Coordinamento
Nazionale per la Jugoslavia



Segnalazione iniziativa


Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia
aderisce
al Convegno Nazionale NESSUNA BASE NESSUNA GUERRA,

in programma per il prossimo 20 novembre a Taranto
(vedi al sito http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_7927.html
oppure più sotto per la convocazione ed il programma).



CONVEGNO NAZIONALE del 20 novembre 2004 a Taranto
(ore 9-18 Salone Provincia v. Anfiteatro Taranto)

"NESSUNA BASE NESSUNA GUERRA"


INTERVENTO
del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ)

Salutiamo calorosamente questa iniziativa antimilitarista di grande importanza che si svolge in una citta' fortemente segnata dalla presenza militare, quale e' Taranto. Il CNJ sollecita la costruzione, insieme a tutte le realta' affini, di tante altre analoghe iniziative contro la guerra, contro la militarizzazione e contro la ri-colonizzazione, in uno spirito di solidarieta' internazionalista.

Consentiteci innanzitutto qualche parola di presentazione.

Il CNJ nasce nel 2001 come ambito di comunicazione e raccordo tra le persone a vario titolo impegnate sulle problematiche jugoslave. Un Coordinamento Nazionale appariva necessario per continuare in maniera proficua e anzi, se possibile, rilanciare tutte le attivita' che avevamo avviato, prima, durante e dopo i bombardamenti del 1999, in diversi ambiti:
- l'ambito della solidarieta' materiale alle popolazioni bombardate o in altro modo colpite dallo smembramento della RFS di Jugoslavia;
- l'ambito della informazione, o contro-informazione che dir si voglia: cioe' innanzitutto della denuncia delle mistificazioni giornalistiche e del carattere propagandistico e, di fatto, militare dell'informazione dei grandi media;
- l'ambito culturale, della diffusione della cultura degli slavi del sud e della promozione della amicizia tra i nostri popoli;
- altro scopo fondativo del CNJ e' il mantenimento di rapporti con le sinistre sociali e politiche delle varie  repubbliche jugoslave.

Il CNJ si fonda su quegli stessi valori su cui e' stato fondato mezzo secolo di vita pacifica e di sviluppo della Jugoslavia, contro ogni secessionismo e contro ogni esasperato identitarismo. Con la nostra attivita' ci prefiggiamo di contribuire anche a rimediare al profondo debito storico e culturale ed alla profonda disinformazione sulle vicende jugoslave e del nostro confine orientale che, proprio in Italia, ereditiamo da lunga data, attraverso il nazionalismo italiano post-unitario, le annessioni coloniali ed  il fascismo, la guerra fredda, lo smembramento della RFS di Jugoslavia. In questo ci sentiamo in continuita' con lo spirito della comune lotta dei partigiani jugoslavi ed italiani contro il nazifascismo.

La recente guerra per la distruzione della Jugoslavia e' incominciata con le secessioni dell'estate 1991. Le secessioni della Croazia e della Slovenia sono avvenute contestualmente alla disgregazione dell’Unione Sovietica. La Bosnia-Erzegovina fu incitata alla secessione dalla comunità internazionale l'anno successivo (1992), benche' fosse chiaro che il riconoscimento delle "indipendenze" proclamate unilateralmente era causa di ingiustizie, di instabilita' e di guerra. La guerra per la distruzione della Jugoslavia e' stata certamente una guerra fratricida, ma anche una guerra di assoggettamento imperialista, e non puo' dirsi terminata: basti guardare non solo all'indefinito "status" della provincia serba del Kosovo, ma anche alle tensioni tra le componenti cosiddette "etniche" della Bosnia-Erzegovina, oppure agli sforzi USA ed UE per la ulteriore frammentazione in Macedonia -- dove i media parlano esplicitamente, guarda caso, di "devolution" -- o ancora alle perduranti contese territoriali tra Slovenia e Croazia... Tutto questo ci dice che i confini tracciati nei Balcani sono instabili; a volerla dire tutta: i confini tracciati nei Balcani sono assurdi, o meglio ancora: NON ESISTONO E NON POSSONO ESISTERE CONFINI "GIUSTI" A DIVIDERE I BALCANI. Tutti i confini tracciati nei Balcani sono necessariamente ingiusti, poiche' la popolazione e' ovunque mista, e separare le componenti "etniche" le une dalle altre e' possibile sono tramite la violenza ed il sopruso.

L'unico risultato evidente ed indiscutibile della guerra, dal punto di vista geopolitico, e' stato finora l'invio di molte decine di migliaia di soldati della NATO su quei territori. Sono circa diecimila soltanto gli italiani attualmente presenti: considerato che essi si avvicendano di continuo, possiamo valutare in centinaia di migliaia il numero dei soldati italiani che sono "passati" per quei territori nel corso degli ultimi anni, inquadrati nelle missioni: KFOR (Kosovo ed Albania), IFOR/SFOR (Bosnia), "Essential Harvest" ed "Amber Fox" (Macedonia), ed altre. Questa presenza e' spiegabile in base alle enormi pressioni esercitate per un'estensione generale della NATO verso est. L'imposizione di una pace precaria in Bosnia, come in Kosovo o nella Macedonia, non e' stata altro che il pretesto per inviare le forze NATO nei Balcani.

Scriveva Sean Gervasi gia' nel 1996:

<< La scelta strategica che si sta delineando [e' quella di] controllare le risorse della regione intorno al Mar Caspio, "stabilizzare" i paesi dell'Europa Orientale e in ultima analisi "stabilizzare" la Russia e i paesi della Comunita' degli Stati Indipendenti. (...) E' importante osservare che la NATO ha cercato di inserirsi nella crisi jugoslava fin dall'inizio. L'intervento divenne del tutto manifesto nel 1993, quando la NATO incomincio' ad appoggiare le operazioni dell'UNPROFOR in Jugoslavia, soprattutto con il blocco contro la Repubblica Federale di Jugoslavia e l'imposizione di una zona di interdizione dei voli nello spazio aereo bosniaco. (...) La NATO dunque ha incominciato a lavorare per una vasta operazione "fuori area" praticamente fin dall'inizio della guerra in Bosnia-Erzegovina. (...)

Nei paesi occidentali l 'opinione comune e' che questa crisi, comprese le guerre civili in Croazia e Bosnia-Erzegovina, sia il risultato di conflitti interni jugoslavi, in particolare tra Croati, Serbi e musulmani Bosniaci. Ma questa spiegazione e' ben lungi dal cogliere l'essenza del problema. Sin dall'inizio il problema principale in Jugoslavia e' stato l'intervento straniero negli affari interni del paese. Due potenze occidentali, gli Stati Uniti e la Germania, hanno deliberatamente indirizzato i loro sforzi a destabilizzare e smantellare il paese. Il processo, gia' in pieno svolgimento negli anni '80, e' stato ulteriormente accelerato all'inizio dell'attuale decennio. Le due potenze hanno accuratamente pianificato, preparato e assistito le secessioni che hanno mandato in pezzi la Jugoslavia e hanno fatto il possibile per allargare e prolungare le guerre civili iniziate in Croazia e continuate poi in Bosnia Erzegovina. Dietro le quinte il loro coinvolgimento non e' mai venuto meno in nessuna delle fasi della crisi. L'intervento straniero doveva servire a creare quegli stessi conflitti che le potenze occidentali tanto deprecavano perche' quei conflitti, una volta innescate le guerre civili, fornivano i migliori pretesti per intervenire apertamente. (...) Sotto la maschera della "promozione della democrazia" veniva in realta' aperta la strada alla ricolonizzazione dei Balcani. (...)

Una volta disintegrata e gettata nel caos la Jugoslavia, si poteva incominciare a riorganizzare questa area centrale dei Balcani. La Slovenia, la Croazia e la Bosnia-Erzegovina dovevano entrare nella sfera di interessi tedesca. La Germania otteneva l'accesso al mare sull'Adriatico e, in prospettiva, se si fosse riusciti a piegare totalmente i Serbi, al nuovo canale Reno-Danubio, una via d'acqua che puo' trasportare navi da 3.000 tonnellate dal Mare del Nord al Mar Nero. Le parti meridionali della Jugoslavia dovevano cadere in una sfera di interessi americana. La Macedonia, che controlla gli unici valichi tra est e ovest e tra nord e sud nelle montagne dei Balcani doveva essere il centro di una regione americana. Ma la sfera americana doveva includere anche l'Albania e, se si fosse riusciti a strappare quelle regioni alla Serbia, anche il Sangiaccato e il Kosovo. Alcuni esperti americani hanno parlato anche dell'emergere eventuale di una Grande Albania sotto tutela USA e turca, nell'ambito di una serie di staterelli musulmani, compresa se possibile la Bosnia-Erzegovina, con accesso all'Adriatico.

Non c'e' da stupirsi se la Germania e gli USA, pur avendo lavorato di concerto per la disintegrazione della Jugoslavia, sono ora in competizione per il controllo di varie parti del paese, specialmente la Croazia e la Bosnia-Erzegovina. In effetti in tutta l'area balcanica c'e' un grosso scontro per l'influenza e i vantaggi commerciali. I contendenti principali sono la Germania e gli Stati Uniti, le due potenze responsabili della disintegrazione della Jugoslavia. Alla corsa partecipano pero' anche importanti societa' e banche di altri paesi europei. La situazione e' simile a quella creata in Cecoslovacchia dall'accordo di Monaco del 1938, raggiunto per dividersi le spoglie in modo da evitare scontri che avrebbero condotto immediatamente alla guerra.

La Jugoslavia e' importante non solo per la posizione che occupa sulla carta geografica, ma anche per le regioni a cui consente l'accesso. Influenti analisti americani la considerano adiacente a un'area di interesse vitale per gli USA, quella del Mar Nero e del Caspio. (...) Questa stretta collaborazione lega gli USA al punto di vista tedesco su quella che gli esperti tedeschi e americani chiamano ora Mitteleuropa (Europa centrale). E' un punto di vista che prevede: 1) l'espansione dell'Unione Europea verso est; 2) una leadership tedesca in Europa; e 3) una nuova divisione del lavoro in Europa. >>

Oggi, dopo otto anni da quando Gervasi scriveva queste parole, e mentre la popolazione irachena viene massacrata ogni giorno a base di menzogne mediatiche e di uranio impoverito proprio come era stato fatto negli anni precedenti in Jugoslavia, la situazione balcanica e le sue implicazioni geopolitiche appaiono in tutta la loro evidenza, ed ancora piu' gravi. Gli Stati Uniti d'America hanno usato dapprima la Germania, il Vaticano e l'intera Comunità Europea come battistrada, ma il loro appoggio a livello mediatico, diplomatico, finanziario e militare ai secessionismi e' stato sempre piu' sfacciato, tanto da creare problemi, imbarazzo e nervosismo all'Europa stessa. Dopo avere cinicamente sfruttato il risorgere dei revanscismi "mitteleuropei" e delle destre neonaziste nell'Europa "post-Ottantanove", gli USA si sono scatenati, assumendo via via un ruolo sempre piu' diretto e mostrando di avere una strategia in fondo anti-europea, cioe' mirata (tra l'altro) alla destabilizzazione cronica dell'Europa in quanto polo imperialista concorrente.

In Croazia, gli USA sono intervenuti direttamente nella guerra civile ad esempio attraverso la Military Professional Resources Inc., una societa' di mercenari controllata dal Pentagono, facente base in Virginia (USA): essa ha tra l‘altro assistito la Croazia nelle operazioni di pulizia etnica “Lampo“ e “Tempesta“, con le quali nel 1995 le zone a maggioranza serba sono state svuotate della loro popolazione autoctona, nella criminale indifferenza della “comunità internazionale“.

In Bosnia gli USA vanno annoverati come i principali responsabili del fallimento dei piani di pace, a partire dal piano Cutileiro (aprile 1992) che era stato sottoscritto da tutte le parti in conflitto ed avrebbe risparmiato tragedie e lutti alla popolazione. Via via, gli USA hanno mirato a screditare ed a far fallire ogni intervento attuato sotto l'egida delle Nazioni Unite, imponendo la progressiva sostituzione delle missioni ONU con missioni più direttamente gestite dalla NATO. Ricordiamo il periodo delle grandi "stragi a mezzo stampa" -- quelle di Sarajevo -- con le rimozioni dei vari generali ed incaricati ONU Morillon, MacKenzie, Akashi, eccetera. Nel settembre 1995, USA ed UE scatenano ai danni dei serbi della Bosnia la prima grande campagna di bombardamenti sul suolo europeo dai tempi della II Guerra Mondiale. I serbi vengono prima diffamati e poi colpiti perché, tra gli jugoslavi, sia per ragioni storiche sia perché vivono in quasi tutte le repubbliche ex-federate, sono quelli che meno di tutti hanno interesse alla frantumazione del loro paese.

Gia' per quei bombardamenti del 1995, durante i quali proiettili all'uranio impoverito vennero scagliati contro le infrastrutture causando sul colpo anche decine di morti civili, la NATO si avvalse delle basi militari in Italia. Dopo un paio di mesi, la firma degli accordi di Dayton consenti' lo stanziamento "sine die" di decine di migliaia di soldati NATO sul territorio bosniaco, interamente ridotto ormai a protettorato internazionale.

La Jugoslavia era già stata spaccata in cinque parti, ma evidentemente tanto non bastava. Nella primavera del 1999, dopo anni di strumentalizzazione del movimento separatista pan-albanese, USA ed europei bombardavano la Repubblica Federale di Jugoslavia - ciò che restava della RFS di Jugoslavia dopo le secessioni, e cioè Serbia e Montenegro.
Di nuovo erano le basi militari dislocate sul suolo italiano a funzionare da basi di lancio per la aggressione a paesi e popoli a noi vicini. Questo, peraltro, con gravi conseguenze anche sull'ambiente e sulla sicurezza del nostro paese: si pensi ad esempio a tutti i proiettili inesplosi scaricati in Adriatico dai bombardieri dopo le loro missioni di morte, quasi che il nostro mare fosse la pattumiera delle loro bombe. Sulla Jugoslavia, da chilometri di altezza venivano colpite infrastrutture civili e militari, causando sul colpo centinaia di morti civili. Gli jugoslavi hanno raccolto i cadaveri di concittadini, amici e parenti nelle piazze dei mercati, dalle lamiere dei treni sventrati, dai resti dei convogli di profughi, dagli ospedali, dalle abitazioni. La NATO ha colpito per mettere in ginocchio tutto il paese, devastandolo. Hanno infatti bombardato obiettivi situati a molte centinaia di chilometri di distanza dal Kosovo-Metohija che dicevano di dover "salvare" -- fino ai confini ungheresi! In Kosovo-Metohija hanno bombardato con l'uranio impoverito. Hanno bombardato il petrolchimico di Pancevo, a pochi chilometri da Belgrado, intenzionalmente per causare la fuoriuscita di gas altamente venefici -- in Italia la migliore documentazione su questo "buco nero" informativo (uno tra i tanti) è stata prodotta dal comitato Scienziate/i contro la Guerra. Attraverso l'effetto di lunga durata degli agenti cancerogeni, la NATO sta uccidendo ancora oggi: l'incremento dei casi di cancro a Pancevo e' documentabile.

In questa maniera criminale la Jugoslavia e' stata costretta alla resa, nel giugno 1999, ed e' stata infine cancellata dalle cartine geografiche: l'odierna Unione di Serbia e Montenegro e' una entita' precaria costruita a tavolino in Occidente. Nel Kosovo-Metohija regna oggi un regime del terrore. Sotto gli occhi disattenti ovvero complici di molte migliaia di soldati NATO è stata pressoché completata la epurazione delle nazionalità non-albanesi e degli albanesi non-secessionisti, e prosegue la distruzione delle vestigia della cultura tardo-bizantina. I "desaparecidos" sono migliaia, gli attentati a sfondo razzista continuano, l'ultimo pogrom e' avvenuto lo scorso marzo... La zona è in mano agli ex-guerriglieri dell'UCK, sostenuti economicamente dai traffici di droga, armi e prostituzione. Le grandissime risorse della provincia, specialmente minerarie, sono state espropriate allo Stato serbo in vista dell'acquisizione da parte delle multinazionali, ed ogni produzione è bloccata. Le poche possibilità di lavoro "onesto" per i giovani kosovaro-albanesi vengono dalle truppe straniere di occupazione: ad esempio nell'immensa base militare USA di Camp Bondsteel, presso Urosevac, che e' il più grande insediamento militare USA all'estero dai tempi del Vietnam.

Ha scritto Diana Johnstone:

<< Camp Bondsteel fornisce il numero più importante di impieghi legali agli Albanesi, e questo potrà continuare a farlo anche dopo che la richiesta di autisti ed interpreti andrà ad esaurirsi, quando le ONG si ritireranno. Possono contare sui finanziamenti dell’Arabia Saudita per la costruzione di moschee. Ma con un reddito pro capite di circa 30 dollari$ al mese, è difficile vedere dove un “Kosovo indipendente” possa racimolare la tassazione di base per sostenere finanziariamente un governo, specialmente poi se molto del reddito reale è di provenienza illecita, fuori della portata di esattori delle imposte. Il Kosovo è solo un caso estremo della “transizione” dal socialismo al libero mercato, così come imposto all’Europa dell’Est dalla “comunità internazionale”. Lo Stato e i suoi servizi sono stati eliminati attraverso la forza militare della NATO, mentre altrove il processo di demolizione è avvenuto in modo più graduale e meno drammatico, come risultato delle pressioni del Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Unione Europea. >>

Ulteriore disgregazione è in atto in Macedonia. Anche in questa Repubblica ex-federata il nazionalismo di ispirazione grande-albanese è stato fomentato dalla NATO negli anni passati. In questo caso, pero', l'incipiente frattura tra le cordate imperialiste -- statunitense da una parte ed europea dall'altra -- e' apparsa molto evidente. All'inizio del 2000, la Commissione Europea aveva avviato con la Bulgaria, la Macedonia e l'Albania i negoziati per l'ingresso nella UE. Nell'aprile del 2001 la Macedonia era diventata il primo paese dei Balcani a firmare un "accordo di stabilizzazione ed associazione". Ecco allora che, proprio negli stessi giorni, il terrorismo dell'UCK macedone, armato ed addestrato adesso soprattutto dagli angloamericani, esplodeva in tutta la sua violenza, per portare viceversa il paese alla de-stabilizzazione e cosi' allontanarlo dalla UE.

Ogni esplosione della violenza terroristica serve comunque a giustificare la ulteriore presenza delle truppe occidentali, oramai diffuse un po' dovunque nella regione, che e' stata ridotta ad un "patchwork" di protettorati. Queste truppe controllano le vie di comunicazione, in particolare proprio in Macedonia e Kosovo, dove è stata avviata la realizzazione del cosiddetto "Corridoio numero 8", sulla direttrice fra Albania e Bulgaria, dunque di particolare interesse per la Puglia. Ogni anno, a settembre, se ne parla alla Fiera del Levante di Bari, in incontri tra i Ministri dei sei Paesi interessati (oltre ad Italia e Grecia, Turchia, Macedonia, Bulgaria ed Albania): si progettano porti, aeroporti, centri intermodali, strade e ferrovie per collegare le regioni adriatico-ioniche con l'area balcanica e i Paesi del Mar Nero. Pero' dal 1996 anche il colosso energetico anglo-americano ha creato un consorzio specifico, denominato AMBO, per lo stesso Corridoio 8, sottoscrivendo accordi ad hoc nel tentativo di marginalizzare gli europei. Il consorzio AMBO ("Albanian, Macedonian and Bulgarian Oil") ha sede legale negli USA ed è direttamente collegato al potere politico-militare statunitense attraverso la famigerata Halliburton, la societa' del vicepresidente USA Dick Cheney già appaltatrice, tramite l'associata Brown & Root, delle forniture e della stessa costruzione della base di Camp Bondsteel, ed ora appaltatrice di tutta la enorme "torta" irachena.

Il disegno strategico originario prevedeva almeno dieci corridoi pan-europei; ma esso e' in fase di stallo per il contrasto crescente tra UE ed USA, mentre sta drammaticamente esplodendo, cioe', la "grande crisi" del petrolio a livello globale, con conseguenze potenzialmente devastanti per la pace mondiale. Nei Balcani, come dappertutto, la cordata petrolifera anglo-americana (BP-Amoco-ARCO, Chevron e Texaco) si contrappone agli europei Total-Fina-Elf, ai quali l'italiana ENI sarebbe associata (benchè la posizione sui generis dell‘Italia meriterebbe un discorso a parte). Per questo gli anglo-americani sono in prima linea nell'interventismo militare e di intelligence nei Balcani, dove non disdegnano di usare il terrorismo di matrice islamista e filoturca per tenere in scacco tutta la penisola, così come già fanno nel Caucaso (vedi Cecenia). Loro dicono di combattere il terrorismo islamico, ma in realta' ne sono i principali sponsor.

Oggi sembra aver prevalso l'interesse USA ad insabbiare per il momento qualsivoglia progetto di oleodotto balcanico. L'Iraq è infatti stato occupato; inoltre, è stato avviato un progetto ben più interessante per gli USA, per un oleodotto da Baku attraverso la Turchia fino a Ceyhan, direttamente cioè sul Mediterraneo: a tagliar fuori i Balcani, e con essi tutta l'Europa. La "guerra infinita" proclamata dagli USA dopo l'11 Settembre sta ridisegnando completamente la geopolitica del petrolio. La recente aggressione contro l'Iraq ha colpito direttamente gli interessi petroliferi francesi e russi, e sembra scalzare via gli europei dalle posizioni che sembravano acquisite. Negli scorsi anni, gli europei erano "arrivati prima" in Asia Centrale, ad esempio in Kazakistan, anche grazie ad una politica di avvicinamento alla Russia: politica che viene messa oggi in discussione dagli USA che fomentano l'instabilita' e la guerra nel Caucaso... Nei Balcani gli europei hanno agito in maniera paradossalmente autolesionistica: i bombardamenti del 1999 hanno di fatto nuociuto all'Europa centrale a causa dei gravi danni arrecati alle infrastrutture dell'asse danubiano (il "Corridoio 10"). Evidentemente certi settori, soprattutto tedeschi, pur di capovolgere nei Balcani gli esiti della Seconda Guerra Mondiale, che li aveva visti sconfitti, e dunque accecati dal loro stesso revanscismo, sono andati addirittura contro il proprio interesse nazionale quando, bombardando i ponti sul Danubio, hanno bloccato per anni il traffico fluviale lungo una direttrice per loro strategica!

In questo teatrino di "sgambetti" tra i vari attori sul proscenio balcanico, l'Italia svolge un ruolo non irrilevante, per motivi oggettivi: basti guardare la cartina geografica, per comprendere come tanto il Corridoio 10 (con la progettata diramazione di Trieste) quanto il Corridoio 8 (per tutti i nostri porti adriatici, Puglia compresa) o il 5 (sempre per Trieste) siano tutti al centro dell'interesse del nostro paese, indipendentemente da quale risulterà essere la cordata imperialista "vincente".

In Europa, per adesso, sono gli jugoslavi a dover pagare il prezzo più caro di una ristrutturazione geopolitica decisa a loro insaputa e contro di loro. A partire dal riconoscimento diplomatico delle Repubbliche secessioniste, l'Occidente ha fatto il "doppio gioco" con il loro paese, proclamandosi pompiere mentre gettava benzina sui focolai di crisi. Un "doppio gioco" che ha causato indicibili tragedie, ridisegnando i Balcani secondo protettorati coloniali come ai tempi dell'occupazione nazifascista, trasformandone i territori in servitù militari occidentali e bacini di sfruttamento delle risorse e della forza-lavoro, devastando le basi della convivenza civile e della cultura comune di quelle genti. Nessun “gruppo nazionale“ ci ha guadagnato niente, dalla disgregazione, visto che tutti indistintamente si trovano oggi a dover vivere sparpagliati tra tanti piccoli Stati; i quali a loro volta non hanno alcuna forza "contrattuale" né voce in capitolo rispetto al proprio stesso futuro. Di rado qualcuno di questi staterelli, tra pressioni e ricatti di ogni genere, viene accolto nei "salotti buoni": è il caso della Slovenia, che è entrata nella NATO e nella UE con un referendum pro-forma che ha mostrato una volta di più lo scarso entusiasmo della popolazione per tutto quanto sta avvenendo.

La situazione attuale nei Balcani è una dimostrazione clamorosa della ipocrisia delle grandi potenze. In particolare, le "ragioni umanitarie" sempre addotte dagli USA e dai loro alleati per far scoppiare le guerre coprono uno spietato progetto di ricolonizzazione. La filosofia complessiva è stata sempre quella dell'"arancia ": per meglio mangiarla bisogna suddividerla spicchio per spicchio; talvolta qualche spicchio si rompe, e bisogna sporcarsi le mani... di sangue. Da sempre presi in trappola nei deleteri tira-e-molla tra le grandi potenze, gli abitanti dei Balcani si trovano adesso a dover fare i conti con gli interessi contrapposti di europei e statunitensi. Di certo, non se ne gioveranno in nessun modo.

Dal 1999 in poi, mese dopo mese abbiamo visto replicarsi ovunque quello che è successo alla Jugoslavia, con ritmi sempre più rapidi e modalità sempre più sfacciate. Come in Jugoslavia anche in Iraq, ad esempio, abbiamo visto tutti che la guerra si prepara e si accompagna con la disinformazione strategica, gestita a livello globale da agenzie specializzate e "corporation" del settore, come la Hill&Knowlton, la Ruder&Finn, la ITN, il Rendon Group, gli istituti legati ai governi occidentali ed alla Fondazione Soros. Come in Jugoslavia, anche in Iraq la diffamazione delle classi dirigenti e la promessa di "dare alla popolazione locale un governo democratico" si sono rivelate un cinico imbroglio: l'Occidente ha portato distruzione, militarizzazione, miseria, morte; porterà nuovi confini a dividere le genti, porterà divisione ed odio "etnico", e regimi coloniali repressivi ed antipopolari. Ibrahim Rugova, il tanto vezzeggiato leader dei separatisti kosovari, diceva testuale, all‘ANSA il 13 febbraio 2003: ''Hussein e Milosevic (...) in quanto dittatori si assomigliano. Il problema che si pone il mondo civile è quello di annullare le potenzialita' dei dittatori, per andare sempre più verso la democrazia. (...) Noi kosovari dobbiamo ringraziare Dio per l'intervento della NATO che è servito a salvare un popolo e una civiltà''. Viceversa, i kosovari albanesi sono stati presi in trappola dalla NATO e dai loro stessi leader: il territorio sul quale vivono viene spogliato delle sue risorse, ad esempio minerarie (vedi il sequestro delle miniere di Trepca), ed e' trasformato in una grande portaerei.
Come in Jugoslavia, anche in Iraq  gli imperialisti si litigano le risorse, le materie prime, il petrolio ed il gas naturale, e mirano a controllare militarmente tutte le rotte per il loro transito. Come in Jugoslavia, anche in Iraq la guerra "umanitaria" si è combattuta con l'uranio impoverito, con i bombardamenti sulle infrastrutture e sugli insediamenti civili, con conseguenze mortali sull‘economia, sull'ambiente e sulla salute.

Per concludere, vogliamo qui riaffermare:

- la nostra opposizione alla NATO, che sulla scorta di quanto sopra appare sempre di piu' come una alleanza anacronistica, che copre goffamente contraddizioni di ben altra natura tra le grandi potenze;
- la nostra opposizione alle basi militari USA e NATO sul suolo italiano come altrove, e piu' in generale la nostra opposizione alla crescente militarizzazione dei territori;
- la nostra richiesta di immediato ritiro di tutte le truppe italiane dislocate all'estero, contro il neocolonialismo e contro le guerre di conquista, in linea con il dettato costituzionale del nostro paese.

Ribadiamo infine la nostra solidarieta' internazionalista a tutti i popoli aggrediti dall'imperialismo, ed in particolare al popolo iracheno, vittima in questi giorni di una mattanza da parte delle truppe statunitensi: altri crimini di guerra, dei quali l'Italia e' complice.



20 novembre 2004
ore 9-18, Salone della Provincia, via Anfiteatro - Taranto

CONVEGNO NAZIONALE:
NESSUNA BASE NESSUNA GUERRA
contro la nuova Base Usa a Taranto
avamposto nel mediterraneo nel disegno di dominio americano

A Taranto, dove vi sono già due basi navali - l’ultima inaugurata proprio quest’estate - se ne ipotizza una terza a comando militare USA.
Lanciamo un appello per realizzare a Taranto un Convegno per il prossimo 20 novembre e subito dopo una manifestazione nazionale.

La strategia politico economica americana che mira al controllo mondiale assegna all’Italia un ruolo di alleato fede e servo Usa. Il nostro Paese ha fatto propria l’opzione bellica presentandosi come “paladino della pace e della democrazia”. Per consolidare questo disegno, il processo di militarizzazione e la condizione di sudditanza dagli USA devono essere rafforzate.
La Puglia, regione meridionale protesa verso il medio-oriente, costantemente alla ricerca dello sviluppo socioeconomico, è il territorio ideale per la funzione di sentinella degli interessi economici, della cultura, dei valori dei paesi imperialisti occidentali.
In questo quadro è Taranto che sta diventando il nuovo avamposto bellico assumendo il ruolo di nuovo cardine della militarizzazione europea, sentinella della guerra preventiva.
A Taranto, dove vi sono già due basi navali - l’ultima inaugurata proprio quest’estate - se ne ipotizza una terza di supporto logistico, tutta a stelle e strisce. Documenti ufficiali delineano il trasferimento del comando della VI Flotta Usa - dotata di mezzi a propulsione nucleare - da Gaeta a Taranto. Sono in corso accordi per l’attracco di navi Usa nel porto commerciale (1° e 3° sporgente). Taranto viene pertanto chiusa (strozzata) sempre più da rilevanti insediamenti militari.
Da alcuni mesi sorge un'antenna molto alta nell'isola di San Pietro, la più grande delle due isole Cheradi che collega la base navale italiana con la centrale Usa di San Diego in California. "Il Mondo" del 13 febbraio 2004 ha scritto la nuova base navale di Taranto "potrebbe includere anche il centro di ascolto, ora a San Vito dei Normanni, che rientra nella rete Echelon".
La nuova Base di Chiapparo viene definita "Porto militare utilizzabile da tutte le marinerie, NATO e non" nonché "Deposito USA e NATO".
Non siamo quindi in presenza di una Base esclusivamente italiana ma di un insediamento inserito, mediante il sistema C4i del Pentagono, nella sfera di influenza americana.
Taranto diventa la più grande base militare navale per il controllo del Mediterraneo, dei Balcani, del Medio Oriente, per le missioni di guerra contro i popoli, per imporre sfruttamento, predazione.
Una città di guerra è anche città a rischio nucleare. Taranto è già attrezzata per accogliere navi e sommergibili a propulsione nucleare; e tali presenze comporteranno dispersione di radioattività;
Taranto ha visto un grave incremento dei casi di tumore; non ha un serio piano di emergenza nucleare; non crescerà economicamente con la presenza di ulteriori insediamenti militari; rischia di perdere anche la mitilicoltura.
E’ assolutamente falso che tutto questo porterà nuova occupazione e sviluppo economico: pochi si arricchiranno, mentre i lavoratori, i giovani e la intera popolazione subiranno soltanto aumenti del costo della vita, maggiore precarietà lavorativa, flessione delle iniziative produttive, gli stessi posti di lavoro dell’Arsenale Militare potrebbero essere smantellati. Il rafforzamento della presenza militare porterà poi un più alto, diffuso e capillare controllo sociale della zona (per proteggerci dal terrorismo, ci diranno). Nei fatti diminuiranno gli spazi democratici in tutti i settori della vita sociale, culturale, economica. Per tutto questo la realizzazione della terza Base non può e non deve avvenire nel silenzio.
Taranto non è un problema solo locale, ma anche nazionale.


Facciamo appello a donne, uomini, giovani, lavoratori, a intellettuali, giornalisti, scienziati, ai Comitati di lotta contro le basi, alle forze sociali, politiche e sindacali, strutture ed associazioni di base e autorganizzate locali e nazionali a partecipare a Taranto al Convegno del 20 novembre


Il Comitato per il No al nucleare e No ad ogni ulteriore insediamento
militare

per adesioni e informazioni:
cobasta @ libero.it  -  giovannimatichecchia @ libero.it



Vedi anche:

Contro la nuova base USA e le nuove strategie asservimento militare
Le città militarizzate a convegno a Taranto il 20 novembre 2004
Cresce il pericolo di un nuovo insediamento militare per ospitare le portaerei e i sommergibili nucleari americani in transito nel Mediterraneo. (Giovanni Matichecchia, 4 novembre 2004)
http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_7927.html

Taranto non vuole la terza base navale, questa volta a stelle e strisce
http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_7926.html

Contro la nuova base Usa a Taranto avviamo una mobilitazione nazionale
http://italy.peacelink.org/disarmo/articles/art_7349.html



programma provvisorio


Nessuna base, nessuna guerra
CONTRO LA NUOVA BASE USA A TARANTO
avamposto nel Mediterraneo nel disegno di dominio americano

Relatori e interventi programmati:

V. Francesco Polcaro - CNR (Scienziate e Scienziati contro la guerra)
recherà contributi
di Massimo Zucchetti - Politecnico di Torino
(Scienziate e Scienziati contro la guerra)
e di Francesco Iannuzzelli (Peacelink)

Edoardo Magnone - Chimico (Scienziate e Scienziati contro la guerra)
in collegamento da Tokio


Mauro Bulgarelli - Parlamentare

Nicola Occhiofino - Assessore Comune Bari
Tonino Camuso - Osservatorio sui Balcani
Manlio Dinucci - Esperto problemi militari
Pietro Maestri - Redattore Guerre e Pace

Comitati invitati:

Aviano - Giuseppe Rizzardi
Sigonella - Alfonso Di Stefano
Palermo - Antonio Mazzeo
La Maddalena - Anna Fresu Comitato Cittadino Spontaneo
Catania
Pisignano (Rimini)
Camp Darby (Pi)
Brindisi

Taranto Comitato dei 2 No

Peacelink (A. Marescotti),  Slai Cobas (E. Palatrasio), Cobas (G. Petruzzi),
tarantosociale (G. Matichecchia), Legambiente (M. Maranò), WWF (T.
D'Assisi), Pax Christi (G. Tacente), Arci (Lorenzo), Attac (S. De Rosa)

Associazione per la Pace, Oltre le barriere, Chiesa Valdese Tarantoviva,
Altrimondi, ...


Taranto
sabato 20 novembre, ore 9.00
Salone rappresentanza Amm.ne Provinciale
(palazzo Governo, via Anfiteatro)
Pausa dalle 13.30 alle 15.00
Termine dei: lavori ore 18.00


Primo rendiconto convegno di Taranto


Da: "slai cobas Taranto"
Data: Lun 22 Nov 2004  20:47:44 Europe/Rome
A: "Coord. Naz. per la Jugoslavia"

riteniamo utile fornire una prima sommaria informazione (assolutamente ufficiosa) del convegno  di taranto del 20 novembre
seguiranno i comunicati e le informazioni ufficiali del comitato dei 2 NO di taranto

Per una rete delle città militarizzate Nato/Usa
Per una manifestazione nazionale a Taranto in primavera
Per una vertenza nazionale e un referendum popolare in tutte le città di Basi Nato/Usa


Il Convegno nazionale "Nessuna Base Nessuna Guerra" si è tenuto nella giornata di sabato a Taranto, con un dibattito qualitativo e una partecipazione rappresentativa di realtà nazionali.

E' stato aperto da una relazione del Prof. Francesco Polcaro del CNR, dell'Associazione "Scienziati e scienziate contro la guerra" che ha portato anche il contributo di Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino e di Iannuzzelli Francesco di Peacelink. Polcaro, che ha portato un ampio e documentato dossier, ha analizzato e denunciato con forza, in modo ricco i pericoli connessi alla presenza e al transito di sommergibili nucleari, smantellando ogni teoria giustificazionista e sottovalutante dei pericoli per le popolazioni, che notoriamente le autorità militari, il governo, le amministrazioni locali, utilizzano per coprire e far accettare questa situazione che, invece, ha già mostrato ampiamente, in particolare a La Maddalena, quanto sia criminale per le popolazioni del territorio.
Da Tokyo è pervenuto un messaggio di Edoardo Magnone, facente anch'egli parte di "Scienziati e scienziate contro la guerra".
Il parlamentare Mauro Bulgarelli ha svolto una dura requisitoria sulla guerra in atto in Irak, Afghanistan, sul ruolo delle truppe dell'imperialismo italiano, le violazioni della Costituzione e il carattere di crimini di guerra delle operazioni militari connesse dalle truppe imperialiste. Forte è stata la denuncia del nesso: guerra/attacco alla democrazia all'interno, come pure alla diffusa illegalità connessa alla presenza delle Basi. Assumendosi l'impegno di rappresentare sempre più questa battaglia sostenuta nelle città Basi dalle lotte e dai Comitati.
L'On. Russo Spena, non essendo riuscito ad essere presente al Convegno, ha mandato un suo utile intervento, affermando che la nuova questione meridionale va assunta complessivamente come questione euromediterranea, lottando per chiudere le Basi, per riappropriarsi del territorio.
Tonino Camuso dell'Osservatorio dei Balcani, che ha portato un testo estremamente documentato sulla Puglia militarizzata nella guerra globale permanente, ha insistito sulla lotta al ruolo della militarizzazione in
Puglia e sulla necessità di una Rete delle città Basi.
Il consigliere regionale Nicola Occhiofino ha posto l'attenzione allo sviluppo di un movimento per la pace capace nella Regione di contrastare la trasformazione del Mediterraneo e della Puglia in un mare solcato da strumenti di guerra e in una Regione asservita che contrasta con le prospettive di sviluppo di questa terra.
Un incisivo intervento è pervenuto da Piero Maestri di Guerra e Pace, che non ha potuto essere tra i relatori previsti.
Nell'intervento di Alessandro Marescotti di Peacelink è stato denunciato il contesto strategico e militare che porta all'ampliamento della Base navale di Taranto, a far diventare Taranto futura sede della VI flotta Usa, contornata da un sistema e da un utilizzo del sistema spionistico, satellitare, inserito nella rete mondiale, a guida Usa, Echelon. Ha denunciato inoltre come le modifiche al codice militare sono volte ad
impedire l'attività di scoperta e denuncia di giornalisti ed operatori pacifisti dei piani del pentagono e dei comandi militari italiani, attraverso misure che prevedono arresti e repressione. Marescotti ha
documentato l'attività del Comitato a Taranto per costringere Amministrazioni locali, Prefettura ad informare sui propri impegni di tutela della popolazione dal rischio nucleare, evidenziando che lo scopo di
queste iniziative è soprattutto quello di arrivare al punto in cui, data l'inosservanza di queste norme, è legittimo richiedere e imporre il divieto di attracco e di transito di sommergibili nucleari e di qualsiasi
altra nave da guerra, passibile di utilizzo del nucleare.
Salvatore De Rosa di Attac ha proposto che dal Convegno venga lanciata una vertenza nazionale in tutte le città Basi, fondata sulla richiesta di un referendum che permetta alle popolazioni di esprimersi e offra un
terreno di scontro prolungato con le istituzioni e amministrazioni locali.

La seconda parte del Convegno ha visto soprattutto gli interventi di Comitati e compagni che stanno combattendo sul proprio territorio le Basi militari.

Il racconto, fatto da Maja Maiore del Comitato cittadino spontaneo de La Maddalena, della lotta in atto, le sue vicende, le sue difficoltà, ma anche i suoi risultati che rendono la battaglia in atto a La Maddalena il
punto di riferimento nazionale attuale di questa lotta, ha coinvolto tutto il Convegno in una forte dimensione nazionale di questa battaglia, in cui ogni Base, ogni lotta diventi nazionale e si leghi, si trasmetta e si reticoli.
Da Aviano è intervenuto con uno scritto Giuseppe Rizzardo dell'Associazione "L'ambiente è vita" sull'impatto ambientale delle attività militari.
Dalla Sicilia, è stata portata da Rosario Sciortino dello Slai Cobas per il sindacato di classe di Palermo, la denuncia delle Basi di Sigonella e Comiso e dei nuovi piani di utilizzo di esse nello scenario attuale della guerra globale permanente, e l'impegno a rilanciare la mobilitazione della Regione che vada oltre le dimensioni attuali sviluppate sul territorio.
Dalla Sicilia è arrivato anche un lungo intervento su `la mega Sigonella - militarizzazione, mafia e conflitti' di Antonio Mazzeo del Comitato permanente per la smilitarizzazione di Sigonella.

Lo Slai cobas di Taranto, al cui impegno insieme alle realtà attive del pacifismo tarantino, in particolare Taranto Sociale, si deve la realizzazione del Convegno, ha portato innanzitutto il valore nazionale della battaglia che si sta conducendo a Taranto. La nuova Base, la più grande del Mediterraneo, appunto un avamposto della guerra proiettato verso l'Irak, il Medio Oriente e i Balcani, connessa al trasferimento del
Comando Usa a Napoli, deve diventare un centro della mobilitazione nazionale, e il ruolo del Comitato dei due NO è quello di essere un "nemico interno" che attacca e sabota i piani dell'imperialismo, cominciando ora con un Convegno poi con una manifestazione nazionale. E' stato valorizzato il ruolo di raccolta del Comitato dei due NO, che raccoglie effettivamente, almeno a livello di rappresentanze, le forze reali che per diverse ragioni e convinzioni combattono la guerra, le Basi e la militarizzazione del territorio. Chi non era al Convegno, e in particolare le forze della sinistra parlamentare, Rifondazione compresa, non lo era perchè era contro questo Convegno, dato che fiancheggiano più o meno apertamente il ruolo della Marina a Taranto e ne condividono e coprono i processi di trasformazione Nato/Usa. E' stata rilanciata la necessità di dare una dimensione effettivamente popolare al Comitato, mettendo in luce come i lavoratori e i diversi settori delle masse popolari devono scoprire attraverso l'azione del Comitato le ragioni per scendere in campo e mobilitarsi contro la Base e i suoi effetti, ma anche contro le istituzioni locali. Infine, è stato sottolineato come il metodo principale da seguire ora per coinvolgere le popolazioni, sia quello dell'azione diretta che anche con piccoli numeri incidi e polarizzi l'attenzione dell'opinione
pubblica e delle masse e inneschi l'iniziativa e la partecipazione popolare. Tutto ciò va visto come una "guerra", perchè a chi sviluppa piani di guerra e azioni di guerra non si possono opporre parole di pace, ma azioni e un movimento che spazzi via il sistema economico, politico e militare della guerra,
basato sui profitti e lo sfruttamento e l'oppressione dei popoli.

Il Cobas confederazione nel suo intervento ha sottolineato che proprio la lotta contro la guerra e le forze oscure o aperte che localmente la sostengono sono una delle ragioni che hanno portato alla repressione da
Napoli a Genova e che a Taranto ha colpito militanti e realtà, processate a Cosenza - il Comitato di quartiere città vecchia con le realtà ad esso collegate ha fatto appello con un suo intervento alla massima
partecipazione alla manifestazione di Cosenza. Il Cobas ha denunciato come Stato, polizia e magistratura vogliono mettere a tacere il dissenso per impedirci di lottare e smascherare i loro piani e disegni. Ma la lotta contro l'ex sindaco fascista Cito fatta dal Centro Sociale a Taranto ha mostrato che una mobilitazione nazionale e locale ampia e vincente è possibile, e che nonostante che anche allora centro destra e centrosinistra erano uniti contro chi combatteva questo stato di cose, ciò non impedì affatto che tanta parte del popolo e anche singoli rappresentanti politici della sinistra nelle istituzioni, si schierassero con l'opposizione reale. Questo lo dobbiamo fare anche oggi contro la Base e la militarizzazione.
Importanti sono state nel Convegno le presenze di pacifisti cattolici che hanno contribuito alla sua realizzazione e che hanno un peso rappresentativo nel Comitato dei due NO. Ma interessante è stato la presenza e l'intervento della chiesa Valdese che ha denunciato il ruolo della religione e della
spiritualità, di stampo cattolico-integralista che ha portato alla vittoria di Bush in America e che sostiene la guerra permanente e sviluppa una guerra di religione antislamica che ne tradisce il messaggio di pace e l'impegno all'educazione alla pace.
Un dirigente locale dei Comunisti italiani ha sottolineato che è necessario delineare un modello di sviluppo alternativo a quello di una città militarizzata per mobilitare le popolazioni locali.
Un rappresentante del Comitato No War di Napoli ha documentato il difficile lavoro di conoscenza e denuncia nei confronti della presenza e del ruolo Nato/Usa a Napoli, in particolare i recenti cambiamenti che vengono annunciati di trasferimenti del comando Usa, ma ha denunciato anche l'addestramento delle truppe irakene a Bagnoli - contro cui il Csoa `Terra - Terra' ha indetto una manifestazione per il 24 novembre - e il ruolo dell'aeroporto di Capodichino. Significativo è stato poi la denuncia dell'imperialismo europeo, che troppe volte viene oscurato mettendo in luce il solo ruolo dell'imperialismo americano, mentre proprio la Costituzione europea legalizza e legittima il riarmo e l'intervento crescente
dell'imperialismo europeo. E' necessario a Napoli il raccordo unitario di tutti i comitati che si muovono nelle diverse realtà militarizzate della Regione e l'impegno alla costruzione di questa rete nazionale lanciata nel Convegno.
Da Ravenna, è venuta la denuncia da parte di Enzo Diana dello Slai cobas per il sindacato di classe della guerra del petrolio, dell'Eni che dismette stabilimenti per sfruttare stabilimenti a Nassirija, dell'Hulliburton, che ha un'azienda anche a Ravenna, del vice presidente Cheney, grande sponsor e profittatore della guerra in Irak e del business della ricostruzione, delle Basi di Pisignano e del sistema delle Basi dell'"Emilia rossa", contro cui si sviluppano iniziative e lotte.
Ha aderito al Convegno anche con un suo documento "Gettiamo le Basi" di Bologna e Romagna.

Andrea Catone per il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, che ha mandato anche un lungo documento al Convegno, ha messo in luce come sia stata la guerra dei Balcani, sostenuta dal governo D'Alema, ad aprire la strada all'attuale guerra infinita, e di come la Nato si sia ridisegnata come alleanza aggressiva ancor più di prima, nonostante lo scioglimento del patto di Varsavia. Ha portato la piena adesione e l'impegno perchè da questo Convegno si rilanci e si rafforzi la lotta contro la Nato, per il suo scioglimento e la chiusura delle sue Basi.

L'ultimo intervento è stato dei giovani di Red Block di Taranto, che in tutta la settimana hanno fatto - solo loro purtroppo - una intensa campagna alle scuole con volantini locandini e appello ai presidi e professori per tenere discussioni in classe sul convegno. Nel loro intervento forte é stata la denuncia della guerra imperialista e del sistema e stato che in Italia la supporta, con la repressione e le campagne da unità nazionale.

Il tempo a disposizione del Convegno ha costretto a ridurre gli ulteriori interventi che la rappresentativa presenza permetteva, compreso la lettura delle altre adesioni, e interventi scritti, numerosi, arrivati
nazionalmente: da Corrispondenze metropolitane di Roma (che ha inviato un intervento "La Nato di Ciampi e quella di Martino e la nostra lotta"), alla Compagnia teatrale Saverio Tommaso, a Giustizia e Pace, ad ambientalisti di Taranto, a Giuseppe Scano (www.censurati.it), a Studenti di Ingegneria da Pisa, ecc.
8 ore di intenso dibattito, con una presenza difficilmente realizzata così varia e plurale, ma nello stesso tempo così univoca nel centrare l'obiettivo e indirizzare la lotta, hanno reso importante e qualificata questa
iniziativa, un Convegno di studio e di lotta, che ha elevato la conoscenza e la coscienza dei partecipanti e ha fornito una gran massa di materiali che possono essere di grande utilità, pensiamo, all'intero movimento contro le Basi e contro la guerra imperialista.
In tempi relativamente brevi, il Comitato dei due NO si è impegnato a realizzare e a mettere in rete gli Atti di questo Convegno con pressoché tutti gli interventi a disposizione.
Alla fine sono state elencate alcune decisioni che saranno meglio illustrate dal Comitato dei due NO nei prossimi giorni.  Sinteticamente:
  • Adesione alla manifestazione del 27 a Cosenza;
  • Adesione al Convegno di Pisa del 11 e 12 dic., di cui diversi intervenuti hanno parlato;
  • Rete delle città sedi di Basi militari, Nato/Usa;
  • Vertenza nazionale e Referendum in tutte le città Basi;
  • Manifestazione nazionale a Taranto (proposta orientativa per il 5 marzo), preparata con mobilitazioni locali e come tappa di un lungo "assedio" alle Basi della morte.
Resoconto provvisorio a cura di Margherita Calderazzi dello Slai cobas di Taranto - cobasta @libero.it



Ritorna alla pagina delle nostre iniziative ...



Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia
 
sito internet: https://www.cnj.it/
posta elettronica: j u g o c o o r d @ t i s c a l i . i t
notiziario telematico JUGOINFO:
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages

Per i versamenti a favore del CNJ:
Conto Bancoposta n. 47595665 
intestato ad Anita Krstic, Milano