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COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA JUGOSLAVIA

ITALIJANSKA KOORDINACIJA ZA JUGOSLAVIJU



 
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DIVIDE ED IMPERA
LA DISTRUZIONE DELLA FEDERAZIONE BALCANICA DA PARTE DEGLI STATI UNITI E DELLA NATO

di Ramsey Clark,
ex Ministro della Giustizia degli USA,
avvocato che si batte per i diritti umani,
New York, N.Y., U.S.A, febbraio 2004.

La versione originale / the original text, in english:
http://www.iacenter.org/yugo/divide&conquer.htm
oppure:
http://www.icdsm.org/more/rclarkUN2.htm

Traduzione ed elaborazione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova


INDICE

Introduzione

PARTE PRIMA
Secoli di storia dei Balcani rivelano la necessità di una Federazione per prevenire la guerra.

I. La Geografia, la Storia e la straordinaria mescolanza di popoli, culture e religioni concorrono a creare una speciale esigenza nei Balcani di una forma di governo che sia in grado di assicurare la pace, l’eguaglianza e la giustizia.   

II. La Prima Federazione Balcanica: 1919-1941

III. Il Primo Smembramento della Jugoslavia: 1941-1945

IV. Nel mezzo secolo successivo la Jugoslavia, come Repubblica Federale, è progredita sia internamente che internazionalmente: 1945-1992

V. L’ONU dovrebbe agire ora per appoggiare la pianificazione della costruzione di una Federazione per i Balcani e gli Stati confinanti.  

PARTE SECONDA 
Un breve excursus della distruzione violenta della Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia da parte degli Stati Uniti e della NATO.

VI. Con il collasso economico dell’USSR e delle Nazioni del Blocco Orientale, alcune Nazioni Europee Occidentali sono intervenute negli affari interni della Jugoslavia e hanno favorito i movimenti secessionisti delle sue diverse Repubbliche: 1990-1996

VII. Il Secondo Smembramento della Jugoslavia e la “Balcanizzazione” dei Balcani: 1992-1998

VIII. Gli Stati Uniti, con la NATO, hanno intrapreso guerre di aggressione contro i Serbi di Bosnia e  contro la Serbia: 1993-1995

IX. Gli Stati Uniti e la NATO hanno commesso crimini contro la pace e crimini di guerra nelle loro guerre di aggressione contro i Serbi di Bosnia e contro la Serbia. 

X. Gli Stati Uniti e la NATO devono essere considerati responsabili per la loro guerra illegale di aggressione contro i Serbi di Bosnia e quelli della Serbia, inclusi quelli del Kosovo.

PARTE TERZA 
La Carta delle Nazioni Unite non prevede la facoltà di istituire Tribunali Penali e questi Tribunali creati ad hoc costituiscono una continua minaccia per la pace.

XI. Gli Stati Uniti hanno impedito al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di andare contro il loro potere, con il quale possono individuare come obiettivi i loro avversari e cambiarne i sistemi di governo, con l’istituzione del Primo Tribunale Penale Internazionale 

XII. Gli Stati Uniti impongono la istituzione del Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra nella ex Jugoslavia per cambiare i sistemi di governo, indebolire gli Stati Balcanici e criminalizzare la Dirigenza Serba.

XIII. L’Amministrazione Bush intende perseguire politiche unilaterali, manifestate con le sue guerre di aggressione contro la Jugoslavia, l’Afghanistan e l’Iraq, con la creazione di Tribunali Penali con specifici obiettivi, e con i suoi rovinosi Acts contro le Istituzioni, i Trattati e il Diritto Internazionale. Gli USA possono essere bloccati solo dall’impegno unitario dei membri delle Nazioni Unite che li costringa all’osservazione delle norme.  

XIV. L’atto di accusa contro il Presidente della Repubblica Federale di Jugoslavia, Slobodan Milosevic, ha costituito la base di un processo discriminatorio determinato politicamente. 

XV. Lo scopo e l’importanza del processo assolutamente non riescono, o non sono opportuni, al proseguimento e alla risoluzione giudiziale del processo a Slobodan Milosevic. Il processo minaccia la sua salute e il suo diritto ad avere un giusto giudizio secondo la Legge. 

XVI. L’ONU deve agire subito per abolire i Tribunali Internazionali Penali creati con specifici obiettivi. 

CONCLUSIONE




INTRODUZIONE

La distruzione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia è stata realizzata mediante pressioni ed interferenze esterne, ed una guerra di aggressione da parte degli Stati Uniti e della NATO contro la Jugoslavia, durante tutti gli anni Novanta. Questo è stato possibile, proprio per la deficienza delle Nazioni Unite a far fronte alle loro responsabilità nel prevenire tali atti di forza e nel far terminare il flagello della guerra.

Il Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra nella ex Jugoslavia (ICTY), istituito dal Consiglio di Sicurezza sotto la pressione degli USA, faceva parte dei piani Statunitensi per lo smembramento della Jugoslavia, e per intimidire ed eliminare i leaders che erano impegnati a conservare la sovranità e l’indipendenza della Federazione.

Le aggressioni degli eserciti degli USA e della NATO contro la Jugoslavia hanno violato la Carta dell’ONU, la Carta di Norimberga, lo Statuto della NATO, le Convenzioni di Ginevra ed altre leggi internazionali. La creazione del Tribunale ICTY ha violato la Carta dell’ONU, che non autorizza il Consiglio di Sicurezza ad istituire tribunali di questa natura. La limitata giurisdizione e lo statuto istitutivo di questo Tribunale ICTY hanno violato numerose norme della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la Convenzione Internazionale dei Diritti Civili e Politici. Sia le aggressioni che il Tribunale miravano a distruggere la “pari sovranità” di un Membro dell’ONU, il principio base sul quale “l’Organizzazione si fonda”. Articolo II della Carta delle Nazioni Unite.
Lo smembramento della Jugoslavia, le guerre di aggressione, l’insolvenza nel rifondere risarcimenti per le migliaia di vite perse, le distruzioni per miliardi di dollari, e il Tribunale Penale ad hoc fuorilegge costituiscono continue minacce per la pace.

Le Nazioni Unite devono agire ora ed immediatamente per favorire il costituirsi di una nuova Federazione Balcanica, assicurandone la pari sovranità con tutti i membri delle Nazioni Unite. Per la credibilità e l’integrità delle Nazioni Unite, deve essere preteso il riconoscimento della responsabilità degli USA e della NATO per le morti e le distruzioni che loro hanno inflitto alla Jugoslavia. Per la legittimità delle Nazioni Unite devono essere aboliti tutti i Tribunali Speciali ed assicurare alla Corte Internazionale di Giustizia ICC tutto l’appoggio necessario per perseguire effettivamente con imparzialità i crimini internazionali contro la pace, contro l’umanità e i crimini di guerra, e solo una nuova applicazione del diritto potrà assicurare in questo modo la pace internazionale e la stabilità. 




PARTE PRIMA 
Secoli di storia dei Balcani rivelano la necessità di una Federazione per prevenire la guerra.


I. La Geografia, la Storia e la straordinaria mescolanza di popoli, culture e religioni concorrono a creare una speciale esigenza nei Balcani di una forma di governo che sia in grado di assicurare la pace, l’eguaglianza e la giustizia. 
 
La storia dei Balcani per secoli è stata dominata da violenti contrasti fra le sue molte regioni e i popoli, le culture e le religioni, per l’autodeterminazione e l’indipendenza da imperi stranieri. I Turchi Ottomani, già nel 14.esimo secolo, avevano occupato vaste aree della regione e introdotto nei Balcani una cultura e una civiltà estranee. Nei successivi cinquecento anni veniva imposta una cultura straniera, in conflitto sia con quella della Russia Ortodossa sia con le culture dell’Europa Occidentale, con influenze sull’intera regione. Inoltre, in questi cinquecento anni, l’Impero Ottomano aveva cospirato con gli Imperi di Gran Bretagna, Austria, Germania, Russia e Francia e in vari momenti aveva messo in azione tutti i mezzi per dominare e sfruttare i Balcani e sottometterne i popoli. I Balcani del sud ed occidentali, sotto il controllo Ottomano, hanno sperimentato la violenza e hanno cercato quasi costantemente di ribellarsi, durante quasi tutto il 19.esimo secolo.

I Serbi, i Greci e altri popoli hanno sempre lottato per l’indipendenza, di solito separatamente, comunque rendendosi conto costantemente delle difficoltà di tutti. Come spesso accade, la rivolta Serba del 1804 ebbe inizio da un conflitto locale che sfociò in una guerra di liberazione nazionale a dimensione totale. Gli altri Imperi con interessi nella regione, Russia, Francia, Gran Bretagna ed Austria, generalmente manifestavano la loro opposizione ai movimenti di liberazione nazionali piuttosto che all’Impero Ottomano, o ad altri Imperi, nello stesso modo in cui le grandi potenze Europee e gli Stati Uniti con interessi nei Caraibi si erano opposti alla ribellione degli schiavi ad Haiti nel 1791, in modo molto più intenso di come si erano opposti contro altre potenze che erano interessate alle ricchezze di quella regione. Il bottino per le potenze è perso per sempre quando i popoli, fino ad un certo momento della storia soggiogati, instaurano un loro governo libero ed indipendente. Nel 1815, una seconda insurrezione Serba contro il regime Ottomano fece conseguire una limitata autonomia per alcune zone della Serbia.

Dal 1812 fino al 1850 i Musulmani di Bosnia, generalmente Slavi i cui antenati si erano convertiti all’Islam, sporadicamente si erano rivoltati contro l’Impero Ottomano cercando di conservare ed espandere i loro poteri e i privilegi che avevano ottenuto sotto i Turchi. 
I Balcani del nord venivano dominati dall’Impero Austriaco dal 17.esimo Secolo fino alla fine della Prima Guerra Mondiale, nel 1918. Nel 1848, Serbi e Croati si univano agli Ungheresi e a qualche altra nazione in insurrezioni politiche con lo scopo di conseguire un’autonomia nazionale per i loro popoli contro gli Ottomani, sotto la protezione dell’Impero Austriaco. I Russi invadevano la regione per ristabilire lo status quo. Allo stesso tempo, la Francia invadeva l’Italia per puntellare la metà occidentale dell’Impero Austriaco. In seguito gli Austriaci tentarono di schiacciare con la forza le aspirazioni Serbe e Croate all’autodeterminazione. Usando questi metodi, l’Austria permetteva alla nobiltà Ungherese di sfruttare la regione della Vojvodina. Più tardi l’Austria si servì della Russia e del nuovo Impero Tedesco di Bismarck come alleati per conseguire una espansione verso sud del proprio Impero nei Balcani, a spese dei Turchi. 

Nel 1875 la lotta nazionale della Serbia per l’indipendenza si estendeva alla Bosnia e alla Erzegovina. Rivolte simili avvenivano fra i Bulgari e i Rumeni. In parte per annettersi terre della Romania, in accordo con l’Austria, nel 1877 la Russia scatenava una guerra contro l’Impero Ottomano. Con la sconfitta dell’Impero Ottomano da parte della Russia, nel Congresso di Berlino del 1878 le potenze Europee si spartirono fra loro il dominio sui Balcani.

Dopo un accordo tra il Primo Ministro Britannico Benjamin Disraeli e il Cancelliere Tedesco Otto von Bismarck, l’Austria occupava la Bosnia e l’Erzegovina, dove i Serbi costituivano una maggioranza spogliata di un proprio ruolo. Per dare un segnale di equilibrio dopo la sottomissione della Bosnia, veniva concessa finalmente alla Serbia e al Montenegro la piena indipendenza, che comunque da qualche anno vi veniva già esercitata largamente.                                                                     
Per scoraggiare la Serbia da qualsiasi tentativo di unire i Serbi in un’unica nazione, una preoccupazione continua delle grandi potenze, Bismarck, Disraeli e le altre potenze al Congresso di Berlino convennero che le truppe Austriache dovevano stazionare nella regione del Sangiaccato, dividendo così la Serbia dal Montenegro, assicurando in questo modo la loro costante separazione politica. Nel 1908, l’Austria si annetteva la Bosnia e l’Erzegovina.

Nel nord dei Balcani, per la Slovenia e la Croazia, l’esperienza sotto l’Impero Austro-Ungarico durante i secoli di occupazione Ottomana era stata solo leggermente migliore. Il popolo soffriva comunque della dominazione e dello sfruttamento da parte dello straniero. La violenza di molti secoli aveva costretto larghi strati della popolazione Serba a migrazioni attraverso gli Stati Balcanici, con spostamenti verso la Bosnia, la Croazia e la Slovenia. I Croati si erano spostati verso la Bosnia e gli Ungheresi verso la Vojvodina, dove si erano insediati e avevano vissuto, molte famiglie da secoli, conservando i loro costumi e i loro modi di vita. Molti Croati, Macedoni ed Ungheresi si erano trasferiti in Serbia, e migliaia di Albanesi dal Kosovo a Belgrado e in altre città della Serbia, dove venivano tutelati i loro diritti.

Per proteggere se stessi da vicini potenti e da conflitti interni, i piccoli Stati Balcanici cercarono nelle coalizioni l’indipendenza, la sicurezza economica e territoriale. Nel 1911, una larga Coalizione Balcanica fra Grecia, Serbia, Montenegro, e Bulgaria veniva a formarsi per rafforzare i suoi membri contro il declinante Impero Ottomano. L’anno seguente, scoppiava la Prima Guerra Balcanica tra la Turchia e i membri della Coalizione Balcanica, che terminava nel luglio 1913 con la vittoria della Federazione Balcanica. Alla conferenza di Londra che stabiliva i termini della pace, la Gran Bretagna e l’Austria imposero le loro decisioni sui nuovi confini. L’Albania acquistava l’indipendenza dalla Turchia, che l’aveva da così lungo tempo dominata, ma veniva posta sotto il controllo internazionale con la supervisione della Gran Bretagna e dell’Austria. Alla fine del 1913  scoppiava una Seconda Guerra Balcanica come conseguenza delle condizioni della conferenza di Londra. Nel conflitto entravano la Bulgaria, la Serbia, la Grecia, la Romania e la Turchia. Mentre il conflitto veniva rapidamente ricomposto, le tensioni che ne derivarono venivano covate fino allo scoppio della I Guerra Mondiale.

Nel 1914 l’Arciduca Ferdinando d’Austria veniva assassinato a Sarajevo da rivoluzionari Bosniaci che aspiravano alla separazione dall’Austria e all’unione della Bosnia con la Serbia. L’Austria, in seguito all’assassinio del suo Arciduca Ferdinando, Principe della Corona, dichiarava guerra alla Serbia, e con la Germania progettava e metteva in atto un terribile assalto alla Serbia. La I Guerra Mondiale fu estremamente violenta per i Balcani, e i Serbi soffrirono la perdita di più di 800.000 morti, resistendo all’Austria e alla Germania.
Il libro di Ivo Andric “Il Ponte sulla Drina” resta una rappresentazione di immenso valore di questa storia, centrata in Bosnia dall’arrivo dei Turchi nel 14.esimo secolo fino alla fine della I Guerra Mondiale, secondo la prospettiva di tutti i popoli che avevano vissuto in quella regione oppressa. 


II. La Prima Federazione Balcanica: 1919-1941

Dopo la I Guerra Mondiale, risultava evidente che nei Balcani una Federazione di popoli prevalentemente Slavi, per quanto difficile da conseguire, era essenziale per un futuro di pace nella regione. Nessuno poteva capire meglio questa situazione dei popoli che vivevano in quella zona.  
L’idea di una Federazione delle Nazioni degli Slavi del Sud era nata fin dalla fine del 18.esimo secolo. Era vista come uno scudo necessario contro la dominazione di potenze straniere in lotta sul territorio dei Balcani e contro le divisioni interne prodotte da tali conflitti. Una riflessione sulla storia della Federazione Jugoslava dal 1918 può far luce sul futuro corso essenziale per la pace, in modo che la storia non ripeta se stessa ancora una volta in questa terra meravigliosa e tragica.

Nel 1918, la creazione del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni diventava il riconoscimento della necessità dell’unità, malgrado culture, religioni, storie anche conflittuali, alleanze ed antagonismi di società diverse nell’ambito della regione. La nuova unione riceveva l’appoggio, anche se con scarsi effetti, della Società delle Nazioni, che riconosceva l’importanza di una Federazione Balcanica, ma che era in grado in modo solo modesto di contribuire al suo faticoso instaurarsi.
Nove anni difficili di pressioni esterne, di conflitti e di condizioni politiche dittatoriali interne, erano troppo simili alle esperienze di insicurezza, di dolore e di lacerazioni provate sotto gli ex Imperi dell’Europa e dell’Asia.
Nel 1927, pressioni da stati vicini più potenti, l’Italia ed altri stati cercavano di smembrarlo, indussero il Regno dei Balcani a sottoscrivere un trattato di amicizia con la Francia, nel tentativo di proteggere la propria sovranità ed unità.                                                                                                           
Nel 1928, le crescenti tensioni culminarono nell’assassinio in Parlamento del membro Croato Stjepan Radic. Radic era capo del Partito Croato dei Contadini.                                                                       
Nel 1929, il Re Alessandro cambiava il nome della nazione precaria e in lotta per la sua sopravvivenza in Jugoslavia (Nazione degli Slavi del Sud) e sollecitava l’introduzione di riforme nella divisione dei poteri, in modo da tenere insieme quei settori dello stato da tanto tempo antagonisti.
Nel 1934, durante una visita di stato in Francia, il Re Alessandro e il Ministro degli Esteri Francese venivano assassinati a Marsiglia da un Macedone con stretti collegamenti con Ante Pavelic, un separatista Croato associato ad un gruppo Croato paramilitare, gli Ustascia, e con le autorità Italiane ed Ungheresi.
Dopo tutto questo, sotto il governo del Reggente Paolo, cugino del Re Alessandro, la Jugoslavia veniva coinvolta nelle tensioni sempre più pesanti tra le potenze Europee dell’Asse, Germania ed Italia, e i principali Alleati, l’Inghilterra e la Francia. La Jugoslavia, tentando di conservare inutilmente la propria neutralità, entrava in un’alleanza con la Cecoslovacchia e la Romania, chiamata la “Piccola Intesa”. Data la sua posizione geografica e azioni sempre più coercitive, la Jugoslavia veniva costretta ad allinearsi con le nazioni dell’Asse e nel marzo 1941 a firmare il Triplice Patto dell’Asse. Il giorno dopo, una folla inferocita ed armata instaurava un nuovo governo. Questo respingeva l’adesione della Jugoslavia al trattato Tripartito.

Malgrado tutte queste difficoltà, si era costituita una Federazione nei Balcani, e per ben ventidue anni, in questa regione, non era apparso lo spettro della guerra!


III. Il Primo Smembramento della Jugoslavia: 1941-1945

Nell’aprile del 1941, la Germania, l’Italia, la Bulgaria e l’Ungheria invadevano, dividevano ed occupavano la Jugoslavia. La Slovenia veniva spartita fra Italia e Germania. La Germania occupava la Serbia. Ante Pavelic, capo degli Ustascia, veniva messo a controllare lo stato indipendente di Croazia, che includeva anche tutta la Bosnia. La Bulgaria occupava la Macedonia e parte della Serbia. All’Ungheria spettava la Vojvodina. L’Albania, controllata dall’Italia, condivideva il Kosovo con la Bulgaria.

Centinaia di migliaia di Serbi venivano ammazzati durante gli anni di guerra, forse un milione. Molte delle peggiori atrocità della II Guerra Mondiale sono state commesse contro la Jugoslavia e primariamente direttamente sui Serbi.
I fascisti Croati Ustascia, agendo indipendentemente o per conto dei Nazisti, conducevano aggressioni di eliminazione contro i Serbi, gli Ebrei, i Rom e il popolo degli zingari. I loro campi di concentramento, il più infame a Jasenovac, dove almeno seicentomila persone hanno trovato la morte, sono stati fra i più terribili in Europa.
Vladimir Dedijer, uno scrittore Serbo molto considerato internazionalmente ed attivista per i diritti umani, ha stilato un documento importante su queste atrocità e il ruolo che vi ha giocato la Chiesa Cattolica.

I Partigiani Jugoslavi combattenti per la Resistenza, sotto la guida di Tito, all’inizio accentrati nella Bosnia, conducevano attacchi efficaci dalle zone montagnose della regione contro le forze Tedesche e i Croati Ustascia.  Dal 1944 i Partigiani controllavano la maggior parte della Serbia e contavano su 250.000 uomini in armi. La Resistenza Jugoslava era la più strutturata e la più operativa fra quelle delle altre nazioni sotto il tallone dei Nazisti.
Nell’estate del 1944, da oriente si aggiungevano le armate Sovietiche a dare sostegno alla lotta di resistenza e nell’ottobre di quell’anno veniva presa Belgrado.                                                                                             
Nel 1945, al momento della resa tedesca, le forze partigiane controllavano l’intero paese: fra tutte le nazioni europee, la Jugoslavia era quella che in maggior misura doveva la propria liberazione a se stessa e non all’aiuto esterno degli Alleati.

Nel febbraio 1945, alla Conferenza di Yalta fra l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna costantemente venivano messi in luce gli interessi concorrenti per i Balcani e per i confini della Jugoslavia con l’Italia e l’Austria, in particolar modo della Gran Bretagna.  Il Ministro degli Affari Esteri Britannico, Anthony Eden, manifestava l’opposizione ad un patto di alleanza fra la Jugoslavia e la Bulgaria, che avrebbe potuto rafforzare l’indipendenza dei Balcani.                                      
I “Tre Grandi” riconoscevano l’autorità del Maresciallo Tito e lo chiamavano alla formazione di un nuovo governo, sulla base di un accordo sottoscritto. La nuova Jugoslavia arrivava a fornire assistenza alla Grecia e all’Albania, così come alla Bulgaria e alla Romania, con la prospettiva di creare una Federazione propriamente pan-Balcanica, ben più allargata di quella degli anni Quaranta. I comunisti istituirono un sistema politico strettamente ispirato al modello sovietico comprendente sei repubbliche Federali, e cercarono di imitare anche la struttura e la politica sociale dell’USSR.                                    
                      
                                                                   
IV.  Nel mezzo Secolo successivo la Jugoslavia, come Repubblica Federale, è progredita sia internamente che internazionalmente: 1945-1992

Sollevandosi dalle rovine della II Guerra Mondiale, la Jugoslavia dimostrava la sua abilità nel funzionare efficacemente, pur in presenza delle sue diverse religioni, storie, tradizioni, ambizioni ed interessi. Dopo il 1945 era emersa una Federazione di sei Repubbliche, e nel gennaio del 1946 venne promulgata la sua prima Costituzione. La Costituzione conteneva clausole affermative che proteggevano in modo particolare le tre religioni più diffuse, assicurando la tolleranza religiosa e i diritti per le minoranze. Venivano prese in considerazione le differenti nature e tradizioni delle sei Repubbliche, che risultavano protette anche da ogni interferenza Federale, e veniva fatto ogni sforzo per un bilanciamento politico tale da soddisfare al meglio le diverse necessità e gli interessi delle parti distinte della Federazione e dei suoi popoli.
Fin dal 1946 e il 1947, la Jugoslavia trattava per federarsi con la Bulgaria, ma l’opposizione Sovietica ne preveniva l’azione. Nel 1953, una nuova Costituzione realizzava un migliore bilanciamento e incorporava clausole progressive che comprendevano, ad esempio,  limitazioni a due in termini di cariche pubbliche, e assicuravano la fedeltà alla Costituzione dando pieni poteri alle Corti di invalidare le norme in contrasto con la Costituzione.

All’inizio la Jugoslavia sembrava essere vicina all’Unione Sovietica, ma nel 1948 la USSR tentava di rovesciare il suo governo e di espellere la Jugoslavia dal Cominform, soprattutto a causa dell’aggressiva modernizzazione della sua industria e della sua politica estera indipendente.                      
La Jugoslavia non chiese mai di entrare a far parte dell’Organizzazione del Patto di Varsavia.                  
In seguito, la Jugoslavia, malgrado la sua storia e la sua collocazione geopolitica fra le potenze contendenti, conseguiva un pieno successo nel perseguire una linea indipendente, pur fra le tante pressioni che giungevano da est e da ovest, cioè dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica. Il Presidente Tito era corteggiato e visitato da entrambe le Nazioni.  La Jugoslavia forniva un’importante leadership nel Movimento dei Non-Allineati che tentava di conservare qualche equilibrio durante la Guerra Fredda e di evitare conflitti distruttivi per le nazioni, in Europa, Africa, Asia e in America. Il Movimento era un simbolo significativo per le nazioni minori della possibilità di indipendenza dal militarismo straniero, dall’interferenza negli affari interni e dallo sfruttamento economico.

All’avvicinarsi del collasso economico dell’USSR e del suo blocco Orientale Europeo negli ultimi anni Ottanta, la Jugoslavia si trovava nella posizione economica e politica più robusta fra tutte le altre nazioni Slave, con la prospettiva di un’ulteriore fioritura, libera dalle pressioni della Guerra Fredda. Ma ora erano gli Stati Uniti ed altri che avevano l’interesse a manovrare per un cambiamento di regime e per lo smembramento della Jugoslavia. Gli USA cominciarono ad esercitare la loro influenza e a fornire l’appoggio per la separazione della Slovenia, della Croazia, della Bosnia e della Macedonia. Altri governi Europei, specialmente la Germania, sostenevano e aiutavano le azioni degli Stati Uniti. Le influenze esterne, che miravano a vantaggi economici e di geopolitica, e non dovevano più confrontarsi con le forze a loro contrarie dell’Unione Sovietica, alimentarono vecchi pregiudizi e ambizioni, in modo da mandare in frantumi la Federazione.              
Nel momento in cui la Jugoslavia era finalmente libera dalla pressione della Guerra Fredda, i movimenti secessionisti promossi da Governi di potenze straniere, in primis dagli USA, conseguirono il suo secondo smembramento.

Per gli USA, era proprio il cambiamento di regime in Serbia la motivazione ideologica più forte! Non si poteva far sopravvivere un governo socialista, anche se la sua economia e le sue politiche estere erano di flessibilità e di non aggressione.


V. L’ONU dovrebbe agire ora per appoggiare la pianificazione della costruzione di una Federazione per i Balcani e gli Stati confinanti.  

Se si studiano le lezioni della storia, si potrà comprendere come una Federazione che comprenda gli stati Balcanici sia essenziale per la pace e la prosperità nella regione. L’Assemblea Generale dell’ONU dovrebbe appoggiare lo sviluppo di progetti per costruire Federazioni, in collaborazione con l’Unione Europea e le nazioni dei Balcani e delle aree contigue.                                            
Attualmente l’Unione Europea ha considerato proposte per l’unione dei Balcani Occidentali che includa le ex Repubbliche della Jugoslavia, con esclusione della Slovenia, e che comprenda anche l’Albania. É importante che tali proposte siano sviluppate con la partecipazione di tutte le nazioni della regione. È importante anche la supervisione dell’Assemblea Generale per aiutare a trovare la forma ideale di Federazione e i membri che dovrebbero partecipare e fornire le risorse per realizzare questo obiettivo.

Membri della NATO hanno partecipato al secondo smembramento della Jugoslavia e mantengono i loro interessi economici ed altri interessi nella regione. Una nuova Federazione che comprenda le nazioni dei Balcani non deve essere ridotta ad un ghetto meridionale per i più poveri d’Europa, ma una parte della comunità mondiale libera, vitale e prosperosa.                                                                        
La ricerca delle responsabilità per la tragedia del violento smembramento della Jugoslavia e la stabilità e la prosperità nella regione richiedono la guida dell’ONU e l’appoggio per una ideale Federazione fra tutti i popoli dei Balcani. 




PARTE SECONDA 
Un breve excursus della distruzione violenta della Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia da parte degli Stati Uniti e della NATO. 

VI. Con il collasso economico dell’USSR e delle Nazioni del Blocco Orientale, alcune Nazioni Europee Occidentali sono intervenute negli affari interni della Jugoslavia e hanno favorito i movimenti secessionisti delle sue diverse Repubbliche: 1990-1996

Nel novembre 1990, il Congresso USA aveva promulgato una legislazione su istanza dell’Amministrazione Bush che richiedeva il blocco di qualsiasi forma di crediti e di prestiti Statunitensi alla Jugoslavia, se entro sei mesi ognuna delle sei Repubbliche della Federazione non avesse tenuto elezioni separate. Lo scopo era di smembrare la Jugoslavia, suscitando antiche pulsioni alla secessione da parte della Slovenia, Croazia, Bosnia e Macedonia. Sotto l’apparenza  democratica, gli USA agivano direttamente negli affari interni della Federazione. Tutto ciò faceva parte della solita tecnica per i cambiamenti di regime impiegata dagli USA in tempi precedenti e successivi, più di recente nel 2003 in Liberia e in Venezuela, dove gli USA avevano fatto insistenza per nuove elezioni, in violazione delle Costituzioni nazionali, malgrado l’attestazione internazionale  di regolarità delle elezioni dei Presidenti in carica.

La storia dei tentativi e dei successi ottenuti dagli USA per i mutamenti di regime è una storia di tragedie per le nazioni coinvolte. Basta pensare all’Iran nel 1953; al Guatemala nel 1954; alla Repubblica Democratica del Congo nel 1962; al Sud Vietnam nel 1963; al Cile nel 1970 e nel 1973; ad Haiti e alle molte altre nazioni dell’Emisfero Occidentale per decenni. Gli USA sono intervenuti in Nicaragua ripetutamente negli anni Ottanta e Novanta, sottraendo in modo efficace la regione ai Sandinisti con l’uso combinato di guerre economiche e con il finanziamento per l’insurrezione militare dei Contras e dei politicanti dell’opposizione. In Angola gli USA hanno preteso nuove elezioni e una drastica riduzione di un terzo delle Forze Armate Angolane, per prevenire possibili intimidazioni sui votanti. Dopo che il Presidente Dos Santos, che si era opposto agli Stati Uniti, aveva vinto la rielezione con una maggioranza schiacciante, forze ostili dell’UNITA guidate da  Jonas Savimbi invadevano e sottoponevano l’Angola a scorrerie, prima di essere bloccate. Il costo in vite e in beni materiali fu enorme. Nel 2003, gli USA sostennero in Ruanda le elezioni, nelle quali si impedì ai partiti e ai candidati dell’opposizione un’effettiva partecipazione, con il risultato di un preteso voto del 95% a favore di Paul Kagame, creando così un’apparente democrazia.

Nello stesso modo l’Amministrazione USA pretendeva elezioni separate in ognuna delle sei Repubbliche di Jugoslavia, e si fornivano aiuti ed assistenza alla Slovenia, alla Croazia, ai Musulmani e ai Croati in Bosnia, e alla Macedonia, per mettere in piedi il supporto necessario alla secessione, e per l’addestramento e l’acquisto di armi per conseguirla. Inoltre le disposizioni normative USA indirizzate alla Jugoslavia prevedevano che ogni Repubblica che teneva elezioni indipendenti poteva ricevere aiuti economici dagli Stati Uniti, nuovamente by-passando il Governo Federale di Belgrado, e assicurando così un forte incentivo alla separazione. Nello specifico veniva autorizzato l’appoggio economico per le organizzazioni “democratiche” all’interno delle Repubbliche, fornendo a queste “aiuti umanitari di emergenza e protezione per i diritti umani”.

Questo è un metodo usato dagli USA per creare un’opposizione interna e destabilizzare i governi che contrastano gli Stati Uniti, come fanno oggi contro Cuba e contro molte altre nazioni. È un metodo prevalentemente usato contro le democrazie, piuttosto che verso altre forme di governo. Si tratta di una strategia per un cambiamento di regime, che appoggia coloro che vogliono prendere il potere, ma che sostiene anche i governi esistenti contrastati da partiti, o dirigenti politici, che si oppongono agli USA.
Un’agenzia del governo degli USA, la National Endowment for Democracy (NED- Agenzia Nazionale per il Finanziamento in favore della Democrazia) fornisce milioni di dollari per ostacolare i movimenti di autodeterminazione nelle nazioni, dove gli USA hanno interessi elettoralistici. Tali interventi unilaterali sono distruttivi della sovranità, dell’indipendenza, dell’autodeterminazione delle nazioni e della pace.
Tutto questo dovrebbe essere soggetto a sanzioni per crimini internazionali!

Gli Stati Uniti, prendendo di mira scopertamente la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, e con finanziamenti allo scopo, si sono adoperati con costanza per appoggiare i movimenti secessionisti in Slovenia, Croazia, Bosnia e Macedonia ed hanno agito in diretta opposizione al Governo Federale della Jugoslavia.
La stessa legislazione era di indirizzo per i rappresentanti USA nelle organizzazioni internazionali della finanza e del mercato, come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, in modo che costoro esercitassero la loro influenza su queste istituzioni, in modo da far loro adottare le medesime politiche. Questo metteva l’enorme potere economico della finanza internazionale al servizio delle politiche USA di sovversione economica e politica e scoraggiava l’appoggio unilaterale, i prestiti, il commercio e gli investimenti esteri nei confronti di Belgrado. 
Era stata promulgata questa direttiva legislativa per portare alla disgregazione la Jugoslavia.                   
La Germania, l’Italia, la Gran Bretagna, l’Olanda e altre nazioni Europee, seguendo le direttive USA, si univano nella minaccia dell’isolamento economico della Jugoslavia, dal febbraio 1991, a meno che elezioni multipartitiche non si fossero tenute subito in ognuna delle Repubbliche costituenti la Federazione.
Dalle nazioni Europee venivano inviate armi alla Slovenia, in Croazia e in Bosnia.  Negli Stati Uniti venivano raccolti capitali privati, e finanziamenti pubblici venivano fatti pervenire alle nazioni del nord della Jugoslavia, per armi, attrezzature e addestramento per rinforzare la secessione.                           
Il 5 marzo del 1991, veniva attaccata una formazione militare Federale di stanza a  Gospic,  in Croazia.

Le Nazioni Unite e i loro membri, sempre alla ricerca della tutela della pace, dell’indipendenza politica ed economica e della parità di sovranità fra le nazioni, avrebbero dovuto intervenire a salvaguardia della Repubblica Socialista Federale di  Jugoslavia!                                                      
Negli anni Novanta,invece, ci si dimenticò che vi era già stato uno smembramento della Jugoslavia nella II Guerra Mondiale, e si dimenticarono anche i massacri dei suoi popoli e la sua eroica Resistenza, ben superiore a quella messa in atto nelle altre nazioni occupate dalle forze dell’Asse. La rinascita dalla devastazione della II Guerra Mondiale di una Jugoslavia forte, indipendente, e progressista, capace di evitare il dominio Orientale e Occidentale durante la Guerra Fredda, una nazione guida nel Movimento dei Non-Allineati, e per quarantacinque anni in pace, era la conferma della validità della Federazione Balcanica, e della sua necessità per la pace in Europa, nell’Asia Orientale, in Medio Oriente e nel mondo intero. Era indispensabile estendere questo modello riformatore della Federazione Jugoslava, gli sforzi delle Nazioni Unite avrebbero dovuto orientarsi verso questo obiettivo. Al contrario venne messo in evidenza il fallimento dell’ONU, dato che si consentiva agli USA di proseguire nella loro strada in modo assolutamente sfrenato, creando così un precedente dell’unilateralismo USA, e l’incapacità delle Nazioni Unite veniva ribadita dalla loro inerzia ad impedire agli USA di aggredire l’Iraq nel 2003.    

Il Presidente Milosevic ha lottato con tutta la sua abilità per preservare la Repubblica Federale. Era suo dovere Costituzionale fare questo. I suoi compromessi, a Dayton per la Bosnia, con le forze della secessione di Slovenia, Croazia, Macedonia, erano tutti intesi a conservare la pace al prezzo di una giusta sovranità della Repubblica Federale di Jugoslavia. L’approvazione della Costituzione del 27 aprile 1992 per una terza Jugoslavia, ridotta alla Serbia e al Montenegro, era il frutto dei suoi sforzi per preservare la Federazione, in modo che potesse continuare a vivere e ingrandirsi fino ai suoi limiti ideali, come era stato scelto dai popoli che vi vivevano. Tutti questi sforzi di conservare l’unione non modificarono la determinazione degli USA per indebolire l’area Balcanica e per un cambio di regime in Serbia. Mantenere la Jugoslavia unita era quindi il dovere di ogni nazione, di ogni organizzazione, e di ogni individuo che ricercava la pace, la prosperità e l’autodeterminazione nei Balcani e per gli altri popoli coinvolti nello stesso destino.  


VII. Il Secondo Smembramento della Jugoslavia e la Balcanizzazione dei Balcani: 1992-1998

Il 25 giugno 1991 la Croazia e la Slovenia annunciavano la loro indipendenza. Aveva inizio il secondo smembramento della Jugoslavia. Gli Stati Uniti fornirono direttamente addestramento e appoggio militare alle forze armate della Slovenia, della Croazia e Bosniache. Nell’ottobre del 1991 avvenivano le proclamazioni formali di indipendenza da parte di Croazia e Slovenia. Subito la Germania riconobbe entrambe come nuove nazioni, e all’inizio del 1992 seguirono gli Stati Uniti e altri paesi Europei. 
Nel settembre del 1991 la Comunità Europea aveva fatto il tentativo di negoziare un accomodamento politico per la Jugoslavia in una conferenza all’Aia presieduta da Lord Carrington, ex Ministro degli Esteri Britannico nel governo di Margaret Thatcher. Nel novembre l’ONU prese il controllo del tentativo di pace, designando come suo Incaricato Speciale Cyrus Vance, ex Segretario di Stato degli USA sotto la Presidenza Carter. 
La Comunità Europea rientrava nel negoziato con la creazione di un meccanismo per il riconoscimento di qualsiasi Repubblica membro della Jugoslavia nel passato, o attualmente, informandone ogni Repubblica il 6 dicembre 1991,  tramite una commissione presieduta da Robert Badinter, ex Ministro della Giustizia della Francia sotto la Presidenza Mitterand, alla quale era necessario indirizzarsi per il riconoscimento internazionale. Entro una settimana la Croazia, la Slovenia, la Bosnia e la Macedonia avevano fatto richiesta di riconoscimento.

In aggiunta agli sforzi inadeguati, e qualche volta dannosi, dell’ONU, della Comunità Europea e di una schiera di nazioni che agivano indipendentemente, i dirigenti di ogni parte della Jugoslavia cercavano di evitare la guerra. In un rilevante tentativo, i leaders della Bosnia, Musulmani, Croati e Serbi, in un incontro a Lisbona del 19 marzo 1992, si accordarono per una Bosnia unificata, multi-etnica, pacifica, come avrebbe potuto essere. Ma Alija Izetbegovic, capo dell’ala destra del partito Musulmano di Azione Democratica per la Bosnia, spalleggiato dagli USA, proclamava un governo Bosniaco sotto la sua Presidenza, escludendo gli altri partiti politici e i dirigenti Croato- e Serbo-Bosniaci. Esplose la violenza, che continuò in Bosnia per tre anni e mezzo.

L’azione degli USA era coerente con il suo enorme appoggio ai Musulmani nella loro lotta per cacciare l’Unione Sovietica fuori dell’Afghanistan e ai separatisti Musulmani nelle Repubbliche Sovietiche a maggioranza Musulmana. La violenza e i conflitti accesi dagli USA tra i popoli Slavi e Musulmani avevano eroso la potenza dei due più grandi ostacoli al dominio del mondo da parte degli USA, dalla II Guerra Mondiale. La guerra in Bosnia, come quella in Afghanistan, portava i Musulmani di ogni parte del mondo a combattere gli Slavi.  Nel processo veniva incoraggiata la convinzione che l’Islam fosse sotto attacco e quindi si appoggiava la militanza Musulmana.                             
La politica USA ha nutrito l’estremismo all’interno sia delle popolazioni Slave che Musulmane, enorme e forte su entrambi i campi, e ha contribuito alla instabilità e alla violenza nel mondo intero. 

Sotto le pressioni Statunitensi, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel 1992 imponeva sanzioni contro la Repubblica Federale di Jugoslavia, a complemento delle sanzioni degli USA, dichiarando la responsabilità della Jugoslavia per la guerra civile all’interno del suo territorio.                                 
Il 27 aprile 1992 veniva promulgata una nuova Costituzione per i rimanenti Stati, la Serbia e il Montenegro. Era nata una nuova Jugoslavia, ridotta enormemente e assediata più che mai. L’esercito della Repubblica Federale di Jugoslavia cessava le operazioni e si ritirava all’interno della minuscola terza Federazione degli Slavi del Sud.
Nel maggio del 1992, l’Assemblea Generale garantiva l’appartenenza alle Nazioni Unite della Slovenia e della Croazia. Invece il 22 settembre 1992 era la Repubblica Federale di Jugoslavia ad essere sospesa dai lavori dei componenti dell’ONU. Nell’aprile 1993, anche la Macedonia si separava dalla Jugoslavia ed acquisiva il riconoscimento dell’ONU come “Repubblica di Macedonia della ex Jugoslavia”. 

Una conseguenza della secessione e dei conflitti che ne sono seguiti è stata la “balcanizzazione” dei Balcani, come quella regione non aveva mai conosciuto. La “pulizia etnica” era dilagante e i rifugiati senza distinzione fra Musulmani, Cristiani Ortodossi, Cattolici, Sloveni, Croati, Serbi, Macedoni, Montenegrini e Rom come una fiumana scorrevano verso la sicurezza percepita dalla presenza di popolazioni affini.  
Alla fine del 1995 più di 500.000 Serbi erano dovuti fuggire dalla Croazia, almeno il 12% dell’intera popolazione. I più abbandonavano l’area di Croazia della Krajina, dove i loro antenati si erano rifugiati secoli avanti, sfuggendo agli Ottomani.
I profughi da tutte le parti della ex Repubblica Federale, raggiunti dalla violenza, cercando la salvezza o tentando di riunirsi con le loro famiglie, avevano creato la regione nel mondo, la più intensamente segregazionista. Complessivamente la Serbia, nel 1998,  stava aiutando più di un milione di profughi, cosa che contribuiva alle preoccupazioni enormi per la sua depressione economica.

Il 30 maggio 1992 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sotto la pressione degli USA, imponeva rigide sanzioni economiche alla Serbia, bloccandone le esportazioni, le importazioni e la navigazione vitale sul Danubio, danneggiando così anche tutte le altre nazioni Balcaniche, compresa la Grecia e molti Stati Europei.
L’effetto combinato delle sanzioni USA e ONU si fa ancora sentire e la navigazione sul Danubio solo adesso sta lentamente riprendendo.                                                                                                      
Durante il 1992, l’economia di tutte le sei Repubbliche collassava. Il prodotto industriale crollava del 25% rispetto al 1990, che aveva visto un declino dell’11%, e una contrazione del prodotto interno lordo dell’8.5%. Il reddito complessivo pro capite in Serbia si abbassava dai 3000$ del 1990 ai 700$ del 1991.
Prima del 1990, il 90% di tutto il commercio della Federazione avveniva all’interno e fra le sei Repubbliche, e solo il 10% con le altre nazioni. A causa dello smembramento, il commercio fra gli ex Stati veniva radicalmente decurtato. 

Un documento del Pentagono fatto trapelare al “New York Times”, e pubblicato l’8 marzo 1992, raccomandava la prudenza:                                                                                                                              
”É di fondamentale importanza preservare la NATO come strumento principe della difesa e della sicurezza Occidentali e come canale di influenza e di partecipazione degli USA negli affari concernenti la sicurezza Europea…Noi dobbiamo cercare di prevenire l’emergere di organizzazioni e di strutture in Europa specifiche per la sua sicurezza, che potrebbero scalzare e sostituire la NATO.”
Il documento affermava anche il fondamento più importante della politica Statunitense:
...negli ultimi tempi ci si rende conto che l’ordine mondiale è sostenuto dagli Stati Uniti…Gli Stati Uniti devono essere messi nella condizione di agire indipendentemente, quando non è possibile orchestrare un’azione collettiva.
Il presunto autore era Paul Wolfowitz, ora vice Ministro della Difesa. É istruttivo sapere che Dick Cheney, ora vice Presidente, in quel periodo era Ministro della Difesa.
Un articolo del N.Y. Times del 29 novembre 1992 metteva ulteriormente in evidenza le intenzioni degli Stati Uniti. Intitolato “Operazione Tempesta sui Balcani”, vi si affermava che “Un successo nei Balcani imporrebbe la leadership degli USA nel mondo post Guerra Fredda, in una maniera che non è stata possibile nemmeno con l’Operazione Tempesta sul Deserto.” L’autore, il Generale della Riserva USA Michael J. Dugan, era il Capo di Stato Maggiore della Forza Aerea USA nel settembre 1990, quando gli Stati Uniti stavano preparando l’Operazione “Tempesta sul Deserto” e   George Kinney era classificato in forza al Dipartimento di Stato USA.                                              
Il Generale Dugan era stato rimosso dal suo incarico dopo un’intervista del settembre 1990 nella quale giudicava come obiettivi principali in Iraq gli obiettivi civili, dichiarando che “l’avanguardia, l’obiettivo primario dovrebbe essere centrare Baghdad.”                                                                                
La sua costante e permanente influenza viene riscontrata per il fatto che questo è proprio avvenuto a Baghdad nel 1991, e occasionalmente  ancora nel 2003, e su Belgrado nel 1999. 

Con la secessione è dilagata la violenza. Vi sono stati brevi scontri militari in Slovenia, la violenza e i combattimenti si sono maggiormente protratti in Croazia, e scontri continui alla morte e violenza etnica e “pulizia etnica” in Bosnia, per un periodo lungo più di tre anni, specialmente fra Serbi, Croati e Musulmani. 


VIII. Gli Stati Uniti, con la NATO, hanno intrapreso guerre di aggressione contro i Serbi di Bosnia e  contro la Serbia: 1993-1995

Gli Stati Uniti, tentando di costruire l’apparenza di un’azione internazionale, arruolarono la NATO, da loro dominata, e senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dettero inizio ad una guerra di aggressione contro la Jugoslavia, con sporadici bombardamenti in Bosnia, dal 1993 al 1995.  Nell’agosto del 1995, con la protezione di attacchi aerei USA con bombardamenti chiamati “Operazione Tempesta”, con l’appoggio militare USA e con i consigli dell’Ambasciatore e le indicazioni di alti dirigenti Statunitensi, l’Esercito Croato purificava l’area della Krajina Croata dalla presenza di più 300.000 civili Serbi, uccidendone migliaia. Gli attacchi aerei NATO durante questa operazione superarono le 4000 azioni di bombardamento. Alla guida dell’aggressione Croata era il Generale Agim Cheku, che più tardi avrebbe comandato l’Esercito di Liberazione del Kosovo (KLA-UCK) durante i massicci attacchi aerei USA/NATO sulla Serbia, compreso il Kosovo.
Nel 1995 gli USA presero parte ai negoziati di pace in Bosnia, sostituendosi all’ONU e all’Unione Europea, procurando comunque un’ulteriore frammentazione della regione. Gli incontri avvennero nella base aerea dell’Air Force USA di Dayton, Ohio, con la presenza del Presidente Milosevic, e gli Stati Uniti imponevano il riconoscimento di una Costituzione per una Bosnia indipendente che prevedeva la divisione della Bosnia, area già ristretta e quindi economicamente impraticabile, in due parti caratterizzate da discriminazione razziale. L’accordo firmato nel novembre 1995 prevedeva la presenza in Bosnia di 60.000 uomini della NATO, come truppa di occupazione.

La violenza si espandeva dalla Bosnia al Kosovo. L’UCK, con l’appoggio degli USA, guidava una sommossa contro il governo Serbo e una guerriglia terroristica sempre più intensa contro la popolazione Serba e i cittadini di tutte le etnie leali con il governo di Belgrado. La Serbia rinforzava le forze di polizia in Kosovo per provvedere alla sicurezza e prevenire gli assalti dell’UCK.
Con l’escalation della violenza, l’Esercito Serbo attaccava l’UCK per restaurare l’ordine.                
Il 24 marzo 1999, gli Stati Uniti e la NATO dettero inizio agli assalti aerei sulla Serbia, che continuarono per 78 giorni, fino al 10 giugno, infliggendo danni per miliardi di dollari, distruggendo le strutture industriali e dei servizi essenziali della nazione, e causando la morte di  migliaia di civili.  


IX. Gli Stati Uniti e la NATO hanno commesso crimini contro la pace e crimini di guerra nelle loro guerre di aggressione contro i Serbi di Bosnia e contro la Serbia. 

Gli USA, sfidando la Carta delle Nazioni Unite, la Carta di Norimberga, le Convenzioni di Ginevra e altre leggi internazionali, in stretto collegamento con la NATO, iniziavano e dirigevano gli attacchi contro i Serbi di Bosnia e contro la Repubblica di Serbia, ammazzando migliaia di civili e distruggendo le vitali strutture produttive e sociali per miliardi di dollari.                                                               
La Carta dell’ONU, al fine di eliminare il flagello della guerra, riconosce la “pari sovranità” di tutti i suoi Membri e proibisce “la minaccia o l’uso della forza” da parte di un Membro contro un altro. Articolo II(2) e (4). Mentre il Consiglio di Sicurezza può chiamare i Membri a fornire forze militari per contrastare le minacce alla pace o le rotture della pace, o gli atti di aggressione, i Membri non possono impegnarsi in atti di guerra o di minaccia, o di uso della forza, senza una esplicita autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, secondo il Capitolo VII della Carta, eccezion fatta per i casi di “autodifesa se viene messo in atto un attacco armato contro uno di essi” e fino a quando il Consiglio di Sicurezza non prenda misure per ripristinare la pace e la sicurezza, o eserciti la sua autorità, come previsto dall’Articolo 51.
Nessuno era attaccato, o minacciato, ne’ gli USA ne’ alcun altro membro della NATO, e quindi gli USA e la NATO mai avevano ricevuto l’autorizzazione dal Consiglio di Sicurezza di aggredire la Jugoslavia. Non esistevano i fondamenti legali per una pretesa da parte degli USA di attaccare in Bosnia e in Serbia per autodifesa, o per altro legale motivo.                                                                               

Il Generale Wesley K. Clark, Comandante Supremo dell’Alleanza della NATO, e Generale dell’Esercito degli Stati Uniti ha scritto nel suo libro: “Waging Modern War (Condurre un moderno conflitto)":
Ci si trovava in presenza di una azione diplomatica (sic!) obbligata, vale a dire era indispensabile l’uso delle forze armate per imporre la volontà politica delle nazioni della NATO sulla Repubblica Federale di Jugoslavia, o più specificamente sulla Serbia. Le nazioni NATO hanno intrapreso questa guerra spontaneamente. Non erano costrette a questa guerra, anche se non era difensiva in senso stretto…Era molto più simile agli interventi di una fase storica precedente… (pag.418)                                                                                   
Il Generale Clark attualmente era uno dei candidati alla carica di Presidente degli Stati Uniti d’America!

Gli USA hanno violato i loro obblighi verso le Nazioni Unite, e sono diventati una nazione fuorilegge nel momento in cui unilateralmente hanno dato inizio all’aggressione militare contro i Serbi di Bosnia e successivamente contro la Serbia stessa. Le violazioni sono state una sfida ad agire portata al Consiglio di Sicurezza, e l’incapacità di questo a farlo ha indebolito la sua autorevolezza agli occhi della Comunità internazionale e ha demolito il suo compito grandioso di mettere fine alle tragedie della guerra. L’incentivo USA alla NATO di appoggiare i loro attacchi del tutto fuori legge ha portato anche la NATO a violare la Carta delle Nazioni Unite e persino lo Statuto NATO.
La provocazione all’autorità delle Nazioni Unite è diventata più rilevante con il coinvolgimento nell’accesso alle tecnologie militari più sofisticate, alle industrie di armamenti più importanti, e alle scorte di armi nucleari e di armi di distruzione di massa, della rete delle regioni del Caucaso più ricche, che sono andate a sommarsi alle solite potenze Coloniali dei secoli scorsi.                                          
Si era creato un precedente con il coinvolgimento illegale della NATO in Afghanistan, con l’impiego di giovani delle nazioni ricche, bianchi e Cristiani, che hanno portato con sé armi mortalmente sofisticate per attaccare una nazione Musulmana, di povera gente dalla pelle scura.              
È stato estorto l’appoggio al Canada e alle Nazioni Europee, che facevano parte di una organizzazione militare comunque dominata dagli Stati Uniti, creata per contrastare l’Unione Sovietica, cioè della NATO, che si era sempre occupata solo di problemi del Continente Europeo, in primis della sua sicurezza. Con l’uscita dalla scena politica della USSR, la necessità della NATO si era decisamente esaurita. La NATO avrebbe potuto essere anche sciolta. Invece la sua utilizzazione come forza di polizia e forza militare internazionale nelle regioni del sottosviluppo è la scelta peggiore possibile per un mondo che cerca la pace, per un pianeta pacificato.

Quindi la violazione ha creato un pericoloso precedente, che ha permesso agli Stati Uniti, come avevano minacciato, di scatenare  la loro guerra unilaterale imponente “Colpisci e Terrorizza”, di aggressione all’Iraq nel marzo e aprile 2003, e la sua occupazione militare fuorilegge, che continua all’oggi. Almeno 30.000 Iracheni hanno perso la vita, comprese le migliaia di civili. Le loro morti raramente hanno fatto notizia, e non sono mai state prese in considerazione dai mezzi di informazione internazionali. Nessuna singola violazione della Carta delle Nazioni Unite ha mai creato un più grave rischio di guerre senza fine. Quotidiane violenze in Iraq, Afghanistan, Kosovo, e attentati terroristici a Casablanca, e Giacarta, e contro la sede dell’ONU a Baghdad sono segnali di avvertimento di quello che può ancora avvenire.
La Carta di Norimberga definisce i “Crimini contro la Pace” come il primo dei tre delitti da prendere in considerazione, seguito da “Crimini di Guerra” e “Crimini contro l’Umanità”. Principio VI, Carta del Tribunale di Norimberga. Il crimine principe contro la pace è una guerra di aggressione. Principio VI(a)(i). Id. Questo è il più preoccupante fra tutti i crimini internazionali, dato che scatena i demoni della guerra con conseguenze incontrollabili e imprevedibili.

I crimini di guerra degli USA e della NATO commessi nelle loro aggressioni, che hanno avuto inizio il 5 febbraio 1994 con gli attacchi contro strutture militari dei Serbi di Bosnia, e che sono continuate per 78 giorni con bombardamenti aerei massicci sui civili e contro le strutture civili della Serbia nel 1999, sono stati la celebrazione della guerra contro un popolo indifeso.                  
Bombardamenti diretti contro città come Belgrado, Pristina, Novi Sad e Nis hanno preso come diretti obiettivi degli attacchi i civili e le strutture civili, causando migliaia di vittime, in violazione della Convenzione di Ginevra del 1977, Protocollo 1 Addizionale, Articolo 51.
Quartieri abitativi, residenze, ospedali, edifici pubblici e altre strutture essenziali a fornire il supporto alla vita civile sono stati danneggiati e distrutti. Sono stati distrutti i ponti attraverso il Danubio a Novi Sad ed altrove in Serbia. L’edificio della radio-televisione Serba, nel cuore di Belgrado, è stato centrato con missili Cruise e ridotto in macerie, con l’assassinio di 16 persone e il ferimento di altre. Sono state attaccate e  distrutte molte altre strutture radiotelevisive. Venivano attaccati anche rifugi in Belgrado e in altre località.
In Kosovo, durante molti attacchi ai civili, veniva distrutto il centro di Pristina, la sua Università e molte altre strutture venivano quasi completamente danneggiate.                                                               
Sempre in Kosovo, e questo viene ricordato dalle persone di tutto il mondo che hanno visionato in TV i films degli attacchi aerei, il 12 aprile 1999 un treno che passava sul ponte del torrente Grdelica veniva attaccato dalla forza aerea USA, che causava molti morti. Il 15 aprile, una colonna di profughi nei pressi di Djakovica veniva aggredita da aeroplani USA, che ammazzavano molte persone. Il 14 maggio, il villaggio di Korisa veniva bombardato e si registravano 87 morti.          
Altri attacchi mortali della NATO contro la Serbia venivano registrati giornalmente dai media internazionali, che li diffondevano in tutto il mondo.
Il 22 aprile 1999, veniva distrutta l’abitazione del Presidente Milosevic, situata a centinaia di metri da ogni altra struttura in un’area residenziale boscosa di Belgrado. Non veniva distrutta la sua famiglia solo perché al momento dell’impatto missilistico non c’era nessuno in casa.

Quantità enormi di Uranio Depleto, impoverito, venivano disperse sulla Serbia con le bombe e i missili, assicurando la morte per cancro, leucemia, tumori, e future malformazioni fetali alla popolazione ed anche al personale NATO di occupazione in Kosovo. L’incidenza di cancro, mai registrata in precedenza, sui militari Italiani che sono stati dislocati in Kosovo ha suscitato allarmismo in Italia e in altre nazioni che hanno contribuito con truppe di occupazione fin dai primi giorni del 2000. Le conseguenze a lungo termine per la popolazione e per i membri delle forze di occupazione, per le generazioni future e l’ambiente sono sconosciute.                                                            
Bombe a frammentazione sono entrate nelle case di quartieri residenziali di Novi Sad, nel più grande complesso ospedaliero di Nis, nelle periferie di Belgrado e copiosamente dappertutto.               
L’impianto centrale di riscaldamento di Nuova Belgrado veniva bombardato con frammenti di metallo e grafite, lasciando centinaia di migliaia di persone con la prospettiva di un inverno gelido.  Il 27 maggio 1999, una settimana prima della fine dei bombardamenti, veniva presa come obiettivo l’Ambasciata Cinese a Nuova Belgrado e danneggiata in modo molto serio, uccidendo tre persone. A Nis, il Consolato Greco, un importante edificio del 19.esimo secolo, veniva danneggiato dalle bombe USA/NATO.

I bombardieri contro la Jugoslavia partivano da aeroporti  dell’Italia, dell’Ungheria e della Turchia, e questo richiamava il ricordo di passate aggressioni agli Slavi del Sud provenienti da quelle direzioni, rigenerando novelle ostilità fra nazioni che nel passato si erano combattute fra di loro.  Già altre nazioni stavano utilizzando il precedente delle uccisioni da parte degli USA e dei loro tentativi di assassinio in paesi stranieri e delle loro guerre di aggressione per commettere gli stessi crimini.  Sia il Pakistan che l’India citavano la condotta Statunitense per giustificare i loro interventi nel  Kashmir. Israele portava ad esempio il comportamento degli USA per giustificare i suoi quasi quotidiani assassini di Palestinesi, e le sue incursioni aeree con bombardamenti sulla Siria del 4 ottobre scorso. Questi crimini sono solo piccoli esempi di quello che la guerra di aggressione degli USA e della NATO ha inflitto al popolo indifeso della Jugoslavia.


X. Gli Stati Uniti e la NATO devono essere considerati responsabili per la loro guerra illegale di aggressione contro i Serbi di Bosnia e quelli della Serbia, inclusi quelli del Kosovo.

Gli Stati Uniti e la NATO hanno procurato la morte di migliaia di persone e inflitto miliardi di dollari di danni alle proprietà, contro i Serbi di Bosnia, particolarmente contro la Repubblica  Srpska, e più tardi contro la stessa Serbia, comprendendo anche gli attacchi concentrati sul Kosovo. Tutte le morti e le distruzioni sono state causate dagli assalti aerei.                                                            
Dato che le Nazioni Unite hanno mancato nel denunciare la loro illegalità, questi assalti fuori legge hanno condotto a guerre successive di aggressione degli USA in Afghanistan e contro l’Iraq, con l’assistenza in secondo momento della NATO. Insieme hanno messo sotto scacco l’utilità, la credibilità e le stessa esistenza delle Nazioni Unite, nel momento in cui era più necessario il loro intervento. Per rassicurare sull’integrità della loro Carta, le Nazioni Unite dovrebbero chiedere conto di questi crimini ed esigere riparazioni per i morti e le distruzioni che USA e NATO hanno inflitto.
Lo spettacolo di una Superpotenza in grado di distruggere qualsiasi regione della terra, attaccando unilateralmente una nazione che non ha possibilità di minaccia e che si trova senza difesa contro i suoi missili e le sue bombe, solleva il più grave pericolo alla pace del mondo e costituisce l’atto terroristico mortalmente infame per il pianeta. Le Nazioni Unite dovrebbero assumere la direzione e la responsabilità nel costringere gli USA e la NATO a rendere conto della distruzione delle strutture pubbliche e private e a risarcire la famiglie dei morti ammazzati a causa dei loro atti illegali.
Non vi devono essere più impunità per le guerre di aggressione, non vi possono essere profitti per le nazioni che aggrediscono con la spoliazione economica delle loro vittime, attraverso i contratti per la ricostruzione o mediante le privatizzazioni industriali e delle strutture di pubblica utilità, di servizio pubblico.




PARTE TERZA
La Carta delle Nazioni Unite non prevede la facoltà di istituire Tribunali Penali e questi Tribunali creati ad hoc costituiscono una continua minaccia per la pace.

XI. Gli Stati Uniti hanno impedito al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di andare contro il loro potere, con il quale possono individuare come obiettivi i loro avversari e cambiarne i sistemi di governo, con l’istituzione del Primo Tribunale Penale Internazionale 

La Carta delle Nazioni Unite veniva “forgiata” a Dumbarton Oaks in Washington, D.C. fra l’agosto e l’ottobre del 1944, e a San Francisco dall’aprile al giugno 1945. Gli Stati Uniti e ognuno degli altri quattro membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Cina, Gran Bretagna, Unione Sovietica, Francia), tutti vincitori della II Guerra Mondiale, comunque già diventati alleati circospetti e sospettosi, si erano assegnati il potere di veto nelle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, come un potere dovuto alle cinque nazioni più forti, con il rischio però di paralizzare l’ONU.

Non un termine della Carta implicava il conferimento al Consiglio di Sicurezza del potere di istituire qualche sorta di Tribunale. La struttura della Carta, la natura dei suoi poteri delegati, e l’implementazione nella Carta, e nelle sue disposizioni emendamentarie, dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia, la sua autorità strettamente definita e delimitata con certezza, negavano qualsiasi delega a qualsiasi potenza di costituire una qualsivoglia Corte Penale.
Se il potere di insediare Tribunali Penali avesse potuto essere evinto dai termini della Carta, allora non sarebbe esistita limitazione alcuna al potere del Consiglio di Sicurezza di mettere in atto le sue scelte. Soprattutto, le storie immediate delle Nazioni attivamente coinvolte nella stesura e nella ratifica della Carta non lasciano dubbi che non ci sarebbero state Nazioni Unite, se fosse stata istituita una Corte Penale con la possibilità di incriminare coloro che agivano contro la Carta. Le Nazioni che avevano combattuto nella II Guerra Mondiale, e avevano giocato nei ruoli decisivi per la stesura della Carta, e sicuramente gli Stati Uniti, avrebbe rigettato il loro stesso operato.

La storia degli incontri preparatori, la preparazione e le istruzioni alle delegazioni nazionali, in particolare delle cinque Nazioni che avrebbero fatto parte del Consiglio di Sicurezza come Membri permanenti, il ruolo centrale della nazione ospitante, gli Stati Uniti, i documenti della prima stesura e le considerazioni sulla Carta da parte dei delegati, se venissero rese di pubblico dominio, non lascerebbero ombra di dubbio che non ci sarebbero mai state le Nazioni Unite, se la Carta avesse previsto, o espressamente o implicitamente, l’autorità di istituire una Corte Penale Internazionale di Giustizia.
Dalla conferenza delle quattro potenze di Dumbarton Oaks nel 1944, alla conferenza delle cinque nazioni a San Francisco nel 1945, che ratificava la Carta, nella impostazione e nella imposizione di Cina, Gran Bretagna, Unione Sovietica, Francia e Stati Uniti, non vi era mai stata alcuna proposta di autorizzazione di una Corte Internazionale di Giustizia in qualche articolo della Carta. Non sarebbe mai stata accettata dalla gran parte delle potenze. Queste Nazioni non avrebbero mai accettato il rischio di sottoporre i loro leaders, i loro membri delle forze armate e i loro civili alla possibilità di essere perseguiti da una Corte Internazionale di Giustizia, proprio in un periodo immediatamente successivo alla II Guerra Mondiale.

Il modo con cui era stato istituito il Tribunale di Norimberga è la prova ulteriore dell’intenzione di negare il potere all’ONU ad insediare Tribunali. Gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e preminenti nella stesura della Carta, immediatamente dopo l’adozione della Carta a San Francisco, dettero avvio alla redazione e alla promulgazione della Carta del Tribunale Militare Internazionale (la Carta di Norimberga) a Londra, tra la fine del giugno 1945 e l’8 agosto 1945 quando fu sottoscritta.                  
La Carta di Norimberga faceva riferimento alla dichiarazione dell’ONU relativa ad un “intendimento che i Criminali di Guerra dovessero essere portati davanti alla giustizia”, e così ci si esprimeva: “Ogni Governo delle Nazioni Unite può aderire a questo accordo dandone informazione al Governo del Regno Unito attraverso i normali canali diplomatici.”
Ma la Carta di Norimberga non faceva alcun riferimento all’ONU e ad una Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU. Inoltre l’ONU veniva esclusa da qualsiasi funzione anche consultiva, dalla partecipazione all’istituzione del Tribunale di Norimberga e da qualsiasi operazione relativa.                  
Il Tribunale era istituito in modo completamente indipendente dall’ONU.  L’ONU veniva completamente ignorata, e comunque non protestava per questo. I Membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e altri membri dell’ONU facevano opposizione ad ogni possibilità dell’ONU di creare un Tribunale Penale permanente, o all’istituzione di un Tribunale di questo tipo, sotto il controllo dell’ONU, o altrimenti.

Gli Stati Uniti erano ben consci che non era possibile ricevere una delega di potere in grado di controllare legalmente il Consiglio di Sicurezza nell’ambito del sistema dell’ONU. Durante la stesura della Carta, veniva quindi respinta ogni eventualità di istituire una Corte Internazionale di Giustizia che giudicasse sulla legalità di atti compiuti da organismi ONU, sulla base della Carta dell’ONU.
Alla conferenza di San Francisco veniva respinto “il progetto di puntualizzare preliminarmente le determinate competenze di una Corte Internazionale di Giustizia su ciascun organo dell’ONU. Veniva preferito il punto di vista che ogni organo interpretasse e definisse la sua specifica sfera di competenza.” A questo riguardo, vedere “ The Development of International Law Through the Political Organs of the United Nations (Lo sviluppo del diritto internazionale attraverso gli organi politici delle Nazioni Unite) “, di Rosalyn Higgins, (1963). La Signora Higgins più tardi avrebbe ricoperto la carica di Giudice del Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex Jugoslavia.                 
John Foster Dulles, Segretario di Stato durante l’Amministrazione Eisenhower, in una sua memoria, Guerra o Pace, pubblicata nel 1950, esprimeva il punto di vista degli USA rispetto alle limitazioni legali al potere del Consiglio di Sicurezza. “Il Consiglio di Sicurezza non è un organismo che semplicemente deve rispettare una legge concordata. In se stesso contiene una legge… Nessun principio di diritto è indicato a guidarlo, il Consiglio deve decidere in conseguenza di ciò che ritiene più opportuno.”
Il potere di veto forniva agli Stati Uniti la significativa protezione dalle eventuali azioni dell’ONU in loro contrasto. La protezione estrema degli USA restava sempre la minaccia di ritirarsi dall’ONU, come avevano fatto con la Società delle Nazioni.                                                                                                      
Il Consiglio di Sicurezza sapeva che esistevano solo due strade per introdurre una Corte Penale operante secondo il vigente diritto internazionale, o con un Trattato, o emendando la Carta dell’ONU.
L’Assemblea Generale, che promuoveva la pace mondiale fornendo inestimabili contributi, come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, autorizzava gli studi per la creazione di una Corte Internazionale di Giustizia che procedesse secondo l’Articolo 13 della Carta. Veniva assegnato questo compito alla Commissione sul Diritto Internazionale, che lavorava a questo progetto per anni. Comunque era stato anche considerato che un Tribunale di questo tipo poteva essere istituito con un trattato multinazionale, o attraverso una modifica della Carta dell’ONU.
In un periodo successivo, l’Assemblea Generale autorizzava la Commissione sul Diritto Internazionale alla progettazione e alla stesura di un trattato per istituire un Tribunale permanente per Crimini Internazionali. Vedi James Crawford, “The ILC Adopts A Draft Statute for an International Criminal Court (La Commissione per il Diritto Internazionale adotta un Preliminare di Statuto per un Tribunale Penale Internazionale), 89 Am.J.Int'l.L. 404 (1995).
Dopo anni di tentativi, nel giugno del 1998, 120 Nazioni sottoscrivevano un Trattato per istituire questo Tribunale. Rifiutavano di firmare il Trattato gli Stati Uniti e sei altri Paesi. 


XII. Gli Stati Uniti impongono la istituzione del Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra nella ex Jugoslavia per cambiare i sistemi di governo, indebolire gli Stati Balcanici e criminalizzare la Dirigenza Serba. 

Dopo le flagranti violazioni alla Carta dell’ONU con la pianificazione unilaterale dello smembramento della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia e l’imposizione sempre unilaterale di sanzioni economiche contro la Jugoslavia, mentre veniva fornito l’appoggio ai movimenti secessionisti all’interno della Jugoslavia, gli Stati Uniti costringevano il Consiglio di Sicurezza a violare la Carta dell’ONU, andando oltre i poteri conferiti al Consiglio dai Popoli delle Nazioni Unite, istituendo il 12 febbraio 1993 il Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex  Jugoslavia. 
L’Ambasciatrice degli USA all’ONU, Madeleine Albright, era il funzionario responsabile della realizzazione sia del Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex  Jugoslavia, nel 1993, sia del Tribunale Internazionale per i Crimini nel Ruanda, alla fine del 1994 e all’inizio del 1995.                        
"Gli Stati Uniti si trovavano in prima linea nella costituzione dei due Tribunali e continuavano ad essere la loro fonte principale di appoggi politici, finanziari, logistici, di amministrazione del personale e di acquisizione di informazioni”, da Intervento Giuridico Internazionale, di David Scheffer, Politica Estera, primavera del 1996.
Mr. Scheffer, che era un assistente della Ambasciatrice Albright, in seguito diventava Consulente Legale per il Dipartimento di Stato sui Tribunali Penali Internazionali.

Il Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex  Jugoslavia (ICTY) veniva concepito dagli Stati Uniti come un’arma per distruggere la dirigenza della Jugoslavia con la sua  criminalizzazione, con la sua emarginazione, con renderle impossibile il fornire idee per un meccanismo di cambiamento di regime senza la comparsa dell’intervento USA.
Il Tribunale serviva inoltre come una coercizione per la rimozione di dirigenti, comunque liberamente eletti, creando le occasioni della presa del potere per una nuova dirigenza che appoggiasse gli USA nella loro azione di demonizzazione del vecchio regime, marchiandolo come un’accozzaglia di criminali di guerra genocidi, sempre sotto le apparenze di una condanna internazionale dopo un giudizio obiettivo.
Questo è il modo più efficace per un cambiamento di regime, l’intervento politico di sicuro successo, un processo ad hoc, la demonizzazione in nome della giustizia internazionale tramite le Nazioni Unite.
Tre attori principali nella politica estera degli Stati Uniti con riferimento alla Jugoslavia e alla funzione dell’ICTY, Richard Holbrooke, Richard Goldstone e Madeleine Albright, in recenti memorie hanno messo in chiaro il loro contributo alle pressioni militari, alla guerra, ai bombardamenti e alle forme di coercizione rivolte a leaders stranieri, attraverso la minaccia di metterli in stato di accusa davanti all’ICTY, e questo per il cambiamento di regime.

Richard Holbrooke, un diplomatico di carriera che aveva prestato servizio come Ambasciatore USA in Germania e come Assistente alla Segreteria di Stato, aveva avuto la funzione di responsabile USA ai negoziati durante il conflitto Bosniaco e durante gli Accordi di Dayton.                                
Holbrooke era favorevole ad un ruolo militare più determinante per la NATO e all’uso di bombardamenti per costringere la Jugoslavia ad un accordo, secondo le richieste degli Stati Uniti.                                         

Brian Urquhart, in una critica al libro di Holbrooke “Per terminare una guerra”, ha scritto:                    
“Il Segretario Generale dell’ONU Boutros-Ghali sopporta l’intero peso del disprezzo di Holbrooke, specialmente per la sua antica opposizione ai bombardamenti della NATO.                         
Con più specifico riferimento al suo ambito, Holbrooke ha poca pazienza con il comandante delle Forze dello Scacchiere Meridionale della NATO, Ammiraglio Leighton Smith, che si è opposto  ai bombardamenti da lui decisi come indispensabili ad innescare un serio processo negoziale. ”
Time Magazine, 18 maggio 1998.

Quando il cessate il fuoco in Bosnia stava per avvicinarsi, prima dei negoziati di Dayton,  Holbrooke asseriva che “...è necessario insistere con Tudjman che faccia tutto il possibile militarmente nella prossima settimana per acquisire vantaggi all’ultimo momento e infliggere così ferite ulteriori ai Serbi di Bosnia”; da “Per terminare una guerra”, p.191.
Holbrooke credeva nell’uso della violenza per forzare la trattativa.
Nel suo libro, Holbrooke scriveva: “Quando venne stabilito dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 1993, il Tribunale veniva considerato largamente poco più di uno strumento di relazioni pubbliche. Il suo avvio avvenne con una partenza lenta, malgrado che alla sua guida fosse stato posto un giurista energico ed eloquente, Richard Goldstone del Sud Africa. In quei primi tempi, a spingere per dare importanza alle sue funzioni concorsero Madeleine Albright e John Shattuck, che si batterono per il suo status giuridico e per il suo radicamento. Anche altre nazioni, in particolar modo la nazione ospitante, l’Olanda, e i Tedeschi contribuirono con il loro sostanziale appoggio.”  Id. pp.189-190.
Più avanti analizzava l’utilità politica di un Tribunale di tal fatta.“Durante le nostre trattative, il Tribunale risultava come uno strumento di grande valore politico che ci consentiva, ad esempio, di escludere dal negoziato pubblico Karadzic  e tutti gli altri imputati di crimini di guerra.” Id. p.90.

Holbrooke trovava vantaggioso che il Presidente Karadzic venisse escluso dalle trattative di pace. Mentre i leaders Musulmani e Croati avevano libero e immediato accesso.                                               
Invece il Presidente Milosevic conservava il suo incarico e le sue funzioni nei negoziati per conto della Serbia, fino a quando la NATO iniziò a bombardare nel 1999 e lui venne accusato dal Tribunale ICTY.
Il Presidente Izetbegovic viene citato per aver detto a Holbrooke: “Se voi togliete il potere a Karadzic...  io posso lavorarmi Krajisnik”, il successore legittimo di Karadzic. Id. p.342.                       
Lui si rendeva conto, anche troppo bene, che l’ICTY costituiva un mezzo per conquistare vantaggi politici e rimuovere i leaders dell’opposizione.                                                                                
Holbrooke sentiva che un vasto dispiegamento di forze militari USA nella Base Aerea di Wright-Petterson avrebbe suscitato timori nei partecipanti Bosniaci e rafforzato la mano USA nei negoziati.  In prospettiva di un cambio di regime, dopo 21 giorni di trattative per raggiungere un accordo a Dayton, Holbrooke comunicava al Presidente Clinton che “...l’arresto di Karadzic e di Mladic era la questione più critica che non veniva risolta...” Id. p 315.
Gli accordi di Dayton destituivano immediatamente dal suo incarico Karadzic e, come richiesto da  Holbrooke, Karadzic veniva escluso da ogni “attività pubblica”: “Io puntualizzavo un numero di esempi, che potevano costituire violazioni, in particolare le sue comparse televisive e l’uso di manifesti recanti la sua immagine.” Id. p.343.

Mentre apprezzava le posizioni di potere politico conquistate attraverso le imputazioni e le minacce del Tribunale ICTY, Holbrooke si irritava per le azioni dell’ICTY che interferivano con i suoi movimenti o i suoi obiettivi politici.
Holbrooke dovette “confrontarsi con un inaspettato problema: la polizia locale aveva arrestato due ufficiali superiori Serbo-Bosniaci, il Generale Djordje Djukic e il Colonnello Aleksa Krsmanovic, che avevano scatenato a Sarajevo la guerra civile. I Bosniaci dichiaravano che i due uomini erano criminali di guerra…”
L’arresto aveva violato gli accordi di “libero movimento” presi a Dayton. Il Presidente Milosevic esigeva il loro rilascio. I Serbo-Bosniaci minacciavano il loro ritiro dalla trattativa. Holbrooke nel libro afferma: “Era normale per noi insistere che i Musulmani li rilasciassero immediatamente. Ma il Giudice Goldstone complicava la questione in modo considerevole; dal Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra, all’Aia, aveva emesso un mandato per i due individui, anche se su costoro non esisteva alcuna imputazione.” Id.

Holbrooke non intervenne per difendere l’Accordo di Dayton. I due uomini sarebbero stati tenuti in arresto all’Aia per diversi mesi prima che le accuse cadessero per insufficienza di prove.
Il reale obiettivo della politica USA si riflette nella descrizione di Holbrooke della sosta fuori programma del Presidente Clinton alla base militare USA in allestimento a Taszar, in Ungheria, costretto dal cattivo tempo sulla strada verso la base militare USA di Tuzla, in Bosnia, dopo Dayton. Il Presidente, il Primo Ministro e il Ministro degli Esteri dell’Ungheria si affrettarono ad incontrare il Presidente Clinton. Holbrooke scriveva:
"La presenza di seimila uomini di truppe Americane sul suolo Ungherese solo quattro anni dopo la fine della Guerra Fredda, e quarant’anni dopo l’invasione Sovietica del 1956, in sé era un simbolo denso di significato delle trasformazioni in Europa. Gli Ungheresi avevano un messaggio per il Presidente Clinton: che loro erano pronti a diventare membri della NATO e che la preparazione della base a Taszar era parte di questo obiettivo. 'Rimanete a vostro piacimento' affermarono.'Trasformate quest’area in un’istallazione permanente della NATO, e consentiteci di entrare in Occidente .'" Id. p.326.

Da parte sua, Richard Goldstone, primo Procuratore Generale entrato in carica nel Tribunale ICTY, nella sua memoria, “Per l’Umanità, riflessioni di un investigatore di crimini di guerra”, metteva in luce il ruolo centrale giocato dagli Stati Uniti nell’istituire il Tribunale: "Madeleine Albright, ... aveva giocato un ruolo guida perché il Tribunale venisse costituito. Il suo continuo appoggio per la messa in funzione del Tribunale per la Jugoslavia, e più tardi per quello del Ruanda, fu determinante per il loro successo. Lei incaricò uno dei suoi più vecchi consiglieri, David Scheffer, ad assumere la speciale responsabilità di dare continuo impulso alla costituzione del Tribunale." Id. p.78.
Nel suo primo giorno all’Aia, Goldstone aveva trovato "ventitré Americani che lavoravano negli uffici. Fra questi vi erano avvocati, tecnici informatici, ed investigatori di polizia, ognuno dei quali era stato assegnato al Tribunale dal governo degli USA, a costo zero per le Nazioni Unite. Egli asseriva che gli Stati Uniti avevano fornito assistenza solo con lo scopo di dare avvio all’Ufficio del Pubblico Ministero e ovviare così alle lentezze e alle inefficienze del quartier generale dell’ONU a New York." Id. p.82.                                                                                                                        Lui si era lagnato delle ben documentate inefficienze dell’ONU e aveva usato finanziamenti da fonti private per pagare le spese del suo onorario come Accusatore Generale. Id. p. 80-81.
Il Giudice Goldstone riferiva che, durante i suoi ultimi mesi in carica nel 1996, era stato speso molto tempo inutilmente per fare pressione per gli arresti di  Karadzic e Mladic.                                                     
Nel 1998 egli partecipava con Theodor Meron, un cittadino Statunitense che era stato suo consigliere all’Aia, ed ora è il nuovo Presidente dell’ICTY, ad una organizzazione che conduceva una campagna per gli stessi arresti. 
Il Giudice Goldstone citava che fra i pochi leaders che invocavano l’uso della forza per mettere in atto gli arresti c’erano Klaus Kinkil, Ministro degli Esteri della Germania, Robin Cook quando era diventato Ministro degli Esteri Britannico e Madeleine Albright. Id. p.117.                                            
Anche senza arresti, il Giudice Goldstone esigeva indagini e imputazioni su persone, compresi  Karadzic and Mladic, "con lo scopo, anche se non carcerati, di emarginarli." Id. p.126.                   
Costui lodava i bombardamenti USA e NATO sulla Jugoslavia, definendoli uno storico spartiacque, anche se "in apparente violazione della Carta delle Nazioni Unite." Id. pp.136-137.

Il ruolo eccezionale degli USA, nonostante l’ONU, in appoggio alla costituzione dei Tribunali Penali creati ad hoc, per lo smembramento della  Jugoslavia e a sostegno del governo del Fronte Popolare Ruandese (RPF) in Ruanda, e gli arresti mirati di leaders delle nazioni prese come obiettivo di accuse discriminatorie  hanno dimostrato l’uso politico che viene fatto di tali Tribunali. Non più tardi del settembre 2003, Theodor Meron, Presidente dell’ICTY, invocava gli arresti di Karadzic e di Mladic, un comportamento discutibile per una persona che deve presumere la loro innocenza e garantire un giudizio imparziale rispetto alle accuse contro di loro, un ruolo inusuale di sola competenza dell’Accusa e delle Procure.
Nelle sue memorie, pubblicate nel settembre 2003, Madame la Segretaria, Madeleine Albright scriveva con orgoglio che il Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex Jugoslavia, il primo tribunale internazionale per i crimini di guerra "di questo tipo" dalla II Guerra Mondiale, era stato creato durante il suo primo anno come Ambasciatrice all’ONU per gli USA.                                          
Descrivendo le difficoltà che aveva dovuto affrontare per questo tribunale, la Albright dichiarava che  "...l’Amministrazione Clinton, il principale contribuente finanziario, non aveva ripensamenti. Noi mettevamo in condivisione la nostra esperienza, mentre i nostri volontari aiutavano a raccogliere deposizioni di testimoni e di rifugiati. Noi abbiamo fatto della cooperazione con il Tribunale una questione massima in tutti i nostri rapporti bilaterali con i governi, all’interno e all’esterno della regione. Io sono fiera del ruolo che ho giocato durante il mio incarico."

Benché al 2003 fossero stati messi sotto accusa non più di quattro dozzine di sospetti, la Albright concludeva: "...infine il Tribunale dovrebbe aver pescato il pesce più grosso." Lei faceva riferimento a Slobodan Milosevic.
Descrivendo i suoi sforzi frenetici per assicurarsi il consenso per un’aggressione NATO contro la  Jugoslavia nel 1999, lei ricorda una conversazione con Igor Ivanov, Primo Ministro della Federazione Russa, durante un intervallo di una rappresentazione de La Traviata al Teatro Bolshoi. La Albright, allora Segretario di Stato, così si rivolgeva ad Ivanov: "Gli Europei sono preoccupati di una vostra reazione, se la NATO provasse ad entrare in azione senza passare per il Consiglio di Sicurezza…" Id. a p.396. Ivanov rispondeva: "La Russia non avrebbe mai dato il consenso a bombardamenti aerei contro i Serbi. Sarebbe una cosa decisamente intollerabile. La NATO non ha il diritto di attaccare uno stato sovrano." Id. a p.397.
Quando i bombardamenti della NATO continuarono fino ad aprile, il Segretario Albright respingeva una tregua negli attacchi "come un segnale di debolezza". Lei considerava "la dichiarazione della rimozione di Milosevic dal potere l’esplicito obiettivo della guerra." Riferendosi agli Inglesi, la Albright ribadiva: "Noi eravamo d’accordo che il Kosovo sarebbe diventato dopo la guerra un protettorato internazionale, con la sovranità della  Jugoslavia considerata solo nominalmente." Id. p.411.
Per assicurare l’appoggio ad un attacco NATO, il Dipartimento di Stato
"...nel contempo proponeva un piano di ricostruzione a lungo termine per l’intera area dei Balcani… Questa iniziativa avrebbe dovuto promuovere la cooperazione fra gli stati della regione, e, con la promessa di aiuti a Belgrado solo in presenza di un cambiamento di governo, creare un incentivo addizionale per la caduta di Milosevic." Id. pp. 411-412.

Il piano di ricostruzione a lungo termine non ha mai visto l’inizio, ma Slobodan Milosevic è in carcere all’Aia.  
Trattando della Russia, la Albright scrive: "Avevo dato inizio ad un dialogo pressoché continuo con Ivanov, informandolo che speravo che le nostre differenze riguardo al Kosovo non avrebbero messo a rischio la cooperazione su altre questioni. Egli affermava che non si poteva far finta di nulla, e che la Russia non poteva starsene immobile e guardare la NATO distruggere una nazione sovrana." Id. p.413.

Il 7 maggio 1999, bombardieri USA B-2 colpiscono l’Ambasciata Cinese, ammazzando tre Cinesi addetti all’Ambasciata e ferendone venti. La Albright scrive: "I nostri piloti avevano considerato si trattasse di un’agenzia per l’acquisto di armi per conto della Jugoslavia." Id. p.417.
Venti giorni più tardi,
"il Tribunale Penale per i crimini di guerra aveva annunciato la messa in stato di accusa di Milosevic, di Milutinovic, (Presidente della Serbia) e di altri tre leaders Serbi per crimini contro l’umanità. Vi sono stati di quelli che si sono agitati per l’imputazione di Milosevic, ipotizzando che tutto questo volesse significare la nostra volontà di non trattare con lui. Io non ero di questo avviso. Io mi rallegravo di queste imputazioni..." Id. p. 419.

In un passo successivo, la Albright affermava:                                                                                             
"Il 3 giugno1999 venivano sottoscritti i termini della pace. La NATO avrebbe occupato il Kosovo. Il 9 giugno, le forze armate della Jugoslavia si ritiravano dal Kosovo, il giorno seguente la NATO sospendeva gli attacchi aerei.  Il Segretario Albright, che aveva sentito queste notizie in Europa, era esultante. “Camminando per le strade di Colonia, ricevevo scrosci di applausi.” Durante l’incontro del G8, il Ministro degli Esteri  Fischer così si era pronunciato:’Bene, se questa è stata la guerra di Madeleine, ora questa è la vittoria di Madeleine'... Dopo pranzo, il Presidente Clinton aveva chiamato e la sua frase di esordio era stata:  'Così adesso siete una fanciulla felice!' Lui sicuramente era un giovanotto felice! Mi diceva di aver letto un articolo di John Keegan, che parlava di storia Britannica, nel quale veniva scritto: 'Vi sono certe date nella storia dei conflitti che segnano punti reali di svolta... Ora nel calendario bisogna segnare questo nuovo punto: 3 giugno 1999, poiché la capitolazione del Presidente Milosevic ha provato che una guerra può essere vinta con la sola forza aerea.'" Id. p. 421.
La soddisfazione del Presidente Clinton per l’articolo di John Keegan, che dichiarava che la "capitolazione" del Presidente Milosevic "dimostrava che una guerra poteva essere vinta dalla sola forza aerea", rivela un interesse maggiore per la potenza militare più che nella storia.
                                
Gli Stati Uniti erano costretti a ritornare alle Nazioni Unite, la cui autorità veniva sbandierata, per assicurarsi l’approvazione dei termini per la fine della loro aggressione. La Risoluzione 1244 (del 1999), adottata dal Consiglio di Sicurezza il 10 giugno 1999, metteva fine ai bombardamenti sulla Jugoslavia. Mentre si parlava di una sostanziale autonomia per il popolo Kosovaro, primariamente era stato precisato lo status della Jugoslavia: la Risoluzione chiariva che il Kosovo doveva rimanere "all’interno della Repubblica Federale di Jugoslavia" (Paragrafo 10). Inoltre imponeva che "KLA (UCK) e altri gruppi armati Albanesi nel Kosovo terminassero immediatamente le loro azioni offensive e si conformassero alle richieste di demilitarizzazione stabilite dal comando della presenza internazionale di sicurezza, la KFOR, in collegamento con il Rappresentante Speciale del Segretario Generale." (Para. 15)

Le Forze Aeree avevano prodotto criminalmente danni enormi. Questo non era vincere una guerra. Il fallimento della pace che ne era seguito era un fallimento degli USA e della KFOR, che erano stati autorizzati dalla Risoluzione 1244 a dare seguito al mandato dell’ONU.                                               
Il Segretario Albright ammette questo nella sua memoria:
"Ben prima della guerra in Kosovo, avevo guadagnato l’appoggio dell’Amministrazione per una politica di tentativi per rimpiazzare Milosevic. Per due anni abbiamo agito nel retroscena, ma anche pubblicamente, per portare questo a buon fine. Con il collega tedesco Joschka Fischer e con altri, io ho incoraggiato i leaders dell’opposizione Serba a costruire una effettiva organizzazione politica e ad individuare il loro obiettivo nella cacciata di Milosevic... In pubbliche dichiarazioni ripetutamente ho affermato che gli Stati Uniti esigevano Milosevic 'fuori dal potere, fuori dalla Serbia, e in custodia di un Tribunale per crimini di guerra.'"
Id. p. 500.

Alla fine di luglio 1999, la Albright per la prima volta visitava il Kosovo. A Pristina parlò ad "una folla enorme stipata nella piazza centrale della città. La gente, fra cui c’erano molti profughi ritornati, era vestita con costumi nazionali Albanesi mescolati con maglioni dei Chicago Bulls.... Allora ho detto, 'Noi dobbiamo appoggiare il Tribunale per i crimini di guerra, che metta sotto accusa per la pulizia etnica e gli assassini devono pagare e Slobodan Milosevic deve rispondere dei suoi crimini.' La folla urlava sempre più forte." Id. p. 425.

Dopo aver parlato a Pristina, il Segretario Albright si era diretta al "monastero Serbo Ortodosso di Gracanica, il mio stato d’animo era di preoccupazione e di amarezza. Ero andata a visitare il monastero per incontrare il Patriarca Artemije Radosavljevic ed altri leaders religiosi Serbi. Il Patriarca si era opposto radicalmente ai bombardamenti della NATO. Quando lo avevo incontrato a Washington prima della guerra, egli mi aveva messo in guardia che un confronto militare sarebbe stato un disastro. Ora mi mostrava i dipinti delle chiese distrutte, raccontandomi degli attacchi fatti sui Serbi, e mi esprimeva il suo timore che tutti i Serbi potessero abbandonare il Kosovo. Io gli espressi che questa conseguenza era l’opposto di quello che io desideravo; che i portatori di pace della NATO e l’ONU avrebbero fatto il possibile per assicurare a questo popolo una sicurezza certa. Il Patriarca rispose che se i Serbi fossero stati cacciati via, questo avrebbe provato che Milosevic era nel giusto. Mi dichiarai d’accordo." Id. p. 426.

Ora, quattro anni più tardi, la violenza è in aumento costante e più di 250.000 Serbi sono stati costretti ad andarsene dal Kosovo.
Secondo il testo del Segretario Albright, si ha la prova provata che Milosevic era nel giusto!

Gli attacchi della NATO in Bosnia e contro la  Jugoslavia sono stati i primi nella storia della NATO. Le sue vittime erano senza difesa contro la sua potenza aerea. La distruzione enorme inflitta dalla NATO non è stata più ripagata da questa Organizzazione o dai suoi membri a titolo individuale. In precedenza, due futuri membri della NATO avevano bombardato Belgrado e altre città della Jugoslavia: la Germania nel 1941 e gli USA nel 1945.
La facilità e la sicurezza con cui i principali attori coinvolti nella guerra di aggressione contro la Jugoslavia e nelle incriminazioni persecutorie del Tribunale ICTY, compresi la Albright, Holbrooke e Goldstone, parlano nei termini più sprezzanti di Slobodan Milosevic e di altri leaders Serbi, possono essere comprese solo alla luce di anni di demonizzazioni della Jugoslavia, dei suoi leaders e con particolare astio, negli ultimi quindici anni,  nei confronti di Milosevic e della Serbia, da parte dei mezzi di informazione Occidentali.
Basta un ulteriore esempio a suffragare questo; Holbrooke descrive come una cameriera del ristorante nella base aerea di Wright-Patterson, durante i negoziati di Dayton del 1995, era affascinata dal Presidente Milosevic, aggiungendo che lei non si rendeva conto di stare parlando con "una delle persone più ingiuriate nel mondo." Le ingiurie erano la produzione dei media Occidentali. Venivano attaccate le vittime di una criminalizzazione politicamente vantaggiosa.

I media hanno sempre appoggiato in modo travolgente il militarismo USA, l’espansionismo militare e gli interventi economici e militari degli Stati Uniti. In guerra e in pace vengono glorificate le azioni militari USA, condizionando l’opinione pubblica a considerare e ad accettare l’uso della potenza militare per conseguire vantaggi per le politiche economiche Statunitensi.                                 

I media e il Pentagono raccontano proprio la stessa storia, sia in tempo di guerra che in tempo di pace. Loro servono lo stesso padrone, la plutocrazia Americana. Loro raramente si interrogano sulla legalità o sulla eticità delle azioni militari Statunitensi; quasi sempre giustificano ed esaltano le operazioni dell’esercito USA e umiliano le vittime, sia militari che civili, così spesso senza difesa contro l’alta tecnologia bellica USA. Durante i combattimenti le vittime degli eserciti nemici vengono sovrastimate, le vittime civili sottaciute ed in seguito completamente ignorate. I media USA non hanno fatto alcun tentativo di riferire in modo esatto sulle vittime civili in Jugoslavia, in Afghanistan, o in Iraq, tanto meno hanno pubblicato quale ne era stata la causa.
I media Occidentali sono di proprietà e finanziati dalle concentrazioni del grande capitale. Le loro principali entrate provengono dalle vendite alle più grosse corporations di spazi pubblicitari per i loro prodotti.
I media Occidentali sono responsabili in maniera schiacciante di lanciare il discredito sui singoli leaders, su organizzazioni, governi, gruppi etnici, perfino religiosi, quanto richiede il coro della propaganda del governo USA su scala mondiale.                                                                                             
Il capitalismo sostiene in modo formidabile il militarismo, l’esproprio delle risorse e del lavoro altrui, gli investimenti e i vantaggi commerciali all’estero, e la protezione di queste sue ricchezze esterne, poiché i suoi profitti derivano da tutto questo.                                                                                        
I media informano, omettono, disinformano, creando un clima in cui la guerra e i crimini di guerra commessi dagli USA avranno il sostegno o saranno ignorati dalla pubblica opinione e verrà assunta la demonizzazione dei loro nemici. Il pubblico fa propri i messaggi che fanno appello ai sentimenti di paura, di odio, di orgoglio nazionalista, di indifferenza o ad un senso di impotenza.                                                          
Sarà difficile conquistare la pace finché i media non cercheranno di fornire al pubblico tutta una serie di fatti, opinioni e prospettive future opportuni per costruire giudizi informati.                                            
I recenti conflitti di aggressione contro la Jugoslavia, l’Afghanistan e l’Iraq sarebbero stati contrastati con successo dalla gente, all’interno degli stati aggressori e dall’opinione pubblica mondiale, se i media avessero provveduto alla necessità dell’opinione pubblica di conoscere la verità. Quello che abbiamo visto passare sarà solo il prologo, se tutti coloro che vogliono sapere la verità non avranno accesso alla giusta informazione

L’incapacità da parte del Tribunale ICTY di mettere sotto inchiesta per crimini contro la pace, per crimini di guerra e per le loro violazioni agli Statuti dell’ONU e della stessa NATO, anche gli USA e la NATO che hanno sgretolato l’autorità delle Nazioni Unite e hanno sfidato la loro capacità di mantenere la pace in modo tanto pesante, smaschera l’uso unilaterale di questo Tribunale per incriminare coloro che si sono opposti allo smembramento della Jugoslavia e che sono stati criminalizzati anche per le generazioni future. Le accuse del Tribunale, focalizzate sui Serbi, sono psicologicamente più devastanti di tante bombe, che sono solo forza bruta. La Corte può distruggere l’onore di un intero popolo, con un’azione unilaterale, assicurando l’impunità per i potenti con una giustizia corrotta e praticando l’ineguaglianza nella messa in stato di accusa. L’eguaglianza è la madre della giustizia. La sua assenza genera l’impulso rivoluzionario, l’odio e la guerra.

Anche le altre Corti Penali create dal Consiglio di Sicurezza confermano le motivazioni degli USA ad utilizzarle, vale a dire per rinforzare le loro azioni politiche.
Il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (ICTR) era stato istituito per essere la foglia di fico per l’incapacità dell’ONU e delle Nazioni potenti a prevenire la tragica violenza politica del 1994.   Il Consiglio di Sicurezza, non autorizzato, aveva stabilito di limitare la giurisdizione dell’ICTR agli eventi del solo anno 1994, dopo trentaquattro anni di aggressioni contro il Ruanda da parte di fuorusciti  Ruandesi che appoggiavano il governo coloniale del Belgio e negli ultimi anni da parte del Fronte Patriottico Ruandese (RPF) che era stato fondato a Washington, D.C. con il sostegno degli USA. Restringendo l’attività giurisdizionale al solo 1994, gli USA prevenivano indagini sui crimini contro la pace e sui crimini di guerra commessi dal RPF, che era stato alla testa delle più importanti invasioni provenienti dall’Uganda avvenute nel 1990 e nel 1993. L’invasione del 1993 era stata bloccata dal governo Francese, dopo le rilevanti incursioni che avevano procurato basi per le forze del RPF all’interno del Ruanda, incluso uno spiegamento, frutto di trattative, di una forza più grande di un battaglione nella stessa Kigali.
Il Tribunale aveva ignorato il fattore chiave, prima causa della violenza: chi aveva fatto crollare il piano proposto dai Presidenti del Ruanda e del  Burundi il 6 aprile 1994? È stato ignorato il massacro dell’Arcivescovo Cattolico con altri dieci vescovi e altri leaders Cattolici perpetrato dai soldati del RPF a Gitarama, alla fine di aprile del 1994.
Veniva ristretta la giurisdizione dell’ICTR, anche nei limiti geografici, al solo Ruanda, escludendo così le carneficine di centinaia di migliaia di Ruandesi che erano fuggiti ed erano perseguitati dalla violenza del RPF nello Zaire, stato confinante, ora di nuovo Repubblica Democratica del Congo.  La conseguenza era stata la violenza attraverso il Congo fino a Kinshasa, con un imprecisato numero di centinaia di migliaia di ammazzati e l’insediarsi del RPF a Kinshasa, a controllare vaste parti del Congo, sfruttandone i diamanti e le altre risorse, impunemente e con l’aiuto degli USA.   Ancor oggi le furie della guerra costituiscono una bomba a tempo per il Burundi e il Ruanda stesso, pronta ad esplodere, e la causa sono oltre 100.000 prigionieri, rinchiusi perlopiù senza un’accusa precisa da nove anni in condizioni crudeli, inumane e degradanti.                                                             
Durante gli anni Novanta, l’egemonia degli USA si è consolidata con la leadership Tutsi, a partire dall’Uganda, attraverso il Ruanda e il Burundi ed infine in quasi tutto il Congo. Se veniva concesso al Tribunale ICTR di estendere la propria giurisdizione sulle persone presenti nelle nazioni confinanti che hanno fornito basi, armi, addestramento, rifugi e soldati per invadere il Ruanda, poteva venire messa in stato di accusa tutta la dirigenza Tutsi dell’Uganda, compreso il Presidente Museveni appoggiato dagli USA. Da sottolineare che il Presidente Kagame del Ruanda aveva servito per anni nell’esercito di Museveni, quando questo lottava per il dominio dell’Uganda, ed era diventato il comandante del servizio di spionaggio.
Al contrario, il Tribunale Penale creato dal Consiglio di Sicurezza per la Sierra Leone aveva ricevuto il potere giurisdizionale di perseguire il Presidente Taylor della confinante Liberia, obiettivo da lungo tempo nei piani USA per un cambiamento di regime. La corte metteva in stato di accusa Taylor, che ora si trova in esilio in Nigeria.
Tali sono i poteri discrezionali di questi Tribunali ad hoc, su misura!

Faustin Twagiramungn, scelto come Primo Ministro ad interim del Governo Allargato di Transizione del Ruanda, secondo gli accordi di Arusha del 1993 sotto l’egida dell’ONU, e Primo Ministro del governo del RPF nel periodo immediatamente successivo alla sua ascesa al potere dal luglio 1994 all’ottobre 1995, ha testimoniato davanti al Tribunale ICTR di ritenere che fossero stati ammazzati più Hutus che Tutsis nello "scontro politico" del 1994, e non in quello che il Tribunale ICTR aveva etichettato come un genocidio etnico perpetrato dagli Hutus assassini dei Tutsis. (Vedere la trascrizione del processo Pubblica Accusa ICTR contro Ntakirutimana, 4 febbraio 2001, da p.143 a p.168.)
Il Rapporto Gersony voluto dall’UNHCR, descrive le aggressioni del RPF e il massacro di decine di migliaia di Hutus, e solo in due Prefetture, durante un breve periodo nell’estate del 1994. Per dare la misura del fallimento del Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda basta dire che non un solo  Tutsi è stato messo sotto accusa dopo più di otto anni dalla istituzione del Tribunale.
Nel settembre 2003 è avvenuta la rimozione del Pubblico Accusatore Generale Carla del Ponte dal Tribunale ICTR per l’insistenza del governo RPF del  Ruanda. Carla del Ponte aveva manifestato le sue intenzioni di mandare sotto processo alcuni Tutsis, per dimostrare l’apparente imparzialità del Tribunale. Il fatto rivela come anche una nazione, pur presa come obiettivo da un Tribunale internazionale ad hoc, ma che gode dell’appoggio degli USA, ha potere di influenzare un Tribunale di questo tipo. Inoltre è stato messo ancora una volta in risalto il continuo dominio degli USA su questi Tribunali Penali e come la loro potenza venga favorita dall’impunità.                                                   
In definitiva i leaders degli Stati Uniti si prendono gioco di  questi Tribunali. 

Il Tribunale Penale autorizzato per la Sierra Leone, con la sua giurisdizione definita per permettere di processare il Presidente Charles Taylor della Liberia senza un precedente avviso di reato, era stato progettato dagli USA come mezzo per mettere ai margini e distruggere una dirigenza ostile al dominio degli USA nella Sierra Leone e per un cambiamento di regime in Liberia.                                         
Il Presidente Taylor era stato eletto a larga maggioranza in presenza di osservatori internazionali, e gli USA avevano cercato per anni di rimuoverlo con un terribile costo in vite umane.                               
Tutto questo avveniva in violazione delle istituzioni della Liberia e della legittimità della carica alla quale Taylor era stato eletto. Arrogantemente veniva espresso in pubblico da parte del Presidente Bush il dictat: "Taylor deve essere schiacciato", a fronte della continua violenza dei rivoltosi appoggiati dalla inflessibile resistenza degli USA alle riforme in Africa, sentite invece come esigenza da tutto il mondo.
Gli Stati Uniti hanno avuto una relazione di predominio sulla Liberia fin dal 1820. La capitale della Liberia prende il nome dal Presidente USA Monroe, famoso per la sua Dottrina.  La sua seconda città e maggior porto, Buchanan, è chiamata così dall’ultimo Presidente in carica prima che la Guerra Civile mettesse fine alla schiavitù.
Malgrado questa storia di contiguità e l’impegno che ne doveva derivare, l’Amministrazione Bush non ha mai fornito la benché minima protezione ai Liberiani ammassatisi nella Capitale da tutte le regioni dello stato, perché aggrediti dai ribelli, generalmente stranieri. Ora l’Amministrazione Bush parla di "Liberia da ricostruire". Questo non avverrà mai. Solo per loro merito, nell’ottobre 2003 diverse nazioni Africane hanno inviato forze per il mantenimento della pace e l’ONU ha fornito un significativo contingente di polizia a tutela dell’ordine.
Il tentativo, messo in atto per tanto tempo, di istituire un Tribunale Penale per la Cambogia appoggiato dall’ONU era stato alimentato dal desiderio degli USA di sostituire il Primo Ministro e gli altri funzionari che avevano fatto parte del governo della Cambogia, durante e dopo la guerra del Vietnam.

I Tribunali Penali ad hoc istituiti dal Consiglio di Sicurezza hanno corrotto il diritto internazionale, hanno generato odio e divisioni che hanno portato alle guerre, e sono incapaci di esercitare la giustizia giusta secondo il diritto, per la loro reale natura e i veri obiettivi che vogliono conseguire.    Essi agiscono a discrezione, sono discriminatori e la loro istituzione nasce dall’intenzione di assumere come obiettivi persone o gruppi da colpire per ragioni politiche ed economiche.                               
Il Tribunale di Norimberga, creato dai vincitori della II Guerra Mondiale, escludendo l’ONU, era stato un monito alla comunità internazionale, che cercava la pace sotto l’ala protettiva del diritto internazionale, che nel futuro tutte le nazioni e i loro leaders, sullo stesso piano di parità, tutti avrebbero dato conto per le loro violazioni delle leggi internazionali.
L’Accusatore Generale Statunitense a Norimberga, Giudice della Corte Suprema USA, Robert H. Jackson, aveva proclamato con passione indimenticabile l’importanza di questo principio e la volontà di vederlo applicato alla sua stessa nazione. Parlando alla Società Americana di Diritto Internazionale il 13 aprile 1945, il giorno dopo che il Presidente Franklin Roosevelt era morto, quando ancora la II Guerra Mondiale infuriava,  il Giudice Jackson metteva in evidenza che i vincitori avevano sempre agito a loro discrezione nei confronti dei popoli vinti; se la scelta si era indirizzata per processare in un Tribunale legale i presunti criminali   "... tutte le esperienze insegnano che vi sono certe cose che non si possono fare sotto la parvenza di un Tribunale legale. I Tribunali verificano fatti, ma anche i fatti verificano i Tribunali! Non si possono portare in giudizio uomini davanti a qualsiasi cosa definita come Tribunale…secondo le norme dei procedimenti giudiziari, se non si ha la volontà di vederli liberi, quando non sono stati provati colpevoli…" Da “The Anatomy of the Nuremberg Trials, (L’anatomia dei processi di Norimberga),” Telford Tayor, Little, Brown and Co. 1992 a p. 45.

In seguito ai processi di Norimberga, l’ONU e la comunità internazionale hanno approvato le Convenzioni di Ginevra e un altro grande numero di trattati, di accordi e di principi per prevenire la guerra e per tutelare i diritti. Queste Convenzioni si basano sul principio che nessuna nazione, comunque potente, può porsi al disopra della legge.
Per restituire l’integrità alla sua stessa Carta e l’onore ai suoi Membri, l’ONU e il Consiglio di Sicurezza dovrebbero abolire tutti gli esistenti Tribunali internazionali che loro hanno istituito e garantire di non crearne altri, mai più.
Gli sforzi da parte degli USA, o altri, di creare nuovi Tribunali penali ad hoc, o di catturare e processare persone per presunti atti criminali commessi fuori dagli Stati Uniti, indebolirà l’autorità e l’efficacia della Corte Internazionale di Giustizia, e, poiché gli USA esercitano il potere in violazione della legge internazionale, rendono il mondo ancora più illegale, più incline e rassegnato alla guerra.
Il male fatto per continuare la loro attività non autorizzata sopravanza di gran lunga ogni pericolo che la legge internazionale in futuro possa essere indebolita o che "i criminali possano andare liberi". L’imputato e il condannato sono sufficientemente identificati!                                                                        
Passi positivi possono essere fatti per proteggere e rafforzare la Corte Internazionale di Giustizia, perciò riformare il suo mandato, ed eliminare le carenze e i difetti, secondo la Carta dell’ONU, che mettono a repentaglio le sue prestazioni.


XIII. L’Amministrazione Bush intende perseguire politiche unilaterali manifestate con le sue guerre di aggressione contro la Jugoslavia, l’Afghanistan e l’Iraq, con la creazione di Tribunali Penali con specifici obiettivi, e con i suoi rovinosi Acts contro le Istituzioni, i Trattati e il Diritto Internazionale. Gli USA possono essere bloccati solo dall’impegno unitario dei membri delle Nazioni Unite che li costringa all’osservazione delle norme.  

Le politiche unilaterali degli Stati Uniti minacciano l’ONU e la pace nel mondo. I Tribunali Penali creati ad hoc dall’ONU fanno parte della strategia unilaterale degli USA. Attraverso la lunga lista di interventi militari unilaterali USA e di minacce e dei vari Tribunali Penali ad hoc dell’ONU, gli USA stanno fiaccando l’ONU e smantellando la rete di leggi internazionali e di trattati, dai quali l’ONU dipende per prevenire la guerra.
Mentre ancora una volta nel suo messaggio indirizzato all’Assemblea Generale del 23 settembre 2003 il Presidente Bush ha provocato l’ONU a mettere fuori legge la proliferazione delle armi di distruzione di massa (WMD), egli ha dimenticato di far riferimento allo stretto monopolio Statunitense sulla tecnologia, sullo sviluppo e sul possesso delle WMD e sulla sofisticata industria missilistica e su altre tecnologie da applicare dovunque nelle varie parti del mondo.
Rendendosi conto che bombe nucleari a vari megatoni sono troppo brutali, “non intelligenti” e pericolose perfino per coloro che le sganciano, il Presidente Bush ora sta mettendo in atto forti pressioni per lo sviluppo di armi nucleari tattiche, che possono distruggere un ben individuato quartiere cittadino o all’occasione un battaglione.
Il bilancio militare USA supera quello dei quindici più consistenti bilanci militari nel mondo, presi tutti insieme, e oltrepassa per più volte il prodotto nazionale lordo (PIL) di molti dei membri delle Nazioni Unite. Gli USA vendono quasi la metà di tutte le armi convenzionali commerciate nel traffico internazionale, contribuendo così ogni anno alla morte di centinaia di migliaia di persone e all’impoverimento di centinaia di milioni di esseri umani.
       
Molti membri delle Nazioni Unite che hanno assistito alle aggressioni brutali degli Stati Uniti alla Jugoslavia, all’Afghanistan, all’Iraq, o contro Grenada, la Libia, Panama, o il Sudan considerano che resta loro solo una alternativa. Possono sviluppare armi di distruzione di massa WMD tali da incutere timore agli USA, o prepararsi a cedere l’indipendenza ad ogni istanza presentata loro dagli USA in termini ultimativi.  Quindi, le guerre USA di aggressione e le loro minacce favoriscono la proliferazione delle WMD, oltre a scatenare odi e nuovi bacini di violenza terroristica.                                                     
Gli USA stanno unilateralmente minando la pur fragile ed inadeguata struttura di accordi costruita per prevenire la guerra nucleare. Nel Trattato di Non Proliferazione, le potenze nucleari, allora nel numero di sei, avevano aderito al piano e si erano mosse per smantellare i loro arsenali nucleari in cambio dell’accordo da parte di altre potenze non nucleari di non sviluppare o ottenere armi atomiche. Al contrario, da allora gli USA unilateralmente hanno agito per la loro proliferazione, e non hanno rispettato gli accordi sulla non proliferazione e sulla cessazione dei test atomici, mettendo in pericolo il mondo intero.
Sono loro che cercano di conseguire il monopolio della potenza militare derivata dalle armi di distruzione di massa!

Gli Stati Uniti hanno respinto le convenzioni che vietano le mine terrestri e che disciplinano i piccoli armamenti che uccidono migliaia di persone ogni anno, asserendo che… già il Secondo Emendamento alla loro Costituzione proibisce questo.                                                                              
Inoltre si sono opposti alla proibizione dell’uso di bambini in guerra.
Le loro politiche unilaterali e il loro potere coercitivo sulla finanza internazionale, sul commercio, sulla salute e la protezione dell’ambiente minacciano tutti.                                                                                 
Il più pervasivo unilateralismo dell’Amministrazione Bush è il suo rifiuto a rispettare i diritti degli altri. Una targa dono del Messico alle Nazioni Unite, che si trova all’ingresso dell’aula dell’Assemblea Generale, reca le parole dell’Indiano Zapoteca Presidente Benito Juarez che recitano: "La pace consiste nel rispetto dei diritti degli altri."
Queste politiche unilaterali pongono gli USA su una dimensione superiore al diritto internazionale, una posizione da gendarme come quella discriminatoria dei Tribunali Penali ad hoc che individuano i loro obiettivi in leaders e popoli, secondo l’indirizzo degli USA.                                                             
Il Presidente Bush si è espresso chiaramente sulle sue intenzioni di continuare la militarizzazione unilateralmente, di continuare a minacciare Cuba, l’Iran, l’Iraq, la Libia, la Corea del Nord, la Siria, e atti ostili e interferenze negli affari di molte nazioni confermano la sua politica.                             
           
Gli Stati Uniti esigono che altre nazioni concorrano a sostenerli nelle loro azioni criminali contro l’Iraq con truppe e finanziamenti, in modo da "stabilizzare" e "ricostruire" una nazione alla quale hanno causato decine di migliaia di morti e decine di miliardi di dollari di distruzioni con le bombe del 1991, una nazione che è stata demolita da un decennio di sanzioni genocide approvate dal Consiglio di Sicurezza che hanno prodotto più di un milione di morti, una nazione che è stata aggredita malgrado l’opposizione dell’ONU nel marzo 2003, con la perdita di almeno 30.000 persone.
Si vogliono forzare le privatizzazioni, trasformando le strutture produttive vitali e di servizio dell’Iraq, secondo gli interessi stranieri. Si vuole controllare il petrolio Iracheno. Si vogliono ottenere ricchi contratti di favore per le multinazionali degli amici e alleati.
Gli USA non pagheranno per la ricostruzione delle nazioni che hanno distrutto o danneggiato.             
Basta interrogare qualcuna delle vittime degli ultimi cinquant’anni. Malgrado tutte le loro ricchezze, gli aiuti USA non militari per i paesi esteri risultano i più bassi pro capite di ogni nazione sviluppata.
Per un periodo di venti anni gli Stati Uniti non hanno subito una vittima da parte dell’Iraq; al contrario sono stati persino la causa di qualche centinaio di morti per missili o assalti aerei scatenati a casaccio. Morti che comprendono Leila al Attar, una famosa artista internazionale, Direttrice del Museo di arte Moderna di Baghdad, nella sua casa, e due impiegati dell’Al Rashid Hotel in un attentato per assassinare Saddam Hussein nel 1993. Persino un elicottero dell’ONU e i suoi diciassette passeggeri è caduto vittima dei caccia supersonici USA nella “no fly zone”, zona dei cieli Iracheni proibita ai voli come illegalmente imposto dagli USA.                                                          
Se vi fosse pace e giustizia, gli USA sono in debito con il popolo dell’Iraq per decine di miliardi di dollari e dovrebbero pagare per la ricostruzione del paese. Pagare all’Iraq il 10% del bilancio militare USA per il prossimo decennio sarebbe come prendere i soldi dalle tasche dei criminali e fornire all’Iraq i mezzi per la ricostruzione. Nulla potrà compensare per la perdita di vite umane! Bisogna impedire alle imprese USA di raccogliere profitti dai crimini del loro governo.

Il modo di porsi degli USA contro la Corte Internazionale di Giustizia dimostra la loro determinazione di non volere rendere conto delle proprie azioni, e di voler distruggere questa Corte che loro temono. Ecco perché gli USA fanno pressioni sul Consiglio di Sicurezza per creare Tribunali ad hoc. Sono loro che forniscono i fondi e il personale. Inoltre hanno minacciato nazioni con sanzioni e con altri mali, ad esempio costringendole ad accordi per arrestare e consegnare le persone dentro i loro confini, per farle processare poi dai Tribunali ad hoc. Questi sono gli strumenti scelti: la messa in stato di accusa selettiva.
Gli USA, mentre si opponevano apertamente ad una Corte Internazionale di Giustizia che avrebbe potuto estendere la sua giurisdizione su di loro, avevano assunto un ruolo predominante nella stesura dello Statuto di questa Corte. Avevano tanto insistito su clausole ed emendamenti, che indebolivano e danneggiavano l’efficacia della Corte, sotto il ricatto della loro partecipazione.                
La Corte Internazionale di Giustizia ICC si trovava di fronte ad una sfida di estrema difficoltà per ottenere un atto costitutivo perfetto e un pieno appoggio.                                                                                  
Il Presidente Clinton aveva firmato questo atto alla fine della sua Amministrazione, ma aveva avvertito il Senato degli USA di non ratificarlo, e aveva richiesto di vincolare il Presidente Bush a ritirare l’approvazione Presidenziale ed aveva attaccato la ICC ad ogni occasione.                                        
Gli USA avevano cercato unilateralmente di impedire a molte nazioni di aderire all’accordo per la ICC, cercando di ostacolarne la ratifica. Avvenuta comunque la ratifica, gli USA hanno costretto Paesi, dalle Filippine alla Colombia, come recentemente avvenuto il 18 settembre 2003, alla dichiarazione di non approvare che cittadini Statunitensi possano essere inquisiti dalla ICC.
Questa è un’azione evidente di come si mettono i bastoni fra le ruote della giustizia, un criminale oltraggio alle leggi interne delle nazioni.

Con uno sfrontato atto di coercizione, il 30 giugno 2002 il Rappresentante Permanente USA alle Nazioni Unite, l’Ambasciatore  John D. Negroponte dichiarava ufficialmente che, in assenza di una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza che stabiliva l’impunità per il personale che aveva contribuito alle missioni di peacekeeping (custodia della pace!) autorizzate dal Consiglio di Sicurezza,  gli Stati Uniti avrebbero posto il veto alla Risoluzione che rinnovava la missione di peacekeeping dell’ONU in Bosnia-Erzegovina. L’Ambasciatore Negroponte argomentava che "avendo accettato i rischi dell’esposizione del proprio personale a situazioni pericolose e dense di difficoltà al servizio della promozione della pace e della stabilità, noi non chiederemo loro di accettare il rischio addizionale di processi politicizzati davanti ad una Corte, la cui giurisdizione sul nostro popolo il Governo degli Stati Uniti non riconosce."
Il 12 luglio 2002, dopo intensi negoziati, il Consiglio di Sicurezza, con voto unanime, adottava la Risoluzione 1422, che contemplava che per un anno, a partire dal 1 luglio 2002, la Corte Internazionale di Giustizia non avrebbe dato il via, o proceduto, ad investigazioni o a processi per azioni commesse dentro l’anno da funzionari o personale ONU addetto ad operazioni di peacekeeping, operazioni svolte con il contributo di Stati non firmatari dello Statuto di Roma.  La Risoluzione 1422 stabiliva inoltre l’intento di rinnovare questi termini per periodi addizionali di un anno, fino a quando risultava necessario.
Il Re non poteva fare ingiustizie! Forse che gli Usa non si meritavano questa impunità? E se vi fosse stato il rischio di un "processo politicizzato", forse qualcuno poteva assoggettarsi alla giurisdizione di una simile Corte?
Malgrado tutto, possiamo affermare che una Corte Internazionale di Giustizia sicuramente indipendente, imparziale e competente con una giurisdizione estesa a tutto il mondo è essenziale per la pace, di questi tempi!  


XIV. L’atto di accusa contro il Presidente della Repubblica Federale di Jugoslavia, Slobodan Milosevic, ha costituito la base di un processo discriminatorio determinato politicamente. 

Non esiste un caso più estremo di processo politico discriminatorio da parte del Tribunale Penale per i Crimini nella ex Jugoslavia ICTY dell’atto di accusa contro Slobodan Milosevic. Egli è stato il Presidente della Repubblica Federale di Jugoslavia, con l’incarico più importante nella Federazione Balcanica. È un Serbo Cristiano Ortodosso.Il Musulmano Presidente della Bosnia Aliya Izetbegovic, ora deceduto, e il Cattolico Romano Presidente di Croazia Franjo Tudjman, non sono stati messi formalmente in stato d’accusa dal Tribunale ICTY. Per buona misura costoro erano politicamente ben più estremisti di Milosevic, ma egli solo rappresentava la Repubblica Federale di Jugoslavia. Lo smembramento di questa doveva venire giustificato. Egli era l’ex Presidente della Repubblica Serba di  Jugoslavia, e i Serbi erano la parte più rilevante della popolazione Jugoslava, e aveva la responsabilità più forte nella Federazione.
Nell’ambito della Bosnia, che secondo gli Accordi di Dayton era stata divisa in tre parti, Musulmani, Croati e Serbi viventi nella Srpska, fra tutti i dirigenti politici solo il Serbo Radovan Karadzic, Presidente della Repubblica di Srpska, che si era strenuamente battuto per la Repubblica Federale, e il suo successore, Biljana Plavsic, sono stati formalmente inquisiti.                                     
Richard Goldstone, che il 15 agosto 1994 aveva preso servizio come Accusatore Generale del Tribunale ICTY, entro due mesi aveva aperto un’inchiesta a carico del Presidente Milosevic. Quando aveva lasciato l’incarico alla fine del 1996 non aveva ottenuto nessuna prova che giustificasse la messa in stato di accusa del Presidente Milosevic.                                                      
Questo scriveva in una sua memoria pubblicata nel 2001,  "...per processare Milosevic era necessario stabilire davanti ad un Tribunale Penale che lui era compartecipe dei crimini commessi dall’Esercito Serbo Bosniaco. Quindi dovevano esserci tali e tante prove che egli non poteva altro che essere processato e condannato. Spesso ho assicurato l’opinione pubblica che nessuno mai mi aveva indotto a trattenermi dal mettere sotto accusa Milosevic o qualcun altro."

Quando aveva scritto questo, Goldstone sapeva che alla fine del 1999 il Presidente Milosevic era stato messo sotto processo. Goldstone era stato sostituito da una giurista Canadese, Louise Arbour, che aveva continuato l’inchiesta. E comunque per altri due anni e mezzo non vi fu alcun atto ufficiale di accusa per il Presidente Milosevic.  Alla luce dei fatti, non poteva essere imbastito alcun processo contro di lui. Benché fosse un appassionato sostenitore della necessità e della opportunità della Repubblica Federale di Jugoslavia, perché vi fosse pace nei Balcani, il Presidente Milosevic dichiarava che la pace era il fine ultimo che bisognava cercare, e che la Federazione era un mezzo per raggiungere quel fine e non una ragione per la guerra. Come ha dovuto ammettere anche Holbrooke, il Presidente Milosevic aveva partecipato ai negoziati per una risoluzione pacifica.                
In conseguenza alle secessioni, il 28 aprile 1992 il Presidente Milosevic aveva presieduto alla formazione della nuova Repubblica Federale di Jugoslavia. La guerra civile non si era ancora scatenata. Includendo solo la Serbia e il Montenegro, la nuova Costituzione ammetteva la desistenza di quattro Repubbliche dalla Federazione. La Costituzione affermava in modo chiaro che la nuova Repubblica non aveva alcuna ambizione territoriale nei confronti delle ex Repubbliche Slovenia, Croazia, Macedonia e Bosnia. La Serbia e il Montenegro accettavano la secessione e rinunciavano alla forza che avrebbe necessariamente diminuito la possibilità in un prossimo futuro di una più larga Federazione dei Balcani. La nuova Costituzione veniva immediatamente promulgata. L’Unione Europea, sotto la spinta della Germania, il 6 aprile 1992 aveva riconosciuto la Bosnia e l’Erzegovina. Era stato scelto il 51.esimo anniversario del primo smembramento della  Jugoslavia da parte della Germania, Italia, Ungheria, e Bulgaria per distruggere la struttura costitutiva di una Federazione fra gli Slavi del Sud, che venivano quindi vinti ancora dai vincitori di allora nei Balcani, durante il primo periodo della II Guerra Mondiale. Il Presidente Milosevic non aveva inteso rischiare una ripetizione della tragedia nei Balcani dal 1941 fino al 1945. 

Sebbene la Bosnia si fosse separata dalla Jugoslavia, il Presidente Milosevic aveva usato della sua influenza con i Serbi di Bosnia per persuaderli ad accettare la risoluzione Vance-Owen con la supervisione dell’ONU, che veniva perciò firmata ad Atene, solo per vedere il fallimento di tutto questo per l’opposizione USA. Tutte le altre iniziative di pace internazionali incontravano il più largo appoggio da parte del Presidente Milosevic.
Inoltre il Presidente Milosevic divenne a Dayton il negoziatore per conto della dirigenza Serbo Bosniaca alla quale era stata negata la partecipazione, con la giustificazione che il Presidente Karadzic era sotto inchiesta formale da parte del Tribunale ICTY. Ancora una volta il Presidente Milosevic era la persona chiave per assicurare un accordo di pace, anche se questo rinforzava la disgregazione di quella Repubblica Federale Socialista che aveva cercato di tutelare.                            
La Serbia e il Montenegro, sotto la direzione del Presidente Milosevic, non avevano mai espulso nessuno, o messo in atto "pulizie etniche" nei confronti di Croati, Sloveni, Bosniaci, o Macedoni, durante i difficili anni 1992-1999. Al contrario, la nuova Repubblica aveva accolto 70.000 profughi Musulmani dalla Bosnia che avevano cercato la salvezza in Serbia. Anche prima dell’immigrazione di questi 70.000 Musulmani dalla Bosnia, la Serbia aveva una popolazione di Musulmani più consistente della Bosnia. I Musulmani in Serbia non erano mai stati aggrediti, eccetto che dalle bombe della NATO, e venivano considerati parte integrante dell’intera popolazione.                       
Gli sforzi con buon esito da parte del Presidente Milosevic di conservare la pace, pur facendo pagare dei costi alla Federazione, si stagliano in netto contrasto con le azioni del Presidente Tudjman in Croazia, e di Izetbegovic in Bosnia e dei Serbo-e Croato Bosniaci che hanno fatto uso della forza militare per “pulire” etnicamente i territori che volevano governare. 
Forse più rivelatore della natura puramente politica del procedimento di accusa da parte del Tribunale ICTY nei riguardi del Presidente Milosevic resta il fatto che, quando alla fine del maggio 1999 veniva annunciato il procedimento, questo non riguardava azioni avvenute in Croazia o in Bosnia durante i sette anni precedenti, su cui si era abbondantemente investigato per anni.                                             
Il primo atto di accusa si riferiva a fatti successivi il 22 aprile 1999, quando la NATO aveva bombardato la sua abitazione in periferia di Belgrado, nel tentativo di assassinarlo.                                      
Il processo faceva riferimento a presunte attività militari Serbe in Kosovo all’inizio del 1999.
Il Kosovo era sotto pesanti bombardamenti che durarono continuativamente fino al giugno del 1999. Solo dopo che i bombardamenti erano cessati era stata possibile l’occupazione della NATO e l’ingresso in Kosovo del Tribunale ICTY per svolgere l’inchiesta. 

Il Presidente Milosevic veniva messo in stato di accusa nel periodo centrale degli attacchi missilistici e aerei sulla Serbia da parte degli USA/NATO, che risultavano molto più intensi in Kosovo, proprio per poter giustificare l’aggressione criminale degli USA e della NATO contro la Serbia, e per oscurare le migliaia di morti causati dai bombardamenti aerei. Fra gli assalti aerei tristemente famosi per i tanti morti causati bisogna ricordare il bombardamento dell’Ambasciata Cinese a Nuova Belgrado, che aveva prodotto prese di posizione internazionali burrascose, proprio prima dell’atto di accusa formale.
Si è trattato di un caso di criminalizzazione e di persecuzione da parte di un Tribunale ONU, che si dovrebbe presumere neutro, che come procedura ha messo in atto prima lo stato di accusa formale e più tardi l’inchiesta formale su crimini presunti. Solo mesi più tardi Slobodan Milosevic veniva imputato per presunti crimini commessi anni prima in Croazia e in Bosnia.
Gli USA e la NATO hanno conservato il controllo sul Tribunale ICTY, proprio come avevano fatto sui negoziati di pace, per poter bombardare la Bosnia e la Serbia. L’Accusatore Generale, il Presidente del Tribunale e il Presidente della Camera Penale che hanno messo sotto processo il   Presidente Milosevic provenivano tutti da nazioni appartenenti alla NATO e dagli USA, che erano la potenza dominante che aveva creato e dato gli indirizzi sia alla NATO sia al Tribunale ICTY.


XV. Lo scopo e l’importanza del processo assolutamente non riescono, o non sono opportuni, al proseguimento e alla risoluzione giudiziale del processo a Slobodan Milosevic. Il processo minaccia la sua salute e il suo diritto ad avere un giusto giudizio secondo il Diritto. 

Il Presidente Milosevic, con la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia e tutto il suo popolo, sono vittime dello smembramento della Jugoslavia e della violenza loro imposta, della devastazione provocata dalle guerre di aggressione degli USA e della NATO ed infine del cambiamento di regime dovuto a interventi stranieri. Milosevic veniva abbandonato al Tribunale ICTY nel 2001 in violazione della Costituzione e delle leggi della Jugoslavia.
Il suo processo ha avuto inizio nel febbraio 2002. Il Presidente Milosevic ha scelto di "difendersi da solo, personalmente", un fondamentale diritto umano previsto dalla Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici. Part III, Article 14(3)(d).                                                                                               
L’1 ottobre 2003 l’accusa ha iniziato a presentare i suoi argomenti, con l’intenzione di continuare per più di  venti mesi.  Non vi è mai stato un processo consimile nella storia!                                        
Il processo di Norimberga, con ventuno difensori individuali e addebiti relativi a tutti gli orrori della II Guerra Mondiale, eccezion fatta per il conflitto nel Pacifico, era terminato in undici mesi. Dopo aver iniziato nel novembre 1945, l’accusa terminava la sua prolusione il 4 marzo 1946. Quindi la difesa aveva continuato il procedimento e il giudizio finale veniva pronunciato l’1 ottobre 1946.              
A differenza dei processi penali che si basano sulla responsabilità dell’accusato per la sua condotta individuale, il pubblico ministero del Tribunale ICTY, mancando di prove di azioni criminali del  Presidente Milosevic, ha presentato come prove la storia del conflitto, prima in Kosovo, che cronologicamente è stato l’ultimo, e quindi in Crozia e poi in Bosnia.                                                                    
La Pubblica Accusa poteva terminare la sua presentazione il 19 febbraio 2004, ma anche andare più oltre. L’atto di accusa è costituito da 500.000 pagine di documenti e da 5.000 video cassette. Vi sono stati quasi 250 giorni di udienze con la presentazione di circa 200 testimoni d’accusa. La trascrizione delle deposizioni testimoniali occupano più di 30.000 pagine.                                                   
In modo schiacciante, le prove riguardano eventi nei quali il Presidente Milosevic non era presente e non giocava alcun ruolo. Ciò nondimeno egli con efficacia si è addentrato nell’analisi delle testimonianze in difesa della verità e della storia. Mentre risulta difficile, se non impossibile, e pericoloso per una magistratura tentare di scrivere o scoprire i fatti della storia in un procedimento processuale, il Presidente Milosevic, insediandosi da solo alla difesa, ha combattuto per la verità degli accadimenti e per mantenere la registrazione del processo in un solco di verità, quella che il processo ha la pretesa di determinare.                                                                                                
Gli storici tendono a ritenere che la storia, dal punto di vista professionale, non può essere scritta se non un secolo dopo gli eventi che vuole trattare, quando le passioni si sono raffreddate, la polvere si è sedimentata e gli avvenimenti possono essere esaminati da diverse prospettive. Molti convengono con Voltaire che la storia è una rappresentazione concordata. Il Tribunale ICTY cerca di scrivere una storia sotto dettatura degli USA e della NATO, non attraverso i fatti. L’intera procedura è aliena alla verità e alla giustizia.
Lo spettacolo di un uomo che da solo difende la storia e la verità per escussione contro il potere di un Tribunale ONU istituito per affossare la Jugoslavia dimostra l’ingiustizia e la falsità.   

L’impegno erculeo, combinato con le condizioni della prigione in cui è confinato, che era stata usata già come prigione Nazista durante l’occupazione dell’Olanda negli anni Quaranta, hanno prosciugato le sue energie e la sua capacità di resistenza e mettono in pericolo la sua salute. Il fatto oggettivo che l’accusato sia confinato in una ex prigione Nazista è il simbolo di quanto poco il potere ha imparato dal passato. Il Tribunale ha il dovere di tutelare la salute del Presidente Milosevic. La pena di morte non è una alternativa. Quindi c’è un dovere di rispettare il suo diritto a rappresentarsi e a difendersi, e non a minare la sua salute come viene fatto. Però viene mostrata poca propensione a mettere in atto questi doveri di obbligo.                                                                                
A tutt’oggi, il Tribunale ha stabilito che verranno concessi al Presidente Milosevic solo tre mesi per preparare la sua difesa, e il resto del tempo fino a dicembre spetta alla Pubblica Accusa.                         
La prima necessità per il Presidente Milosevic è di avere il tempo, come stabilito da medici esperti, di ristabilirsi fisicamente. Egli non può preparare la sua difesa senza compromettere il suo stato fisico, e quindi non si possono procurargli ulteriori danni alla salute.  Di conseguenza il Tribunale deve prevedere questo.
Sarà utile, sia alla salute che ad una preparazione difensiva più efficace, la liberazione del Presidente Milosevic per una località più salubre con un clima migliore, con un maggiore conforto fisico, con servizi medici realmente a disposizione, più facile accesso alle tante deposizioni dei testimoni, circa 200 o più, e ai documenti; Milosevic può avere bisogno dell’assistenza di ricercatori, di investigatori e di avvocati che possono aiutarlo a preparare la sua difesa personalmente.
Il Giudice Goldstone aveva iniziato la sua inchiesta sul Presidente Milosevic nel novembre del 1994. La prima messa in stato di accusa per presunte azioni in Kosovo veniva annunciata in maggio del 1999. Quando l’accusa ha presentato la relazione sulle prove nel febbraio 2002, aveva investigato, cercato prove, trovato testimonianze, dato ordine alle documentazioni e analizzato documenti, utilizzando tutto il tempo che aveva ritenuto necessario, quasi otto anni. Due anni e nove mesi sono passati da quando il Tribunale nel procedimento processuale ha preso per la prima volta in considerazione le prove dell’accusa.
L’accusa ha enormi risorse e consistenti gruppi di ricercatori, di investigatori e di avvocati a disposizione per prepararsi al processo; ha accesso immediato ai documenti di tutti i governi coinvolti, compresi quelli della Serbia e della Repubblica Srpska. L’accusa ha avuto a disposizione anni per prepararsi, prima dell’inizio del processo. Ha avuto accesso a testimonianze e a prove che avrebbero solo portato vantaggi in futuro a coloro che erano stati portati al potere da chi aveva istituito lo stesso Tribunale ICTY, e che erano pronti a condannare il passato. Nemici politici della Federazione Jugoslavia e del suo difensore, Slobodan Milosevic, che hanno operato con gli USA e la NATO, ansiosi di vedere nella storia l’ultimo Presidente della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia portare l’intera responsabilità di quello che loro avevano commesso.                                          
Alle presenti condizioni, non esiste la possibilità che vengano rispettati i diritti legali e l’attuale necessità di cure per il Presidente Milosevic e quindi di iniziare il procedimento di difesa nel 2004.  Se tutto va bene, se l’ONU non riesce ad abolire il Tribunale ICTY, il processo potrebbe riprendere solo nel 2005. 
L’esame tenace ed efficace, da parte del Presidente Milosevic, delle testimonianze dell’accusa, giorno dopo giorno, è la miglior prova evidente della sua determinazione a battersi per la verità, che dovrà necessariamente rivelarsi a conclusione del processo.
Nell’ottobre del 2003, la Camera Penale ha deciso che l’accusa potrà presentare le sue rimanenti prove attraverso deposizioni scritte e giurate, attraverso quindi affidavit, in violazione dei diritti dell’accusato che deve confrontarsi direttamente con i suoi accusatori che forniscono la loro testimonianza. Questa è un’altra violazione dei diritti protetti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e degli Accordi Internazionali sui Diritti Civili e Politici: l’intenzione da parte dell’accusa è quella di presentare prove dirette in forma scritta e quindi distruggere il valore significativo dell’esame incrociato delle prove.                                                                                                     
Nell’interesse della verità, dell’onestà nelle apparenze e nei fatti, della giustizia e del rispetto per la legge e per le organizzazioni internazionali, a Slobodan Milosevic devono essere prestate cure mediche e servizi sanitari, gli si devono condizioni di esistenza che lo tutelino, si deve esigere la presentazione delle prove accusatorie attraverso testimonianze dirette, bisogna che gli venga fornito il tempo e i mezzi necessari a preparare la sua difesa da sviluppare in un giusto processo, visto che non si parla di abolire il Tribunale ICTY.
Fino a che il Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex Jugoslavia non verrà eliminato, l’ONU ha il dovere, senza alcuna inadempienza, di assicurare la giustizia nei procedimenti delle sue Corti illegalmente istituite.


XVI. L’ONU deve agire subito per abolire i Tribunali Internazionali Penali creati con specifici obiettivi. 

Una Corte Internazionale di Giustizia ICC aveva potuto essere istituita con un emendamento allo Statuto delle Nazioni Unite, ma ci si doveva scontrare con il veto degli Stati Uniti. Lo Statuto della ICC individuava la questione “ex post facto”, che era sorta se la giurisdizione dovesse essere applicata anche a crimini commessi prima dell’istituzione della Corte, una questione non condivisa dagli Stati Uniti, che però hanno insistito per l’istituzione di Tribunali ad hoc che hanno giurisdizione su azioni che sono già avvenute prima della loro creazione.                                                 
Mentre sostanziali crimini sono stati affermati nel diritto internazionale dalla Carta di Norimberga, dalla Convenzione sul Genocidio, da altre convenzioni e dallo “jus cogens”, istituzioni internazionali, procedure e in molti casi sanzioni penali si sono dimostrate insufficienti nella loro applicazione. Avendo fallito per cinquant’anni di rafforzare in modo permanente la ICC, l’ONU avrebbe dovuto, e deve farlo ora, assicurare  l’indipendenza, l’imparzialità, la competenza, l’efficacia della ICC, in modo che la Corte agisca in stretta conformità con principi condivisi di giustizia giusta per tutti secondo il diritto.
L’incredibile violenza internazionale, guerre civili e lotte di resistenza rivoluzionarie e di liberazione, dal 1945 al 1993, sono avvenute per carenza di procedimenti giudiziari internazionali. Questo ha provocato milioni di morti nelle guerre di Corea e nel Vietnam, un milione o più in Cambogia e in Afghanistan, sicuramente milioni in lotte intestine in Africa, in Asia, nelle Americhe, con dozzine di mortali conflitti in divenire a tempi successivi, molti istigati, fomentati, aiutati o incoraggiati da membri ricchi e potenti delle Nazioni Unite, tutti con l’impunità internazionale.
In contrasto con questa storia, l’ONU ha creato per la prima volta un Tribunale Penale illegale sotto l’insistenza dell’unica superpotenza, gli USA, per assicurare la frantumazione della Federazione Balcanica e per acquisirne il cambiamento di regime.                                                                                     

La Federazione veniva ed è considerata come necessaria ad impedire i conflitti nella regione e oltre. Il Tribunale ha messo in stato di accusa gli avversari degli USA che tentavano con mille sforzi di tenere insieme la Federazione e di evitare la Balcanizzazione con nuove nazioni. Gli USA hanno dato impulso al separatismo, perpetrando crimini di guerra ed ammazzando migliaia di civili. Questo comportamento e questi Tribunali ad hoc non porteranno mai pace, verità, giustizia, o rispetto per le istituzioni internazionali e il diritto.
Le Nazioni Unite devono muoversi immediatamente per abolire tutti questi Tribunali ad hoc che loro hanno istituito, il Tribunale per i Crimini della ex Jugoslavia, quello per il Ruanda, la Corte in Sierra Leone e il Tribunale con la partecipazione ONU in Cambogia. Tutti questi rappresentano la corruzione dei più basilari principi sui quali si fondano e dai quali dipendono la ricerca e l’operante applicazione del diritto.
L’eguaglianza è la madre della giustizia.
I Tribunali ad hoc sono intrinsecamente selettivi e discriminatori e sono stati istituiti per condannare e marchiare a fuoco i nemici presenti in quelle Nazioni che devono essere controllate da parte di un’autorità che si sta costituendo. Queste corti sono incapaci di prestazioni efficienti, dato che ogni tribunale impiega personale senza esperienza professionale e senza addestramento al compito ed estraneo alla storia, alla tradizione, alle culture, agli idiomi delle parti contendenti in zone a volte isolate di conflitto. Il vero motivo della creazione dei Tribunali speciali è un impegno di dichiarazioni di colpevolezza, e comunque lo scopo effettivo delle loro istituzioni è fallito.                           
A questo momento critico nella impegnativa battaglia della Corte Internazionale di Giustizia per la costruzione di una Istituzione di giustizia penale internazionale permanente, efficace, rispettata, i Tribunali ad hoc incoraggiano i sotterfugi e la sovversione del mandato della ICC, per favorire invece  la criminalizzazione politica discriminatoria dei nemici individuati dalla Superpotenza USA che rifiuta la giurisdizione della ICC su di sé, ma che esige processi per distruggere quei soggetti che le si oppongono.
È imperativo per il futuro della giustizia penale internazionale, così centrale per la stabilità della pace nel mondo, che i Tribunali ad hoc creati sotto pressione degli Stati Uniti vengano aboliti e stigmatizzati come minacce al perseguimento della giustizia giusta secondo il diritto.




CONCLUSIONE

Perché vi sia pace nei Balcani e nelle aree contigue, le Nazioni Unite devono appoggiare una nuova Federazione di Stati Balcanici, assicurando ad ognuno pari sovranità e libertà dalla dominazione straniera e dallo sfruttamento. Gli USA e la NATO devono essere ritenuti responsabili e devono rendere conto delle loro aggressioni militari contro la Jugoslavia, devono compensare i famigliari delle persone uccise e pagare miliardi di dollari dovuti in riparazione delle proprietà e delle strutture distrutte. I Tribunali penali internazionali istituiti ad hoc dal Consiglio di Sicurezza in violazione della Carta delle Nazioni Unite devono essere aboliti. Le Nazioni Unite devono convenire che tali azioni illegali non potranno più essere tollerate.


Ramsey Clark
New York, NY., U.S.A.
febbraio 2004





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