Informazione


Vedi anche:

Video. Il presidente del Venezuela all’Onu: le vostre guerre di aggressione fanno fuggire milioni (La redazione di Sibialiria, 29.9.2018)
Il presidente del Venezuela Nicolás Maduro, intervenendo nei giorni scorsi alla 73 esima  Assemblea generale delle Nazioni unite, fra gli altri temi ha toccato nel vivo l'ipocrisia dell'Occidente guerrafondaio. In questi pochi secondi sottotitolati in italiano, coglie l'occasione per ricordare la guerra della Nato in Libia e la guerra in Siria.
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=3583
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=cnaQcJsLVKo
 
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Il potere politico delle armi

L'arte della guerra. Si discute della finanziaria in deficit, ma si tace sul fatto che l’Italia spende ogni anno miliardi a scopo militare

di Manlio Dinucci 
su Il Manifesto del 02.10.2018

Mercati e Unione europea in allarme, opposizione all’attacco, richiamo del presidente della Repubblica alla Costituzione, perché l’annunciata manovra finanziaria del governo comporterebbe un deficit di circa 27 miliardi di euro. Silenzio assoluto invece, sia nel governo che nell’opposizione, sul fatto che l’Italia spende in un anno una somma analoga a scopo militare. Quella del 2018 è di circa 25 miliardi di euro, cui si aggiungono altre voci di carattere miitare portandola a oltre 27 miliardi. Sono oltre 70 milioni di euro al giorno, in aumento poiché l’Italia si è impegnata nella Nato a portarli a circa 100 milioni al giorno.

Perché nessuno mette in discussione il crescente esborso di denaro pubblico per armi, forze armate e interventi militari? Perché vorrebbe dire mettersi contro gli Stati uniti, l’«alleato privilegiato» (ossia dominante), che ci richiede un continuo aumento della spesa militare.

Quella statunitense per l’anno fiscale 2019 (iniziato il 1° ottobre 2018) supera i 700 miliardi di dollari, cui si aggiungono altre voci di carattere militare, compresi quasi 200 miliardi per i militari a riposo. La spesa militare complessiva degli Stati uniti sale così a oltre 1.000 miliardi di dollari annui, ossia a un quarto della spesa federale. Un crescente investimento nella guerra, che permette agli Stati uniti (secondo la motivazione ufficiale del Pentagono) di «rimanere la preminente potenza militare nel mondo, assicurare che i rapporti di potenza restino a nostro favore e far avanzare un ordine internazionale che favorisca al massimo la nostra prosperità».

La spesa militare provocherà però nel budget federale, nell’anno fiscale 2019, un deficit di quasi 1.000 miliardi. Questo farà aumentare ulteriormente il debito del governo federale Usa, salito a circa 21.500 miliardi di dollari. Esso viene scaricato all’interno con tagli alle spese sociali e, all’estero, stampando dollari, usati quale principale moneta delle riserve valutarie mondiali e delle quotazioni delle materie prime.

C’è però chi guadagna dalla crescente spesa militare. Sono i colossi dell’industria bellica. Tra le dieci maggiori produttrici mondiali di armamenti, sei sono statunitensi: Lockheed Martin, Boeing, Raytheon Company, Northrop Grumman, General Dynamics, L3 Technologies. Seguono la britannica Bae Systems, la franco-olandese Airbus, l’italiana Leonardo (già Finmeccanica) salita al nono posto, e la francese Thales.

Non sono solo gigantesche aziende produttrici di armamenti. Esse formano il complesso militare-industriale, strettamente integrato con istituzioni e partiti, in un esteso e profondo intreccio di interessi. Ciò crea un vero e proprio establishment delle armi, i cui profitti e poteri aumentano nella misura in cui aumentano tensioni e guerre.

La Leonardo, che ricava l’85% del suo fatturato dalla vendita di armi, è integrata nel complesso militare-industriale statunitense: fornisce prodotti e servizi non solo alle Forze armate e alle aziende del Pentagono, ma anche alle agenzie d’intelligence, mentre in Italia gestisce l’impianto di Cameri dei caccia F-35 della Lockheed Martin. In settembre la Leonardo è stata scelta dal Pentagono, con la Boeing prima contrattista, per fornire alla Us Air Force l’elicottero da attacco Aw139. In agosto, Fincantieri (controllata dalla società finanziaria del Ministero dell’Economia e delle Finanze) ha consegnato alla Us Navy, con la Lockheed Martin, altre due navi da combattimento litorale.

Tutto questo va tenuto presente quando ci si chiede perché, negli organi parlamentari e istituzionali italiani, c’è uno schiacciante consenso multipartisan a non tagliare ma ad aumentare la spesa militare.






Una celebrazione non rituale a Colfiorito. Il resoconto

Unanime è stata la soddisfazione degli organizzatori e dei partecipanti per la ottima riuscita della iniziativa, tenuta sabato 22 settembre 2018 a 75 anni esatti dalla grande fuga di cui furono protagonisti circa 1200 prigionieri jugoslavi detenuti nell'allora campo di concentramento. Durante la guerra, nel campo di Colfiorito erano stati rinchiusi tra gli altri circa 1500 partigiani del Montenegro che si erano opposti all’invasione del loro territorio da parte dell'esercito italiano: il 22 settembre 1943 in grande maggioranza fuggirono trovando salvezza presso le famiglie contadine dell’Appennino, per poi prendere parte alla lotta di Liberazione.

Il programma dell'inedita iniziativa, promossa dal Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (Jugocoord) Onlus e patrocinata da Regione Umbria e Comune di Foligno, si è articolato in una intera giornata di memoria e di studio, conclusa con uno spettacolo teatrale.

Ad aprire la prima parte dell'evento, dedicata ai saluti istituzionali ed agli interventi di saluto e testimonianza, è stato l'ex sindaco Manlio Marini, attuale presidente dell’Officina della Memoria di Foligno. Gli ha fatto seguito il presidente di Jugocoord Onlus, Ivan Pavičevac, che ha introdotto la giornata spiegandone le motivazioni ed i criteri adottati per la sua organizzazione: si è mirato a coinvolgere tutte le realtà potenzialmente interessate – istituzionali, antifasciste, istituti di storia – senza escludere proprio nessuno, per creare un tavolo comune di incontro e confronto reciproco, nel quale peraltro la questione della memoria delle “Casermette” fosse messa in relazione con analoghe esperienze in atto anche altrove, dall’Abruzzo al Friuli.

Sono seguiti gli interventi di ben quattro sindaci: Nando Mismetti, sindaco di Foligno, dopo avere ammonito a non dimenticare mai i crimini del passato, tenendo ben distinte le responsabilità storiche, affinché si possa affrontare con cognizione di causa il difficile presente ed il futuro, ha tra l'altro garantito la disponibilità della sua amministrazione a sostenere ulteriori iniziative di valorizzazione delle Casermette; Massimo Tiberini, sindaco di Casoli (CH) dove era presente un'analoga struttura di internamento durante la Seconda Guerra Mondiale, ha esposto le iniziative realizzate dal suo Comune a salvaguardia della memoria di chi è stato rinchiuso nel campo di Casoli auspicando l'instaurazione di un rapporto stabile tra i due Comuni nel segno della memoria storica;

Pietro Cecoli, sindaco di Monte Cavallo (MC), ha ricordato la strage dell'Eremo della Romita proponendo la creazione di un percorso tematico attraverso i comprensori limitrofi interessati da episodi di guerra, internamento e Resistenza collegabili alla storia delle Casermette; infine Giovanni Bontempi, sindaco della vicina Nocera Umbra, ha parlato delle iniziative sviluppate da anni sul suo territorio per ricordare i fatti sanguinosi di Collecroce e la Resistenza.
Paolo Gubbini, consigliere comunale di Foligno delegato per il Parco di Colfiorito, ha descritto gli ambienti originali dell'ex campo in cui si teneva l'incontro, sottolineando l'opportunità di annoverare anche questi temi tra le molteplici attività culturali attivate a Colfiorito sin dall'istituzione del Parco.
Diversi relatori hanno fatto riferimento a preoccupanti fatti di cronaca che indicano una recrudescenza dell'intolleranza e della prevaricazione di stampo fascista: è stata tra l'altro espressa solidarietà alla eurodeputata Eleonora Forenza ed agli altri feriti nel corso di una aggressione a Bari la sera prima.
Da registrare inoltre il messaggio pervenuto alla Onlus dall'Ambasciatore di Serbia Goran Aleksić, che, rammaricandosi per non poter essere presente, ha espresso apprezzamento per la "dedizione ai condivisi valori e tradizione antifascisti".

In qualità di testimoni hanno preso la parola Giorgio Vitali, ex postino di Taverne, Raniero Seri, parroco di Serravalle e Dignano, il generale Di Spirito, che fu in servizio negli ultimi anni in cui le Casermette erano ancora usate per addestramento militare. Due gli ospiti stranieri: Vladimir Kapuralin, figlio di un prigioniero politico istriano a Fossoli, e Dejan Karadaglić, nipote di uno dei 30 montenegrini ex-internati che risultano sicuramente caduti per mano nazifascista dopo la fuga dal campo. L'elenco dei prigionieri di Colfiorito caduti sul suolo italiano dopo la fuga e fino alla Liberazione è però ben più lungo.
In occasione della giornata di studio è stato presentato l'opuscolo "La lotta antifascista dei prigionieri di Colfiorito", curato da Andrea Martocchia e edito da Jugocoord Onlus, distribuito a latere del Convegno. Attraverso l'opuscolo sono state presentate significative novità storiografiche – come anche il testo integrale in lingua italiana della Risoluzione del Comitato del Fronte di Liberazione che fu istituito dai prigionieri stessi – oltre alle informazioni indispensabili a intavolare la discussione, sia di carattere storico sia sulle iniziative per la memoria realizzate negli anni.

La sessione scientifica è stata aperta da Andrea Giuseppini, curatore del progetto Campifascisti.it, che ha descritto il sistema concentrazionario fascista di cui faceva parte anche il campo di concentramento di Colfiorito. La storica Luciana Brunelli, esperta della storia delle Casermette, ha dato conto di come la struttura nei vari periodi abbia confinato una articolata pluralità di soggetti ed ha anche evidenziato alcune false concezioni che dominano la narrazione pubblica sulla II Guerra Mondiale. Alessandra Kersevan, intervenendo sulle politiche della memoria dell’internamento fascista, ha invece parlato di vero e proprio oblio, facendo risalire la rimozione della vicenda dei campi di concentramento fascisti alle operazioni della diplomazia italiana post-bellica, mirate a ottenere migliori condizioni al tavolo delle trattative di pace. Giuseppe Lorentini, storico dell’Università di Bielefeld (Germania) ed esperto del campo di Casoli, ha fornito esempi concreti di interventi per la salvaguardia della Memoria, ulteriormente sollecitando la costruzione di una rete dei siti d'internamento italiani. Infine Renato Covino, docente universitario, ha illustrato cause e conseguenze della prigionia dei montenegrini a Colfiorito, soffermandosi sulle loro strategie di lotta toccando poi alcune problematiche storiografiche relative al ruolo degli jugoslavi nello sviluppo della Resistenza in zona.

La Tavola Rotonda è stata introdotta da Andrea Martocchia, segretario di Jugocoord Onlus, che si è riallacciato ai precedenti riferimenti a oblio e rimozione auspicando una appropriata toponomastica dedicata a queste vicende e personaggi nonché la necessità di realizzare, a Colfiorito, qualche monumento, targa, centro visita, museo o manufatto che richiami la centralità del luogo per l’antifascismo umbro, italiano ed europeo – in attuazione di prese di posizione e deliberazioni che, negli scorsi anni, hanno attestato una volontà di realizzare un centro di visita e di documentazione storica proprio in quei locali.
A nome della Onlus, Martocchia ha perciò presentato il progetto di una targa commemorativa, che si potrebbe apporre in tempi molto brevi visti i costi contenuti ed il sostegno dichiarato da parte dei rappresentanti del Comune: si tratterebbe di un primo passo, da compiere a beneficio di tutti i soggetti interessati, grazie ad un testo inclusivo già condiviso con storici e rappresentanti istituzionali, del quale è stata data lettura.
Ezio Palini, dirigente dell'Area Sviluppo Economico del Comune, ha riferito del progetto presentato dalla Associazione Officina della Memoria, concordemente al Comune di Foligno, per la realizzazione di un museo / centro di documentazione a valere su fonte di finanziamento GAL Valle Umbra e Sibillini, di cui si attende l'esito a breve. Un tale spazio espositivo integrerebbe la offerta culturale di Colfiorito, contribuendo a rimediare per quanto possibile a trasformazioni urbanistiche e cambi di destinazione d'uso che l'area ha subito in passato, non sempre rispettosi della storia del sito, e potrebbe inoltre contribuire alla costruzione di una rete culturale e della memoria tra i luoghi che ospitarono strutture di concentramento.

Maura Franquillo, assessora delegata alle Iniziative per la pace e la memoria, ha ribadito l'appoggio del Comune per questi progetti, sottolineandone l'opportunità soprattutto nella pericolosa fase storico-politica che stiamo attraversando.
Nella discussione sono intervenuti i rappresentanti di ANPPIA (Serena Colonna, segretaria nazionale), ANED(Maria Pizzoni, responsabile per l'Umbria), ANPI (con la presidente provinciale Mari Franceschini – che ha rimarcato la positività dello spirito unitario con cui è stato convocato l'incontro – ed il rappresentante di Macerata Lorenzo Marconi – che ha menzionato il progetto di centro di documentazione sull'internamento riguardante l'Abbazia di Fiastra – nonché la rappresentante di Casoli Piera Della Morgia, che ha ricordato anche la formazione della Brigata Majella in quel territorio, ed il coordinatore della sezione di Bevagna il quale ha fornito una significativa traccia per l'approfondimento storiografico, riguardante un anonimo montenegrino ucciso su quel territorio). Günther Rauch di Bolzano ha riferito sul campo di concentramento di Blumau / Prato Isarco.

La lunga e densa giornata è stata inframezzata da quattro emozionanti letture dell'attore Pietro Benedetti, e precisamente: la Risoluzione dei prigionieri (Comitato del Fronte di Liberazione); la fuga dal Campo (Drago Ivanović); il partigiano Milan (Enzo Rossi); la visita del fratello di un ex-prigioniero (Bato Tomašević). Lo stesso Benedetti ha coronato il convegno-celebrazione con un ulteriore momento artistico, e cioè la pièce teatrale “Drug Gojko, ispirata alle vicende di Nello Marignoli, partigiano italiano in Jugoslavia: un vero e proprio inno alla fratellanza fra i popoli ed al ripudio della guerra.

 

(a cura di Jugocoord Onlus e Comune di Foligno)

 

Galleria fotografica e intervento audio di I. Pavičevac: https://www.cnj.it/home/it/valori/8912-colfiorito2018-2.html




Kosovo: un momento nella civiltà [Kosovo: A Moment In Civilization]

di Boris Malagurski (Serbia 2017, 47', v.o. sottotitolata

Il documentario sarà presentato per la prima volta in Italia, alla presenza dell'Autore,

a Vicenza, venerdì 28 settembre 2018
dalle ore 20:30 presso il cinema Primavera, Via A.F. Ozanam 11

a Milano, sabato 29 settembre 2018 
dalle ore 20:30 presso la Casa della Cultura, Via Borgogna 3

<< Il documentario "Kosovo: un momento nella civiltà" del regista Boris Malagurski ha l'obiettivo di presentare all'opinione pubblica mondiale lo stato in cui versa il patrimonio culturale serbo in Kosovo e Metohija, spiegando la ragione per cui debba essere ritenuto eredità della Serbia e per opera di chi esso si trova in serio pericolo. 
Va ricordato che ben quattro monasteri medievali serbi su questo territorio sono considerati Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO: il Monastero di Dečani, il Monastero patriarcale di Peč, Nostra signora di Ljeviš e il Monastero di Gračanica. Il film consente allo spettatore di ammirare la bellezza di questi edifici, la cui esistenza è purtroppo minacciata proprio da chi intende presentarsi in qualità di "protettore", e che ha avanzato la proposta di ammettere il Kosovo tra gli Stati membri dell'UNESCO.
In questo territorio, dal 1990 a oggi, sono stati distrutti più di 150 chiese e monasteri. Tuttavia, è bene precisarlo, il regista non è animato da alcun intento vendicativo: mostrando la realtà dei fatti, egli si prefigge lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica mediante l'amore per l'arte, che deve essere alla base del progetto di conservazione di qualunque patrimonio culturale.
Attraverso il racconto della propria infanzia, il presentatore australiano di origini serbe, Stefan Popović, conduce lo spettatore alla scoperta dell'importanza spirituale che questi monasteri rivestono per i serbi e della rilevanza artistica per l'intera umanità.
Il testo narrato è a cura del teologo Miloš Ninković
Direttore della fotografia: Mladen Janković
Regia: Boris Malagurski >>




Novità sull'abbattimento del volo MH17

1) La Russia smentisce le conclusioni della Commissione olandese sull’MH-17 (Rete Voltaire)
2) Volo malese MH17. La Russia presenta le prove: il missile che ha abbattuto l'aereo apparteneva all'Ucraina (L'Antidiplomatico)


Sullo stesso argomento si vedano anche i nostri precedenti post su JUGOINFO, in ordine cronologico inverso:

QUARTO ANNIVERSARIO DELLA "USTICA" UCRAINA [21 luglio 2018]
VOLO MH17: IL REGIME EUROPEISTA UCRAINO LO HA FATTO ABBATTERE ED HA CERCATO DI ADDOSSARE LA COLPA ALLA RUSSIA PER AGGRAVARE LA CRISI [2017]
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8731
LA USTICA UCRAINA – UN ANNO DOPO [2015]
NOME E COGNOME DELL'AVIERE UCRAINO CHE HA ABBATTUTO IL VOLO MH17 / Malaysian Boeing hit by an Ukrainian pilot [2015]

nonché i link sul nostro sito:

17 LUGLIO 2014: DUE CACCIA UCRAINI ABBATTONO AEREO DI LINEA AMSTERDAM - KUALA LUMPUR [2014]
https://www.cnj.it/documentazione/ucraina.htm#mh17


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La Russia smentisce le conclusioni della Commissione olandese sull’MH-17

Rete Voltaire, 18 settembre 2018 

Le autorità russe, che contestano da sempre la versione della distruzione del volo MH-17 da parte di un missile terra-aria, hanno desegretato le informazioni che contraddicono le conclusioni della Commissione d’inchiesta olandese sul crash.
Il 17 luglio 2014 il volo 17 della Malaysia Airlines, partito da Amsterdam per Kuala Lampur, è stato abbattuto mentre sorvolava la regione di Donetsk (Ucraina), dove erano in corso i combattimenti tra il governo putschista di Kiev e gl’indipendentisti del Donbass. I morti sono stati 298.
Sin dal primo momento i due campi si addossano l’un l’altro la responsabilità del disastro aereo: l’Ucraina accusa gli insorti di aver tirato un missile terra-aria Bouk, la Russia accusa l’aeronautica militare ucraina di aver abbattuto il Boeing civile.
Mosca solleva subito 10 questioni che Kiev però ignora [1].
Con la risoluzione 2166 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU stabilisce che venga svolta un’«inchiesta internazionale esaustiva, minuziosa e indipendente» [2].
La Commissione ONU comprende, oltre all’Ucraina, la Germania, l’Australia, gli Stati Uniti, la Francia, la Malesia, il Regno Unito e la Russia, ed è coordinata dall’Olanda. La Russia, sospettata di essere l’autrice dell’attacco, ne viene subito estromessa.
La ricerca della verità è però ostacolata dal conflitto Est-Ovest: gli Stati Uniti mirano a sottoporre il presidente Putin al giudizio della Corte Penale Internazionale e il sito internet Bellingcat (legato all’Atlantic Council) fornisce indizi alla Commissione olandese.
Il 7 ottobre 2014 Frans Timmermans, ministro degli Esteri olandese all’epoca dei fatti, ora primo vicepresidente della Commissione Europea, rivela che uno dei passeggeri ha avuto il tempo di prendere una maschera per l’ossigeno, fatto che contraddice la versione del missile [3].
L’8 ottobre 2014 i servizi segreti tedeschi (Bundesnachrichtendienst, BND) sono chiamati a deporre a porte chiuse davanti alla Commissione del Bundestag per il controllo dell’intelligence. 
Secondo lo Spiegel hanno dichiarato che: 
1. Le fotografie fornite dal governo ucraino sono false; 
2. La tesi russa secondo la quale l’aereo sarebbe stato abbattuto da jet dell’esercito ucraino che si sarebbero avvicinati all’aereo civile è parimenti falsa [4].
Secondo l’esame minuzioso dei rottami, realizzato dal professore Ivan A. Andrievskii, primo vicepresidente dell’Unione degli Ingegneri russi, l’aereo sarebbe stato colpito da tiri di mitragliatrice mentre era in volo [5].
Secondo Komsomolskaï Pravda, che riporta la testimonianza di un ufficiale, l’aereo sarebbe stato abbattuto da caccia ucraini [6].
Il 22 marzo 2016 il deputato olandese Pieter Omtzigt (cristiano democratico) twitta che la Commissione d’inchiesta parlamentare ha concluso le audizioni a porte chiuse: soltanto l’Ucraina può aver abbattuto l’aereo [7].
Il 24 marzo 2018 la Commissione internazionale — cui la Russia non ha partecipato — in una conferenza stampa ad Amsterdam presenta il risultato dell’inchiesta: l’aereo è stato distrutto da un missile terra-aria Bouk della Brigata 53 di Difesa Aerea russa, con base a Kursk. Olanda e Australia notificano le conclusioni alla Russia [8], che le respinge mettendo in evidenza una serie di anomalie nel lavoro della Commissione [9].
Il 17 settembre 2018 la Russia risale, basandosi sulle fotografie della Commissione e partendo dall’ugello e dal motore, al numero del missile, concludendo che al momento dei fatti l’arma non era in possesso della Russia, bensì di un’unità delle Forze Ucraine a Lvov. La Russia ha inviato all’Olanda le prove su cui si basa il suo ragionamento.

Traduzione 
Rachele Marmetti
Il Cronista 


[1] « Vol MH17, les 10 questions de Moscou à Kiev », Réseau Voltaire, 20 juillet 2014.

[2] « Résolution 2166 sur le vol MH 17 de la Malaysia Airlines et débats », Réseau Voltaire, 21 juillet 2014.

[3] « Crash du vol MH17 : le BND allemand avait été démenti par Frans Timmermans », Réseau Voltaire, 21 octobre 2014.

[4] « Ostukraine : BND macht Separatisten für MH17-Absturz verantwortlich ». Version anglaise : « Deadly Ukraine Crash : German Intelligence Claims Pro-Russian Separatists Downed MH17 », Der Spiegel, 19 octobre 2014.

[5] “Analisi delle cause del disastro del volo MH17”, di Ivan A. Andrievskii, Traduzione Guido Fontana Ros, Оdnako (Russia) , Rete Voltaire, 6 novembre 2014.

[6] “Capitano Voloshin: “l’aereo era nel posto sbagliato al momento sbagliato“”, di Dmitry Steshin, Nicholas Varsegov, Vladimir Sungorkin, Traduzione Alessandro Lattanzio, Komsomolskaïa Pravda(Russia) , Rete Voltaire, 31 dicembre 2014.

[7] “Only Ukraine could bring down MH17”, Regnum (Russia) , Voltaire Network, 21 March 2016.

[8] « Lettre de l’Australie et des Pays-Bas à la Russie concernant le vol MH17 », Réseau Voltaire, 25 mai 2018.

[9] “Statement by the Foreign Ministry regarding the press conference of the Joint Investigation Team on the preliminary findings of the criminal investigation into the crash of the Malaysian Boeing in eastern Ukraine”, Voltaire Network, 24 May 2018.



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Volo malese MH17. La Russia presenta le prove: il missile che ha abbattuto l'aereo apparteneva all'Ucraina

19 settembre 2017

Durante la conferenza stampa di oggi, i rappresentanti del ministero della Difesa hanno anche diffuso una serie di audio che dimostrano la complicità del regime di Kiev e capovolgono la versione parziale fatta dal cosiddetto "Gruppo di esperti"


Tre prove molto convincenti presentate oggi dal Ministero della difesa russo smentiscono il resoconto molto parziale formato dal cosiddetto gruppo di esperti sull’abbattimento del volo malese MH17 avvenuto nel 2014. Il ministero della Difesa russo, nel dettaglio il portavoce portavoce del ministro, il generale Igor Konashenkov, e il capo del dipartimento missilistico e dell'artiglieria del ministero della Difesa russo, il tenente generale Nikolai Parshin, hanno mostrato come i video che mostrano il movimento di un sistema missilistico Buk dalla Russia all'Ucraina - preso per valido dal Joint Investigation Team (JIT) che riunisce la visione parziale di Ucraina, Malesia, Paesi Bassi, Australia e Belgio - sono stati in realtà fabbricati; hanno mostrato ai giornalisti come i numeri di serie trovati sui detriti del missile Buk che hanno abbattuto il volo MH17 della Malaysian Airlines sull'Ucraina orientale rivelino che l’arma sia stata prodotta nel 1986 e che il proiettile era di proprietà dell'Ucraina; hanno fatto ascoltare, infine, ai giornalisti presenti una registrazione audio che dimostra la complicità dell'Ucraina nel disastro del MH17 nel 2014. Lo riporta nel dettaglio Tass.
 
L'esercito russo lunedì ha annunciato di aver rintracciato il missile che ha abbattuto l’aereo malese. Il missile aveva il numero di serie 8868720. Parlando con i giornalisti, il gen. Nikolay Parshin ha mostrato una scia documentale del missile Buk. Secondo i documenti, alcuni dei quali sono stati declassificati per la presentazione, il missile è stato prodotto in uno stabilimento militare a Dolgoprudny nella regione di Mosca nel 1986 per poi essere trasferito il 29 dicembre 1986 e consegnato all'unità militare 20152 situata nell'attuale Ucraina. Secondo Parshin, i frammenti di missili presentati dal Joint Investigation Team (JIT) che ha esaminato l'incidente del MH17 riportavano il numero dell'ugello e del motore del missile. "Una volta avuti i numeri siamo stati in grado di scoprire la matrice del missile", ha detto. "Ci sono documenti negli archivi del Dolgoprudny Research Institute, che hanno permesso di scoprire il numero di coda del missile: è emerso che il missile è stato assemblato il 24 dicembre 1986 e consegnato per ferrovia all'unità militare numero 20 / 152, ufficialmente chiamata la 223a Brigata missilistica di difesa aerea, è stata dispiegata nella regione Ternopol della Repubblica socialista sovietica ucraina, che faceva parte del Distretto Militare Subcarpatico ", ha aggiunto. Il 223esimo reggimento di difesa antiaerea delle forze armate ucraine è l'unità che ha partecipato alla repressione di Kiev contro i ribelli nell'est dell'Ucraina nel giugno 2014.
La prova confuta quindi le accuse dell'Ucraina e di altri paesi vicini al regime di Kiev, secondo cui ad abbattere l’aereo sarebbe stato un missile sparato da un lanciatore, segretamente consegnato dalla Russia ai ribelli. Tutti i materiali sono stati inviati agli investigatori olandesi, ha aggiunto l'esercito russo.


Nel corso della conferenza stampa, i due generali hanno anche sfidato apertamente come “fabbricati” i video della Ong inglese Bellingcat, che si definisce un'organizzazione di citizen journalism, che proverebbero la consegna russa del lancia missili ai ribelli. Il Ministero della Difesa ha mostrato un video con alcuni filmati, evidenziando le incoerenze e dimostrando come il filmato fosse stato manipolato. L'inchiesta di Bellingcat è stata utilizzata nell'ultimo aggiornamento dei cosiddetti  esperti sul MH17 e questo ha spinto l'esercito russo a studiarlo in dettaglio. Il video russo ha mostrato come un carro armato Abrams può essere trasportato da un rimorchio nelle strade dell'Ucraina allo stesso modo. Secondo le parole del portavoce, gli esperti russi hanno studiato a fondo quei video e sono giunti alla conclusione che sono stati fabbricati.


La terza parte della presentazione è stata quella che i funzionari russi hanno definito un record di comunicazioni intercettate di funzionari ucraini che discutono, nel 2016, del rischio di volare attraverso lo spazio aereo limitato sull'Ucraina. In particolare poi, il ministero della Difesa russo ha presentato una registrazione audio che dimostra la complicità dell'Ucraina nel disastro del MH17 nel 2014. Il generale Konashenkov ha detto che la registrazione audio si riferisce ad una conversazione tra militari ucraini ed è stata effettuata nel 2016 nella regione di Odessa durante l'esercizio Rubezh-2016 e pubblicata sui mass media ucraini. "Se è così, abbatteremo un altro boeing malese”, si ascolta uno dei militari ucraini durante la conversazione. I militari russi affermano che le dichiarazioni arrivano dal Col.. Ruslan Grinchak, che serve in una brigata responsabile per il controllo radar dello spazio aereo ucraino. La sua unità ha tracciato il volo MH17 nel 2014, quindi potrebbe avere avuto informazioni che non sono pubblicamente disponibili sul disastro.


Il generale Igor Konashenkov, che ha ospitato il briefing, ha detto che l'Ucraina non è riuscita a fornire dati radar dalle sue stazioni agli investigatori olandesi. Ha anche suggerito che i documenti di archivio dell'unità ucraina, che ha ricevuto il missile Buk nel 1986, sarebbero stati utili alla sonda, a meno che Kiev non affermasse di non essere più disponibile. Ha sottolineato che sono in vigore regole che significano che tali documenti dovrebbero ancora essere archiviati in Ucraina.
 
Il volo Malaysia Airlines MH17, un aereo passeggeri Boeing-777 in viaggio da Amsterdam a Kuala Lumpur, è stato abbattuto il 17 luglio 2014, nella regione orientale dell'Ucraina di Donetsk. L'incidente ha ucciso tutti i 283 passeggeri e i 15 membri dell'equipaggio. C'erano cittadini di dieci stati tra i morti. Il Joint Investigation Team (JIT) che esamina l'incidente comprende rappresentanti di Paesi Bassi, Australia, Belgio, Malesia e Ucraina. Il 24 maggio, il cosiddetto team di esperti ha dato un aggiornamento sullo stato delle cose nell'indagine criminale, sostenendo che "il BUK-TELAR che era usato per scendere MH17, proviene dalla 53a brigata missilistica antiaerea .... un'unità del russo esercito di Kursk nella Federazione Russa. "

Il ministero della Difesa russo ha respinto tutte le accuse e ha affermato che nessuno dei sistemi missilistici appartenenti alle forze armate russe è mai stato portato all'estero. Tuttavia, il 25 maggio, Australia e Paesi Bassi hanno rilasciato una dichiarazione in cui affermano di "ritenere la Russia responsabile per il proprio ruolo nel downing del volo MH17".