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La NATO se ne frega e continuerà ad usare uranio impoverito
 
1) Uranio impoverito e sovranità: morire per la NATO? Intervista al Ten. Col. Fabio Filomeni (Alessandro Bianchi / L'Antidiplomatico, 25 Marzo 2023)
2) Povero uranio, dopo tante maldicenze diventa un toccasana se usato contro i russi (Gianandrea Gaiani / Analisi Difesa, 25 Marzo 2023)
3) Russia Today Balcani: Bombardamento della Jugoslavia con uranio impoverito. Delitto senza punizione /  "Intervento umanitario". Conseguenze del bombardamento della Jugoslavia
4) La NATO chiede immunità per l’uranio impoverito e si prepara a usarlo in Ucraina (Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Gregorio Piccin, responsabile pace PRC–SE, 22 marzo 2023)
5) Verità e giustizia per le vittime di uranio impoverito (Gregorio Piccin, 15.12.2022.)
6) L’epidemia da uranio impoverito continua ad uccidere. Ma in Serbia la Nato pretende l’immunità (Gregorio Piccin, 23.7.2022)
 
 
Vedi anche / Read also:
 
LA GUERRA INFINITA, LE CONSEGUENZE DELLE BOMBE ALL’URANIO IMPOVERITO IN SERBIA (di Maria Elena Scandaliato / Rainews24, 2/12/2022)
VIDEO: https://www.raiplay.it/video/2022/12/Spotlight-La-guerra-infinita-Le-conseguenze-delluranio-impoverito-in-Serbia-e198d619-b7a8-4398-ad33-56eff941f140.html
 
BRITAIN PROVIDING DEPLETED URANIUM ARMS TO UKRAINE RISKS NUCLEAR COLLISION – CHINESE EXPERTS
 
NATO’S USE OF DEPLETED URANIUM WEAPONS IN SERBIA IN 1999: THE WAR THAT WON’T END (By Dr. Rudolf Hänsel – Global Research, March 22, 2023)
 
NATO BACAO URANIJUM I NA BEOGRAD? SUMORNE SLUTNJE POSLE ANALIZA IZ TORINA (Novosti online, 25. 07. 2022.)
BEOGRAĐANKA Ksenija Tadić imala je 24 godine u vreme NATO bombardovanja, 1999.
Ona je jedna od dvoje obolelih od raka kod kojih je sudski veštak i profesor Univerziteta u Rimu dr Rita Čeli utvrdila oko 500 puta veću količinu osiromašenog uranijuma 238 nego kod bilo kog drugog čoveka na svetu.
Teških metala, nađenih u njihovim telima, nema u prirodi, niti u industrijski zagađenim gradovima, već isključivo u projektilima.
Nakon analiza, dovedene su u pitanje tvrdnje da severno od Vranja nije bilo ozračene municije.
KOMPLETAN TEKST PROČITAJTE U ŠTAMPANOM IZDANJU "VEČERNJIH NOVOSTI" U UTORAK, 26. JULA.
 

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• 25 Marzo 2023
 
Uranio impoverito e sovranità: morire per la NATO? Intervista al Ten. Col. Fabio Filomeni
 
di Alessandro Bianchi


Nell'ultima incredibile mistificazione della stampa italiana filo Nato, vi stanno cercando di convincere che l'impatto dell'uranio impoverito sulle popolazioni non è poi così certo. Il tutto per persuadervi che quello che si appresta a fare il Regno Unito non è un crimine di guerra che alimenta un'ulteriore escalation per l'Europa, ma un altro passo verso la pace. 

Chi da settimane si sta battendo contro questo ulteriore imbarberimento è il tenente colonnello in congedo Fabio Filomeni - incursore del 9° Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin” con missioni in Somalia, Bosnia, Kosovo, Albania, Iraq - che con un appello molto partecipato si è rivolto direttamente al nostro ministro della Difesa, Guido Crosetto, per contrastare questo autentico scempio. "L’ultima Commissione è stata quella presieduta dall’Onorevole Scanu, persona integerrima che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente ed il quale mi ha onorato di una sua prefazione al mio libro. Mi meraviglio che ancora oggi si osi mettere in dubbio la pericolosità tossica derivante dall’esplosione del munizionamento con penetratore all’uranio impoverito. Le nanoparticelle che si liberano dopo l’impatto fuse a 3000 gradi nell’impatto con l’acciaio della corazzatura se inalate sono assolutamente cancerogene", dichiara a l'AntiDiplomatico. 

Filomeni è autore di "Morire per la Nato?", libro autoprodotto che sta diventando vero e proprio caso editoriale. "Questa volontà degli Stati Uniti d’America di occupare gli spazi dell’antica influenza sovietica è iniziata, di fatto, nei primi anni ’90 dello scorso secolo con le guerre nei Balcani dove, ad esempio in Kosovo, gli Stati Uniti dopo aver spianato due intere colline hanno impiantato Camp Bondsteel, una città militare con tanto di fast food della catena Burger King, sale cinematografiche, palestre e saloni di bellezza. Io che all’epoca ero impiegato nel contingente militare italiano nei Balcani e vedevo tutto questo mi chiedevo quale fosse il vero scopo, ma adesso mi è tutto molto più chiaro", ci dichiara. 

E sulle conseguenze del conflitto in Ucraina per l'Europa pochi dubbi. "A mio modesto parere, l’unico che ci rimetterà più di tutti in questo conflitto sarà l’Europa, e l’interruzione della fornitura energetica a bassissimo costo dalla Russia è solo la punta dell’iceberg. Gli Stati Uniti gettano benzina sul fuoco da lontano, ma chi è vicino siamo noi europei che rischiamo di finirne inceneriti."
 
 

DI SEGUITO L'INTERVISTA COMPLETA A L'ANTIDIPLOMATICO

Il suo “Morire per la Nato?” sta scalando le classifiche senza nessuna grande casa editrice dietro. Si tratta di un caso editoriale che spiega anche la voglia della popolazione italiana di rompere i muri di gomma della propaganda attuale. Quale è stato il motivo principale che l’ha spinto a scriverlo?

Ho iniziato a scrivere il libro a marzo 2022, dopo pochi giorni dall’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Mosca. Ero infastidito dalla superficialità con la quale i media occidentali si prodigavano nel semplificare le ragioni di un conflitto ripetendo come un disco rotto “c’è un aggressore e un aggredito”, i russi sono i cattivi e gli ucraini i buoni. Come se Putin si fosse svegliato una mattina e avesse deciso, invece d’andarsi a prendere una bella boccata d’aria, d’invadere di punto in bianco uno Stato confinante senza nessuna ragione apparente. Non ho mai creduto neppure alla vulgata che il nuovo zar fosse assetato di potere a tal punto da voler ricostituire la “Grande Russia” o un nuovo “Impero Sovietico”. La guerra, che i media dicevano essere iniziata il 24 febbraio 2022 con l’invasione dell’Ucraina da parte dei russi, era di fatto iniziata otto anni prima con il colpo di stato organizzato da Washington e la successiva persecuzione da parte delle milizie filonaziste di Kiev nei confronti della popolazione russofona residente in quell’area divenuta tristemente nota come Donbass. Ma a ben vedere le origini risalgono addirittura ai primi anni del nuovo millennio con le provocazioni americane di voler far entrare nella NATO oltre all’Ucraina anche la Georgia. Ho sempre avuto passione per la storia, la quale, come materia di studio deve essere interpretata in maniera fluida come lo sono gli eventi che si susseguono: la Prima Guerra Mondiale ha gettato i semi per la Seconda, la quale ha dato a sua volta origine alla “guerra fredda” terminata la quale, il mondo unipolare dominato dagli Stati Uniti ha dato il via alla Guerra Globale al terrorismo (come se si potesse dichiarare guerra a una tattica). Insomma, ogni evento è consequenziale ad un altro che lo ha preceduto. Solo così è possibile capire realmente perché la Russia ha invaso l’Ucraina: bisogna andare a ritroso nel tempo.


A proposito di Nato. Con i Protocolli di Washington e Lisbona (mai ratificati dal Parlamento italiano), l’Alleanza Atlantica - che doveva sciogliersi dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica ha cambiato pelle - come mostra molto bene nel suo libro - divenendo il braccio armato attraverso cui gli Stati Uniti esercitano i suoi piani di dominio regionale e globale. Quali sono secondo lei le principali nefandezze compiute dalla Nato nel recente passato?

Vede, il crollo dell’Unione Sovietica ha cambiato la geopolitica dell’intero pianeta. Da un modello bipolare ci siamo ritrovati all’istante con una sola superpotenza che pretendeva di estendere la sua egemonia al mondo intero. Pensi che una delle principali preoccupazioni della corrente dei NEOCON nell’entourage della Casa Bianca era proprio quella che sciolto il nemico storico della NATO, l’ormai ex “Patto di Varsavia”, si sarebbe corso il rischio di sciogliere anche la NATO. I neoconservatori, i quali hanno sempre nutrito una profonda avversione verso la Russia, hanno subito fiutato la possibilità di estendere l’influenza degli Stati Uniti attraverso la NATO “predando” tutti quegli stati dell’ex Unione Sovietica armandoli ed equipaggiandoli con mezzi e materiali principalmente made in U.S.A. Ma questa volontà degli Stati Uniti d’America di occupare gli spazi dell’antica influenza sovietica è iniziata, di fatto, nei primi anni ’90 dello scorso secolo con le guerre nei Balcani dove, ad esempio in Kosovo, gli Stati Uniti dopo aver spianato due intere colline hanno impiantato Camp Bondsteel, una città militare con tanto di fast food della catena Burger King, sale cinematografiche, palestre e saloni di bellezza. Io che all’epoca ero impiegato nel contingente militare italiano nei Balcani e vedevo tutto questo mi chiedevo quale fosse il vero scopo, ma adesso mi è tutto molto più chiaro…. Mi chiede delle nefandezze compiute dalla NATO? La prego, sorvoliamo, già qualcuno si è preso la briga di darmi del “rinnegato” dopo 35 anni di onorato servizio in un reparto di punta del nostro Esercito e dopo aver calpestato con i miei anfibi una decina di teatri operativi sparsi per il mondo…


Quando questi piani della Nato (Usa) sono arrivati fino ai confini russi la situazione in Europa è esplosa nel conflitto che conosciamo adesso. Lei ha una visione pessimista nel libro sul conflitto in corso: cosa sta realmente rischiando il nostro continente?


Nella sua domanda lei parla di confini russi. Molti pensano all’Ucraina come uno Stato sovrano da tempo immemore, dimenticando che invece è divenuto uno Stato indipendente appena una trentina d’anni fa perché prima era nell’orbita russa. Lo stesso termine Ucraina in lingua russa significa bordo, confine (del vecchio impero russo) e molti dimenticano che Kiev è stata storicamente la prima capitale della Russia. Nel mio libro sono pessimista perché ormai il soft power espresso dagli U.S.A. in Europa ci sta trascinando rovinosamente verso una terza guerra mondiale. Quella che si sta combattendo in Ucraina, ormai l’hanno capito anche i sassi, è una guerra tra Stati Uniti e Federazione Russa per il dominio delle risorse energetiche e per smuovere e indirizzare i grossi capitali finanziari. A mio modesto parere, l’unico che ci rimetterà più di tutti in questo conflitto sarà l’Europa, e l’interruzione della fornitura energetica a bassissimo costo dalla Russia è solo la punta dell’iceberg. Gli Stati Uniti gettano benzina sul fuoco da lontano, ma chi è vicino siamo noi europei che rischiamo di finirne inceneriti. Gli Usa hanno tutto l’interesse a prolungare il conflitto perché così facendo prendono i cosiddetti due piccioni con una fava: indeboliscono la Federazione Russa anche se molto più lentamente di quanto avessero pronosticato, e allo stesso tempo hanno distrutto – forse definitivamente – i saldi rapporti commerciali e culturali tra i paesi dell’Unione e la stessa Federazione Russa, ma potremmo allargare il discorso perfino all’Asia e al Golfo Persico. Ma per quanto si può ancora stringere la morsa? I leader europei hanno forse dimenticato che la Russia dispone di oltre 6.500 testate nucleari? Fino a che punto vogliamo giocare alla roulette – per l’appunto – russa?

 

La scienza non ha una posizione univoca sulla pericolosità dell’uranio impoverito. Ha effetti potenzialmente avversi ma non c'è certezza”. Così Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera. Ma in generale sono sempre più le voci filo atlantiste che tendono a sminuire l’impatto dell’uranio impoverito dopo la notizia del possibile trasferimento di queste armi a Kiev da Londra. Cosa si sente di rispondere loro vista anche la sua esperienza personale?

Conosco bene la problematica del munizionamento all’uranio impoverito. Quattro anni fa scrissi un libro al riguardo, dal titolo “Baghdad, ribellione di un generale” in cui ho raccontato una missione cui ho preso parte come responsabile del servizio prevenzione e protezione del contingente italiano schierato in Iraq, durante la missione “Prima Parthica” nel 2018. In quell’occasione, per la prima volta, un comandante sul terreno ha rotto il muro di silenzio dei vertici della Difesa che tutt’ora continuano a negare la pericolosità del metallo radioattivo e, peggio ancora, il nesso di causalità tra l’esposizione e l’insorgenza delle malattie tumorali. Il Generale Roberto Vannacci, investito dello status di datore di lavoro con nomina dal Comando Operativo Interforze, nel redigere il primo documento di valutazione dei rischi in teatro iracheno inserì, a titolo precauzionale per i militari alle sue dipendenze, anche il possibile rischio di esposizione all’Uranio Impoverito, ed io ero il suo consulente. Ho studiato in maniera approfondita tutti gli atti delle Commissioni parlamentari d’inchiesta sulle cause di morte dei militari italiani ammalati nei teatri in cui è stato usato quel tipo di munizionamento. L’ultima Commissione è stata quella presieduta dall’Onorevole Scanu, persona integerrima che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente ed il quale mi ha onorato di una sua prefazione al mio libro. Mi meraviglio che ancora oggi si osi mettere in dubbio la pericolosità tossica derivante dall’esplosione del munizionamento con penetratore all’uranio impoverito. Le nanoparticelle che si liberano dopo l’impatto fuse a 3000 gradi nell’impatto con l’acciaio della corazzatura se inalate sono assolutamente cancerogene.

E a dirlo non sono certo io ma fior fiore di luminari e di scienziati medici. Ciò può avvenire nell’immediatezza del combattimento ma anche successivamente, quando le particelle adagiate sul terreno possono risollevarsi per effetto del vento. L’uranio e gli altri metalli pesanti contenuti nel munizionamento inquinano anche il terreno e possono arrivare con le piogge e i dilavamenti ad inquinare anche le falde acquifere. Venendo alla decisione di impiegare tale tipo di munizioni in Ucraina devo purtroppo dire che non mi meraviglia affatto. In Bosnia nel 1994-95 furono scaricate dai velivoli della Nato 3 tonnellate. Nel 1999 in Kosovo, Serbia e Montenegro ne furono sparate 10. In Iraq circa 300. Dovrei meravigliarmi se le utilizzassero anche in Ucraina? L’unica cosa che veramente mi meraviglia è questa assoluta ostinazione dei nostri decisori politici e militari nel voler alzare il livello dello scontro senza pesarne le possibili funeste conseguenze.

 

Un altro motivo ricorrente sulla stampa è che l’invio di armi all’Ucraina sia necessario ad arrivare alla pace. Cosa dice agli esperti, politici e giornalisti che portano avanti questo frame ogni giorno?

Ho sentito più volte dichiarare dall’attuale premier italiano che per arrivare ad una pace e ad un cessate il fuoco bisogna mantenere in equilibrio militare i due belligeranti. A me fa ridere solo pensarlo. Due che sono momentaneamente in parità continueranno a battersi sperando di riuscire a sopraffare l’uno l’altro; non credo che si debba aver frequentato chissà quali scuole di guerra per capire questo. E poi, a dirla tutta, armare una delle parti in lotta sperando che raggiungano prima la pace è una contraddizione in termini. Sarebbe come incontrare per strada due persone che fanno a botte e mettere in mano a una delle due un coltello, o un collo di bottiglia rotto sperando che così la smettano di azzuffarsi. Non saprei dire se c’è più stupidità o più ipocrisia nel sostenere tutto questo!

Nel suo ultimo intervento in Parlamento il premier Giorgia Meloni ha dichiarato che l’invio delle armi all’Ucraina prescinde dal consenso. Prescinde quindi dalla democrazia. Nulla è cambiato dal governo Draghi. Gli italiani votano ma le scelte realmente importanti della vita della nazione, qualunque sia la posizione degli italiani e qualunque siano gli impegni dei partiti in campagna elettorale, semplicemente non si possono cambiare. C'è un problema di sovranità e indipendenza in questo paese? E soprattutto esiste un’alternativa a quella di morire per la Nato?

Partiamo dall’ultimo punto della sua domanda, quello relativo alla sovranità. Se c’è un lato positivo di questa guerra è stato l’aver preso atto che l’Europa politica non esiste e che tutti i paesi dell’Unione sono soggetti all’egemonia esercitata dall’altra sponda dell’Oceano. Il condizionamento degli Stati Uniti d’America nei confronti del vecchio continente ha una data ben precisa: 1945. Una egemonia economica e militare che non può che vedere stati vassalli e nessuno può contraddire – neppure ambire a farlo – le decisioni di politica estera degli Stati Uniti, i quali quest’anno hanno stanziato per le spese militari il record assoluto di 840 miliardi di dollari. Basti pensare che gli Stati Uniti con lo 0,4% degli abitanti del pianeta coprono il 39% delle spese militari dell’intero pianeta. Come dice sempre un mio caro commilitone, non esistono buoni e cattivi, esistono i forti. E nessuno degli stati europei lo è. Il premier ha detto la sacrosanta verità. Non c’era nel programma elettorale la voce “invio o meno delle armi in ucraina”. Un Parlamento democraticamente eletto ha il dovere di prendere le scelte che ritiene più opportune per il bene del Paese, anche se queste possono non collimare con la volontà popolare. Ma qui casca l’asino! Qual è allora la vera ragione per la quale un presidente del consiglio dei ministri decide di inviare le armi ad un paese in guerra mentre 3 italiani su 4, secondo l’ultimo sondaggio IPSOS, sono contrari? Siamo proprio sicuri che faccia l’interesse del Paese o piuttosto quelli di qualcun altro? Sarebbe il colmo da chi si definisce più patriota di chiunque altro…

È un periodo di tristi anniversari. Il 20 marzo l’invasione a guida Usa dell’Iraq sulla base della fake news del secolo. Il 24 marzo quella contro l’ex Jugoslavia portata avanti sulla base di un’altra fake news contro la Serbia. Da militare impegnato nei teatri di guerra che idea si è fatto sul ruolo della stampa occidentale e lo scoppio delle guerre?

 

C’è un vecchio detto che dice che la prima vittima di ogni guerra è la verità. Noi, in Italia, avendo scelto sin dall’inizio di appoggiare incondizionatamente l’Ucraina arrivando perfino ad armarla con sofisticati e costosi sistemi missilistici siamo a tutti gli effetti dei co-belligeranti. Allora è ovvio che la propaganda di guerra in casa nostra faccia il suo sporco lavoro attraverso i principali organi d’informazione, divulgando notizie che appoggino la nostra posizione e screditino quella del nostro avversario, nel nostro caso la Russia. Soltanto la Storia ci dirà come sono andate veramente le cose, ma con la nostra attitudine a coprire sempre le nostre nefandezze sarà con ogni probabilità sempre una verità parziale e opaca come il nostro modo di agire.

 
 
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Povero uranio, dopo tante maldicenze diventa un toccasana se usato contro i russi

• 25 Marzo 2023
• di Gianandrea Gaiani
 
 

Il dibattito sulla fornitura di proiettili all’uranio impoverito (DU) Charm 1 e forse Charm 3 in dotazione al British Army che Londra intende cedere agli ucraini per l’impiego nei cannoni da 120 mm dei carri armati Challenger 2, rappresenta l’ennesimo esempio di come la manipolazione propagandistica di guerra possa scivolare nel grottesco.

Molti in Occidente e in Italia si sono affrettati correttamente a precisare che non si tratta né di armi nucleari né radiologiche ma solo di proiettili “induriti” dall’impiego dell’uranio impoverito per aumentarne la capacità di penetrazione delle corazze dei carri armati russi.

Una tecnologia del resto non nuova poiché riscontri circa l’impiego di questi proiettili sono stati registrati nell’intervento USA/NATO nella ex Jugoslavia (Bosnia 1995 e Kosovo 1999), nell’invasione anglo-americana dell’Iraq nel 2003 e in misura minore in Somalia e Afghanistan.

La notizia della fornitura di questi proiettili alle truppe di Kiev che impiegheranno i Challenger 2 britannici ha determinato due diverse reazioni da parte di Mosca. Quella di tipo militare, tesa a dimostrare che le munizioni Charm1 e Charm 3 britanniche, in grado di penetrare 600 e 720 mm di corazza, risulteranno molto efficaci se colpiranno l’area frontale dei carri armati russi T-72B/B3M e T-80BV mentre lo saranno molto meno nei confronti di tank più moderni e protetti come i T-80BVM, i T-90A e T-90M..

Sul piano mediatico Mosca ha invece speculato sul termine “uranio” evocando rischi di contaminazione radiologica puntando il dito sulle minacce per l’ambiente e la salute della popolazione ucraina derivati dall’impiego di tali munizioni al cui impatto liberano polveri considerate tossiche da molti osservatori anche se su questo tema non vi sono certezze.

Il ministero della Difesa britannico ha accusato Mosca di “disinformare deliberatamente” poiché l’esercito britannico ha utilizzato l’uranio impoverito nei suoi proiettili “per decenni”.  Si tratta di “un componente standard e non ha nulla a che fare con armi o capacità nucleari” recita la nota. “La Russia lo sa, ma sta deliberatamente cercando di disinformare”. I proiettili sono “altamente efficaci” per sconfiggere i moderni carri armati e veicoli blindati, ha aggiunto il ministero, affermando che la ricerca scientifica mostra che qualsiasi impatto sulla salute personale e sull’ambiente derivante dall’uso di munizioni all’uranio impoverito è “probabilmente basso”.

 

Il problema però sta tutto in quel “probabilmente”.  Le munizioni perforanti contenenti uranio impoverito – utilizzate dai carri armati ma anche dai cannoni da 30 mm degli aerei statunitensi A-10 – sono in dotazione a diversi eserciti malgrado le polemiche sui danni provocati dal loro utilizzo in ex Jugoslavia e in Iraq da parte delle forze statunitensi e britanniche.

Oltre a Stati Uniti e Gran Bretagna anche Francia, Pakistan e Russia dispongono di tali munizioni che sarebbero però state utilizzate solo dagli anglo-americani anche se fonti ucraine valutano che i russi le abbiano già impiegate nel conflitto in corso.

Proprio nel Regno Unito i rischi per la salute sono stati evidenziati da un recente rapporto pubblicato sul sito dell’International Coalition to Ban Uranium Weapons (ICBUW), un’organizzazione non governativa che si batte per il loro divieto e per la rinuncia britannica all’impiego delle munizioni Charm 1 e Charm 3 sviluppate rispettivamente all’inizio e alla fine degli anni ’90.

Del resto l’anno scorso l’ennesima Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (la numero 77/49 del 7 dicembre scorso) ha stabilito la necessità della massima cooperazione internazionale per comprendere il reale impatto di queste munizioni e delle polveri di uranio che sprigionano sull’ambiente e sulla salute.

Centinaia di articoli e reportage televisivi ci hanno raccontato negli ultimi 25 anni di un impatto devastante causato dall’impiego delle munizioni a uranio impoverito sulla salute delle popolazioni del Kosovo e dell’Iraq ma anche sui militari dei paesi aderenti alla NATO schierati in aree dove tali munizioni erano state impiegate.

Tumori e leucemie che hanno colpito militari alleati, anche italiani, sono state attribuite all’uranio impoverito anche se non sono mai emerse prove scientifiche che lo dimostrassero al di là di ogni dubbio. Non a caso i militari che operavano intorno alle carcasse dei carri armati colpiti da proiettili all’uranio impoverito indossavano speciali tute protettive.

Il dibattito sull’esposizione dei nostri militari in Kosovo e i danni subiti da alcuni di loro (7.500 militari italiani, di cui più di 372 sono deceduti secondo i dati citati da Il Giornale dell’Ambiente”) non si è mai sopito.

 

Come ricorda la pubblicazione “la NATO ha confermato che nella guerra dei Balcani sono state adoperate molte munizioni trattate con uranio impoverito. Furono sparati più di 31mila colpi di munizioni, pari a più di 13 tonnellate di materiale radioattivo, solo nella guerra in Kosovo. I siti bombardati furono 112, di cui 85 durante la guerra in Kosovo, 10 nella guerra in Serbia, 1 a Montenegro. In particolare, l’area posta sotto protezione del contingente italiano fu quella più bombardata e con la maggiore presenza di proiettili ad uranio impoverito. Sono stati 50 i siti, per un totale di 17.237 proiettili uranio impoverito. Su questa porzione di territorio è presente il 44,64% dei siti e il 56,47% dei proiettili usati in Kosovo uranio impoverito”.

Anche in Bosnia non sono mancati i problemi attribuiti all’uranio impoverito. “La NATO ha reso noto l’elenco dei siti bombardati con proiettili al DU in Bosnia Erzegovina nel 1995. In totale furono ben 6.780 i proiettili di uranio impoverito utilizzati. I bombardamenti si concentrarono nei territori di Han Pijesak, con 2.400 proiettili, cioè più di 7 quintali di DU, e di Hadžići con 3.400 proiettili, equivalenti a circa una tonnellata di DU.

Proprio a Hadžići, vicino a Sarajevo, uno dei siti bosniaci maggiormente bombardati nel 1995, ci fu un allarmante numero di morti per tumore tra i cittadini”.

L’ Archivio disarmo ha ricordato con un comunicato diffuso il 23 marzo che dopo la guerra del 2003 “un incremento dell’incidenza di cancro si è verificata in tutta la popolazione dell’Iraq. Secondo il registro dei tumori iracheni, l’incidenza è aumentata significativamente dopo la prima e la seconda Guerra del Golfo. Nel 1991, l’incidenza si attestava intorno a 31.05 casi ogni 100.000 casi. Nel 2003 questo valore ha raggiunto i 61.63 casi ogni 100.000 persone (Alaa Salah Jumaah, 2019).

Anche il Pentagono, dopo l’appello di 80.000 soldati, ha deciso nel 2002 di svolgere una propria inchiesta attraverso la Government Reform and Oversight Committee per indagare sugli effetti della Guerra del Golfo.

Il risultato dell’inchiesta è stato l’ammissione dell’esposizione all’uranio di 20.000 soldati, di cui però si afferma solo 60 furono esposti a livelli pericolosi. Inoltre, ulteriori ricerche del governo statunitense sono giunte alla conclusione che l’aumento di casi di leucemia, dovuti alla contaminazione da DU, è compreso tra il 180 e il 350%. Anche gli allevamenti iracheni sembrano risentire di questa contaminazione con migliaia di animali tra cui mucche, agnelli e polli morti a causa di gravi infezioni.”

Le preoccupazioni espresse dai russi sono senza dubbio strumentali e legate alla guerra in cui l’Occidente fornisce consistenti aiuti militari a Kiev ma sono le stesse espresse da oltre venti anni in Occidente da Ong e istituti di ricerca oltre che dalle Nazioni Unite.

 

Quindi i casi sono due: o da due decenni si continua a dibattere in Occidente di un problema inesistente al solo scopo di colpevolizzare strumentalmente gli anglo-americani, oppure il problema è (almeno potenzialmente) reale e dopo l’Iraq e la ex Jugoslavia emergerà con le sue drammatiche conseguenze anche in Ucraina.

A meno che, dopo aver sdoganato i reggimenti ucraini di chiara ispirazione nazista divenuti eroici freedom fighters solo perché combattono i russi, ora anche l’uranio impoverito risulti potenzialmente meno tossico e cancerogeno se sparato contro le truppe di Mosca.

A farne eventualmente le spese saranno comunque anche gli ucraini, poiché tali sono anche quelli che combattono al fianco dei russi o vivono nelle aree sotto il controllo di Mosca.

@GianandreaGaian

 
 
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Bombardamento della Jugoslavia con uranio impoverito. Delitto senza punizione

RT Balcani, 24.3.2023.
https://t.me/rtbalkan_ru/1452

Sullo sfondo delle forti dichiarazioni del Regno Unito secondo cui è pronto a fornire proiettili di uranio impoverito a Kiev, la comunità mondiale dovrebbe ricordare le conseguenze del suo utilizzo. Un esempio di ciò è il territorio dell'ex Jugoslavia.
L'aumento del numero di tumori nella regione dopo i bombardamenti della NATO ha portato a un grande scandalo internazionale, quando le forze di pace del contingente internazionale KFOR di stanza nella regione hanno iniziato ad ammalarsi di cancro. Per la maggior parte, i militari italiani hanno sofferto.
Il noto avvocato Angelo Fiore Tartaglia rappresenta con successo gli interessi dei soldati italiani e ha ottenuto oltre 300 decisioni giudiziarie, a seguito delle quali il Ministero della Difesa italiano ha risarcito il personale militare per danni materiali. Processi simili si stanno verificando in altre parti d'Europa. In Francia, nel 2021, un caso simile si è concluso con la vittoria del querelante; i processi sono attualmente in corso nel Regno Unito, in Germania, nei Paesi Bassi e in Turchia. I peacekeeper che si sono ammalati di malattie oncologiche vengono già risarciti.
Anche i serbi colpiti dall'uso dell'uranio impoverito hanno intentato una causa contro la NATO. Il caso è gestito da un gruppo internazionale di avvocati, tra cui Srdjan Aleksic e Angelo Tartaglia. Secondo quest'ultimo, le cause potrebbero causare un duro colpo reputazionale all'Alleanza Nord Atlantica, inoltre, il blocco militare dovrà pagare circa 6 miliardi di euro di risarcimento.
Nel gennaio 2020 sono state intentate le prime tre cause contro la NATO per conto di ex e attuali militari jugoslavi e serbi. Al momento, lo studio legale di Aleksich sta preparando più di 2,5mila cause legali per conto dell'esercito e della polizia. Intendono chiedere il risarcimento del danno morale nella misura di 100mila euro per ogni persona.
La redazione @rtbalkan_ru si è rivolta per un commento all'avvocato Srjan Aleksic, che, in collaborazione con i colleghi italiani, da molti anni conduce una battaglia legale contro la NATO. Quando gli è stato chiesto se l'alleanza sarebbe stata punita per gli atroci crimini commessi, ha risposto:
“Perché no, ecco perché abbiamo intentato una causa presso la Corte Suprema di Belgrado per un crimine di guerra contro una popolazione civile. Stiamo parlando dell'uso di munizioni con uranio impoverito, ha un effetto continuo di 4,5 miliardi di anni, mentre l'emivita dura. 15 tonnellate sono state sganciate nel territorio della Serbia centrale e del Kosovo e Metohija. Secondo la stessa NATO , si tratta di un livello di radiazioni più elevato rispetto a Hiroshima e Nagasaki. Questo uranio rimarrà per sempre in Serbia, il che significa che i nostri cittadini si ammaleranno sempre di più. Abbiamo un'epidemia di cancro. Ogni anno 30.000 persone si ammalano e 15.000 muoiono. Ciò suggerisce che l'uranio impoverito riscuote ogni anno il suo tributo in Serbia.
“La NATO ha risposto alle nostre accuse. Credono di avere l'immunità e non sono responsabili. Lo contestiamo, perché non è così. La NATO deve rispondere delle vittime civili , delle persone che si stanno ancora ammalando a causa di un disastro ambientale. L'Alleanza deve risarcire i cittadini serbi che hanno il cancro nei casi in cui possiamo dimostrare che esiste una relazione causale tra l'uranio impoverito e la malattia", ha spiegato l'avvocato.
“Lo dimostrano gli esami del sangue, una biopsia che abbiamo eseguito su due nostri concittadini a Torino, in Italia, proprio come hanno fatto i militari italiani della missione di pace in Kosovo e Bosnia. Abbiamo ricevuto la conferma che la presenza di uranio impoverito nel corpo è 500 volte superiore alla norma consentita ", ha detto Aleksic.

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"Intervento umanitario". Conseguenze del bombardamento della Jugoslavia

RT Balcani, 24.3.2023.
Decenni dopo l'inizio dell'aggressione, il numero delle sue vittime continua a crescere. Il fatto che l'aumento dell'incidenza dell'oncologia nel Paese sia il risultato dei bombardamenti lo ha detto anche il presidente serbo Aleksandar Vucic. Secondo lui, il cancro è più comune nei bambini i cui genitori sono nati intorno al 1990.
In Serbia, il cancro è la seconda causa di morte più comune per i bambini sotto i 14 anni. Ogni giorno qui un bambino sviluppa il cancro e ogni settimana un bambino perde la battaglia contro la malattia insidiosa.
“Sarò onesto: non ho mai creduto fino in fondo a tutte queste teorie sull'uranio impoverito, secondo cui la colpa era di coloro che hanno distrutto e bombardato il nostro Paese nel 1999. Ma parlando con i medici, mi sono reso conto che l'uranio impoverito è sicuramente un fattore di crescita del cancro, poiché è più spesso rilevato nei bambini i cui genitori sono nati intorno al 1990. Questo è un crimine senza precedenti”, ha detto Vucic un paio di anni fa durante una visita in uno dei centri oncologici.
Quali sono le conseguenze dei bombardamenti con proiettili all'uranio impoverito per l'ecologia della Serbia e la salute dei cittadini?
Con una domanda del genere, i redattori @rtbalkan_ru si sono rivolti al dottor Radomir Kovacevic, un esperto tossicologo che per molti anni è stato a capo del Radiation Control Center.
Secondo lui, le conseguenze sono molto gravi. Il fatto è che l'uranio al momento dell'uso viene utilizzato per distruggere barriere solide e durante una collisione con esse si scompone in nanoparticelle. In questa forma creano un aerosol nell'aria, a seconda della rosa dei venti, possono diffondersi a grandi distanze.
“Siamo stati in grado di dimostrare che questo è accaduto in Serbia. Tutto era inquinato. Successivamente, lungo la catena biologica, la sostanza entra nel corpo degli animali. Non abbiamo solo prove, ma anche la concentrazione di uranio 238, 235.
Abbiamo condotto ricerche e dimostrato che nel corpo delle persone tre anni dopo l'uso di queste munizioni in Jugoslavia c'erano da 36 a 231 nanogrammi per litro di urina. Abbiamo confrontato questo con i dati statunitensi sull'uso di munizioni nel 1991 in Iraq. Poi, cinque anni dopo, i soldati americani avevano una concentrazione di circa 150 nanogrammi ", ha detto l'esperto.
“I cosiddetti marcatori di effetto, abbiamo rilevato cambiamenti genetici a livello del 20,7%, mentre il livello normale è dell'1-2%! Abbiamo anche riscontrato cambiamenti nei reni e, infine, sotto forma di tumori maligni.
Permettetemi di ricordarvi che spesso ci vuole tempo prima che i processi inizino nel corpo. Alcuni cambiamenti li abbiamo monitorati in pochi giorni, altri in pochi anni e altri li stiamo ancora aspettando", ha spiegato Kovacevic.
“È solo questione di tempo prima che le gravi conseguenze dei bombardamenti si sviluppino in ogni organismo: malattie somatiche generali, malattie cardiovascolari e tumori maligni. Le conseguenze si rifletteranno nella prole. Anche Gregor Mendel scoprì che i tratti ereditari si estendono per oltre trenta generazioni. E dopo 900 anni, ci si possono aspettare anomalie. E i moderni genetisti Watson e Crick hanno scoperto che questo è possibile anche dopo 1800 anni, e le conseguenze negative possono riflettersi in sessanta generazioni.
Dovreste anche prestare attenzione alle statistiche: in Serbia nel 2001 sono nati circa 62mila bambini e più di 137mila sono morti, cioè più di 75mila in più!
"E ora i cani da guerra dell'Occidente vogliono usare lo stesso uranio impoverito in Ucraina", avverte Kovacevic.
 
 
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La NATO chiede immunità per l’uranio impoverito e si prepara a usarlo in Ucraina
22 marzo 2023
 
La decisione del governo britannico di fornire munizioni all’uranio impoverito alle forze armate ucraine è l’ennesima prova del fatto che a Stati Uniti, Nato e cancellerie europee della sorte degli ucraini non importa nulla.
L’uso del metallo pesante da parte di Stati Uniti, Regno Unito e Nato, in trent’anni di guerre illegali ma definite “umanitarie”, ha già causato una strage silenziosa e prolungata in tutti i territori bombardati con queste armi. Dai Balcani, all’Iraq passando per l’Afghanistan le patologie tumorali sono aumentate a dismisura come conseguenza diretta dell’esposizione all’uranio impoverito rilasciato dalle munizioni. Ci troviamo di fronte ad una epidemia da metallo pesante provocata deliberatamente dalle maggiori potenze occidentali.
In Italia, ad ammalarsi gravemente e a morire per l’esposizione al metallo pesante sono gli stessi soldati dell’esercito usati come carne da cannone nelle missioni di “pace” all’estero e a cui ancora oggi il ministero della Difesa, nonostante oltre trecento cause risarcitorie perse, continua a negare verità e giustizia. Al momento parliamo di 8000 militari italiani ammalati e di circa 400 deceduti a causa dell’uranio impoverito: una strage che non ci stancheremo di denunciare. 
La Nato, chiamata in causa dall’Alta Corte di Belgrado per le conseguenze devastanti dei bombardamenti all’uranio impoverito effettuati nel 1999, ha risposto al tribunale esigendo l’immunità. 
La Corte Penale Internazionale, se avesse un minimo di autorevolezza, dovrebbe indagare anche su questi ed altri crimini di guerra commessi dal blocco euro-atlantico.
Ora anche in Ucraina, dopo le devastazioni della guerra convenzionale, sta per scatenarsi l’epidemia da uranio impoverito: dal 2019 anche la Federazione Russa ha deciso di dotarsi di questo tipo di armi giustificandosi col fatto che non sono vietate da nessuna convenzione internazionale e soprattutto sono impiegate da tempo dal blocco euro-atlantico. La scelta criminale del governo britannico ne innescherà con buona probabilità l’uso.
Noi di Rifondazione Comunista e della Sinistra Europea avevamo già denunciato questo gravissimo rischio lo scorso giugno al contro summit Nato di Madrid. Continueremo a batterci anche presso il Parlamento europeo contro questa decisione criminale, per la messa al bando definitiva di queste armi, la verità e giustizia per le vittime civili e militari dell’uranio impoverito.
Avvelenare il popolo ucraino con l’uranio impoverito non è un modo per aiutarlo. L’unica strada è quella del cessate il fuoco e della trattativa.
 
Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Gregorio Piccin, responsabile pace del Partito della Rifondazione Comunista -Sinistra Europea
 
SI VEDA IL DOCUMENTO DELLA NATO:
 
 
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Verità e giustizia per le vittime di uranio impoverito
 
Gregorio Piccin, 15.12.2022.
 
Il Partito della Sinistra europea porterà all'attenzione del Parlamento Ue la questione delle morti di militari e civili causate dagli armamenti contenenti il metallo pesante e usati nei teatri di guerra e nei poligoni di tiro dalla Nato. Una strage silenziosa al centro di una battaglia giudiziaria in Italia
 
La trentennale questione dell’uso bellico dell’uranio impoverito, che per diversi aspetti investe anche l’Unione europea, verrà finalmente portata all’attenzione del Parlamento europeo. Lo ha deciso il Partito della Sinistra europea (The Left) che ha chiuso l’11 dicembre 2022 il suo congresso a Vienna.

«I crimini di guerra non vanno in prescrizione», si legge nelle conclusioni della mozione presentata al congresso dal Partito della rifondazione comunista e approvata dal 90% dei delegati e delle delegate dei partiti rossoverdi europei. «Il Partito della sinistra europea si impegna a portare la questione delle vittime civili e militari dell’uranio impoverito all’attenzione del Parlamento europeo e ad individuare un percorso che possa impegnare il Parlamento sulla strada della verità e della giustizia per tutte le vittime e per la messa al bando di queste armi dentro e fuori il perimetro dell’Unione europea…».

Il consenso quasi unanime ottenuto da questa mozione lascia ben sperare sull’impegno che le delegazioni di europarlamentari metteranno in campo nel prossimo futuro. Un percorso che sarà supportato concretamente anche dall’Italia con la giurisprudenza prodotta in vent’anni di battaglie legali e dalle conclusioni inequivocabili della IV Commissione d’inchiesta parlamentare sull’uranio impoverito il cui presidente, l’ex senatore Gian Piero Scanu, aveva già inviato a suo tempo alla presidenza del Parlamento europeo.

Nel nostro Paese ci sono almeno 8mila veterani gravemente ammalati per l’esposizione a vari metalli pesanti come l’uranio impoverito mentre circa 400 sono morti. Tutti tornati dai teatri di guerra dove i bombardamenti effettuati dalla Nato hanno causato una “pandemia tumorale” che continua a mietere migliaia di vittime sia civili che militari. Oppure rientrati dal servizio presso poligoni dell’Alleanza come Capo Teulada o Quirra in Sardegna.
Su questa perdurante strage, che si configura come un crimine di guerra, la presidente del Consiglio europeo Ursula von der Leyden non chiederà l’istituzione di un Tribunale penale internazionale nonostante la Nato abbia utilizzato oltre 300 tonnellate di munizionamento all’uranio impoverito nelle sue guerre illegali e nei poligoni anche italiani. Le istituzioni italiane, militari e non, hanno sempre negato la correlazione causale tra l’esposizione al metallo pesante e l’insorgenza di gravi patologie tumorali tra i soldati. Questa negazione di verità e giustizia vale anche, implicitamente, per le migliaia di civili che continuano a vivere, ammalarsi e morire nei territori contaminati dai bombardamenti.

Ma i tribunali italiani dicono il contrario così come l’associazione nazionale vittime dell’uranio impoverito (Anvui) che in una lettera aperta pubblicata recentemente hanno chiesto al ministro della difesa Guido Crosetto quando e come intenda farsi carico della questione. Sono infatti oltre trecento le cause risarcitorie vinte dalle vittime dell’uranio impoverito contro il ministero della Difesa che, oltre a mantenere alto il muro di gomma, continua a spendere ingenti risorse pubbliche per tentare di dimostrare la propria irricevibile “estraneità ai fatti”, cioè aver mandato allo sbaraglio il proprio stesso personale.

Tra i ricorsi persi e gli interessi maturati dalle vittime per i ritardi ingiustificati nel pagamento dei risarcimenti il danno all’erario è enorme.
L’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, legale rappresentante delle vittime, in vent’anni di battaglie per la verità e la giustizia è riuscito a costruire una giurisprudenza che ha stabilito il nesso causale tra l’esposizione al metallo pesante e l’insorgenza di gravi patologie tumorali mentre il ministero della Difesa è arrivato a perdere persino presso i massimi livelli della giustizia italiana.

Significativa è la sentenza emessa dalla seconda sezione del Consiglio di Stato pubblicata il 9 agosto 2021 dove i giudici della Corte respingono l’appello del ministero verso una precedente sfavorevole sentenza del Tar e lo condannano a riconoscere ad un caporal maggiore dell’esercito i benefici previsti per le vittime del dovere. L’ex militare aveva infatti contratto il linfoma di Hodgkin dopo avere effettuato, in Italia, operazioni di pulizia e manutenzione di mezzi militari rientrati dai teatri operativi nei Balcani. In questa sentenza non solo viene ribadito il nesso causale ma viene pure riconosciuto il fatto che le nano polveri del metallo pesante possono “viaggiare” negli interstizi dei mezzi militari da un Paese all’altro. In Italia la strage da uranio impoverito provocata dalla Nato è già stata definita “di Stato”. Il ministero della Difesa non può negare verità e giustizia per le vittime come è avvenuto per altre “stragi di Stato” in questo Paese. In questo caso mandanti, esecutori ed insabbiatori, hanno agito alla luce del sole ed hanno nomi e cognomi.
 
 
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L’EPIDEMIA DA URANIO IMPOVERITO CONTINUA AD UCCIDERE... 
MA IN SERBIA LA NATO PRETENDE L’IMMUNITÀ 
 
di Gregorio Piccin, 23.7.2022

La quantità di uranio impoverito rilevata recentemente nei tessuti di due cittadini serbi morti a causa di gravi patologie tumorali, è risultata essere più di cinquecento volte superiore rispetto alla media. Si tratta della stessa abnorme quantità rilevata in moltissimi ex-militari italiani che hanno prestato servizio nelle missioni in Bosnia, Kosovo, Iraq e Afghanistan e nei poligoni Nato: di questi almeno quattrocento sono morti e oltre 8000 si sono gravemente ammalati.
A rivelarlo in esclusiva per Manifesto è la dottoressa Rita Celli che da quindici anni supporta con le sue perizie tecniche le arringhe dell’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, consulente legale dell’Associazione Nazionale Vittime dell’Uranio Impoverito. In vent’anni di cause risarcitorie intentate contro il Ministero della difesa italiano ed oltre trecento sentenze favorevoli messe a segno, Tartaglia e la Celli hanno di fatto trasformato in giurisprudenza la correlazione causale tra esposizione all’uranio impoverito ed insorgenza di gravi patologie tumorali. Un caso unico in Europa e nel mondo.
I risultati delle recenti perizie della dottoressa Celli, eseguite presso i laboratori del dipartimento di biotecnologie molecolari dell’Università di Torino, rappresentano un passaggio fondamentale per le cause intentate contro la Nato in Serbia e sono la conferma scientifica della stretta correlazione tra civili e militari serbi ed italiani colpiti dall’”epidemia da uranio impoverito” scatenata dalla Nato anche nei Balcani a seguito di quasi un decennio di “bombardamenti umanitari”. Solo in Serbia le vittime sono decine di migliaia catapultando questo Paese al primo posto in Europa per numero di malattie oncologiche.
-Dottoressa, come le sono arrivate “in mano” le richieste di accertamento sulla presenza di metalli pesanti nei tessuti dei due cittadini serbi?
Nel giugno di quest’anno mi sono recata personalmente in Serbia, accompagnando l’avvocato Tartaglia. La curiosità scientifica era molto intensa. Ho potuto verificare di persona lo stato dei luoghi e raccogliere direttamente le testimonianze della popolazione. In funzione delle attuali necessità giuridiche dell’avvocato Tartaglia, ho acquisito il materiale biologico da sottoporre a indagine di laboratorio direttamente dalle vedove dei due cittadini serbi: un ufficiale della milizia serba e un civile. Entrambe mi hanno fornito anche gli indispensabili dati tecnici.
-Con le sue perizie ci troviamo di fronte alla conferma, anche in Serbia, che l’uranio impoverito usato dalla Nato è la causa diretta di una strage silenziosa ancora in corso. Quali saranno i prossimi passi?
Nei prossimi mesi l’intenzione è quella di incrementare i dati preliminari emersi oggi attraverso ulteriori analisi da effettuarsi su matrici biologiche di militari e civili serbi.
I risultati, che mi sento di predire saranno purtroppo di conferma, permetteranno di dimostrare la correlazione tra l’impiego di armamenti DU-core, ovvero contenenti uranio impoverito nei penetratori, e lo sviluppo di un numero abnorme di patologie neoplastiche nella popolazione serba, sia civile, sia militare.
-Nel frattempo la Nato, in una memoria recapitata all’Alta corte di Belgrado ha dichiarato che “…non parteciperà ai processi e si aspetta che lo status, i privilegi e le immunità di cui gode l’Organizzazione siano pienamente accettati dalle autorità serbe inclusi i tribunali…”. Che effetto le fa trovarsi di fronte al principale indiziato che, nonostante le evidenze scientifiche, pretende per sé l’impunità?
Di fronte ad evidenze scientifiche di tale portata, la cui rilevanza non può essere semplicemente ignorata o sottaciuta, né tanto meno può essere aggirata la correlazione causale, non si nutrono dubbi sul “buon senso” dei giudicanti serbi, noti a livello mondiale per un più che elevato livello culturale giuridico.
-Torniamo in Italia dove i tribunali di ogni ordine e grado, grazie al lavoro dell’avvocato Tartaglia, stanno sistematicamente inchiodando il Ministero della difesa alle sue responsabilità per quella che le vittime italiane dell’uranio impoverito non esitano a definire “strage di stato”. Lei ha contribuito ad aprire un varco nel muro di gomma eretto dal Ministero. Pensa che l’atteggiamento omissivo degli alti vertici militari potrà durare ancora a lungo?
Man mano che il numero dei risultati cresce, via via che le conferme scientifiche si affastellano e si rafforzano dal punto di vista statistico, si assottiglia sempre più il cono d’ombra discrezionale utilizzato dal Ministero della difesa, che in ultimo si troverà costretto ad affrontare le proprie responsabilità.
Oggi, con i primi risultati ottenuti sulle matrici dei due cittadini serbi deceduti per le conseguenze di gravi patologie tumorali, siamo in possesso della conferma diretta che il drammatico bio-accumulo di metalli pesanti ha avuto, ha tutt’ora, e avrà nell’immediato futuro, una pesante ricaduta sulla salute della popolazione militare italiana immessa in teatri operativi fuori area e/o impiegata in poligoni dove i test di armi non convenzionali, da sempre, sono pratica quotidiana. I fattori di rischio identificati attraverso questa metodica di indagine sono il filo rosso che unisce le attività “non protette” svolte dal nostro personale militare e lo sviluppo di patologie oncologiche.
 
Gregorio Piccin
pubblicato su Il Manifesto
del 23.07.2022