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COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA JUGOSLAVIA

ITALIJANSKA KOORDINACIJA ZA JUGOSLAVIJU


siete nella sezione dedicata alla disinformazione strategica su "foibe" ed "esodo" ed al neoirredentismo italiano

 


DUE PRESIDENTI

NAZIONALISTI ?

rright10.gif (248 byte) iniziative

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     Napolitano Mesic




MEGLIO DUE PRESIDENTI INTERNAZIONALISTI !


Tito i Pertini



Sull'intervento irredentista di Napolitano vedi anche
- i materiali di dibattito da noi raccolti
- l'intervento di Enzo Collotti



Opposti nazionalismi

(su JUGOINFO del 12/2/2007)


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http://www.repubblica.it/2007/02/sezioni/cronaca/foibe-memoria/foibe-memoria/foibe-memoria.html


Il capo dello Stato alle celebrazioni del "Giorno del ricordo"

"Assumerci la responsabilità di aver negato la verità per ideologia"


Foibe, Napolitano consegna le medaglie d'oro

"Riconoscimento troppo a lungo mancato"


Il presidente ha ricordato "le vittime di una furia che assunse i contorni di una pulizia etnica"
Plauso bipartisan al discorso. Fini: "Belle parole". Commenti favorevoli da Udc e dal vicepremier Rutelli


ROMA - "Un riconoscimento troppo a lungo mancato, un dramma negato per ideologia". Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano alla cerimonia dedicata alle vittime delle foibe. Il capo dello Stato ha consegnato oggi una medaglia d'oro ed un diploma ai parenti di trenta italiani uccisi nell'ambito della persecuzione etnica scatenata dalle milizie titine tra Trieste e Fiume alla fine della seconda guerra mondiale.
"Non dobbiamo tacere, - ha detto Napolitano - assumendoci la
responsabilità di aver negato o teso ad ignorare la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica" il dramma del popolo giuliano-dalmata. E' stata una tragedia, ha spiegato, "rimossa per calcoli dilomatici e convenienze internazionali".
"Oggi che in Italia abbiamo posto fine ad un non giustificabile silenzio, e che siamo impegnati in Europa a riconoscere nella
Slovenia un'amichevole partner e nella Croazia un nuovo candidato all'ingresso nell'Unione, dobbiamo tuttavia ripetere con forza che dovunque, in seno al popolo italiano come nei rapporti tra i popoli,
parte della riconciliazione, che fermamente vogliano, è la verità. E'
quello del 'Giorno del Ricordo' è precisamente un solenne impegno di ristabilimento della verità", ha aggiunto il capo dello Stato. Napolitano ha voluto richiamarsi esplicitamente al suo predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, dicendo che ne raccoglie l'esempio circa "il dovere che le istituzioni della Repubblica sentono come proprio, a tutti i livelli, di un riconoscimento troppo a lungo mancato" delle tragedie di un intero popolo di istriani, fiumani e dalmati, che al
confine orientale dell' Italia, dopo l'8 settembre '43, furono
vittime di un moto di odio e di furia sanguinaria che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica". Una tragedia la cui memoria "ha rischiato di essere cancellata" e che invece, ha aggiunto il capo dello Stato, deve essere trasmessa ai giovani nello spirito della legge del 2004 che ha istituito il Giorno del Ricordo.
Plauso bipartisan. Il discorso di Napolitano ha suscitato un plauso
bipartisan. Commenti positivi sono stati espressi da Gianfranco Fini, leader di An: "E' stato molto bello quello che ha detto il Capo dello stato richiamando anche le parole del suo predecessore. E' possibile ora avere una memoria condivisa, onorare il sacrificio di tanti connazionali che sono stati costretti all'esilio o trucidati perchè italiani. Ricordare è doveroso per tutti, soprattutto ora che finalmente gli italiani conoscono una pagina della storia che è stata per tanti anni negata a strappata".
Concorda con le parole del presidente anche il vicepremier Francesco Rutelli per il quale è importante che "l'Italia tributi un
riconoscimento giusto e saggio ai famigliari delle vittime delle foibe e all'intero popolo giuliano-dalmata. E' un bene che ciò avvenga con il largo consenso dell'intero schieramento politico e parlamentare, anche se questo riconoscimento è avvenuto tardivamente". Favorevole all'intervento del Capo dello Stato anche Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc: "Sulle foibe il Capo dello Stato ha il coraggio e l'onestà intellettuale di dire le cose come stanno. 
Parole che gli fanno onore e rendono giustizia alla verità e ai
martiri di uno dei periodi più bui della storia contemporanea. Parole che sono un monito sui danni gravissimi che un uso distorto dell'ideologia può provocare anche oggi".

(10 febbraio 2007)

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http://www.ansa.it/balcani/croazia/croazia.shtml

FOIBE: PRESIDENTE CROAZIA, DURO ATTACCO A NAPOLITANO (2)

(ANSA) - ZAGABRIA, 12 FEB - Mesic si e' riferito alla frase che Napolitano ha pronunciato sabato scorso al Quirinale quando, consegnando diplomi e medaglie agli eredi delle vittime delle foibe, ha collegato quelle vicende con il ''moto di odio e di furia sanguinaria'' e con il ''disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947 e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica''. Il comunicato di Mesic fa riferimento alle ''recenti dichiarazioni giunte dal vertice dello Stato della vicina Italia''. Il presidente croato si dice ''dispiaciuto e sorpreso dal contenuto e dal tono'' di tali dichiarazioni ''che - aggiunge - si riferiscono ad alcuni aspetti del passato prossimo, ma toccano anche i rapporti attuali tra Italia e Croazia''. ''Queste dichiarazioni, nelle quali e' impossibile non intravedere elementi di aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico, si inseriscono difficilmente nella dichiarata volonta' di migliorare i nostri rapporti bilaterali'', prosegue il comunicato di Mesic pervenuto oggi all'Ansa. ''E' motivo di costernazione ed e' potenzialmente estremamente pericoloso mettere in questione il Trattato di Pace che l'Italia ha firmato nel 1947''.
''Il presidente croato - prosegue il comunicato, formulato in terza persona - si e' di recente e a piu' riprese pronunciato molto chiaramente per la condanna di ogni crimine commesso da parte dei vincitori durante e dopo la Seconda guerra mondiale, ma anche per l'analisi dell'intero contesto storico dicendosi contrario a ogni tentativo di offuscare fatti, come pure al tentativo di trasformare gli sconfitti della storia in vincitori''. ''Per la Croazia e' assolutamente inaccettabile qualsiasi tentativo di mettere in discussione gli Accordi di Osimo, stipulati tra Jugoslavia e Italia, che la Croazia ha ereditato come uno dei Paesi successori della Federazione jugoslava'', si sottolinea piu' avanti nella nota, che si conclude cosi': ''Il presidente Mesic crede fermamente nella necessita' di rafforzare ulteriormente i rapporti amichevoli italo-croati, non solo nell'interesse dei due paesi ma anche in quello dell'Europa che si unisce. Nel contempo ritiene di dover alzare una voce di protesta contro ogni tentativo che, in nome di qualsiasi motivo o espediente, possa mettere in dubbio le basi sulle quali e' edificata l'Europa unita, tra le quali l'antifascismo ha un posto di primo piano''. (ANSA). COR*LR

12/02/2007 17:58

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FOIBE: CROAZIA; D'ALEMA CONVOCA AMBASCIATORE CROATO


(ANSA) - ROMA, 12 FEB - Il vice premier e ministro degli Esteri Massimo D'Alema ha convocato per domani alla Farnesina l'ambasciatore croato dopo le parole di oggi del presidente croato Stipe Mesic sul discorso del capo dello Stato Giorgio Napolitano sulle foibe. E' quanto si apprende da fonti diplomatiche.(ANSA). KWF

12/02/2007 19:36




Il torto marcio di Napolitano, l'opportunismo di Mesic

(su JUGOINFO del 20/3/2007)


1) In materia di opzioni


2) Napolitano e le foibe (di Damir Grubisa, 12 febbraio 2007, Novi List)


3) Perché Napolitano non ha ragione (OB 13.02.2007:  scrive Franco Juri)


4) Neorevisionismo, foibe e imperialismo fascista (di Eros Barone)


5) Foibe, perché il caso è tutt'altro che chiuso (Tommaso Di Francesco)


6) Lettera aperta a Napolitano (di Nikola Duper, 5 marzo 2007)


7) Franco Juri interviene su "Resistenza Partigiana" (12/3/2007)


8) Retromarcia di Mesic: i commenti




=== 1 ===


In materia di opzioni



Trattato di pace, art. 19 D.lgs C.P.S. 28-11-1947 n. 1430, sez II: Nazionalità e diritti politici


Comma 2:  “Il Governo dello Stato al quale il territorio è trasferito, dovrà disporre mediante appropriata legislazione entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato, perchè tutte le persone di cui al paragrafo 1 (cittadini italiani residenti al 10 giugno 1940 nel territori ceduti dall’Italia), di età superiore ai 18 anni... (omissis) e la cui lingua usuale è l’italiano abbiano la facoltà di OPTARE per la cittadinanza italiana... (omissis)"


Comma 3: “Lo Stato al quale il territorio è ceduto potrà esigere CHE COLORO CHE SI VALGONO DELL’OPZIONE, si trasferiscano in Italia entro un anno dalla data in cui l’opzione venne esercitata”


Sezione II – Beni italiani  situati nei territori delle potenze alleate e associate - Art. 79


Comma 1 

Ciascuna delle potenze Alleate e Associale avrà il diritto di requisire, detenere, liquidare o prendere ogni altra azione nei confronti di tutti i beni, diritti e interessi, che alla data dell’entrata in vigore del presente Trattato si trovino entro il suo territorio, che appartengano all’Italia o a cittadini italiani e avrà inoltre ilo diritto di utilizzare tali beni e proventi della loro liquidazione per quei fini che riterrà opportuni, entro i limiti dell’ammontare delle sue domande o di quelle dei suoi cittadini contro l’Italia o i cittadini italiani, ivi compresi i crediti che non siano stati interamente regolati in base ad altri articoli del presente trattato. Tutti i beni italiani od i proventi della loro liquidazione, che eccedano l’ammontare di dette domande, saranno restituiti


Comma 2 

(omissis) ... Per quanto riguarda detti beni, il proprietario italiani non avrà altri diritti che quelli che a lui possa concedere la legislazione suddetta (quella delle potenze alleate o associate interessate)


Comma 3 

Il governo italiano si impegna a indennizzare i cittadini italiani, i cui beni saranno confiscati ai sensi del presente articolo e non saranno loro restituiti



Come vedete, parlare di optanti non è fuori luogo ma TERMINE DI UN TRATTATO INTERNAZIONALE (come tale neppure sottoponibile a referendum) e dire che il debito non compete alla Croazia è CORRETTISSIMO. Come dice Mesic PACTA SUNT SERVANDA. 


Questo trattato, sottoscritto a fine di una guerra infame dichiarata dall’Italia, l’Italia può modificarlo solo DICHIARANDO NUOVAMENTE GUERRA. 


È questo che vogliamo permettere succeda?


(a cura di PB per il CNJ)



=== 2 ===


http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6792/1/51/


Napolitano e le foibe

12.02.2007   



Apprezzato in patria, meno oltre Adriatico. In un editoriale di “Novi List”, quotidiano fiumano, si accusa il Presidente Napolitano di revisionismo. Lo spunto è dato dal discorso fatto al Quirinale in occasione del “Giorno del ricordo”. Nostra traduzione


Di Damir Grubisa, 12 febbraio 2007, Novi List (tit. orig. Napolitanov revizionistički govor


Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak 


Nonostante in Italia il tema principale sia il campionato di calcio e le polemiche dei magnati del calcio con il Governo e con il suo decreto con il quale si prevede di giocare le partite di calcio soltanto negli stadi che rispettano le severe condizioni di sicurezza, c'è comunque un tema che ha superato i dibattiti calcistici. 

E' il tema al quale è dedicato “Il giorno del ricordo”, proclamato dal Governo Berlusconi il 10 febbraio come giorno della memoria per le vittime delle foibe e le uccisioni dopo la Seconda guerra mondiale. Questa volta il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non ha soltanto proseguito con la prassi adottata anche dall'ex presidente italiano Ciampi, ma ha anche dato un certo contributo all'escalation del revisionismo storico. 

Parlando alla cerimonia al Quirinale, dove ha consegnato l'onorificenza e le medaglie alla memoria a trenta cugini italiani uccisi “durante la persecuzione etnica avviata dalla milizia titina (si riferisce a Tito) alla fine della guerra” come scrive “La repubblica” di Roma, Napolitano ha parlato in modo insolitamente severo e non critico dei crimini che hanno avuto come esito le foibe, esecuzioni sommarie nelle fosse carsiche dell'Istria e della costa slovena, dove hanno incontrato la morte fra il 1943 e il 1945 molti collaboratori fascisti, criminali nazisti in cerca di vendetta, ma anche molte vittime innocenti. 

 
Invece, Napolitano ha presentato questa tragedia in modo unilaterale, sottolineando che il “dramma del popolo giuliano-dalmata è stato creato da un moto d'odio e furia sanguinaria, e dal piano slavo annessionista che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica”. In nessun modo Napolitano ha detto che il problema delle foibe è molto più complesso, e che nonostante il fatto che i crimini e le uccisioni degli innocenti non si possano giustificare con alcuna vendetta, con “l'ira giusta” o la bestialità criminale, il sottacere l'insieme del problema porta necessariamente alla sua riduzione e consente la manipolazione politica. 


La coscienza sporca 

Con nessuna parola Napolitano ha nominato la pulizia etnica che il fascismo italiano iniziò dai primi giorni in cui salì al potere, e che fu annunciato nel discorso di Mussolini nel 1919 a Pola. Dal 1922 l'Italia fascista ha fatto la pulizia etnica della popolazione slava, slovena e croata, e dopo che la guerra fu iniziata il governo del terrore si trasformò in terrore contro la popolazione innocente, spesso senza alcun motivo, soltanto per spaventare e per terrorizzare. Con il sottacere ciò che ha preceduto le foibe, si sottace una parte della verità storica, anche se quello che è successo durante il terrore fascista in Istria, sulla costa slovena e croata e in Dalmazia, non può in nessun modo giustificare i crimini commessi dopo la guerra. Certamente in queste esecuzioni sommarie nelle foibe ci sono stati elementi anche della mal interpretata “lotta di classe” ed elementi della pulizia etnica, delle liquidazioni politiche, ma ci sono state anche le rese dei conti individuali, criminali, le vendette classiche e i vandalismi dei vincitori. 

Le parole di Napolitano sono forse la resa dei conti anche con la coscienza sporca, perché il Partito comunista italiano, dove Napolitano ha giocato uno dei ruoli fondamentali per molto tempo, ha sottaciuto i crimini commessi nelle foibe, come anche la politica jugoslava che ha negato in modo decisivo fatti evidenti. In ogni caso, le parole di Napolitano hanno avuto il consenso fra le file dell'estrema destra, ma anche dall'altra parte della barriera politica. E' comprensibile che il postfascista Gianfranco Fini abbia lodato Napolitano, perché questa è la conferma della sua politica revisionista, che spinse anche il governo Berlusconi sulle tracce del revisionismo storico. E' comprensibile anche la reazione dei democristiani, i quali secondo Lorenzo Cesa sostengono il “coraggio e l'onesta intellettuale” di Napolitano che fanno luce su uno “dei periodi più bui della storia moderna”. 


Il nuovo conformismo 

Ma è meno comprensibile l'entusiasmo fra le fila del governo. Così il vice premier Rutelli ha salutato le parole del Presidente della Repubblica, affermando che è un bene che il sostegno arrivi dalle fila sia del governo che dell'opposizione. Anche Pecoraro Scanio, il leader dei Verdi e Formisano del Partito l'Italia dei Valori hanno sostenuto Napolitano. Le uniche osservazioni sono giunte dalle file dell'estrema sinistra. Così Jacopo Venier del Partito dei Comunisti Italiani ha avvertito che bisogna avere la forza di opporsi al nuovo conformismo che oggi impone la lettura parziale e strumentale della drammatica storia del confine orientale. Il fenomeno delle foibe non può essere analizzato, senza parlare anche della bestiale crudeltà fascista verso la popolazione slava. 

Giovanni Russo Spena del Partito della Rifondazione Comunista aggiunge che gli avvenimenti storici devono essere ricostruiti nella loro complessità, e non si devono dimenticare le uccisioni di massa fasciste nei “villaggi balcanici”. Ma queste sono soltanto le rare voci dissonanti. Il discorso di Napolitano ha avuto una grande risposta anche nella regione Friuli Venezia Giulia, dove il governo ha organizzato numerose manifestazioni, anch'esse passate senza menzionare i crimini fascisti. Anche nelle altre città dell'Italia è successo lo stesso, soltanto a Firenze e a Carrara si sono scontrati gli organizzatori ufficiali, principalmente della postfascista Alleanza nazionale, con i manifestanti che volevano sentire anche la condanna del fascismo. Il discorso di Napolitano non rimarrà senza conseguenze anche per il rapporto croato- italiano. E' triste che Napolitano con il suo atteggiamento unilaterale abbia aggiunto benzina sul fuoco e abbia accettato la manipolazione politica dei fatti storici, il che non può contribuire a quella “riconciliazione” per la quale i politici italiani si impegnano a parole. Adesso si vede che il seme del berlusconismo ha dato anche dei frutti molto pericolosi, e che hanno abboccato anche i membri del centro sinistra, entrati facilmente nello schema del revisionismo storico che gli ha imposto l'ex governo Berlusconi. Questo clima non farà che rimandare la riconciliazione storica fra Croazia e Italia e contribuirà all'escalation di reciproche accuse e risentimenti, da entrambe le parti. 



=== 3 ===


http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6795/1/51/


Perché Napolitano non ha ragione

13.02.2007    scrive Franco Juri


Bruciano come benzina le dichiarazioni del presidente italiano Giorgio Napolitano e le repliche di quello croato Stipe Mesić e rischiano di destabilizzare politicamente l'alto Adriatico. Un commento del nostro corrispondente Franco Juri

Bruciano come la benzina le dichiarazioni del presidente italiano Giorgio Napolitano e le repliche di quello croato Stipe Mesić e rischiano di destabilizzare politicamente l'alto Adriatico. Sono accuse e repliche ineluttabili e giustificate? E che cosa in realtà le motiva? Calcoli politici, crisi interne nei due paesi con tanto bisogno di nemico esterno? Sensi di colpa e svolte storiche? 

A farne le spese saranno nuovamente tutti coloro che da anni si adoperano per sciogliere il nodo scorsoio dei contenziosi storici, più o meno motivati e corroborati dai fatti, lungo il confine orientale d'Italia e quello occidentale dell'ex Jugoslavia, della Slovenia e della Croazia. 

A farne le spese è purtroppo anche questa volta la verità storica, svilita proprio dai tanti inni retorici alla "verità" e alla "memoria".Personalmente sono dell'avviso che nè i toni e le parole scelte da Napolitano, nè quelli di Mesić siano particolarmente degni di due presidenti democratici ed europei. 

Certo, il presidente croato è sanguigno e da presidente si è permesso una serie di valutazioni (prima sulle foibe e ora in dura polemica con l'omologo italiano) poco consone ad un capo di stato, ma che allo stesso tempo, intese storicamente, potrebbero avere più di qualche ragione. 

La retorica della memoria scelta da Napolitano nel suo discorso a Roma si è invece articolata seguendo degli stereotipi con evidenti sfumature antislave tipici ed esclusivi fino a qualche anno fa dell'estrema destra nazionalista, soprattutto di quella lungo il confine orientale. Una retorica e degli stereotipi di cui si poteva prevedere l'effetto e che invece vede tutto l'arco costituzionale fare quadrato bipartisan attorno al presidente. Siamo all'omologazione nazionale e patriottarda di risorgimentale memoria? 

 
Ma andiamo per ordine. Napolitano aveva parlato, riferendosi alle vittime delle foibe, di "un moto di odio, di furia sanguinaria" e di "barbarie" e di un "disegno annessionistico slavo che prevalse nel Trattato di pace del 1947 e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica". Queste parole hanno suscitato la reazione del presidente croato che ha colto in esse elementi di "razzismo e revanscismo". Mesić sbaglia? La tesi di un "espansionismo slavo" tende effettivamente ad etnicizzare, tra l'altro con la tipica smania di omologare il mondo slavo ad un concetto prenazionale, quindi involuto rispetto alla propria civiltà nazionale, un fenomeno storico ben più complesso. 

Quella sull' "odio e la furia sanguinaria" attribuita a questo "espansionismo slavo" tende ad attribuire a tale fenomeno un alone di barbarie che avalla la percezione di un moto meno civile che arriva dall' est. Purtroppo tutt'oggi il grosso della stampa e della televisione italiane continuano a riprodurre lo stereotipo fondamentalmente etnicista di un mondo slavo di non meglio identificabili connotazioni nazionali. Basti leggere la cronaca nera; i malavitosi extracomunitari sono di sovente "slavi". In questa categoria etnica e dai connotati un pò razzisti vengono inclusi un pò tutti quanti provengono dal Balcani occidentali ovvero dall' ex Jugoslavia; serbi, bosniaci, croati, macedoni, rom, persino kosovari di etnia albanese.Con il termine veneto di slavi, cioé "s'ciavi", vengono invece indicati con disprezzo dai nazionalisti italiani, soprattutto nei circoli dell'estrema destra, anche gli sloveni del Friuli Venezia Giulia. 

Ma Napolitano fa uso anche del lemma "milizie titine", riferendosi all'esercito jugoslavo e partigiano del maresciallo Tito. Anche qui tradisce una certa insofferenza che è paradossalmente ideologica, visto che il presidente italiano fu in quegli anni di piombo fedele compagno di partito di Palmiro Togliatti. Inoltre Napolitano allude piuttosto chiaramente ad una presunta illegittimità del Trattato di pace del 1947, con cui si pose fine agli strascichi della seconda guerra mondiale, castigando, tutto sommato moderatamente, l'Italia cui rimasero sia Trieste che Gorizia, per il suo imperialismo e razzismo fascista e la sua alleanza, fino al 1943, con la Germania di Hitler. 

Pensare che tali affermazioni, fatte da un presidente europeo, non provocassero la reazione dei diretti interessati, era un'ingenuità. Mesić non e' stato "politicamente corretto" e ha scelto di dire senza tatto diplomatico quanto pensano in molti oltre confine. Ma l'elemento di maggior ipocrisia in questa vicenda è il richiamo ossessivo alla "memoria" e alla "verità storica" nei discorsi ufficiali di coloro che invece ignorano sistematicamente quanto l'indagine storica documentata ha prodotto fin' ora anche sul tema delle foibe e dell'esodo. 

Ricordiamo che nel 1993, su iniziativa delle diplomazie italiana e slovena (Andreatta-Peterle) venne costituita una commissione storico-culturale mista, composta da eminenti nomi di provata competenza e autonomia accademica, di entrambi i paesi. La commissione lavorò per 7 anni, con alcune interruzioni durante il primo governo Berlusconi e nel 2001 elaborò, non senza lunghi dibattiti che percorsero la traccia di una ricerca documentata, una relazione storica in cui, sinteticamente ma in termini molto qualificati, venivano descritti e spiegati i fatti ed i fenomeni salienti nei rapporti tra italiani e sloveni dalla fine dell' Ottocento al 1954, anno del Memorandum di Londra e della conclusione, grosso modo, dell'esodo istriano-dalmata. 

La relazione di una quarantina di pagine toccava tutti di fatti dolorosi a cavallo del confine, compresi il ventennio fascista, la "bonifica etnica" mussoliniana a danno di sloveni e croati, la guerra con i suoi massacri, i campi di concentramento nazifascisti, la repressione comunista, le foibe e l'esodo. Il tutto, com'è giusto e ovvio in un'analisi storica, contestualizzato, senza estrapolazioni strumentali. 

Ma quella relazione, pubblicata ufficialmente solo a Lubiana, venne ignorata o persino censurata dalla Farnesina. Solo Il Piccolo di Trieste la pubblicò in anticipo, bruciandone un pò la valenza politica. Il governo italiano non ne volle sapere invece nulla. Perché? Perché nel centrosinistra italiano era già avviata la metamorfosi politica dell'ex PCI, ovvero dei Democratici di sinistra che, ispirati prima dal triestino Stelio Spadaro, poi da Luciano Violante e da Piero Fassino, vedevano nel revisionismo storico uno strumento efficace non solo di "espiazione" e "purificazione", ma anche e soprattutto di allontanamento simbolico dai postulati comunisti, che la destra continuava a attribuirgli. 

In questo dilagare del revisionismo e anche di un certo negazionismo delle responsabilità dell'Italia fascista nelle tragedie lungo il confine orientale, c'è stata una corsa alla "memoria" in cui una certa sinistra ha tentato di scavalcare pure l'estrema destra, assumendone i toni e le interpretazioni, spesso e volentieri improntate ad un disprezzo per il mondo slavo ed il suo "odio sanguinario". E così, nonostante l'indagine storica non confermi la tesi del genocidio e delle pulizia etnica "titina", ma documenta una violenza reattiva e una repressione politica di cui fecero le spese, oltre a nazisti e collaborazionisti, anche civili innocenti e oppositori politici di diversa etnia, si avalla il mito dei 20 mila infoibati "solo perché italiani". La relazione storica parla di "alcune centinaia di infoibati", mentre le ricerche della storica Nevenka Troha, indubbiamente una dei più onesti e coraggiosi esperti di massacri del dopoguerra, portano la cifra approssimativa dele vittime delle foibe ad un massimo di 1600. E poi si continua a parlare di 350 mila esuli istriani e dalmati, ignorando che la ricerca storica documenta circa 204 mila persone che lasciarono con l'esodo i territori ex italiani. 

Roma continua a ignorare lo sforzo degli storici di offrire un quadro il più possibilmente obiettivo di quanto avvenne attorno al confine orientale durante e dopo la seconda guerra mondiale. Il mito avallato e istituzionalizzato con particolare enfasi retorica e calcolo politico viene assurto ora a religione di stato. La proposta, fatta a più riprese da alcuni storici e politici, di aprire la tristemente famosa foiba di Basovizza per verificare cosa e quanto contenga in verità, anche per dare un'identità e degna sepoltura ai resti umani lì rinchiusi, è stata sempre energicamente censurata dai sostenitori delle tesi di un genocidio antiitaliano. Strano, la pietas viene in verità sepolta dai timori di veder apparire una realtà diversa? Chi ha in verità timore della verità storica? Chi perpetua in verità la "congiura del silenzio"?



=== 4 ===


http://www.contropiano.org/Documenti/2007/Febbraio07/13-02-07Foibe_Neorevisionismo.htm

Foibe. Neorevisionismo, foibe e imperialismo fascista

Una lettera di Eros Barone

Egregio direttore,
non vi è peggior fanatico di un apostata. Questa è la considerazione che mi viene di getto nell’assistere, con crescente stupore e non poca vergogna, ad esternazioni presidenziali, riguardanti le ‘foibe’, i cui toni sono così veementi e le cui modalità sono talmente “irrituali” (trovo, in questo caso, assai calzante l’aggettivo di cui si è servito il ministro della difesa Parisi per definire la grossolana ingerenza nella politica estera italiana compiuta con la famosa ‘lettera degli ambasciatori’) da aprire una crisi internazionale fra il nostro paese e la Croazia e la Slovenia.
Mi sia permesso, dunque, esprimere quattro considerazioni: 
a) tali prese di posizione di carattere neorevisionista, di stampo revanscista e di sapore imperialista, ieri sulla falsa equiparazione fra antisionismo e antisemitismo e oggi sul presunto sterminio delle popolazioni italiane dell’Istria e della Dalmazia, non hanno natura storiografica, ma soltanto politica: in altri termini, tendono, da un lato, a legittimare la bestiale politica israeliana verso i palestinesi e, dall’altro, a rimettere in discussione il trattato di Osimo del 1975 e, quindi, i confini tra l’Italia, la Slovenia e la Croazia; 
b) l’accertamento della verità sulle origini, sulle cause, sulle dimensioni e sul significato del presunto sterminio degli italiani dell’Istria e della Dalmazia compete agli storici ed è degno dei peggiori regimi autoritari voler imporre come ‘verità di Stato’ quello che è unicamente un giudizio politico-ideologico: ciò significa che la rappresentazione demonizzante dei comunisti jugoslavi che sadicamente uccidono gl’innocenti ‘patrioti’ italiani non ha maggior credibilità dell’aberrante propaganda democristiana sui comunisti che “mangiano i bambini”; 
c) in realtà, la criminalizzazione dei comunisti jugoslavi come responsabili delle ‘foibe’ mira a cancellare i crimini commessi dall’imperialismo fascista nei Balcani e, segnatamente, in Jugoslavia; 
d) sarei curioso di sapere che cosa pensi lo storico marxista Eric Hobsbawm, che ha firmato assieme al premio Nobel Harold Pinter il recente manifesto degli ebrei antisionisti e che a suo tempo pubblicò per la casa editrice Laterza un’intervista a Giorgio Napolitano sul socialismo europeo, circa la conversione del suo intervistato da “comunista migliorista” in “liberale nazionalista e anticomunista”.


=== 5 ===


Foibe, perché il caso è tutt'altro che chiuso


Tommaso Di Francesco


All'improvviso, con la stessa apparente nettezza con la quale si era espressa, la protesta del presidente croato Stipe Mesic è rientrata, con la dichiarazione che nelle parole del presidente italiano Giorgio Napolitano «non c'era nessun attacco alla Croazia» né «al Trattato di pace del 1947 e gli accordi di Osimo e di Roma» e che «non conteneva ispirazioni revansciste e storico revisioniste» . E' quello per cui la Farnesina per quasi una settimana ha attivamente «lavorato». Dietrofront di Mesic dunque. Soprattutto dopo la retromarcia, vera, del presidente Napolitano che per primo aveva ridimensionato le sue affermazioni unilaterali. Il caso dunque è chiuso?

No. Almeno per due ordini di motivi, internazionale e interno. Dal punto di vista dei nuovi governi balcanici, tutt'altro che eredi della ex Jugoslavia, il caso resta sensibilmente aperto. Mesic fa marcia indietro per obbligo alla diplomazia europea e italiana (e alla questione dei diritti di proprietà rivendicati da Roma), ma non certo per essere stato isolato. La Commissione europea che pure ha criticato Mesic, non ha in realtà mai messo in discussione l'adesione di Zagabria alla Ue. In patria poi il presidente croato ha avuto vasta solidarietà, tra le popolazioni di Istria e Dalmazia dove non c'è famiglia che non abbia una vittima del nazifascismo, e dal governo Sanader di destra pronto a cavalcare ogni «croaticità», perfino la liberazione dal nazifascismo. E' l'ambiguità sostanziale dell'esperienza croata, rappresentata da Franjo Tudjman (uno dei generali di Tito prima di diventare presidente xenofobo, negazionista e ultranazionalista) , e poi dallo stesso Stipe Mesic, ex comunista, neonazionalista e sponsor dell'indipendenza croata su base etnica e della «guerra patriottica», vale a dire i massacri nella Krajna serba e nella Mostar musulmana. Che volete che sia la memoria per Mesic, pronto nel giro di pochi mesi a proclamare l'anniversario della «nazione croata» degli ustascia di Ante Pavelic e la guerra di liberazione partigiana?! Ma soprattutto poche ore prima del dietrofront di Mesic c'è stata la lettera di richiesta di chiarimenti, più formale ma destinata a pesare di più, del presidente sloveno Janez Drnovsek, esponente di quella Slovenia assai più integrata in Europa e anche più legata all'Italia. Al quale è stato risposto. Come a dire che le preoccupazioni per le parole di Napolitano, formalmente rientrate, sono più che reali e diffuse.

A questo punto però, se era facile immaginare che, di fronte a pressioni e ricatti, le ribellioni a parole delle piccole patrie etniche sarebbero formalmente rientrare, il nodo da sciogliere resta. E riguarda le responsabilità dell'Italia che non possono essere certo delegate ad altri. 

Insieme a quello dei contenuti e dei modi con cui l'Italia di Berlusconi - che ha sdoganato l'estrema destra postfascista e quella neo-nazifascista di Forza nuova e Fiamma tricolore - ha prima rappresentato quell'infernale e delicato periodo storico che va dal 1941 al 1945 nel sud-est europeo e in particolare nel «Litorale adriatico», e poi lo ha legittimato con un voto bipartisan in Parlamento nella legge del «Giorno del Ricordo». Un atto di memoria revisionata decretata per legge al quale ha partecipato una sinistra inconsapevole e reticente. Le parole di Napolitano che ha ridotto la tragica vicenda delle foibe a un episodio di «pulizia etnica contro gli italiani» ideologicamente rimosso, restano una pesante testimonianza di reticenza sulle responsabilità primarie del nazifascismo contro le popolazioni balcaniche. L'Italia ha il diritto di denunciare le foibe come sanguinosa pagina di vendette, ma non a prescindere dal contesto storico dei crimini del nazifascimo che occupava militarmente quelle terre balcaniche. Perché il presidente della repubblica, come chiedono molti storici italiani, non va a pregare sui sacrari slavi delle vittime civili e dei partigiani massacrati da fascisti, nazisti e generali pluridecorati e celebrati? Perché la celebrazione non diventa occasione di memoria anche sui crimini di guerra italiani, correggendo l'improbabile numero di vittime come chiede lo storico Jorge Pjerevec e decidendo almeno il senso dello spot televisivo, bugiardo e senza firma nell'ultima edizione.

Il caso è tutt'altro che chiuso. Ce lo ritroveremo tra un anno, alla quarta celebrazione, voluta come le altre non a caso a due settimane di distanza dalla giornata della Memoria della Shoah - ha ricordato lo storico Enzo Collotti. Tanto per permettere, con improponibili paragoni e sulla pelle della verità storica, la riconciliazione nazionale e la cosiddetta «unità politica» degli italiani che sta a cuore al presidente Napolitano. Sì, il caso è tutt'altro che chiuso.



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http://it.groups.yahoo.com/group/resistenza_partigiana/message/2399


Dal sito http://www.nexusitalia.com/nexus_ new/index. php


UNO SLAVO E IL SUO PRESIDENTE 


di Nikola Duper 

lunedì 05 marzo 2007 


Lettera aperta a Giorgio Napolitano


Egregio Signor Presidente,

Il prossimo novembre saranno 20 anni che sono arrivato in Italia. 20 fortunati e bellissimi anni per molti versi anche perché non mi sono mai sentito uno straniero. Mai nessuno mi ha fatto pesare il fatto di essere jugoslavo, croato o semplicemente slavo. Qualche piccolo dispiacere per l'ignoranza in relazione al mio popolo, solo un po' di manipolazioni politiche riguardo i peggiori momenti della nostra recente storia. Tutto sommato episodi marginali e sopportabili che non mi hanno disturbato, ma solo sottolineato le parole di Niccolò Tommaseo: "Non vi han conosciuti Croazia". È passato più di un secolo da quando queste parole sono state scritte, ma ancora non è cambiato nulla.

Recentemente, con mio grande dispiacere e stupore, ho seguito un Suo discorso che vorrei contestare per alcune definizioni riguardanti non solo il mio popolo, ma addirittura un'intera stirpe, quella slava.


Durante la guerra dei primi anni Novanta, che ha duramente colpito la mia terra natia, spesse volte mi sono chiesto che cosa vuol dire essere croato. Che cosa è che ti muove quando agisci per il "tuo" popolo? Nascere croato (e slavo) è un caso, così come nascere italiano, ma vivere un territorio, un popolo, una tradizione e una cultura te li fa amare così profondamente da pensare che, in certi ed estremi casi, varrebbe la pena anche morire difendendoli. Credo che questi sentimenti, se autentici e non strumentalizzati, possano estendersi anche oltre i confini delle proprie terre. In fondo si tratta di un sentimento nobile, mirato a proteggere i più grandi valori di una civiltà: la famiglia, la cultura, l'arte, insomma tutto quello che ti fa essere orgoglioso di essere una piccola parte dell'Umanità, quell'Umanità che non può avere confini nazionali e/o etnici. Quello che ci unisce sono Leonardo e Vrancic, Goldoni e Držic, Marconi e Tesla, Tommaseo e Boškovic e molti, moltissimi altri. Quello che ci divide sono alcuni criminali nella storia antica e recente e che ripudiamo tutti, me compreso e, badi bene, sono slavo.

Perché io non ho questo astio che delle volte invece traspare nei nostri confronti? Perché ho accettato la stessa bandiera che negli anni quaranta ha occupato la mia terra? Perché non mi hanno disturbato la lira, il corpo dei carabinieri, dei bersaglieri e degli alpini? Tutto sommato questi nomi avrebbero dovuto ricordarmi un'ingiustizia che ha subito il mio popolo. Eppure no! Per me l'Italia non è mai stata solo Mussolini. Per me, così come per molti altri slavi, l'Italia era soprattutto Michelangelo, Petrarca, Dante, Verdi e tanti altri. 

Anche quando l'esercito fascista invadeva la mia terra, in Italia c'era qualcuno che dipingeva, anche quando la mia gente veniva uccisa a sangue freddo, in Italia c'era qualcuno che componeva. Qualcuno che avrebbe avuto la mia stima e ammirazione. Ma lo stesso vale anche per il mio popolo, signor Presidente! Iniziate a insegnare nelle vostre scuole anche la nostra storia, raccontate ai giovani italiani le storie sui grandi slavi e come anche loro hanno costruito l'Europa e la nostra civiltà. Nel giro di poco tempo non ci amerete solo per il nostro bel mare e per i buoni e abbondanti pasti che consumate da turisti. Scoprirete un grande popolo che ha partecipato alla creazione di un mondo migliore e che non è secondo a nessuno.

Non siamo e non siamo stati un popolo sanguinario! Quindi se c'è stato «un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno annessionistico» non era slavo così come i vostri crimini non sono stati latini. I criminali non hanno una nazionalità, sono pur sempre solo dei delinquenti, così come i grandi uomini non hanno confini. Io mi vorrei ispirare in questi ultimi, slavi o latini che siano. 

Ora, per concludere, pur parlando a nome personale e non avendo alcun titolo a rappresentare la mia stirpe, ritengo che Lei abbia sbagliato e vorrei che riconoscesse il Suo errore chiedendo scusa a tutti gli slavi. Mi auguro con tutto il cuore che Lei, o chiunque altro, non vedrà questa richiesta come un atto di arroganza o di mancanza di rispetto per la Sua persona e/o per l'incarico che Lei ricopre. Mi sto rivolgendo a una persona sola, per quanto Presidente della Repubblica, e sono convinto di averne il diritto.


Con stima e rispetto.

Nikola Duper 



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http://it.groups.yahoo.com/group/resistenza_partigiana/message/2406


Inviato da: "franco juri"

Lun 12 Mar 2007 11:16 am

E' giusto ricordare tutto; nel ventennio fu applicata anche in Istria e Dalmazia la cosiddetta "bonifica etnica" (questo il termine ufficiale usato dal regime nei suoi decreti di allora) con cui l' uso pubblico delle lingue slave (slovena e croato-serba) venivano proibite come pure (specie in Istria) l' uso di alcuni strumenti popolari non "italiani come il mih (la zampogna) o le sopele (degli oboi popolari). Mia madre (croata di Pasjak presso Abbazia) si prese da bambina un ceffone dall' insegnate italiana solo perche' a scuola si era rivolta ad una sua compagna nel dialetto croato che si parla in quel villaggio. Ecco, anche questa era l' Italia di allora in Istria e nessuno,nemmeno il presidente Napolitano, dovrebbero dimenticarlo. Vicino a Pasjak c' e' inoltre Lipa ,il paese in cui 200 civili (perlopiu' donne, vecchi e bambini) vennero trucidati per rappresaglia dalle SS con l' appoggio dei reparti repubblichini italiani che nella regione di Fiume ubbidivano ai comandi tedeschi (oltre che al Mussolini di Salo'): chiusi nella scuola gli abitanti di Lipa vennero bruciati vivi. Nessuno ha hai chiesto scusa per quel massacro, che e' solo uno dei tanti nella tragica storia della seconda guerra mondiale. Mia madre ricorda ancora il fumo e le fiamme circondate dai reparti militari che da Pasjak vedevano benissimo.Conoscevano bene quella gente che era stata incenerita cosi', in pochi minuti.I partigiani, quando arrivarono, furono dei liberatori per tutti, tranne che per coloro che avevano collaborato con il fascismo. Ci furono poi vendette, anche personali, anche inguiste.Ci furono processi sommari .Morirono persone innocenti. Il tutto duro' il tempo dell' inevitabile disordine di un dopoguerra difficile, pieno di straschichi, passioni, rancori, animosita', anche violenza.Ma non fu nulla di paragonabile alle tragedie causate e portate a termine con metodologie di sterminio e rappresaglie congeniate a tavolino dai nazifascisti. Ecco, presidente Napolitano, ricordi anche questo la prossima volta.


Franco Juri



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Retromarcia


Tutto rientrato. Il Presidente croato Stipe Mesic ha dichiarato che le parole del Presidente Giorgio Napolitano non sarebbero state di revanscismo e non mettevano in questione i trattati tra Italia e Croazia. Le autorità italiane hanno subito “accettato le scuse”... 


Croazia-Italia: armistizio diplomatico 

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6826/1/44/


Cosa abbiamo imparato? 

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6838/1/44/


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Fonte: http://it.groups.yahoo.com/group/resistenza_partigiana/message/2307


Editoriale del direttore Bojan Brezigar sul Primorski dnevnik,  quotidiano in lingua slovena a Trieste, il 25.02.07


La marcia indietro che non ci fù


La giornata del ricordo delle foibe e dell'esodo di massa degli italiani dall'Istria è stata anche quest'anno occasione per una serie di manifestazioni tra Trieste e Roma. Ancor più che negli anni scorsi l'evento è stato preannunciato dalla stampa, mentre una vera e propria offensiva è stata lanciata dalla televisione. Ben prima del 10 febbraio, data, come noto, della firma del trattato di pace di Parigi, sono  spuntati articoli e servizi sulle foibe con dati storicamente mai  verificati, mentre il numero di esuli e vittime cresceva di giorno in  giorno.

Questo scritto non ha lo scopo di sminuire la tragedia rappresentata dalle foibe. Nemmeno ha lo scopo di giustificare in quasiasi modo i crimini commessi dopo la fine della guerra, le esecuzioni senza processo, gli eccidi di massa. Tutto questo è successo ed è stato il tragico epilogo di un periodo iniziato vent'anni prima coll'avvento del fascismo e terminato con queste tragedie dopo la fine della seconda guerra mondiale. Tutte le vittime di quel periodo sono degne del rispetto che spetta ai morti, specialmente se di morte violenta.

Esiste però una differenza tra la doverosa condoglianza e la verità storica; e qui sta il nocciolo del problema esploso col discorso del presidente della repubblica Giorgio Napolitano.

Tutti i maggiori quotidiani italiani sono usciti domenica con grandi titoli, di solito in prima pagina, in cui rilevavano la marcia indietro del presidente croato Stipe Mesić dopo la polemica avuta da questi col presidente italiano Giorgio Napolitano. Com'è noto il 10 febbraio in un incontro coi rappresentanti delle organizzazioni degli esuli Napolitano riportò solo parte della storia semirecente, gli eccidi delle foibe, e sottolineò le sue parole con termini quali "furia sanguinaria" ed "espansionismo slavo". Mesić prese posizione con una tagliente condanna di tali parole giudicandole come espressione di razzismo, revisionismo storico e revanscismo.

A questo punto dilagò l'opinione pubblica italiana, che definì Mesić come nemico nazionale e solo pochi ebbero il coraggio di obiettare, in quanto il presidente della repubblica è in Italia una sorta di icona; sulle dita di una mano possiamo contare i casi negli ultimi 60 anni in cui il presidente della repubblica fu oggetto di attacchi da parte dei media. Questo fu il caso, oltre 30 anni fa, di Giovanni Leone ed anche allora le posizioni dei media furono divise.

Napolitano godeva dunque del totale appoggio dell'opinione pubblica. Dopo che i giornali e specialmente la televisione per una settimana suonarono all'unisono si ebbe la riappacificazione. Evidentemente la diplomazia aveva svolto il proprio compito, personalmente non escluderei neppure un qualche intervente pacificatorio da oltreoceano, e si ebbe lo scambio di lettere. Trattavasi della lettera del ministero degli esteri italiano che spiegava a Mesić che Napolitano non aveva intenzione di offendere la Croazia, che non si trattava di revisionismo storico e che l'Italia non metteva in dubbio i trattati internazionali, ovvero il trattato di pace e quello di Osimo. A seguito di questa lettera Mesić rispose prendendo atto di tali posizioni e mettendo fine alla polemica.

Nel complesso dunque un normale dialogo diplomatico, dove la parte che per prima crea il problema (l'Italia) spiega di non aver voluto violare l'ordine internazionale nè offendere alcuno, al che l'altra parte (la Croazia) prende nota e mette fine alla questione.

Ed invece no. Per il mondo dei media italiani il presidente croato si sarebbe ritirato disonorevolmente, ammettendo di aver accusato a torto Napolitano e l'Italia, facendo qualcosa di veramente orribile. Questo è quanto riportato dalle televisioni e quanto hanno scritto i giornali, tra cui prestigiosi quotidiani nazionali. Questo è quanto sa oggi l'opinione pubblica italiana, ancora convinta che i campi di concentramento di Mussolini siano stati luoghi di villeggiatura, come si espresse in passato Silvio Berlusconi, e che gli italiani furono in tutte le guerre solamente vittime che mai torsero capello a nessuno.

La storia è alquanto differente. Per due decenni il fascismo ha oppresso  gli sloveni rinchiudendoli in campi, mandandoli davanti a tribunali speciali, condannando a morte, chiudendo le scuole, abolendone la stampa, incendiando le case di cultura, colonizzando le terre slovene con immigrati dall'Italia, usando la politica fiscale per costringerli a  svendere il proprio patrimonio a prezzi ridicoli, ed ancora potremmo enumerare. Coll'inizio della seconda guerra mondiale l'Italia occupò gran parte della Slovenia, deportando decine di migliaia di persone in campi di concentramento dove migliaia morirono di fame, annettendosi parte della Slovenia coll'istituzione della provincia di Lubiana, anche qui uccidendo, bruciando, usando i plotoni d'esecuzione, fucilando ostaggi. Il detto "Italiani brava gente" è un invenzione senza alcuna prova storica; la storia indica invece tutto il contrario.

Strappare le foibe dal contesto storico è pertanto un errore: non si tratta di un evento autonomo nella storia di queste terre, ma di una serie di eventi causalmente correlati l'uno coll'altro. Questo è quanto, in sostanza, contestato dal presidente croato, malgrado esso abbia usato  una terminologia non diplomatica. I media hanno invece aggirato questi fatti, descrivendo la querelle tra Mesić e Napolitano in bianco-nero, senza che i giornalisti (tolte alcune lodevoli eccezzioni) prestassero attenzione a quanto accaduto durante la guerra e prima di essa. Essi si sono limitati alle parole dette da Mesić presentando il presidente

croato come rozzo ed il suo intervento come del tutto ingiustificato. Nessuno ha approfondito invece il significato delle parole dette dal presidente Napolitano; tali parole hanno raccolto solamente approvazione.

La storia è rimasta in queste cronache una totale sconosciuta. Finche l'opinione pubblica non ne sarà stata portata a conoscenza sarà invano ogni voce ed ogni nota diplomatica. Il fatto che l'Italia non abbia ancora guardato con chiarezza alla propria storia semirecente dipende esclusivamente da essa stessa, a partire dalla sua classe dirigente. Fin quando essa offrirà al pubblico solo quella parte della storia che presenta gli italiani come vittime, e fin quando i media accetteranno e trasmetteranno acriticamente questo, non possiamo aspettarci che la società accetti la storia, quella vera e non quella immaginaria, come un imperfetto dato di fatto invece che come una bella fiaba, con tutto il bene da una parte e tutto il male dall'altra.

Questo vale anche per la cerimonia di riappacificazione, di cui oggi poco si sente parlare. Finchè l'opinione pubblica non sarà al corrente della storia probabilmente anche l'atto simbolico dei presidenti non ha molto senso, in quanto non apporterebbe concretamente alla comune accettazione della storia, fatto salvo il diritti di ognuno di interpretarla a modo suo.


Bojan Brezigar


Originale (in sloveno): 

http://www.primorski.it/archivio/25_02_2007/KOMENTARJI/KOM01.html



AGGIORNAMENTO 2009


Parziale dietrofront di Napolitano: tentata ricucitura con Slovenia e Croazia

Napolitano ricorda le foibe. Ma non scorda il fascismo
di Andrea Fabozzi. Il Manifesto 11.02.2009



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