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DIVIDE ED IMPERA
LA DISTRUZIONE DELLA
FEDERAZIONE BALCANICA
DA PARTE DEGLI STATI UNITI E DELLA NATO
di
Ramsey
Clark,
ex Ministro della Giustizia degli USA,
avvocato che si batte per i diritti umani,
New York, N.Y., U.S.A, febbraio 2004.
|
La versione originale / the
original text, in
english:
http://www.iacenter.org/yugo/divide&conquer.htm
oppure:
http://www.icdsm.org/more/rclarkUN2.htm
Traduzione ed elaborazione di Curzio
Bettio di Soccorso Popolare
di Padova
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INDICE
Introduzione
PARTE
PRIMA
Secoli di
storia dei
Balcani rivelano la necessità di una
Federazione per prevenire
la guerra.
I. La Geografia, la Storia e la straordinaria
mescolanza di popoli,
culture e religioni concorrono a creare una
speciale esigenza nei
Balcani di una forma di governo che sia in grado
di assicurare la pace,
l’eguaglianza e la giustizia.
II. La Prima Federazione Balcanica: 1919-1941
III. Il Primo Smembramento della Jugoslavia:
1941-1945
IV. Nel mezzo secolo successivo la Jugoslavia,
come Repubblica
Federale, è progredita sia internamente che
internazionalmente:
1945-1992
V. L’ONU dovrebbe agire ora per appoggiare la
pianificazione della
costruzione di una Federazione per i Balcani e
gli Stati
confinanti.
PARTE SECONDA
Un breve
excursus della
distruzione violenta della Repubblica Federale
Socialista di Jugoslavia
da parte degli Stati Uniti e della NATO.
VI. Con il collasso economico dell’USSR e delle
Nazioni del Blocco
Orientale, alcune Nazioni Europee Occidentali
sono intervenute negli
affari interni della Jugoslavia e hanno favorito
i movimenti
secessionisti delle sue diverse Repubbliche:
1990-1996
VII. Il Secondo Smembramento della Jugoslavia e
la “Balcanizzazione”
dei Balcani: 1992-1998
VIII. Gli Stati Uniti, con la NATO, hanno
intrapreso guerre di
aggressione contro i Serbi di Bosnia e
contro la Serbia: 1993-1995
IX. Gli Stati Uniti e la NATO hanno commesso
crimini contro la pace e
crimini di guerra nelle loro guerre di
aggressione contro i Serbi di
Bosnia e contro la Serbia.
X. Gli Stati Uniti e la NATO devono essere
considerati responsabili per
la loro guerra illegale di aggressione contro i
Serbi di Bosnia e
quelli della Serbia, inclusi quelli del Kosovo.
PARTE
TERZA
La Carta delle
Nazioni
Unite non prevede la facoltà di istituire
Tribunali Penali e
questi Tribunali creati ad hoc costituiscono
una continua minaccia per
la pace.
XI. Gli Stati Uniti hanno impedito al Consiglio
di Sicurezza dell’ONU
di andare contro il loro potere, con il quale
possono individuare come
obiettivi i loro avversari e cambiarne i sistemi
di governo, con
l’istituzione del Primo Tribunale Penale
Internazionale
XII. Gli Stati Uniti impongono la istituzione
del Tribunale
Internazionale per i Crimini di Guerra nella ex
Jugoslavia per cambiare
i sistemi di governo, indebolire gli Stati
Balcanici e criminalizzare
la Dirigenza Serba.
XIII. L’Amministrazione Bush intende perseguire
politiche unilaterali,
manifestate con le sue guerre di aggressione
contro la Jugoslavia,
l’Afghanistan e l’Iraq, con la creazione di
Tribunali Penali con
specifici obiettivi, e con i suoi rovinosi Acts
contro le Istituzioni,
i Trattati e il Diritto Internazionale. Gli USA
possono essere bloccati
solo dall’impegno unitario dei membri delle
Nazioni Unite che li
costringa all’osservazione delle
norme.
XIV. L’atto di accusa contro il Presidente della
Repubblica Federale di
Jugoslavia, Slobodan Milosevic, ha costituito la
base di un processo
discriminatorio determinato politicamente.
XV. Lo scopo e l’importanza del processo
assolutamente non riescono, o
non sono opportuni, al proseguimento e alla
risoluzione giudiziale del
processo a Slobodan Milosevic. Il processo
minaccia la sua salute e il
suo diritto ad avere un giusto giudizio secondo
la Legge.
XVI. L’ONU deve agire subito per abolire i
Tribunali Internazionali
Penali creati con specifici obiettivi.
CONCLUSIONE
INTRODUZIONE
La distruzione della Repubblica Socialista
Federale di Jugoslavia
è stata realizzata mediante pressioni ed
interferenze esterne,
ed una guerra di aggressione da parte degli
Stati Uniti e della NATO
contro la Jugoslavia, durante tutti gli anni
Novanta. Questo è
stato possibile, proprio per la deficienza delle
Nazioni Unite a far
fronte alle loro responsabilità nel prevenire
tali atti di forza
e nel far terminare il flagello della guerra.
Il Tribunale Internazionale per i Crimini di
Guerra nella ex Jugoslavia
(ICTY), istituito dal Consiglio di Sicurezza
sotto la pressione degli
USA, faceva parte dei piani Statunitensi per lo
smembramento della
Jugoslavia, e per intimidire ed eliminare i
leaders che erano impegnati
a conservare la sovranità e l’indipendenza della
Federazione.
Le aggressioni degli eserciti degli USA e della
NATO contro la
Jugoslavia hanno violato la Carta dell’ONU, la
Carta di Norimberga, lo
Statuto della NATO, le Convenzioni di Ginevra ed
altre leggi
internazionali. La creazione del Tribunale ICTY
ha violato la Carta
dell’ONU, che non autorizza il Consiglio di
Sicurezza ad istituire
tribunali di questa natura. La limitata
giurisdizione e lo statuto
istitutivo di questo Tribunale ICTY hanno
violato numerose norme della
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e
la Convenzione
Internazionale dei Diritti Civili e Politici.
Sia le aggressioni che il
Tribunale miravano a distruggere la “pari
sovranità” di un
Membro dell’ONU, il principio base sul quale
“l’Organizzazione si
fonda”. Articolo II della Carta delle Nazioni
Unite.
Lo smembramento della Jugoslavia, le guerre di
aggressione,
l’insolvenza nel rifondere risarcimenti per le
migliaia di vite perse,
le distruzioni per miliardi di dollari, e il
Tribunale Penale ad hoc
fuorilegge costituiscono continue minacce per la
pace.
Le Nazioni Unite devono agire ora ed
immediatamente per favorire il
costituirsi di una nuova Federazione Balcanica,
assicurandone la pari
sovranità con tutti i membri delle Nazioni
Unite. Per la
credibilità e l’integrità delle Nazioni Unite,
deve
essere preteso il riconoscimento della
responsabilità degli USA
e della NATO per le morti e le distruzioni che
loro hanno inflitto alla
Jugoslavia. Per la legittimità delle Nazioni
Unite devono essere
aboliti tutti i Tribunali Speciali ed assicurare
alla Corte
Internazionale di Giustizia ICC tutto l’appoggio
necessario per
perseguire effettivamente con imparzialità i
crimini
internazionali contro la pace, contro l’umanità
e i crimini di
guerra, e solo una nuova applicazione del
diritto potrà
assicurare in questo modo la pace internazionale
e la
stabilità.
PARTE PRIMA
Secoli di
storia dei
Balcani rivelano la necessità di una
Federazione per prevenire
la guerra.
I. La
Geografia, la Storia e la
straordinaria mescolanza di popoli, culture e
religioni concorrono a
creare una speciale esigenza nei Balcani di
una forma di governo che
sia in grado di assicurare la pace,
l’eguaglianza e la giustizia.
La storia dei Balcani per secoli è stata
dominata da violenti
contrasti fra le sue molte regioni e i popoli,
le culture e le
religioni, per l’autodeterminazione e
l’indipendenza da imperi
stranieri. I Turchi Ottomani, già nel 14.esimo
secolo, avevano
occupato vaste aree della regione e introdotto
nei Balcani una cultura
e una civiltà estranee. Nei successivi
cinquecento anni veniva
imposta una cultura straniera, in conflitto sia
con quella della Russia
Ortodossa sia con le culture dell’Europa
Occidentale, con influenze
sull’intera regione. Inoltre, in questi
cinquecento anni, l’Impero
Ottomano aveva cospirato con gli Imperi di Gran
Bretagna, Austria,
Germania, Russia e Francia e in vari momenti
aveva messo in azione
tutti i mezzi per dominare e sfruttare i Balcani
e sottometterne i
popoli. I Balcani del sud ed occidentali, sotto
il controllo Ottomano,
hanno sperimentato la violenza e hanno cercato
quasi costantemente di
ribellarsi, durante quasi tutto il 19.esimo
secolo.
I Serbi, i Greci e altri popoli hanno sempre
lottato per
l’indipendenza, di solito separatamente,
comunque rendendosi conto
costantemente delle difficoltà di tutti. Come
spesso accade, la
rivolta Serba del 1804 ebbe inizio da un
conflitto locale che
sfociò in una guerra di liberazione nazionale a
dimensione
totale. Gli altri Imperi con interessi nella
regione, Russia, Francia,
Gran Bretagna ed Austria, generalmente
manifestavano la loro
opposizione ai movimenti di liberazione
nazionali piuttosto che
all’Impero Ottomano, o ad altri Imperi, nello
stesso modo in cui le
grandi potenze Europee e gli Stati Uniti con
interessi nei Caraibi si
erano opposti alla ribellione degli schiavi ad
Haiti nel 1791, in modo
molto più intenso di come si erano opposti
contro altre potenze
che erano interessate alle ricchezze di quella
regione. Il bottino per
le potenze è perso per sempre quando i popoli,
fino ad un certo
momento della storia soggiogati, instaurano un
loro governo libero ed
indipendente. Nel 1815, una seconda insurrezione
Serba contro il regime
Ottomano fece conseguire una limitata autonomia
per alcune zone della
Serbia.
Dal 1812 fino al 1850 i Musulmani di Bosnia,
generalmente Slavi i cui
antenati si erano convertiti all’Islam,
sporadicamente si erano
rivoltati contro l’Impero Ottomano cercando di
conservare ed espandere
i loro poteri e i privilegi che avevano ottenuto
sotto i Turchi.
I Balcani del nord venivano dominati dall’Impero
Austriaco dal 17.esimo
Secolo fino alla fine della Prima Guerra
Mondiale, nel 1918. Nel 1848,
Serbi e Croati si univano agli Ungheresi e a
qualche altra nazione in
insurrezioni politiche con lo scopo di
conseguire un’autonomia
nazionale per i loro popoli contro gli Ottomani,
sotto la protezione
dell’Impero Austriaco. I Russi invadevano la
regione per ristabilire lo
status quo. Allo stesso tempo, la Francia
invadeva l’Italia per
puntellare la metà occidentale dell’Impero
Austriaco. In seguito
gli Austriaci tentarono di schiacciare con la
forza le aspirazioni
Serbe e Croate all’autodeterminazione. Usando
questi metodi, l’Austria
permetteva alla nobiltà Ungherese di sfruttare
la regione della
Vojvodina. Più tardi l’Austria si servì della
Russia e
del nuovo Impero Tedesco di Bismarck come
alleati per conseguire una
espansione verso sud del proprio Impero nei
Balcani, a spese dei
Turchi.
Nel 1875 la lotta nazionale della Serbia per
l’indipendenza si
estendeva alla Bosnia e alla Erzegovina. Rivolte
simili avvenivano fra
i Bulgari e i Rumeni. In parte per annettersi
terre della Romania, in
accordo con l’Austria, nel 1877 la Russia
scatenava una guerra contro
l’Impero Ottomano. Con la sconfitta dell’Impero
Ottomano da parte della
Russia, nel Congresso di Berlino del 1878 le
potenze Europee si
spartirono fra loro il dominio sui Balcani.
Dopo un accordo tra il Primo Ministro Britannico
Benjamin Disraeli e il
Cancelliere Tedesco Otto von Bismarck, l’Austria
occupava la Bosnia e
l’Erzegovina, dove i Serbi costituivano una
maggioranza spogliata di un
proprio ruolo. Per dare un segnale di equilibrio
dopo la sottomissione
della Bosnia, veniva concessa finalmente alla
Serbia e al Montenegro la
piena indipendenza, che comunque da qualche anno
vi veniva già
esercitata
largamente.
Per scoraggiare la Serbia da qualsiasi tentativo
di unire i Serbi in
un’unica nazione, una preoccupazione continua
delle grandi potenze,
Bismarck, Disraeli e le altre potenze al
Congresso di Berlino
convennero che le truppe Austriache dovevano
stazionare nella regione
del Sangiaccato, dividendo così la Serbia dal
Montenegro,
assicurando in questo modo la loro costante
separazione politica. Nel
1908, l’Austria si annetteva la Bosnia e
l’Erzegovina.
Nel nord dei Balcani, per la Slovenia e la
Croazia, l’esperienza sotto
l’Impero Austro-Ungarico durante i secoli di
occupazione Ottomana era
stata solo leggermente migliore. Il popolo
soffriva comunque della
dominazione e dello sfruttamento da parte dello
straniero. La violenza
di molti secoli aveva costretto larghi strati
della popolazione Serba a
migrazioni attraverso gli Stati Balcanici, con
spostamenti verso la
Bosnia, la Croazia e la Slovenia. I Croati si
erano spostati verso la
Bosnia e gli Ungheresi verso la Vojvodina, dove
si erano insediati e
avevano vissuto, molte famiglie da secoli,
conservando i loro costumi e
i loro modi di vita. Molti Croati, Macedoni ed
Ungheresi si erano
trasferiti in Serbia, e migliaia di Albanesi dal
Kosovo a Belgrado e in
altre città della Serbia, dove venivano tutelati
i loro diritti.
Per proteggere se stessi da vicini potenti e da
conflitti interni, i
piccoli Stati Balcanici cercarono nelle
coalizioni l’indipendenza, la
sicurezza economica e territoriale. Nel 1911,
una larga Coalizione
Balcanica fra Grecia, Serbia, Montenegro, e
Bulgaria veniva a formarsi
per rafforzare i suoi membri contro il
declinante Impero Ottomano.
L’anno seguente, scoppiava la Prima Guerra
Balcanica tra la Turchia e i
membri della Coalizione Balcanica, che terminava
nel luglio 1913 con la
vittoria della Federazione Balcanica. Alla
conferenza di Londra che
stabiliva i termini della pace, la Gran Bretagna
e l’Austria imposero
le loro decisioni sui nuovi confini. L’Albania
acquistava
l’indipendenza dalla Turchia, che l’aveva da
così lungo tempo
dominata, ma veniva posta sotto il controllo
internazionale con la
supervisione della Gran Bretagna e dell’Austria.
Alla fine del
1913 scoppiava una Seconda Guerra
Balcanica come conseguenza
delle condizioni della conferenza di Londra. Nel
conflitto entravano la
Bulgaria, la Serbia, la Grecia, la Romania e la
Turchia. Mentre il
conflitto veniva rapidamente ricomposto, le
tensioni che ne derivarono
venivano covate fino allo scoppio della I Guerra
Mondiale.
Nel 1914 l’Arciduca Ferdinando d’Austria veniva
assassinato a Sarajevo
da rivoluzionari Bosniaci che aspiravano alla
separazione dall’Austria
e all’unione della Bosnia con la Serbia.
L’Austria, in seguito
all’assassinio del suo Arciduca Ferdinando,
Principe della Corona,
dichiarava guerra alla Serbia, e con la Germania
progettava e metteva
in atto un terribile assalto alla Serbia. La I
Guerra Mondiale fu
estremamente violenta per i Balcani, e i Serbi
soffrirono la perdita di
più di 800.000 morti, resistendo all’Austria e
alla Germania.
Il libro di Ivo Andric “Il Ponte sulla Drina”
resta una
rappresentazione di immenso valore di questa
storia, centrata in Bosnia
dall’arrivo dei Turchi nel 14.esimo secolo fino
alla fine della I
Guerra Mondiale, secondo la prospettiva di tutti
i popoli che avevano
vissuto in quella regione oppressa.
II. La Prima
Federazione Balcanica:
1919-1941
Dopo la I Guerra Mondiale, risultava
evidente che
nei Balcani una Federazione di popoli
prevalentemente Slavi, per quanto
difficile da conseguire, era essenziale per un
futuro di pace nella
regione. Nessuno poteva capire meglio questa
situazione dei popoli che
vivevano in quella zona.
L’idea di una Federazione delle Nazioni degli
Slavi del Sud era nata
fin dalla fine del 18.esimo secolo. Era vista
come uno scudo necessario
contro la dominazione di potenze straniere in
lotta sul territorio dei
Balcani e contro le divisioni interne prodotte
da tali conflitti. Una
riflessione sulla storia della Federazione
Jugoslava dal 1918
può far luce sul futuro corso essenziale per la
pace, in modo
che la storia non ripeta se stessa ancora una
volta in questa terra
meravigliosa e tragica.
Nel 1918, la creazione del Regno dei Serbi,
Croati e Sloveni diventava
il riconoscimento della necessità dell’unità,
malgrado
culture, religioni, storie anche conflittuali,
alleanze ed antagonismi
di società diverse nell’ambito della regione. La
nuova unione
riceveva l’appoggio, anche se con scarsi
effetti, della Società
delle Nazioni, che riconosceva l’importanza di
una Federazione
Balcanica, ma che era in grado in modo solo
modesto di contribuire al
suo faticoso instaurarsi.
Nove anni difficili di pressioni esterne, di
conflitti e di condizioni
politiche dittatoriali interne, erano troppo
simili alle esperienze di
insicurezza, di dolore e di lacerazioni provate
sotto gli ex Imperi
dell’Europa e dell’Asia.
Nel 1927, pressioni da stati vicini più potenti,
l’Italia ed
altri stati cercavano di smembrarlo, indussero
il Regno dei Balcani a
sottoscrivere un trattato di amicizia con la
Francia, nel tentativo di
proteggere la propria sovranità ed
unità.
Nel 1928, le crescenti tensioni culminarono
nell’assassinio in
Parlamento del membro Croato Stjepan Radic.
Radic era capo del Partito
Croato dei
Contadini.
Nel 1929, il Re Alessandro cambiava il nome
della nazione precaria e in
lotta per la sua sopravvivenza in Jugoslavia
(Nazione degli Slavi del
Sud) e sollecitava l’introduzione di riforme
nella divisione dei
poteri, in modo da tenere insieme quei settori
dello stato da tanto
tempo antagonisti.
Nel 1934, durante una visita di stato in
Francia, il Re Alessandro e il
Ministro degli Esteri Francese venivano
assassinati a Marsiglia da un
Macedone con stretti collegamenti con Ante
Pavelic, un separatista
Croato associato ad un gruppo Croato
paramilitare, gli Ustascia, e con
le autorità Italiane ed Ungheresi.
Dopo tutto questo, sotto il governo del Reggente
Paolo, cugino del Re
Alessandro, la Jugoslavia veniva coinvolta nelle
tensioni sempre
più pesanti tra le potenze Europee dell’Asse,
Germania ed
Italia, e i principali Alleati, l’Inghilterra e
la Francia. La
Jugoslavia, tentando di conservare inutilmente
la propria
neutralità, entrava in un’alleanza con la
Cecoslovacchia e la
Romania, chiamata la “Piccola Intesa”. Data la
sua posizione geografica
e azioni sempre più coercitive, la Jugoslavia
veniva costretta
ad allinearsi con le nazioni dell’Asse e nel
marzo 1941 a firmare il
Triplice Patto dell’Asse. Il giorno dopo, una
folla inferocita ed
armata instaurava un nuovo governo. Questo
respingeva l’adesione della
Jugoslavia al trattato Tripartito.
Malgrado tutte queste difficoltà, si era
costituita una
Federazione nei Balcani, e per ben ventidue
anni, in questa regione,
non era apparso lo spettro della guerra!
III. Il Primo
Smembramento della
Jugoslavia: 1941-1945
Nell’aprile del 1941, la Germania,
l’Italia, la
Bulgaria e l’Ungheria invadevano, dividevano ed
occupavano la
Jugoslavia. La Slovenia veniva spartita fra
Italia e Germania. La
Germania occupava la Serbia. Ante Pavelic, capo
degli Ustascia, veniva
messo a controllare lo stato indipendente di
Croazia, che includeva
anche tutta la Bosnia. La Bulgaria occupava la
Macedonia e parte della
Serbia. All’Ungheria spettava la Vojvodina.
L’Albania, controllata
dall’Italia, condivideva il Kosovo con la
Bulgaria.
Centinaia di migliaia di Serbi venivano
ammazzati durante gli anni di
guerra, forse un milione. Molte delle peggiori
atrocità della II
Guerra Mondiale sono state commesse contro la
Jugoslavia e
primariamente direttamente sui Serbi.
I fascisti Croati Ustascia, agendo
indipendentemente o per conto dei
Nazisti, conducevano aggressioni di eliminazione
contro i Serbi, gli
Ebrei, i Rom e il popolo degli zingari. I loro
campi di concentramento,
il più infame a Jasenovac, dove almeno
seicentomila persone
hanno trovato la morte, sono stati fra i più
terribili in
Europa.
Vladimir Dedijer, uno scrittore Serbo molto
considerato
internazionalmente ed attivista per i diritti
umani, ha stilato un
documento importante su queste atrocità e il
ruolo che vi ha
giocato la Chiesa Cattolica.
I Partigiani Jugoslavi combattenti per la
Resistenza, sotto la guida di
Tito, all’inizio accentrati nella Bosnia,
conducevano attacchi efficaci
dalle zone montagnose della regione contro le
forze Tedesche e i Croati
Ustascia. Dal 1944 i Partigiani
controllavano la maggior parte
della Serbia e contavano su 250.000 uomini in
armi. La Resistenza
Jugoslava era la più strutturata e la più
operativa fra
quelle delle altre nazioni sotto il tallone dei
Nazisti.
Nell’estate del 1944, da oriente si aggiungevano
le armate Sovietiche a
dare sostegno alla lotta di resistenza e
nell’ottobre di quell’anno
veniva presa
Belgrado.
Nel 1945, al momento della resa tedesca, le
forze partigiane
controllavano l’intero paese: fra tutte le
nazioni europee, la
Jugoslavia era quella che in maggior misura
doveva la propria
liberazione a se stessa e non all’aiuto esterno
degli Alleati.
Nel febbraio 1945, alla Conferenza di Yalta fra
l’Unione Sovietica, gli
Stati Uniti e la Gran Bretagna costantemente
venivano messi in luce gli
interessi concorrenti per i Balcani e per i
confini della Jugoslavia
con l’Italia e l’Austria, in particolar modo
della Gran Bretagna.
Il Ministro degli Affari Esteri Britannico,
Anthony Eden, manifestava
l’opposizione ad un patto di alleanza fra la
Jugoslavia e la Bulgaria,
che avrebbe potuto rafforzare l’indipendenza dei
Balcani.
I “Tre Grandi” riconoscevano l’autorità del
Maresciallo Tito e
lo chiamavano alla formazione di un nuovo
governo, sulla base di un
accordo sottoscritto. La nuova Jugoslavia
arrivava a fornire assistenza
alla Grecia e all’Albania, così come alla
Bulgaria e alla
Romania, con la prospettiva di creare una
Federazione propriamente
pan-Balcanica, ben più allargata di quella degli
anni Quaranta.
I comunisti istituirono un sistema politico
strettamente ispirato al
modello sovietico comprendente sei repubbliche
Federali, e cercarono di
imitare anche la struttura e la politica sociale
dell’USSR.
IV. Nel
mezzo Secolo
successivo la Jugoslavia, come Repubblica
Federale, è progredita
sia internamente che internazionalmente:
1945-1992
Sollevandosi dalle rovine della II Guerra
Mondiale, la Jugoslavia
dimostrava la sua abilità nel funzionare
efficacemente, pur in
presenza delle sue diverse religioni, storie,
tradizioni, ambizioni ed
interessi. Dopo il 1945 era emersa una
Federazione di sei Repubbliche,
e nel gennaio del 1946 venne promulgata la sua
prima Costituzione. La
Costituzione conteneva clausole affermative che
proteggevano in modo
particolare le tre religioni più diffuse,
assicurando la
tolleranza religiosa e i diritti per le
minoranze. Venivano prese in
considerazione le differenti nature e tradizioni
delle sei Repubbliche,
che risultavano protette anche da ogni
interferenza Federale, e veniva
fatto ogni sforzo per un bilanciamento politico
tale da soddisfare al
meglio le diverse necessità e gli interessi
delle parti distinte
della Federazione e dei suoi
popoli.
Fin dal 1946 e il 1947, la Jugoslavia trattava
per federarsi con la
Bulgaria, ma l’opposizione Sovietica ne
preveniva l’azione. Nel 1953,
una nuova Costituzione realizzava un migliore
bilanciamento e
incorporava clausole progressive che
comprendevano, ad esempio,
limitazioni a due in termini di cariche
pubbliche, e assicuravano la
fedeltà alla Costituzione dando pieni poteri
alle Corti di
invalidare le norme in contrasto con la
Costituzione.
All’inizio la Jugoslavia sembrava essere vicina
all’Unione Sovietica,
ma nel 1948 la USSR tentava di rovesciare il suo
governo e di espellere
la Jugoslavia dal Cominform, soprattutto a causa
dell’aggressiva
modernizzazione della sua industria e della sua
politica estera
indipendente.
La Jugoslavia non chiese mai di entrare a far
parte dell’Organizzazione
del Patto di
Varsavia.
In seguito, la Jugoslavia, malgrado la sua
storia e la sua collocazione
geopolitica fra le potenze contendenti,
conseguiva un pieno successo
nel perseguire una linea indipendente, pur fra
le tante pressioni che
giungevano da est e da ovest, cioè dagli Stati
Uniti e
dall’Unione Sovietica. Il Presidente Tito era
corteggiato e visitato da
entrambe le Nazioni. La Jugoslavia forniva
un’importante
leadership nel Movimento dei Non-Allineati che
tentava di conservare
qualche equilibrio durante la Guerra Fredda e di
evitare conflitti
distruttivi per le nazioni, in Europa, Africa,
Asia e in America. Il
Movimento era un simbolo significativo per le
nazioni minori della
possibilità di indipendenza dal militarismo
straniero,
dall’interferenza negli affari interni e dallo
sfruttamento economico.
All’avvicinarsi del collasso economico dell’USSR
e del suo blocco
Orientale Europeo negli ultimi anni Ottanta, la
Jugoslavia si trovava
nella posizione economica e politica più robusta
fra tutte le
altre nazioni Slave, con la prospettiva di
un’ulteriore fioritura,
libera dalle pressioni della Guerra Fredda. Ma
ora erano gli Stati
Uniti ed altri che avevano l’interesse a
manovrare per un cambiamento
di regime e per lo smembramento della
Jugoslavia. Gli USA cominciarono
ad esercitare la loro influenza e a fornire
l’appoggio per la
separazione della Slovenia, della Croazia, della
Bosnia e della
Macedonia. Altri governi Europei, specialmente
la Germania, sostenevano
e aiutavano le azioni degli Stati Uniti. Le
influenze esterne, che
miravano a vantaggi economici e di geopolitica,
e non dovevano
più confrontarsi con le forze a loro contrarie
dell’Unione
Sovietica, alimentarono vecchi pregiudizi e
ambizioni, in modo da
mandare in frantumi la
Federazione.
Nel momento in cui la Jugoslavia era finalmente
libera dalla pressione
della Guerra Fredda, i movimenti secessionisti
promossi da Governi di
potenze straniere, in primis dagli USA,
conseguirono il suo secondo
smembramento.
Per gli USA, era proprio il cambiamento di
regime in Serbia la
motivazione ideologica più forte! Non si poteva
far sopravvivere
un governo socialista, anche se la sua economia
e le sue politiche
estere erano di flessibilità e di non
aggressione.
V. L’ONU
dovrebbe agire ora per
appoggiare la pianificazione della costruzione
di una Federazione per i
Balcani e gli Stati confinanti.
Se si studiano le lezioni della storia, si potrà
comprendere
come una Federazione che comprenda gli stati
Balcanici sia essenziale
per la pace e la prosperità nella regione.
L’Assemblea Generale
dell’ONU dovrebbe appoggiare lo sviluppo di
progetti per costruire
Federazioni, in collaborazione con l’Unione
Europea e le nazioni dei
Balcani e delle aree
contigue.
Attualmente l’Unione Europea ha considerato
proposte per l’unione dei
Balcani Occidentali che includa le ex
Repubbliche della Jugoslavia, con
esclusione della Slovenia, e che comprenda anche
l’Albania. É
importante che tali proposte siano sviluppate
con la partecipazione di
tutte le nazioni della regione. È importante
anche la
supervisione dell’Assemblea Generale per aiutare
a trovare la forma
ideale di Federazione e i membri che dovrebbero
partecipare e fornire
le risorse per realizzare questo obiettivo.
Membri della NATO hanno partecipato al secondo
smembramento della
Jugoslavia e mantengono i loro interessi
economici ed altri interessi
nella regione. Una nuova Federazione che
comprenda le nazioni dei
Balcani non deve essere ridotta ad un ghetto
meridionale per i
più poveri d’Europa, ma una parte della comunità
mondiale
libera, vitale e
prosperosa.
La ricerca delle responsabilità per la tragedia
del violento
smembramento della Jugoslavia e la stabilità e
la
prosperità nella regione richiedono la guida
dell’ONU e
l’appoggio per una ideale Federazione fra tutti
i popoli dei
Balcani.
PARTE
SECONDA
Un breve
excursus della
distruzione violenta della Repubblica
Federale Socialista di Jugoslavia
da parte degli Stati Uniti e della NATO.
VI. Con il
collasso economico
dell’USSR e delle Nazioni del Blocco
Orientale, alcune Nazioni Europee
Occidentali sono intervenute negli affari
interni della Jugoslavia e
hanno favorito i movimenti secessionisti delle
sue diverse Repubbliche:
1990-1996
Nel novembre 1990, il Congresso USA aveva
promulgato
una legislazione su istanza dell’Amministrazione
Bush che richiedeva il
blocco di qualsiasi forma di crediti e di
prestiti Statunitensi alla
Jugoslavia, se entro sei mesi ognuna delle sei
Repubbliche della
Federazione non avesse tenuto elezioni separate.
Lo scopo era di
smembrare la Jugoslavia, suscitando antiche
pulsioni alla secessione da
parte della Slovenia, Croazia, Bosnia e
Macedonia. Sotto
l’apparenza democratica, gli USA agivano
direttamente negli
affari interni della Federazione. Tutto ciò
faceva parte della
solita tecnica per i cambiamenti di regime
impiegata dagli USA in tempi
precedenti e successivi, più di recente nel 2003
in Liberia e in
Venezuela, dove gli USA avevano fatto insistenza
per nuove elezioni, in
violazione delle Costituzioni nazionali,
malgrado l’attestazione
internazionale di regolarità delle
elezioni dei Presidenti
in carica.
La storia dei tentativi e dei successi ottenuti
dagli USA per i
mutamenti di regime è una storia di tragedie per
le nazioni
coinvolte. Basta pensare all’Iran nel 1953; al
Guatemala nel 1954; alla
Repubblica Democratica del Congo nel 1962; al
Sud Vietnam nel 1963; al
Cile nel 1970 e nel 1973; ad Haiti e alle molte
altre nazioni
dell’Emisfero Occidentale per decenni. Gli USA
sono intervenuti in
Nicaragua ripetutamente negli anni Ottanta e
Novanta, sottraendo in
modo efficace la regione ai Sandinisti con l’uso
combinato di guerre
economiche e con il finanziamento per
l’insurrezione militare dei
Contras e dei politicanti dell’opposizione. In
Angola gli USA hanno
preteso nuove elezioni e una drastica riduzione
di un terzo delle Forze
Armate Angolane, per prevenire possibili
intimidazioni sui votanti.
Dopo che il Presidente Dos Santos, che si era
opposto agli Stati Uniti,
aveva vinto la rielezione con una maggioranza
schiacciante, forze
ostili dell’UNITA guidate da Jonas Savimbi
invadevano e
sottoponevano l’Angola a scorrerie, prima di
essere bloccate. Il costo
in vite e in beni materiali fu enorme. Nel 2003,
gli USA sostennero in
Ruanda le elezioni, nelle quali si impedì ai
partiti e ai
candidati dell’opposizione un’effettiva
partecipazione, con il
risultato di un preteso voto del 95% a favore di
Paul Kagame, creando
così un’apparente democrazia.
Nello stesso modo l’Amministrazione USA
pretendeva elezioni separate in
ognuna delle sei Repubbliche di Jugoslavia, e si
fornivano aiuti ed
assistenza alla Slovenia, alla Croazia, ai
Musulmani e ai Croati in
Bosnia, e alla Macedonia, per mettere in piedi
il supporto necessario
alla secessione, e per l’addestramento e
l’acquisto di armi per
conseguirla. Inoltre le disposizioni normative
USA indirizzate alla
Jugoslavia prevedevano che ogni Repubblica che
teneva elezioni
indipendenti poteva ricevere aiuti economici
dagli Stati Uniti,
nuovamente by-passando il Governo Federale di
Belgrado, e assicurando
così un forte incentivo alla separazione. Nello
specifico veniva
autorizzato l’appoggio economico per le
organizzazioni “democratiche”
all’interno delle Repubbliche, fornendo a queste
“aiuti umanitari di
emergenza e protezione per i diritti umani”.
Questo è un metodo usato dagli USA per creare
un’opposizione
interna e destabilizzare i governi che
contrastano gli Stati Uniti,
come fanno oggi contro Cuba e contro molte altre
nazioni. È un
metodo prevalentemente usato contro le
democrazie, piuttosto che verso
altre forme di governo. Si tratta di una
strategia per un cambiamento
di regime, che appoggia coloro che vogliono
prendere il potere, ma che
sostiene anche i governi esistenti contrastati
da partiti, o dirigenti
politici, che si oppongono agli USA.
Un’agenzia del governo degli USA, la National
Endowment for Democracy
(NED- Agenzia Nazionale per il Finanziamento in
favore della
Democrazia) fornisce milioni di dollari per
ostacolare i movimenti di
autodeterminazione nelle nazioni, dove gli USA
hanno interessi
elettoralistici. Tali interventi unilaterali
sono distruttivi della
sovranità, dell’indipendenza,
dell’autodeterminazione delle
nazioni e della pace.
Tutto questo dovrebbe essere soggetto a sanzioni
per crimini
internazionali!
Gli Stati Uniti, prendendo di mira scopertamente
la Repubblica
Socialista Federale di Jugoslavia, e con
finanziamenti allo scopo, si
sono adoperati con costanza per appoggiare i
movimenti secessionisti in
Slovenia, Croazia, Bosnia e Macedonia ed hanno
agito in diretta
opposizione al Governo Federale della
Jugoslavia.
La stessa legislazione era di indirizzo per i
rappresentanti USA nelle
organizzazioni internazionali della finanza e
del mercato, come la
Banca Mondiale e il Fondo Monetario
Internazionale, in modo che costoro
esercitassero la loro influenza su queste
istituzioni, in modo da far
loro adottare le medesime politiche. Questo
metteva l’enorme potere
economico della finanza internazionale al
servizio delle politiche USA
di sovversione economica e politica e
scoraggiava l’appoggio
unilaterale, i prestiti, il commercio e gli
investimenti esteri nei
confronti di Belgrado.
Era stata promulgata questa direttiva
legislativa per portare alla
disgregazione la
Jugoslavia.
La Germania, l’Italia, la Gran Bretagna,
l’Olanda e altre nazioni
Europee, seguendo le direttive USA, si univano
nella minaccia
dell’isolamento economico della Jugoslavia, dal
febbraio 1991, a meno
che elezioni multipartitiche non si fossero
tenute subito in ognuna
delle Repubbliche costituenti la Federazione.
Dalle nazioni Europee venivano inviate armi alla
Slovenia, in Croazia e
in Bosnia. Negli Stati Uniti venivano
raccolti capitali privati,
e finanziamenti pubblici venivano fatti
pervenire alle nazioni del nord
della Jugoslavia, per armi, attrezzature e
addestramento per rinforzare
la
secessione.
Il 5 marzo del 1991, veniva attaccata una
formazione militare Federale
di stanza a Gospic, in Croazia.
Le Nazioni Unite e i loro membri, sempre alla
ricerca della tutela
della pace, dell’indipendenza politica ed
economica e della
parità di sovranità fra le nazioni, avrebbero
dovuto
intervenire a salvaguardia della Repubblica
Socialista Federale
di
Jugoslavia!
Negli anni Novanta,invece, ci si dimenticò che
vi era già
stato uno smembramento della Jugoslavia nella II
Guerra Mondiale, e si
dimenticarono anche i massacri dei suoi popoli e
la sua eroica
Resistenza, ben superiore a quella messa in atto
nelle altre nazioni
occupate dalle forze dell’Asse. La rinascita
dalla devastazione della
II Guerra Mondiale di una Jugoslavia forte,
indipendente, e
progressista, capace di evitare il dominio
Orientale e Occidentale
durante la Guerra Fredda, una nazione guida nel
Movimento dei
Non-Allineati, e per quarantacinque anni in
pace, era la conferma della
validità della Federazione Balcanica, e della
sua
necessità per la pace in Europa, nell’Asia
Orientale, in Medio
Oriente e nel mondo intero. Era indispensabile
estendere questo modello
riformatore della Federazione Jugoslava, gli
sforzi delle Nazioni Unite
avrebbero dovuto orientarsi verso questo
obiettivo. Al contrario venne
messo in evidenza il fallimento dell’ONU, dato
che si consentiva agli
USA di proseguire nella loro strada in modo
assolutamente sfrenato,
creando così un precedente dell’unilateralismo
USA, e
l’incapacità delle Nazioni Unite veniva ribadita
dalla loro
inerzia ad impedire agli USA di aggredire l’Iraq
nel
2003.
Il Presidente Milosevic ha lottato con tutta la
sua abilità per
preservare la Repubblica Federale. Era suo
dovere Costituzionale fare
questo. I suoi compromessi, a Dayton per la
Bosnia, con le forze della
secessione di Slovenia, Croazia, Macedonia,
erano tutti intesi a
conservare la pace al prezzo di una giusta
sovranità della
Repubblica Federale di Jugoslavia.
L’approvazione della Costituzione
del 27 aprile 1992 per una terza Jugoslavia,
ridotta alla Serbia e al
Montenegro, era il frutto dei suoi sforzi per
preservare la
Federazione, in modo che potesse continuare a
vivere e ingrandirsi fino
ai suoi limiti ideali, come era stato scelto dai
popoli che vi
vivevano. Tutti questi sforzi di conservare
l’unione non modificarono
la determinazione degli USA per indebolire
l’area Balcanica e per un
cambio di regime in Serbia. Mantenere la
Jugoslavia unita era quindi il
dovere di ogni nazione, di ogni organizzazione,
e di ogni individuo che
ricercava la pace, la prosperità e
l’autodeterminazione nei
Balcani e per gli altri popoli coinvolti nello
stesso
destino.
VII. Il
Secondo Smembramento della
Jugoslavia e la Balcanizzazione dei Balcani:
1992-1998
Il 25 giugno 1991 la Croazia e la Slovenia
annunciavano la loro
indipendenza. Aveva inizio il secondo
smembramento della Jugoslavia.
Gli Stati Uniti fornirono direttamente
addestramento e appoggio
militare alle forze armate della Slovenia, della
Croazia e Bosniache.
Nell’ottobre del 1991 avvenivano le
proclamazioni formali di
indipendenza da parte di Croazia e Slovenia.
Subito la Germania
riconobbe entrambe come nuove nazioni, e
all’inizio del 1992 seguirono
gli Stati Uniti e altri paesi Europei.
Nel settembre del 1991 la Comunità Europea aveva
fatto il
tentativo di negoziare un accomodamento politico
per la Jugoslavia in
una conferenza all’Aia presieduta da Lord
Carrington, ex Ministro degli
Esteri Britannico nel governo di Margaret
Thatcher. Nel novembre l’ONU
prese il controllo del tentativo di pace,
designando come suo
Incaricato Speciale Cyrus Vance, ex Segretario
di Stato degli USA sotto
la Presidenza Carter.
La Comunità Europea rientrava nel negoziato con
la creazione di
un meccanismo per il riconoscimento di qualsiasi
Repubblica membro
della Jugoslavia nel passato, o attualmente,
informandone ogni
Repubblica il 6 dicembre 1991, tramite una
commissione presieduta
da Robert Badinter, ex Ministro della Giustizia
della Francia sotto la
Presidenza Mitterand, alla quale era necessario
indirizzarsi per il
riconoscimento internazionale. Entro una
settimana la Croazia, la
Slovenia, la Bosnia e la Macedonia avevano fatto
richiesta di
riconoscimento.
In aggiunta agli sforzi inadeguati, e qualche
volta dannosi, dell’ONU,
della Comunità Europea e di una schiera di
nazioni che agivano
indipendentemente, i dirigenti di ogni parte
della Jugoslavia cercavano
di evitare la guerra. In un rilevante tentativo,
i leaders della
Bosnia, Musulmani, Croati e Serbi, in un
incontro a Lisbona del 19
marzo 1992, si accordarono per una Bosnia
unificata, multi-etnica,
pacifica, come avrebbe potuto essere. Ma Alija
Izetbegovic, capo
dell’ala destra del partito Musulmano di Azione
Democratica per la
Bosnia, spalleggiato dagli USA, proclamava un
governo Bosniaco sotto la
sua Presidenza, escludendo gli altri partiti
politici e i dirigenti
Croato- e Serbo-Bosniaci. Esplose la violenza,
che continuò in
Bosnia per tre anni e mezzo.
L’azione degli USA era coerente con il suo
enorme appoggio ai Musulmani
nella loro lotta per cacciare l’Unione Sovietica
fuori dell’Afghanistan
e ai separatisti Musulmani nelle Repubbliche
Sovietiche a maggioranza
Musulmana. La violenza e i conflitti accesi
dagli USA tra i popoli
Slavi e Musulmani avevano eroso la potenza dei
due più grandi
ostacoli al dominio del mondo da parte degli
USA, dalla II Guerra
Mondiale. La guerra in Bosnia, come quella in
Afghanistan, portava i
Musulmani di ogni parte del mondo a combattere
gli Slavi. Nel
processo veniva incoraggiata la convinzione che
l’Islam fosse sotto
attacco e quindi si appoggiava la militanza
Musulmana.
La politica USA ha nutrito l’estremismo
all’interno sia delle
popolazioni Slave che Musulmane, enorme e forte
su entrambi i campi, e
ha contribuito alla instabilità e alla violenza
nel mondo
intero.
Sotto le pressioni Statunitensi, il Consiglio di
Sicurezza dell’ONU nel
1992 imponeva sanzioni contro la Repubblica
Federale di Jugoslavia, a
complemento delle sanzioni degli USA,
dichiarando la
responsabilità della Jugoslavia per la guerra
civile all’interno
del suo
territorio.
Il 27 aprile 1992 veniva promulgata una nuova
Costituzione per i
rimanenti Stati, la Serbia e il Montenegro. Era
nata una nuova
Jugoslavia, ridotta enormemente e assediata più
che mai.
L’esercito della Repubblica Federale di
Jugoslavia cessava le
operazioni e si ritirava all’interno della
minuscola terza Federazione
degli Slavi del Sud.
Nel maggio del 1992, l’Assemblea Generale
garantiva l’appartenenza alle
Nazioni Unite della Slovenia e della Croazia.
Invece il 22 settembre
1992 era la Repubblica Federale di Jugoslavia ad
essere sospesa dai
lavori dei componenti dell’ONU. Nell’aprile
1993, anche la Macedonia si
separava dalla Jugoslavia ed acquisiva il
riconoscimento dell’ONU come
“Repubblica di Macedonia della ex
Jugoslavia”.
Una conseguenza della secessione e dei conflitti
che ne sono seguiti
è stata la “balcanizzazione” dei Balcani, come
quella regione
non aveva mai conosciuto. La “pulizia etnica”
era dilagante e i
rifugiati senza distinzione fra Musulmani,
Cristiani Ortodossi,
Cattolici, Sloveni, Croati, Serbi, Macedoni,
Montenegrini e Rom come
una fiumana scorrevano verso la sicurezza
percepita dalla presenza di
popolazioni affini.
Alla fine del 1995 più di 500.000 Serbi erano
dovuti fuggire
dalla Croazia, almeno il 12% dell’intera
popolazione. I più
abbandonavano l’area di Croazia della Krajina,
dove i loro antenati si
erano rifugiati secoli avanti, sfuggendo agli
Ottomani.
I profughi da tutte le parti della ex Repubblica
Federale, raggiunti
dalla violenza, cercando la salvezza o tentando
di riunirsi con le loro
famiglie, avevano creato la regione nel mondo,
la più
intensamente segregazionista. Complessivamente
la Serbia, nel
1998, stava aiutando più di un milione di
profughi, cosa
che contribuiva alle preoccupazioni enormi per
la sua depressione
economica.
Il 30 maggio 1992 il Consiglio di Sicurezza
dell’ONU, sotto la
pressione degli USA, imponeva rigide sanzioni
economiche alla Serbia,
bloccandone le esportazioni, le importazioni e
la navigazione vitale
sul Danubio, danneggiando così anche tutte le
altre nazioni
Balcaniche, compresa la Grecia e molti Stati
Europei.
L’effetto combinato delle sanzioni USA e ONU si
fa ancora sentire e la
navigazione sul Danubio solo adesso sta
lentamente
riprendendo.
Durante il 1992, l’economia di tutte le sei
Repubbliche collassava. Il
prodotto industriale crollava del 25% rispetto
al 1990, che aveva visto
un declino dell’11%, e una contrazione del
prodotto interno lordo
dell’8.5%. Il reddito complessivo pro capite in
Serbia si abbassava dai
3000$ del 1990 ai 700$ del 1991.
Prima del 1990, il 90% di tutto il commercio
della Federazione avveniva
all’interno e fra le sei Repubbliche, e solo il
10% con le altre
nazioni. A causa dello smembramento, il
commercio fra gli ex Stati
veniva radicalmente decurtato.
Un documento del Pentagono fatto trapelare al
“New York Times”, e
pubblicato l’8 marzo 1992, raccomandava la
prudenza:
Ӄ di
fondamentale
importanza preservare la NATO come strumento
principe della difesa e
della sicurezza Occidentali e come canale di
influenza e di
partecipazione degli USA negli affari
concernenti la sicurezza
Europea…Noi dobbiamo cercare di prevenire
l’emergere di organizzazioni
e di strutture in Europa specifiche per la sua
sicurezza, che
potrebbero scalzare e sostituire la NATO.”
Il documento affermava anche il fondamento più
importante della
politica Statunitense:
...negli
ultimi tempi ci
si rende conto che l’ordine mondiale è
sostenuto dagli Stati
Uniti…Gli Stati Uniti devono essere messi
nella condizione di agire
indipendentemente, quando non è possibile
orchestrare un’azione
collettiva.
Il presunto autore era Paul Wolfowitz,
ora vice
Ministro della Difesa.
É istruttivo sapere che Dick Cheney, ora vice
Presidente, in
quel periodo era Ministro della Difesa.
Un articolo del N.Y. Times del 29 novembre 1992
metteva ulteriormente
in evidenza le intenzioni degli Stati Uniti.
Intitolato “Operazione
Tempesta sui Balcani”, vi si affermava che “Un successo nei
Balcani imporrebbe la
leadership degli USA nel mondo post Guerra
Fredda, in una maniera che
non è stata possibile nemmeno con l’Operazione
Tempesta sul
Deserto.” L’autore, il Generale della
Riserva USA Michael J.
Dugan, era il Capo di Stato Maggiore della Forza
Aerea USA nel
settembre 1990, quando gli Stati Uniti stavano
preparando l’Operazione
“Tempesta sul Deserto” e George
Kinney era classificato in
forza al Dipartimento di Stato
USA.
Il Generale Dugan era stato rimosso dal suo
incarico dopo un’intervista
del settembre 1990 nella quale giudicava come
obiettivi principali in
Iraq gli obiettivi civili, dichiarando che
“l’avanguardia, l’obiettivo
primario dovrebbe essere centrare
Baghdad.”
La sua costante e permanente influenza viene
riscontrata per il fatto
che questo è proprio avvenuto a Baghdad nel
1991, e
occasionalmente ancora nel 2003, e su
Belgrado nel 1999.
Con la secessione è dilagata la violenza. Vi
sono stati brevi
scontri militari in Slovenia, la violenza e i
combattimenti si sono
maggiormente protratti in Croazia, e scontri
continui alla morte e
violenza etnica e “pulizia etnica” in Bosnia,
per un periodo lungo
più di tre anni, specialmente fra Serbi, Croati
e
Musulmani.
VIII. Gli
Stati Uniti, con la NATO,
hanno intrapreso guerre di aggressione contro
i Serbi di Bosnia e
contro la Serbia: 1993-1995
Gli Stati Uniti, tentando di costruire
l’apparenza di un’azione
internazionale, arruolarono la NATO, da loro
dominata, e senza
l’approvazione del Consiglio di Sicurezza
dettero inizio ad una guerra
di aggressione contro la Jugoslavia, con
sporadici bombardamenti in
Bosnia, dal 1993 al 1995. Nell’agosto del
1995, con la protezione
di attacchi aerei USA con bombardamenti chiamati
“Operazione Tempesta”,
con l’appoggio militare USA e con i consigli
dell’Ambasciatore e le
indicazioni di alti dirigenti Statunitensi,
l’Esercito Croato
purificava l’area della Krajina Croata dalla
presenza di più
300.000 civili Serbi, uccidendone migliaia. Gli
attacchi aerei NATO
durante questa operazione superarono le 4000
azioni di bombardamento.
Alla guida dell’aggressione Croata era il
Generale Agim Cheku, che
più tardi avrebbe comandato l’Esercito di
Liberazione del Kosovo
(KLA-UCK) durante i massicci attacchi aerei
USA/NATO sulla Serbia,
compreso il Kosovo.
Nel 1995 gli USA presero parte ai negoziati di
pace in Bosnia,
sostituendosi all’ONU e all’Unione Europea,
procurando comunque
un’ulteriore frammentazione della regione. Gli
incontri avvennero nella
base aerea dell’Air Force USA di Dayton, Ohio,
con la presenza del
Presidente Milosevic, e gli Stati Uniti
imponevano il riconoscimento di
una Costituzione per una Bosnia indipendente che
prevedeva la divisione
della Bosnia, area già ristretta e quindi
economicamente
impraticabile, in due parti caratterizzate da
discriminazione razziale.
L’accordo firmato nel novembre 1995 prevedeva la
presenza in Bosnia di
60.000 uomini della NATO, come truppa di
occupazione.
La violenza si espandeva dalla Bosnia al Kosovo.
L’UCK, con l’appoggio
degli USA, guidava una sommossa contro il
governo Serbo e una
guerriglia terroristica sempre più intensa
contro la popolazione
Serba e i cittadini di tutte le etnie leali con
il governo di Belgrado.
La Serbia rinforzava le forze di polizia in
Kosovo per provvedere alla
sicurezza e prevenire gli assalti
dell’UCK.
Con
l’escalation della violenza, l’Esercito Serbo
attaccava l’UCK per
restaurare
l’ordine.
Il 24 marzo 1999, gli Stati Uniti e la NATO
dettero inizio agli assalti
aerei sulla Serbia, che continuarono per 78
giorni, fino al 10 giugno,
infliggendo danni per miliardi di dollari,
distruggendo le strutture
industriali e dei servizi essenziali della
nazione, e causando la morte
di migliaia di civili.
IX. Gli Stati
Uniti e la NATO hanno
commesso crimini contro la pace e crimini di
guerra nelle loro guerre
di aggressione contro i Serbi di Bosnia e
contro la Serbia.
Gli USA, sfidando la Carta delle Nazioni Unite,
la Carta di Norimberga,
le Convenzioni di Ginevra e altre leggi
internazionali, in stretto
collegamento con la NATO, iniziavano e
dirigevano gli attacchi contro i
Serbi di Bosnia e contro la Repubblica di
Serbia, ammazzando migliaia
di civili e distruggendo le vitali strutture
produttive e sociali per
miliardi di
dollari.
La Carta dell’ONU, al fine di eliminare il
flagello della guerra,
riconosce la “pari sovranità” di tutti i suoi
Membri e proibisce
“la minaccia o l’uso della forza” da parte di un
Membro contro un
altro. Articolo II(2) e (4). Mentre il Consiglio
di Sicurezza
può chiamare i Membri a fornire forze militari
per contrastare
le minacce alla pace o le rotture della pace, o
gli atti di
aggressione, i Membri non possono impegnarsi in
atti di guerra o di
minaccia, o di uso della forza, senza una
esplicita autorizzazione del
Consiglio di Sicurezza, secondo il Capitolo VII
della Carta, eccezion
fatta per i casi di “autodifesa se viene messo
in atto un attacco
armato contro uno di essi” e fino a quando il
Consiglio di Sicurezza
non prenda misure per ripristinare la pace e la
sicurezza, o eserciti
la sua autorità, come previsto dall’Articolo 51.
Nessuno era attaccato, o minacciato, ne’ gli USA
ne’ alcun altro membro
della NATO, e quindi gli USA e la NATO mai
avevano ricevuto
l’autorizzazione dal Consiglio di Sicurezza di
aggredire la Jugoslavia.
Non esistevano i fondamenti legali per una
pretesa da parte degli USA
di attaccare in Bosnia e in Serbia per
autodifesa, o per altro legale
motivo.
Il Generale Wesley K. Clark, Comandante Supremo
dell’Alleanza della
NATO, e Generale dell’Esercito degli Stati Uniti
ha scritto nel suo
libro: “Waging Modern War (Condurre un moderno
conflitto)":
Ci si trovava
in presenza
di una azione diplomatica (sic!) obbligata,
vale a dire era
indispensabile l’uso delle forze armate per
imporre la volontà
politica delle nazioni della NATO sulla
Repubblica Federale di
Jugoslavia, o più specificamente sulla Serbia.
Le nazioni NATO
hanno intrapreso questa guerra spontaneamente.
Non erano costrette a
questa guerra, anche se non era difensiva in
senso stretto…Era molto
più simile agli interventi di una fase storica
precedente…
(pag.418)
Il Generale Clark attualmente era uno dei
candidati alla carica di
Presidente degli Stati Uniti d’America!
Gli USA hanno violato i loro obblighi verso le
Nazioni Unite, e sono
diventati una nazione fuorilegge nel momento in
cui unilateralmente
hanno dato inizio all’aggressione militare
contro i Serbi di Bosnia e
successivamente contro la Serbia stessa. Le
violazioni sono state una
sfida ad agire portata al Consiglio di
Sicurezza, e l’incapacità
di questo a farlo ha indebolito la sua
autorevolezza agli occhi della
Comunità internazionale e ha demolito il suo
compito grandioso
di mettere fine alle tragedie della guerra.
L’incentivo USA alla NATO
di appoggiare i loro attacchi del tutto fuori
legge ha portato anche la
NATO a violare la Carta delle Nazioni Unite e
persino lo Statuto NATO.
La provocazione all’autorità delle Nazioni Unite
è
diventata più rilevante con il coinvolgimento
nell’accesso alle
tecnologie militari più sofisticate, alle
industrie di armamenti
più importanti, e alle scorte di armi nucleari e
di armi di
distruzione di massa, della rete delle regioni
del Caucaso più
ricche, che sono andate a sommarsi alle solite
potenze Coloniali dei
secoli
scorsi.
Si era creato un precedente con il
coinvolgimento illegale della NATO
in Afghanistan, con l’impiego di giovani delle
nazioni ricche, bianchi
e Cristiani, che hanno portato con sé armi
mortalmente
sofisticate per attaccare una nazione Musulmana,
di povera gente dalla
pelle
scura.
È stato estorto l’appoggio al Canada e alle
Nazioni Europee, che
facevano parte di una organizzazione militare
comunque dominata dagli
Stati Uniti, creata per contrastare l’Unione
Sovietica, cioè
della NATO, che si era sempre occupata solo di
problemi del Continente
Europeo, in primis della sua sicurezza. Con
l’uscita dalla scena
politica della USSR, la necessità della NATO si
era decisamente
esaurita. La NATO avrebbe potuto essere anche
sciolta. Invece la sua
utilizzazione come forza di polizia e forza
militare internazionale
nelle regioni del sottosviluppo è la scelta
peggiore possibile
per un mondo che cerca la pace, per un pianeta
pacificato.
Quindi la violazione ha creato un pericoloso
precedente, che ha
permesso agli Stati Uniti, come avevano
minacciato, di scatenare
la loro guerra unilaterale imponente “Colpisci e
Terrorizza”, di
aggressione all’Iraq nel marzo e aprile 2003, e
la sua occupazione
militare fuorilegge, che continua all’oggi.
Almeno 30.000 Iracheni
hanno perso la vita, comprese le migliaia di
civili. Le loro morti
raramente hanno fatto notizia, e non sono mai
state prese in
considerazione dai mezzi di informazione
internazionali. Nessuna
singola violazione della Carta delle Nazioni
Unite ha mai creato un
più grave rischio di guerre senza fine.
Quotidiane violenze in
Iraq, Afghanistan, Kosovo, e attentati
terroristici a Casablanca, e
Giacarta, e contro la sede dell’ONU a Baghdad
sono segnali di
avvertimento di quello che può ancora
avvenire.
La Carta di Norimberga definisce i “Crimini
contro la Pace” come il
primo dei tre delitti da prendere in
considerazione, seguito da
“Crimini di Guerra” e “Crimini contro
l’Umanità”. Principio VI,
Carta del Tribunale di Norimberga. Il crimine
principe contro la pace
è una guerra di aggressione. Principio VI(a)(i).
Id. Questo
è il più preoccupante fra tutti i crimini
internazionali,
dato che scatena i demoni della guerra con
conseguenze incontrollabili
e imprevedibili.
I crimini di guerra degli USA e della NATO
commessi nelle loro
aggressioni, che hanno avuto inizio il 5
febbraio 1994 con gli attacchi
contro strutture militari dei Serbi di Bosnia, e
che sono continuate
per 78 giorni con bombardamenti aerei massicci
sui civili e contro le
strutture civili della Serbia nel 1999, sono
stati la celebrazione
della guerra contro un popolo
indifeso.
Bombardamenti diretti contro città come
Belgrado, Pristina, Novi
Sad e Nis hanno preso come diretti obiettivi
degli attacchi i civili e
le strutture civili, causando migliaia di
vittime, in violazione della
Convenzione di Ginevra del 1977, Protocollo 1
Addizionale, Articolo 51.
Quartieri abitativi, residenze, ospedali,
edifici pubblici e altre
strutture essenziali a fornire il supporto alla
vita civile sono stati
danneggiati e distrutti. Sono stati distrutti i
ponti attraverso il
Danubio a Novi Sad ed altrove in Serbia.
L’edificio della
radio-televisione Serba, nel cuore di Belgrado,
è stato centrato
con missili Cruise e ridotto in macerie, con
l’assassinio di 16 persone
e il ferimento di altre. Sono state attaccate
e distrutte molte
altre strutture radiotelevisive. Venivano
attaccati anche rifugi in
Belgrado e in altre località.
In Kosovo, durante molti attacchi ai civili,
veniva distrutto il centro
di Pristina, la sua Università e molte altre
strutture venivano
quasi completamente
danneggiate.
Sempre in Kosovo, e questo viene ricordato dalle
persone di tutto il
mondo che hanno visionato in TV i films degli
attacchi aerei, il 12
aprile 1999 un treno che passava sul ponte del
torrente Grdelica veniva
attaccato dalla forza aerea USA, che causava
molti morti. Il 15 aprile,
una colonna di profughi nei pressi di Djakovica
veniva aggredita da
aeroplani USA, che ammazzavano molte persone. Il
14 maggio, il
villaggio di Korisa veniva bombardato e si
registravano 87
morti.
Altri attacchi mortali della NATO contro la
Serbia venivano registrati
giornalmente dai media internazionali, che li
diffondevano in tutto il
mondo.
Il 22 aprile 1999, veniva distrutta l’abitazione
del Presidente
Milosevic, situata a centinaia di metri da ogni
altra struttura in
un’area residenziale boscosa di Belgrado. Non
veniva distrutta la sua
famiglia solo perché al momento dell’impatto
missilistico non
c’era nessuno in casa.
Quantità enormi di Uranio Depleto, impoverito,
venivano disperse
sulla Serbia con le bombe e i missili,
assicurando la morte per cancro,
leucemia, tumori, e future malformazioni fetali
alla popolazione ed
anche al personale NATO di occupazione in
Kosovo. L’incidenza di
cancro, mai registrata in precedenza, sui
militari Italiani che sono
stati dislocati in Kosovo ha suscitato
allarmismo in Italia e in altre
nazioni che hanno contribuito con truppe di
occupazione fin dai primi
giorni del 2000. Le conseguenze a lungo termine
per la popolazione e
per i membri delle forze di occupazione, per le
generazioni future e
l’ambiente sono
sconosciute.
Bombe a frammentazione sono entrate nelle case
di quartieri
residenziali di Novi Sad, nel più grande
complesso ospedaliero
di Nis, nelle periferie di Belgrado e
copiosamente
dappertutto.
L’impianto centrale di riscaldamento di Nuova
Belgrado veniva
bombardato con frammenti di metallo e grafite,
lasciando centinaia di
migliaia di persone con la prospettiva di un
inverno gelido. Il
27 maggio 1999, una settimana prima della fine
dei bombardamenti,
veniva presa come obiettivo l’Ambasciata Cinese
a Nuova Belgrado e
danneggiata in modo molto serio, uccidendo tre
persone. A Nis, il
Consolato Greco, un importante edificio del
19.esimo secolo, veniva
danneggiato dalle bombe USA/NATO.
I bombardieri contro la Jugoslavia partivano da
aeroporti
dell’Italia, dell’Ungheria e della Turchia, e
questo richiamava il
ricordo di passate aggressioni agli Slavi del
Sud provenienti da quelle
direzioni, rigenerando novelle ostilità fra
nazioni che nel
passato si erano combattute fra di loro.
Già altre nazioni
stavano utilizzando il precedente delle
uccisioni da parte degli USA e
dei loro tentativi di assassinio in paesi
stranieri e delle loro guerre
di aggressione per commettere gli stessi
crimini. Sia il Pakistan
che l’India citavano la condotta Statunitense
per giustificare i loro
interventi nel Kashmir. Israele portava ad
esempio il
comportamento degli USA per giustificare i suoi
quasi quotidiani
assassini di Palestinesi, e le sue incursioni
aeree con bombardamenti
sulla Siria del 4 ottobre scorso. Questi crimini
sono solo piccoli
esempi di quello che la guerra di aggressione
degli USA e della NATO ha
inflitto al popolo indifeso della Jugoslavia.
X. Gli Stati
Uniti e la NATO devono
essere considerati responsabili per la loro
guerra illegale di
aggressione contro i Serbi di Bosnia e quelli
della Serbia, inclusi
quelli del Kosovo.
Gli Stati Uniti e la NATO hanno procurato
la morte
di migliaia di persone e inflitto miliardi di
dollari di danni alle
proprietà, contro i Serbi di Bosnia,
particolarmente contro la
Repubblica Srpska, e più tardi contro la
stessa Serbia,
comprendendo anche gli attacchi concentrati sul
Kosovo. Tutte le morti
e le distruzioni sono state causate dagli
assalti
aerei.
Dato che le Nazioni Unite hanno mancato nel
denunciare la loro
illegalità, questi assalti fuori legge hanno
condotto a guerre
successive di aggressione degli USA in
Afghanistan e contro l’Iraq, con
l’assistenza in secondo momento della NATO.
Insieme hanno messo sotto
scacco l’utilità, la credibilità e le stessa
esistenza
delle Nazioni Unite, nel momento in cui era più
necessario il
loro intervento. Per rassicurare sull’integrità
della loro
Carta, le Nazioni Unite dovrebbero chiedere
conto di questi crimini ed
esigere riparazioni per i morti e le distruzioni
che USA e NATO hanno
inflitto.
Lo spettacolo di una Superpotenza in grado di
distruggere qualsiasi
regione della terra, attaccando unilateralmente
una nazione che non ha
possibilità di minaccia e che si trova senza
difesa contro i
suoi missili e le sue bombe, solleva il più
grave pericolo alla
pace del mondo e costituisce l’atto terroristico
mortalmente infame per
il pianeta. Le Nazioni Unite dovrebbero assumere
la direzione e la
responsabilità nel costringere gli USA e la NATO
a rendere conto
della distruzione delle strutture pubbliche e
private e a risarcire la
famiglie dei morti ammazzati a causa dei loro
atti
illegali.
Non vi devono essere più impunità per le guerre
di
aggressione, non vi possono essere profitti per
le nazioni che
aggrediscono con la spoliazione economica delle
loro vittime,
attraverso i contratti per la ricostruzione o
mediante le
privatizzazioni industriali e delle strutture di
pubblica
utilità, di servizio pubblico.
PARTE TERZA
La Carta
delle Nazioni
Unite non prevede la facoltà di istituire
Tribunali Penali e
questi Tribunali creati ad hoc costituiscono
una continua minaccia per
la pace.
XI. Gli Stati
Uniti hanno impedito
al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di andare
contro il loro potere, con
il quale possono individuare come obiettivi i
loro avversari e
cambiarne i sistemi di governo, con
l’istituzione del Primo Tribunale
Penale Internazionale
La Carta delle Nazioni Unite veniva “forgiata” a
Dumbarton Oaks in
Washington, D.C. fra l’agosto e l’ottobre del
1944, e a San Francisco
dall’aprile al giugno 1945. Gli Stati Uniti e
ognuno degli altri
quattro membri permanenti del Consiglio di
Sicurezza (Cina, Gran
Bretagna, Unione Sovietica, Francia), tutti
vincitori della II Guerra
Mondiale, comunque già diventati alleati
circospetti e
sospettosi, si erano assegnati il potere di veto
nelle risoluzioni del
Consiglio di Sicurezza, come un potere dovuto
alle cinque nazioni
più forti, con il rischio però di paralizzare
l’ONU.
Non un termine della Carta implicava il
conferimento al Consiglio di
Sicurezza del potere di istituire qualche sorta
di Tribunale. La
struttura della Carta, la natura dei suoi poteri
delegati, e
l’implementazione nella Carta, e nelle sue
disposizioni emendamentarie,
dello Statuto della Corte Internazionale di
Giustizia, la sua
autorità strettamente definita e delimitata con
certezza,
negavano qualsiasi delega a qualsiasi potenza di
costituire una
qualsivoglia Corte
Penale.
Se il potere di insediare Tribunali Penali
avesse potuto essere evinto
dai termini della Carta, allora non sarebbe
esistita limitazione alcuna
al potere del Consiglio di Sicurezza di mettere
in atto le sue scelte.
Soprattutto, le storie immediate delle Nazioni
attivamente coinvolte
nella stesura e nella ratifica della Carta non
lasciano dubbi che non
ci sarebbero state Nazioni Unite, se fosse stata
istituita una Corte
Penale con la possibilità di incriminare coloro
che agivano
contro la Carta. Le Nazioni che avevano
combattuto nella II Guerra
Mondiale, e avevano giocato nei ruoli decisivi
per la stesura della
Carta, e sicuramente gli Stati Uniti, avrebbe
rigettato il loro stesso
operato.
La storia degli incontri preparatori, la
preparazione e le istruzioni
alle delegazioni nazionali, in particolare delle
cinque Nazioni che
avrebbero fatto parte del Consiglio di Sicurezza
come Membri
permanenti, il ruolo centrale della nazione
ospitante, gli Stati Uniti,
i documenti della prima stesura e le
considerazioni sulla Carta da
parte dei delegati, se venissero rese di
pubblico dominio, non
lascerebbero ombra di dubbio che non ci
sarebbero mai state le Nazioni
Unite, se la Carta avesse previsto, o
espressamente o implicitamente,
l’autorità di istituire una Corte Penale
Internazionale di
Giustizia.
Dalla conferenza delle quattro potenze di
Dumbarton Oaks nel 1944, alla
conferenza delle cinque nazioni a San Francisco
nel 1945, che
ratificava la Carta, nella impostazione e nella
imposizione di Cina,
Gran Bretagna, Unione Sovietica, Francia e Stati
Uniti, non vi era mai
stata alcuna proposta di autorizzazione di una
Corte Internazionale di
Giustizia in qualche articolo della Carta. Non
sarebbe mai stata
accettata dalla gran parte delle potenze. Queste
Nazioni non avrebbero
mai accettato il rischio di sottoporre i loro
leaders, i loro membri
delle forze armate e i loro civili alla
possibilità di essere
perseguiti da una Corte Internazionale di
Giustizia, proprio in un
periodo immediatamente successivo alla II Guerra
Mondiale.
Il modo con cui era stato istituito il Tribunale
di Norimberga è
la prova ulteriore dell’intenzione di negare il
potere all’ONU ad
insediare Tribunali. Gli Stati Uniti, la
Francia, la Gran Bretagna e
l’Unione Sovietica, membri permanenti del
Consiglio di Sicurezza
dell’ONU, e preminenti nella stesura della
Carta, immediatamente dopo
l’adozione della Carta a San Francisco, dettero
avvio alla redazione e
alla promulgazione della Carta del Tribunale
Militare Internazionale
(la Carta di Norimberga) a Londra, tra la fine
del giugno 1945 e l’8
agosto 1945 quando fu
sottoscritta.
La Carta di Norimberga faceva riferimento alla
dichiarazione dell’ONU
relativa ad un “intendimento che i Criminali di
Guerra dovessero essere
portati davanti alla giustizia”, e così ci si
esprimeva: “Ogni
Governo delle Nazioni Unite può aderire a questo
accordo dandone
informazione al Governo del Regno Unito
attraverso i normali canali
diplomatici.”
Ma la Carta di Norimberga non faceva alcun
riferimento all’ONU e ad una
Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU.
Inoltre l’ONU veniva
esclusa da qualsiasi funzione anche consultiva,
dalla partecipazione
all’istituzione del Tribunale di Norimberga e da
qualsiasi operazione
relativa.
Il Tribunale era istituito in modo completamente
indipendente
dall’ONU. L’ONU veniva completamente
ignorata, e comunque non
protestava per questo. I Membri permanenti del
Consiglio di Sicurezza e
altri membri dell’ONU facevano opposizione ad
ogni possibilità
dell’ONU di creare un Tribunale Penale
permanente, o all’istituzione di
un Tribunale di questo tipo, sotto il controllo
dell’ONU, o altrimenti.
Gli Stati Uniti erano ben consci che non era
possibile ricevere una
delega di potere in grado di controllare
legalmente il Consiglio di
Sicurezza nell’ambito del sistema dell’ONU.
Durante la stesura della
Carta, veniva quindi respinta ogni eventualità
di istituire una
Corte Internazionale di Giustizia che giudicasse
sulla legalità
di atti compiuti da organismi ONU, sulla base
della Carta dell’ONU.
Alla conferenza di San Francisco veniva respinto
“il progetto di
puntualizzare preliminarmente le determinate
competenze di una Corte
Internazionale di Giustizia su ciascun organo
dell’ONU. Veniva
preferito il punto di vista che ogni organo
interpretasse e definisse
la sua specifica sfera di competenza.” A questo
riguardo, vedere “ The
Development of International Law Through the
Political Organs of the
United Nations (Lo sviluppo del diritto
internazionale attraverso gli
organi politici delle Nazioni Unite) “, di
Rosalyn Higgins, (1963). La
Signora Higgins più tardi avrebbe ricoperto la
carica di Giudice
del Tribunale Internazionale per i Crimini nella
ex
Jugoslavia.
John Foster Dulles, Segretario di Stato durante
l’Amministrazione
Eisenhower, in una sua memoria, Guerra o Pace,
pubblicata nel 1950,
esprimeva il punto di vista degli USA rispetto
alle limitazioni legali
al potere del Consiglio di Sicurezza. “Il
Consiglio di Sicurezza non è un organismo che
semplicemente deve
rispettare una legge concordata. In se stesso
contiene una legge…
Nessun principio di diritto è indicato a
guidarlo, il Consiglio
deve decidere in conseguenza di ciò che
ritiene più
opportuno.”
Il potere di veto forniva agli Stati Uniti la
significativa protezione
dalle eventuali azioni dell’ONU in loro
contrasto. La protezione
estrema degli USA restava sempre la minaccia di
ritirarsi dall’ONU,
come avevano fatto con la Società delle
Nazioni.
Il Consiglio di Sicurezza sapeva che esistevano
solo due strade per
introdurre una Corte Penale operante secondo il
vigente diritto
internazionale, o con un Trattato, o emendando
la Carta dell’ONU.
L’Assemblea Generale, che promuoveva la pace
mondiale fornendo
inestimabili contributi, come la Dichiarazione
Universale dei Diritti
dell’Uomo, autorizzava gli studi per la
creazione di una Corte
Internazionale di Giustizia che procedesse
secondo l’Articolo 13 della
Carta. Veniva assegnato questo compito alla
Commissione sul Diritto
Internazionale, che lavorava a questo progetto
per anni. Comunque era
stato anche considerato che un Tribunale di
questo tipo poteva essere
istituito con un trattato multinazionale, o
attraverso una modifica
della Carta dell’ONU.
In un periodo successivo, l’Assemblea Generale
autorizzava la
Commissione sul Diritto Internazionale alla
progettazione e alla
stesura di un trattato per istituire un
Tribunale permanente per
Crimini Internazionali. Vedi James Crawford,
“The ILC Adopts A Draft
Statute for an International Criminal Court (La
Commissione per il
Diritto Internazionale adotta un Preliminare di
Statuto per un
Tribunale Penale Internazionale), 89
Am.J.Int'l.L. 404 (1995).
Dopo anni di tentativi, nel giugno del 1998, 120
Nazioni
sottoscrivevano un Trattato per istituire questo
Tribunale. Rifiutavano
di firmare il Trattato gli Stati Uniti e sei
altri Paesi.
XII. Gli
Stati Uniti impongono la
istituzione del Tribunale Internazionale per i
Crimini di Guerra nella
ex Jugoslavia per cambiare i sistemi di
governo, indebolire gli Stati
Balcanici e criminalizzare la Dirigenza Serba.
Dopo le flagranti violazioni alla Carta dell’ONU
con la pianificazione
unilaterale dello smembramento della Repubblica
Socialista Federale di
Jugoslavia e l’imposizione sempre unilaterale di
sanzioni economiche
contro la Jugoslavia, mentre veniva fornito
l’appoggio ai movimenti
secessionisti all’interno della Jugoslavia, gli
Stati Uniti
costringevano il Consiglio di Sicurezza a
violare la Carta dell’ONU,
andando oltre i poteri conferiti al Consiglio
dai Popoli delle Nazioni
Unite, istituendo il 12 febbraio 1993 il
Tribunale Internazionale per i
Crimini nella ex Jugoslavia.
L’Ambasciatrice degli USA all’ONU, Madeleine
Albright, era il
funzionario responsabile della realizzazione sia
del Tribunale
Internazionale per i Crimini nella ex
Jugoslavia, nel 1993, sia
del Tribunale Internazionale per i Crimini nel
Ruanda, alla fine del
1994 e all’inizio del
1995.
"Gli Stati
Uniti si
trovavano in prima linea nella costituzione
dei due Tribunali e
continuavano ad essere la loro fonte
principale di appoggi politici,
finanziari, logistici, di amministrazione del
personale e di
acquisizione di informazioni”, da
Intervento Giuridico
Internazionale, di David Scheffer, Politica
Estera, primavera del 1996.
Mr. Scheffer, che era un assistente della
Ambasciatrice Albright, in
seguito diventava Consulente Legale per il
Dipartimento di Stato sui
Tribunali Penali Internazionali.
Il Tribunale Internazionale per i Crimini nella
ex Jugoslavia
(ICTY) veniva concepito dagli Stati Uniti come
un’arma per distruggere
la dirigenza della Jugoslavia con la sua
criminalizzazione, con
la sua emarginazione, con renderle impossibile
il fornire idee per un
meccanismo di cambiamento di regime senza la
comparsa dell’intervento
USA.
Il Tribunale serviva inoltre come una
coercizione per la rimozione di
dirigenti, comunque liberamente eletti, creando
le occasioni della
presa del potere per una nuova dirigenza che
appoggiasse gli USA nella
loro azione di demonizzazione del vecchio
regime, marchiandolo come
un’accozzaglia di criminali di guerra genocidi,
sempre sotto le
apparenze di una condanna internazionale dopo un
giudizio obiettivo.
Questo è il modo più efficace per un cambiamento
di
regime, l’intervento politico di sicuro
successo, un processo ad hoc,
la demonizzazione in nome della giustizia
internazionale tramite le
Nazioni Unite.
Tre attori principali nella politica estera
degli Stati Uniti con
riferimento alla Jugoslavia e alla funzione
dell’ICTY, Richard
Holbrooke, Richard Goldstone e Madeleine
Albright, in recenti memorie
hanno messo in chiaro il loro contributo alle
pressioni militari, alla
guerra, ai bombardamenti e alle forme di
coercizione rivolte a leaders
stranieri, attraverso la minaccia di metterli in
stato di accusa
davanti all’ICTY, e questo per il cambiamento di
regime.
Richard Holbrooke, un diplomatico di carriera
che aveva prestato
servizio come Ambasciatore USA in Germania e
come Assistente alla
Segreteria di Stato, aveva avuto la funzione di
responsabile USA ai
negoziati durante il conflitto Bosniaco e
durante gli Accordi di
Dayton.
Holbrooke era favorevole ad un ruolo militare
più determinante
per la NATO e all’uso di bombardamenti per
costringere la Jugoslavia ad
un accordo, secondo le richieste degli Stati
Uniti.
Brian Urquhart, in una critica al libro di
Holbrooke “Per terminare una
guerra”, ha
scritto:
“Il Segretario
Generale
dell’ONU Boutros-Ghali sopporta l’intero peso
del disprezzo di
Holbrooke, specialmente per la sua antica
opposizione ai bombardamenti
della
NATO.
Con più specifico riferimento al suo ambito,
Holbrooke ha poca
pazienza con il comandante delle Forze dello
Scacchiere Meridionale
della NATO, Ammiraglio Leighton Smith, che si
è opposto ai
bombardamenti da lui decisi come
indispensabili ad innescare un serio
processo negoziale. ” Time Magazine, 18
maggio 1998.
Quando il cessate il fuoco in Bosnia stava per
avvicinarsi, prima dei
negoziati di Dayton, Holbrooke asseriva
che “...è
necessario insistere con
Tudjman che faccia tutto il possibile
militarmente nella prossima
settimana per acquisire vantaggi all’ultimo
momento e infliggere
così ferite ulteriori ai Serbi di Bosnia”;
da “Per
terminare una guerra”,
p.191.
Holbrooke credeva nell’uso della violenza per
forzare la trattativa.
Nel suo libro, Holbrooke scriveva: “Quando
venne stabilito dal Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite nel
1993, il Tribunale veniva considerato
largamente poco più di uno
strumento di relazioni pubbliche. Il suo avvio
avvenne con una partenza
lenta, malgrado che alla sua guida fosse stato
posto un giurista
energico ed eloquente, Richard Goldstone del
Sud Africa. In quei primi
tempi, a spingere per dare importanza alle sue
funzioni concorsero
Madeleine Albright e John Shattuck, che si
batterono per il suo status
giuridico e per il suo radicamento. Anche
altre nazioni, in particolar
modo la nazione ospitante, l’Olanda, e i
Tedeschi contribuirono con il
loro sostanziale appoggio.” Id.
pp.189-190.
Più avanti analizzava l’utilità politica di un
Tribunale
di tal fatta.“Durante
le nostre
trattative, il Tribunale risultava come uno
strumento di grande valore
politico che ci consentiva, ad esempio, di
escludere dal negoziato
pubblico Karadzic e tutti gli altri
imputati di crimini di
guerra.” Id. p.90.
Holbrooke trovava vantaggioso che il Presidente
Karadzic venisse
escluso dalle trattative di pace. Mentre i
leaders Musulmani e Croati
avevano libero e immediato
accesso.
Invece il Presidente Milosevic conservava il suo
incarico e le sue
funzioni nei negoziati per conto della Serbia,
fino a quando la NATO
iniziò a bombardare nel 1999 e lui venne
accusato dal Tribunale
ICTY.
Il Presidente Izetbegovic viene citato per aver
detto a Holbrooke: “Se voi togliete il potere a
Karadzic... io posso lavorarmi
Krajisnik”, il successore
legittimo di Karadzic. Id.
p.342.
Lui si rendeva conto, anche troppo bene, che
l’ICTY costituiva un mezzo
per conquistare vantaggi politici e rimuovere i
leaders
dell’opposizione.
Holbrooke sentiva che un vasto dispiegamento di
forze militari USA
nella Base Aerea di Wright-Petterson avrebbe
suscitato timori nei
partecipanti Bosniaci e rafforzato la mano USA
nei negoziati. In
prospettiva di un cambio di regime, dopo 21
giorni di trattative per
raggiungere un accordo a Dayton, Holbrooke
comunicava al Presidente
Clinton che “...l’arresto
di
Karadzic
e di Mladic era la questione più critica che
non veniva
risolta...”
Id. p 315.
Gli accordi di Dayton destituivano
immediatamente dal suo incarico
Karadzic e, come richiesto da Holbrooke,
Karadzic veniva escluso
da ogni “attività pubblica”:
“Io puntualizzavo un numero di esempi, che
potevano costituire
violazioni, in particolare le sue comparse
televisive e l’uso di
manifesti recanti la sua immagine.” Id.
p.343.
Mentre apprezzava le posizioni di potere
politico conquistate
attraverso le imputazioni e le minacce del
Tribunale ICTY, Holbrooke si
irritava per le azioni dell’ICTY che
interferivano con i suoi movimenti
o i suoi obiettivi
politici.
Holbrooke dovette “confrontarsi con
un inaspettato problema: la polizia locale
aveva arrestato due
ufficiali superiori Serbo-Bosniaci, il
Generale Djordje Djukic e il
Colonnello Aleksa Krsmanovic, che avevano
scatenato a Sarajevo la
guerra civile. I Bosniaci dichiaravano che i
due uomini erano criminali
di guerra…”
L’arresto aveva violato gli accordi di “libero
movimento” presi a
Dayton. Il Presidente Milosevic esigeva il loro
rilascio. I
Serbo-Bosniaci minacciavano il loro ritiro dalla
trattativa. Holbrooke
nel libro afferma: “Era normale per
noi insistere che i Musulmani li rilasciassero
immediatamente. Ma il
Giudice Goldstone complicava la questione in
modo considerevole; dal
Tribunale Internazionale per i Crimini di
Guerra, all’Aia, aveva emesso
un mandato per i due individui, anche se su
costoro non esisteva alcuna
imputazione.” Id.
Holbrooke non intervenne per difendere l’Accordo
di Dayton. I due
uomini sarebbero stati tenuti in arresto all’Aia
per diversi mesi prima
che le accuse cadessero per insufficienza di
prove.
Il reale obiettivo della politica USA si
riflette nella descrizione di
Holbrooke della sosta fuori programma del
Presidente Clinton alla base
militare USA in allestimento a Taszar, in
Ungheria, costretto dal
cattivo tempo sulla strada verso la base
militare USA di Tuzla, in
Bosnia, dopo Dayton. Il Presidente, il Primo
Ministro e il Ministro
degli Esteri dell’Ungheria si affrettarono ad
incontrare il Presidente
Clinton. Holbrooke scriveva:
"La presenza
di seimila
uomini di truppe Americane sul suolo Ungherese
solo quattro anni dopo
la fine della Guerra Fredda, e quarant’anni
dopo l’invasione Sovietica
del 1956, in sé era un simbolo denso di
significato delle
trasformazioni in Europa. Gli Ungheresi
avevano un messaggio per il
Presidente Clinton: che loro erano pronti a
diventare membri della NATO
e che la preparazione della base a Taszar era
parte di questo
obiettivo. 'Rimanete a vostro piacimento'
affermarono.'Trasformate
quest’area in un’istallazione permanente della
NATO, e consentiteci di
entrare in Occidente .'" Id. p.326.
Da parte sua, Richard Goldstone, primo
Procuratore Generale entrato in
carica nel Tribunale ICTY, nella sua memoria,
“Per l’Umanità,
riflessioni di un investigatore di crimini di
guerra”, metteva in luce
il ruolo centrale giocato dagli Stati Uniti
nell’istituire il
Tribunale: "Madeleine
Albright, ...
aveva giocato un ruolo guida perché il
Tribunale venisse
costituito. Il suo continuo appoggio per la
messa in funzione del
Tribunale per la Jugoslavia, e più tardi per
quello del Ruanda,
fu determinante per il loro successo. Lei
incaricò uno dei suoi
più vecchi consiglieri, David Scheffer, ad
assumere la speciale
responsabilità di dare continuo impulso alla
costituzione del
Tribunale." Id. p.78.
Nel suo primo giorno all’Aia, Goldstone aveva
trovato "ventitré
Americani che lavoravano
negli uffici. Fra questi vi erano avvocati,
tecnici informatici, ed
investigatori di polizia, ognuno dei quali era
stato assegnato al
Tribunale dal governo degli USA, a costo zero
per le Nazioni Unite.
Egli asseriva che gli Stati Uniti avevano
fornito assistenza solo con
lo scopo di dare avvio all’Ufficio del
Pubblico Ministero e ovviare
così alle lentezze e alle inefficienze del
quartier generale
dell’ONU a New York." Id.
p.82.
Lui
si era lagnato delle ben documentate
inefficienze dell’ONU e aveva
usato finanziamenti da fonti private per pagare
le spese del suo
onorario come Accusatore Generale. Id. p. 80-81.
Il Giudice Goldstone riferiva che, durante i
suoi ultimi mesi in carica
nel 1996, era stato speso molto tempo
inutilmente per fare pressione
per gli arresti di Karadzic e
Mladic.
Nel 1998 egli partecipava con Theodor Meron, un
cittadino Statunitense
che era stato suo consigliere all’Aia, ed ora è
il nuovo
Presidente dell’ICTY, ad una organizzazione che
conduceva una campagna
per gli stessi arresti.
Il Giudice Goldstone citava che fra i pochi
leaders che invocavano
l’uso della forza per mettere in atto gli
arresti c’erano Klaus Kinkil,
Ministro degli Esteri della Germania, Robin Cook
quando era diventato
Ministro degli Esteri Britannico e Madeleine
Albright. Id.
p.117.
Anche senza arresti, il Giudice Goldstone
esigeva indagini e
imputazioni su persone, compresi Karadzic
and Mladic, "con
lo scopo, anche se non carcerati, di
emarginarli." Id.
p.126.
Costui lodava i bombardamenti USA e NATO sulla
Jugoslavia, definendoli
uno storico spartiacque, anche se "in
apparente violazione della Carta delle Nazioni
Unite." Id.
pp.136-137.
Il ruolo eccezionale degli USA, nonostante
l’ONU, in appoggio alla
costituzione dei Tribunali Penali creati ad hoc,
per lo smembramento
della Jugoslavia e a sostegno del governo
del Fronte Popolare
Ruandese (RPF) in Ruanda, e gli arresti mirati
di leaders delle nazioni
prese come obiettivo di accuse
discriminatorie hanno dimostrato
l’uso politico che viene fatto di tali
Tribunali. Non più tardi
del settembre 2003, Theodor Meron, Presidente
dell’ICTY, invocava gli
arresti di Karadzic e di Mladic, un
comportamento discutibile per una
persona che deve presumere la loro innocenza e
garantire un giudizio
imparziale rispetto alle accuse contro di loro,
un ruolo inusuale di
sola competenza dell’Accusa e delle Procure.
Nelle sue memorie, pubblicate nel settembre
2003, Madame la Segretaria,
Madeleine Albright scriveva con orgoglio che il
Tribunale
Internazionale per i Crimini nella ex
Jugoslavia, il primo tribunale
internazionale per i crimini di guerra "di questo tipo"
dalla II Guerra
Mondiale, era stato creato durante il suo primo
anno come Ambasciatrice
all’ONU per gli
USA.
Descrivendo le difficoltà che aveva dovuto
affrontare per questo
tribunale, la Albright dichiarava che "...l’Amministrazione
Clinton, il
principale contribuente finanziario, non aveva
ripensamenti. Noi
mettevamo in condivisione la nostra
esperienza, mentre i nostri
volontari aiutavano a raccogliere deposizioni
di testimoni e di
rifugiati. Noi abbiamo fatto della
cooperazione con il Tribunale una
questione massima in tutti i nostri rapporti
bilaterali con i governi,
all’interno e all’esterno della regione. Io
sono fiera del ruolo che ho
giocato durante il mio incarico."
Benché al 2003 fossero stati messi sotto
accusa non più di quattro dozzine di sospetti,
la Albright
concludeva: "...infine
il Tribunale
dovrebbe aver pescato il pesce più grosso."
Lei faceva
riferimento a Slobodan Milosevic.
Descrivendo i suoi sforzi frenetici per
assicurarsi il consenso per
un’aggressione NATO contro la Jugoslavia
nel 1999, lei ricorda
una conversazione con Igor Ivanov, Primo
Ministro della Federazione
Russa, durante un intervallo di una
rappresentazione de La Traviata al
Teatro Bolshoi. La Albright, allora Segretario
di Stato, così si
rivolgeva ad Ivanov: "Gli Europei
sono preoccupati di una vostra reazione, se la
NATO provasse ad entrare
in azione senza passare per il Consiglio di
Sicurezza…" Id. a
p.396. Ivanov rispondeva: "La Russia
non avrebbe mai dato il consenso a
bombardamenti aerei contro i Serbi.
Sarebbe una cosa decisamente intollerabile. La
NATO non ha il diritto
di attaccare uno stato sovrano." Id. a
p.397.
Quando i bombardamenti della NATO continuarono
fino ad aprile, il
Segretario Albright respingeva una tregua negli
attacchi "come
un segnale di debolezza". Lei
considerava "la
dichiarazione della
rimozione di Milosevic dal potere l’esplicito
obiettivo della guerra."
Riferendosi agli Inglesi, la Albright ribadiva:
"Noi eravamo
d’accordo che il Kosovo
sarebbe diventato dopo la guerra un
protettorato internazionale, con la
sovranità della Jugoslavia considerata
solo nominalmente."
Id. p.411.
Per assicurare l’appoggio ad un attacco NATO, il
Dipartimento di Stato
"...nel
contempo
proponeva un piano di ricostruzione a lungo
termine per l’intera area
dei Balcani… Questa iniziativa avrebbe dovuto
promuovere la
cooperazione fra gli stati della regione, e,
con la promessa di aiuti a
Belgrado solo in presenza di un cambiamento di
governo, creare un
incentivo addizionale per la caduta di
Milosevic." Id. pp.
411-412.
Il piano di ricostruzione a lungo termine non ha
mai visto l’inizio, ma
Slobodan Milosevic è in carcere
all’Aia.
Trattando della Russia, la Albright scrive: "Avevo dato inizio
ad un dialogo
pressoché continuo con Ivanov, informandolo
che speravo che le
nostre differenze riguardo al Kosovo non
avrebbero messo a rischio la
cooperazione su altre questioni. Egli
affermava che non si poteva far
finta di nulla, e che la Russia non poteva
starsene immobile e guardare
la NATO distruggere una nazione sovrana."
Id. p.413.
Il 7 maggio 1999, bombardieri USA B-2 colpiscono
l’Ambasciata Cinese,
ammazzando tre Cinesi addetti all’Ambasciata e
ferendone venti. La
Albright scrive: "I nostri piloti
avevano considerato si trattasse di un’agenzia
per l’acquisto di armi
per conto della Jugoslavia." Id. p.417.
Venti giorni più tardi,
"il Tribunale
Penale per
i crimini di guerra aveva annunciato la messa
in stato di accusa di
Milosevic, di Milutinovic, (Presidente della
Serbia) e di altri tre
leaders Serbi per crimini contro l’umanità. Vi
sono stati di
quelli che si sono agitati per l’imputazione
di Milosevic, ipotizzando
che tutto questo volesse significare la nostra
volontà di non
trattare con lui. Io non ero di questo avviso.
Io mi rallegravo di
queste imputazioni..." Id. p. 419.
In un passo successivo, la Albright
affermava:
"Il 3
giugno1999 venivano
sottoscritti i termini della pace. La NATO
avrebbe occupato il Kosovo.
Il 9 giugno, le forze armate della Jugoslavia
si ritiravano dal Kosovo,
il giorno seguente la NATO sospendeva gli
attacchi aerei. Il
Segretario Albright, che aveva sentito queste
notizie in Europa, era
esultante. “Camminando per le strade di
Colonia, ricevevo scrosci di
applausi.” Durante l’incontro del G8, il
Ministro degli Esteri
Fischer così si era pronunciato:’Bene, se
questa è stata
la guerra di Madeleine, ora questa è la
vittoria di
Madeleine'... Dopo pranzo, il Presidente
Clinton aveva chiamato e la
sua frase di esordio era stata: 'Così
adesso siete una
fanciulla felice!' Lui sicuramente era un
giovanotto felice! Mi diceva
di aver letto un articolo di John Keegan, che
parlava di storia
Britannica, nel quale veniva scritto: 'Vi sono
certe date nella storia
dei conflitti che segnano punti reali di
svolta... Ora nel calendario
bisogna segnare questo nuovo punto: 3 giugno
1999, poiché la
capitolazione del Presidente Milosevic ha
provato che una guerra
può essere vinta con la sola forza aerea.'"
Id. p. 421.
La soddisfazione del Presidente Clinton per
l’articolo di John Keegan,
che dichiarava che la "capitolazione"
del Presidente Milosevic "dimostrava
che una guerra poteva essere vinta dalla sola
forza aerea",
rivela un interesse maggiore per la potenza
militare più che
nella storia.
Gli Stati Uniti erano costretti a ritornare alle
Nazioni Unite, la cui
autorità veniva sbandierata, per assicurarsi
l’approvazione dei
termini per la fine della loro aggressione. La
Risoluzione 1244 (del
1999), adottata dal Consiglio di Sicurezza il 10
giugno 1999, metteva
fine ai bombardamenti sulla Jugoslavia. Mentre
si parlava di una
sostanziale autonomia per il popolo Kosovaro,
primariamente era stato
precisato lo status della Jugoslavia: la
Risoluzione chiariva che il
Kosovo doveva rimanere "all’interno della
Repubblica Federale di
Jugoslavia" (Paragrafo 10). Inoltre imponeva che
"KLA (UCK) e altri
gruppi armati Albanesi nel Kosovo terminassero
immediatamente le loro
azioni offensive e si conformassero alle
richieste di
demilitarizzazione stabilite dal comando della
presenza internazionale
di sicurezza, la KFOR, in collegamento con il
Rappresentante Speciale
del Segretario Generale." (Para. 15)
Le Forze Aeree avevano prodotto criminalmente
danni enormi. Questo non
era vincere una guerra. Il fallimento della pace
che ne era seguito era
un fallimento degli USA e della KFOR, che erano
stati autorizzati dalla
Risoluzione 1244 a dare seguito al mandato
dell’ONU.
Il Segretario Albright ammette questo nella sua
memoria:
"Ben prima della guerra in Kosovo, avevo
guadagnato l’appoggio
dell’Amministrazione per una politica di
tentativi per rimpiazzare
Milosevic. Per due anni abbiamo agito nel
retroscena, ma anche
pubblicamente, per portare questo a buon fine.
Con il collega tedesco
Joschka Fischer e con altri, io ho
incoraggiato i leaders
dell’opposizione Serba a costruire una
effettiva organizzazione
politica e ad individuare il loro obiettivo
nella cacciata di
Milosevic... In pubbliche dichiarazioni
ripetutamente ho affermato che
gli Stati Uniti esigevano Milosevic 'fuori dal
potere, fuori dalla
Serbia, e in custodia di un Tribunale per
crimini di guerra.'"
Id. p. 500.
Alla fine di luglio 1999, la Albright per la
prima volta visitava il
Kosovo. A Pristina parlò ad "una
folla enorme stipata nella piazza centrale
della città. La
gente, fra cui c’erano molti profughi
ritornati, era vestita con
costumi nazionali Albanesi mescolati con
maglioni dei Chicago Bulls....
Allora ho detto, 'Noi dobbiamo appoggiare il
Tribunale per i crimini di
guerra, che metta sotto accusa per la pulizia
etnica e gli assassini
devono pagare e Slobodan Milosevic deve
rispondere dei suoi crimini.'
La folla urlava sempre più forte." Id.
p. 425.
Dopo aver parlato a Pristina, il Segretario
Albright si era diretta al "monastero Serbo
Ortodosso di Gracanica,
il mio stato d’animo era di preoccupazione e
di amarezza. Ero andata a
visitare il monastero per incontrare il
Patriarca Artemije
Radosavljevic ed altri leaders religiosi
Serbi. Il Patriarca si era
opposto radicalmente ai bombardamenti della
NATO. Quando lo avevo
incontrato a Washington prima della guerra,
egli mi aveva messo in
guardia che un confronto militare sarebbe
stato un disastro. Ora mi
mostrava i dipinti delle chiese distrutte,
raccontandomi degli attacchi
fatti sui Serbi, e mi esprimeva il suo timore
che tutti i Serbi
potessero abbandonare il Kosovo. Io gli
espressi che questa conseguenza
era l’opposto di quello che io desideravo; che
i portatori di pace
della NATO e l’ONU avrebbero fatto il
possibile per assicurare a questo
popolo una sicurezza certa. Il Patriarca
rispose che se i Serbi fossero
stati cacciati via, questo avrebbe provato che
Milosevic era nel
giusto. Mi dichiarai d’accordo." Id. p.
426.
Ora, quattro anni più tardi, la violenza è in
aumento
costante e più di 250.000 Serbi sono stati
costretti ad
andarsene dal Kosovo.
Secondo il testo del Segretario Albright, si ha
la prova provata che
Milosevic era nel giusto!
Gli attacchi della NATO in Bosnia e contro
la Jugoslavia sono
stati i primi nella storia della NATO. Le sue
vittime erano senza
difesa contro la sua potenza aerea. La
distruzione enorme inflitta
dalla NATO non è stata più ripagata da questa
Organizzazione o dai suoi membri a titolo
individuale. In precedenza,
due futuri membri della NATO avevano bombardato
Belgrado e altre
città della Jugoslavia: la Germania nel 1941 e
gli USA nel 1945.
La facilità e la sicurezza con cui i principali
attori coinvolti
nella guerra di aggressione contro la Jugoslavia
e nelle incriminazioni
persecutorie del Tribunale ICTY, compresi la
Albright, Holbrooke e
Goldstone, parlano nei termini più sprezzanti di
Slobodan
Milosevic e di altri leaders Serbi, possono
essere comprese solo alla
luce di anni di demonizzazioni della Jugoslavia,
dei suoi leaders e con
particolare astio, negli ultimi quindici
anni, nei confronti di
Milosevic e della Serbia, da parte dei mezzi di
informazione
Occidentali.
Basta un ulteriore esempio a suffragare questo;
Holbrooke descrive come
una cameriera del ristorante nella base aerea di
Wright-Patterson,
durante i negoziati di Dayton del 1995, era
affascinata dal Presidente
Milosevic, aggiungendo che lei non si rendeva
conto di stare parlando
con "una delle persone più ingiuriate nel
mondo." Le ingiurie
erano la produzione dei media Occidentali.
Venivano attaccate le
vittime di una criminalizzazione politicamente
vantaggiosa.
I media hanno sempre appoggiato in modo
travolgente il militarismo USA,
l’espansionismo militare e gli interventi
economici e militari degli
Stati Uniti. In guerra e in pace vengono
glorificate le azioni militari
USA, condizionando l’opinione pubblica a
considerare e ad accettare
l’uso della potenza militare per conseguire
vantaggi per le politiche
economiche
Statunitensi.
I media e il Pentagono raccontano proprio la
stessa storia, sia in
tempo di guerra che in tempo di pace. Loro
servono lo stesso padrone,
la plutocrazia Americana. Loro raramente si
interrogano sulla
legalità o sulla eticità delle azioni militari
Statunitensi; quasi sempre giustificano ed
esaltano le operazioni
dell’esercito USA e umiliano le vittime, sia
militari che civili,
così spesso senza difesa contro l’alta
tecnologia bellica USA.
Durante i combattimenti le vittime degli
eserciti nemici vengono
sovrastimate, le vittime civili sottaciute ed in
seguito completamente
ignorate. I media USA non hanno fatto alcun
tentativo di riferire in
modo esatto sulle vittime civili in Jugoslavia,
in Afghanistan, o in
Iraq, tanto meno hanno pubblicato quale ne era
stata la causa.
I media Occidentali sono di proprietà e
finanziati dalle
concentrazioni del grande capitale. Le loro
principali entrate
provengono dalle vendite alle più grosse
corporations di spazi
pubblicitari per i loro prodotti.
I media Occidentali sono responsabili in maniera
schiacciante di
lanciare il discredito sui singoli leaders, su
organizzazioni, governi,
gruppi etnici, perfino religiosi, quanto
richiede il coro della
propaganda del governo USA su scala
mondiale.
Il capitalismo sostiene in modo formidabile il
militarismo, l’esproprio
delle risorse e del lavoro altrui, gli
investimenti e i vantaggi
commerciali all’estero, e la protezione di
queste sue ricchezze
esterne, poiché i suoi profitti derivano da
tutto
questo.
I media informano, omettono, disinformano,
creando un clima in
cui la guerra e i crimini di guerra commessi
dagli USA avranno il
sostegno o saranno ignorati dalla pubblica
opinione e verrà
assunta la demonizzazione dei loro nemici. Il
pubblico fa propri i
messaggi che fanno appello ai sentimenti di
paura, di odio, di orgoglio
nazionalista, di indifferenza o ad un senso di
impotenza.
Sarà difficile conquistare la pace finché i
media non
cercheranno di fornire al pubblico tutta una
serie di fatti, opinioni e
prospettive future opportuni per costruire
giudizi
informati.
I recenti conflitti di aggressione contro la
Jugoslavia, l’Afghanistan
e l’Iraq sarebbero stati contrastati con
successo dalla gente,
all’interno degli stati aggressori e
dall’opinione pubblica mondiale,
se i media avessero provveduto alla necessità
dell’opinione
pubblica di conoscere la verità. Quello che
abbiamo visto
passare sarà solo il prologo, se tutti coloro
che vogliono
sapere la verità non avranno accesso alla giusta
informazione
L’incapacità da parte del Tribunale ICTY di
mettere sotto
inchiesta per crimini contro la pace, per
crimini di guerra e per le
loro violazioni agli Statuti dell’ONU e della
stessa NATO, anche gli
USA e la NATO che hanno sgretolato l’autorità
delle Nazioni
Unite e hanno sfidato la loro capacità di
mantenere la pace in
modo tanto pesante, smaschera l’uso unilaterale
di questo Tribunale per
incriminare coloro che si sono opposti allo
smembramento della
Jugoslavia e che sono stati criminalizzati anche
per le generazioni
future. Le accuse del Tribunale, focalizzate sui
Serbi, sono
psicologicamente più devastanti di tante bombe,
che sono solo
forza bruta. La Corte può distruggere l’onore di
un intero
popolo, con un’azione unilaterale, assicurando
l’impunità per i
potenti con una giustizia corrotta e praticando
l’ineguaglianza nella
messa in stato di accusa. L’eguaglianza è la
madre della
giustizia. La sua assenza genera l’impulso
rivoluzionario, l’odio e la
guerra.
Anche le altre Corti Penali create dal Consiglio
di Sicurezza
confermano le motivazioni degli USA ad
utilizzarle, vale a dire per
rinforzare le loro azioni politiche.
Il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda
(ICTR) era stato
istituito per essere la foglia di fico per
l’incapacità dell’ONU
e delle Nazioni potenti a prevenire la tragica
violenza politica del
1994. Il Consiglio di Sicurezza, non
autorizzato, aveva
stabilito di limitare la giurisdizione dell’ICTR
agli eventi del solo
anno 1994, dopo trentaquattro anni di
aggressioni contro il Ruanda da
parte di fuorusciti Ruandesi che
appoggiavano il governo
coloniale del Belgio e negli ultimi anni da
parte del Fronte
Patriottico Ruandese (RPF) che era stato fondato
a Washington, D.C. con
il sostegno degli USA. Restringendo l’attività
giurisdizionale
al solo 1994, gli USA prevenivano indagini sui
crimini contro la pace e
sui crimini di guerra commessi dal RPF, che era
stato alla testa delle
più importanti invasioni provenienti dall’Uganda
avvenute nel
1990 e nel 1993. L’invasione del 1993 era stata
bloccata dal governo
Francese, dopo le rilevanti incursioni che
avevano procurato basi per
le forze del RPF all’interno del Ruanda, incluso
uno spiegamento,
frutto di trattative, di una forza più grande di
un battaglione
nella stessa Kigali.
Il Tribunale aveva ignorato il fattore chiave,
prima causa della
violenza: chi aveva fatto crollare il piano
proposto dai Presidenti del
Ruanda e del Burundi il 6 aprile 1994? È
stato ignorato il
massacro dell’Arcivescovo Cattolico con altri
dieci vescovi e altri
leaders Cattolici perpetrato dai soldati del RPF
a Gitarama, alla fine
di aprile del 1994.
Veniva ristretta la giurisdizione dell’ICTR,
anche nei limiti
geografici, al solo Ruanda, escludendo così le
carneficine di
centinaia di migliaia di Ruandesi che erano
fuggiti ed erano
perseguitati dalla violenza del RPF nello Zaire,
stato confinante, ora
di nuovo Repubblica Democratica del Congo.
La conseguenza era
stata la violenza attraverso il Congo fino a
Kinshasa, con un
imprecisato numero di centinaia di migliaia di
ammazzati e l’insediarsi
del RPF a Kinshasa, a controllare vaste parti
del Congo, sfruttandone i
diamanti e le altre risorse, impunemente e con
l’aiuto degli
USA. Ancor oggi le furie della
guerra costituiscono una
bomba a tempo per il Burundi e il Ruanda stesso,
pronta ad esplodere, e
la causa sono oltre 100.000 prigionieri,
rinchiusi perlopiù
senza un’accusa precisa da nove anni in
condizioni crudeli, inumane e
degradanti.
Durante gli anni Novanta, l’egemonia degli USA
si è consolidata
con la leadership Tutsi, a partire dall’Uganda,
attraverso il Ruanda e
il Burundi ed infine in quasi tutto il Congo. Se
veniva concesso al
Tribunale ICTR di estendere la propria
giurisdizione sulle persone
presenti nelle nazioni confinanti che hanno
fornito basi, armi,
addestramento, rifugi e soldati per invadere il
Ruanda, poteva venire
messa in stato di accusa tutta la dirigenza
Tutsi dell’Uganda, compreso
il Presidente Museveni appoggiato dagli USA. Da
sottolineare che il
Presidente Kagame del Ruanda aveva servito per
anni nell’esercito di
Museveni, quando questo lottava per il dominio
dell’Uganda, ed era
diventato il comandante del servizio di
spionaggio.
Al contrario, il Tribunale Penale creato dal
Consiglio di Sicurezza per
la Sierra Leone aveva ricevuto il potere
giurisdizionale di perseguire
il Presidente Taylor della confinante Liberia,
obiettivo da lungo tempo
nei piani USA per un cambiamento di regime. La
corte metteva in stato
di accusa Taylor, che ora si trova in esilio in
Nigeria.
Tali sono i poteri discrezionali di questi
Tribunali ad hoc, su misura!
Faustin Twagiramungn, scelto come Primo Ministro
ad interim del Governo
Allargato di Transizione del Ruanda, secondo gli
accordi di Arusha del
1993 sotto l’egida dell’ONU, e Primo Ministro
del governo del RPF nel
periodo immediatamente successivo alla sua
ascesa al potere dal luglio
1994 all’ottobre 1995, ha testimoniato davanti
al Tribunale ICTR di
ritenere che fossero stati ammazzati più Hutus
che Tutsis nello
"scontro politico" del 1994, e non in quello che
il Tribunale ICTR
aveva etichettato come un genocidio etnico
perpetrato dagli Hutus
assassini dei Tutsis. (Vedere la trascrizione
del processo Pubblica
Accusa ICTR contro Ntakirutimana, 4 febbraio
2001, da p.143 a p.168.)
Il Rapporto Gersony voluto dall’UNHCR, descrive
le aggressioni del RPF
e il massacro di decine di migliaia di Hutus, e
solo in due Prefetture,
durante un breve periodo nell’estate del 1994.
Per dare la misura del
fallimento del Tribunale Penale Internazionale
per il Ruanda basta dire
che non un solo Tutsi è stato messo sotto
accusa dopo
più di otto anni dalla istituzione del
Tribunale.
Nel settembre 2003 è avvenuta la rimozione del
Pubblico
Accusatore Generale Carla del Ponte dal
Tribunale ICTR per l’insistenza
del governo RPF del Ruanda. Carla del
Ponte aveva manifestato le
sue intenzioni di mandare sotto processo alcuni
Tutsis, per dimostrare
l’apparente imparzialità del Tribunale. Il fatto
rivela come
anche una nazione, pur presa come obiettivo da
un Tribunale
internazionale ad hoc, ma che gode dell’appoggio
degli USA, ha potere
di influenzare un Tribunale di questo tipo.
Inoltre è stato
messo ancora una volta in risalto il continuo
dominio degli USA su
questi Tribunali Penali e come la loro potenza
venga favorita
dall’impunità.
In definitiva i leaders degli Stati Uniti si
prendono gioco di
questi Tribunali.
Il Tribunale Penale autorizzato per la Sierra
Leone, con la sua
giurisdizione definita per permettere di
processare il Presidente
Charles Taylor della Liberia senza un precedente
avviso di reato, era
stato progettato dagli USA come mezzo per
mettere ai margini e
distruggere una dirigenza ostile al dominio
degli USA nella Sierra
Leone e per un cambiamento di regime in
Liberia.
Il Presidente Taylor era stato eletto a larga
maggioranza in presenza
di osservatori internazionali, e gli USA avevano
cercato per anni di
rimuoverlo con un terribile costo in vite
umane.
Tutto questo avveniva in violazione delle
istituzioni della Liberia e
della legittimità della carica alla quale Taylor
era stato
eletto. Arrogantemente veniva espresso in
pubblico da parte del
Presidente Bush il dictat: "Taylor deve essere
schiacciato", a fronte
della continua violenza dei rivoltosi appoggiati
dalla inflessibile
resistenza degli USA alle riforme in Africa,
sentite invece come
esigenza da tutto il mondo.
Gli Stati Uniti hanno avuto una relazione di
predominio sulla Liberia
fin dal 1820. La capitale della Liberia prende
il nome dal Presidente
USA Monroe, famoso per la sua Dottrina. La
sua seconda
città e maggior porto, Buchanan, è chiamata così
dall’ultimo Presidente in carica prima che la
Guerra Civile mettesse
fine alla
schiavitù.
Malgrado questa storia di contiguità e l’impegno
che ne doveva
derivare, l’Amministrazione Bush non ha mai
fornito la benché
minima protezione ai Liberiani ammassatisi nella
Capitale da tutte le
regioni dello stato, perché aggrediti dai
ribelli, generalmente
stranieri. Ora l’Amministrazione Bush parla di
"Liberia da
ricostruire". Questo non avverrà mai. Solo per
loro merito,
nell’ottobre 2003 diverse nazioni Africane hanno
inviato forze per il
mantenimento della pace e l’ONU ha fornito un
significativo contingente
di polizia a tutela
dell’ordine.
Il tentativo, messo in atto per tanto tempo, di
istituire un Tribunale
Penale per la Cambogia appoggiato dall’ONU era
stato alimentato dal
desiderio degli USA di sostituire il Primo
Ministro e gli altri
funzionari che avevano fatto parte del governo
della Cambogia, durante
e dopo la guerra del Vietnam.
I Tribunali Penali ad hoc istituiti dal
Consiglio di Sicurezza hanno
corrotto il diritto internazionale, hanno
generato odio e divisioni che
hanno portato alle guerre, e sono incapaci di
esercitare la giustizia
giusta secondo il diritto, per la loro reale
natura e i veri obiettivi
che vogliono conseguire. Essi
agiscono a discrezione,
sono discriminatori e la loro istituzione nasce
dall’intenzione di
assumere come obiettivi persone o gruppi da
colpire per ragioni
politiche ed
economiche.
Il Tribunale di Norimberga, creato dai vincitori
della II Guerra
Mondiale, escludendo l’ONU, era stato un monito
alla comunità
internazionale, che cercava la pace sotto l’ala
protettiva del diritto
internazionale, che nel futuro tutte le nazioni
e i loro leaders, sullo
stesso piano di parità, tutti avrebbero dato
conto per le loro
violazioni delle leggi
internazionali.
L’Accusatore Generale Statunitense a Norimberga,
Giudice della Corte
Suprema USA, Robert H. Jackson, aveva proclamato
con passione
indimenticabile l’importanza di questo principio
e la volontà di
vederlo applicato alla sua stessa nazione.
Parlando alla Società
Americana di Diritto Internazionale il 13 aprile
1945, il giorno dopo
che il Presidente Franklin Roosevelt era morto,
quando ancora la II
Guerra Mondiale infuriava, il Giudice
Jackson metteva in evidenza
che i vincitori avevano sempre agito a loro
discrezione nei confronti
dei popoli vinti; se la scelta si era
indirizzata per processare in un
Tribunale legale i presunti
criminali "... tutte le esperienze insegnano
che vi
sono certe cose che non si possono fare sotto
la parvenza di un
Tribunale legale. I Tribunali verificano
fatti, ma anche i fatti
verificano i Tribunali! Non si possono portare
in giudizio uomini
davanti a qualsiasi cosa definita come
Tribunale…secondo le norme dei
procedimenti giudiziari, se non si ha la
volontà di vederli
liberi, quando non sono stati provati
colpevoli…" Da “The
Anatomy of the Nuremberg Trials, (L’anatomia dei
processi di
Norimberga),” Telford Tayor, Little, Brown and
Co. 1992 a p. 45.
In seguito ai processi di Norimberga, l’ONU e la
comunità
internazionale hanno approvato le Convenzioni di
Ginevra e un altro
grande numero di trattati, di accordi e di
principi per prevenire la
guerra e per tutelare i diritti. Queste
Convenzioni si basano sul
principio che nessuna nazione, comunque potente,
può porsi al
disopra della
legge.
Per restituire l’integrità alla sua stessa Carta
e l’onore ai
suoi Membri, l’ONU e il Consiglio di Sicurezza
dovrebbero abolire tutti
gli esistenti Tribunali internazionali che loro
hanno istituito e
garantire di non crearne altri, mai
più.
Gli sforzi da parte degli USA, o altri, di
creare nuovi Tribunali
penali ad hoc, o di catturare e processare
persone per presunti atti
criminali commessi fuori dagli Stati Uniti,
indebolirà
l’autorità e l’efficacia della Corte
Internazionale di
Giustizia, e, poiché gli USA esercitano il
potere in violazione
della legge internazionale, rendono il mondo
ancora più
illegale, più incline e rassegnato alla guerra.
Il male fatto per continuare la loro attività
non autorizzata
sopravanza di gran lunga ogni pericolo che la
legge internazionale in
futuro possa essere indebolita o che "i
criminali possano andare
liberi". L’imputato e il condannato sono
sufficientemente
identificati!
Passi positivi possono essere fatti per
proteggere e rafforzare la
Corte Internazionale di Giustizia, perciò
riformare il suo
mandato, ed eliminare le carenze e i difetti,
secondo la Carta
dell’ONU, che mettono a repentaglio le sue
prestazioni.
XIII. L’Amministrazione
Bush intende
perseguire politiche unilaterali manifestate
con le sue guerre di
aggressione contro la Jugoslavia,
l’Afghanistan e l’Iraq, con la
creazione di Tribunali Penali con specifici
obiettivi, e con i suoi
rovinosi Acts contro le Istituzioni, i
Trattati e il Diritto
Internazionale. Gli USA possono essere
bloccati solo dall’impegno
unitario dei membri delle Nazioni Unite che li
costringa
all’osservazione delle norme.
Le politiche unilaterali degli Stati
Uniti
minacciano l’ONU e la pace nel mondo. I
Tribunali Penali creati ad hoc
dall’ONU fanno parte della strategia unilaterale
degli USA. Attraverso
la lunga lista di interventi militari
unilaterali USA e di minacce e
dei vari Tribunali Penali ad hoc dell’ONU, gli
USA stanno fiaccando
l’ONU e smantellando la rete di leggi
internazionali e di trattati, dai
quali l’ONU dipende per prevenire la
guerra.
Mentre ancora una volta nel suo messaggio
indirizzato all’Assemblea
Generale del 23 settembre 2003 il Presidente
Bush ha provocato l’ONU a
mettere fuori legge la proliferazione delle armi
di distruzione di
massa (WMD), egli ha dimenticato di far
riferimento allo stretto
monopolio Statunitense sulla tecnologia, sullo
sviluppo e sul possesso
delle WMD e sulla sofisticata industria
missilistica e su altre
tecnologie da applicare dovunque nelle varie
parti del
mondo.
Rendendosi conto che bombe nucleari a vari
megatoni sono troppo
brutali, “non intelligenti” e pericolose perfino
per coloro che le
sganciano, il Presidente Bush ora sta mettendo
in atto forti pressioni
per lo sviluppo di armi nucleari tattiche, che
possono distruggere un
ben individuato quartiere cittadino o
all’occasione un
battaglione.
Il bilancio militare USA supera quello dei
quindici più
consistenti bilanci militari nel mondo, presi
tutti insieme, e
oltrepassa per più volte il prodotto nazionale
lordo (PIL) di
molti dei membri delle Nazioni Unite. Gli USA
vendono quasi la
metà di tutte le armi convenzionali commerciate
nel traffico
internazionale, contribuendo così ogni anno alla
morte di
centinaia di migliaia di persone e
all’impoverimento di centinaia di
milioni di esseri
umani.
Molti membri delle Nazioni Unite che hanno
assistito alle aggressioni
brutali degli Stati Uniti alla Jugoslavia,
all’Afghanistan, all’Iraq, o
contro Grenada, la Libia, Panama, o il Sudan
considerano che resta loro
solo una alternativa. Possono sviluppare armi di
distruzione di massa
WMD tali da incutere timore agli USA, o
prepararsi a cedere
l’indipendenza ad ogni istanza presentata loro
dagli USA in termini
ultimativi. Quindi, le guerre USA di
aggressione e le loro
minacce favoriscono la proliferazione delle WMD,
oltre a scatenare odi
e nuovi bacini di violenza
terroristica.
Gli USA stanno unilateralmente minando la pur
fragile ed inadeguata
struttura di accordi costruita per prevenire la
guerra nucleare. Nel
Trattato di Non Proliferazione, le potenze
nucleari, allora nel numero
di sei, avevano aderito al piano e si erano
mosse per smantellare i
loro arsenali nucleari in cambio dell’accordo da
parte di altre potenze
non nucleari di non sviluppare o ottenere armi
atomiche. Al contrario,
da allora gli USA unilateralmente hanno agito
per la loro
proliferazione, e non hanno rispettato gli
accordi sulla non
proliferazione e sulla cessazione dei test
atomici, mettendo in
pericolo il mondo intero.
Sono loro che cercano di conseguire il monopolio
della potenza militare
derivata dalle armi di distruzione di massa!
Gli Stati Uniti hanno respinto le convenzioni
che vietano le mine
terrestri e che disciplinano i piccoli armamenti
che uccidono migliaia
di persone ogni anno, asserendo che… già il
Secondo Emendamento
alla loro Costituzione proibisce
questo.
Inoltre si sono opposti alla proibizione
dell’uso di bambini in guerra.
Le loro politiche unilaterali e il loro potere
coercitivo sulla finanza
internazionale, sul commercio, sulla salute e la
protezione
dell’ambiente minacciano
tutti.
Il più pervasivo unilateralismo
dell’Amministrazione Bush
è il suo rifiuto a rispettare i diritti degli
altri. Una targa
dono del Messico alle Nazioni Unite, che si
trova all’ingresso
dell’aula dell’Assemblea Generale, reca le
parole dell’Indiano Zapoteca
Presidente Benito Juarez che recitano: "La pace
consiste nel rispetto
dei diritti degli altri."
Queste politiche unilaterali pongono gli USA su
una dimensione
superiore al diritto internazionale, una
posizione da gendarme come
quella discriminatoria dei Tribunali Penali ad
hoc che individuano i
loro obiettivi in leaders e popoli, secondo
l’indirizzo degli
USA.
Il Presidente Bush si è espresso chiaramente
sulle sue
intenzioni di continuare la militarizzazione
unilateralmente, di
continuare a minacciare Cuba, l’Iran, l’Iraq, la
Libia, la Corea del
Nord, la Siria, e atti ostili e interferenze
negli affari di molte
nazioni confermano la sua
politica.
Gli Stati Uniti esigono che altre nazioni
concorrano a sostenerli nelle
loro azioni criminali contro l’Iraq con truppe e
finanziamenti, in modo
da "stabilizzare" e "ricostruire" una nazione
alla quale hanno causato
decine di migliaia di morti e decine di miliardi
di dollari di
distruzioni con le bombe del 1991, una nazione
che è stata
demolita da un decennio di sanzioni genocide
approvate dal Consiglio di
Sicurezza che hanno prodotto più di un milione
di morti, una
nazione che è stata aggredita malgrado
l’opposizione dell’ONU
nel marzo 2003, con la perdita di almeno 30.000
persone.
Si vogliono forzare le privatizzazioni,
trasformando le strutture
produttive vitali e di servizio dell’Iraq,
secondo gli interessi
stranieri. Si vuole controllare il petrolio
Iracheno. Si vogliono
ottenere ricchi contratti di favore per le
multinazionali degli amici e
alleati.
Gli USA non pagheranno per la ricostruzione
delle nazioni che hanno
distrutto o
danneggiato.
Basta interrogare qualcuna delle vittime degli
ultimi cinquant’anni.
Malgrado tutte le loro ricchezze, gli aiuti USA
non militari per i
paesi esteri risultano i più bassi pro capite di
ogni nazione
sviluppata.
Per un periodo di venti anni gli Stati Uniti non
hanno subito una
vittima da parte dell’Iraq; al contrario sono
stati persino la causa di
qualche centinaio di morti per missili o assalti
aerei scatenati a
casaccio. Morti che comprendono Leila al Attar,
una famosa artista
internazionale, Direttrice del Museo di arte
Moderna di Baghdad, nella
sua casa, e due impiegati dell’Al Rashid Hotel
in un attentato per
assassinare Saddam Hussein nel 1993. Persino un
elicottero dell’ONU e i
suoi diciassette passeggeri è caduto vittima dei
caccia
supersonici USA nella “no fly zone”, zona dei
cieli Iracheni proibita
ai voli come illegalmente imposto dagli
USA.
Se vi fosse pace e giustizia, gli USA sono in
debito con il popolo
dell’Iraq per decine di miliardi di dollari e
dovrebbero pagare per la
ricostruzione del paese. Pagare all’Iraq il 10%
del bilancio militare
USA per il prossimo decennio sarebbe come
prendere i soldi dalle tasche
dei criminali e fornire all’Iraq i mezzi per la
ricostruzione. Nulla
potrà compensare per la perdita di vite umane!
Bisogna impedire
alle imprese USA di raccogliere profitti dai
crimini del loro governo.
Il modo di porsi degli USA contro la Corte
Internazionale di Giustizia
dimostra la loro determinazione di non volere
rendere conto delle
proprie azioni, e di voler distruggere questa
Corte che loro temono.
Ecco perché gli USA fanno pressioni sul
Consiglio di Sicurezza
per creare Tribunali ad hoc. Sono loro che
forniscono i fondi e il
personale. Inoltre hanno minacciato nazioni con
sanzioni e con altri
mali, ad esempio costringendole ad accordi per
arrestare e consegnare
le persone dentro i loro confini, per farle
processare poi dai
Tribunali ad hoc. Questi sono gli strumenti
scelti: la messa in stato
di accusa selettiva.
Gli USA, mentre si opponevano apertamente ad una
Corte Internazionale
di Giustizia che avrebbe potuto estendere la sua
giurisdizione su di
loro, avevano assunto un ruolo predominante
nella stesura dello Statuto
di questa Corte. Avevano tanto insistito su
clausole ed emendamenti,
che indebolivano e danneggiavano l’efficacia
della Corte, sotto il
ricatto della loro
partecipazione.
La Corte Internazionale di Giustizia ICC si
trovava di fronte ad una
sfida di estrema difficoltà per ottenere un atto
costitutivo
perfetto e un pieno
appoggio.
Il Presidente Clinton aveva firmato questo atto
alla fine della sua
Amministrazione, ma aveva avvertito il Senato
degli USA di non
ratificarlo, e aveva richiesto di vincolare il
Presidente Bush a
ritirare l’approvazione Presidenziale ed aveva
attaccato la ICC ad ogni
occasione.
Gli USA avevano cercato unilateralmente di
impedire a molte nazioni di
aderire all’accordo per la ICC, cercando di
ostacolarne la ratifica.
Avvenuta comunque la ratifica, gli USA hanno
costretto Paesi, dalle
Filippine alla Colombia, come recentemente
avvenuto il 18 settembre
2003, alla dichiarazione di non approvare che
cittadini Statunitensi
possano essere inquisiti dalla ICC.
Questa è un’azione evidente di come si mettono i
bastoni fra le
ruote della giustizia, un criminale oltraggio
alle leggi interne delle
nazioni.
Con uno sfrontato atto di coercizione, il 30
giugno 2002 il
Rappresentante Permanente USA alle Nazioni
Unite, l’Ambasciatore
John D. Negroponte dichiarava ufficialmente che,
in assenza di una
Risoluzione del Consiglio di Sicurezza che
stabiliva l’impunità
per il personale che aveva contribuito alle
missioni di peacekeeping
(custodia della pace!) autorizzate dal Consiglio
di Sicurezza,
gli Stati Uniti avrebbero posto il veto alla
Risoluzione che rinnovava
la missione di peacekeeping dell’ONU in
Bosnia-Erzegovina.
L’Ambasciatore Negroponte argomentava che "avendo accettato
i rischi
dell’esposizione del proprio personale a
situazioni pericolose e dense
di difficoltà al servizio della promozione
della pace e della
stabilità, noi non chiederemo loro di
accettare il rischio
addizionale di processi politicizzati davanti
ad una Corte, la cui
giurisdizione sul nostro popolo il Governo
degli Stati Uniti non
riconosce."
Il 12 luglio 2002, dopo intensi negoziati, il
Consiglio di Sicurezza,
con voto unanime, adottava la Risoluzione 1422,
che contemplava che per
un anno, a partire dal 1 luglio 2002, la Corte
Internazionale di
Giustizia non avrebbe dato il via, o proceduto,
ad investigazioni o a
processi per azioni commesse dentro l’anno da
funzionari o personale
ONU addetto ad operazioni di peacekeeping,
operazioni svolte con il
contributo di Stati non firmatari dello Statuto
di Roma. La
Risoluzione 1422 stabiliva inoltre l’intento di
rinnovare questi
termini per periodi addizionali di un anno, fino
a quando risultava
necessario.
Il Re non poteva fare ingiustizie! Forse che gli
Usa non si meritavano
questa impunità? E se vi fosse stato il rischio
di un "processo
politicizzato", forse qualcuno poteva
assoggettarsi alla giurisdizione
di una simile Corte?
Malgrado tutto, possiamo affermare che una Corte
Internazionale di
Giustizia sicuramente indipendente, imparziale e
competente con una
giurisdizione estesa a tutto il mondo è
essenziale per la pace,
di questi tempi!
XIV. L’atto
di accusa contro il
Presidente della Repubblica Federale di
Jugoslavia, Slobodan Milosevic,
ha costituito la base di un processo
discriminatorio determinato
politicamente.
Non esiste un caso più estremo di processo
politico
discriminatorio da parte del Tribunale Penale
per i Crimini nella ex
Jugoslavia ICTY dell’atto di accusa contro
Slobodan Milosevic. Egli
è stato il Presidente della Repubblica Federale
di Jugoslavia,
con l’incarico più importante nella Federazione
Balcanica.
È un Serbo Cristiano Ortodosso.Il Musulmano
Presidente della
Bosnia Aliya Izetbegovic, ora deceduto, e il
Cattolico Romano
Presidente di Croazia Franjo Tudjman, non sono
stati messi formalmente
in stato d’accusa dal Tribunale ICTY. Per buona
misura costoro erano
politicamente ben più estremisti di Milosevic,
ma egli solo
rappresentava la Repubblica Federale di
Jugoslavia. Lo smembramento di
questa doveva venire giustificato. Egli era l’ex
Presidente della
Repubblica Serba di Jugoslavia, e i Serbi
erano la parte
più rilevante della popolazione Jugoslava, e
aveva la
responsabilità più forte nella Federazione.
Nell’ambito della Bosnia, che secondo gli
Accordi di Dayton era stata
divisa in tre parti, Musulmani, Croati e Serbi
viventi nella Srpska,
fra tutti i dirigenti politici solo il Serbo
Radovan Karadzic,
Presidente della Repubblica di Srpska, che si
era strenuamente battuto
per la Repubblica Federale, e il suo successore,
Biljana Plavsic, sono
stati formalmente
inquisiti.
Richard Goldstone, che il 15 agosto 1994 aveva
preso servizio come
Accusatore Generale del Tribunale ICTY, entro
due mesi aveva aperto
un’inchiesta a carico del Presidente Milosevic.
Quando aveva lasciato
l’incarico alla fine del 1996 non aveva ottenuto
nessuna prova che
giustificasse la messa in stato di accusa del
Presidente
Milosevic.
Questo scriveva in una sua memoria pubblicata
nel 2001, "...per processare Milosevic era
necessario stabilire davanti ad un Tribunale
Penale che lui era
compartecipe dei crimini commessi
dall’Esercito Serbo Bosniaco. Quindi
dovevano esserci tali e tante prove che egli
non poteva altro che
essere processato e condannato. Spesso ho
assicurato l’opinione
pubblica che nessuno mai mi aveva indotto a
trattenermi dal mettere
sotto accusa Milosevic o qualcun altro."
Quando aveva scritto questo, Goldstone
sapeva che
alla fine del 1999 il Presidente Milosevic era
stato messo sotto
processo. Goldstone era stato sostituito da una
giurista Canadese,
Louise Arbour, che aveva continuato l’inchiesta.
E comunque per altri
due anni e mezzo non vi fu alcun atto ufficiale
di accusa per il
Presidente Milosevic. Alla luce dei fatti,
non poteva essere
imbastito alcun processo contro di lui. Benché
fosse un
appassionato sostenitore della necessità e della
opportunità della Repubblica Federale di
Jugoslavia,
perché vi fosse pace nei Balcani, il Presidente
Milosevic
dichiarava che la pace era il fine ultimo che
bisognava cercare, e che
la Federazione era un mezzo per raggiungere quel
fine e non una ragione
per la guerra. Come ha dovuto ammettere anche
Holbrooke, il Presidente
Milosevic aveva partecipato ai negoziati per una
risoluzione
pacifica.
In conseguenza alle secessioni, il 28 aprile
1992 il Presidente
Milosevic aveva presieduto alla formazione della
nuova Repubblica
Federale di Jugoslavia. La guerra civile non si
era ancora scatenata.
Includendo solo la Serbia e il Montenegro, la
nuova Costituzione
ammetteva la desistenza di quattro Repubbliche
dalla Federazione. La
Costituzione affermava in modo chiaro che la
nuova Repubblica non aveva
alcuna ambizione territoriale nei confronti
delle ex Repubbliche
Slovenia, Croazia, Macedonia e Bosnia. La Serbia
e il Montenegro
accettavano la secessione e rinunciavano alla
forza che avrebbe
necessariamente diminuito la possibilità in un
prossimo futuro
di una più larga Federazione dei Balcani. La
nuova Costituzione
veniva immediatamente promulgata. L’Unione
Europea, sotto la spinta
della Germania, il 6 aprile 1992 aveva
riconosciuto la Bosnia e
l’Erzegovina. Era stato scelto il 51.esimo
anniversario del primo
smembramento della Jugoslavia da parte
della Germania, Italia,
Ungheria, e Bulgaria per distruggere la
struttura costitutiva di una
Federazione fra gli Slavi del Sud, che venivano
quindi vinti ancora dai
vincitori di allora nei Balcani, durante il
primo periodo della II
Guerra Mondiale. Il Presidente Milosevic non
aveva inteso rischiare una
ripetizione della tragedia nei Balcani dal 1941
fino al 1945.
Sebbene la Bosnia si fosse separata dalla
Jugoslavia, il Presidente
Milosevic aveva usato della sua influenza con i
Serbi di Bosnia per
persuaderli ad accettare la risoluzione
Vance-Owen con la supervisione
dell’ONU, che veniva perciò firmata ad Atene,
solo per vedere il
fallimento di tutto questo per l’opposizione
USA. Tutte le altre
iniziative di pace internazionali incontravano
il più largo
appoggio da parte del Presidente Milosevic.
Inoltre il Presidente Milosevic divenne a Dayton
il negoziatore per
conto della dirigenza Serbo Bosniaca alla quale
era stata negata la
partecipazione, con la giustificazione che il
Presidente Karadzic era
sotto inchiesta formale da parte del Tribunale
ICTY. Ancora una volta
il Presidente Milosevic era la persona chiave
per assicurare un accordo
di pace, anche se questo rinforzava la
disgregazione di quella
Repubblica Federale Socialista che aveva cercato
di
tutelare.
La Serbia e il Montenegro, sotto la direzione
del Presidente Milosevic,
non avevano mai espulso nessuno, o messo in atto
"pulizie etniche" nei
confronti di Croati, Sloveni, Bosniaci, o
Macedoni, durante i difficili
anni 1992-1999. Al contrario, la nuova
Repubblica aveva accolto 70.000
profughi Musulmani dalla Bosnia che avevano
cercato la salvezza in
Serbia. Anche prima dell’immigrazione di questi
70.000 Musulmani dalla
Bosnia, la Serbia aveva una popolazione di
Musulmani più
consistente della Bosnia. I Musulmani in Serbia
non erano mai stati
aggrediti, eccetto che dalle bombe della NATO, e
venivano considerati
parte integrante dell’intera
popolazione.
Gli sforzi con buon esito da parte del
Presidente Milosevic di
conservare la pace, pur facendo pagare dei costi
alla Federazione, si
stagliano in netto contrasto con le azioni del
Presidente Tudjman in
Croazia, e di Izetbegovic in Bosnia e dei
Serbo-e Croato Bosniaci che
hanno fatto uso della forza militare per
“pulire” etnicamente i
territori che volevano governare.
Forse più rivelatore della natura puramente
politica del
procedimento di accusa da parte del Tribunale
ICTY nei riguardi del
Presidente Milosevic resta il fatto che, quando
alla fine del maggio
1999 veniva annunciato il procedimento, questo
non riguardava azioni
avvenute in Croazia o in Bosnia durante i sette
anni precedenti, su cui
si era abbondantemente investigato per
anni.
Il primo atto di accusa si riferiva a fatti
successivi il 22 aprile
1999, quando la NATO aveva bombardato la sua
abitazione in periferia di
Belgrado, nel tentativo di
assassinarlo.
Il processo faceva riferimento a presunte
attività militari
Serbe in Kosovo all’inizio del 1999.
Il Kosovo era sotto pesanti bombardamenti che
durarono
continuativamente fino al giugno del 1999. Solo
dopo che i
bombardamenti erano cessati era stata possibile
l’occupazione della
NATO e l’ingresso in Kosovo del Tribunale ICTY
per svolgere
l’inchiesta.
Il Presidente Milosevic veniva messo in stato di
accusa nel periodo
centrale degli attacchi missilistici e aerei
sulla Serbia da parte
degli USA/NATO, che risultavano molto più
intensi in Kosovo,
proprio per poter giustificare l’aggressione
criminale degli USA e
della NATO contro la Serbia, e per oscurare le
migliaia di morti
causati dai bombardamenti aerei. Fra gli assalti
aerei tristemente
famosi per i tanti morti causati bisogna
ricordare il bombardamento
dell’Ambasciata Cinese a Nuova Belgrado, che
aveva prodotto prese di
posizione internazionali burrascose, proprio
prima dell’atto di accusa
formale.
Si è trattato di un caso di criminalizzazione e
di persecuzione
da parte di un Tribunale ONU, che si dovrebbe
presumere neutro, che
come procedura ha messo in atto prima lo stato
di accusa formale e
più tardi l’inchiesta formale su crimini
presunti. Solo mesi
più tardi Slobodan Milosevic veniva imputato per
presunti
crimini commessi anni prima in Croazia e in
Bosnia.
Gli USA e la NATO hanno conservato il controllo
sul Tribunale ICTY,
proprio come avevano fatto sui negoziati di
pace, per poter bombardare
la Bosnia e la Serbia. L’Accusatore Generale, il
Presidente del
Tribunale e il Presidente della Camera Penale
che hanno messo sotto
processo il Presidente Milosevic
provenivano tutti da
nazioni appartenenti alla NATO e dagli USA, che
erano la potenza
dominante che aveva creato e dato gli indirizzi
sia alla NATO sia al
Tribunale ICTY.
XV. Lo scopo
e l’importanza del
processo assolutamente non riescono, o non
sono opportuni, al
proseguimento e alla risoluzione giudiziale
del processo a Slobodan
Milosevic. Il processo minaccia la sua salute
e il suo diritto ad avere
un giusto giudizio secondo il Diritto.
Il Presidente Milosevic, con la
Repubblica
Socialista Federale di Jugoslavia e tutto il suo
popolo, sono vittime
dello smembramento della Jugoslavia e della
violenza loro imposta,
della devastazione provocata dalle guerre di
aggressione degli USA e
della NATO ed infine del cambiamento di regime
dovuto a interventi
stranieri. Milosevic veniva abbandonato al
Tribunale ICTY nel 2001 in
violazione della Costituzione e delle leggi
della
Jugoslavia.
Il suo processo ha avuto inizio nel febbraio
2002. Il Presidente
Milosevic ha scelto di "difendersi da solo,
personalmente", un
fondamentale diritto umano previsto dalla
Convenzione Internazionale
sui Diritti Civili e Politici. Part III, Article
14(3)(d).
L’1 ottobre 2003 l’accusa ha iniziato a
presentare i suoi argomenti,
con l’intenzione di continuare per più di
venti
mesi. Non vi è mai stato un processo
consimile nella
storia!
Il processo di Norimberga, con ventuno difensori
individuali e addebiti
relativi a tutti gli orrori della II Guerra
Mondiale, eccezion fatta
per il conflitto nel Pacifico, era terminato in
undici mesi. Dopo aver
iniziato nel novembre 1945, l’accusa terminava
la sua prolusione il 4
marzo 1946. Quindi la difesa aveva continuato il
procedimento e il
giudizio finale veniva pronunciato l’1 ottobre
1946.
A differenza dei processi penali che si basano
sulla
responsabilità dell’accusato per la sua condotta
individuale, il
pubblico ministero del Tribunale ICTY, mancando
di prove di azioni
criminali del Presidente Milosevic, ha
presentato come prove la
storia del conflitto, prima in Kosovo, che
cronologicamente è
stato l’ultimo, e quindi in Crozia e poi in
Bosnia.
La Pubblica Accusa poteva terminare la sua
presentazione il 19 febbraio
2004, ma anche andare più oltre. L’atto di
accusa è
costituito da 500.000 pagine di documenti e da
5.000 video cassette. Vi
sono stati quasi 250 giorni di udienze con la
presentazione di circa
200 testimoni d’accusa. La trascrizione delle
deposizioni testimoniali
occupano più di 30.000
pagine.
In modo schiacciante, le prove riguardano eventi
nei quali il
Presidente Milosevic non era presente e non
giocava alcun ruolo.
Ciò nondimeno egli con efficacia si è addentrato
nell’analisi delle testimonianze in difesa della
verità e della
storia. Mentre risulta difficile, se non
impossibile, e pericoloso per
una magistratura tentare di scrivere o scoprire
i fatti della storia in
un procedimento processuale, il Presidente
Milosevic, insediandosi da
solo alla difesa, ha combattuto per la verità
degli accadimenti
e per mantenere la registrazione del processo in
un solco di
verità, quella che il processo ha la pretesa di
determinare.
Gli storici tendono a ritenere che la storia,
dal punto di vista
professionale, non può essere scritta se non un
secolo dopo gli
eventi che vuole trattare, quando le passioni si
sono raffreddate, la
polvere si è sedimentata e gli avvenimenti
possono essere
esaminati da diverse prospettive. Molti
convengono con Voltaire che la
storia è una rappresentazione concordata. Il
Tribunale ICTY
cerca di scrivere una storia sotto dettatura
degli USA e della NATO,
non attraverso i fatti. L’intera procedura è
aliena alla
verità e alla giustizia.
Lo spettacolo di un uomo che da solo difende la
storia e la
verità per escussione contro il potere di un
Tribunale ONU
istituito per affossare la Jugoslavia dimostra
l’ingiustizia e la
falsità.
L’impegno erculeo, combinato con le condizioni
della prigione in cui
è confinato, che era stata usata già come
prigione
Nazista durante l’occupazione dell’Olanda negli
anni Quaranta, hanno
prosciugato le sue energie e la sua capacità di
resistenza e
mettono in pericolo la sua salute. Il fatto
oggettivo che l’accusato
sia confinato in una ex prigione Nazista è il
simbolo di quanto
poco il potere ha imparato dal passato. Il
Tribunale ha il dovere di
tutelare la salute del Presidente Milosevic. La
pena di morte non
è una alternativa. Quindi c’è un dovere di
rispettare il
suo diritto a rappresentarsi e a difendersi, e
non a minare la sua
salute come viene fatto. Però viene mostrata
poca propensione a
mettere in atto questi doveri di
obbligo.
A tutt’oggi, il Tribunale ha stabilito che
verranno concessi al
Presidente Milosevic solo tre mesi per preparare
la sua difesa, e il
resto del tempo fino a dicembre spetta alla
Pubblica
Accusa.
La prima necessità per il Presidente Milosevic è
di avere
il tempo, come stabilito da medici esperti, di
ristabilirsi
fisicamente. Egli non può preparare la sua
difesa senza
compromettere il suo stato fisico, e quindi non
si possono procurargli
ulteriori danni alla salute. Di
conseguenza il Tribunale deve
prevedere
questo.
Sarà utile, sia alla salute che ad una
preparazione difensiva
più efficace, la liberazione del Presidente
Milosevic per una
località più salubre con un clima migliore, con
un
maggiore conforto fisico, con servizi medici
realmente a disposizione,
più facile accesso alle tante deposizioni dei
testimoni, circa
200 o più, e ai documenti; Milosevic può avere
bisogno
dell’assistenza di ricercatori, di investigatori
e di avvocati che
possono aiutarlo a preparare la sua difesa
personalmente.
Il Giudice Goldstone aveva iniziato la sua
inchiesta sul Presidente
Milosevic nel novembre del 1994. La prima messa
in stato di accusa per
presunte azioni in Kosovo veniva annunciata in
maggio del 1999. Quando
l’accusa ha presentato la relazione sulle prove
nel febbraio 2002,
aveva investigato, cercato prove, trovato
testimonianze, dato ordine
alle documentazioni e analizzato documenti,
utilizzando tutto il tempo
che aveva ritenuto necessario, quasi otto anni.
Due anni e nove mesi
sono passati da quando il Tribunale nel
procedimento processuale ha
preso per la prima volta in considerazione le
prove dell’accusa.
L’accusa ha enormi risorse e consistenti gruppi
di ricercatori, di
investigatori e di avvocati a disposizione per
prepararsi al processo;
ha accesso immediato ai documenti di tutti i
governi coinvolti,
compresi quelli della Serbia e della Repubblica
Srpska. L’accusa ha
avuto a disposizione anni per prepararsi, prima
dell’inizio del
processo. Ha avuto accesso a testimonianze e a
prove che avrebbero solo
portato vantaggi in futuro a coloro che erano
stati portati al potere
da chi aveva istituito lo stesso Tribunale ICTY,
e che erano pronti a
condannare il passato. Nemici politici della
Federazione Jugoslavia e
del suo difensore, Slobodan Milosevic, che hanno
operato con gli USA e
la NATO, ansiosi di vedere nella storia l’ultimo
Presidente della
Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia
portare l’intera
responsabilità di quello che loro avevano
commesso.
Alle presenti condizioni, non esiste la
possibilità che vengano
rispettati i diritti legali e l’attuale
necessità di cure per il
Presidente Milosevic e quindi di iniziare il
procedimento di difesa nel
2004. Se tutto va bene, se l’ONU non
riesce ad abolire il
Tribunale ICTY, il processo potrebbe riprendere
solo nel 2005.
L’esame tenace ed efficace, da parte del
Presidente Milosevic, delle
testimonianze dell’accusa, giorno dopo giorno, è
la miglior
prova evidente della sua determinazione a
battersi per la
verità, che dovrà necessariamente rivelarsi a
conclusione
del processo.
Nell’ottobre del 2003, la Camera Penale ha
deciso che l’accusa
potrà presentare le sue rimanenti prove
attraverso deposizioni
scritte e giurate, attraverso quindi affidavit,
in violazione dei
diritti dell’accusato che deve confrontarsi
direttamente con i suoi
accusatori che forniscono la loro testimonianza.
Questa è
un’altra violazione dei diritti protetti dalla
Dichiarazione Universale
dei Diritti dell’Uomo e degli Accordi
Internazionali sui Diritti Civili
e Politici: l’intenzione da parte dell’accusa è
quella di
presentare prove dirette in forma scritta e
quindi distruggere il
valore significativo dell’esame incrociato delle
prove.
Nell’interesse della verità, dell’onestà nelle
apparenze
e nei fatti, della giustizia e del rispetto per
la legge e per le
organizzazioni internazionali, a Slobodan
Milosevic devono essere
prestate cure mediche e servizi sanitari, gli si
devono condizioni di
esistenza che lo tutelino, si deve esigere la
presentazione delle prove
accusatorie attraverso testimonianze dirette,
bisogna che gli venga
fornito il tempo e i mezzi necessari a preparare
la sua difesa da
sviluppare in un giusto processo, visto che non
si parla di abolire il
Tribunale ICTY.
Fino a che il Tribunale Internazionale per i
Crimini nella ex
Jugoslavia non verrà eliminato, l’ONU ha il
dovere, senza alcuna
inadempienza, di assicurare la giustizia nei
procedimenti delle sue
Corti illegalmente istituite.
XVI. L’ONU
deve agire subito per
abolire i Tribunali Internazionali Penali
creati con specifici
obiettivi.
Una Corte Internazionale di Giustizia ICC aveva
potuto essere istituita
con un emendamento allo Statuto delle Nazioni
Unite, ma ci si doveva
scontrare con il veto degli Stati Uniti. Lo
Statuto della ICC
individuava la questione “ex post facto”, che
era sorta se la
giurisdizione dovesse essere applicata anche a
crimini commessi prima
dell’istituzione della Corte, una questione non
condivisa dagli Stati
Uniti, che però hanno insistito per
l’istituzione di Tribunali
ad hoc che hanno giurisdizione su azioni che
sono già avvenute
prima della loro
creazione.
Mentre sostanziali crimini sono stati affermati
nel diritto
internazionale dalla Carta di Norimberga, dalla
Convenzione sul
Genocidio, da altre convenzioni e dallo “jus
cogens”, istituzioni
internazionali, procedure e in molti casi
sanzioni penali si sono
dimostrate insufficienti nella loro
applicazione. Avendo fallito per
cinquant’anni di rafforzare in modo permanente
la ICC, l’ONU avrebbe
dovuto, e deve farlo ora, assicurare
l’indipendenza,
l’imparzialità, la competenza, l’efficacia della
ICC, in modo
che la Corte agisca in stretta conformità con
principi condivisi
di giustizia giusta per tutti secondo il
diritto.
L’incredibile violenza internazionale, guerre
civili e lotte di
resistenza rivoluzionarie e di liberazione, dal
1945 al 1993, sono
avvenute per carenza di procedimenti giudiziari
internazionali. Questo
ha provocato milioni di morti nelle guerre di
Corea e nel Vietnam, un
milione o più in Cambogia e in Afghanistan,
sicuramente milioni
in lotte intestine in Africa, in Asia, nelle
Americhe, con dozzine di
mortali conflitti in divenire a tempi
successivi, molti istigati,
fomentati, aiutati o incoraggiati da membri
ricchi e potenti delle
Nazioni Unite, tutti con l’impunità
internazionale.
In contrasto con questa storia, l’ONU ha creato
per la prima volta un
Tribunale Penale illegale sotto l’insistenza
dell’unica superpotenza,
gli USA, per assicurare la frantumazione della
Federazione Balcanica e
per acquisirne il cambiamento di
regime.
La Federazione veniva ed è considerata come
necessaria ad
impedire i conflitti nella regione e oltre. Il
Tribunale ha messo in
stato di accusa gli avversari degli USA che
tentavano con mille sforzi
di tenere insieme la Federazione e di evitare la
Balcanizzazione con
nuove nazioni. Gli USA hanno dato impulso al
separatismo, perpetrando
crimini di guerra ed ammazzando migliaia di
civili. Questo
comportamento e questi Tribunali ad hoc non
porteranno mai pace,
verità, giustizia, o rispetto per le istituzioni
internazionali
e il diritto.
Le Nazioni Unite devono muoversi immediatamente
per abolire tutti
questi Tribunali ad hoc che loro hanno
istituito, il Tribunale per i
Crimini della ex Jugoslavia, quello per il
Ruanda, la Corte in Sierra
Leone e il Tribunale con la partecipazione ONU
in Cambogia. Tutti
questi rappresentano la corruzione dei più
basilari principi sui
quali si fondano e dai quali dipendono la
ricerca e l’operante
applicazione del
diritto.
L’eguaglianza è la madre della
giustizia.
I Tribunali ad hoc sono intrinsecamente
selettivi e discriminatori e
sono stati istituiti per condannare e marchiare
a fuoco i nemici
presenti in quelle Nazioni che devono essere
controllate da parte di
un’autorità che si sta costituendo. Queste corti
sono incapaci
di prestazioni efficienti, dato che ogni
tribunale impiega personale
senza esperienza professionale e senza
addestramento al compito ed
estraneo alla storia, alla tradizione, alle
culture, agli idiomi delle
parti contendenti in zone a volte isolate di
conflitto. Il vero motivo
della creazione dei Tribunali speciali è un
impegno di
dichiarazioni di colpevolezza, e comunque lo
scopo effettivo delle loro
istituzioni è
fallito.
A questo momento critico nella impegnativa
battaglia della Corte
Internazionale di Giustizia per la costruzione
di una Istituzione di
giustizia penale internazionale permanente,
efficace, rispettata, i
Tribunali ad hoc incoraggiano i sotterfugi e la
sovversione del mandato
della ICC, per favorire invece la
criminalizzazione politica
discriminatoria dei nemici individuati dalla
Superpotenza USA che
rifiuta la giurisdizione della ICC su di sé, ma
che esige
processi per distruggere quei soggetti che le si
oppongono.
È imperativo per il futuro della giustizia
penale
internazionale, così centrale per la stabilità
della pace
nel mondo, che i Tribunali ad hoc creati sotto
pressione degli Stati
Uniti vengano aboliti e stigmatizzati come
minacce al perseguimento
della giustizia giusta secondo il diritto.
CONCLUSIONE
Perché vi sia pace nei Balcani e nelle aree
contigue, le Nazioni
Unite devono appoggiare una nuova Federazione di
Stati Balcanici,
assicurando ad ognuno pari sovranità e libertà
dalla
dominazione straniera e dallo sfruttamento. Gli
USA e la NATO devono
essere ritenuti responsabili e devono rendere
conto delle loro
aggressioni militari contro la Jugoslavia,
devono compensare i
famigliari delle persone uccise e pagare
miliardi di dollari dovuti in
riparazione delle proprietà e delle strutture
distrutte. I
Tribunali penali internazionali istituiti ad hoc
dal Consiglio di
Sicurezza in violazione della Carta delle
Nazioni Unite devono essere
aboliti. Le Nazioni Unite devono convenire che
tali azioni illegali non
potranno più essere tollerate.
Ramsey
Clark
New York, NY.,
U.S.A.
febbraio 2004
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