I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana

Cap.2: Lo sviluppo della Resistenza tra Teramo e Terni





LA RIBELLIONE TERAMANA E LA BATTAGLIA DI BOSCO MARTESE


(...) Nel 39.mo anniversario di quei fatti al Ceppo fu innalzato un grande monumento: nel mezzo di un bosco di abeti, due rampe di scale che girano attorno ad un bassorilievo bronzeo, ideato ed eseguito da Dino Di Berardino di Corropoli, che raffigura un partigiano in armi. La lapide menziona esplicitamente "i patrioti jugoslavi". (...)

Lapide che
              ricorda la battaglia di Ceppo (TE)
Ceppo di Bosco Martese (TE): sopra, la lapide sul monumento che ricorda i fatti del 25 settembre 1943;
sotto,
un dettaglio della scultura. Il monumento fu inaugurato nel settembre 1982 alla presenza di Sandro Pertini.
(vedi anche: http://xoomer.virgilio.it/borgoantico/personaggi/images/foto_capuani/monumento_ceppo2.htm ,
http://xoomer.virgilio.it/borgoantico/personaggi/images/foto_capuani/monumento_ceppo1.htm )

La scultura sullo stesso monumento


VIDEO: il Monumento per la battaglia di Ceppo (45'', 1.4 MB, formato MPEG-4, no audio. Riprese effettuate il 14/8/2006 da AM)


Lapide ai fucilati del Mulino De Jacobis
Monumento ai caduti sulla strada Torricella-Ceppo (opera del Prof. Silvestro Cutuli).
(vedi anche: http://xoomer.virgilio.it/borgoantico/personaggi/images/foto_capuani/ceppo_1.htm ,
http://xoomer.virgilio.it/borgoantico/personaggi/images/foto_capuani/ceppo_1a.htm )


BRIGATA "GRAMSCI" E BATTAGLIONI "TITO" IN VALNERINA



Alfredo Filipponi  Svetozar Lakovic
                "Toso"[cod.bat.tito033]
A sinistra: Alfredo Filipponi; a destra: Svetozar Laković "Toso". La foto a destra appare scattata nello stesso luogo e occasione di altre risalenti all'incirca al Natale 1943.


In primo piano: Marta Pahor e Franc Krasovec (da rif. [09]). La figura di Marta, ritratta anche in altre foto di gruppo della "Gramsci"
conservate in AISUC, con la sua femminilità in un contesto prevalentemente maschile, è stata commentata da Maria Rosa Porcaro in Porcaro 1998.

[cod.bat.tito001]
IMG_sma/cod.bat.tito001.jpg

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[cod.bat.tito002]
Gojko Davidović e "Ivica" Gobac (tratto da
[09]). [Altre note su luogo e circostanze di queste foto]



[p.56:] Quando nel 1941 rientrò a Terni dal confino Vincenzo Inches, incaricato dal PCI di riorganizzare localmente il partito, Filipponi, accusato di essere stato troppo inerte in nei duri anni precedenti, fu messo da parte.
<< Filipponi reagì immediatamente costituendo un secondo Comitato federale, nel quale l'unico comunista conosciuto era Giovanni Speranza. Questa situazione durò fino al 25 luglio [1943]. Solo dopo questa data, infatti, giunse a Terni un funzionario del Partito comunista, che riunificò i due gruppi e restituì la direzione a Filipponi. >> Solo dopo l'8 settembre la corrente di Filipponi e quella di Inches composero i contrasti. << Infatti, quando fu deciso di promuovere la lotta armata, Filipponi lasciò ad Inches la presidenza del CLN [...] perchè aveva scelto di andare in Valnerina per organizzare delle formazioni partigiane. >> ((Filipponi 1991, Introduzione del curatore, p.18.)) (...)

[p.58:] «Dopo lo scioglimento della formazione da parte di Melis [...] gli slavi, insieme ad alcuni italiani, avevano formato un reparto autonomo che aveva come base Mucciafora» ((Granocchia 1998, pp.296-298.)) (...)
[p.59:] Il 30 novembre 1943, nel piccolissimo centro di Mucciafora [...] situato a 1058 metri sul livello del mare, i tedeschi, scendendo dalla cima più alta del monte Magugno, alto 1419 metri, avevano sferrato un feroce attacco armato contro i partigiani jugoslavi che però riuscirono a dileguarsi. I nazifascisti sfogarono la loro ferocia contro le 15 famiglie di Mucciafora, uccidendo 7 pacifici montanari, rei soltanto di essere stati umani ed aver ospitato e rifocillato i partigiani jugoslavi. Fu questo il primo eccidio contro la popolazione civile perpetrato dalle belve di Hitler nella zona del triangolo montuoso umbro-laziale-marchigiano, ove operavano partigiani italiani e jugoslavi. ((Zenoni 1996, pp.74-75, segnalazione di D.R. Nardelli.))

Nei ricordi pubblicati in Jugoslavia, il racconto di Toso, molto particolareggiato, mette in evidenza lo stretto legame che si stabilì tra gli jugoslavi e la popolazione di Mucciafora: “Alle prime raffiche noi abbandonammo le case e cominciammo a ritirarci. Gli uomini, le donne e i bambini colpiti dalle fiamme e dalla paura abbandonarono le loro dimore e incominciarono a fuggire con noi. Inutile fu il mio tentativo che essi, separati da noi, non perissero.” (...) ((Brani da Laković 1970 pp.8-9 ed un altro scritto di Laković la cui fonte è omessa, cit. in: Filipponi 1991, n.d.c. pp.211-212. Ivi Toso parla di 5 partigiani caduti.))
(...) A portare la brutta notizia a Filipponi sono Ivan e Jugo. Gli spiegano che con l’aiuto di Gojko (evidentemente Davidović) si sono difesi dapprima con bombe a mano e baionette, poi con le mitragliatrici, spezzando l’accerchiamento tedesco e sfuggendo. Sono però caduti 3 compagni ed altrettanti sono stati catturati. ((Filipponi 1991, p.199. Se questi ultimi sono stati fucilati, allora la versione coincide con quella di Gigli 1944 secondo cui si ebbero «sei morti dei quali tre in combattimento e tre prigionieri fucilati dai fascisti. Quattro sono slavi e due italiani.» (...) ))

Francesco Peroni della ProLoco di Ruscio - che ringraziamo per la segnalazione e la documentazione - ha trovato che nel Libro dei Morti della parrocchia di Monteleone di Spoleto sono effettivamente annotati 3 caduti in data 30/11/1943: sono con ogni evidenza i partigiani catturati nella battaglia di Mucciafora, fucilati da militi germanici nei pressi del cimitero di Monteleone. Le note specificano che i fucilati erano:
- Thomas Mattheus Curavić [Toma Matija? Oppure Petar Čurović o Ćurović, se è lo stesso della lapide di Forca di Cerro], residente a Crappano/Krapanj, un'isola presso Zara. Il cadavere è stato "ritrovato il giorno seguente" e sepolto "il 3 di dicembre... insieme con i suoi compagni, separatamente dagli altri" nello stesso cimitero. 
- Uno non identificato ma apparentemente italiano (“videtur Romanus esse”) che portava immagini della Vergine Maria alla catenina e all'anello. Il cadavere è stato "ritrovato il giorno seguente" e sepolto "il 3 di dicembre... insieme con i suoi compagni, separatamente dagli altri" nello stesso cimitero.
- un altro non identificato ma apparentemente "slavus". Il cadavere è stato "ritrovato il giorno seguente" e sepolto "il 3 di dicembre... insieme con i suoi compagni, separatamente dagli altri" nello stesso cimitero.

Che si trattasse di "un italiano e due slavi" è stato ripetuto da Enrico Ricci, che divenne parroco di Monteleone successivamente, nel suo contributo alla Tavola Rotonda del 1975 (rif.[16], p.63), dove aggiunge che furono mitragliati "a notte inoltrata; dissepolti dalla neve, caduta nella notte, li seppellimmo, due giorni dopo, previo controllo dell'autorità mandamentale". Leggermente diversa la testimonianza a noi rilasciata da Sante Giovannetti "Merenna" (Roma, dicembre 2012), che ricorda che i tre cadaveri furono ritrovati in una strozzatura di un corso d'acqua che alimentava due mulini, nel quale erano stati fatti precipitare ostruendolo.
In base a quanto riportato in un non meglio precisato Memoriale dal partigiano
Francesco Spitella, tra i fucilati gli italiani sarebbero invece due:
"De Angelis Claudio e il biondino romano, che come ho già detto erano evasi [dalla Rocca di Spoleto] con me, furono catturati e condotti con uno slavo a Monteleone e lì fucilati dietro il muro del cimitero. Il custode di questo, più tardi, appena la liberazione, raccontò che Claudio implorava in ginocchio di voler rivedere i propri genitori e chiedeva di essere fucilato a Roma, ma mentre due ufficiali tedeschi discutevano sul da farsi coadiuvati da un interprete, un tale Luigi Angelini fu Ercole di San Giacomo di Spoleto, fascista appartenente all’esercito tedesco, estrasse la pistola ed esplose tre colpi al cuore al povero Claudio, che cadde in avanti vomitando sangue sugli stivali dell’ufficiale."


[p.67:] Il giorno 4 di febbraio Filipponi si deve ricongiungere con la propria famiglia: la moglie e i figli sono attesi la notte a Cascia, accompagnati da una scorta di partigiani. La mattina dopo però  ancora non sono giunti. "Pasquale" teme il peggio, con "Toso" si decide di andare loro incontro, ma quando tutto è già pronto per muoversi ed andare alla loro ricerca, armati fino ai denti, finalmente sopraggiunge il camioncino: erano rimasti bloccati per la neve alta ed avevano anche bucato una gomma. Davanti a tutti è Dante detto "Tito", con la bandiera, e insieme agli altri canta canzoni partigiane. La descrizione di quei momenti nel Diario è impregnata di commozione e tenerezza.
<< Con dovuto rispetto verso chi leggerà questo semplice libro, sia permesso allo scrivente ["Pasquale"] descrivere questo momento [...]. Mi avvicino quasi stordito [...] ai miei cari; Pinuccia, Elviruccia faticano a scendere dal camioncino. Dato il forte freddo sofferto durante il tragitto, sembrano immobili. Bice, la mia cara compagna di amore e di lotta, è confusa, e vedo che qualche lacrima gli scorre nel viso. Ambrogino, l'ultimo dei miei figli, spicca un salto e si trova a terra. Egli continua a saltellare come per volersi riscaldare. Ci abbracciamo... [...] Dante "Tito" abbraccia Ambrogino esclamando: Questo studente sarà un buon partigiano. Ne possiamo essere sicuri poichè a La Valle [la località di Ferentillo dove al momento risiedevano i familiari di Filipponi] ha svolto già un buon lavoro per la resistenza. Egli passa poi a raccontare che da La Valle a Cascia ci sono volute ben 8 ore. Lo spessore della neve rendeva difficile il cammino del camioncino. Ma come ciò non bastasse, afferma "Tito", abbiamo bucato anche una gomma... >> ((Filipponi 1991, p.289. Altre simpatiche e tenere battute sulle attitudini partigiane di Ambrogino sono riportate alle pp.293-294)).


[p.67:] La sera del giorno 6 febbraio è convocata una riunione del Comando con il seguente ordine del giorno: 1. organizzazione di nuovi battaglioni; 2. i rapporti con Melis ed altre formazioni 3. l'occupazione di Norcia.
Difatti dopo la riunione  << la forza complessiva della brigata può contare su sette battaglioni >> ((Granocchia 1998, pp.296-298.)) e precisamente:
    1. "Spartaco Lavagnini"
      • com. dapprima Gojko Davidović, poi "Luigino" Bonanni; comm.pol.: "Pasquale" Filipponi
    2. "Giovanni Manni" 
    3. "Tito 1"
      • formazione stabilita il 17 febbraio, quando "Toso" dice che farà base a San Pellegrino di Norcia. Il comandante è "Ivica", il comm.pol. "è da decidere"; ad essa afferiscono, oltre ai tanti jugoslavi, una ventina di italiani e 15 russi, appena arrivati. ((Filipponi 1991, p.308.))
    4. "Tito 2"
      • nascita ufficiale del "Tito 2" il 22 febbraio, deriva dal forte afflusso di nuove reclute montenegrine della zona di Visso-Collegiacone. Comandante sarà Gojko Davidović, commissario politico il "veterinario montenegrino Alberto". ((Filipponi 1991, p.323. Il veterinario "Alberto" si unisce alla "Gramsci" in seguito all'incontro del 19 febbraio presso Campi (vedi più avanti). Solo dalla n.29 a p.436 di Filipponi 1991 evinciamo che il suo nome è Albert Atijas; (...) ))
    5. "Guglielmo Morbidoni" 
      • com. Wolfango Costa, vice-com. Dante "Tito" Bartolini
    6. "Paolo Calcagnetti"
    7. "Germinal Cimarelli" 
    8. Com: Guglielmo [Vannozzi?]; vice: Albertino 
Alfredo Filipponi
Alfredo Filipponi (dettaglio dalla segnalazione della Questura, 1932; dalla collezione privata di Vlado Vujović, riprodotto in: Filipponi 1991, frontespizio)

Un'altra immagine di "Toso"
Un'altra immagine di "Toso", riportata su Resistenza Insieme a.X n.2 (1991). Si noti che la divisa è la stessa di altre foto scattate verso Natale 1943.

Kosta e Nikola durante
              una pausa tra i boschi[cod.bat.tito041]
Kosta Vujošević (Vujović?) e Nikola Borić (fonte [09]).
Una discussione sulla questa foto è contenuta in Ivanović 2004b (p.86), che nota l'uniforme dell'esercito italiano indossata da Kosta
e pertanto data l'immagine ad ottobre-novembre 1943 - dunque prima della "rottura" degli jugoslavi della "Gramsci" con Melis.



da Lakovic 2010
            p.102[cod.bat.tito011]
Al centro Boro Mečikukić, alla sua destra Radomir Mrvošević e alla sua sinistra Josip Bačić (secondo altri Vlado Mitrović),
entrambi caduti a Monte Cavallo (sic nella fonte: Lakovic 2010 p.102 /
FISUC "Resistenza a Terni")


IMG_sma/gramsci_umbrieslavi.jpg[cod.bat.tito021]
Partigiani umbri, jugoslavi e sovietici della Brigata Gramsci (BCT, Comune di Terni, Pinacoteca Comunale, Mostra sulla Resistenza a Terni 1920-1944, Palazzo Manassei 28 aprile - 15 maggio 1973, b.1).
Dal confronto con altra foto è forse riconoscibile, secondo da destra in basso: Josip Bačić (secondo altri Vlado Mitrović); seconda in piedi da sinistra è la stessa persona ritratta in altra foto.


IMG_sma/toso4.jpg
[cod.bat.tito031]
Sopra e sotto, due fotografie apparentemente scattate nello stesso luogo e nella stessa occasione (come anche questa). Trattasi di "partigiani italiani e slavi (...) vicino Cascia, Natale 1943" secondo la fonte (Bitti 2010 / BCT, Comune di Terni, Pinacoteca Comunale, Mostra sulla Resistenza a Terni 1920-1944, Palazzo Manassei 28 aprile - 15 maggio 1973).
Sopra, da destra si riconoscono Vlado Vujović, Svetozar Laković "Toso" e forse "Ivica" Gobac (fonte
Bitti 2010 p.74 / BCT ecc., b.1).


Nella foto sotto,
da sinistra in basso: con il cappello, un "collaboratore" (sic nella fonte) non identificato, "Ivica" (?), "Toso", Vlado Vujović, (Wolfango?) Costa (o Kosta?);
seconda fila: Gojko (Perović? cfr. altra), Rade, Franc Krasovec; terza fila: Pipo e Jakob (cfr. la fonte Bitti 2010 p.73 / BCT ecc., b.62).

IMG_sma/batt_tito_cascia.jpg[cod.bat.tito032]

IMG_sma/toso3.jpg
[cod.bat.tito051]
A destra si riconosce Svetozar Laković "Toso"; dietro, al centro, è la stessa persona raffigurata seconda in piedi da sinistra in altra foto
(fonte
Bitti 2010 p.75 / BCT, Comune di Terni, Pinacoteca Comunale, Mostra sulla Resistenza a Terni 1920-1944, Palazzo Manassei 28 aprile - 15 maggio 1973, b.113)


IMG_sma/vujovic.jpg[cod.bat.tito061]
Vlado Vujović "Gavroš" a cavallo. Fonte: FISUC "Resistenza a Terni".




LA ZONA LIBERA DI CASCIA



[p.72: sulla brigata Gramsci] << Gianfranco Canali aggiunge a tutti questi nomi quelli di [...] Guglielmo Vannozzi (Anselmo) [...ecc.] quali comandanti e commissari politici dei singoli battaglioni. >>
In Vannozzi s.d. è specificato che Guglielmo Vannozzi, di Monteleone di Spoleto, animò un gruppo di partigiani antifascisti sin dal 10 settembre 1943: << Il suo gruppo di uomini si distingueva col nome di TITO. >> Dopo la spedizione punitiva nazifascista del 30 ottobre (recte: 30 novembre, se si intende la retata di Muccifora) il gruppo si sbandò; venne ricostruito con l'aiuto di Paride e Mario Magrelli di Cascia, aggregandosi attorno a Toso (Svetozar Lakoviċ). In novembre furono assaltati gli ammassi di Cascia (400q di grano distribuiti alla popolazione) e Monteleone di Spoleto; a fine mese si disturbò l'azione repressiva nazifascista di Mucciafora.
Il 10-11 gennaio Vannozzi partecipò agli assalti degli ammassi di Terzone
(300q di grano distribuiti alla popolazione); in febbraio operò per la liberazione di Leonessa (particolarmente rilevante l'assalto, da lui comandato, al presidio repubblichino di Vindoli); da fine mese è soprattutto coordinato con Dante Bartolini << e con gli slavi, a Visso e a Norcia >>. Per iniziativa del commissario politico della neocostituita brigata Gramsci, Filipponi, gli sono affidati alcuni uomini e (a fine febbraio?) viene creato il
battaglione "Germinal Cimarelli" della suddetta brigata, del quale a Vannozzi è assegnato il
comando. Dopo la grande azione repressiva di fine marzo - per cui molti combattenti del "Cimarelli" sono internati nel lager di Cinecittà - Vannozzi cambia nome di battaglia da "Anselmo" a "Tito" e poi ancora a "Lupo". Partecipa ad importanti azioni a fine maggio e in giugno, inclusa la liberazione di Terni.


[p.70:] (...) << una risoluzione del battaglione Tito firmata Ivan Gobac, comandante del battaglione, e da Alberto X, commissario politico. ((Alberto X è sicuramente "il veterinario", di cognome Atijas come abbiamo già detto. La risoluzione (Ivica 1944) è datata 1/3/1944 ed è indirizzata al comando della "Gramsci" da parte del comando del btg. "Tito".)) La risoluzione rileva... >>

RISOLUZIONE DEL 1° BATTAGLIONE JUGOSLAVO PARTIGIANO TITO IN ITALIA
Noi membri di questo battaglione, osservata per sei giorni la situazione del Comando e degli altri membri di questo distaccamento partigiano nei riguardi dell'organizzazione e della disciplina, constatiamo con rammarico che lo svolgersi delle cose non corrisponde alle deliberazioni emanate dal compagno comandante Toso e dal compagno commissario politico Pasquale.
Considerando quanto sopra chiediamo che si formi un Comando composto di compagni capaci nel senso politico e militare che possa garantire che in periodo di tempo stabilito provveda a quanto chiediamo qui appresso:
a. L'eliminazione (disarmo) di tutti gli uomini che dimostrino non essere degni di portare al berretto il distintivo dei veri combattenti partigiani, la stelletta rossa, cioè la gente indisciplinata, i farabutti, i maleducati, gli amorali, eccetera.
b. Organizzare nel tempo predisposto con la collaborazione degli elementi migliori dei distaccamenti italiani e delle altre nazioni un Comando supremo per le Marche e l'Umbria che abbia piena autorità su tutte le formazioni partigiane delle due regioni. Tale Comando disporrà per le azioni nelle varie zone, disporrà per la nomina dei comandanti e per la collaborazione tra questi onde risolvere la caotica situazione ora esistente.
c. il Commissario politico per l'Umbria deve organizzare in tutte le zone, se finora non ha fatto ancora, dei Comitati per l'educazione politica del popolo e [sic] per la quale combattiamo.
Dopo quanto chiesto sopra che è di primaria importanza domandiamo inoltre:
1. Che si nomini un comandante militare, capace anche in senso politico, che prenda il comando della nostra unità e possa condurla con successo;
2. Che venga assegnata la zona dove noi si possa agire;
3. Che ci vengano assegnati a seconda delle possibilità scarpe, calze, stoffa o vestiti e medicinali per il pronto soccorso.
Conclusione
Il battaglione Tito è composto e sarà eventualmente completato solamente da elementi onesti, disciplinati e seri compagni combattenti.
Non soddisfacendo dette domande e specialmente in quanto riguarda l'organizzazione generale e del Comando unico supremo, i compagni, membri di questo battaglione, sarebbero compromessi e con essi l'idea per la quale combattono.
Affinché quanto chiediamo non rimanga lettera morta abbiamo deciso di dare al Comando della brigata A. Gramsci e al suo commissario politico un termine fino al 1° aprile per realizzare quanto chiediamo e che corrisponde alle necessità della vera lotta nazionale liberatrice di un popolo oppresso, sotto la guida del Partito comunista italiano.
Da parte nostra promettiamo al Comando di dare nell'ambito delle possibilità tutto il nostro aiuto.
IVAN GOBAC
ALBERTO X
[foglio 012362-363; sottolineatura nostra]


La zona libera di Cascia
La Zona libera di Cascia (fonte: A.Fi. 1976).

(...) [Il 16 marzo 1944] il Comando della "Gramsci" [...] emana il seguente, nuovo proclama, da affiggere a mezzo di "200 manifesti murali": ((Filipponi 1991, pp.348ss. Il testo che riportiamo di seguito è di questa fonte, mentre una versione ridotta appare in
A.Fi. 1976.))

«Con la liberazione di Cascia, Monteleone, Aruscio, Norcia, Leonessa, Albaneto, Poggio Bustone e le rispettive frazioni dei Comuni sopra citati, nonché i Comuni della Valnerina Alta, la Brigata Garibaldina a tutt'oggi ha liberato circa mille chilometri quadrati di territorio. Migliaia e migliaia di lavoratori sono stati liberati dalla schiavitù nazifascista. Questo Comando mentre invita i cittadini a collaborare con i partigiani per le necessità delle popolazioni liberate, rende noto che da oggi 16 marzo 1944 il territorio sopra descritto compreso [tra] S. Pancrazio (Narni) [e] l'Alta Valnerina, con limiti: La Valle di Ferentillo, Castiglioni di Arrone, Rivedruti e Albaneto, è considerato staccato dalle Province di Terni, Perugia e Rieti, città ancora sotto il dominio nazifascista, e legato alla città di Cascia, da questo momento considerata capoluogo di tale territorio. Perciò la Brigata Garibaldina Gramsci, è l'unica autorità operante in detto territorio, che degnamente rappresenta l'Italia democratica. Da oggi il Comando di Brigata in collaborazione con i Comitati di Liberazione assume le responsabilità militari, politiche e amministrative di fronte a tutti gli abitanti della zona. Pertanto i cittadini per le loro necessità sono invitati a rivolgersi, oltre che ai rispettivi Comuni, al Comando di Brigata, sito all'albergo Italia di Cascia. Il Comando»

Toso a Norcia A Norcia IMG_sma/gojko_toso.jpg
Altre foto riprese nei pressi di Norcia e riportate in [09] (il nome delle persone ritratte non è menzionato nella fonte; fonte originale è FISUC "Resistenza a Terni"):
a sinistra in alto [cod.bat.tito071], "Toso" con una bambina
a sinistra in basso [cod.bat.tito072] una foto evidentemente scattata nella stessa occasione della precedente;
al centro, sopra [cod.bat.tito073]: da destra si riconoscono "Toso" (secondo) e Marta (terza)
;
al centro, sotto [cod.bat.tito074]: da sinistra si riconoscono Gojko Davidović (primo) e "Toso" (ultimo
);
a destra [cod.bat.tito075]: Gojko e "Toso" con la stessa bimba e nello stesso luogo della foto precedente.

tratto da Lakovic 2010, p.125
Il comando del battaglione "Tito" a riposo presso un monastero (prob. dei Cappuccini, limitrofo a Villa Battaglia) sopra Norcia
(da Laković 2010 / FISUC).
Da sinistra in alto: Vlado Vujović, Dušan Đurković, Gojko Davidović, il capitano russo Alijoša.
In primo piano (in basso) da sinistra: Nikola Borić, Toso (al centro), una donna non riconoscibile, l'"avvocato" Santino Amici.
Davanti a tutti una bambina non identificata.

[cod.bat.tito081]


IMG_sma/batt_tito_marcia.jpg
Partigiani slavi e italiani della Brigata Gramsci sulle strade della Valnerina, primavera 1944 (sic nella fonte Bitti 2010 p.71 / FISUC "Resistenza a Terni").
(La dimensione del volto del primo della colonna fa sorgere il dubbio di una fotocomposizione).
[cod.bat.tito091]


Lapide a Cascia
La lapide apposta il 7 giugno 2014 in piazza G. Garibaldi a Cascia, al civico 24, presso l'ex Albergo Italia, già comando militare partigiano


I TEDESCHI TRA RAPPRESAGLIA FEROCE E STRANE PROPOSTE



Alle prime avvisaglie del rastrellamento su vasta scala operato dai nazifascisti in Valnerina a fine marzo - inizio aprile 1944, nella Brigata Gramsci

[p.74:] si decise dapprima che il Comando si sarebbe trasferito a Trio (frazione di Monteleone), ma con centinaia di partigiani distribuiti in località diverse – ad esempio “Pasquale” ed altri 150 presso la Piediluco-Leonessa e “Toso” con Gojko ed altri 100 a Biselli presso Serravalle. ((Filipponi 1991 p.364. Risulta che un distaccamento di jugoslavi facesse base anche a Castel Sant’Angelo sul Nera finché non venne attaccato e disperso il 16/3 dai tedeschi: Giannotti 1972, [ERRATA: il riferimento esatto è il seguente] cit. in Filipponi 1991 n.d.c. p.372 n.7.)) In queste condizioni i partigiani della “Gramsci” sono ancora in condizioni di attaccare: ad esempio il 21 marzo, proprio in prossimità di Biselli, con Gojko al comando; i tedeschi uccisi sono quattro, tre i catturati, un partigiano jugoslavo resta ferito. ((Filipponi 1991 p.366 e n.d.c. p.372 n.8.)) Vlado Vujović nelle sue memorie accenna a una azione simile, ma la attribuisce ad una squadra jugoslava con il nuovo nome (o appartenente al distaccamento denominato) “Matija Gubec“ da lui stesso comandata, composta anche da sovietici (come l’ufficiale dell’Armata Rossa Alioscia) e dallo jugoslavo Veljko Cerina. ((Vujović 1975, p.7; cfr. Filipponi 1991, n.d.c. p.243 n.26. [...])) I prigionieri tedeschi sono scambiati a Cascia il giorno 28 con due partigiani italiani: ad agire da intermediario per i tedeschi è il capitano della RSI De Santis, che ritroveremo anche in seguito a svolgere analoghe funzioni.

In effetti Vujović (cfr.
Vujović 1975, p.7) attesta che i tedeschi catturati furono sette, e tale numero corrisponde con le testimonianze raccolte oralmente presso gente del posto nel novembre 2011. La località esatta prescelta da « “Toso” con Gojko ed altri 100 », è Cerasòla presso Cascia: nella foto sotto a destra l'edificio dove i sette tedeschi furono tenuti prigionieri per alcune notti, prima dello scambio.
IMG_sma/cerasola1.jpg   IMG_sma/cerasola1.jpg

Sotto: la località di Salto del Cieco - antica dogana di transito tra lo Stato della Chiesa e il regno di Napoli, situata sui monti tra Ferentillo, Polino e Leonessa - dove la Brigata Gramsci attestò il suo comando a partire da aprile 1944.

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[p.77:] Il 1 maggio 1944, il battaglione Tito prestava giuramento al nuovo Stato jugoslavo (che era stato proclamato dalla II sessione dell’AVNOJ [...] nel novembre 1943), a Tito e al Partito comunista jugoslavo. Di seguito il testo del giuramento, così come riportato da Vlado Vujović
(Vujović 1975, p.7, che specifica che la cerimonia si tenne a Fematre presso Visso):

Giuro alla mia patria, Federazione Democratica Jugoslava, al comandante NOVJ Maresciallo Tito e al nostro Partito Comunista Jugoslavo che combatterò valorosamente contro le odiate truppe nazifasciste occupatrici della mia terra, dovunque le incontri.
Prometto che in questa lotta resterò irremovibile fino alla liberazione finale della nostra terra e fino alla distruzione del nazifascismo e che sarò degno compagno d'armi dei compagni italiani e che di fronte al popolo italiano rappresenterò con onore la figura di combattente dell'esercito di Tito e che darò con il mio comportamento e con le mie azioni il mio contributo al Partito Comunista e al popolo jugoslavo.
Qualora trasgredisca alle parole sublimi di questo giuramento mi raggiunga il disprezzo della mia patria e la più severa condanna di coloro che mi sono più vicini. 



PARTIGIANI JUGOSLAVI NELL'AQUILANO


Sul tema della presenza di partigiani jugoslavi tra Aquilano e Teramano è stata redatta una Tesi di Laurea magistrale in Scienze politiche presso l'Università di Teramo da parte di Danilo De Rose (Partigiani jugoslavi tra Teramo e L'Aquila 1943-1944, relatore Pasquale Juso; De Rose 2014). Di seguito l'Indice:
Premessa
Capitolo primo
- Dall’antislavismo postunitario all’invasione del Regno di Jugoslavia
- Dall’invasione alla deportazione nei campi in Italia
- Dall’internamento alla fuga dai campi
- L’internamento in Abruzzo
Capitolo secondo
- Dopo l’8 settembre: l’evasione e l’arroccamento a Bosco Martese
- Dopo Bosco Martese: l’organizzazione in bande
Capitolo terzo
- Una banda fantasma: la Alcedeo Cemović
- Il gruppo slavo della Duchessa
- La banda Mirko
- Gli jugoslavi della Montegorzano
- La banda Radović
- Gli jugoslavi dell’Acquasantano e del Castellano
- Gruppi e individualità isolati sul territorio abruzzese
Conclusioni

La Tesi è stata insignita del Premio Primo Boarelli 2016. Nel video, girato durante la premiazione, l'Autore sintetizza il lavoro effettuato:



Di seguito alcune fotografie tratte dalla Tesi:

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da sinistra: Rodolfo Ursič (ACS, CPC, b.5272, ad nomen), Zvonko Lasič (ACS, CPC, b.2727, ad nomen), Viktor Pasinović (ACS, CPC, b. 3756, ad nomen)

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Radivoj Kesić (ACS, CPC, b. 2665, ad nomen)

Segnaliamo inoltre il documento:
Riccardo Lolli: PRESENZA DEGLI INTERNATI SLAVI NELL’APPENNINO AQUILANO 1942-44
Ricerca effettuata per l'Istituto Abruzzese per lo studio della Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea - stesura aggiornata aprile 2018
(per gentile concessione dell'Autore).

Riccardo Lolli ci informa inoltre che:

* al cimitero dell'Aquila è la lapide di Panto Cemović, in ottimo stato in quanto recentemente restaurata a cura dell'ANPPIA locale. La salma fu trasferita a Sansepolcro.

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Due immagini d'epoca del corteo funerario in occasione della tumulazione, a Liberazione avvenuta, della salma di Panto Cemović nel cimitero aquilano

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Il pannello n.8 della mostra allestita alla ANPPIA de L'Aquila per il 25 Aprile 2014 è dedicato a Panto "Nik" Cemović

Sulla figura di Panto Ćemović si veda l'approfondimento a cura di Riccardo Lolli (2018)


* al cimitero di Arischia era la lapide di Blagoje Popović - la cui salma fu poi trasferita a Sansepolcro. La lapide purtroppo è stata tolta e non sappiamo se sia recuperabile;

* sono in corso ricerche sulla lapide e la salma di Vaso Mijusković (talvolta trascritto Majusković) a Rocca di Cambio;

* esiste anche del materiale fotografico e qualche cartolina autografa spedita dai campi dell'Aquilano.
Per maggiori info rivolgersi all' Istituto Abruzzese per lo studio della Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea.


25 Aprile 2018: Anche gli antifascisti jugoslavi ricordati nelle celebrazioni a L'Aquila


Sul tema dei Battaglioni speciali per "allogeni" (sloveni e croati della "Venezia Giulia" – Julijska Krajina o meglio Primorje per gli sloveni), istituiti dall'Italia fascista per meglio controllare questi neo-cittadini italiani abili alle armi considerati inaffidabili e inadatti all'inquadramento nelle truppe di occupazione impegnate a combattere contro i partigiani slavi, è disponibile il saggio di

Riccardo Lolli: I BATTAGLIONI SPECIALI A L’AQUILA


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 1 febbraio 2020
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I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana