

dicon: "Non č la vita il bene piů prezioso".

Qui noi giaciam, la bocca pien di terra.

E non fu come pensavam del dopo:

perimmo. Perimmo senza scopo.

Voi un giorno appresso all'altro combattete.

Quattr'anni di massacri. Solo chiacchiere dopo.

Voi di passaggio dite: dormon profondo.

Quattr'anni di massacri. Un po' di fiori dopo.

Non creder mai a dio ne' alla sua gente!

Dannato sia chi non lo ha chiaro in mente!


 
STIMMEN AUS DEM MASSENGRAB

(Für den Totensonntag. Anstatt einer Predigt)


Da liegen wir und gingen längst in Stücken.

Ihr kommt vorbei und denkt: sie schlafen fest.

Wir aber liegen schlaflos auf den Rücken,

weil uns die Angst um Euch nicht schlafen läßt.


Wir haben Dreck im Mund. Wir müssen schweigen.

Und möchten schreien, bis das Grab zerbricht!

Und möchten schreiend aus den Gräbern steigen!

Wir haben Dreck im Mund. Ihr hört uns nicht.


Ihr hört nur auf das Plaudern der Pastoren,

wenn sie mit ihrem Chef vertraulich tun.

Ihr lieber Gott hat einen Krieg verloren

und läßt Euch sagen: Laßt die Toten ruhn!


Ihr dürft die Angestellten Gottes loben.

Sie sprachen schön am Massengrab von Pflicht.

Wir lagen unten, und sie standen oben.

"Das Leben ist der Güter höchstes nicht."


Da liegen wir, den toten Mund voll Dreck.

Und es kam anders, als wir sterbend dachten.

Wir starben. Doch wir starben ohne Zweck.

Ihr laßt Euch morgen, wie wir gestern, schlachten.


Vier Jahre Mord, und dann ein schön Geläute!

Ihr geht vorbei und denkt: sie schlafen fest.

Vier Jahre Mord, und ein paar Kränze heute!

Verlaßt Euch nie auf Gott und seine Leute!

Verdammt, wenn Ihr das je vergeßt!


Erich Kästner

aus: R.W.Leonhardt (Hrsg.): Kästner für Erwachsene; S. Fischer/Atrium '66

traduzione italiana a cura di Italo Slavo




NEL CUORE DEL MIO MONDO
(19/10/2005)


   C'č una piazza

   grande, come un grande lago
 
   dove si specchiano a miriadi le foglie

   rosse fuoco dell'autunno:

   nel cuore del mio mondo

   č la piazza Tien An Men


   Al centro della piazza sta il corpo

   immobile, del presidente Mao.


   E sciamano milioni di cinesi:

   bambini della scuola che salutano contenti

   famiglie di provincia, curiosi, da ogni angolo

   del continente Cina, anziani,

   studenti, tassisti, donne e proletari

   e giovani soldati dell'Armata Popolare
 

   Al centro della piazza č fermo il corpo
 
   immobile, del presidente Mao.


   Nel cuore del mio mondo č la piazza Tien An Men

   grande, come un grande lago

   dove si specchiano a miriadi le bandiere

   rosse fuoco dell'autunno.

   Veicoli a motore e fotocamere, o fiori, vento

   e sposini di provincia,

   comitive, contadini

   e milioni di cinesi

   in ogni istante sanno

   che al centro della piazza

   immobile, č il presidente Mao.


   Nel cuore del mio mondo

   č la piazza Tien An Men

   con il volto

   immobile, del presidente Mao:

   tra ali di milioni di cinesi e proletari

   al centro della piazza

   nel palazzo memoriale

   tra milioni di cinesi proletari

   sorvegliato da picchetti di uniformi popolari

   di rivoluzionari

   da filari militari di bandiere sventolanti rosse fuoco

   al centro del palazzo memoriale

   che č al centro della piazza

   al centro della Cina

   nel cuore del mio mondo

   sta il corpo

   immobile, del presidente Mao.


Italo Slavo





Lob der Dialektik

 

Das Unrecht geht heute einher mit sicherem Schritt.

Die Unterdrücker richten sich ein auf zehntausend Jahre.

Die Gewalt versichert: So, wie es ist, bleibt es.

Keine Stimme ertönt ausser der Stimme der Herrschenden

Und auf den Märkten sagt die Ausbeutung laut: Jetzt beginne ich erst.

Aber von den Unterdrückten sagen viele jetzt:

Was wir wollen, geht niemals.

 


Wer noch lebt, sage nicht: niemals!

Das Sichere ist nicht sicher.

So, wie es ist, bleibt es nicht.

Wenn die Herrschenden gesprochen haben

Werden die Beherrschten sprechen.

Wer wagt zu sagen: niemals?

An wem liegt es, wenn die Unterdrückung bleibt? An uns.

An wem liegt es, wenn sie zerbrochen wird? Ebenfalls an uns.

Wer niedergeschlagen wird, der erhebe sich!

Wer verloren ist, kämpfe!

Wer seine Lage erkannt hat, wie soll der aufzuhalten sein?

Denn die Besiegten von heute sind die Sieger von morgen

Und aus Niemals wird: Heute noch!

Lode della dialettica

 


L'ingiustizia oggi cammina con passo sicuro.

Gli oppressori si fondano su diecimila anni.

La violenza garantisce: Com'č, cosě resterŕ.

Nessuna voce risuona tranne la voce di chi comanda

e sui mercati lo sfruttamento dice alto: solo ora io comincio.

Ma fra gli oppressi molti dicono ora:

quel che vogliamo, non verrŕ mai.

 


Chi ancora č vivo non dica: mai!

Quel che č sicuro non č sicuro.

Com'č, cosě non resterŕ.

Quando chi comanda avrŕ parlato,

parleranno i comandati.

Chi osa dire: mai?

A chi si deve, se dura l'oppressione? A noi.

A chi si deve, se sarŕ spezzata? Sempre a noi.

Chi viene abbattuto, si alzi!

Chi č perduto, combatta!

Chi ha conosciuto la sua condizione, come lo si potrŕ fermare?

Perché i vinti di oggi sono i vincitori di domani

e il mai diventa: oggi!



Bertold Brecht
traduz. italiana di Franco Fortini




LOB DER PARTEI


Der Einzelne hat zwei Augen

Die Partei hat tausend Augen.

Die Partei sieht sieben Staaten

Der Einzelne sieht eine Stadt.

Der Einzelne hat seine Stunde,

Aber die Partei hat viele Stunden.

Der Einzelne kann vernichtet werden,

Aber die Partei kann nicht vernichtet werden.

Denn sie ist der Vortrupp der Massen

Und führt ihren Kampf

Mit den Methoden der Klassiker, welche geschöpft sind

Aus der Kenntnis der Wirklichkeit.


aus: Bertolt Brecht, "Die Maßnahme. Lehrstück.", Wien, Leipzig, 1931

Karl-Marx-Stadt, Brecht-Denkmal



LODE DELL'IMPARARE


Impara quel che č piů semplice! Per quelli

il cui tempo č venuto

non č mai troppo tardi!

Impara l'abc; non basta, ma

imparalo! E non ti venga a noia!

Comincia! Devi sapere tutto, tu!

Tu devi prendere il potere.


Impara, uomo all'ospizio!

Impara, uomo in prigione!

Impara, donna in cucina!

Impara, sessantenne!

Tu devi prendere il poter.


Frequenta la scuola, senzatetto!

Acquista il sapere, tu che hai freddo!

Affamato, afferra il libro: č un'arma.

Tu devi prendere il potere!


Non avere paura di chiedere, compagno!

Non lasciarti influenzare,

verifica tu stesso!

Quel che non sai tu stesso,

non lo saprai.


Controlla il conto,

sei tu che devi pagare.

Punta il dito su ogni voce,

chiedi: e questo perché?

Tu devi prendere il potere.


LOB DES LERNENS


Lerne das Einfachste! Für die,

Deren Zeit gekommen ist,

Ist es nie zu spät!

Lerne das Abc, es genügt nicht, aber

Lerne es! Laß dich nicht verdrießen!

Fang an! Du mußt alles wissen!

Du mußt die Führung übernehmen.

 

Lerne, Mann im Asyl!

Lerne, Mann im Gefängnis!

Lerne, Frau in der Küche!

Lerne, Sechzigjährige!

Du mußt die Führung übernehmen.

Suche die Schule auf, Obdachloser!

Verschaffe dir Wissen, Frierender!

Hungriger, greif nach dem Buch: es ist eine Waffe.

Du mußt die Führung übernehmen.

 

Scheue dich nicht zu fragen, Genosse!

Laß dir nichts einreden,

Sieh selber nach!

Was du nicht selber weißt,

Weißt du nicht.

Prüfe die Rechnung

Du mußt sie bezahlen.

Lege den Finger auf jeden Posten,

Frage, wie kommt er hierher?

Du mußt die Führung übernehmen.


Bertold Brecht

Karl-Marx-Stadt,
                                    Brecht-Denkmal




WER ABER IST DIE PARTEI
 

Wer aber ist die Partei?

Sitzt sie in einem Haus mit Telefonen?

Sind ihre Gedanken geheim, ihre Entschlüsse unbekannt?

Wer ist sie?
 

Wir sind sie.

Du und ich und ihr - wir alle.

In deinem Anzug steckt sie, Genosse, und denkt in deinem Kopf.

Wo ich wohne, ist ihr Haus, und wo du angegriffen wirst, da kämpft sie.
 

Zeige uns den Weg, den wir gehen sollen, und wir

Werden ihn gehen wie du, aber

Gehe nicht ohne uns den richtigen Weg

Ohne uns uns ist er

Der falscheste.


Trenne dich nicht von uns!

Wir können irren, und du kannst recht haben, also

Trenne dich nicht von uns!
 

Daß der kurze Weg besser ist als der lange das leugnet

Keiner

Aber wenn ihn einer weiß

Und vermag ihn uns nicht zu zeigen, was nützt uns seine

Weisheit

Sei bei uns weise!

Trenne dich nicht von uns!


Bertold Brecht

Karl-Marx-Stadt, Brecht-Denkmal



SLOBO POETA


  Guardi diritto
  stando seduto fermo, un poco reclinato indietro
  la scena attorno
  che ha perso i connotati del reale

  Ti guardo sconcertato e calmo
  oltre la fluorescenza dello schermo, stare appeso
  al proscenio di una sala al neon di un potere virtuale,
  o ad una stanza
  che piů che di galera mi suona di ospedale

  Trecentomila filtri
  un miliardo di intenzioni
  infinite recriminazioni
  incomprensioni - pallottole - tumori - distrazioni

  e sbagli ritardi stanchezze corruzioni
  vigliacchi ed assassini - rimpianti e rimozioni
  il ricordo di sorrisi, angoscia.
  Attraversare in pochi anni una valanga di emozioni

  Guardi diritto
  chi usa te come capro d'espiazione del delitto
  che ha commesso lui. Angoli bui,
  meandri inesplorati della storia

  falsa coscienza di chi non usa la memoria.
  Tu lo sputi in faccia fiero
  a chi ha rinunciato al suo coraggio
  e si č accanito su sloboda e primo maggio


  (Italo Slavo - gennaio 2001, rev. gennaio 2004)






LOB DES REVOLUTIONÄRS


    Viele sind zuviel

    Wenn sie fort sind, ist es besser.

    Aber wenn er fort ist, fehlt er.


    Er organisiert seinen Kampf

    Um den Lohngroschen,

    Um das Teewasser

    Und um die Macht im Staat.

    Er fragt das Eigentum:

    Woher kommst du?

    Er fragt die Ansichten:

    Wem nützt ihr?


    Wo immer geschwiegen wird

    Dort wird er sprechen

    Und wo Unterdrückung herrscht

    und von Schicksal die Rede ist

    Wird er die Namen nennen.


    Wo er sich zu Tisch setzt

    Setzt sich die Unzufriedenheit zu Tisch

    Das Essen wird schlecht

    Und als eng wird erkannt die Kammer.


    Wohin sie ihn jagen, dorthin

    Geht der Aufruhr, und wo er verjagt ist

    Bleibt die Unruhe doch.


Bertold Brecht
Karl-Marx-Stadt,
                                    Brecht-Denkmal



LODE DELLA NOSTALGIA


Al giornalista correct che sputa sulla tua giovinezza

Al servo di Bruxelles che ti stupra con perizia la memoria

diglielo:

bisogna essere pazzi per non avere nostalgia.

Perchč non č il passato che ritorna, č il presente che uccide.

Bisogna essere falsi per non avere nostalgia:

pazzi, fanatici, o da falsa identitŕ accecati

da falsa storia, da false religioni

Da parole false e suoni muti

da soldi di Giuda, da stracci di alta moda,

da nuove borghesie, brave ragazze

troie ed assassini

- Europa.


Al professore scaltro e benpensante

A chi t'incute oblěo, disprezzo e prostrazione

diglielo.

Seppur non fosse stata tanto verde, e rossa e blu

(petokraka, speranza di chi lotta!)

sarebbe stata comunque la mia giovinezza:

le giornate sul mio mare,

le colonie proletarie

Persino se non fosse stata vera.

Anche, e sopratutto per chi non c'era.


La nostalgia

č pioniera

della nuova era.


(Italo Slavo, 18 marzo 2006)


POHVALA NOSTALGIJI


Politički ispravnom novinaru koji pljuje po tvojoj mladosti,

 
briselskom sluzi koji obavlja vešto nasilje nad tvojim sećanjem,
 
ti lepo reci:
 
treba se biti lud, pa ne gajiti u sebi nostalgiju.
 
Jer se ne radi o vraćanju u prošlost, već o otporu sadašnjosti koja te ubija.
 
Treba
š samog sebe lagati, pa ne gajiti nostalgiju:
 
kao što to sebi činite vi ludaci, fanatici, zaslepljeni od podražavanja drugih,
 
od lažne istorije i lažnih religija,
 
od lažnih reči i muzike bez zvuka,
 
od Judinog novca, od krpica visoke mode,
 
od novih bogataša,
 
kao što to sebi činite i vi, fine cure, kurve i ubice
 
- Evropa.
 
 
Mudrome i lukavom profesoru,
 
svakome ko ti širi zaborav, prezir i jad,
 
ti lepo reci.
 
Iako nije baš bila puno zelena, crvena i plava,
 
(ta petokraka, zvezda nade pregalaca!)
 
ipak je to bila moja mladost
 
sa letovanjima u radničkim odmaralištima

na mome moru.
 
Pa da je i tačno da nam se sve to snilo,
 
čak i pogotovo kako misli onaj koga tamo nije ni bilo.
 
 
   
Nostalgija

budi iz groba

novo doba.


(Italo Slavo, 18. marta 2006.
Prevod: D. Kovačević)






Non sei caduta, Avala!


Il Monte Avala č un picco triangolare d'origine vulcanica,
l’ultima montagna della catena rodopiana che giunge al Danubio,
con sua vista domina sopra le pianure del nord,
e la vedi da tutte le finestre di Belgrado.

Con il suo penděo duro da vincere č una prova
per gli autisti spericolati, e i ciclisti, come me.

Il posto dove l'aereo-amico,
dopo il disgelo tra Tito e Chruscëv. con
un generale d'esercito russo, si schiantň.

Il luogo dove l'ago piů alto che ci sia per una torre TV,
incontrň un missile-nemico nel 1999, che si spezzň,
contro la montagna vulcanica indistruttibile.

Monumento al Milite Ignoto:
ventoso utero delle ossa, aperto ai Mondi...

La vertigine,
Le viole,
L’amore sulle ciglia sotto il sole d'inverno.

Zdravo, Avala, hvala!

Tu non sei caduta,

Avala!


(Dragomir Kovačević,
con riferimento alla notizia che la torre TV dovrebbe essere ricostruita)




Invito ad un compagno remoto



Č bella questa terra, per me la piů cara. Da nessuna parte

ci sono cosě tante alghe

come nella valle della mia infanzia. I pascoli con

i cavalli a brado!

Quanti fiumi, cascate! Vieni, amico,

Noi siamo nei Balcani, in Jugoslavia!


Condivideremo il pane, la gioia e la tristezza, nel caso fossi

triste.

Sappiamo bene come dolgono le ferite e il coltello.

Cipressi fino al cielo, tanto sole per tutti i

pittori e i bagnanti, tanti torrenti limpidi.

Te ne convincerai da solo.


Vedrai un paese aperto come un palmo della mano. Tale

com'č. E le ceneri.

Non ti racconteremo nulla di storto.

Laggiů, dove sorge l'edificio, stava la forca,

dove, con Tito, il nostro orgoglio č insorto.


Tu sai Balcani e Jugoslavia dove sono – nei Balcani,

Un paese socialista. Prendi le vie del mare

o dell'aria. Vieni a vedere. La veritŕ su di noi č scritta con

il sangue.

Misura a volontŕ tua e ti farai un parere.


Č bella questa terra, per me la piů cara. Anche per

te,

amico remoto, morivamo.

Č bella questa terra. Socialismo nei

Balcani.

Compagno, anche per te, sangue e sogni versavamo.
Poziv dalekom drugu
(The invitation to a remote comrade)


Lijepa je ova zemlja, meni najdraža. Nigdje i

toliko algi

kao u uvali moga djetinjstva. Livade i

konji nesedlani!

Koliko rijeka i slapova! Dođi prijatelju!

Mi smo na Balkanu, U Jugoslaviji!

 
Podijelit ćemo hljeb i radost i tugu, ako si

tužan.

Mi znamo kako rana peče i kako boli nož.

Ima i jablanova do neba i sunca za sve

slikare i kupace i bistrih voda brzica.

Vidjet ćeš sam.


Vidjet ćeš zemlju svu na dlanu. Takvu

kakova jeste. I zgarišta gdje su bila.

Sve ćemo ti reći.

Tamo kod novogradnje: još juče vješala,

gdje smo sa Titom ustali prkoseći.


Znaš gdje je Balkan, Jugoslavija - na Balkanu,

Zemlja socijalizma. Možeš i vodom

i zrakom. Dođi i vidi. Istina je naša krvlju

zapisana.

Gledaj i mjeri kuda ti se svidi.


Lijepa je ova zemlja. Meni najdraža. U njoj

smo,

daleki druže, i za te umirali.

Lijepa je ova zemlja. Socijalizam na

Balkanu.

U njoj smo krv i snove i za te, druže, dali.






I Nemici

 
Puntarono qui i fucili carichi
e ordinarono la strage spietata;
trovarono qui un popolo che cantava
un popolo raccolto per dovere e per amore,
e l’ esile fanciulla cadde con la sua bandiera,
e il giovane sorridente rotolň accanto a lei ferito,
e lo stupore del popolo vide cadere i morti
con furia e con dolore.
Allora, sul posto
dove essi caddero assassinati,
si chinarono le bandiere per bagnarsi di sangue
e per rialzarsi di fronte agli assassini.

Per questi morti, i nostri morti,
chiedo castigo
Per quelli che di sangue cosparsero la patria
chiedo castigo
Per il carnefice che comandň questa morte
chiedo castigo
Per il traditore che salě al potere sul delitto,
chiedo castigo.
Per colui che diede l’ordine dell’ agonia
chiedo  castigo
Per quelli che difesero questo delitto
chiedo castigo
Non voglio che mi diano la mano
Intinta nel nostro sangue.
Chiedo castigo.
Non li voglio come ambasciatori
E neppure a casa loro tranquilli,
li voglio vedere qui giudicati,
in questa piazza, in questo luogo.

Voglio castigo
 

Pablo Neruda
tratto da Terra Tradita, parte del Canto General




Mondo Nuovo

Questo č un momento perfetto
č un momento perfetto per molte ragioni
ma soprattutto perché tu ed io
ci stiamo svegliando
dalla nostra complicitŕ sonnambula, tonta, ciucciadito
con i maestri dell'illusione e della distruzione.

Grazie a loro, da cui fluiscono
queste benedizioni dolorose,
ci stiamo svegliando.

Le loro guerre e torture,
i loro diavoli e confini
estinzioni di specie
e malattie nuove di zecca
il loro spiare e mentire
in nome del padre, sterilizzando semi
e brevettando l'acqua, rubando i nostri sogni
e
cambiando i nostri nomi,
i loro brillanti spot pubblicitari,
le loro continue prove generali
per la fine del mondo.
Grazie a loro, da cui trasudano questi spaventosi
insegnamenti,
ci stiamo svegliando.
E come il cielo e la terra si incontrano,
come il sogno e la veglia si mescolano,
come il paradiso e gli inferi si intersecano,
notiamo il fatto esilarante e scioccante
che tocca a noi decidere
-tocca a noi decidere, a me e a te come
costruire un mondo nuovo di zecca.

Non in qualche lontano futuro o luogo distante
ma proprio qui ed ora

Cosě sono radicalmente curiosa, compagni miei
creatori;
sul serio in delirio:
visto che tocca a noi
costruire un Mondo Nuovo di zecca,
da dove cominciamo?
Quali domande ci alimenteranno?
Eccotene una:
nel Mondo Nuovo
saprai con tutto te stesso
che la vita č pazzamente innamorata di te
la vita č selvaggiamente
e innocentemente innamorata di te.

Nel Nuovo Mondo
saprai al di lŕ di ogni dubbio che migliaia di alleati nascosti
stanno dandosi da fare per farti diventare
quella bellissima curiosa creatura
cui sei destinato per nascita.

Ma poi arriva la domanda fatale:
l'amore con cui la vita eternamente ti inonda
non č stato corrisposto al suo meglio,
ma c'č ancora modo per mostrarsi piů espansivi,
se la vita č selvaggiamente
e innocentemente innamorata di te,
sei pronto a cominciare ad amare la vita cosě
come essa ti ama?

Nel Nuovo Mondo, lo farai.

Rachel Corrie
giovane pacifista americana, nata a Olympia (Washington) nel 1979, impegnata con una associazione umanitaria come osservatrice per i diritti umani e in azioni di accompagnamento ed interposizione nonviolenta, il 16 marzo 2003 veniva uccisa da un bulldozer dell'esercito israeliano a Rafah, nella striscia di Gaza, mentre cercava di impedire l'abbattimento di una casa interponendo il proprio corpo. Aveva 23 anni.
Il titolo della poesia č di IS; la fonte č la lista http://it.groups.yahoo.com/group/aderentiretecontrog8/



Rachel Corrie               
 
(di Alessio Lega - da Resistenza e Amore)
 
 
"Ragazza mia", le disse il cingolato
Chi t' ha detto di venirti a cacciare
Fin dove le mie ruote hanno azzannato
La tua fragilitŕ di respirare.

Non vedi? Č sufficiente un piede solo
Sul pedale dell'accelerazione
Per sprofondarti morta dentro al suolo
Per soffocare la tua ribellione

"Ragazza mia", diceva poi il soldato
Con gli occhi vuoti e i pugni sul volante
Io non t'ho vista, non ho mai guardato
Oltre questa divisa non c'č niente

Ci sono un po' di ordini e follia
Ed anche un po' di odio personale
Se ho calpestato un fiore sulla via
Presenta il tuo rapporto al generale

"Ragazza mia", chi te l'ha fatto fare
Diceva una famiglia ad un balcone
Con altre centomila a domandare
Una risposta alla televisione

"Ragazza mia perché, di chi sei figlia?"
E poi non hai lasciato manco un rigo
Si chiese centomila e una famiglia
Chiudendo la coscienza dentro al frigo

"Ragazza mia", ma ci hai pensato bene
Tuonava il ministero del progresso
Qui non si torna indietro non conviene
Diceva andando dritto verso il cesso

La conferenza stampa al cimitero
Chiarě che non si va contro la storia
"Ragazza mia", le disse l'uomo nero
Chiudiamo nella tomba la memoria

"Ragazza mia", concluse il presidente
La libertŕ di fare quel che hai fatto
A me, cosě orgoglioso del presente
Perchč hai voluto rompere il contratto?

La mia ragazza che t'ho regalato
Ti prova quant'č libero il paese
Diceva il presidente al cingolato
E non staremo a chiederti le spese!

"Ragazza", infine disse la sua morte
Perchč a ventitre anni mi chiamavi
Dal fango delle strade piů contorte
Lontana dagli dei e dagli schiavi

"Signora mia, le chiedo scusa, sorry
L'amore non m'ha dato via d'uscita
M'ha detto corri fuori Rachel Corrie
C'č solo da rincorrere la vita
M'ha detto corri fuori Rachel
Cerchiamo di raggiungere la vita
M'ha detto corri ...
Proviamoci a proteggere la vita"


   
SIDUN


U mć ninin u mć
u mć
lerfe grasse au su
d'amë d'amë
tűmů duçe benignu
de teu muač
spremműu 'nta maccaia
de staë de staë
e oua grűmmu de sangue ouëge
e denti de laete
e i euggi di surdatti chen arraggë
cu'a scciűmma a a bucca cacciuéi de baë
a scurrď a gente cumme selvaggin-a
finch'u sangue sarvaegu nu gh'ŕ smurtau a qué
e doppu u feru in gua i feri d'ä prixún
e 'nte ferie a semensa velenusa d'ä depurtaziún
perchč de nostru da a cianűa a u meü
nu peua ciű cresce ni ćrbu ni spica ni figgeü
ciao mć 'nin l'eredítaë
l'č ascusa
'nte sta çittaë
ch'a brűxa ch'a brűxa
inta seia che chin-a
e in stu gran ciaeu de feugu
pe a teu morte piccin-a.
SIDONE


Il mio bambino il mio
il mio
labbra grasse al sole
di miele di miele
tumore dolce benigno
di tua madre
spremuto nell’afa umida
dell’estate dell’estate
e ora grumo di sangue orecchie
e denti di latte
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
con la schiuma alla bocca cacciatori di agnelli
a inseguire la gente come selvaggina
finché il sangue selvatico non gli ha spento la voglia
e dopo il ferro in gola i ferri della prigione
e nelle ferite il seme velenoso della deportazione
perché di nostro dalla pianura al molo
non possa piů crescere albero né spiga né figlio
ciao bambino mio, l’ereditŕ
č nascosta
in questa cittŕ
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte.
   

La canzone "Sidun", scritta con Mauro Pagani, č stata cantata e  incisa in "Creuza de mä" da Fabrizio De André nel 1984. Queste le  parole con cui lui stesso la commentň:
"Sidone č la cittŕ libanese che ci ha regalato oltre all'uso delle  lettere dell'alfabeto anche l'invenzione del vetro. Me la sono  immaginata, dopo l'attacco subito dalle truppe del generale Sharon  del 1982, come un uomo arabo di mezz'etŕ, sporco, disperato,  sicuramente povero, che tiene in braccio il proprio figlio macinato  dai cingoli di un carro armato. (...) La piccola morte a cui accenno  nel finale di questo canto, non va semplicisticamente confusa con la  morte di un bambino piccolo. Bensě va metaforicamente intesa come la  fine civile e culturale di un piccolo paese: il Libano, la Fenicia,  che nella sua discrezione č stata forse la piů grande nutrice della  civiltŕ mediterranea..."





EPPURE POSSIAMO CANTARE


che il piede straniero č sul cuore di altri
i morti sono in piazze e strade lontane
si ammucchiano tra macerie riarse
i lamenti d'agnello dei fanciulli giungono flebili
e l'urlo nero delle madri non rompe il cristallo
della distanza
i salici non hanno fronde per cetre appese a voto
il vento si č chetato

sono questi i tempi dell'incoscienza
stupida e stupefatta
scorrono le immagini delle mattanze
come quelle della cocacola di schumacher
e vasco rossi

tutto si confonde in un sogno insensato
le cifre dei morti vengono scandite
insieme alle finte commozioni dei potenti

ci dispiace ci dispiace tanto
per le vittime innocenti

oh uomini che danzate fra macelli
e macellati i vostri figli tremano
al pensiero della vendetta da scontare
Sentono l'angoscia che sale dai cadaveri
si accucciano sotto il peso della maledizione

Da millenni di padre in figlio
si tramanda il fratricidio
per il solco maledetto
su cui fondare una Roma

che libertŕ cercate fra l'odore del sangue
e le rovine? quale riscatto sazierŕ
le vostre mani nude
che scavano la terra in cerca della morte?
come siete sordi a questa colpa collettiva?

sul confine contate i morti da entrambi le parti
chiudete le palpebre agli occhi fissi
dei vostri piccoli innocenti
o vi incrudelite dietro la
vostra stella di morte
corazzati nelle vostre divise
stupidamente fieri nelle vostre armi vincenti
per ora

la danza macabra corre come
in un nuovo medioevo
e i vostri padroni
brindano insieme alla morte

a voi le vesti del lutto
per loro le tutte le gioie della terra
a voi lacrime e fame
per loro tutte le primizie della terra

oh schiavi coperti di sangue
la terra per cui lottate
la perenne cima da conquistare
č arsa ormai per il troppo sangue
putrefatta dai cadaveri
darŕ solo frutti marciti

oh schiavi questa č
l'ora della diserzione
che ogni esercito si sciolga
volga le armi contro
i propri generali

scannate i rispettivi padroni
che non ne resti il seme per Dio
che in suo nome vi sterminate
in una guerra che nessuno
puň vincere

strappate le divise
e vadano a fuoco
che l'incendio purificatore redima
la vostra ignominia

oh uomini diventate uomini
o che siate maledetti
che la rovina vi travolga
che nessuno resti a piangervi


Vittoria Oliva, 1 agosto 2006
(L'avamposto degli Incompatibili - http://www.controappunto.org )





DESTRUKCIJE
Srečko Kosovel
(da "Integrali", 1926)


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1995

Fu in questi giorni
quando il fiume Sava a Belgrado confluiva nel fratello
una Sava di smeraldo e quasi potabile,
priva di tragedia e caos,
rispetto alle colonne, colonne
sotto il sole, degli inquieti e disperati.
Non si poteva aiutarli, portando loro solo cibo.
Una nonnina disse, nel parco di fronte all'ex Parlamento federale,
di gonna nera ormai in stracci:
"figlio mio, mi basta solo questo pezzo di pane che c'ho".
Passava la fiumana,
la Sava quieta, di smeraldo roccioso,
sembrava cantare questa spavalderia della nonnina.
Un "flop" sentii dinanzi a te
e vidi il paracadute di una gonna,
in quest'acqua della Sava
il morto viso di una donna,
un ricordo che mai non ti abbandonava.

Dragomir Kovačević, agosto 2008        




Non portate con se...

non portate con se nulla che deteriora e si guasta,
asciuga presto, sgretola sotto i colpi del vento
o che pioggia diluisce nella morte.
non conservate il foglio del tiglio,
peli conciate soltanto se ben prosciugate al sole,
pifferi di salice, nidi degli astori,
tombe dei bambini, fieno nelle stalle,
cacio nelle tinozze;
lasciate la farina ai topi,
forchette, coltelli, pentole per la polenta, coperchi,
trivelle, trapani, ganci, serrature, non portate nulla.
lasciate le sorgive che vi davano vita,
frassino che sovrasta il giardino,
gallo da occhi cristallini,
tuoni dal ciel sereno, maestrale,
angoli per i carri dei buoi, ciabatte di lana,
coperte trapuntate, tappeti colorati, telai,
palette da fuoco, specchi rotti, dighe e chiuse,
pietre da mulino, macine,
non portate pane di segale, perché tutto ciň dovrete
ancora una volta abbandonare in un luogo diverso,
disse Arsenije avviandosi.
spargete la voce da bocca a bocca
per i monti e i fiumi.

MILOŠ KORDIĆ

(dedicato ai profughi da Knin, 1995. Trad. di Dragomir Kovačević)




Poesie di Mahmoud Darwish
dedicate alla Palestina martoriata

Passanti tra parole fugaci
 
 
O voi, viaggiatori tra  parole fugaci
portate i vostri nomi,
ed andatevene.
Ritirate i vostri istanti dal nostro tempo,
ed andatevene.
 
Rubate ciň che volete dall'azzurritŕ del mare
e dalla sabbia della memoria.
 
Prendete ciň che volete d'immagini,
 per capire  che mai saprete
come una pietra dalla nostra terra
erige il soffitto del nostro cielo.
 
O voi, viaggiatori tra  parole fugaci
da voi  la spada … e da noi il  sangue
da voi l'acciaio, il fuoco … e da noi la  carne
da voi un altro carro armato … e da noi un sasso
da voi una bomba lacrimogena … e da noi la pioggia.
 
E' nostro ciň che avete di cielo ed aria.
Allora, prendete la vostra parte del nostro sangue,
ed andatevene.
Entrate ad una festa di cena e  ballo,
 ed andatevene.
Noi dobbiamo custodire i fiori dei martiri.
Noi dobbiamo vivere, come  desideriamo.
 
O voi, viaggiatori tra  parole fugaci.
Come la polvere amara, marciate dove volete
ma non  fatelo  tra di noi, come insetti volanti.
 
L'aceto č nella nostra terra finché lavoriamo,
mietiamo il nostro grano, lo annaffiamo
con le rugiade dei nostri corpi.
 
Abbiamo qui ciň che non vi accontenta:
un sasso … o una soggezione.
 
Prendete il passato, se volete, e portatelo
al mercato degli oggetti artistici.
Rinnovate lo scheletro all' upupa, se volete,
su un vassoio di terracotta.
 
Abbiamo qui ciň che non vi accontenta:
abbiamo il futuro….e abbiamo
nella nostra terra, ciň che fare.
 
O voi, viaggiatori tra  parole fugaci.
Ammassate le vostre fantasie in una
fossa abbandonata,  ed andatevene.
 
E riportate le lancette del tempo
alla legittimitŕ del vitello sacro
o al momento della musica di una pistola !
 
Abbiamo qui ciň che non vi accontenta
abbiamo ciň che non c'č  in voi:
una patria sanguinante
un popolo sanguinante,  una patria
adatta all'oblio  o alla memoria ….
 
O voi, viaggiatori tra  parole fugaci.
E' giunto il momento che ve ne andiate
  e dimoriate dove volete, ma non tra noi.
E' giunto il momento che vi ne andiate
e moriate dove volete, ma non tra noi.
 
Abbiamo nella nostra terra, ciň che fare
il passato qui č nostro.
E'  nostra la prima voce della vita,
nostro il presente … il presente e il futuro
nostra, qui, la vita …e nostra l'eternitŕ.
 
Fuori dalla nostra patria  …
dalla nostra terra … dal nostro mare
dal nostro grano … dal nostro sale
dalla nostra ferita …da ogni cosa.
 
Uscite dai ricordi della memoria
O voi, viaggiatori tra  parole fugaci !….
 
Pensa agli altri


Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,

non dimenticare il cibo delle colombe.

Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,

non dimenticare coloro che chiedono la pace.

Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,

coloro che mungono le nuvole.

mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,

non dimenticare i popoli delle tende.

Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli altri,

coloro che non trovano un posto dove dormire.

Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,

coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.

Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,

e dě : magari fossi una candela in mezzo al buio.



Gennaro Carotenuto, nel suo sito  ha scritto oggi (19 maggio 2009): "Č morto a Montevideo Mario Benedetti, scrittore, giornalista, rivoluzionario, ma soprattutto poeta. Era il poeta del popolo, cantava l’amore e la Patria Grande, e chiamava per nome e cognome i nemici dell’America latina". Segue la biografia di Benedetti, che vi consiglio di leggere.
Vorrei ricordarlo con una sua poesia (qui nella traduzione di Valerio Evangelisti).
Claudia Cernigoi

 

Sono un caso disperato

 
Finalmente un critico sagace ha rivelato
(sapevo che lo avrebbero scoperto)
che nei miei racconti sono parziale
e a margine mi esorta
a far mia la neutralitŕ
come ogni intellettuale che si rispetti
credo cha abbia ragione
sono parziale
su questo non c’č dubbio
piů ancora io direi un parziale irrecuperabile
in fin dei conti un caso disperato
perché per quanti sforzi faccia
non potrň arrivare mai a essere neutrale
in vari paesi di questo continente
specialisti di valore
hanno fatto il possibile e l’impossibile
per curarmi dalla parzialitŕ
per esempio nella biblioteca nazionale del mio paese
ordinarono lo spurgo parziale
dei miei libri parziali
in argentina mi diedero quarantotto ore
(altrimenti mi ammazzavano) perché me ne andassi
con la mia parzialitŕ alle costole
da ultimo in perů imbavagliarono la mia parzialitŕ
e quanto a me mi deportarono
se fossi stato neutrale
non avrei avuto bisogno
di queste terapie intensive
perň cosa posso farci
sono parziale
incurabilmente parziale
e per quanto possa suonare un poco strano
totalmente
parziale
giŕ lo so
questo significa che non potrň aspirare
a tantissimi onori e riconoscimenti
e glorie e cariche
che il mondo riserva agli intellettuali
che si rispettino
vale a dire ai neutrali
con un’aggravante
poiché ogni volta ci sono meno neutrali
i riconoscimenti sono ripartiti
tra pochissimi
dopo tutto e a partire
dalle mie confesse limitazioni
devo riconoscere che per quei pochi neutrali
provo una certa ammirazione
o meglio li considero con stupore
perché in realtŕ č necessaria una tempra d’acciao
per mantenersi neutrali davanti a episodi come
girón
tlatelolco
trelew
pando
la moneda (1)
č chiaro che uno
e forse č questo che voleva dirmi il critico
potrebbe essere parziale nella vita privata
e neutrale nelle belle lettere
diciamo indignarsi contro pinochet
durante l’insonnia
e scrivere racconti diurni
su atlantide
non č una cattiva idea
e chiaramente
presenta il vantaggio
che da un lato
uno ha conflitti di coscienza
e questo rappresenta sempre
un buon nutrimento per l’arte
e d’altro lato non presta il fianco alle gragnole
della stampa borghese e/o neutrale
non č una cattiva idea
perň
mi vedo giŕ scoprire o immaginare
nel continente sommerso
l’esistenza di oppressi e oppressori
parziali e neutrali
torturati e carnefici
ossia la stessa contesa
cuba sě yankee no
dei continenti non sommersi
di maniera che
poiché pare che per me non esista rimedio
e che sia definitivamente perduto
per la fruttuosa neutralitŕ
la cosa piů probabile č che io continui a scrivere
racconti non neutrali
e poemi e saggi e canzoni e romanzi
non neutrali
perň avverto che sarŕ cosě
anche quando non tratteranno di torture e carceri
o di altri temi che sembrano
risultare insopportabili ai neutrali
sarŕ cosě anche quando tratteranno di farfalle e nubi
e fantasmi e pesciolini



Mario Benedetti


(1) La Playa Girón č la Baia dei Porci, teatro nel 1961 di una tentata invasione di Cuba da parte di esuli finanziati dagli Stati Uniti; Tlatelolco, o Piazza delle Tre Culture, č una piazza di Cittŕ del Messico in cui, nel 1968, le forze di polizia aprirono il fuoco sugli studenti, uccidendone centinaia; Trelew č una cittŕ argentina le cui caserme, negli anni ’70, durante la dittatura militare, furono famigerati centri di tortura; Cecilia Pando č una nota attivista del movimento argentino dei parenti delle vittime dei “colonnelli”; La Moneda č il palazzo presidenziale cileno in cui, nel 1973, fu assassinato Salvador Allende.






 Lode del dubbio


Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
serenamente e con rispetto chi
come moneta infida pesa la vostra parola!
Vorrei che foste accorti, che non deste
con troppa fiducia la vostra parola.

Leggete la storia e guardate
in fuga furiosa invincibili eserciti.
In ogni luogo
fortezze indistruttibili rovinano e
anche se innumerabile era l'armata salpando,
le navi che tornarono
le si poté contare.
Fu cosě un giorno un uomo sulla inaccessibile vetta
e giunse una nave alla fine
dell'infinito mare.

Oh bello lo scuoter del capo
su veritŕ incontestabili!
Oh il coraggioso medico che cura
l'ammalato senza speranza!

Ma d'ogni dubbio il piů bello
č quando coloro che sono
senza fede, senza forza, levano il capo e
alla forza dei loro oppressori
non credono piů!

Oh quanta fatica ci volle per conquistare il principio!
Quante vittime costň!
Com'era difficile accorgersi
che fosse cosě e non diverso!
Con un respiro di sollievo un giorno
un uomo nel libro del sapere lo scrisse.

Forse a lungo lŕ dentro starŕ e piů generazioni
ne vivranno e in quello vedranno un'eterna sapienza
e spezzeranno i sapienti chi non lo conosce.
Ma puň avvenire che spunti un sospetto, di nuove esperienze,
che quella tesi scuotano. Il dubbio si desta.
E un altro giorno un uomo dal libro del sapere
gravemente cancella quella tesi.

Intronato dagli ordini, passato alla visita
d'idoneitŕ da barbuti medici, ispezionato
da esseri raggianti di fregi d'oro, edificato
da solennissimi preti, che gli sbattono alle orecchie
un libro redatto da Iddio in persona,
erudito da impazienti pedagoghi, sta il povero e ode
che questo mondo č il migliore dei mondi possibili e che il buco
nel tetto della sua stanza č stato proprio previsto da Dio.
Veramente gli č difficile
dubitare di questo mondo.
Madido di sudore si curva l'uomo
che costruisce la casa dove non lui dovrŕ abitare.

Ma sgobba madido di sudore anche l'uomo
che la propria casa si costruisce.
Sono coloro che non riflettono, a non
dubitare mai. Splendida č la loro digestione,
infallibile il loro giudizio.
Non credono ai fatti, credono solo a se stessi.
Se occorre, tanto peggio per i fatti.
La pazienza che han con se stessi
č sconfinata. Gli argomenti
li odono con gli orecchi della spia.

Con coloro che non riflettono e mai dubitano
si incontrano coloro che riflettono e mai agiscono.
Non dubitano per giungere alla decisione, bensě
per schivare la decisione. Le teste
le usano solo per scuoterle. Con aria grave
mettono in guardia dall'acqua i passeggeri dl navi che affondano.
Sotto l'ascia dell'assassino
si chiedono se anch'egli non sia un uomo.

Dopo aver rilevato, mormorando,
che la questione non č ancora sviscerata vanno a letto.
La loro attivitŕ consiste nell'oscillare.
Il loro motto preferito č: l'istruttoria continua.

Certo, se il dubbio lodate
non lodate perň
quel dubbio che č disperazione!
Che giova poter dubitare, a colui
che non riesce a decidersi!
Puň sbagliare ad agire
chi di motivi troppo scarsi si contenta!
ma inattivo rimane nel pericolo
chi di troppi ha bisogno.

Tu, tu che sei una guida, non dimenticare
che tale sei, perché hai dubitato
delle guide! E dunque a chi č guidato
permetti il dubbio!


[BERTOLT  BRECHT]




San

Izbegavajući glavne ulice,
autobus se bestidno uvukao u grad.
Ovde to kažu, kao "rolling stone".
Tamo napred, u jutarnjoj izmaglici,
trebalo bi da se, pored reke,
nalazi proplanak
gde je mladi arhanđeo Gavrilo,
u noći pre svog odlučnog čina,
bez uspeha pokušavao da se reprodukuje
sa svojom Jelenom.
Vijećnica,
Obala Kulina Bana,
Kino Tesla.
Stopa arhanđelovih u asfaltu,
više nema.
Sazvežđe je i dalje ono isto,
mi se i dalje vrtimo u njemu.


Dragomir Kovačević
Sarajevo 13.08.2001.
A Dream

The bus rolled down shamelessly,
avoiding the main road to the city.
Like a rolling stone, they say.
Down into the morning haze,
there might have been the lawn
where the young archangel Gabriel
pledged her desperatelly for love,
before his decisive act.
Vijećnica,  Obala Kulina Bana,
Kino Tesla.
The archangel's footsteps in the
concrete, are missing.
The Galaxy is still the same,
we keep running in it.
Una rosa per Gabriele




Гаврило Принцип

Сарајево, 1914

Тромо се време вуче
И ничег новог нема,
Данас све ко јуче
Сутра се исто спрема.

И место да смо у рату
Док бојне трубе јече,
Ево нас у казамату,
На нама ланци звече.

Сваки дан исти живот
Погажен, згњечен и стрт.
Ја нијесам идиот -
Па то је за мене смрт.

Ал право је рекао пре
Жерајић соко сиви:
Ко хоће да живи нек мре,
Ко хоће да мре, нек живи!



Gavrilo Princip*

Sarajevo, 1914

Il tempo si trascina, indolente,
dentro la miseria che non ci è nuova.
Stiamo vivendo il passato attualmente,
L’indomani uguale si cova.

Invece di combattere
Mentre i tamburi rullano,
Noi stiamo nelle galere
Dove le catene su di noi, echeggiano.

La vita è la stessa di giorno in giorno,
Calpestata e senza sorte.
Io stupido non sono -
Per me, questo è la morte.

Bogdan Zerajic**, lo sparviero,
Correttamente proferiva:
Chi vuol vivere, muoia fiero,
Chi vuol morire, viva!


trad. e note a cura di
Dragomir Kovačević

Gavrilo Princip*

Sarajevo, 1914

The time drags, indolent,
Within the misery we experience,
The past is our times’ present,
Tomorrow brings us its equivalence.

Instead of fighting
While the drums roll,
We are in jail,
In chains we stroll.

We constantly remain bereft,
Trampled and crushed.
I am not stupid -
For me, this means death.

Bogdan Zerajic** the hero,
Correctly professed:
Live if you want to die,
Die if you want to live blessed!


translation and notes by:
Dragomir Kovačević





Promemoria


Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola,
a mezzogiorno.
Ci sono cose da far di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.

Gianni Rodari
Za pamćenje


Postoje stvari koje radimo svaki dan;
peremo se, ućimo, igramo,
pripremamo stol u podne.
Postoje stvari koje radimo noću;
zatvoriti oći, spavati,
imati snove za sanjati,
imati uši za slušati.

Postoje stvari koje ne treba nikada raditi,
niti danju, niti noću,
niti ma moru, niti na kopnu,
na primjer, rat.

Gianni Rodari
prijevod: Željko V.





Boro i Ramiz

Jedno smo nebo
dva lista s iste grane
dva kamička iz iste rijeke
čiste Bistrice
dva tijela iz iste krvi
prečiste krvi Dukađina
prsti sa iste ruke
jedna smo lasta
ja desno krilo njeno
ti njeno lijevo krilo
oči moje tvoje trepavice
tvoji nabori moje čelo
pričaju o putevima u budućnost
pričaju o putevima ka slobodi
Pušketaše nas
od istog srno metka pali —
jer šta sam ja bez tebe
šta je jedno krilo
bez drugog krila.

Adem Gajtani

Boro i
                          Ramiz Boro Vukmirović e Ramiz Sadiku, Eroi del Popolo della Jugoslavia


Boro e Ramiz


Un unico cielo siamo
due foglie da un albero
due ciottoli dallo stesso fiume
la Bistrica limpida
due corpi del sangue
purissimo di Dukadjin
le dita di una mano siamo
una rondine siamo
l'ala destra son'io
e l'ala sinistra sei tu
gli occhi son miei e tue sono le ciglia
sulla mia fronte le tue rughe
raccontano i sentieri del futuro
raccontano i sentieri per la libertŕ.
Ci fucilarono
e di medesima pallottola cademmo —
poiché, cosa son'io senza di te
cos'č un'ala senza
l'altra ala.

Adem Gajtani




Natale di guera

Ammalapena che s'č fatto giorno
la prima luce č entrata ne la stalla
e er Bambinello s'č guardando intorno.

- che freddo, mamma mia! Chi m'arripara?
che freddo, mamma mia! Chi m'arriscalla?
- Fijo, la legna č diventata rara
e costa troppo cara pe' compralla...

- E l'asinello mio dov'č finito?
- Trasporta la mitraja
sur campo de battaja: č requisito.
- Er bove? - puro quello fu mannato ar macello

- Ma li Re Maggi arriveno?
- E' impossibbile perchč nun c'č la stella che li guida;
la stella nun vô uscě: poco se fida
pe' paura de quarche diriggibile...

- Er Bambinello ha chiesto:
- Indove stanno tutti li campagnoli che l'antr'anno
portaveno la robba ne la grotta?

Nun c'č neppuro un sacco de la polenta,
nemmanco una frocella de ricotta...
- Fijo, li campagnoli stanno in guerra,
tutti ar campo e combatteno.

La mano che seminava er grano
e che serviva pe' vangŕ la terra
addesso vič addoprata unicamente
per ammazzŕ la gente...

Guarda, laggiů, li lampi de li bombardamenti!
Li senti, Dio ce scampi, li quattrocentoventi
che spaccano li campi?

- Ner di' cosě la Madre der Signore
s'č stretta er fijo ar core
e s'č asciugata l'occhi co' le fasce.

Una lagrima amara per chi nasce,
una lagrima dňrce per chi more...

TRILUSSA




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Günter Grass

Quello che deve essere detto
 

Perché taccio, passo sotto silenzio troppo a lungo
quanto č palese e si č praticato
in giochi di guerra alla fine dei quali, da sopravvissuti,
noi siamo tutt'al piů le note a margine.
 
Č l'affermato diritto al decisivo attacco preventivo
che potrebbe cancellare il popolo iraniano
soggiogato da un fanfarone e spinto al giubilo organizzato,
perché nella sfera di sua competenza si presume
la costruzione di un'atomica.
 
E allora perché mi proibisco
di chiamare per nome l'altro paese,
in cui da anni - anche se coperto da segreto -
si dispone di un crescente potenziale nucleare,
perň fuori controllo, perché inaccessibile
a qualsiasi ispezione?
 
Il silenzio di tutti su questo stato di cose,
a cui si č assoggettato il mio silenzio,
lo sento come opprimente menzogna
e inibizione che prospetta punizioni
appena non se ne tenga conto;
il verdetto «antisemitismo» č d'uso corrente.
 
Ora perň, poiché dal mio paese,
di volta in volta toccato da crimini esclusivi
che non hanno paragone e costretto a giustificarsi,
di nuovo e per puri scopi commerciali, anche se
con lingua svelta la si dichiara «riparazione»,
dovrebbe essere consegnato a Israele
un altro sommergibile, la cui specialitŕ
consiste nel poter dirigere annientanti testate lŕ dove
l´esistenza di un'unica bomba atomica non č provata
ma vuol essere di forza probatoria come spauracchio,
dico quello che deve essere detto.
 
Perché ho taciuto finora?
Perché pensavo che la mia origine,
gravata da una macchia incancellabile,
impedisse di aspettarsi questo dato di fatto
come veritŕ dichiarata dallo Stato d'Israele
al quale sono e voglio restare legato.
 
Perché dico solo adesso,
da vecchio e con l´ultimo inchiostro:
la potenza nucleare di Israele minaccia
la cosě fragile pace mondiale?
Perché deve essere detto
quello che giŕ domani potrebbe essere troppo tardi;
anche perché noi - come tedeschi con sufficienti colpe a carico -
potremmo diventare fornitori di un crimine
prevedibile, e nessuna delle solite scuse
cancellerebbe la nostra complicitŕ.
 
E lo ammetto: non taccio piů
perché dell'ipocrisia dell´Occidente
ne ho fin sopra i capelli; perché č auspicabile
che molti vogliano affrancarsi dal silenzio,
esortino alla rinuncia il promotore
del pericolo riconoscibile e
altrettanto insistano perché
un controllo libero e permanente
del potenziale atomico israeliano
e delle installazioni nucleari iraniane
sia consentito dai governi di entrambi i paesi
tramite un´istanza internazionale.
 
Solo cosě per tutti, israeliani e palestinesi,
e piů ancora, per tutti gli uomini che vivono
ostilmente fianco a fianco in quella
regione occupata dalla follia ci sarŕ una via d´uscita,
e in fin dei conti anche per noi.
 

(marzo 2012 - traduzione di Claudio Groff)
Günter Grass

Was gesagt werden muss


Warum schweige ich, verschweige zu lange,
was offensichtlich ist und in Planspielen
geübt wurde, an deren Ende als Überlebende
wir allenfalls Fußnoten sind.

Es ist das behauptete Recht auf den Erstschlag,
der das von einem Maulhelden unterjochte
und zum organisierten Jubel gelenkte
iranische Volk auslöschen könnte,
weil in dessen Machtbereich der Bau
einer Atombombe vermutet wird.

Doch warum untersage ich mir,
jenes andere Land beim Namen zu nennen,
in dem seit Jahren - wenn auch geheimgehalten -
ein wachsend nukleares Potential verfügbar
aber außer Kontrolle, weil keiner Prüfung
zugänglich ist?

Das allgemeine Verschweigen dieses Tatbestandes,
dem sich mein Schweigen untergeordnet hat,
empfinde ich als belastende Lüge
und Zwang, der Strafe in Aussicht stellt,
sobald er mißachtet wird;
das Verdikt 'Antisemitismus' ist geläufig.

Jetzt aber, weil aus meinem Land,
das von ureigenen Verbrechen,
die ohne Vergleich sind,
Mal um Mal eingeholt und zur Rede gestellt wird,
wiederum und rein geschäftsmäßig, wenn auch
mit flinker Lippe als Wiedergutmachung deklariert,
ein weiteres U-Boot nach Israel
geliefert werden soll, dessen Spezialität
darin besteht, allesvernichtende Sprengköpfe
dorthin lenken zu können, wo die Existenz
einer einzigen Atombombe unbewiesen ist,
doch als Befürchtung von Beweiskraft sein will,
sage ich, was gesagt werden muß.

Warum aber schwieg ich bislang?
Weil ich meinte, meine Herkunft,
die von nie zu tilgendem Makel behaftet ist,
verbiete, diese Tatsache als ausgesprochene Wahrheit
dem Land Israel, dem ich verbunden bin
und bleiben will, zuzumuten.

Warum sage ich jetzt erst,
gealtert und mit letzter Tinte:
Die Atommacht Israel gefährdet
den ohnehin brüchigen Weltfrieden?
Weil gesagt werden muß,
was schon morgen zu spät sein könnte;
auch weil wir - als Deutsche belastet genug -
Zulieferer eines Verbrechens werden könnten,
das voraussehbar ist, weshalb unsere Mitschuld
durch keine der üblichen Ausreden
zu tilgen wäre.

Und zugegeben: ich schweige nicht mehr,
weil ich der Heuchelei des Westens
überdrüssig bin; zudem ist zu hoffen,
es mögen sich viele vom Schweigen befreien,
den Verursacher der erkennbaren Gefahr
zum Verzicht auf Gewalt auffordern und
gleichfalls darauf bestehen,
daß eine unbehinderte und permanente Kontrolle
des israelischen atomaren Potentials
und der iranischen Atomanlagen
durch eine internationale Instanz
von den Regierungen beider Länder zugelassen wird.

Nur so ist allen, den Israelis und Palästinensern,
mehr noch, allen Menschen, die in dieser
vom Wahn okkupierten Region
dicht bei dicht verfeindet leben
und letztlich auch uns zu helfen.

(März 2012)
Günter Grass

Ono što se mora reći


Zašto šutim, predugo prešućujem,
ono što je očigledno i uvježbavano u pomno planiranim igrama,
na čijem kraju kao preživjeli mi smo
jedino fusnote.


To je sačuvano pravo da napadnu prvi,
koje bi moglo uništiti hvalisavcem podjarmljeni
i do organiziranog klicanja dovedeni
iranski narod,
jer se na području pod njegovom vlašću
o gradnji atomske bombe nagađalo.

Ali zašto samome sebi zabranjujem
imenovati onu drugu zemlju
u kojoj već godinama – iako potajno –
postoji i raste nuklearni potencijal,
doduše izvan kontrole, jer je svim
provjerama nedostupan?

Opće prešućivanje činjenica,
kojem se moja šutnja podredila,
osjećam kao tešku, opterećujuću laž
i kao prisilu, uz kaznu u slučaju nepoštovanja;
presuda “antisemitizam” sasvim je uobičajena.


I onda baš iz ove zemlje,
koju stalno sustiže njezin zločin, po svemu
neusporediv,
i svaki je put iznova pozivana na odgovornost,
još jednom, čisto poslovno, iako
u izjavi je hitroj to objašnjeno kao kompenzacija,
doprema se Izraelu još jedna podmornica
čija se posebnost sastoji u tome
da usmjerava sveuništavajuće bojeve glave
tamo gdje postojanje atomske bombe nije dokazano,
ali je kao pretpostavka već potvrđeno,
I zato ću sada reći, ono što mora biti rečeno.


Zašto sam dosad šutio?
Zato što sam mislio da mi moje podrijetlo
označeno nepopravljivom sramotom,
ne dozvoljava da zahtijevam izricanje
činjenica kao jedine moguće istine
prema zemlji Izraelu, s kojom sam povezan
i s kojom i dalje povezan želim biti.

Zašto ovo govorim tek sada,
Ovako star, posljednjom svojom tintom:
Atomska sila Izrael ugrožava
Ionako krhki svjetski mir?
I mora se reći,
jer sutra je možda već prekasno;
pogotovo za nas koji – opterećeni ionako što smo Nijemci –
možemo postati isporučitelji zločina,
koji je predvidljiv, zbog kojeg se naše saučesništvo
ne može prebrisati uobičajenim opravdanjima.


I priznajem: ne šutim više,
sit sam licemjerstva Zapada;
i želim se nadati,
ukinuti svako prešućivanje,
pozvati izazivače stvarne opasnosti
da odustanu od nasilja
i insistirati da se dopusti
nesmetana i trajna kontrola
izraelskog atomskog potencijala
i iranskih atomskih elektrana
od istih međunarodnih institucija
prihvaćenih u vladama obje zemlje.

Samo na taj način, Izraelcima i Palestincima,
i ne samo njima, nego svim ljudima koji žive tamo,
u tom zabludama okupiranom dijelu svijeta,
gužvovitom i zavađenom odavna,
a zatim i svima nama, može se na kraju pomoći



(mart 2012. god.
Preveli Anne-Kathrin Godec i Miljenko Jergović)

Günter Grass

Ce qui doit ętre dit


Pourquoi me taire, pourquoi taire trop longtemps
Ce qui est manifeste, ce ŕ quoi l’on s’est exercé
dans des jeux de stratégie au terme desquels
nous autres survivants sommes tout au plus
des notes de pas de pages.

C’est le droit affirmé ŕ la premičre frappe
susceptible d’effacer un peuple iranien
soumis au joug d’une grande gueule
qui le guide vers la liesse organisée,
sous prétexte qu’on le soupçonne, dans sa zone de pouvoir,
de construire une bombe atomique.

Mais pourquoi est-ce que je m’interdis /De désigner par son nom cet autre pays
Dans lequel depuis des années, męme si c’est en secret,
On dispose d’un potentiel nucléaire en expansion
Mais sans contrôle, parce qu’inaccessible
Ŕ toute vérification ?


Le silence général sur cet état de fait
silence auquel s’est soumis mon propre silence,
pčse sur moi comme un mensonge
une contrainte qui s’exerce sous peine de sanction
en cas de transgression ;
le verdict d’"antisémitisme" est courant.
Mais ŕ présent, parce que de mon pays,
réguličrement rattrapé par des crimes
qui lui sont propres, sans pareils,
et pour lesquels on lui demande des comptes,
de ce pays-lŕ, une fois de plus, selon la pure rčgle des affaires,
quoiqu’en le présentant habilement comme une réparation, de ce pays, disais-je, Israël
attend la livraison d’un autre sous-marin
dont la spécialité est de pouvoir orienter des tętes explosives
capables de tout réduire ŕ néant
en direction d’un lieu oů l’on n’a pu prouver l’existence
ne fűt-ce que d’une seule bombe atomique,
mais oů la seule crainte veut avoir force de preuve,
je dis ce qui doit ętre dit.
Mais pourquoi me suis-je tu jusqu’ici ?
parce que je pensais que mon origine,
entachée d’une tare ŕ tout jamais ineffaçable,
m’interdit de suspecter de ce fait, comme d’une vérité avérée,
le pays d’Israël, auquel je suis lié
et veux rester lié.



Pourquoi ai-je attendu ce jour pour le dire,
vieilli, et de ma derničre encre :
La puissance atomique d’Israël menace
une paix du monde déjŕ fragile ?
parce qu’il faut dire,
ce qui, dit demain, pourrait déjŕ l’ętre trop tard :
et aussi parce que nous - Allemands,
qui en avons bien assez comme cela sur la conscience -
pourrions fournir l’arme d’un crime prévisible,
raison pour laquelle aucun
des subterfuges habituels
n’effacerait notre complicité.
Et admettons-le : je ne me tais plus,
parce que je suis las
de l’hypocrisie de l’Occident ; il faut en outre espérer
que beaucoup puissent se libérer du silence,
et inviter aussi celui qui fait peser cette menace flagrante
ŕ renoncer ŕ la violence
qu’ils réclament pareillement /un contrôle
permanent et sans entraves
du potentiel nucléaire israélien
et des installations nucléaires iraniennes
exercé par une instance internationale
et accepté par les gouvernements des deux pays.


C’est la seule maničre dont nous puissions les aider
tous, Israéliens, Palestiniens
plus encore, tous ceux qui, dans cette
région occupée par le délire
vivent côte ŕ côte en ennemis
Et puis aussi, au bout du compte, nous aider nous-męmes.

(mart 2012. god.
Traduit de l’allemand par Olivier Mannoni)




ZA VJEČAN PRVI MAJ
(AUGUST CESAREC)

O svi vi prošli Prvi majevi,
sve vi opće smotre armija bratskih boraca
širom čitave zvjezdane kugle!
O sve vi povorke prosvjedne i duge,
svi vi zborovi na trgovima gradskim,
u dvoranama zagušljivim,
u zelenilu šuma proljetnih,
svi vi stjegovi i karanfili crveni,
svi vi cjelovi bratimstva čovječjeg!
O svi vi Majevi Prvi posljednjih tužnih godina,
svi vi užasni, svi mučeni morom međunarodne
mržnje,
razbijeni lavinom ognja,
gušeni plinom plinova i laži otrovnih,
svi vi stjegovi crveni u prašinu tavana bačeni,
u pokolju bratoubilačkom oskinavljeni,
svi vi Majevi Prvi,
svi vi tek sanja ste bili, a danas ste na ivici zbilje!
Danas,
u kolopletu krvavom, kad zemlja je tek suza u
svemiru zgrušana,
tek kaplja zgrušana mučeničke krvi,
danas smo na ivici doba da sanje ostvarimo svoje,
o armija boraca bratskih!
Sudišta naraštaja budućih i savjesti vlastite naše
gledaju na nas,
o braćo moja širom čitave kugle!
Neka u sve nas duhne proljetnog sunca
sunca sa istoka dah.
Dah konačne borbe za majsko izmirenje vječno,
za vječan Prvi maj,
za miris majskih ruža u dušama čovječjim vječan,
O neka se bije bitka posljednja
za vječan Prvi maj, za bratimstvo čovječje  vječno!
Nek se bije bitka posljednja!
Za spasenje i pročišćenje sviju nas na kugli ovoj
zvjezdanoj!
Tijelo je majčice zemlje posramljeno haljom
krvavom ratova bezumnih.
Tijelo je majčice zemlje paluba razdrte galije,
zalutale na Atlantiku krvi, nasukane na Himalaji
leševa.
I svi se mi rvemo na njoj — bezumlju požarnom
u hiljadu ciljeva hoteći zaploviti.
 
O veliki, crveni Dane, dane Prvoga maja 1919. ljeta!
Neka dah tvoj topli, svemoćni
osnaži smjele veslače i krmilare iskusne,
razbruja braću moju za juriš borbe posljednje
te s grebena se Smrti u jedinstvu cilja maknemo
do luke spokoja i spasa!
Podignimo zastave naše crvene
i zataknimo ih na jarbol, na zrenik Maja Prvog
vječnoga
u dušama da našim boja zaleprša njihova —
u znamen spasenja sviju nas,
što u procjepima tamnog zla smo rođeni
i za vječnim podnem čovječje sreće vapimo!
U stjegove crvene zavijmo tijelo zemlje majčice
po njima da ko po sagovima majskih ruža mirisnih,
svi mi, još uvijek razjedinjeni, pocijepani,
u ophodu praznika velikog pjevajući prođemo,
ujedinjeni, zagrljeni, sa suncem ljubavi,
sa vječnim podnem izmirenja i opraštanja,
sa himnom Prvog maja vječnoga u duši smirenoj!
O braćo moja, o armije crvenih boraca širom
čitave kugle,
sa grebena se smrtnog maknimo u borbu posljednju
za vječan Prvi maj, za vječan Prvi maj!
Za bratimstvo čovječje vječno!


(izvor: Novi Plamen on May 1, 2012)



Ivan Goran Kovačić

KOMUNISTIČKOJ PARTIJI



Izreći zanosno tvoje veliko ime

I osjetiti krepku Slobodu divljeg straha

Isto je,  ili zaogruti se svime

Što sja – ko mračan oblak sočnim svjetlom zraka.

Isto je oknom smijeha probit bedem mraka

Isto je muziku naći besmrtne rime,

I snagom života plamtjeti u čas smaka-

Izreći zanosno tvoje veliko ime.

Ti činiš da svaki malen postaje velik,

Da besmrtnik vječnost s trenutkom malih spaja,

Kraj krila Slobode čami i utamničenik,

Srebri mu kosa u mraku od tvoga sjaja;

Prkos mu tvrdi kost, meso mu nema kraja

A negve gnjiju, i tvrdi bi truno čelik;

Ne od mraka! On slijepi od svjetla tvog Maja.

Ti činiš da svaki malen postaje velik.

Tvoj jezik, ko vjetrovi sa četiri strane,

Ko istok, ko Zapad, ko Sjever, poput Juga,

Okružuje Zemlju, i govoreći plane

Riječima: Borba! Sloboda! – Blista duga

Bljeskom Uma, iskrom Bata, svjetlom Pluga.

Čuju Crnci džungle, i vidi svijet savane!

Okuplja Kineze, Eskime, svakog druga

Tvoj jezik, ko vjetrovi sa četiri strane.

Tvoj silan jezik dade moćna usta Sinu

(ko pobuna su strašna, ko Pobjeda krasna),

Markse i Engelse, stijeg Lenjinu, Staljinu

(Vi, četiri ognja Osviještenja klasna!).

Naš narod tvojom snagom probuđen oda sna

Vidio je munju, što stepa sinu:

Na brdima si našim kao Bitka glasna!

Tvoj silan jezik dade moćna usta sinu.


(1943. Izvor)

Ivan Goran Kovačić

MOJ GROB

U planini mrkoj nek mi bude hum,
Nad njim urlik vuka, crnih grana sum,

Ljeti vjecan vihor, zimi visok snijeg,
Muku moje rake nedostupan bijeg.

Visoko nek stoji, ko oblak i tron,
Da ne dopre do njeg niskog tornja zvon,

Da ne dopre do njeg pokajnicki glas,
Strah obracenika, molitve za spas.

Neka sikne travom, uz trnovit grm,
Besput da je do njeg, neprobojan, strm.

Nitko da ne dodje, do prijatelj drag, -
I kada se vrati, nek poravna trag.
Ivan Goran Kovačić

MRZIMO VAS

Mrzimo vas hulje,
Mrzimo krvnici
Vi, pljačkaške rulje!
U majčinoj klici
Kunu vašu djecu utrobe svih žena
Ispod doma našeg, bombom porušena.
Skotovi i gmazi,
Što psičete zrakom
Na krvavoj stazi,
Za mračnim oblakom.
Dostić će vas, zmije, osvetnička strijela
Iznad naših brda, dolina i sela.

Kukavice, vrane,
Psi tuđinskih kurva,
U no naše rane
Bijes će da vas surva.
Od otrova njenih kosti će vam gnjiti,
Dok se ne nasiti, dok se ne nasiti.

Naše ljute guje
Kroz kost će vam gmizat,
Pobješnjele kuje
Crijeva će vam lizat.
Muhe zukavice i smrdljivi crvi
Osvetu će množit u crnoj vam krvi.

Srce bismo jeli
Pogano vam meso,
Na lešine sjeli
I kliktali bijesno.
Smrdežima vašim punili bi pluća,
Za pobjede nove, nova nadahnuća.




LA SOCIALDEMOCRAZIA

Claudio Lolli

(dall'album "Disoccupiamo le strade dai sogni", 1977)

 
Il nemico, marcia, sempre, alla tua testa.
Ma la testa del nemico dove č,
che marcia alla tua testa.
Ma la testa del nemico dove č,
che marcia alla tua testa.
Ma che nebbia, ma che confusione,
che aria di tempesta,
la socialdemocrazia č
un mostro senza testa.

Il nemico, marcia, sempre, alla tua testa.
Ma una testa oggi che cos'č?
E che cos'č un nemico?
E una marcia oggi che cos'č?
E che cos'č una guerra?
Si marcia giŕ in questa santa pace
con la divisa della festa.
Senza nemici né scarponi e
soprattutto senza testa!

La socialdemocrazia non va
a caccia di farfalle.
Il nemico marcia in testa a te
ma anche alle tue spalle.
Il nemico marcia con i piedi
nelle tue stesse scarpe.
Quindi anche se le tracce non le vedi
č sempre dalla tua parte.

La socialdemocrazia č
un mostro senza testa.
La socialdemocrazia č
un gallo senza cresta.
Ma che nebbia, ma che confusione
che vento di tempesta.
La socialdemocrazia č
quel nano che ti arresta.

SOCIJALDEMOKRACIJA

Claudio Lolli
(iz albuma «Oslobodimo ulice snova», 1977.
Prijevod: Jasna Tkalec)


Neprijatelj uvijek maršira na čelu.
Ali gdje je neprijatelja čelo
Što ti po glavi stupa?
Gdje je neprijatelja čelo,
Misao glavom ti lupa?
Koliko magle, koliko pometnje
Vrijeme naviješta buru
I čudne osjećaš smetnje,
Što ti ih misli prave:
Socijaldemokracija je čudovište bez glave.


Neprijatelj uvijek maršira na čelu,
A danas gdje mu se djela glava?
Što danas neprijatelj znači?
Što znači marš?
Što znači rat?
Kad vele da mu je slomljen vrat?
I ti u svetom stupaš miru.
U prazničnom odijelu, praznična košulja prava,
Neprijatelja nema, ni cipele nisu ti teške
Nedostaje ti glava: inače sve je bez greške!


Socijaldemokracija ne lovi leptire:
Neprijatelj maršira na čelu kolone!
I po glavi te gazi, jer ste na istoj stazi.
I iza tvojih pleća sakriven se pravi,
Neprijatelj stupa i tvojim nogama lupa:
Neprijatelj je s tobom u istim cipelama,
Tako ni tragovi njegovi nisu ti znani:
Socijaldemokracija tvrdi,
Da je na tvojoj strani!


Socijaldemokracija je čudovište bez glave
Ona je pijevac kome nedostaje kresta.
Al' za smijeh uopće nema mjesta:
Ona je prava prijetnja.
Kolika magla, kolika pometnja,
Zbog vremena što naviješta buru:
Socijaldemokracija je kepec,
Koji te trpa u buturu.




Ne
                        psuj mi Tita
(izvor)



Cantata per Luigi Trastulli

(Sante Carboni, 1949)

Non č canto di gioia,
nemmeno d'allegria
pur non vi sembri
triste questa canzone mia:

E' nata dal dolore
ma canta la speranza
del popolo che lotta
e sanguinando avanza.

Il 17 Marzo
lasciammo le officine
per dire a lor signori:
Mai piů morte e rovine.

Il "Patto" che firmaste
č un tradimento nero
che renderŕ l'Italia
schiava dello straniero

E Terni laboriosa,
Terni degli operai,
ve lo dice fin d'ora,
non l'accetterŕ mai!

E andavam cantando
sotto il bel sole d'oro,
i canti della pace,
i canti del lavoro!

Ma l'eccellenza e soci,
facendo colazione
avevan giŕ deciso
di "darci una lezione"

Inermi marciavamo
quand'ecco la sbirraglia
ci affronta con le jippe,
i gas e la mitraglia.

Noi le gridammo: pace!
Ma ci risposer guerra
e di sangue innocente
si fe' rossa la terra!

O guardia scellerata,
celere maledetta!
il sangue di Trastulli
dal ciel grida vendetta!

Aveva ventun anni
ed era ardito e forte
pace! vi disse, o infami,
e voi gli deste morte.

Padre e sposo felice
gli rideva la vita
ma voi gliela troncaste
con raffiche di mitra!

O Sposa giovinetta!
a Te e al tuo pargoletto
giuriam che gli assassini
non moriran sul letto!

E tu Gente Ternana,
che sulla bara hai pianto
raccogli il giuramento,
propaga questo canto!

S'intenerisca il cuore
anche a chi l'ha di quarzo
ricordando l'eccidio del
17 Marzo! ...

Terni, ricorda! Terni ricorderŕ! ....


Il giovane operaio Luigi Trastulli cadde a Terni il 17 marzo 1949, ucciso dalla celere  durante la repressione poliziesca di una manifestazione contro l'adesione dell'Italia alla NATO. Una lapide in memoria č apposta a Viale Brin, sul muro delle Acciaierie.




This song of mine
is neither for joy
nor for glee;
yet let it not sound sad to you.

It is born in sorrow,
but sings the hope
of the people who struggle
and shed their blood as they march on.

On March 17,
we walked out of the factories,
to tell those in power:
no more war and destruction.

The Treaty you have signed
is a dark act of treason,
which will make Italy
a slave to foreigners.

And hard-working Terni,
Terni the workers' town,
is telling you right now:
we'll never let it be!

And as we marched, we sang
under the golden sun,
our songs of peace,
our songs of labor.

But the prefect and his partners
as they sat down to eat,
had already made up their minds
to teach us all a lesson.

Unarmed we marched,
when the dirty cops
rushed against us with jeeps,
tear gas, and machine guns.

We shouted to them: Peace!
But they answered us with war,
and the earth was reddened
with innocent blood.

You heartless guard,
you accursed cops!
Trastulli's blood
from heaven cries for vengeance.

He was twenty-one years old,
and he was strong and bold;
he offered you peace,
and you, rascals, gave him death.

A happy father and husband,
life smiled on him;
but you cut him down
with a volley of your machine gun.

To you, young bride,
and to your little child,
we swear that the killers
shall not die on their bed.

And you, people of Terni,
who wept upon his grave,
take up this oath,
and teach the world this song.

Let every heart be melted,
even if made of stone,
remembering the massacre
of March 17!

Terni, remember! Terni shall not forget!


Notes

Many thanks to Alessandro Portelli for permission to add this song to the Union Songs collection. This Italian industrial song comes from Alessandro Portelli's 1991 book 'The Death of Luigi Trastulli and Other Stories: Form and Meaning in Oral History'
Portelli writes: 'On 17 March 1949, the 21 year old steelworker, Luigi Trastulli was killed by the police during a demostration against NATO. Sante Carboni, a mechanic, former railroad worker and draftsman, wrote a song about the event'




Stradalni zemljopis


(Milan Komnenić)

Usitnilo se pored Sitnice
olabavilo po Labu,
istočilo u Istoku
drenom zlodusi razrovaše Drenicu,
vučjim trnom proboden Vučitrn,
gola neman vere se Golešom,
klinom udriše na Klinu,
Mitrovica seva bez Dimitrija,
u Gnjilanu gnjiju sokolići,
glogov kolac zbo Glogovac,
prištevima Moloh prekrio Prištinu,
razdevičiše Devič,
Mušutište survaše u tmušu,
u peć gurnuše Dečane i Peć,
u Đakovici se razbezaše đaci,
prokletstvo se surva niz Prokletije,
kosovima pobelela cika po Kosovu
gačac gače iznad Gračanice,
gore oblaci nad Goriocem,
Lipljanu se posušile lipe,
Nerodimka opasala naš rod,
Vitinu su oplele vitine od munja,
Uroševac se izmetnu u Ferizaj,
gubimo Dobrotin, bežimo u Zlokućane,
Srbica je  besrbica,
prezren je Prizren...
 
Gospode, izvedri lelek nad ovim narodom!


Da "Kosovski polom"(Il patibolo – o La sconfitta – del Kosovo).
"Stradalni zemljopis" (Geografia del calvario) č poesia profonda, intraducibile.

Kosovo je polom srpskog naroda (Ivo Andrić)
Il Kosovo č il patibolo del popolo serbo (Ivo Andrić)




Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus

 
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