Riportiamo di seguito il testo di un manifesto affisso in questi giorni a Sulmona (AQ), su iniziativa del Centro Studi e Ricerche Carlo Tresca, per ricordare i circa duecento slavi mandati a morire a Dachau dopo che il direttore del carcere della Badia dove erano detenuti aveva permesso invece ai prigionieri alleati di fuggire...


Sui prigionieri della Badia di Sulmona e del vicino campo di concentramento di Fonte d'Amore si vedano anche il saggio di R. Lolli "La presenza degli internati slavi nell'Appennino aquilano 1942-1944" e gli altri link alla nostra pagina dedicata.


8 OTTOBRE 2018
SULMONA–DACHAU

L'8 ottobre del 1943 dalla stazione di Sulmona partì un treno per Dachau.
Portava diverse centinaia di detenuti politici e comuni prelevati dal carcere della Badia provenienti dai territori occupati della Jugoslavia (i più), dalla Grecia e dall'Italia. C'erano anche 9 cittadini di Roccacasale (tra loro un adolescente di 16 anni) e un testimone di Geova. Di essi appena un centinaio tornò a casa. Solo di recente si è venuti a conoscenza di questo fatto.
Perché?
Nessuno aveva visto o saputo?
È stato rimosso dalla coscienza della comunità locale e regionale. Dobbiamo sapere e dobbiamo ricordare per non vanificare gli insegnamenti che ne derivano.
Allo stesso modo vanno conosciute e ricordate le vicende di migliaia di soldati italiani che, nelle zone di guerra balcaniche e greche, disobbedendo agli ordini dei nazisti furono da questi massacrati, come a Cefalonia, o furono attivi nelle file della Resistenza a Creta come in Dalmazia. Molti di loro provenivano dal cuore dell'Abruzzo.
Tutti accomunati da una solidarietà di destini, nello slancio disinteressato per la libertà dei popoli al di là di ogni confine.

Centro Studi e Ricerche "Carlo Tresca"

 



SULMONA – DACHAU
8 ottobre 1943


Il 23 settembre 1943, nei territori occupati dalle truppe tedesche nacque la Repubblica Sociale Italiana, lo stato fantoccio della Germania nazista voluto da Hitler sulla base del progetto di satellizzazione economica, militare e politica dell’Italia.
L’occupazione dei comuni della Valle Peligna iniziò tra il 12 e il 13 settembre.
La mattina dell’8 ottobre, un reparto militare tedesco di stanza nel campo di concentramento di Fonte d’Amore requisì il carcere della Badia (l’abbazia di S. Spirito al Morrone) per esigenze di ordine logistico e militare. Giunti sul posto, i soldati tedeschi intimarono al direttore del carcere, Corrado De Jean, e alle guardie la consegna dell’edificio e di tutti i detenuti.
Si trattava di circa 380 reclusi provenienti in gran parte dai territori jugoslavi, greci e della Venezia Giulia condannati dai tribunali italiani di occupazione. Tra il 25 luglio e l’8 settembre, infatti, nonostante la caduta del governo fascista, i detenuti condannati nei territori di occupazione erano stati esclusi dal provvedimento di scarcerazione del ministro Gaetano Azzariti, riservato esclusivamente ai detenuti politici italiani, seppur con delle riserve e con non poche contraddizioni. Nel carcere della Badia, ad esempio, agli inizi di ottobre erano ancora presenti anche 14 antifascisti italiani (condannati dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato), tra cui il socialista Giovanni Melodia (in seguito autore di diversi libri sulla deportazione nonché segretario generale dell'associazione nazionale ex-deportati nei campi nazisti - ANED). Inoltre vi erano anche decine di detenuti condannati per reati comuni e 9 uomini del vicino comune di Roccacasale rastrellati dai tedeschi e incarcerati con l’accusa di aver favorito la latitanza dei prigionieri alleati fuggiti dal vicino campo di concentramento di Fonte d’Amore.
Nel giro di 20 minuti tutti i prigionieri furono riuniti nel cortile principale del carcere della Badia e sotto la minaccia delle armi furono trasferiti presso la stazione ferroviaria di Sulmona.
Qui furono caricati su convogli solitamente utilizzati per il trasporto del bestiame e quindi deportati nel campo di concentramento di Dachau, dove giunsero il 13 ottobre dopo un viaggio di cinque giorni e sei notti.
Nelle settimane e nei mesi successivi molti furono trasferiti in altri campi e sottocampi della rete concentrazionaria nazista.
Secondo la documentazione attualmente disponibile, possiamo affermare che 117 deportati riuscirono a sopravvivere, 103 furono eliminati nel corso della detenzione, mentre sul destino di circa 170 deportati non si hanno ancora, allo stato attuale, notizie certe.
Dei 9 rastrellati di Roccacasale sopravvissero in 4. Tra i rimanenti 5, che furono eliminati, vi erano i due deportati più giovani di tutto il convoglio partito da Sulmona: Michele Scarpone e Angelo De Simone, entrambi di 16 anni.
Quella dell’8 ottobre 1943 fu una delle prime deportazioni dall'Italia verso il sistema concentrazionario nazista.
Il caso di Sulmona cadde immediatamente nell’oblio.
Nel dopoguerra fu istruito un processo che non fu mai celebrato.
Nella memoria collettiva non ne è rimasta alcuna traccia.

[risultati provvisori di una ricerca condotta da Mario Salzano, Università degli Studi di Teramo – FONTE]