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Quello che passa il convento in assenza di una opzione federativa nei Balcani
 
1) Il “Mini Schengen” cambia nome, la risposta ai lenti negoziati sull’allargamento (Eastjournal)
2) Balkan ‘Mini-Schengen’ Leaders Eye Open Borders by 2023 (BIRN)
 
 
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BALCANI: IL “MINI SCHENGEN” CAMBIA NOME, LA RISPOSTA AI LENTI NEGOZIATI SULL’ALLARGAMENTO
 
Maria Giulia Anceschi, 31.7.2021
 

Durante l’incontro svoltosi a Skopje il 28 e 29 luglio, i leader di Albania, Macedonia del Nord e Serbia hanno confermato che l’accordo di libera circolazione “Open Balkan“, denominato precedentemente “mini Schengen”, rappresenta un’opportunità per aumentare il commercio, la circolazione di persone e l’integrazione europea tra i paesi dei Balcani occidentali che hanno deciso di farne parte. Tuttavia, la pandemia globale e la mancanza di iniziativa politica da parte delle classi politiche hanno reso l’attuazione di questo accordo più complicato del previsto.

Open Balkan

Nell’incontro di Skopje, il presidente serbo Aleksandar Vučić, il primo ministro albanese Edi Rama e quello macedone Zoran Zaev, hanno voluto puntare su un rafforzamento della libera circolazione, con l’obiettivo di eliminare i principali ostacoli a turismo e affari tra i paesi entro il 2023. Una zona senza piu’ attese ai confini, questo l’obiettivo dei promotori, che hanno esteso l’inivito agli altri paesi della regione.

L’incontro ha portato anche alla firma di un accordo di cooperazione in caso di catastrofi naturali e di due memorandum su commercio e mercato del lavoro. A fare notizia, è anche il cambio di nome dell’iniziativa, con “Open Balkan” che prende il posto di “mini-Schengen”.

I leader dei tre paesi, accompagnati a Skopje da circa 350 aziende provenienti dalla regione, si sono dati appuntamenti a Tirana, per un nuovo meeting da svolgersi entro la fine dell’anno.

Un’evoluzione lenta

Dichiarata congiuntamente a Novi Sad nell’ottobre 2019, l’iniziatiava si fonda sul piano pluriannuale lanciato a Trieste per la creazione di un’Area Economica Regionale nei Balcani occidentali. Dal suo annuncio, sono stati tenuti altri due incontri, uno a novembre 2019 a Ohrid e uno a Durazzo nel dicembre 2019. In particolare, durante questi ultimi incontri, i leader dei tre stati hanno espresso due obiettivi concreti: la possibilità viaggiare nei paesi limitrofi senza l’uso del passaporto, e poter lavorare con solo un permesso di lavoro. Il presidente serbo Vučić e il primo ministro albanese Rama si erano dichiarati subito entusiasti di questa iniziativa. In particolare, Rama aveva affermato che l’iniziativa rappresentava una delle rare occasioni in cui i leader dei Balcani si sono incontrati senza i “mentori” dell’Unione europea.

Tuttavia, all’appello mancavano altri tre paesiMontenegro, Bosnia Erzegovina e Kosovo. I primi due hanno partecipato all’incontro di Ohrid come “spettatori”, pur avendo dubbi riguardo al piano di libera circolazione. L’allora presidente kosovaro Hashim Thaçi aveva inizialmente criticato l’iniziativa, dal momento in cui né Serbia né Bosnia riconoscono l’indipendenza del paese.

Nonostante l’iniziativa rappresentasse una novità sulla scena politica dei Balcani nella seconda metà del 2019, nei primi mesi del 2020 non ci sono stati progressi, a causa anche dell’aggravarsi della pandemia globale. Inoltre, nella seconda metà del 2020, l’attenzione dell’opinione pubblica si è pian piano spostata verso accordi bilaterali tra i paesi dell’area: in particolare, gli accordi tra Kosovo e Serbia firmati a Washington e quello tra Serbia ed Albania sulla libera circolazione. Tuttavia, in questi accordi veniva menzionato anche il “mini-Schengen”.

Gli accordi firmati a Washington sotto la mediazione del presidente americano Donald Trump prevedevano infatti, per il Kosovo, il piano di partecipare all’area “mini-Schengen”. Un paio di mesi dopo, Serbia e Albania hanno firmato un accordo che consente ai cittadini di entrambi i paesi di poter passare i confini solo con le loro carte d’identità. Durante l’incontro tra Rama e Vučić, a cui si è aggiunta anche la Macedonia del Nord, è stato firmato un memorandum sulla cooperazione nella lotta contro la pandemia di COVID-19. Tuttavia, questo non è stato sottoscritto dal Kosovo.

La situazione attuale

L’iniziativa era stata inizialmente percepita come una risposta, da parte dei paesi della regione, al rallentamento del processo di integrazione europea. Creare una zona di libero scambio, basata sulle quattro libertà descritte dall’area Schengen dell’Unione, avrebbe rappresentato per i leader dei Balcani occidentali la dimostrazione che i paesi hanno le capacità per entrare a far parte del mercato unico europeo.

I capi di stato di Macedonia del Nord, Serbia e Albania hanno riferito, in recenti interviste, di essere insoddisfatti del processo di allargamento dell’Unione europea, soprattutto a causa dei tempi lenti. Per questo motivo, hanno definito necessaria la creazione di una zona economica libera, con minori restrizioni nei viaggi, corsie preferenziali per i rispettivi cittadini ai confini e ottenimenti facilitati di visti lavorativi. Un processo, quello di “Open Balkan” che, dunque, continua, nella speranza di coinvolgere gli altri paesi dell’area nei mesi a venire.

 
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BALKAN ‘MINI-SCHENGEN’ LEADERS EYE OPEN BORDERS BY 2023
 
Sinisa Jakov Marusic
Skopje BIRN July 29, 2021

Meeting in Skopje, the three 'Open Balkan' countries of North Macedonia, Serbia and Albania pledged to scrap most of the obstacles impeding travel and business on their borders by 2023.
 
 
North Macedonia, Serbia and Albania aim to practically scrap all border obstacles for their citizens and businesses by 2023, eliminating long and tedious waits for travellers and complicated paperwork for companies.
This is what North Macedonia’s Prime Minister, Zoran Zaev, Serbian President Aleksandar Vucic and Albanian Prime Minister Edi Rama announced on Thursday in Skopje, following their two-day meeting, which was part of a regional cooperation initiative.
“By 2023, between our three countries, we will have zero waiting on the borders. Whoever wishes to join us is welcome to do so,” Albania’s Prime Minister Rama said.
Unofficially dubbed the Balkan “Mini-Schengen”, the initiative was renamed “Open Balkan” on Thursday.
Commenting on the absence or reserve of the other Western Balkans countries in supporting this initiative, referring to Kosovo, Bosnia and Herzegovina and Montenegro, the three leaders said there was no excuse for not joining in.
“What divides us should be no excuse for lack of cooperation,” Serbia’s Vucic said, “If someone has a problem with Kosovo’s name tag having an asterisk on it, then put a square after Serbia’s name, we have no problem with that, as long as we are cooperating.”
The host, North Macedonia’s Zaev, said a good thing with the initiative is that it is entirely open and that each country can choose whether to participate.
“The rest of Europe will respect us more if we are united, and besides, each of the Balkan countries can choose which part of this initiative they want to participate in, according to its own interests,” he said.
Although initially included in the talks on the initiative, Bosnia and Herzegovina, Montenegro and Kosovo have chosen not to support it.
Bosnia and Montenegro said they saw no particular benefits from it, as easing travel and trade are already covered by the wider CEFTA agreement, and by bilateral agreements between the region’s countries.
Kosovo has voiced a political objection, which Kosovo’s Prime Minister Albin Kurti repeated on Thursday. Kurti’s office told Radio Free Europe: “For us, the so-called ‘Mini-Schengen’ is without any vision for the region,” adding: “We have proposed advancing regional cooperation from CEFTA to SEFTA, according to EFTA-EEA model, from which all Western Balkans countries would benefit simultaneously.”
Kurti’s tougher stance comes after the previous Kosovo PM, Avdullah Hoti, pledged to join the initiative as part of an agreement signed in separate documents with Serbia’s President Vucic under former US President Donald Trump’s auspices in Washington in September 2020.
At the formal session in Skopje, the three countries signed three documents, one agreement and two memorandums.
The agreement envisages regional cooperation on natural catastrophes, allowing the three countries to cooperate closely not only in prevention, but also in giving and coordinating mutual aid during earthquakes, storms, fires and other disasters.
The first memorandum refers to easing trade, scrapping unnecessary paperwork and speeding up the transport of goods at border crossings. One idea discussed was opening special fast tracks at border crossings for Balkan citizens so that they have priority to pass.
The third memorandum envisages practical unification of labour markets, by more easily issuing work permits for citizens of one country in the other two, mutual acceptance of diplomas and job qualifications, all making work forces more flexible and available and hopefully so attracting more investment.
As part of the initiative, a regional economic forum attended by some 350 companies, mostly coming from these three countries but also from the wider region, was also held.
The next meeting of the three leaders is expected to take place before the end of the year in Tirana, Albania.