Due iniziative segnalate

1) Monfalcone 16/12: Fascismo di confine, foibe, esodo e controesodo
2) Parma 20/12: Presidio contro la guerra imperialista – con l'Ucraina antifascista



=== 1 ===

Monfalcone (GO), Martedì 16 dicembre 2014
alle ore 20.00 presso la Sede ANPI, via Valentinis, 84

Appuntamenti di INformazione Storica: Fascismo di confine, foibe, esodo e controesodo

Intervengono:
• Piero Purini autore di 'Metamorfosi etniche'
• Claudia Cernigoi autrice di 'Operazione Foibe tra storia e mito'
• Sandi Volk autore di 'Esuli a Trieste'
• Marco Puppini curatore di 'Il mosaico giuliano' che contiene un suo intervento sul “controesodo” monfalconese in Jugoslavia tra Trattato di Pace e Risoluzione del Cominform'
Organizza l'ANPI Provinciale di Gorizia

evento FB: https://www.facebook.com/events/916793598371896/


=== 2 ===

Parma, sabato 20 dicembre 2014
dalle ore 16:00 in Piazza Garibaldi

Presidio
CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA
CON L'UCRAINA ANTIFASCISTA

organizza: Comitato di lotta antifascista antimperialista


---

La resistenza nel Donbass non è una storia solo ucraina

Le elezioni tenutesi in Ucraina il 26 ottobre e quelle del 2 novembre nel Donbass.hanno di fatto sancito una situazione di guerra civile. Nel Donbass le elezioni, svolte letteralmente sotto le cannonate dell'esercito ucraino, hanno visto un'affluenza di oltre il 60% della popolazione e proclamato vincitori Alexandr Zakharcenko e Igor Plotnitskij, leader delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, a capo di coalizioni eterogenee, ma che vedono la presenza di ampi settori di sinistra (in cui la rivendicazione nazionale si associa ad una prospettiva di governo popolare) e la marginalizzazione dei movimenti panslavisti, non estranei a influenze di destra. Per quanto riguarda l'Ucraina occidentale le elezioni (che hanno registrato un'affluenza del 52.42%, molto disomogenea nelle zone del paese in cui vivono popolazioni di origine non “ucraina”) hanno premiato il presidente Poroshenko, incline ad un rapporto privilegiato con l'Unione europea e in particolare con Berlino, e il premier Yatseniuk, più in linea con Washinghton e ferocemente antirusso.

È, però, la composizione del governo varato lo scorso 2 dicembre a restituirci l'immagine più nitida del genere di democrazia a cui ha condotto la presunta “rivolta antioligarchica” di Euromaidan e delle potenze occidentali che l'hanno sostenuta. Tre ministeri chiave (Finanze, Economia e Sanità) sono stati attribuiti a esponenti stranieri, rispettivamente la statunitense Natalia Jaresko (di origine ucraine, amministratore delegato di un fondo di investimenti del gruppo Horizon Capital), il banchiere lituano Aivaras Abromavicius (in passato membro del Dipartimento di Stato americano e partner della società di investimenti East Capital), il georgiano Alexander Kvitashvili (ex ministro della Salute e del Lavoro nel governo di Tbilisi ai tempi del presidente Mikhail Saakhasvili, oggi sotto processo in patria e rifugiato negli Usa). A questi tre personaggi (a cui Poroshenko ha concesso immediatamente la cittadinanza ucraina, così come ha promesso di fare anche per gli stranieri che combattono nel sud-est al fianco delle truppe di Kiev), vanno aggiunti altri funzionari qualificati (circa 25), tutti individuati da due società di selezione del personale straniere, la Pedersen & Partners e la Korn Ferry, con il sostegno e la supervisione della Fondazione “Renaissance”, “network globale di consulenza politica” al servizio del miliardario statunitense di origini ungheresi George Soros. Un governo fantoccio nelle mani degli Usa e del grande capitale finanziario, dunque, ma con la particolarità di essere sostenuto, oltre che dal il “Blocco” di Poroshenko e dal “Fronte Popolare” di Yatseniuk, da una coalizione nazionalista che comprende il partito “Samopomich” di Andrei Sadovy, il “Partito radicale” di Oleg Lyashko e “Patria” di Yulia Tymoshenko. Tutto questo mentre il governo di Kiev non cessa di appoggiarsi, nella repressione della resistenza nel Donbass e delle forze di sinistra in Ucraina, a gruppi apertamente neonazisti (di cui alcuni rappresentanti - come Dmitro Yarosh e Borislav Bereza di Pravyi Sektor o Andriy Biletsky comandante del battaglione Azov- sono riusciti, nonostante lo scarso risultato nelle elezioni, ad entrare in parlamento). Un'ulteriore riprova, qualora ce ne fosse bisogno, del carattere subalterno dell'attuale nazionalismo di destra nei confronti di alta finanza, neoliberalismo ed egemonia Usa.

Elementi contraddittori e potenzialmente esplosivi, dunque, caratterizzano – come sempre avviene in una profonda frattura nazionale collocata all'interno di uno scontro geopolitico più vasto – sia i risultati emersi nel Donbass sia quelli in Ucraina. È però impossibile non cogliere la differenza di prospettiva, politica e sociale, da essi rappresentata per l'Ucraina e per l'intera Europa. Questa differenza è, del resto, pienamente compresa dalle grandi potenze imperialiste. Non solo Usa, Unione europea e naturalmente il servile governo italiano (nella persona del neo ministro degli Esteri, Filippo Gentiloni) non hanno esitato a gettare fango sulla legittimità del voto nel Donbass (mentre la Russia ha riconosciuto entrambi i risultati elettorali), ma una recente risoluzione all'Onu di condanna del nazifascismo e di “ogni forma di negazione dei crimini nazisti” (presentata, in modo strumentale fin che si vuole, dalla Russia) ha visto il voto contrario di Usa (e dei rappresentanti ucraini) e l'incredibile astensione dell'Unione europea. Si tratta di una svolta ideologica di primaria importanza rispetto non solo al quadro politico e culturale del dopoguerra, ma anche rispetto alla retorica delle guerre “democratiche” e “umanitarie” degli ultimi decenni (quando i nemici dell'Occidente – da Saddam, a Milosevic, a Ahmadinejad, a Gheddafi, persino a Chavez - venivano prontamente associati a Hitler e al “male assoluto” del nazismo).

Questo slittamento nella propaganda imperialista si inserisce in un quadro geopolitico in fase di rapida trasformazione e che vede l'allargamento a est della NATO, la destabilizzazione della fascia mediterranea e del medioriente (tribalizzazione del territorio libico, attacco israeliano a Gaza, l'espandersi dell'ISIS, ecc.), la creazione di trattati internazionali di commercio (TTIP, TISA, TPP, ecc.) volti all'esclusione dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) come “player” internazionali. La situazione in ucraina è parte importante ed estremamente delicata delle alleanze e degli scontri che si stanno delineando, come dimostrato anche dalle sanzioni economiche contro la Russia agite congiuntamente da USA e Ue, ma fortemente volute dal governo degli Stati Uniti (come recentemente ammesso dal vicepresidente americano Joe Biden).

Sono però proprio i paesi dell'Unione Europea a subire pesanti ripercussioni a causa del restringimento dello scambio commerciale con la Russia. In Francia è già esplosa la rabbia degli agricoltori, che a Morlaix in Bretagna hanno addirittura dato fuoco all'agenzia delle entrate, per contestare l'impossibilità di esportare i loro prodotti in Russia. In Germania la diminuzione del volume delle esportazioni verso Mosca ha raggiunto il 26,3% rispetto all’anno precedente (-2,3 miliardi di euro in numeri assoluti), toccando settori cruciali come macchinari industriali, auto e componentistica, prodotti chimici. Per quanto riguarda l'Italia il settore maggiormente penalizzato è quello agroalimentare, con perdite di quasi 200 milioni di euro, mentre si prevede una riduzione compresa tra 0,9 e 2, 4 miliardi di euro per l'insieme delle esportazioni italiane nell'anno 2014-2015. Nuovi sacrifici per i popoli europei vanno così ad aggiungersi a quelli già imposti dalle politiche di austerità e di precarizzazione del lavoro, mentre l'Unione europea, insieme al Fondo monetario internazionale, ha siglato accordi per fornire copertura finanziaria (3 miliardi) al governo di Kiev per permettergli di usufruire comunque del gas russo.

In questo contesto l'alleanza realizzatasi a Kiev tra violenza nazifascista e commissariamento diretto di un'intera nazione da parte del grande capitale finanziario e del binomio Usa-Ue disegna un modello che oltrepassa i confini dell'Ucraina e che dovrebbe parlare a tutti i popoli, in primo luogo a quelli europei. Così la resistenza del Donbass, per quanto non immune da contraddizioni, assume un significato nettamente più ampio rispetto agli obiettivi delle singole forze in essa coinvolte e al vantaggio che potrebbero trarne attori esterni, Russia compresa: il significato di un ostacolo al realizzarsi dei progetti imperialisti e, forse, il germe di una possibile alternativa ad essi.
È dunque il momento di prendere posizione:

CON LE FORZE ANTIFASCISTE E ANTIMPERIALISTE DEL DONBASS!

FUORI L'ITALIA DALLA NATO! FUORI LA NATO DALL'EUROPA!