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A 73 anni dalla strage di Pozza, Umito e Pito

1) Pozza di Acquasanta Terme (AP), 13 marzo 2017: Commemorazione nell'Anniversario della strage
2) Sulla strage nazifascista di Pozza, Umito e Pito


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Inizio messaggio inoltrato:

Da: Partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana <partigiani7maggio @ tiscali.it>
Oggetto: A 73 anni dalla strage di Pozza
Data: 7 marzo 2017 22:10:44 CET

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Lunedì 13 marzo 2017 si tiene a Pozza di Acquasanta Terme (AP) la commemorazione del 73.mo Anniversario delle stragi nazifasciste di Pozza, Umito e Pito – 11 marzo 1944 – in cui caddero 15 jugoslavi, 11 italiani tra cui una donna e una bambina, due greco-ciprioti, due inglesi, uno statunitense. Altri antifascisti jugoslavi furono uccisi nelle vicine frazioni di Collefrattale e Arola. 
Partecipare alla commemorazione quest'anno, dopo gli eventi sismici e metereologici che hanno sconvolto quelle zone, rappresenta tra l'altro un atto di solidarietà e vicinanza per comunità che molti anni fa hanno fornito generosa accoglienza a chi ne aveva bisogno, pagando per questo un prezzo assai caro.
11 MARZO 1944 – 11 MARZO 2017
La S.V. è invitata a partecipare alla Cerimonia Commemorativa dei fatti partigiani dell'11/03/1944 di Pozza ed Umito, che si svolgerà  POZZA presso il Cimitero Internazionale Partigiano.

LUNEDÌ 13 MARZO 2017

In ricordo di quanti caddero combattendo per la difesa dei supremi valori di libertà, democrazia e giustizia e perché il sacrificio di molti sia esempio di vita per tutti, si terrà presso il Sacrario di Pozza di Acquasanta Terme (AP) una cerimonia commemorativa dei fatti partigiani dell'11/3/1944.

PROGRAMMA

ORE 10:00 CIMITERO PARTIGIANO
Raduno delle Autorità e dei cittadini
ORE 10:30 Deposizione delle corone di Alloro ed onori ai caduti. Interventi degli alunni dell'ISC di Acquasanta Terme. Orazioni ufficiali.
ORE 11:30 SANTA MESSA

Il Sindaco di Acquasanta T. 
Sante Stangoni
Il Presidente della Provincia
Paolo D'Erasmo
Il Presidente ANPI sez. Acquasanta T.
Giuseppe Tosti
Il Presidente ANPI Comitato Provinciale
Pietro Perini
Sulla strage di Pozza, Pito e Umito si veda la scheda nell'Atlante delle stragi nazifasciste in Italia

Sul Cimitero internazionale partigiano di Pozza (Acquasanta Terme AP) si veda la sezione dedicata sul nostro sito

Una lapide è collocata nel muro di cinta dello stesso Cimitero:
 
Trovammo qui
Fede, madre, pane, fucili.
I morti lo sanno.
I vivi non dimenticheranno.

Fiumi di sangue 
divisero due Popoli.
Li unisce oggi
il sacrificio
dei Compagni migliori

Compagno,
quando vedrai piangere mia madre,
dille di non piangere.
Non sono solo.
Giace con me
un Compagno jugoslavo.
Nessuno ardisca gettare fango
sul sangue versato
nella lotta comune
=== * ===  I PARTIGIANI JUGOSLAVI NELLA RESISTENZA ITALIANA Storie e memorie di una vicenda ignorata   Roma, Odradek, 2011 pp.348 - euro 23,00   Per informazioni sul libro si vedano: Il sito internet: http://www.partigianijugoslavi.it La scheda del libro sul sito di Odradek: http://www.odradek.it/Schedelibri/partigianijugoslavi.html La pagina Facebook: http://www.facebook.com/partigianijugoslavi.it   Ordina il libro: http://www.odradek.it/html/ordinazione.html   === * ===

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I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana
c/o JUGOCOORD ONLUS, C.P. 13114 (Uff. Roma 4)
Rome, Rm  00100
Italy


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Sulla strage nazifascista di Pozza, Umito e Pito

Quanto segue è tratto da: I PARTIGIANI JUGOSLAVI NELLA RESISTENZA ITALIANA (Odradek 2011), Cap.4, pp.125ss.
Per le FOTOGRAFIE si veda al link diretto: https://www.cnj.it/PARTIGIANI/JUGOSLAVI_IN_ITALIA/cap4.htm#iii_ext_pozza


Appena trascorsa la mezzanotte del 10 marzo un nutrito gruppo di tedeschi, accompagnati e guidati da elementi fascisti della provincia e del comune di Acquasanta, stabilì di salire verso le frazioni di Pozza, di Pito e di Umito. La loro intenzione era quella di accerchiare il gruppo di partigiani di Umito e di Pozza ponendosi in tre posizioni diverse e cogliendo la popolazione nel sonno... Non pochi dovevano essere gli “accompagnatori” del luogo, conoscitori dei sentieri, dei viottoli e delle scorciatoie... Evidentemente per i tedeschi non era stato difficile avere la collaborazione di abitanti del comune di Acquasanta e dello stesso maresciallo Melchiori, che conoscevano tutta la difficile zona della valle del Garrafo, come le proprie tasche. Appena fu l’alba la diabolica trappola scattò per Pozza. ((Di Domenico 2001, pp.63-64.))

Il massacro di Pozza, Umito, Pito e dintorni coinvolse numerose persone di nazionalità diversa, di diversa età e compiti o coscienza antifascista, uomini e donne, addirittura una bimba di un anno. Durante la risalita della valle da parte dei nazifascisti, la mattina dell’11 marzo, alcuni abitanti furono presi prigionieri a Pozza. Durante la risalita della valle da parte dei nazifascisti, la mattina dell’11 marzo, alcuni abitanti furono presi prigionieri a Pozza. Il primo ad essere ucciso, crudelmente nonostante implorasse pietà, con cinque colpi di pistola direttamente dal Melchiori in divisa da SS, fu il giovane Emidio Collina [...] Una sventagliata di mitra invece si portò via Serafino Cesari, Pietro Patulli e Mariano Castelli, allineati al bordo della strada. Molti altri avrebbero potuto essere i caduti a Pozza se non fosse giunta voce che più su, a Umito, i partigiani stavano reagendo. [...] Era scoppiato l’inferno. Vistisi circondati, i partigiani avevano aperto il fuoco contro i tedeschi: alcuni combattenti furono uccisi mentre lottavano, tra questi Gregorio Schiavi e alcuni montenegrini che furono colpiti mentre uscivano dalle finestre per raggiungere altre posizioni. Martina Cristanziani fu abbattuta dai tedeschi dinanzi al suo bambino; la piccolissima Anna Sparapani perì nelle fiamme della sua casa, incendiata dai nazifascisti; altri caddero benché disarmati e persino estranei ai fatti bellici. La battaglia ebbe termine verso mezzogiorno, quando si contavano più di 30 morti, tra cui alcuni tedeschi che furono cremati sul posto. Altri militari saccheggiarono i viveri dalle case per poi appiccare il fuoco.  [...] 

Drago fu testimone indiretto di quegli avvenimenti. Quell’11 marzo si dirigeva nella direzione opposta, verso Pietralta, in base al piano di autodifesa che avevano elaborato con il suo gruppo.

Passai vicino al ruscello di Morrice, correndo per arrivare quanto prima a Pietralta. Siccome stavo correndo fui individuato dalla direzione di San Giovanni e Ferone, e cominciarono a spararmi con i fucili. Sentivo i proiettili accanto, perciò saltellavo sull’altipiano muovendomi come fossi sul campo di battaglia. [...] Arrivai dove inizia il cimitero di Morrice, il contadino con la famiglia era dall’altra parte. Si fermò un momento e gridò verso di me: Scappa, torna indietro, ci sono i tedeschi davanti a noi! [...] Non potevo andare né avanti né indietro! Si doveva decidere cosa fare. La neve era alta e soffice, perciò fuori dal sentiero non si poteva andare [...] Ad un certo momento si sono sentiti due spari dall’altra parte del torrente Castellano, che sono proseguiti cupamente con il rumore della lotta in corso, dalla direzione di Pozza e Umito. Era chiaro che si stava svolgendo lì lo scontro, e l’ho avvertito fino alle 11 quando il rumore si è interrotto bruscamente. [...] Calava la sera quando lasciai quel luogo, in cui avevo trascorso tutta la giornata. Camminavo sulle impronte del mattino, attraverso l’acqua, verso il cimitero... 





DI CHE PARLIAMO?

Cosa resta di Sana’a, capitale yemenita (PandoraTV, 7 mar 2017)

Più di 10mila le vittime, 40mila i feriti, più di tre milioni gli sfollati, 12 milioni le persone che rischiano la morte per fame e inedia. La tragedia dello Yemen, il paese più povero del mondo arabo ma che ha la disgrazia di trovarsi in posizione strategica, affacciato sul Golfo di Aden, si sta compiendo nell’indifferenza dell’Europa. La grande macchina dei media occidentali ha volutamente oscurato quanto accade in questo Paese per non disturbare i monarchi sauditi ed i lucrosi traffici che gli Usa e i Paesi europei svolgono con le petromonarchie. Oltre a bombardamenti indiscriminati, che proseguono incessanti dal 25 marzo 2015 da parte della coalizione del Golfo, guidata da Arabia Saudita e sostenuta da Usa e Gran Bretagna, lo Yemen è sottoposto a un embargo per via marittima e aerea, imposto attraverso navi da guerra saudite e statunitensi che pattugliano il Mar Rosso e il Golfo di Aden. Senza considerare che anche i porti di attracco sono stati bombardati...




(hrvatskosrpski / italiano)
 
Madonna del Malaffare
 
1) Tiziano Renzi: << Io a Medjugorje lo sa da quando ci vado? Dal ‘93... Ma guai a chiamarla Jugoslavia. >>
2) Medjugorie, il vescovo di Mostar: la Madonna non è mai apparsa
3) Ratko Perić, biskup: MEĐUGORSKA „UKAZANJA“ U PRVIH SEDAM DANA
 
 
Su Medjugorje e dintorni si vedano alla nostra pagina dedicata https://www.cnj.it/documentazione/varie_storia/prebilovci.htm :
• Link e documenti utili
• Michael E. Jones: IL FANTASMA DI ŠURMANCI: REGINA DELLA PACE, PULIZIA ETNICA, VITE DISTRUTTE
• James Martinez: LA REGINA DEI PROFITTI (2000) 
• INTERVISTA a E. Michael Jones, autore di due libri sulle apparizioni della Madonna a Međugorje (marzo 2008)
• Giancarlo Bocchi: MEDJUGORJE, LA FABBRICA DELLE APPARIZIONI
• News
 
 
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«A Fiumicino con mister X? Nessun segreto: è solo un manager»

Tiziano Renzi: «Ho visto Comparetto della Fulmine, un’azienda di spedizioni. Altro che uomo del mistero!». La messa a Rignano sull’Arno e la riunione al circolo dem. «Dimettermi dalla carica nel Pd? Non vedo perché, il partito è garantista»

di Virginia Piccolillo, 5 marzo 2017
 
Scende dalla Touran nera respingendo con durezza l’agguato delle telecamere: «Voglio solo essere lasciato in pace! Questo è stalking». Agguanta una 48 ore nera dal bagagliaio e poi entra nella Pieve di San Leolino respingendo le domande: «State violentando la mia vita privata». In chiesa si siede come al solito all’organo, tira fuori dalla valigetta gli spartiti e, dopo aver duettato con un flauto, intona: «Perdonami Signore, ho molto peccato». (...)
 
Ci parli dei suoi viaggi a Medjugorje che condivide con il suo amico Carlo Russo.

«Ecco lo vede. Mi dica un po’ lei se è normale? Poi dice: “Oh perché tu t’infuri?”». 

Le sto facendo una domanda. Di Medjugorje lei dice di aver parlato al manager di Consip, Luigi Marroni, nel suo incontro a Santo Spirito. 

«Io a Medjugorje lo sa da quando ci vado? Dal ‘93». 

Durante la guerra in Jugoslavia? 

«Sì. Partivamo da Rignano e portavamo aiuti alla povera gente. Ma guai a chiamarla Jugoslavia. È un posto che ho proprio nel cuore. Ma che ne sapete voi?».
Ma questa storia della statua della Madonna che ha chiesto a Marroni di mettere all’Ospedale Meyer ce la spiega? E poi all’ospedale c’è stata messa davvero?

«Questo non glielo posso dire perché c’è l’indagine». (...)
 
 
 
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Medjugorie, il vescovo di Mostar: la Madonna non è mai apparsa
 
di Franca Giansoldati, 28 Febbraio 2017

Città del Vaticano - Le apparizioni della Madonna di Medjugorie sono una fiction, una gigantesca truffa collettiva, oppure sono davvero frutto di un fenomeno soprannaturale e inspiegabile? Il vescovo di Mostar, Ratko Peric, sul sito della diocesi, ha pubblicato una lunga riflessione dalla quale emerge di avere pochi dubbi: «Sebbene si sia detto che le apparizioni dei primi giorni potrebbero essere ritenute autentiche e che poi sarebbe sopraggiunta una sovrastruttura per altri motivi, in prevalenza non religiosi, questa Curia ha promosso la verità anche riguardo a questi primi giorni». Insomma, tolto l’inizio del fenomeno, quando i bambini raccontavano le visioni e Medjugorie era un paesino sperduto su una collina brulla, tutto il resto è da prendere con le pinze.
L’intervento del vescovo di Mostar è stato pubblicato alla vigilia dell’arrivo nella cittadina bosniaca dell’inviato del Papa, il vescovo polacco scelto per mettere ordine nel ginepraio economico del santuario dove oggi tutto appare come un grande business, gli alberghi, i ristoranti, gli shop, i souvenir. Peric racconta che dopo aver trascritto dai registratori le audiocassette contenenti i colloqui avvenuti, nella prima settimana delle apparizioni (1982) nell'ufficio parrocchiale di Medjugorje, tra il personale pastorale e i ragazzi e le ragazze (che avevano affermato di aver visto la Madonna, «con piena convinzione e responsabilità») ha illustrato i motivi per cui «appare evidente la non autenticità dei presunti fenomeni. Se la vera Madonna, Madre di Gesù, non è apparsa – come infatti non è – allora a tutto sono da applicare le seguenti formule: sedicenti veggenti, presunti messaggi, pretes” segno visibile e cosiddetti segreti».
«Nel corso del mio ministero episcopale, prima da coadiutore (1992/93) e poi da ordinario, con prediche e pubblicazioni di libri (Sedes Sapientiae 1995, Speculum iustitiae 2001, La Madre di Gesù 2015) e di una cinquantina di articoli mariani e mariologici, ho cercato di presentare il ruolo della Beata Vergine Maria nell'incarnazione ed opera del Figlio di Dio e suo Figlio, e la sua intercessione per tutta la Chiesa, di cui lei è Madre secondo la grazia. Nello stesso tempo ho rilevato, come fu fatto anche dal mio predecessore, il vescovo Pavao Žanić, la non autenticità delle apparizioni, che finora hanno raggiunto la cifra di 47.000. Questa Curia ha cercato sempre di informarne la Santa Sede, in particolare i Sommi Pontefici San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Qui riportiamo succintamente una serie di punti inerenti ai primi giorni delle „apparizioni“, per cui siamo profondamente convinti di quanto detto».
Una figura ambigua. La figura femminile che sarebbe apparsa a Medjugorje secondo il vescovo di Mostar si comporta «in modo del tutto diverso dalla vera Madonna, Madre di Dio, nelle apparizioni riconosciute finora come autentiche dalla Chiesa: di solito non parla per prima; ride in maniera strana; a certe domande scompare e poi di nuovo ritorna; obbedisce ai veggenti e al parroco che la fanno scendere dal colle in chiesa sebbene controvoglia. Non sa con sicurezza per quanto tempo apparirà; permette ad alcuni presenti di calpestare il suo velo steso per terra, di toccare la sua veste e il suo corpo. Questa non è la Madonna evangelica».

 
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IN ENGLISH: THE FIRST SEVEN DAYS OF THE “APPARITIONS” IN MEDJUGORJE
 
 
MEĐUGORSKA „UKAZANJA“ U PRVIH SEDAM DANA
VIJESTI 28. February 2017.
 

Budući da „Crkva Boga živoga“ jest „stup i uporište istine” (1 Tim 3,15), sva dosadašnja istraživanja „međugorskog fenomena” išla su za tim da se ustanovi istina: jesu li ukazanja vjerodostojna ili nevjerodostojna? Constat vel non de supernaturalitate? Tomu je služila prva dijecezanska komisija u Mostaru: 1982.–1984., proširena komisija: 1984.-1986., komisija Biskupske konferencije u Zagrebu: 1987.–1990., komisija Kongregacije za nauk vjere u Vatikanu: 2010.-2014. te vrjednovanje same Kongregacije: 2014.–2016., kako je bio odredio papa Benedikt XVI. A sve se našlo u rukama Svetog Oca Pape Franje.

Stajalište ovog Ordinarijata kroz sve ovo vrijeme bilo je jasno i odlučno: nije riječ o vjerodostojnim ukazanjima Blažene Djevice Marije.

Iako je bilo ponekad govora o tome da bi se ukazanja prvih dana mogla smatrati istinitima, a potom je nadošla „nadgradnja“ drugih, ponajviše nereligioznih elemenata, ovaj je Ordinarijat promicao istinu i s obzirom na te prve dane. Nakon što su presnimljene i prepisane audiokasete koje sadržavaju razgovore pastoralnog osoblja u župnom uredu u Međugorju, u prvih tjedan dana, s dječacima i djevojčicama koji su tvrdili da im se ukazala Gospa, s uvjerenjem i odgovornošću iznosimo razloge i zaključke o nevjerodostojnosti navodnih ukazanja. A ako se prava Gospa, Isusova Majka, nije ukazala – kao što nije – onda su sve to samozvani vidioci, tobožnje poruke, tzv. vidljivi znak i navodne tajne.

U vrijeme svoje biskupske službe, najprije koadjutorske (1992./93.) potom ordinarijske, svojim propovijedanjem, objavljivanjem knjiga (Prijestolje mudrosti 1995., Ogledalo pravde 2001., Isusova majka 2015.) te još pedesetak marijanskih i marioloških članaka, nastojao sam obrazlagati ulogu Blažene Djevice Marije u utjelovljenju i djelu Sina Božjega i Sina njezina, i njezin providnosni zagovor cijele Crkve kojoj je ona Majka po milosti. U isto doba isticao sam, na liniji svoga prethodnika sretne uspomene biskupa Pavla Žanića, nevjerodostojnost međugorskih ukazanja koja su do sada dosegnula brojku od 47 tisuća. Ovaj je Ordinarijat uvijek nastojao o tome izvješćivati Svetu Stolicu, napose Vrhovne svećenike: svetoga Ivana Pavla II., Benedikta XVI. i Franju. Ovdje sažeto donosimo niz točaka iz tih prvih dana „ukazanja“, koje nas u tu nevjerodostojnost duboko uvjeravaju.

Dvoznačna pojava. Ukazana žena, koja se navodno pojavila u Međugorju, ponaša se sasvim drugačije od istinske Gospe, Majke Božje, u ukazanjima koja je Crkva do sada priznala autentičnima. Redovito ne govori prva; čudno se smije; nakon određenih pitanja nestaje, zatim se ponovo vraća; pokorava se „vidiocima” i župniku da s brda siđe u crkvu, iako nevoljko. Nije sigurna koliko će se vremena ukazivati; dopušta nekima nazočnima da joj gaze po velu koji se vuče po zemlji, dopušta da joj se dodiruje odjeća i tijelo. Takva doista nije evanđeoska Gospa!

Čudan trepet. Jedan od „vidjelaca“, Ivan Dragićević, u razgovoru s kapelanom fra Zrinkom Čuvalom (1936.-1991.) kaže da je primijetio, prvoga dana, „trepet“ na rukama pojave.[1] Kakav „trepet“? Takva primjedba može pobuditi ne samo jaku sumnju nego i duboko uvjerenje da to nije autentično ukazanje Blažene Djevice Marije, iako se tako, navodno, predstavlja već četvrtoga dana.[2]

Obljetnica neistinita. Navodna su ukazanja započela 24. lipnja 1981. Međutim, režiseri „međugorskoga fenomena” odlučili su da se obljetnica ne slavi 24. nego 25. lipnja. Razlog takva izbora jest u tome što je 25. lipnja 1981. bilo, navodno, zajedno na „ukazanju” sve šestero „vidjelaca” probranih od više njih koji su se tih dana hvalili da su imali „ukazanja“. Pravu istinu, opovrgavajući ovu verziju Vicke Ivanković, kaže sam Ivan Dragićević, koji tvrdi: „Prvu sam večer bio s njima, drugu nisam“.[3] Od šestero uobičajenih „vidjelaca“, osim Marije Pavlović, i Jakov je Čolo prvi put bio na „ukazanju“ tek drugoga dana.[4] Prema tomu nadnevak je obljetnice proizvoljan, netočan, krivotvoren.

Ne/vidljivo dijete. Figura, koja se navodno ukazuje kao žena ima različite opise: neke „vidjelice“ vidjele su kao neko dijete prekriveno na rukama žene: Vicka i Ivanka Ivanković, [5] Mirjana Dragićević, [6] Ivanka to ponovo potvrđuje. [7] Ivan, međutim, izričito niječe da je vidio dijete, dok je, naprotiv, lako mogao vidjeti iz daljine „oči“ i „trepavice“ ženskoga lika.[8]

Varljivi znak. „Vidioci“ su od početka, od drugoga dana, tražili od svoje pojave neki „znak“ kao dokaz o vjerodostojnu ukazanju. Prema Ivanki, pojava je dala „znak“ o okrenutosti sata na Mirjaninoj ruci: „skroz se sat okrenuo“; „I ona je na satu ostavila znak“! [9] Više nego smiješno i čudovišno!

Ali redovito se događa da se, na vrlo čest zahtjev vidljiva znaka, svima pojava samo nasmiješi i nestane. [10] A ponekad se odmah vrati. U jednom trenutku upada vjernik imenom Marinko, koji vodi „vidioce“, sugerirajući im: ako „Gospa“ ne može dati znaka, „neka pita Isusa da joj pomogne“.[11]

Ivanka je sigurna da će pojava ostaviti znak na brdu, možda u obliku vode.[12] Čeka se skoro četiri desetljeća, nema nikakva znaka, ni vode, sve sama izmišljotina!

Neprotumačiva šutnja. U prvih sedam dana pojava ne poduzima nikakve inicijative, ne počinje govoriti prva.[13]Na pitanja „vidjelaca“ odgovara općenito, radije dvosmisleno, kimajući glavom,[14] odgađajući u budućnost, obećavajući čudo ozdravljenja i ostavljajući poruku svijetu: „Neka narod čvrsto vjeruje kao da me vidi“. I franjevcima: „Nek čvrsto vjeruju“ [tj. da se ukazala].[15]

Čudne poruke. Prvih dana, prema snimljenim razgovorima, ne vidi se nikakva svrha takozvanih ukazanja, ne opravdava se pojava, ne daje se nikakva posebna poruka ni za „vidioce“, ni za franjevce, osim da vjeruju da se „ukazala“, ni za vjernike župe, ni za svijet. A privatne su „poruke“ ove vrste:

Ivanki njezina majka, koja je umrla dva mjeseca prije toga, šalje poruku: „Slušajte babu jer je stara“.

Mirjani pojava kaže da je njezin pokojni „dedo dobro“, i da „ode na groblje“.

Ivanka je čula od pojave motiv "ukazanja" u Međugorju: „Zato što ima puno vjernika“.

Vicka je čula da je pojava došla da se „narod pomiri“.[16]

Ivan je čuo poruku: „Vi ste najveći vjernici“.[17]

Jakov jednostavno kaže: „Ovako, kad ja postavim pitanje, ja u sebi mislim da će mi ona tako reć i ona mi rekne tako”.[18] Sve sami umišljaj i izmišljaj!

Lažna proročanstva o lažnim ukazanjima. Na Ivankino pitanje koliko će dugo još ostati i ukazivati se, pojava odgovara: „Koliko god vi hoćete, koliko god vi želite“.[19]

Mirjana kaže da će pitati pojavu koliko će se dana još ukazivati i onda dodaje kako joj iz nje neki glas govori da će se još ukazivati „2-3 dana“. To ponavlja još jednom.[20]

Na pitanje župnika o. Zovke kada će prestati „ukazanja“, Vicka odgovara: „Ja mislim isto kad bi mi rekli da nećemo više dolazit, a da nam ostavi tačno neki znak, sigurno da bi prestalo”.[21] Znači li to: budući da tražena „znaka“ nema već 37 godina, zato „ukazanja“ ne prestaju!

Potom kategorična izjava pojave koja se „ukazala“ ne u Međugorju nego u susjednom Cernu, u utorak popodne, 30. lipnja 1981., da će se ukazivati još samo „tri dana“: 1., 2. i 3. srpnja 1981. U stvari, na pitanje župnikovo, koliko će se vremena još ukazivati, sve petero „vidjelaca“, osim Ivana, odgovaraju jednoglasno: „Tri dana“.22

Zatim pojava mijenja ideju i „ukazuje“ se već 37 uzastopnih godina svaki dan trima „vidiocima“ u skupini: Ivanu, Mariji i Vicki, a drugima troma jednom godišnje: Mirjani od 1982. godine, Ivanki od 1985. i Jakovu od 1998. Osim toga, dvoma spomenutih iz skupine pojava se „ukazuje“ jednom mjesečno od 2007. s „porukama“ svijetu: Mirjani točno 2. i Mariji 25. svakoga u mjesecu.

Različite haljine. Iz razgovora s „vidiocima“ pojava se oblači na razne načine. Ona je imala haljinu -

prema Ivanu: „plave boje“ prvoga dana; [23]

prema Ivanki: „kafe boje“ drugoga dana; [24]

prema ostalim „vidiocima“ – „sive boje“: Jakov,[25] Mirjana,[26] Ivanka šestoga dana.[27]

Više nervoza nego mir. Vidi se neka napeta nervoza u padanju „u nesvijest“ i na zemlju triju „vidjelica“, trećega dana, 26. lipnja: Ivanke, Mirjane i Vicke. „One su padale u nesvijest, meni ništa”, hrabri se Marija.[28] Vicka: „Velečasni, ja došla gore, donila one kršćene soli i vode. I velim ja: ako ne bude Gospa, otić će. Poškropit ćemo i da vidimo. Stvarno vidit ćemo. Došla ja: „U ime Oca i Sina i Duha Svetog. Amen. Ako si Gospa, ostani među nama; ako nisi, iđi!’“[29] Uporno traženje vidljiva „znaka” za ljude da im vjeruju. U većini razgovora spominje se znak, [30] i vidljivo je da su „vidioci“ nervozni jer nemaju vidljiva znaka.

Škandalozni dodiri. Nešto vrlo neobično i ozbiljno: pojava dopušta da joj neki iz mnoštva gaze ne samo njezin veo koji se proteže do zemlje, [31] nego i da joj dodiruju tijelo. Vicka je već dotiče drugi dan. „I kad je dirneš, velečasni, ovako, prsti odskoče“.[32] Isto ponavlja Ivanka i dodaje da, dodirujući njezino tijelo, osjeća kao da je „vazduh, nekako kao svila, sve nam se odmiču prsti ovako, kad je diramo, sve se prsti odmiču”.[33] Dali su i jednoj doktorici da se dotakne te pojave: „I, eto, ona je dirnila njenu haljinu”.[34] Takve priče o dodirivanju navodna Gospina tijela, njezine haljine i gaženja njezina vela stvaraju u nama i osjećaj i uvjerenje da se radi o nečem nedostojnom, nevjerodostojnom i škandaloznom. Samo možemo reći: To nije katolička Gospa!

Namjerne manipulacije. Sugovornik „vidjelaca“, fra Jozo Zovko, župnik, nervozan je

jer ukazana pojava ne šalje konkretne poruke za svijet i za franjevce;

jer s brda ne silazi u crkvu, gdje se nalazi njezin kip;

štoviše, pita može li se Gospu „obvezat” – doslovno tako! – da siđe i ukaže se u crkvi. O. Zovko: „Ali ovo me zanima, Mirjana, ako se Gospa ne pokaže u crkvi, možete li vi nju obvezat da ona se u crkvi pokaže, možda može, je li, šta misliš to?” Mirjana: „Ne znam. Nismo o tome razmišljali uopće”. O. Zovko ponavlja: „Ja mislim da bi mogla obvezati: ‘Gospe, tražim da mi se ukažeš u crkvi', šta misliš?” A onda Mirjana popušta i misli da bi „bilo isto bolje jer onda nas ne bi ni milicija ova tražila…”.[35] I tako se manipulacijski „ukazanja” premještaju u crkvu 1. srpnja 1981. Takvo „obvezivanje“ navodne Gospe da siđe i „ukazuje se“ u crkvi jest magična igra, a ne Kristovo Evanđelje!

Zaključak. Nakon komisijskih radova o „međugorskom fenomenu” u Mostaru slijedila je izjava biskupa Pavla Žanića u Međugorju, 25. srpnja 1987. Smisao biskupove izjave jest da je posve jasno da se u Međugorju ne radi o nadnaravnim pojavama i objavama. A nakon komisijskoga rada u Zagrebu, izjavu je dala i tadašnja Biskupska konferencija, u Zadru, 10. travnja 1991. Ona kaže: na temelju dotadašnjega istraživanja ne može se ustvrditi da se radi o nadnaravnim ukazanjima i objavama.

Imajući u vidu sve što je ovaj Biskupski ordinarijat do sada istraživao i proučavao, uključujući prouku prvih sedam dana navodnih ukazanja, može se mirno ustvrditi: Gospa se u Međugorju nije ukazala! To je istina koje se držimo, i vjerujemo Isusovoj riječi da će nas „istina osloboditi“ (Iv 8,32).

+Ratko Perić, biskup

 

[1] Kaseta 2 – razgovor: o. Zrinko Čuvalo – Ivan Dragićević, subota popodne, 27. VI. 1981.

[2] Kaseta 7 – razgovor o. Jozo Zovko – Mirjana Dragićević, nedjelja prije podne, 28. VI. 81.

[3] Kaseta 2 – razgovor: o. Zrinko Čuvalo – Ivan Dragićević, subota popodne, 27. VI. 1981.

[4] Kaseta 1 – razgovor o. Zrinko Čuvalo – Ivanka i Vicka Ivanković i Marija Pavlović, subota prije podne, 27. VI. 1981.

[5] Kaseta 1 – razgovor o. Zrinko Čuvalo – Ivanka i Vicka Ivanković i Marija Pavlović, subota prije podne, 27. VI. 1981.

[6] Kaseta 6 – razgovor o. Jozo Zovko – Mirjana Dragićević, subota popodne, 27. VI. 1981.

[7] Kaseta 11 – razgovor o. Jozo Zovko – Ivanka Ivanković, nedjelja navečer, 28. VI. 1981.

[8] Kaseta 2 – razgovor: o. Zrinko Čuvalo – Ivan Dragićević, subota popodne, 27. VI. 1981.

[9] Kaseta 1 – razgovor o. Zrinko Čuvalo – Ivanka i Vicka Ivanković i Marija Pavlović, subota prije podne, 27. VI. 1981.

[10] Kaseta 10 – razgovor: o. Jozo Zovko – Mirjana Dragićević, nedjelja navečer, 28. VI. 1981.

[11] Kaseta 13 – razgovor o. Jozo Zovko – Ivanka Ivanković, utorak prije podne, 30. VI. 1981.

[12] Kaseta 13 – razgovor o. Jozo Zovko – Ivanka Ivanković, utorak prije podne, 30. VI. 1981.

[13] Kaseta 13 – razgovor o. Jozo Zovko – Ivanka Ivanković, utorak prije podne, 30. VI. 81.

[14] Kaseta 1 – razgovor o. Zrinko Čuvalo – Ivanka i Vicka Ivanković i Marija Pavlović, subota prije podne, 27. VI. 1981.

[15] Kaseta 11 – razgovor o. Jozo Zovko – Ivanka Ivanković, nedjelja navečer, 28. VI. 1981.

[16] Kaseta 1 – svi navedeni citati iz kasete 1 – razgovor o. Zrinko Čuvalo – Ivanka i Vicka Ivanković i Marija Pavlović, subota prije podne, 27. VI. 1981.

[17] Kaseta 2 – razgovor: o. Zrinko Čuvalo – Ivan Dragićević, subota popodne, 27. VI. 1981.

[18] Kaseta 16 – razgovor o. Jozo Zovko – petero „vidjelaca”, utorak navečer, 30. VI. 1981.

[19] Kaseta 13. razgovor o. Jozo Zovko – Ivanka Ivanković, utorak prije podne, 30. VI. 1981.

[20] Kaseta 14 – razgovor o. Jozo Zovko – Mirjana Dragićević, utorak prije podne, 30. VI. 1981.

[21] Kaseta 15 – razgovor o. Jozo Zovko – Vicka Ivanković, utorak prije podne, 30. VI. 1981.

[22] Kaseta 16 – razgovor o. Jozo Zovko – petero „vidjelaca”, utorak navečer, 30. VI. 1981.

[23] Kaseta 2 – razgovor: o. Zrinko Čuvalo – Ivan Dragićević, subota popodne, 27. VI. 1981.

[24] Kaseta 1 – razgovor o. Zrinko Čuvalo – Ivanka i Vicka Ivanković i Marija Pavlović, subota prije podne, 27. VI. 1981.

[25] Kaseta 5 – razgovor o. Jozo Zovko – Jakov Čolo, subota popodne, 27. VI. 1981.

[26] Kaseta 6 – razgovor o. Jozo Zovko – Mirjana Dragićević, subota popodne, 27. VI. 1981. Također

kaseta 8 – razgovor o. Jozo Zovko – Jakov Čolo, nedjelja prije podne, 28. VI. 1981.

[27] Kaseta 11 – razgovor o. Jozo Zovko – Ivanka Ivanković, nedjelja navečer, 28. VI. 1981.

[28] Kaseta 1 – razgovor o. Zrinko Čuvalo – Ivanka i Vicka Ivanković i Marija Pavlović, subota prije podne, 27. VI. 1981.

[29] Kaseta 1 – razgovor o. Zrinko Čuvalo – Ivanka i Vicka Ivanković i Marija Pavlović, subota prije podne, 27. VI. 1981.

[30] Kaseta 1, 2, 5, 6, 7, 9, 10, 11, 14, 15, 16.

[31] Kaseta 7 – razgovor o. Jozo Zovko – Mirjana Dragićević, nedjelja prije podne, 28. VI. 1981.

[32] Kaseta 1 – razgovor o. Zrinko Čuvalo – Ivanka i Vicka Ivanković i Marija Pavlović subota prije podne, 27. VI. 1981.

[33] Kaseta 11 – razgovor o. Jozo Zovko – Ivanka Ivanković, nedjelja večer, 28. VI. 1981.

[34] Kaseta 13 – razgovor o. Jozo Zovko – Ivanka Ivanković, utorak prije podne, 30. VI. 1981.

[35] Kaseta 14 – razgovor o. Jozo Zovko – Mirjana Dragićević, utorak prije podne, 30. VI. 1981.

 

[[ https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8670 ]]


Kosovo: "Non pensavamo che tornassero terroristi..."

1) Kosovo, Vicepresidente a parlamentari italiani: "Non pensavamo che i nostri volontari mandati in Siria contro Assad tornassero terroristi"
Intervista a Emanuele Scagliusi (M5S) di ritorno da una missione della Commissione Affari esteri della Camera in Kosovo, 23/02/2017
2) Le bandiere dell'Isis nei villaggi dell'Albania. "Una polveriera per la Puglia" (La Repubblica Bari, 7.1.2017)
3) Lo Stato Islamico alle porte di casa. Nei Balcani crescono i network jihadisti (Sergio Cararo, 9 agosto 2016)


À lire aussi: GUERRE EN SYRIE : QUI ÉTAIT RIDVAN HAQIFI, LE CHEF DES COMBATTANTS KOSOVARS DE L’ÉTAT ISLAMIQUE ?
(Radio Slobodna Evropa | Traduit par Chloé Billon | lundi 20 février 2017)
Connu pour ses vidéos de propagande où il prédisait des « jours sombres » aux Balkans, le chef des combattants kosovars de l’État islamique, l’ancien imam de Gnjilan, Ridvan Haqifi, aurait été abattu en Syrie...


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23/02/2017

Kosovo, Vicepresidente a delegazione di parlamentari italiani: "Non pensavamo che i nostri volontari mandati in Siria contro Assad tornassero terroristi"


Come AntiDiplomatico abbiamo intervistato Emanuele Scagliusi (M5S) di ritorno da una missione della Commissione Affari esteri della Camera in Kosovo.


“Almeno cinque campi, di cui - se non tutto - l’impressione è che si sappia molto. Se la presenza di cellule fondamentaliste nell’area dei Balcani è cosa nota (due anni fa l’Espresso ne aveva censite una ventina in tutta la regione), adesso arriva la conferma dell’esistenza di un livello superiore. Prevedibile, per alcuni versi, ma finora mai resa nota più o meno ufficialmente: la presenza di campi di addestramento dell'Isis in Kosovo”. Iniziava così un articolo de l’Espresso che riportava la notizia dei cambi dell’Isis nello stato esperimento della NATO che come AntiDiplomatico avevamo anticipato di settimane.
 
Inquieta ancora di più pensare ai campi di addestramento in Kosovo alla luce di questa dichiarazione del vice Presidente del Parlamento kosovoro Xhavit Haliti rilasciata questa settimana: “Noi abbiamo semplicemente inviato dei volontari a combattere contro Assad in Siria, non credevamo che sarebbero tornati terroristi islamici". Inquietano, per il ruolo dell’Unione Europea e della Nato, queste "illuminanti" dichiarazioni di Haliti rilasciate ad una delegazione della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, nella quale era presente anche il deputato del Movimento Cinque Stelle Emanuele Scagliusi. Come AntiDiplomatico abbiamo avuto la possibilità di rivolgergli alcune domande.
 

ll Kosovar Center for Security Studies (Kcss) stima che il Kosovo sia oggi il principale serbatoio europeo pro-capite di foreign fighter dello Stato Islamico. La diffusione dell’Islam radicale si è spesso materializzata nella costruzione, attraverso grandi finanziamenti sauditi, di centinaia di moschee wahabite e nella distruzione di altrettante chiese cristiane e monasteri. Tutto il territorio kosovaro pullula da anni di imam radicali che predicano la guerra santa e operano come reclutatori nelle centinaia di moschee finanziate dalle monarchie arabe. Com’è possibile che tutto questo accada sotto gli occhi dell’apparato militare e di intelligence Nato e Ue che opera in Kosovo?
 
Nella mia recente visita in Kosovo abbiamo avuto una serie di incontri bilaterali con il Presidente dell’Assemblea della Repubblica del Kosovo, Kadri Veseli, con il Vice presidente dell’Assemblea, Xhavit Haliti e con la neoeletta Ministra per l’integrazione europea, Mimosa Ahmetaj.  Sono rimasto colpito dalla naturalezza con la quale il vicepresidente del Parlamento kossovaro ci ha raccontato il problema legato ai foreign fighters. “Noi abbiamo semplicemente inviato dei volontari a combattere contro Assad in Siria, non credevamo che sarebbero tornati terroristi islamici". Una frase inquietante che lascia ben intendere l'emergenza legata al terrorismo che sta vivendo il Kosovo. Un problema, quello dei foreign fighters, che rischia di diventare un'altra delle emergenze di questo Paese dove negli ultimi anni sono aumentate le moschee wahabite ed i centri in cui il fenomeno della radicalizzazione islamica aumenta, grazie ai finanziamenti che arrivano dai Paesi del Golfo e della Turchia.

Che ruolo giocano le Monarchie del Golfo in questo processo in corso nel Kosovo?
 
L’Arabia saudita, alleato Usa e Ue, è il più grande acquirente dell’equipaggiamento militare dei paesi balcanici. L’Arabia Saudita sostiene le forze jihadiste in Siria.
Credo che il cerchio si chiuda.
Un recente studio pubblicato dal BIRN (Balkan Investigative Reporting Network) sostiene che dal 2012, anno dell’inasprimento delle “primavere arabe”, ad oggi, ai paesi dei Balcani sono state comprate armi per un valore di 1.2 miliardi di euro da Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi Uniti e Turchia, molte delle quali smistate per poi essere usate nel conflitto siriano e in quello yemenita. I leader europei hanno fatto di tutto negli ultimi anni per tentare di bloccare la strada percorsa dai migranti che tentavano di raggiungere l’Europa passando per i paesi mentre non si sono preoccupati di mobilitarsi per fermare il commercio di armi che segue la medesima rotta balcanica che percorrono i migranti (con l’unica differenza che viene percorsa nella direzione opposta).
 
 
La crescente partecipazione di membri radicali tra le fila dello Stato Islamico e la posizione di hub strategico nel cuore dell’Europa sollevano seri elementi di criticità legati al ritorno dei combattenti in patria. “Questa situazione è potuta maturare nonostante le missioni internazionali presenti sul territorio, perché da tempo l’Europa e la Nato si disinteressano al Kosovo, e ai Balcani in generale, nonostante questa evoluzione fosse chiara da anni”. Sono parole del Generale Fabio Mini, ex comandante della missione Nato in Kosovo. Come procede il lavoro del contingente italiano in Kosovo?
 
Nella nostra missione, abbiamo visitato il contingente italiano presso la KFOR e la base dei Carabinieri della Multinational Special Unit (MSU). 
Con loro, abbiamo potuto visitare il Ponte di Mitrovica, uno dei luoghi simbolo del conflitto del ‘99 e teatro dei più recenti scontri connessi dalle perduranti tensioni interetniche tra minoranza serba e maggioranza di albanese. Attraversandolo, ho subito percepito, nonostante siano passati 18 anni, quali siano gli sconvolgimenti che le missioni "umanitarie" portano in paesi che con difficoltà nel corso della loro storia avevano raggiunto il loro precario equilibrio tra le diverse etnie, religioni e ideologie politiche.
Ricordo ancora le bombe del Governo D'Alema, spacciate per intervento militare in difesa dei diritti umani, che in verità hanno contribuito a rimescolare le tessere del puzzle balcanico. Tessere che faticosamente si cerca di rimettere in ordine.

Il Kosovo vuole entrare nell’Unione Europea. Secondo lei sono pronti?
 
Adesso il Kosovo, come un po' tutti i Paesi balcanici, ambisce ad entrare nell'Unione Europea e, dai discorsi che ho sentito dai loro parlamentari e rappresentanti di Governo, mi sembrava di essere tornato indietro di qualche decina di anni quando l'allora presidente del consiglio Prodi annunciava: "con l'euro lavoreremo un giorno in meno guadagnando come se avessimo lavorato un giorno in più". Previsione rivelatasi drammaticamente sbagliata. 
Il Kosovo rischia di cadere in una simile illusione. Per questo, in tutti gli incontri bilaterali avuti, ho illustrato loro la posizione del M5S su tutto quello che a nostro avviso va rivisto immediatamente in Europa: dalla moneta unica alla gestione dei profughi, dal mercato del lavoro a quello delle merci. Una serie di temi che prevedono nella nostra agenda politica una rivisitazione del principale trattati della UE. "O l'Europa cambia o muore".


=== 2 ===


Terrorismo, le bandiere dell'Isis nei villaggi dell'Albania. "Una polveriera per la Puglia"

I fenomeni di radicalizzazione oltre l'Adriatico preoccupano l'intelligence italiana: sul territorio pugliese ci sono comunità originarie dei villaggi su cui sventolano le bandiere del Califfato

di GIULIANO FOSCHINI

7 gennaio 2017

È dal mare Adriatico che arriva oggi uno dei principali allarmi per il terrorismo in Italia. E la Puglia è frontiera di questo rischio. Nulla c'entrano i flussi migratori. L'allerta non riguarda né i barconi di disperati che attraccano per lo più sulle coste del Salento né le migliaia di richiedenti asilo che, in attesa del permesso di soggiorno, vengono portati nei Cara di Bari e Foggia o nell'hotspot di Taranto.

L'allarme arriva dall'Albania. Dove i nostri servizi di intelligence, così come quelli della maggior parte dei Paesi occidentali, hanno lanciato l'allerta radicalizzazione: in alcuni villaggi, e in particolare quelli ai confini del Kosovo, da tempo sventola la bandiera nera dell'Isis. E sono sempre più i casi di radicalizzazione. "Sta diventando una polveriera" ragiona una qualificata fonte investigativa italiana. "E in questo senso l'Italia diventa un paese esposto. E la Puglia in particolare". Questo per via della vicinanza geografica, della presenza di comunità fortemente radicate e per quegli stretti collegamenti tra criminalità organizzata e traffico internazionale di stupefacenti.

Il caso Albania. Sin dalla nascita dello Stato islamico un numero importante di foreign fighter è partito dai Balcani occidentali, e dall'Albania soprattutto. Se ne stimano mille almeno. Negli ultimi 12 mesi, però, il flusso si è notevolmente ridotto. Non è un caso: la perdita di terreno in Siria ha spinto l'Isis a bloccare i viaggi di chi si vuole arruolare per spostare, appunto, il conflitto in Occidente. Non a caso le intelligence europee segnalano una radicalizzazione sempre più profonda proprio in questi mesi. Un allarme che in un certo modo le autorità albanesi stanno cercando di fronteggiare.

Nove persone sono state condannate per reclutamento, si sta cercando di fare un lavoro sulle moschee seppur 89 sembrano essere completamente fuori controllo. I servizi albanesi hanno segnalato come "fortemente pericolosi" una decina di imam, due dei quali sono però in carcere. Il più pericoloso di loro, Almir Daci, dovrebbe essere morto ad aprile scorso in Siria: è lui che da Leshnica, la città nel sud-est dell'Albania dove reggeva la moschea che ha radicalizzato centinaia di uomini. I ragazzi di Leshnica, Zagorcan e Rremeni sono quelli che ora fanno tremare l'Europa.

La rete pugliese. Non sono città qualsiasi. In Italia vivono da tempo comunità originarie di quelle zone. In particolare in Puglia, con concentrazioni in Salento e in un comune della provincia barese. Un ragazzo di quelle zone, Ervis Alinj, si era trasferito in Puglia piccolo per poi ritornare a casa con i genitori in Albania. Qui si è radicalizzato e poco meno di due anni fa è morto mentre combatteva in Siria. Vengono dal sud-est albanese esponenti di spicco anche della malavita organizzata pugliese, che vivono da anni nel barese e sono attivi in particolare nel traffico di stupefacenti e in quello di armi.

Un fattore questo che rende ancora potenzialmente più pericolosa la situazione, in quanto legherebbe la criminalità organizzata con le organizzazioni terroristiche. Non a caso, sulla cellula albanese da tempo lavora la Dda di Bari. Un fascicolo è stato aperto dopo la strage di Nizza ma fin qui, più che una reale pista investigativa, si è trattato di una suggestione. Chokri Chaffroud, il complice di Mohamed Bouhlel, lo stragista di Nizza aveva vissuto per anni a Gravina, dove vive una delle comunità albanesi più importanti e, indagini alla mano, con più affari criminali. Ed erano proprio albanesi due presunti complici di Bouhlel, arrestati dopo la strage sulla Promenade con l'accusa di avergli offerto un supporto logistico per compiere l'attentato.

La prevenzione. Chiaro il rischio, in questi mesi si stanno prendendo tutte le contromisure affinché il pericolo resti potenziale. La Dna, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha sottoscritto in estate un protocollo con i colleghi serbi che serve proprio a mettere in rete le informazioni. In questo senso il porto di Bari, considerato hub per il passaggio, è in grado di offrire un supporto fondamentale: ha un sistema informatico di registrazione dei passeggeri che consente di verificare alle forze di polizia in tempo reale chi, quando e soprattutto accompagnato da chi ha viaggiato.

Proprio grazie a questo software - unico in Italia - è stato possibile individuare Ahmed Dhamani, uno dei fiancheggiatori di Salah Abdeslam, il terrorista che assaltò Parigi il 13 novembre 2015. Nessuno conosceva il suo nome ma la Digos di Bari scoprì che i due avevano viaggiato insieme da Bari a Patrasso il primo e il 5 agosto, in quel viaggio in Grecia nel quale fu probabilmente organizzata la strage.



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Lo Stato Islamico alle porte di casa. Nei Balcani crescono i network jihadisti


di Sergio Cararo, 9 agosto 2016

Sembrerebbe una legge del contrappasso eppure è lo stesso scenario che si è ripetuto costantemente dall’alleanza con i mojaheddin afgani dal 1980 in poi. Gli Stati Uniti, la Nato e l’Unione Europea hanno disgregato gli stati esistenti – anche con i bombardamenti e le operazioni di regime change – hanno sostenuto militarmente i gruppi islamici e hanno consentito il loro rafforzamento economico e militare in enclavi protette e sostenute dal wahabismo saudita. Ma non è accaduto solo in Medio Oriente, è accaduto anche in Europa nella sua periferia balcanica. Una volta diradata la polvere dei bombardamenti (incluso quelli all’uranio impoverito) sul territorio dei Balcani sono rimaste quasi sempre basi militari Usa (in Kosovo, Croazia, Macedonia) e sono prosperati network legati alla jihad globale, sia di osservanza wahabita (legati all’Arabia Saudita) che di altre correnti (legati alla Turchia). Il risultato è che enclavi dello Stato Islamico sono assai più vicine ai confini europei di quanto la geografia e la cronaca abbiano lasciato intendere fino ad ora.

Sono stati infatti individuati diversi network jihadisti che hanno origine in Kosovo (dove in rapporto alla popolazione si segnala il numero più alto di foreign fighters andati a combattere in Siria e Iraq tra le file dell’Isis), Bosnia e Albania. In questi tre paesi balcanici nei quali la Nato è intervenuta militarmente tra il 1995 e il 1999 a sostegno delle ambizioni islamiche,   si è formata una rete di gruppi islamici radicali, che si ispirano a Lavdrim Muhaxheri, noto come il “’macellaio dei Balcani”, per le sue atroci esecuzioni al servizio del califfo Al-Baghdadi. Tra i cento soggetti  posti all’attenzione dalla polizia in Italia, ci sono persone provenienti da quelle zone: si tratta soprattutto di ex criminali con precedenti per spaccio di droga, tra cui anche donne. Proprio nel dicembre 2015 è stato individuato un gruppo di kosovari, di cui alcuni arrestati, che propagandava la Jihad  e che,  secondo gli investigatori,  aveva collegamenti con gruppi riconducibili a Muhaxheri. Quest’ultimo ha lavorato proprio dentro la base militare Usa in Kosovo, quella di Camp Bondsteel, all’ombra delle quale si segnalano ben cinque campi di addestramento dei miliziani islamici.

Il vero cuore dello Stato Islamico alle porte dell’Europa è proprio il Kosovo, uno stato fantoccio creato dai bombardamenti dalla Nato e riconosciuto come indipendente dalla maggioranza dei paesi europei (tranne la Spagna). Una inchiesta de L’Espresso rivela che Florin Nezir,  l’imam della moschea Sinaan Pasa Camii di Kacanik, è stato sostenuto in questi anni da Ilir Berisha e Jetmir Kycyku,  arrestati per terrorismo in un’operazione dell’ Eulex (la missione europea in Kosovo). Ma il grande sostenitore di Nezir è Lavdrim Muhaxheri, albanese, oggi uno dei capi dello Stato islamico, ex collaboratore della Kfor (la missione Nato in Kosovo dopo la guerra del 1999), famoso per essersi fatto ritrarre mentre decapitava prigionieri in Siria.

Il reclutamento di giovani jihadisti che partono per Siria e Iraq è un fenomeno diffuso in tutta l’area che si è ulteriormente aggravato con il ritorno di gruppi di foreign fighters. Diventati pedine importanti e anelli di congiunzione tra l’Europa e il Medio Oriente.
Da Kacanik sono partiti nel 2014 almeno 7 giovani di età compresa tra i 25 e i 31 anni, per andare in Siria e Iraq come foreign fighters al servizio dell’Isis. Il flusso si è ridotto con la legge sui foreign fighters approvata nel 2014 dal Parlamento di Pristina. Qualche mese fa, un’operazione congiunta di esercito e polizia ha portato all’arresto di cinquanta persone legate all’estremismo islamico e coinvolte nella partenza di combattenti per Siria e Iraq. Gli indagati (dati del 2015) sono 130, di cui un’ottantina  gli arrestati .
Ma non è solo il Kosovo a preoccupare tra i paesi dell’area balcanica: Bosnia, Macedonia, Sangiaccato serbo conoscono situazioni simili. Negli anni ‘90 in queste regioni attraversate dalla secessioni e dalle guerre civili che hanno contrapposto comunità musulmane a comunità ortodosse o cattoliche, è stato imponente l’ingresso in alcune aree di mujaheddin, finanziati dall’Arabia Saudita, ha contribuito a far crescere il numero dei musulmani wahabiti. La Nato, che ha sempre e solo bombardato la Serbia o la Repubblica Sprska in Bosnia, ha chiuso entrambi gli occhi rispetto a questa rilevante infiltrazione di foreign fighters nelle guerre balcaniche. “Due aspetti sono risultati fondamentali per l’espansione del wahabismo nei Balcani” scrive l’inchiesta de L’Espresso, “ la forza della propaganda grazie all’attività di associazioni sul filo della legalità da un lato, e i cospicui finanziamenti dall’altro. Tali correnti integraliste vanno collegate alla guerra del 1992-1995, quando in Bosnia giunsero alcune centinaia di volontari arabi e islamici (secondo altre fonti sono stati migliaia) per combattere a fianco dei musulmani bosniaci, inquadrati nell’esercito governativo”.

A  Bihac, in Bosnia,  c’è una fetta di territorio ormai sfuggito dal controllo statale (debole in un paese di fatto diviso, costruito e per lungo tempo gestito dalla Nato e dall’Unione Europea tramite commissari plenipotenziari), dove la polizia non entra e dove esiste una vera enclave dello Stato islamico. 
Comunità consistenti di musulmani integralisti bosniaci sono sorte in particolare nei villaggi di Bocinja, presso Maglaj, in Bosnia centrale, e Gornja Maoca, presso Brcko, dove periodicamente la polizia effettua blitz e retate di islamisti radicali. Secondo stime non ufficiali, sarebbero almeno 150 gli jihadisti partiti dalla Bosnia per combattere in Siria e Iraq, 50 sono rientrati in Bosnia e una ventina di loro finora sarebbero stati uccisi.
Gli anni della ricostruzione post guerra sono stati caratterizzati dall’arrivo di numerose organizzazioni umanitarie patrocinate da Paesi islamici: Alto Comitato saudita, Fondazione Al-Haramain, Società per la rinascita del patrimonio islamico.

In alcune zone della Bosnia come a Bihac, Teslic, Zeppe, Zenicae Gornja Maoca sono ormai presenti delle sacche wahabite dove si seguono alla lettera gli insegnamenti di Abu Muhammad al-Maqdisi, predicatore giordano-palestinese noto per le sue posizioni radicali. In queste regioni i wahabiti vivono secondo le leggi della Sharia seguendo gli insegnamenti di imam radicali come Husein Bilal Bosnic e Nusret Imamovic. Il villaggio di Gornja Maoca, situato vicino alla città di Brcko, risulta essere la stazione di transito, stando ad alcuni rapporti del Middle East Media Research Institute, attraverso la quale avviene il passaggio per jihadisti stranieri in viaggio per lo Yemen, l’Iraq e la Siria, e in questo contesto il nome di Bilal Bosnic ricorre frequentemente in relazione alle attività di trasporto dei guerriglieri.

Dai Balcani raggiungere la Siria risulta ormai molto facile: ogni grande città della regione è collegata con Istanbul, sia con pullman che con l’aereo. In seguito, stando alle indicazioni della polizia bosniaca, i volontari si muovono alla volta di Antakia, per attraversare la frontiera di Bab Al-Hawa con l’aiuto dei gruppi jiahdisti siriani, per raggiungere successivamente il Fronte al-Nusra.

Segnali preoccupanti vengono anche da un altro stato sorto nella stagione delle secessioni nella ex Jugoslavia: la Macedonia. Recentemente in una località al confine con il Kosovo, Kumanovo, si sono registrati scontri armati tra milizie islamiche macedoni e polizia con diversi morti soprattutto tra gli agenti. Secondo il portavoce della polizia macedone Ivo Kotevski, gli islamisti sarebbero entrati in Macedonia da un Paese confinante, l’Albania o più verosimilmente il Kosovo.. Questo accadeva solo tre settimane dopo che una quarantina di militanti kosovari aveva preso il controllo di una stazione di polizia sul confine rivendicando la creazione di una enclave indipendente albanese in Macedonia.
La componente estremista del wahabismo in Macedonia è stata poi coinvolta nei tentativi di assumere il controllo di alcune importanti moschee della capitale Skopje come Yahya Pasha, Sultan Murat, Hudaverdi e Kjosekadi.