Trieste / Trst, 16 novembre 2002, Convegno:
"...PASSANDO SEMPRE PER LA JUGOSLAVIA..."

INTERVENTO DI IGOR CANCIANI
(segretario Prc Trieste / Skp Trst)

Imperialismo e guerre - l'aggressione alla RFJ
 

Ringrazio a nome della Federazione del PRC di Trieste i compagni di
ZASTAVA Trieste per aver preparato questa iniziativa, perché penso
che sia una buona cosa, nel senso che presi come siamo dal fare un
sacco di cose e da mille impegni che si accavallano non c'è mai tempo
per fare una riflessione seria su quello che è accaduto in questi ultimi
dieci anni.
L'incipit di questo volantino-programma è molto ambizioso, ma anche
efficacemente riassuntivo di quello che è successo dalla guerra del Golfo
ad oggi, e naturalmente è anche una iniziativa molto stimolante.
A me personalmente spiace moltissimo che Andrea Catone non ci sia,
anche perché credo che il mio intervento potrà essere ben poca cosa
rispetto a quello che avrebbe potuto dire lui.
Io del resto per supplire a questo pezzo mi sono rivisto gli appunti di quei
giorni del 1999, dei giorni dei bombardamenti, quando andavamo in giro
a fare iniziative per la pace, anche in contrapposizione con i DS e altri, e
spero che quel materiale oggi possa essere utile, a tre anni e mezzo di
distanza, se non per dire che avevamo ragione, ma per vedere quali erano
le caratteristiche di quella guerra imperialista che fu fatta passare per
guerra umanitaria.

[omissis - breve introduzione in lingua slovena]

Naturalmente mi associo completamente a quanto ha detto Gilberto in
apertura: i fatti che sono successi ieri nel nostro Paese [gli arresti del 15-11-02 -
ndCNJ] sono gravissimi per una serie di motivi.
Ci pensavamo da tempo, ma quello che è successo ieri davvero ci induce
a pensare che ormai viviamo in un clima di regime, che magari non ha le
forme manifestative che poteva avere il fascismo in quanto a brutalità, ma
che sicuramente è una avvisaglia del fatto che gli apparati repressivi stanno
all'erta, stanno lavorando; e io credo che, per fare proprio un parallelo e per
ritornare con la memoria a due anni orsono alla situazione in Jugoslavia e
prima che assurgesse al potere Djindjic, che se una cosa del genere fosse
successa nella Jugoslavia di Milosevic probabilmente si sarebbe gridato allo
scandalo, avremmo avuto titoli cubitali sui giornali, si sarebbe gridato alla
dittatura. Il fatto invece che in Italia 20 persone vengano arrestate con capi
di imputazione e di accusa molto gravi e con termini e definizioni che
appartengono ad un'altra epoca, appunto che odorano di ventennio,
naturalmente desta molta impressione, e però non riesce ad andare al di
là di quelle che sono le riflessioni da bar o le reazioni verbali al fatto.
Ieri ci sono state delle mobilitazioni in tutto il Paese, anche se sono state
mobilitazioni spontanee. Anche a Trieste c'è stata una manifestazione
davanti al Tribunale, e ieri si sono mossi per di più i compagni che fanno
parte dell'area dei "disobbedienti". Ma io ritengo che su questi temi sia
necessario continuare a dare una risposta, perché credo questa sia in
qualche modo la dimostrazione che questo movimento dopo Firenze, con
la saldatura avvenuta anche con un passaggio sostanziale, con uno spostamento
sostanziale della CGIL su questi contenuti... Diciamo così: la CGIL è sempre
stata vicina al movimento, però da Genova a Firenze c'è stata proprio una
sua entrata, un suo spostamento in direzione di una maggiore internità al
movimento, per non parlare della FIOM e di altri settori. Dunque, credo che
in questo senso si percepisca che il movimento stia diventando qualcosa di
molto più forte, e a fronte di questo lo Stato e alcuni suoi apparati non sanno
fare altro che rispondere così come avevano risposto nel 68. Perché, come ha
detto Gad Lerner ieri sera a "8e1/2" (a volte ci azzecca), il 68 è durato molto
più a lungo in Italia, ed è degenerato anche grazie al fatto che le istituzioni
avevano dato delle risposte assolutamente inadeguate e brutali.
Io non vorrei che oggi succedesse la stessa cosa. Credo che sia nostro dovere
continuare a vigilare e manifestare, continuare a tentare di dare, anche con
iniziative che possono sembrare granelli di sabbia nel mare, informazione
corretta. Perché credo che questa spirale delle guerre imperialiste che si
stanno susseguendo in questo ultimo decennio si regga anche,
sostanzialmente, su dei processi di disinformazione che vengono messi
in atto e che vengono fatti bere alla gente.
Gilberto ha citato il libro "Menzogne di guerra". Io vi ricordo che già
qualche anno fa ci fu un bel libro di Claudio Fracassi "Sotto la notizia
niente", in cui si partiva dalla situazione in Jugoslavia - dalla guerra dei
dieci giorni in Slovenia - per dire quanto fosse efficace la disinformazione
gestita dagli apparati che allora erano i Comitati per l'indipendenza della
Slovenia, e che poi l'opinione pubblica, specialmente da noi in Occidente,
prendeva come oro colato senza andare ad approfondire.

Da questo punto di vista un convegno come questo è un tentativo di fare
controinformazione, ed è profondamente necessario continuare a farla,
perché tanti piccoli contributi, e l'impegno dei compagni del gruppo
ZASTAVA per quanto riguarda le adozioni, insieme alla CGIL, ai fogli
e alle testate che ogni tanto ci raccontano la verità o comunque ci danno
un quadro oggettivo di quello che sta succedendo in questi paesi, sono
la risposta che dobbiamo sempre tentare di dare a un tipo di informazione
a senso unico, che ci dice e che ci spiega sempre il perché si debba andare
a bombardare o a fare la guerra ad altri Paesi.
Noi sappiamo tutti che siamo probabilmente alla vigilia di una guerra, di
un attacco all'Iraq che viene venduto come un'operazione di guerra
preventiva contro il terrorismo, che nel modo e nelle forme di presentazione
viene definito come attacco ad uno degli stati canaglia che continua ad
accumulare armamenti e che continua a detenere ordigni nucleari, e che
dunque va ridotto ad impotenza per la sicurezza in primis degli USA ma
anche di tutte le democrazie occidentali.
Rispetto a questo - e voi sapete che non lo dico per riprendere una
polemica interna al Prc, terminologica, che non ci riguarda, tra assertori
dell'"imperialismo" e assertori dell'"impero" - io credo che, al di là delle
polemiche, le cose che sono successe negli ultimi mesi, e anche le condotte,
i comportamenti dei singoli Stati che riscoprono ogni tanto anche il concetto
di sovranità - specialmente quando questo ha a che fare con interessi
strategici e di sopravvivenza - mi inducono a pensare che non tenga
più la teoria del direttorio unico dell'impero amorfo, nel quale non si
distingue un capofila, un ruolo guida; ci sono però gli interessi del
capitalismo, ci sono le multinazionali, ci sono questi organismi
difficilmente identificabili che poi determinano gli accaduti, la politica.
Credo che in questo momento sia difficile dire che gli USA non abbiano un
ruolo predominante, nel senso che sono loro quelli che guidano la danza
anche nei confronti dell'Iraq, così come successe dopo l'11 settembre
per quanto riguardava l'Afghanistan; ma è altrettanto vero che ci sono delle
reazioni diverse e smarcate - cito la Francia e la Germania, cito la Russia
di Putin e anche la condotta della Cina, questo non per dare ragione come
qualcuno potrebbe pensare al compagno Sorini, ma perché effettivamente
non era scontato e non si sarebbe dato scontato un anno fa che questi
Paesi avessero tenuto una linea di condotta autonoma e in rotta di collisione
con quanto vogliono fare gli USA di Bush, mentre adesso è successo.
Questo probabilmente ha a che fare con la posizione dell'Iraq, con il
ruolo strategico che questo Paese detiene nel campo del petrolio, e
con il fatto che molto probabilmente qualora gli americani riuscissero
nel loro intento ad insediarsi nell'Iraq, sia per la Francia che per la
Germania, ma soprattutto per la Russia, tutto ciò avrebbe delle
conseguenze devastanti sul piano economico. Si parla comunque
sempre di contraddizioni tra Paesi che, a parte la Russia che si è
aggregata ultimamente, hanno scelto senza dubbio il primato del
mercato come ordinamento, il sistema capitalistico come campo in
cui stare. Dunque questa transizione che c'è stata dal socialismo reale
nel caso della Russia al capitalismo primordiale selvaggio è sinceramente
una cosa che non muterà, ma è altrettanto vero che, se è vero che gli
Americani si battono per l'egemonia a livello mondiale e per dare la
scadenza di ritmi e tempi a tutto il resto del mondo, è altrettanto vero che
la Russia di Putin vuole avere qualcosa da dire, assieme alla Cina e forse
all'India e ad altre potenze, per quanto riguarda invece il ruolo strategico
ed il ruolo di Stato-guida in quell'arcipelago di dimensioni regionali che
risponde grosso modo all'Asia, e che in termini sia di possibilità di espansione
dei mercati, sia di sfruttamento di forza lavoro che di risorse disponibili
e sfruttabili, probabilmente vale più del resto del mondo.

Io credo che le cause di questa crisi non siano la pretesa di dare sicurezza
e garanzia alle democrazie ai cittadini che abitano l'Occidente, ma siano
appunto altre, siano cause economiche che, guarda caso, sono le stesse
cause che hanno portato tre anni e mezzo fa la NATO ad attaccare la Jugoslavia.
Se vi ricordate - io ho dovuto riguardare gli appunti di quei giorni perché
molte cose poi si dimenticano - la causa ufficiale dell'intervento della
NATO in Kosovo, dunque l'aggressione alla Jugoslavia, furono da un lato
le asserite operazioni di pulizia etnica, imputate grosso modo nell'ultimo
anno, dunque nel 1998-1999, come la strage di Racak, e poi, la cosa
più importante, il rifiuto di stipulare il trattato di Rambouillet, che poi a
posteriori tutti riconobbero trattarsi di un trattato che nessuno Stato che
poteva definirsi in qualche modo stato sovrano avrebbe potuto firmare.
Ma tanto fu fatto e fu fatto anche molto di più.
Per tornare ancora un po' indietro, la guerra del Golfo del 1991 è stata
probabilmente l'ultima guerra che si è svolta con dei canoni bellici
classici, nel senso che c'era un "aggredito", c'era un "aggressore" e c'era
l'ONU che svolse il suo ruolo come risoluzione. Io ricordo a tutti che
anche all'epoca noi fummo contrari al conflitto, però almeno c'era un
impianto a monte di tipo classico in cui si andava a difendere i diritti di
uno Stato aggredito.
Nel caso della Jugoslavia fu invece fatto a pezzi il diritto internazionale.
Ricordo inoltre che fu il primo caso in cui si infranse anche la nostra
Costituzione, specialmente l'articolo 11 in cui si dice che l'Italia ripudia
la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali;
quella fu una decisione assunta all'infuori del Parlamento, fu una decisone
che prese il governo italiano insieme agli altri governi dei paesi NATO
su input degli Americani, e fu anche la prima volta in cui la NATO da
strumento di difesa si manifestò nei fatti come strumento di offesa, ai
danni di un Paese che per anni era stato il faro del movimento dei Paesi
non allineati, e che nel 1999 continuava ancora a non volersi allineare.

Quali erano le caratteristiche della Jugoslavia all'epoca?
Nella Jugoslavia all'epoca, intanto, cosa che non va secondo me sottovalutata,
sopravviveva ancora un ordinamento di tipo socialista. Non era più la
Repubblica Federativa del socialismo autogestito, ma comunque si trattava
di una unione di due Stati in cui la proprietà dei mezzi di produzione, pur
essendo iniziati dei processi di privatizzazione, restava ancora in capo alla
società (non allo Stato: appunto questa era la differenza tra paesi del
socialismo reale e la via al socialismo della Jugoslavia, in cui si era
definito questo modello di proprietà sociale); c'era un esercito molto
forte, nel senso che per qualcuno era il quarto esercito in Europa, per
altri si diceva che fosse il quarto esercito nel mondo; c'era poi il fatto -
l'aggravante - di insistere su un territorio che ha una importanza
strategica, e benché gli americani fossero già sbarcati in Turchia non
potevano esimersi dal tentare di mettere i piedi anche nel piatto della
Jugoslavia, cosa che fecero puntualmente.
Penso che i presenti lo sappiano tutti, ma per chi non lo sapesse oggi
il Kosovo è la base aerea americana più grande e più estesa che si possa
trovare in Europa occidentale.
Dunque anche questo la dice lunga sul perché di quella guerra.

Non vi ricorderò quali furono poi le molte azioni che si fecero anche in
Italia, il movimento pacifista contrario alla guerra che prese piede e che
iniziò una lotta di opposizione alla guerra; cosa che però non servì a niente,
anche perché la disinformazione aveva già fatto molto, aveva fatto tutto.
Nonostante i "danni collaterali" molto numerosi che mieterono vittime
innocenti e che probabilmente causarono la morte sostanzialmente di
Kosovari e di profughi, e oltre al fatto che l'UCK, che avrebbe dovuto
smobilitare e disarmarsi, continuò invece a fare il bello e il cattivo tempo
per molti mesi dopo la fine ufficiale del conflitto - cosa che mi risulta
da quello che sento continua anche adesso in certe zone del Kosovo - la
guerra fu fatta, la Jugoslavia fu aggredita, e poi si lavorò per due o tre
anni per fare destituire Milosevic.
E sul suo ruolo io credo che si debba aprire una parentesi.
Io non sono del tutto d'accordo nella condanna della leadership jugoslava
di allora, che era incarnata in Slobodan Milosevic, per quello che erano i
capi di imputazione più gravi, diciamo la pulizia etnica e il fatto che avesse
gestito il Paese in quel modo.
Io credo che oggi si possa dire che in quel caso anche il nostro Partito
finì per essere vittima della disinformazione. E questo fu dimostrato
dopo, nel senso che Milosevic fino a quando rimase al governo, pur
essendo vittima dell'embargo comunque cercò di prodigarsi per
ricostruire ciò che le bombe NATO avevano distrutto. Dunque senza
aiuti esterni riuscì ad edificare case nuove al posto di quelle che erano
state distrutte; riuscì a mettere in piedi anche qualche ponte sul Danubio,
specialmente nella zona di Novi Sad, senza avere alcun sostegno esterno;
veniva dipinto come dittatore, ma quando perse le elezioni se ne andò
molto tranquillamente; e guardo anche a quello che succede oggi al
Tribunale dell'Aia, che per quanto mi riguarda (e su questo sono
pienamente d'accordo con Grimaldi) è una istituzione che, scusatemi
il termine forte, è sputtanata ogni giorno di più che passa, perché non si
muove in base a criteri di diritto e di mandati giuridici, ma risponde di più
a quelle che sono le sollecitazioni esterne di chi ha interessi concreti nella
questione, cioè della NATO e degli Stati Uniti in prima persona.
Credo però che Milosevic, cosa che vale per gran parte dei dirigenti
comunisti dell'Est europeo in generale ma anche della Jugoslavia,
abbia gestito male la fase di transizione. Se andiamo ad analizzare ciò
che è successo in Jugoslavia dalla fine degli anni Ottanta allo scoppio
delle guerre e delle scissioni su base etnica (ma non solo in Jugoslavia:
vi furono dappertutto anche se in maniera minore) credo che egli abbia
sbagliato nel fatto che, come tanti altri, scelse di rinforzare una opzione
nazionalista, nel senso che decise, scelse di tutelare gli interessi della
nazione che rappresentava. E questo penso che in un certo senso sia
stato la forma di manifestazione di crisi più profonda di quello che furono
ed erano i partiti comunisti in quell'epoca in tutto il mondo del cosiddetto
blocco orientale.
E' una mia convinzione personale, di chi ha vissuto qualche anno in
Jugoslavia e che ha vissuto molti mesi in Unione Sovietica, anche se
alla fine del ciclo - però se c'è una cosa che io da comunista in Occidente
(cosa che qualcuno di voi penserà naturalmente: è molto più facile essere
comunisti in Occidente che essere comunisti nei paesi comunisti) imputo
ai dirigenti dei partiti comunisti e dunque anche a Milosevic è il fatto di
non aver gestito quel tipo di crisi, le avvisaglie della dissoluzione degli Stati
costruenti marxisti. Dunque quello che vale per Milosevic vale molto
di più per i dirigenti del PCUS. Io credo che se dopo il golpe dell'agosto si
fosse trovato qualcuno del  Comitato Centrale del PCUS che fosse stato
capace di gridare con forza che le cose non andavano risolte come
volevano risolverle - e magari non avesse concesso che Eltsin montasse
su quel famoso carro armato e arringasse le folle, e poi diventasse l'eroe
popolare e combinasse disastri, fino a due anni fa - forse dico le cose
sarebbero andate diversamente.

Sicuramente però credo che con le evidenze delle notizie di oggi, con
gli occhi di oggi a tre anni e mezzo da quel che è successo, con il silenzio
assoluto di quello che sta accadendo in Jugoslavia (anche l'ultimo
episodio delle elezioni [presidenziali serbe] del 14 ottobre nelle quali non
c'è stato il quorum),  tutto passa "stranamente" sotto silenzio assordante
da queste parti.
Così come passa sotto silenzio stranamente anche il ruolo del Montenegro
di Djukanovic, dal quale sembra partano armi destinate all'Iraq. Ma
siccome Djukanovic è un amico dell'Occidente si continuano ad applicare
i due pesi e le due misure che furono applicati nel momento
dell'aggressione alla Jugoslavia, quando la Jugoslavia fu imputata di
attuare la pulizia etnica mentre alla Russia veniva concesso di bombardare
indiscriminatamente la Cecenia (anche se su questo ci avventureremmo
su un terreno piuttosto scivoloso nel voler fare parallelismi).
Ma i due pesi e le due misure riguardano in maniera smaccata per esempio
la situazione del popolo palestinese nella sua lotta contro Israele, e
questo mostra che non tutte le lotte per l'autodeterminazione dei popoli
sono uguali: ce ne sono alcune che vengono favorite e altre invece che
vengono osteggiate, sulle quali poi si fa cadere il silenzio.

Noi queste cose (non dico noi del PRC, dico noi movimento pacifista e
contro la guerra) le avevamo fatte rilevare fin da allora a D'Alema che
stava al governo, e se vi ricordate quando l'Italia assieme alle altre forze
della NATO aggredì la Jugoslavia D'Alema fu uno dei primi a dire che
non si sarebbe mai più tollerato in nessuna parte del mondo che un altro
popolo potesse attuare interventi di sopraffazione e di violenza ai danni di
un altro popolo.
Noi sappiamo invece che - ad iniziare dalla questione kurda (che anche in
quei giorni era piuttosto calda perché eravamo a pochi giorni dall'arrivo
di Ocalan in Italia) per passare alla questione cecena e per restare alla
questione palestinese, che anche oggi è un punto cruciale centrale - si
trovarono e si continuano a trovare sempre delle scuse per non intervenire,
per non indurre, non dico con dei bombardamenti ma almeno con altre
forme coercitive, i governi di Turchia, Russia e Israele (giusto per non
far nomi) a rispettare i diritti civili di quelle popolazioni.

Io avrei un sacco di cose da dire perché il tema è molto vasto, ma credo
che a questo punto abbia detto quello che mi premeva, le cose che ritenevo
potessero essere più interessanti e non del tutto note e scontate; dunque
per il momento mi fermo qui, e rinnovo le mie scuse per questo intervento
che sicuramente non è stato molto organico e ben preparato. E poi so senza
che me lo diciate che non posso essere un degno sostituto di Andrea Catone,
perché non sono uno che può approfondire questi temi: faccio il segretario
di un partito e devo occuparmi un po' di tutto alla rinfusa. Ma spero almeno
di essere riuscito a introdurre i lavori di oggi in modo un po' interessante, e
di avervi dato qualche spunto di riflessione non del tutto scontato.

[fine]
 
   


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