Jugoinfo


Febbraio 2011–2016

1) Febbraio 2011: quando la polizia italiana non impedì l'attacco all'ambasciata libica 
2) Bandiera Usa sull’Europa / Libia, il piano della conquista (Manlio Dinucci su il manifesto)
3) Ecco perché hanno ammazzato Gheddafi. Le email Usa che non vi dicono (C. Messora, 9.1.2016)
4) Attacco dell'Islam radicale in Europa: lungimirante la “profezia” di Gheddafi (Sputnik, 8.1.2016)


Vedi anche:

Assalto all'ambasciata libica a Roma (Libera.Tv, 23 feb 2011)
ASSALTO ALL'AMBASCIATA LIBICA A ROMA, 23 febbraio 2011.

Il sogno di Muammar Gheddafi: fornire acqua fresca a tutti i libici e rendere la Libia autosufficiente nella produzione alimentare (Enrico Vigna, ottobre 2015)
I libici la chiamavano l'ottava meraviglia del mondo. I media occidentali lo hanno definito il capriccio e il sogno irrealizzabile di un cane rabbioso. Il "cane rabbioso" nel 1991 aveva profeticamente detto circa la più grande impresa di ingegneria civile nel mondo...


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Febbraio 2011: quando la polizia italiana non impedì l'attacco all'ambasciata libica

Quando al grido di "Allah U Akbar" (ironia della storia) e "ammazzate Gheddafi", lo stato italiano lasciò l'ambasciata libica in balia degli assalitori

 
La polizia italiana non è forse tenuta a proteggere le sedi delle ambasciate? E se scientemente non lo fa, qualcuno viene
punito? 

Ricordiamo questo fatto di cinque anni fa. Il 23 febbraio 2011 a Roma in via Nomentana manifestanti al grido di Allah U Akbar e ammazzate Gheddafi, durante una manifestazione - autorizzata? non autorizzata?... - assaltarono in libertà l'ambasciata dell'allora Jamahiryia araba libica. Usando come scala una camionetta della polizia - le forze dell'ordine erano presenti in tenuta antisommossa- si arrampicarono sul muro, gettarono alla folla urlante la bandiera verde (che fu bruciata seduta stante) e vi sostituirono quella monarchica, attualmente in uso. Si vede tutto qui: https://www.youtube.com/watch?v=5f-H8ebC6OE
Immaginiamo cosa sarebbe successo se qualcuno avesse provato ad assaltare l'ambasciata Usa. Beh...non sarebbe successo niente, nel senso che lì non ci si può nemmeno avvicinare. Nemmeno in condizioni normali. Nemmeno passeggiando.
 
Marinella Correggia
08/02/2016


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L’arte della guerra
 
Bandiera Usa sull’Europa

Manlio Dinucci
 
Partecipando (come ormai d’obbligo) all’incontro dei ministri della difesa Ue il 5 febbraio ad Amsterdam, il segretario della Nato Jens Stoltenberg ha lodato «il piano degli Stati uniti di accrescere sostanzialmente la loro presenza militare in Europa, quadruplicando i finanziamenti a tale scopo». Gli Usa possono così «mantenere più truppe nella parte orientale dell’Alleanza, preposizionarvi armamenti pesanti, effettuarvi più esercitazioni e costruirvi più infrastrutture». In tal modo, secondo Stoltenberg, «si rafforza la cooperazione Ue-Nato». 

Ben altro lo scopo. Subito dopo la fine della guerra fredda, nel 1992, Washington sottolineava la «fondamentale importanza di preservare la Nato quale canale della influenza e partecipazione statunitensi negli affari europei, impedendo la creazione di dispositivi unicamente europei che minerebbero la struttura di comando dell'Alleanza», ossia il comando Usa. 

Missione compiuta: 22 dei 28 paesi della Ue, con oltre il 90% della popolazione dell’Unione, fanno oggi parte della Nato sempre sotto comando Usa, riconosciuta dalla Ue quale «fondamento della difesa collettiva». Facendo leva sui governi dell’Est, legati più agli Usa che alla Ue, Washington ha riaperto il fronte orientale con una nuova guerra fredda, spezzando i crescenti legami economici Russia-Ue pericolosi per gli interessi statunitensi. In tutta l’Europa orientale sventola, sul pennone più alto, la bandiera a stelle e strisce assieme a quella della Nato. 

In Polonia, la nuova premier Beata Szydlo ha ammainato dalla sue conferenze stampa la bandiera della Ue, spesso bruciata nelle piazze da «patrioti» che sostengono il governo nel rifiuto di ospitare i rifugiati (frutto delle guerre Usa/Nato), definiti «invasori non-bianchi». In attesa del Summit Nato, che si terrà a Varsavia in luglio, la Polonia crea una brigata congiunta di 4mila uomini con Lituania e Ucraina (di fatto già nella Nato), addestrata dagli Usa. 

In Estonia il governo annuncia «un’area Schengen militare», che permette alle forze Usa/Nato di entrare liberamente nel paese. 

Sul fronte meridionale, collegato a quello orientale, gli Stati uniti stanno per lanciare dall’Europa una nuova guerra in Libia per occupare, con la motivazione di liberarle dall’Isis, le zone costiere economicamente e strategicamente più importanti. 

Una mossa per riguadagnare terreno, dopo che in Siria l’intervento russo a sostegno delle forze governative ha bloccato il piano Usa/Nato di demolire questo Stato usando, come in Libia nel 2011, gruppi islamici armati e addestrati dalla Cia, finanziati dall’Arabia Saudita, sostenuti dalla Turchia e altri. 

L’operazione in Libia «a guida italiana» – che, avverte il Pentagono, richiede «boots on the ground», ossia forze terrestri – è stata concordata dagli Stati uniti non con l’Unione europea, inesistente su questo piano come soggetto unitario, ma singolarmente con le potenze europee dominanti, soprattutto Francia, Gran Bretagna e Germania. Potenze che, in concorrenza tra loro e con gli Usa, si uniscono quando entrano in gioco gli interessi fondamentali. 

Emblematico quanto emerso dalle mail di Hillary Clinton, nel 2011 segretaria di Stato: Usa e Francia attaccarono la Libia anzitutto per bloccare «il piano di Gheddafi di usare le enormi riserve libiche di oro e argento per creare una moneta africana in alternativa al franco Cfa», valuta imposta dalla Francia a sue 14 ex colonie. Il piano libico (dimostravamo sul manifesto nell’aprile 2011) mirava oltre, a liberare l’Africa dal dominio del Fmi e della Banca mondiale. Perciò fu demolita la Libia, dove le stesse potenze si preparano ora a sbarcare per riportare «la pace».  
 
(il manifesto, 9 febbraio 2016)

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L’arte della guerra 

Libia, il piano della conquista  

Manlio Dinucci
  

«Il 2016 si annuncia molto complicato a livello internazionale, con tensioni diffuse anche vicino a casa nostra. L'Italia c'è e farà la sua parte, con la professionalità delle proprie donne e dei propri uomini e insieme all'impegno degli alleati»: così Matteo Renzi ha comunicato agli iscritti del Pd la prossima guerra a cui parteciperà l’Italia, quella in Libia, cinque anni dopo la prima. 

Il piano è in atto: forze speciali Sas – riporta «The Daily Mirror» – sono già in Libia per preparare l’arrivo di circa 1000 soldati britannici. L’operazione – «concordata da Stati uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia» – coinvolgerà circa 6000 soldati e marine statunitensi ed europei con l’obiettivo di «bloccare circa 5000 estremisti islamici, che si sono impadroniti di una dozzina dei maggiori campi petroliferi e, dal caposaldo Isis di Sirte, si preparano ad avanzare fino alla raffineria di Marsa al Brega, la maggiore del Nordafrica». 

La gestione del campo di battaglia, su cui le forze Sas stanno istruendo non meglio identificati «comandanti militari libici», prevede l’impiego di «truppe, carrarmati, aerei e navi da guerra». Per bombardare in Libia la Gran Bretagna sta inviando altri aerei a Cipro, dove sono già schierati 10 Tornado e 6 Typhoon per gli attacchi in Siria e Iraq, mentre un cacciatorpediniere si sta dirigendo verso la Libia. Sono già in Libia – conferma «Difesa Online» – anche alcuni team di Navy Seal Usa. 

L’intera operazione sarà formalmente «a guida italiana». Nel senso che l’Italia si addosserà il compito più gravoso e costoso, mettendo a disposizione basi e forze per la nuova guerra in Libia. Non per questo avrà il comando effettivo dell’operazione. Esso sarà in realtà esercitato dagli Stati uniti attraverso la propria catena di comando e quella della Nato, sempre sotto comando Usa. 

Un ruolo chiave avrà lo U.S. Africa Command, il Comando Africa degli Stati uniti: esso ha appena annunciato, l’8 gennaio, il «piano quinquennale» di una campagna militare per «fronteggiare le crescenti minacce provenienti dal continente africano». Tra i suoi principali obiettivi, «concentrare gli sforzi sullo Stato fallito della Libia, contenendo l’instabilità nel paese». Fu il Comando Africa degli Stati uniti, nel 2011, a dirigere la prima fase della guerra, poi diretta dalla Nato sempre sotto comando Usa, che con forze infiltrate e 10mila attacchi aerei demolì la Libia trasformandola in uno «Stato fallito». 

Ora il Comando Africa è pronto a intervenire di nuovo per «contenere l’instabilità nel paese», e lo è anche la Nato che, ha dichiarato il segretario generale Stoltenberg,  è «pronta a intervenire in Libia». E di nuovo l’Italia sarà la principale base di lancio dell’operazione. Due dei comandi subordinati dello U.S. Africa Command si trovano in Italia: a Vicenza quello dello U.S. Army Africa (Esercito Usa per l’Africa), a Napoli quello  delle U.S. Naval Forces Africa (Forze navali Usa per l’Africa). 

Quest’ultimo è agli ordini di un ammiraglio Usa, che è anche a capo delle Forze navali Usa in Europa, del Jfc Naples (Comando Nato con quartier generale a Lago Patria) e, ogni due anni, della Forza di risposta Nato. L’ammiraglio è a sua volta agli ordini del Comandante supremo alleato in Europa, un generale Usa nominato dal Presidente, che allo stesso tempo è a capo del Comando europeo degli Stati uniti. 

In tale quadro si svolgerà la «guida italiana» della nuova guerra in Libia, il cui scopo reale è l’occupazione delle zone costiere economicamente e strategicamente più importanti. Guerra che, come quella del 2011, sarà presentata quale «operazione di peacekeeping e umanitaria».
 
(il manifesto, 12 gennaio 2016)  




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Ecco perché hanno ammazzato Gheddafi. Le email Usa che non vi dicono

Pubblicato 9 gennaio 2016 - 14.41 - Da Claudio Messora

Il 31 dicembre scorso, su ordine di un tribunale, sono state pubblicate 3000 email tratte dalla corrispondenza personale di Hillary Clinton, transitate sui suoi server di posta privati anziché quelli istituzionali, mentre era Segretario di Stato. Un problema che rischia di minare seriamente la sua corsa alla Casa Bianca. I giornali parlano di questo caso in maniera generale, senza entrare nel dettaglio, ma alcune di queste email delineano con chiarezza il quadro geopolitico ed economico che portò la Francia e il Regno Unito alla decisione di rovesciare un regime stabile e tutto sommato amico dell’Italia, come la Libia di Gheddafi. Ovviamente non saranno i media mainstream generalisti a raccontarvelo, né quelli italiani né quelli di questa Europa che in quanto a propaganda non è seconda a nessuno, tantomeno a quel Putin spesso preso a modello negativo. A raccontarvelo non poteva essere che un blog, questa volta Scenari Economici di Antonio Rinaldi e del suo team, a cui vanno i complimenti.

“Due terzi delle concessioni petrolifere nel 2011 erano dell’ENI, che aveva investito somme considerevoli in infrastrutture e impianti di estrazione, trattamento e stoccaggio. Ricordiamo che la Libia è il maggior paese produttore africano, e che l’Italia era la principale destinazione del gas e del petrolio libici.

La email UNCLASSIFIED U.S. Department of State Case No. F-2014-20439 Doc No. C05779612 Date: 12/31/2015  inviata il 2 aprile 2011 dal funzionario Sidney Blumenthal (stretto collaboratore prima di Bill Clinton e poi di Hillary) a Hillary Clinton, dall’eloquente titolo “France’s client & Qaddafi’s gold”, racconta i retroscena dell’intervento franco-inglese.

Li sintetizziamo qui.

  • La Francia ha chiari interessi economici in gioco nell’attacco alla Libia.
  • Il governo francese ha organizzato le fazioni anti-Gheddafi alimentando inizialmente i capi golpisti con armi, denaro, addestratori delle milizie (anche sospettate di legami con Al-Qaeda), intelligence e forze speciali al suolo.
  • Le motivazioni dell’azione di Sarkozy sono soprattutto economiche e geopolitiche, che il funzionario USA  riassume in 5 punti:
    1. Il desiderio di Sarkozy di ottenere una quota maggiore della produzione di petrolio della Libia (a danno dell’Italia, NdR),
    2. Aumentare l’influenza della Francia in Nord Africa
    3. Migliorare la posizione politica interna di Sarkozy
    4. Dare ai militari francesi un’opportunità per riasserire la sua posizione di potenza mondiale
    5. Rispondere alla preoccupazione dei suoi consiglieri circa i piani di Gheddafi per soppiantare la Francia come potenza dominante nell’Africa Francofona.

Ma la stessa mail illustra un altro pezzo dello scenario dietro all’attacco franco-inglese, se possibile ancora più stupefacente, anche se alcune notizie in merito circolarono già all’epoca.

In sintesi Blumenthal dice:

  • Le grosse riserve d’oro e argento di Gheddafi, stimate in 143 tonnellate d’oro e una quantità simile di argento, pongono una seria minaccia al Franco francese CFA, la principale valuta africana.
  • L’oro accumulato dalla Libia doveva essere usato per stabilire una valuta pan-africana basata sul dinaro d’oro libico.
  • Questo piano doveva dare ai paesi dell’Africa Francofona un’alternativa al franco francese CFA.
  • La preoccupazione principale da parte francese è che la Libia porti il Nord Africa all’indipendenza economica con la nuova valuta pan-africana.
  • L’intelligence francese scoprì un piano libico per competere col franco CFA subito dopo l’inizio della ribellione, spingendo Sarkozy a entrare in guerra direttamente e bloccare Gheddafi con l’azione militare.


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Attacco dell'Islam radicale in Europa: lungimirante la “profezia” di Gheddafi

08.01.2016

Il leader libico aveva messo in guardia Tony Blair dall'attacco dei fondamentalisti islamici in Europa: emerge dai documenti resi pubblici del Parlamento britannico. A Londra ora riconoscono che Gheddafi fosse più perspicace dei politici occidentali.

Il leader libico Muammar Gheddafi aveva messo in guardia l'ex premier britannico Tony Blair dalla minaccia dell'estremismo islamico in Europa. Emerge dalle trascrizioni delle telefonate tra i due politici rese pubbliche dalla commissione Esteri del Parlamento della Gran Bretagna, scrive il "Telegraph".

Il 25 febbraio 2011, quando in Libia già imperversavano le rivolte, Gheddafi aveva spiegato a Blair di cercare di proteggere il Paese dagli insorti di "Al Qaeda".

"Noi non li attacchiamo, loro ci attaccano. Voglio dirle la verità. Questa situazione non è così complicata, è al contrario semplice: in Nord Africa si sono svegliate le cellule dormienti di "Al Qaeda". Le cellule libiche sono simili a quelle che hanno operato in America alla vigilia dell'11 settembre," — aveva detto Gheddafi.

"I jihadisti sono entrati in possesso di armi ed hanno diffuso la paura tra la gente. Le persone non possono lasciare le loro case. <…> Ma non viene mostrato il quadro reale della situazione, non ci sono giornalisti stranieri. Abbiamo chiesto a tutti i giornalisti di tutto il mondo di venire a vedere la verità. Si tratta di bande armate. <… > E' impossibile negoziare con loro," — sottolineava Gheddafi.

"Vogliono controllare il Mediterraneo e poi attaccare l'Europa," — aveva avvertito il leader libico.

Blair, a sua volta, aveva sostenuto la necessità della pace.

Tre settimane dopo questa telefonata la coalizione di Paesi occidentali, compresa la Gran Bretagna, aveva iniziato i raid in Libia, portando al rovesciamento di Muammar Gheddafi, scrive il "Telegraph".

"Le premonizioni di Gheddafi sembrano essere state confermate, — si afferma nell'articolo. — Dopo la sua caduta, la Libia è piombata nel caos ed è ancora travolta dalla guerra civile. Molti territori sono controllati da gruppi armati di fondamentalisti islamici legati ai terroristi del Daesh (ISIS). I terroristi, inviati dal Daesh in Francia, a novembre hanno perpetrato una serie di sanguinosi attacchi terroristici a Parigi."

Il presidente della commissione Esteri Crispin Blunt ha dichiarato che i membri della commissione prenderanno in considerazione gli "avvertimenti profetici" di Gheddafi nell'ambito dell'inchiesta sugli eventi in Libia.

Secondo Blunt, i dati attualmente disponibili suggeriscono che "i politici occidentali sono meno lungimiranti di Gheddafi nei termini dei rischi connessi con l'intervento militari sia per il popolo libico e sia per gli interessi dello stesso Occidente."





IL GIORNO DI QUALE RICORDO?

0) Che cosa ricordiamo noi il 10 Febbraio
1) Iniziativa di GORIZIA 10/2: CAMBIO SEDE causa repressione di regime
2) ALTRE INIZIATIVE SEGNALATE:
- MONTE SAN SAVINO (AR) 10/2: PARTIGIANI ITALIANI IN JUGOSLAVIA / DRUG GOJKO
- PARMA 10/2: FOIBE E FASCISMO 2016 / PARTIZANI. LA RESISTENZA ITALIANA IN MONTENEGRO
- BOLOGNA 12/2: PARTIZANI. LA RESISTENZA ITALIANA IN MONTENEGRO
- FORLI' 13/2: Alessandra Kersevan su FASCISMO, CONFINE ORIENTALE, FOIBE
- SCHIO (VI) 13/2: Claudia Cernigoi  su OPERAZIONE FOIBE. TRA STORIA E MITO
3) Il convegno sul confine orientale (italiano) dell’ANPI il 16/1/2016 a Milano (di Marco Puppini)
4) Prorogati di 9 anni i termini per assegnare le "medaglie per infoibati" (di Marco Barone)
5) ALTRE CILIEGINE:
- L'UNICO INFOIBATO AL POZZO DELLA MINIERA DI BASOVIZZA...
- IL PRIMO GIORNO DEL RICORDO DELLE "VITTIME DEL COMUNISMO PARTIGIANO"? FU ISTITUITO GIÀ DA MUSSOLINI: 30 GENNAIO.
- ARTE DI REGIME: "GLI ITALIANI, VITTIME ACERBE DI UNA PULIZIA ETNICA"
- "INFOIBATI" DI GORIZIA: DOPO TRE MESI ANCORA NON CI DICONO I NOMI


Altri link segnalati:

IL GIORNO DEL RICORDO NEL CONSIGLIO REGIONALE DEL FVG: "DALLA PULIZIA ETNICA, ALLA STRAGE DI VERGAROLLA LA PRIMA DELLA REPUBBLICA"
di Marco Barone, 2 febbraio 2016
... il top del top, lo si raggiungerà con l'assoluta falsità storica. Già in passato Cristicchi, voce e megafono di una parte di storia su queste vicende, aveva fatto intendere che "Io ricordo Vergarola, una delle più gravi stragi mai accadute in Italia, in tempo di pace”. E qui cosa si dice? Che: "la strage sulla spiaggia di Vergarolla a Pola il 18 agosto 1946, che provocò la morte di non meno di 80 persone, in gran parte italiani - ha ammonito - è emblematica del clima di allora: possiamo considerarla la prima strage della nostra Repubblica, ben prima di piazza Fontana e della stazione di Bologna"...
http://xcolpevolex.blogspot.it/2016/02/il-giorno-del-ricordo-nel-consiglio.html
Orazione pubblica per il Giorno del Ricordo tenuta da Lucia Bellaspiga presso l’Aula del Consiglio regionale del FVG (di Lucia Bellaspiga, Giornalista di Avvenire)
http://www.anvgd.it/notizie/20157-orazione-pubblica-per-il-giorno-del-ricordo-tenuta-da-lucia-bellaspiga-presso-laula-del-consiglio-regionale-del-fvg-03feb16-.html

L’INCREDIBILE STORIA DI #FOIBE, UNO DEI PIÙ GRANDI KOLOSSAL MAI GIRATI (APPUNTO, MAI GIRATI). UNA BUFALA DA #GIORNODELRICORDO
di Nicoletta Bourbaki / Giap, 31.01.2016
... Tutto inizia negli ultimi giorni del 2010, quando Il Piccolo di Trieste e una manciata di altri giornali annunciano l’intento di Zeppellini (...) di girare in Friuli Venezia Giulia un film sulle foibe, preannunciando che il successivo 10 febbraio «è prevista una conferenza stampa negli Stati Uniti, al quale parteciperà anche Paolo Sardos Albertini in rappresentanza della Lega nazionale»...
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=23517

GIORNO DEL RICORDO... SMEMORATO - [Materiali per approfondire a cura di eQual]
... L’anno scorso abbiamo scritto una riflessione storica e politica su questo tema che è stata ripresa anche sul sito della Wu Ming Foundation all’interno di un lungo post sul tema del “10 febbraio” che smonta buona parte della propaganda sul tema delle foibe e del cosiddetto “esodo”. La scorsa primavera abbiamo invece organizzato l'evento “ITALIANI BRAVA GENTE - l'amnesìa sui crimini di guerra dell'Italia fascista” durante il quale lo storico Davide Conti (Università di Roma) ha gettato luce su un lato importante della storia recente del nostro paese, il cui oblio ha ripercussioni concrete anche sul presente...  
https://www.facebook.com/equal.info/photos/a.422973534411641.91545.381406008568394/1039068572802131/?type=3&theater
>> Articoli: 
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=20954 //
https://equalmn.wordpress.com/2015/02/10/un-giorno-del-ricordo-smemorato/
>> Video: 
Le amnesie sui crimini di guerra dell'Italia fascista - Davide Conti (eQual Mn)
11 aprile 2015 - eQual - Mantova: ITALIANI BRAVA GENTE - l'amnesìa sui crimini di guerra dell'Italia fascista, dall'immediato dopoguerra all'apertura dell'armadio della vergogna come ostacolo allo sviluppo democratico.
Dialogano insieme DAVIDE CONTI (scrittore e ricercatore di storia all'Università di Roma) e Oscar Porcelli (laureando in storia - associazione eQual).
[L'incontro fa parte del ciclo di eventi della "Lunga strada verso la Liberazione" organizzati in collaborazione tra Arci Virgilio, Anpi Mantova ed associazione eQual]

FASCISMO, GUERRA DI STERMINIO, FOIBE: REVISIONISMO DI STATO E AMNESIE DELLA REPUBBLICA
A cura di ANPI "68 Martiri" Grugliasco, 10 febbraio 2013-2014-2015-2016
Come militanti antifascisti dell'ANPI riteniamo fondamentale condividere questo materiale e queste informazioni sul tema "giorno del ricordo" in vista di un più ampio dibattito sul neofascismo, la propaganda nazionalista e il revisionismo politico della storia: quanto segue vuole essere uno spunto utile e costruttivo per le nostre discussioni...


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10 FEBBRAIO

1943 - Inizia la storica battaglia sul fiume Neretva, detta anche la "battaglia per i feriti". Una delle battaglie più significative della Guerra di liberazione jugoslava. Durò fino al 31 marzo.
Su questa battaglia è stato girato il film omonimo, con attori prestigiosi jugoslavi e stranieri, come Orson Welles, Yul Brunner, Sergej Bondarcuk, Silva Koscina, Franco Nero.
1945 - A Remetinec, cittadina vicino Zagabria, gli ustascia hanno impicato 30 civili – croati, serbi, ebrei e lo sloveno Janko Rakus, attore di Zagabria.
1947 - A Parigi è stato firmato il Trattato di Pace tra le Forze alleate che hanno vinto la guerra e gli Stati alleati dell'ex Terzo Reich: Italia, Romania, Ungheria, Bulgaria e Finlandia.
1979 - A Lubiana muore Edvard Kardelj, eroe, teoretico marxista, rivoluzionario, statista, delfino di Tito.

(a cura di Ivan Pavičevac)


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GORIZIA mercoledì 10 febbraio 2016 alle ore 16:00

ATTENZIONE causa repressione di regime L'INIZIATIVA (anziché a Palazzo Attems) E' SPOSTATA presso: 
Aenigma Bar, VIA NIZZA N. 2, 34170 Gorizia

11 ANNI DI "GIORNO DEL RICORDO"
Tra mistificazioni storiche e rivalutazione del fascismo

Alessandra KERSEVAN: Il ruolo della X Mas al confine orientale
Claudia CERNIGOI: Il "fenomeno" delle foibe e gli scomparsi da Gorizia nel maggio 1945
Sandi VOLK: 10 anni di onorificenze della legge del Ricordo
Piero PURINI: Gli esodi prima e dopo il secondo conflitto mondiale
Marco BARONE: "Volemo tornar". L'irredentismo del terzo millennio
Nota di inquadramento storico e coordinamento del dibattito a cura di Marco PUPPINI

Organizzato da Resistenza Storica
in collaborazione con Sinistra Goriziana Antifascista


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Fonte: Marco Barone su
https://www.facebook.com/events/174126959625037/permalink/176006182770448/

Giorno del ricordo a ‪#‎Gorizia‬ e agibilità democratica: Revocata sala gestita dalla provincia a resistenza storica. Si svolgerà assemblea sulla mancanza di agibilità democratica in città e dove si parlerà in ogni caso del giorno del ricordo alle ore 16.00 il 10 febbraio presso il bar Aenigma di via Nizza 2 in Gorizia. Si invita tutta la cittadinanza a partecipare per denunciare pubblicamente quanto accaduto a Gorizia nel giorno della memoria condivisa di Stato. Segue una nota:

Era stato promosso dal gruppo di Resistenza Storica e sinistra goriziana antifascista, un convegno per il 10 febbraio dal seguente titolo, da svolgersi in Gorizia, presso il palazzo provinciale Attems:11 ANNI DI "GIORNO DEL RICORDO" Tra mistificazioni storiche e rivalutazione del fascismo. Questi gli interventi previsti: Alessandra KERSEVAN: Il ruolo della X Mas al confine orientale; Claudia CERNIGOI: Il "fenomeno" delle foibe e gli scomparsi da Gorizia nel maggio 1945; Sandi VOLK: 10 anni di onorificenze della legge del Ricordo; Piero PURINI: Gli esodi prima e dopo il secondo conflitto mondiale; Marco BARONE: "Volemo tornar". L'irredentismo del terzo millennio; nota di inquadramento storico e coordinamento del dibattito a cura di Marco PUPPINI. Contestualmente a ciò, nella stessa giornata, nella stessa città, ma in luogo diverso, è previsto il convegno organizzato dalla Lega Nazionale di Gorizia, con l'alto patrocinio della Prefettura, Provincia e Comune di Gorizia. Nella locandina, di questo convegno emerge con gran forza quella che ben può essere definita come una grande allucinazione ufologica storica, quale la pulizia etnica contro gli italiani. Quella del giorno del Ricordo è una legge profondamente ideologica. Legge che ha il suo fondamento nel revisionismo storico, nella memoria condivisa, che poi altro non è che la memoria nazionalistica di alcuni "eletti" elevata a rango di verità per tutti, dogma da condividere senza alcuna critica, salvo qualche piccola sfumatura, che deve essere concessa ma che non intaccherà la mistificazione storica, la manipolazione in chiave nazionalistica e revisionistica della storia del confine orientale. Il Presidente della Lega Nazionale di Gorizia, sulla pagina facebook dell'evento pubblico del convegno organizzato da Resistenza Storica così scriveva il 5 febbraio: " Liberi di organizzare quello che volete ma non manifestazioni provocatorie in una giornata solenne". E rilanciava il 6 febbraio: "Quando aggiornate la data del vostro evento che non può essere provocatoriamente svolto il 10 febbraio?" La Sala del palazzo Attems per lo svolgimento del convegno era stata richiesta dal consigliere PRC della provincia di Gorizia Dario Furlan, per iscritto, via mail, alla Provincia di Gorizia che attualmente è governata dal Pd. E non era emerso alcun tipo di problema, né politico né tecnico, tanto che la sala, per quello che è stato riferito a Resistenza Storica, risultava essere stata concessa. Ma, subito dopo la pubblicizzazione dell'evento in rete, da parte di Resistenza Storica, arriva una prima notizia di richiesta di spostamento dell'iniziativa. Poi, il giorno 8 febbraio, a ridosso del 10 febbraio giunge notizia informale che per una presunta inopportunità politica la sala non verrà più concessa per il 10 febbraio. A quanto pare a Gorizia il 10 febbraio possono avere agibilità democratica nei palazzi delle nostre Istituzioni, quindi di tutti, solo i cultori della memoria condivisa. Chiamasi regime antidemocratico.Tutti coloro che osano delle critiche avverso il revisionismo storico e la memoria condivisa, in quel giorno, assunto oramai per come strutturato nella sua sostanza a verità nazionalistica di Stato, gli storici, i critici, gli studiosi non allineati, in un contesto perfettamente legale, costituzionale e legittimo, non hanno diritto di parola alcuno. Ed il tutto in una città dove si svolgono manifestazioni di Casapound, i fascisti del terzo millennio, e che le recenti inchieste dell'Espresso hanno ben evidenziato di cosa stiamo parlando, "un arresto ogni tre mesi, una denuncia a settimana", una città che accoglie nella sua sede istituzionale, quale il Comune, chi fa il saluto fascista, e chi celebra la battaglia di Tarnavova, quale la Decima Mas, che Repubblica, proprio sul caso di Gorizia, ha così definito "flottiglia di torturatori e fucilatori fascisti che in Friuli Venezia Giulia operò anche per il Terzo Reich". A Gorizia vi è un problema enorme di agibilità democratica, ed è ancora più grave quando l'inopportunità politica, ergo convenienza politico elettorale, di certe e date iniziative, viene sollevata da parte di una certa sinistra governativa. E poi mischiare la convenienza politica con la ricerca storica è una cosa che si commenta da sola per la sua gravità. Insomma il 10 febbraio non tutti hanno il diritto di parlare, salvo, ad esempio, quelli che vanno in alcune scuole d'Italia, a "ricordare per ritornare" con tanto di locandina pubblica, nelle terre ancora oggi contese da una parte del nazionalismo nostrano, come l'Istria.Il 10 febbraio è un giorno ove la democrazia salta, un giorno ove ogni critica viene liquidata nella formula becera e vigliacca di negazionismo o giustificazionismo. Ennesima pagina buia e nera per Gorizia e non solo. Nonostante tutto il 10 febbraio si svolgerà presso il bar Aenigma di via Nizza 2 in Gorizia, alle ore 16, un momento assembleare dove si invita tutta la cittadinanza a partecipare per denunciare pubblicamente quanto accaduto a Gorizia nel giorno della memoria condivisa di Stato. mb

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GORIZIA, 10 FEBBRAIO 2016, PROVE TECNICHE DI REGIME

Revocato dall'amministrazione provinciale l'uso della sala per il convegno storico. 
Il Presidente della Lega Nazionale di Gorizia, sulla pagina facebook dell'evento pubblico del convegno organizzato da Resistenza Storica così scriveva il 5 febbraio: " Liberi di organizzare quello che volete ma non manifestazioni provocatorie in una giornata solenne". E rilanciava il 6 febbraio: "Quando aggiornate la data del vostro evento che non può essere provocatoriamente svolto il 10 febbraio?" La Sala del palazzo Attems per lo svolgimento del convegno era stata richiesta dal consigliere PRC della provincia di Gorizia Dario Furlan, per iscritto, via mail, alla Provincia di Gorizia che attualmente è governata dal Pd. E non era emerso alcun tipo di problema, né politico né tecnico, tanto che la sala, per quello che è stato riferito a Resistenza Storica, risultava essere stata concessa. Ma, subito dopo la pubblicizzazione dell'evento in rete, da parte di Resistenza Storica, arriva una prima notizia di richiesta di spostamento dell'iniziativa. Poi, il giorno 8 febbraio, a ridosso del 10 febbraio giunge notizia informale che per una presunta inopportunità politica la sala non verrà più concessa per il 10 febbraio. 

Ci domandiamo: Luca Urizio sapeva che la sala ci sarebbe stata revocata prima che ce lo comunicassero? 
Ma consideriamo che negare una sala pubblica ad un gruppo di storici solo perché vengono considerati dall'amministrazione pubblica "inopportuni" politicamente, significa che in questo Paese la lettura della storia è decisa dalle istituzioni che ci governano. 
E' una storia di regime.

Claudia Cernigoi
8/2/2016

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COMUNICATO STAMPA

Con un atto d'imperio paragonabile al concetto de "lo Stato sono io" di franco-borboniana reminiscenza, il presidente della provincia di Gorizia (in quota PD) Enrico Gherghetta ha revocato il già concesso uso di una sala provinciale richiesto dal gruppo consiliare di Rifondazione comunista per un convegno storico da tenersi il 10 febbraio in occasione del Giorno del ricordo, convegno che avrebbe visto la presenza di storici qualificati sull'argomento (Marco Puppini, Alessandra Kersevan, Claudia Cernigoi, Sandi Volk, Piero Purini) e dell'avvocato Marco Barone.
Il veto di Gherghetta, posto per motivi "politici" che non ha peraltro ritenuto opportuno chiarificare, non costituisce solo un gravissimo atto di censura preventiva nei confronti della libera espressione della ricerca intellettuale, ma anche una palese violazione della legge istitutiva del Giorno del ricordo (Legge 92/04) che prevede tra le altre cose l'approfondimento "delle più complesse vicende del confine orientale", approfondimento che costitutiva il senso del nostro convegno.
D'altra parte, consideriamo che Comune e Provincia di Gorizia hanno aderito acriticamente alla manifestazione commemorativa del 10 febbraio promossa da Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e Lega nazionale di Gorizia, il cui manifesto recita (testualmente) "in memoria del dramma dell'esodo dei 350.000 istriani fiumani e dalmati - sottoposti ad una vera e propria pulizia etnica e dell'iniquo Trattato di pace", avallando quindi non solo le falsità storiche sulle cifre dell'esodo e su una presunta pulizia etnica che non è mai accaduta, ma addirittura definendo "iniquo" il Trattato di pace, legge dello Stato. 
Sono questi i motivi "politici" che hanno portato il più alto rappresentante eletto della Provincia di Gorizia a censurare un convegno storico, abusando del proprio ruolo istituzionale? E se questa è la politica espressa dal "centrosinistra" nella nostra Regione, non comprendiamo a questo punto in cosa tale politica differisca dalle esternazioni di CasaPound e dei nostalgici della Decima Mas (i cui rappresentanti sono stati senza alcuna censura o distinguo accolti nell'aula del Consiglio comunale di Gorizia con tanto di labari sia di questo corpo collaborazionista, macchiatosi di orrendi crimini contro la popolazione civile, sia della stessa RSI, in palese violazione della normativa tuttora vigente contro l'apologia del fascismo).
Invitiamo coloro che leggeranno questo comunicato condividendone i contenuti ad inviare una mail di protesta al presidente Gherghetta, a questa mail.

presidente@...

Ora e sempre Resistenza!

Claudia Cernigoi
giornalista e ricercatrice storica, Trieste
9/2/2016


=== 2: ALTRE INIZIATIVE SEGNALATE ===


--- MONTE SAN SAVINO (AR) mercoledì 10 febbraio 2016

*** alle ore 18.30
all’Interno 43 – via Sansovino 43

incontro/aperitivo con i protagonisti dell'evento teatrale DRUG GOJKO sui temi:
* Diventare testimoni. Ricordo del partigiano Nello Marignoli (con l'attore Pietro Benedetti)
* Partigiani italiani in Jugoslavia, un esempio di unità e fratellanza (con Andrea Martocchia, segretario del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS)

*** alle ore 21:15 presso il Teatro Verdi – Via Sansovino 66

DRUG GOJKO
con Pietro Benedetti
regia Elena Mozzetta

produzione ANPI Viterbo
in collaborazione con Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia

Drug Gojko (Compagno Gojko) narra, sotto forma di monologo, le vicende di Nello Marignoli, classe 1923, gommista viterbese, radiotelegrafista della Marina militare italiana sul fronte greco-albanese e, a seguito dell'8 settembre 1943, combattente partigiano nell'esercito popolare di liberazione jugoslavo. Lo spettacolo, che si avvale della testimonianza diretta di Marignoli, riguarda la storia locale, nazionale ed europea assieme, nel dramma individuale e collettivo della seconda guerra mondiale. Una storia militare, civile e sociale, riassunta nei trascorsi di un artigiano, vulcanizzatore, del Novecento, rievocati con un innato stile narrativo, emozionante quanto privo di retorica...

Prezzi dei biglietti:
LINEA VERDE intero ridotto*
Platea e Palchi I e II ordine € 10.00 € 8.00
Palchi III ordine  € 8.00 € 6.00
* ridotto: soci Rete Teatrale Aretina, Arci, Acli; studenti (fino a 25 anni), minorenni, ultra sessantacinquenni, abbonati alle stagioni dei teatri aderenti alla Rete Teatrale Aretina.
ALTRE INFO: http://www.officinedellacultura.org/teatro_cinema.php?sel=1


--- PARMA mercoledì 10 febbraio 2016

alle ore 21 presso il Cinema Astra – Piazzale Volta 3 (43123)

FOIBE E FASCISMO 2016
Manifestazione Antifascista alternativa al "giorno del ricordo" del 10 febbraio

ore 21:00 conferenza
Italiani in Jugoslavia 1941 - 1945 
dall'aggressione fascista alla Resistenza
e alla Divisione Partigiana Garibaldi

ore 21:30 filmato

PARTIZANI
La Resistenza italiana in Montenegro


Conferenza e film di ERIC GOBETTI
ricercatore dell'Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza

ingresso gratuito

ORGANIZZANO:
ANPI - ANPPIA - COMITATO ANTIFASCISTA ANTIMPERIALISTA E PER LA MEMORIA STORICA

evento facebook: https://www.facebook.com/events/1548640905459831/


--- BOLOGNA venerdì 12 febbraio 2016

alle ore 17 presso la sala dell’ex-Reffettorio, via Sant’Isaia 20

PARTIZANI. La Resistenza italiana in Montenegro

un film di Eric Gobetti (2016)
con immagini di repertorio inedite 

Nikšić, Montenegro, 9 settembre 1943. Poco dopo l’alba l’artigliere Sante Pelosin, detto Tarcisio, fa partire il primo colpo di cannone contro una colonna tedesca che avanza verso le posizioni italiane. Nelle settimane successive circa ventimila soldati italiani decidono di non arrendersi e di aderire alla Resistenza jugoslava. I partigiani della divisione Garibaldi raccontati in questo documentario sono eroi semplici, che hanno combattuto il freddo, la fame e una devastante epidemia di tifo, pagando con tremende sofferenze una scelta 
di campo consapevole e coraggiosa.

Sarà presente l’autore 

Presenta Luca Alessandrini


--- FORLI' sabato 13 febbraio 2016

alle ore 15:30 presso la Sala di Via Valverde 15

Chiacchierata e dibattito con la scrittrice

Alessandra Kersevan sul tema:
FASCISMO, CONFINE ORIENTALE, FOIBE

Non dimenticare le tragedie e i crimini del fascismo. Ricostruire le problematiche delle foibe in un’ analisi dettagliata.

Apertura sala ORE 15:00 inizio ORE 15:30
Troverai banchetti informativi sulle lotte al fascismo

Assemblea Antifascista Forlivese
www.lascintillaonline.org


--- SCHIO (VI), sabato 13 febbraio 2016

alle ore 17 presso Palazzo Toaldi Capra

Presentazione del libro 

Operazione foibe. Tra storia e mito
(Udine: Kappa Vu Edizioni, 2005
https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm#cernigoi05 )

Con l'autrice Claudia Cernigoi e Ugo De Grandis



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Il convegno sul confine orientale (italiano) dell’Anpi a Milano: una riflessione

di Marco Puppini, 2 febbraio 2016

Ho assistito sabato 16 gennaio al convegno organizzato dall’Anpi nazionale a Milano sul confine orientale, cui ha partecipato una folta rappresentanza di nostri storici regionali. Non sono purtroppo riuscito per ragioni di trasporti ad assistere a tutta la tavola rotonda che si svolgeva nel pomeriggio, mentre ho assistito alle relazioni del mattino. La mia è pertanto una riflessione parziale, che vorrebbe essere utile per sollecitare un dibattito. Sono riuscito ad ascoltare per ultimo Franco Cecotti. Devo dire che non me ne sono pentito. In effetti, a mio giudizio, la prima relazione (Marta Verginella) e l’ultima che ho ascoltato (Franco Cecotti) sono state le migliori, sulle altre mantengo delle perplessità. L’impressione generale in ogni modo è stata che un ascoltatore lombardo (o comunque non friulo – giuliano) che di queste cose giustamente sa poco, alla fine del convegno non abbia risolto i suoi dubbi. “Forse la storia del confine orientale è troppo complessa” ha commentato un ascoltatore vicino a me. Non è vero, ovviamente, tutti i temi senza esclusioni sono complessi e lo storico deve raccontarli in modo comprensibile. In questo senso mi pare che la strategia comunicativa di molti oratori sia stata pessima.
Bene devo dire ha fatto Smuraglia a non prevedere interventi dal pubblico. Molte volte c’è stata una strategia organizzata in particolare dalle destre per trasformare i convegni su questi temi in risse becere. Positivo anche il fatto che ogni studioso rappresentasse se stesso e non una determinata tendenza o associazione, di fronte alle immancabili contestazioni di una associazione di esuli perché non erano presenti “suoi” relatori. Verginella ha volato forse un po’ troppo alto, ma il suo discorso è assolutamente condivisibile. Ha criticato lo stesso titolo del convegno perché nazionalista ed escludente: il confine è orientale italiano, ma anche occidentale sloveno, meglio era parlare di confine italo – sloveno (o jugoslavo). La sua critica ai limiti delle storiografie prettamente nazionali, o al “piano memoriale” attuale che privilegia vittime e testimoni invece di ricerca e documenti sono a mio giudizio corrette. Cecotti è invece andato sul concreto. Sui media si parla di foibe ed esodo almeno da 15 – 20 anni – ha affermato – perché allora c’è qualcuno ancora oggi (e talvolta si tratta di insegnanti) che pensa si parli di argomenti sconosciuti? Da 15 – 20 anni i media ospitano periodicamente articoli su questi temi, ed ogni volta i giornalisti devono scrivere che si tratta di temi di cui non si è in precedenza mai parlato. In un momento in cui il mondo si globalizza e si parla di storia mondiale, in realtà si sta affermando una storia nazionale, o meglio in questo caso una storia regionale (della Venezia Giulia) che si vuole far passare come simbolo e compendio di quella mondiale. Nell’introdurre la tavola rotonda del pomeriggio, Marcello Flores ricordava giustamente che il giorno della Memoria fa riferimento ad un fatto europeo, la Shoah, quello del Ricordo ad un fatto regionale, che ha interessato Istria e Venezia Giulia. Si tratta pertanto di eventi difficilmente paragonabili.
Anna Vinci ha mostrato le radici lontane, prefasciste, del nazionalismo italiano e del pregiudizio della superiorità della cultura latina su quella slava. Ha anche trattato la complessità della repressione fascista, il disaccordo tra le varie istituzioni repressive che controllavano il territorio. Forse dal suo discorso sono rimaste fuori proprio le violenze fasciste. Ha parlato di scuole slovene chiuse, ma vi sono state anche le associazioni culturali (150 solo nel goriziano) e altrettante economiche chiuse a forza, i beni requisiti, le italianizzazioni dei cognomi di cui non ricordo abbia parlato, il divieto nell’uso pubblico della lingua, i morti ammazzati. Forse la Vinci li ha dati per scontati, ma per il pubblico presente non lo erano. Mi è invece piaciuta l’indicazione di estendere la ricerca sulle biografie dei responsabili della politica repressiva anche agli anni del secondo dopoguerra, quando tali personaggi non erano certo scomparsi. E il parallelo (che però riguarda una ricerca ancora da fare) tra Ispettorati creati in Sicilia e Sardegna per la lotta contro la mafia e quello della Venezia Giulia contro sovversivi e sloveni (a questo proposito Vinci avrebbe potuto però accennare al fatto che Gaetano Collotti, uno dei membri dell’Ispettorato più accaniti torturatori e cacciatori di partigiani a Trieste, è stato decorato dall’Italia repubblicana dopo la guerra per i meriti acquisiti nella lotta alla mafia).
Buvoli ha molto insistito sullo scontro tra Partito Comunista Italiano e Sloveno (o Jugoslavo) durante la Resistenza. Certo, lo scontro c’è stato, era importante che il pubblico lo sapesse. Ma vi è stata anche collaborazione. Perché parlare di annientamento della Resistenza italiana nelle regioni rivendicate dagli sloveni? Il Battaglione poi Brigata Trieste ad esempio ha operato dal 1943 al 1945 nella zona slovena vicino all’attuale confine come formazione italiana con proprie bandiere ed insegne, ed ha riunito nell’estate 1944 oltre duemila combattenti prima che una parte andasse a costituire la Fratelli Fontanot all’interno della Slovenia. Certo, era sottoposta a comando sloveno dopo un breve periodo di Comando paritetico. Anche la Natisone ha operato in Slovenia nell’inverno 1944 – 45, fra moltissime difficoltà pratiche e sotto comando sloveno. Ma tra questo e l’azzeramento c’è una bella distanza. Su questi temi mi pare anche importante fare un passo in avanti. Se avessero vinto non i partigiani comunisti ma i monarchici, appoggiati dalla Gran Bretagna, le cose per il confine orientale italiano sarebbero andate meglio? Credo che in quel caso sarebbe stato molto difficile per la diplomazia italiana evitare l’annessione alla Jugoslavia di Trieste e Gorizia. Perché i comunisti sloveni apparivano così poco internazionalisti ed invece “avidi” territorialmente? La Resistenza comunista ha dovuto fare i conti nei paesi sloveni passati nel primo dopoguerra all’Italia con un ambiente sociale decisamente antifascista e nel contempo decisamente nazionalista, e con le critiche delle forze monarchiche jugoslave che li accusavano di fare il gioco degli italiani in nome dell’internazionalismo. C’era anche, certo, la diffidenza verso l’Italia che si riteneva non stesse facendo veramente i conti con il fascismo. Però credo che sarebbe stato difficile in quel contesto per i comunisti jugoslavi avere una diversa linea politica.
Interessante l’intervento di Gloria Nemec, che ha mostrato il carattere non univoco dell’esodo e la varietà di motivazioni che vi stavano dietro. Ha parlato di comunisti (nazionalisti) sloveni e croati mal disposti in Istria verso gli italiani, e questo intento punitivo è stato una delle cause dell’esodo. anche al di là delle effettive intenzioni di chi lo metteva in atto. Intento non necessariamente condiviso dai vertici di Belgrado, l’esodo infatti ha svuotato l’Istria di forze produttive che sarebbero state utili all’economia jugoslava. Nemec ha parlato di slovenizzazione dei cognomi (o forse erano restituiti alla precedente grafia prima della italianizzazione fascista?) e distruzione del tessuto economico della comunità italiana, quasi una repressione comunista e nazionalista uguale e contraria a quella fascista. Dimentica però l’Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume, il teatro italiano di Fiume, il periodico e la casa editrice italiane. Certo che la pressione sugli italiani vi fu, frutto più di una politica rozza e punitiva che di un disegno pianificato dall’altro, ma pure le differenze con la snazionalizzazione fascista.
Spazzali purtroppo non mi è piaciuto, ha saltato tra vari argomenti dando molti suggerimenti senza fornire un quadro complessivo, augurandosi l’avvio di nuove ricerche che però in parte già ci sono. Perché dire che sarebbe utile fare le biografie delle vittime ma che questo ormai è quasi impossibile, mentre è possibile fare quelle dei carnefici? Esistono molti elenchi e biografie di vittime, che lui conosce, dalle quali si capisce ad esempio che non tutti furono vittime ma che alcuni erano bene inseriti nell’apparato repressivo fascista. Dice che il tema delle foibe è stato taciuto per anni nel dopoguerra perché scottante, ma anche lui evita di toccare argomenti sotto i fari mediatici come la quantificazione delle vittime, il contenuto reale della foiba di Basovizza ecc. Incomprensibile per il pubblico presente la parte dedicata ad Udovisi, che avrebbe protetto la popolazione di Portole dalle violenze naziste (comprensibile per noi, che sappiamo che Udovisi, condannato nel dopoguerra dal Tribunale di Trieste per collaborazionismo ma allora latitante in Italia, si è presentato nei primi anni Duemila su tutti i media come sopravvissuto alla foiba nella quale sarebbe stato gettato risalendo fino al bordo. Racconto che alcuni hanno giudicato improbabile, vedi Pool Vice, La foiba dei miracoli, Kappa Vu 2008). Resta la censura, non solo di Spazzali, sui lavori meticolosi ed a mio parer validi di storiche come Claudia Cernigoi o Alessandra Kersevan, ma a questo purtroppo siamo abituati.
Nel convegno – per quanto mi ricordo – non si è parlato di Porzus, e neppure del controesodo dei tremila monfalconesi in Jugoslavia dopo la guerra. Il presidente dell’Anpi, Smuraglia, si è augurato che l’analisi storica porti a superare le contrapposizioni. Effettivamente è l’unica via, e questo è un tentativo da fare. Ma temo sia un’illusione. Dalle vicende della relazione della commissione storica italo – slovena del 2000, commissionata e poi affossata dai politici, si è capito che la riflessione storica interessa a pochi.


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07/02/16

Dopo diversi fallimenti, si prorogano di 9 anni e non 20 i termini per assegnare le medaglie per infoibati


Se la matematica non è una opinione e se la comprensione del testo legislativo è non opinabile, non si capisce come possa essere stato comunicato da parte della Presidente della Regione FVG che in virtù del provvedimento approvato dal Parlamento "i congiunti delle vittime potranno per altri 20 anni richiedere questo importante riconoscimento". Il riferimento è alla legge sul giorno del ricordo e la possibilità per il coniuge superstite, i figli, i nipoti e, in loro mancanza, per i i congiunti fino al sesto grado di coloro che, dall’8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, in Dalmazia o nelle province dell’attuale confine orientale, sono stati soppressi e infoibati, di conseguire a domanda e a titolo onorifico senza assegni, una apposita insegna metallica. Ora, il testo come approvato dalla Commissione alla Camera cosa prevede? Che il testo della Legge 2004 numero 92 verrebbe modificato in questo modo : "le  domande devono essere presentate entro il termine di venti (e non più dieci anni) dalla data di entrata in vigore della presente legge". Ora questa misura si inserisce nella Proroga di termini in materie di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri) e l'emendamento, come proposto da parte della deputata del PD Malpezzi nello specifico prevede: " 1. All’articolo 4 della legge 30 marzo 2004, n. 92, la parola: « dieci » è sostituita dalla seguente: « venti ». 2. Le domande di cui al comma 1 dell’articolo 4 della legge 30 marzo 2004, n. 92, con le relative documentazioni, dovranno essere inviate alla Commissione di cui all’articolo 5 della medesima legge. 3. All’attuazione del presente articolo si provvede nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica." E comunque si dovrà in ogni caso aspettare l'esito del assembleare per il testo definitivo. 

La Legge sul giorno del ricordo si trova al suo undicesimo anno di efficacia, quindi la proroga avrà efficacia non per anni venti, ma per anni nove. Stando al testo come ora commentato. Si deve segnalare che non è la prima volta che cercano di mettere mano su quella legge. Un primo tentativo vi era stato da parte di Rosato già nel 2014 presentando una proposta di legge A.C. 2287 , stampata il 2 luglio 2014, che interveniva profondamente su alcuni aspetti della Legge del giorno di Ricordo, che Boris Pahor, per esempio, ha definito come legge poco europea e dove si proponevano anche corposi finanziamenti alla Lega nazionale. Poi vi è stato un secondo tentativo, da parte della Meloni, intervento simile a quello di Rosato, ma dove tra le altre cose si proponevano finanziamenti a favore della Società di studi fiumani che ha la proprietà dell'archivio museo storico di Fiume, pari ad euro 70.000 euro annui a decorrere dall’anno 2014. Niente da fare. Questa volta almeno non si parla di finanziamenti a certe e date realtà, e ciò è certamente una cosa da non sottovalutare. Se  più di dieci anni non sono bastati, per raggiungere i numeri epici che alcuni probabilmente speravano di raggiungere e che non potevano raggiungere per ovvietà della storia reale e non revisionista, si proroga il tutto sperando in qualche "miracolo" al contrario.



=== 5: ALTRE CILIEGINE ===


La Nuova Alabarda, 9/10/2016
 
L'UNICO INFOIBATO AL POZZO DELLA MINIERA DI BASOVIZZA, OGGI MONUMENTO NAZIONALE

Ma le autorità civili e militari, i politici, gli storici, le scolaresche ed i loro insegnanti, lo sanno che quando vanno a tributare onori ufficiali agli "infoibati" a Basovizza, in realtà l'unica persona che possono onorare è l'unica persona che è stata infoibata lì dentro, e che era un agente volontario nell'Ispettorato Speciale di PS, collaborazionista delle SS, che fu "infoibato" perché nel corso dei rastrellamenti cui partecipava si dedicava a torturare i prigionieri (anche i civili) con la corrente elettrica?

Il “caso Fabian”

Di infoibati nello Šoht ne risulta in realtà uno solo, l’ex tranviere triestino Mario Fabian che si arruolò volontario nell’Ispettorato Speciale di PS. Le persone che confessarono di avere arrestato Fabian e di averlo gettato nel pozzo della miniera furono processate e condannate nel 1949. Dalla sentenza n. 8/49 RG pronunciata dalla Corte d’Assise di Trieste il 24/3/49 emerge che alcuni partigiani si erano recati, il 4/5/45 verso le ore 16, a casa del Fabian, lo avevano arrestato e condotto a Basovizza, dove erano giunti verso le ore 18. Lì avevano consegnato il prigioniero nelle mani di altri tre partigiani, ordinando loro di distrigarlo (cioè di eliminarlo sbrigativamente) perché era un agente di polizia. 
Tra il 19 e il 20 gennaio ‘49 la polizia arrestò otto persone che «ammettevano i fatti», e nello specifico uno di essi ammise di avere ucciso Fabian con una raffica di mitra «a bruciapelo, colpendolo alla fronte», di avergli levato gli stivali e di averlo «gettato nel baratro, con l’aiuto dei compagni». Le confessioni degli arrestati si sarebbero avute subito, confermate successivamente al giudice istruttore il 28 gennaio. Il processo si concluse con la condanna per omicidio per due degli imputati, il comandante del gruppo che aveva arrestato Fabian (ed avrebbe detto agli altri di “distrigarlo”) e l’esecutore materiale.
Nella sentenza c’è un passaggio che ci sembra strano, anche perché non ne abbiamo trovato di simili in altre sentenze del genere e cioè che la Corte ritiene «attendibili» i verbali stesi dalla Polizia, poiché «contengono le dichiarazioni veramente e liberamente fatte allora dai giudicabili, perché nessuno di essi ha affermato essere dovute le confessioni rese a estorsioni o a intimidazioni». Evidentemente all’epoca c’era chi aveva pensato il contrario, altrimenti a che pro mettere per iscritto una cosa del genere? 
Questo processo fu poi annullato dalla Cassazione, e nel corso del secondo processo la difesa produsse la copia di una circolare del Distretto Militare per l’Istria datata 27/4/45 ed inviata alla sezione operativa del IX Korpus. In essa si leggono i nomi di Collotti e di sei dei suoi accoliti (tra i quali anche quello di Mario Fabian) e l’esplicito ordine di arrestarli e fucilarli. Tale circostanza fu confermata anche da un documento firmato da un capitano dell’Esercito jugoslavo, Ante Jelas, documento che fu prodotto alla Corte. Quindi gli imputati furono assolti, in quanto «non punibili avendo eseguito un ordine illegittimo quando la legge non consentiva loro alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine stesso» .
Leggiamo ora cosa scrisse l’Unità (“I crimini del brigante Collotti rievocati ad un processo per sequestro di persona”, 28/6/50) di questo secondo processo.
«Daniele Pettirosso ha raccontato come l’8 gennaio del 1945 in seguito ad un rastrellamento effettuato dai nazisti e da agenti della Collotti a S. Antonio Moccò, egli venne arrestato e condotto all’Ispettorato di via Cologna. Quivi fu interrogato saltuariamente per ben diciassette giorni e fra i suoi aguzzini il Fabian fu quello la cui fisionomia gli restò impressa. Infatti fu proprio il Fabian che lo legò alla famosa “sedia elettrica” durante “l’interrogatorio” all’osteria di Moccò». 
Seguono alcune testimonianze che parlano del rastrellamento: 
«L’imputata Hrvatič ha detto: -Avevo notato il Fabian fra gli agenti che parteciparono al rastrellamento del 10 gennaio 1945 nel paese di Moccò-, fatto confermato indirettamente dalle dichiarazioni della teste Vittoria Zerial, vicina di casa della famiglia Fabian: -Conoscevo il Fabian. Un giorno (…) mi disse di avere partecipato a un rastrellamento in quel di Moccò e se avesse comandato lui, avrebbe fatto arrestare anche il parroco del paese che aveva suonato le campane per dare l’allarme agli abitanti».

(si veda il dossier sulla "foiba" di Basovizza in
http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2012/01/la-foiba-di-Basovizza.pdf)


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IL PRIMO GIORNO DEL RICORDO DELLE "VITTIME DEL COMUNISMO PARTIGIANO"? FU ISTITUITO GIÀ DA MUSSOLINI IL 30 GENNAIO 1944 NELL'ITALIA OCCUPATA...  

SI VEDANO:

Prima pagina del Corriere della Sera del 20 gennaio 1944

Stralcio del rapporto al Comitato Centrale del Partito Comunista Sloveno n°6 dell’8 febbraio 1944 riguardante la celebrazione e le “controcelebrazioni” del 30 gennaio 1944.

Testo del volantino diffuso dal Pci nell'Italia occupata in occasione delle celebrazioni fasciste del 30 gennaio 1944

http://www.diecifebbraio.info/documenti/#300144


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ARTE DI REGIME: "GLI ITALIANI, VITTIME ACERBE DI UNA PULIZIA ETNICA"

http://ilpiccolo.gelocal.it/tempo-libero/teatro/evento/rumoroso_silenzio-82871.html

“Un ragazzo, in gita con la classe, attratto nell’antro di uno dei magazzini del Porto Vecchio di Trieste, si stacca dal gruppo fino a perdersi. In un clima surreale e fantasmagorico di polveri e lenzuola, ode sibilare un misterioso vento, che si fa voce di ricordi atroci sopiti dalla politica del “guai ai vinti”. E’ la memoria collettiva di un popolo. Gli Italiani, vittime acerbe di una pulizia etnica che, in Istria-Dalmazia, pare ormai cronaca ricorrente. Cambia bandiera la nazione, ma la falce della morte è la stessa ovunque. Ecco allora che, come sogni o colpi di magia, prendono forma dalle cose le romantiche e tragiche vite di Ferdinando e Norma, giovani Italiani, erroneamente etichettati come fascisti in una squallida e ignobile equazione senza senso. Le vite dei due giovani amanti si fondono con lo scorrere di quei giorni rossi di sangue, neri di morte. Tra amicizie adolescenziali, conoscenze fidate, nemici improvvisi, correnti di pensiero rimbalzate tra chi scappa, chi resta, chi lotta, confluite univocamente nella morte, intesa come perdita: della propria vita, della propria nazionalità, della propria identità, delle proprie cose, delle proprie case. Qualsiasi cosa scegli, qualcosa perderai. In questo quadro, Ferdinando e Norma cercano disperatamente si salvare il loro amore, la loro giovinezza, loro italianità, per coronare il sogno di un figlio e della pace. Si balla, ora a passo di risa, ora a passo di lacrime. Una speranza mai doma, folle e coraggiosa, lucida e vigliacca. Voci narranti fuori dal tempo svelano le scomode verità nascoste nelle buche della terra Istriana, negli abissi offuscati di una storia impari e una coscienza volubile. Tiriamo fuori dalla foiba i corpi, che possano parlare, che possano danzare, che possano cantare e poi raccogliersi stretti, innamorati, cresciuti e maturi di verità svelate in un Rumoroso Silenzio”.


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<< SONO PASSATI QUASI TRE MESI E STIAMO ANCORA ASPETTANDO. >> (C.C.)


Due settimane per fare luce sui nomi degli infoibati 

È il tempo richiesto da Clara Morassi Stanta per esaminare le carte ufficiali 
Urizio (Lega Nazionale): «Risultato colto grazie a bravura unita a fortuna»

di Stefano Bizzi
su Il Piccolo del 20 novembre 2015

Due settimane. È il tempo chiesto da Clara Morassi Stanta alla Lega Nazionale di Gorizia per incrociare i nomi contenuti nelle liste sulle foibe ritrovate all’archivio storico della Farnesina con quelli delle liste già note al Comitato dei congiunti dei deportati in Jugoslavia. Solo allora sarà possibile avere conferma dei numeri emersi grazie alla relazione rinvenuta al ministero degli Affari esteri dalla spedizione composta da Fabio Urizio, Ivan Buttignon e Lorenzo Salimbeni. Il fascicolo relativo alle persone scomparse da Gorizia nel maggio 1945 conta 1.023 nomi suddivisi in tre elenchi: il primo di 23 pagine, il secondo di quattro e l’ultimo di cinque. Sono soltanto tre, invece, le pagine relative ai cosiddetti “rientrati”. Sul frontespizio del fascicolo - anche questo è timbrato dall’Ufficio informazioni dello Stato maggiore del Regio esercito - viene specificato che si tratta di 204 persone. Di certo una è già stata esclusa perché accanto alla data di ritorno viene riportata un’indicazione inequivocabile: “10.8.1945 Fucilato”; per le altre, le verifiche sono doverose anche perché alcune date di ritorno non sono affatto indicate. Tra quelle indicate, la più in là nel tempo è quella dell’11 agosto. «Il numero delle persone scomparse e di quelle rientrate è in fase di verifica», ribadisce il presidente della Lega Nazionale di Gorizia. Urizio ricorda che se la priorità riguarda i nomi, nel migliaio di documenti rinvenuti a Roma sembrano esserci materiali, per certi versi, più interessanti. «Ci sono diverse cose anche sull’Esodo», dice riferendosi alle parole del presidente dell’Unione degli Istriani Massimiliano Lacota. In merito alla legge slovena sulle riparazioni dei torti, aggiunge quindi: «Magari non sono le dichiarazioni fatte di fronte al notaio di cui si è parlato oggi (ieri, ndr), ma sono comunque dichiarazioni rilasciate di fronte ai carabinieri. Il prossimo 10 febbraio, nella Giornata del ricordo, ci saranno molte cose nuove da dire sull’Esodo». Più in generale Urizio si sofferma sui motivi della ricerca. I fatti legati alle Foibe sono stati strumentalizzati politicamente per decenni e hanno diviso nettamente l’opinione pubblica di destra e di sinistra. A 70 anni di distanza le ferite di molte famiglie non sono state ancora rimarginate. «È doloroso non avere una tomba sulla quale pregare e parlare con il proprio caro – nota Urizio -. Per cui è un dovere morale permettere ai parenti delle vittime di ricordare i loro morti. Il nome dei propri congiunti sulla lapide sostituisce la tomba ed è per questo che il monumento al Parco della Rimembranza andrà aggiornato alla luce delle nostre ricerche. Ricordiamo inoltre, al fine di cancellare ogni polemica, che tutti hanno diritto ad una tomba, indipendentemente dalle ideologie che professano e dalle azioni che hanno fatto nella vita terrena». La Lega Nazionale deve ora mettere in ordine tutto il materiale raccolto. Trovarlo è stato come trovare il classico ago nel pagliaio. «È stata bravura unita a fortuna», ammette Urizio. “Bravura” perché, con metodo, il team di ricercatori è riuscito a circoscrivere i fascicoli di proprio interesse in un archivio «grande quanto piazza Vittoria»; “fortuna” perché avendo avuto a disposizione un tempo estremamente limitato «per consultarli, non poteva accedere a tutti i faldoni selezionati».



["Una cosa simile non s'è mai vista da nessuna parte!" Eppure... Sulle manovre in corso in Serbia per la riabilitazione della memoria del collaborazionista dei nazisti, Milan Nedić, si vedano anche i nostri post precedenti:
Revisionizam i protirevisionizam u Srbiji (22.10.2015.)
Nova Godina kod SUBNOR-a (20.1.2016.)
Sulla riabilitazione dei cetnizi e restaurazione dell'ancient regime in Serbia a seguito del colpo di Stato del 2000


Toga nigde nema!

1) SUBNOR: ЗНА СЕ КО ЈЕ НЕДИЋА ПОСТАВИО
2) SUBNOR: КВИСЛИНГ ЈЕ КВИСЛИНГ
3) SUBNOR: ТОГА  НИГДЕ  НЕМА!
4) REHABILITACIJA KVISLINGA NEDIĆA NEĆE PROĆI! (NKPJ) / НЕЋЕ  ПРОЋИ  КОЛАБОРАНТИ (SUBNOR)
Preko dve stotine antifašista okupilo se danas u Beogradu da iskaže svoj stav o pokušaju rehabilitacije fašiste i kvislinga, Milana Nedića...
5) ИЗДАЈА СЕ НЕ МОЖЕ ЗАБОРАВИТИ (SUBNOR)
6) ЗАУСТАВИТЕ ТЕРОР РЕВАНШИСТА (SUBNOR)


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Преносимо – Објављено под Актуелно |  26. јануара 2016.

ЗНА СЕ КО ЈЕ НЕДИЋА ПОСТАВИО

Из дневног листа ”Данас” преносимо текст Драгослава Димитријевића Белог, учесника Народноослободилачког рата и активног прегаоца у СУБНОР-у Србије, у жељи и да ширу јавност упознамо са темом која заслужује пажњу због упорног настојања појединаца да истину о збивањима у Другом светском рату преиначе.

”У текстовима објављеним у „Данасу“ 8. и 10. децембра и касније о поступку рехабилитације Милана Недића није се могло сазнати ко је и зашто поставио ђенерала Недића за председника српске владе за време немачке окупације Србије 1941-1944. године, због чега је та администрација названа влада када није имала шира овлашћења од дотадашње комесарске управе Милана Аћимовића, зашто се Недић одметнуо од краља и југословенске владе и није реаговао на распарчавање Југославије, зашто се прихватио да служи окупатору, чиме је укаљао част српског и југословенског оружја, што га је коштало и чина који му је одузео краљ Петар Други итд.

Да би се саслушала и друга страна, овде се наводи телеграм упућен из Београда Министарству спољних послова немачке владе у Берлину, 29. августа 1941. године од стране Феликса Бенцлера, опуномоћеника тог министарства при Војноуправном команданту Србије, у Београду, који гласи:

„Телеграм (поверљиво). Београд, 29. август 1941. – 16,55 часова. Приспеће 29. августа 1941. – 17,40 часова.

Бр. 562 од 29.8. Н а ј х и т н и ј е!

Пошто се све јасније показивало да овдашње немачке војне и полицијске снаге и поред најјачег ангажовања и незнатног губитка, нису довољне за уништење нарастајућег комунистичког покрета, а, са друге стране, одбијено је тражено појачање, то се морао учинити покушај да сами Срби униште комунистички покрет и да се тиме спречи уједињење комунистичког и националног елемента – чему се тежи. Досадашња комесарска влада, као што је све извесно, није за то више била у стању.

Војноуправни командант се због тога одлучио да за образовање владе задужи популарог ранијег министра рата генерала Милана Недића који је познат као непријатељ комунизма. При том му је оставио слободне руке у избору својих сарадника и учинио га лично одговорним за то да у кратком року разбије устанички покрет у земљи. Данас је Недић поднео листу својих сарадника. Према њој, Аћимовић задржава министарство унутрашњих послова. Љотићева група је заступљена са три министра. Иначе листа садржи већином безбројне личности, са изузетком министра Поште и саобраћаја, генерала Јосипа Костића, познатог као способног. Мада сва имена не задовољавају, Недићев предлог је прихваћен да би се могло одмах енергично почети са борбом против комунистичког терора. Образовање владе ће бити објављено рано у суботу.

Да би се подигао ауторитет генерала Недића пред његовим министарским колегама и у земљи, он ће носити титулу министра – председника а његови сарадници титулу министра.

Међутим, утврђено је да де факто нови владин гремијум не добија никакве нове стварне надлежности које сада није имала комесарска влада. Осим тога, ново регулисање значи ударац против тобожње владе Симовића у Лондону, којој се извлачи тло испод ногу.

Војноуправни командант није генералу Недићу давао никаква обећања као противкандидату за уништење комунистичког устанка. Само је стављено у изглед повећање жандармерије од 5.000 на 10.000 људи и образовање локалних помоћних борбених јединица. Овим се Недић нада да створи ред, зашто је свакако услов да га следи компактно становништво. Пошто влада у целини није јача од претходне све зависи од тога да ли ће Недић као личност испољити очекивану покретачку снагу. Уколико то пропадне, онда преостаје само да командант без српске помоћи управља земљом и да преузме војничко уништење устанка само немачким трупама.

Препоручујем да се образовање владе у немачкој штампи третира као унутрашња српска ствар и само кратко,  при чему би се могло напоменути да се овим српском народу даје још једна могућност да се сопственим снагама ослободи од комунистичког поробљавања земље. Бенцлер“.(Снимак телеграма (писаног на машини) у АVII, Бон-2, с.747/8).

Дакле, војноуправни командант је поставио Недића као осведоченог антикомунисту за председника српске владе да би помогао окупатору да угуши устанак у Србији који су организовали комунисти.

У телеграму упућеном 15.11.1941. Команданту оружаних снага на Југоистоку, опуномоћени командујући генерал у Србији Беме је написао је и ово:

„Армијски генерал Недић, у свом досадашњем руковођењу, што се тиче коректности био је лојалан и својим средствима против устаника, упркос многим тешкоћама, постигао је видне успехе против комуниста. Недић је понављао молбе да се устаничка места бомбардују… (Подвукао приређивач овог текста).

Ја сам дошао до убеђења да је даље вођење послова председника владе од стране армијског генерала Недића било правилно и да по циљу служи немачким интересима…“(Снимак оригинала (писаног на машини) у AVII, НАВ – Т – 501, р4.251. с263 – 7).

Документи непобитно потврђују да је војноуправни командант поставио Недића као осведоченог антикомунисту за председника српске владе да би помогао окупатору да угуши устанак у Србији који су организовали комунисти”.        


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Преносимо – Објављено под Актуелно |  5. фебруара 2016.

КВИСЛИНГ ЈЕ КВИСЛИНГ

Из дневног листа „Политика“ преносимо текст о актуелној теми која има шири значај. Новинар Никола Белић је аутор.

„Јесте радио с Хитлером, али…“ На овај начин Милана Недића правдају они који за њега траже рехабилитацију пред судом демократске, а не више комунистичке Србије. Можда ни не знају да хоће да рехабилитују човека који између та два система није правио велику разлику и чији је режим на лецима тврдио да је „демократија претходница комунизма“.

Десница у Србији све гласније тврди да је Милан Недић био само „жртва“ несрећних историјских околности, да је био приморан на срадњу с Адолфом Хитлером, у мисији спасавања српског народа. Њега је „задесило“ да предводи режим који је помогао Немцима да убијају и муче Јевреје, Роме, али и нелојалне Србе – комунисте и четнике који су се борили против окупатора. Он је био „принуђен“ да помаже Немцима и на Бањици и да храном снабдева Старо сајмиште. Потом је био „приморан“ да шири антисемитску пропаганду преко свог „Новог времена“, да измишљају јудео-масонске завере и да мање или више допринесе да Немци 1942. Београд прогласе за „јуденфрај“, што је био један од најјезивијих израза у историји човечанства.

Истина је да је Недићева Србија пружила уточиште стотинама хиљада Срба који би највероватније скончали у логорима НДХ. Да ли га то заиста ослобађа терета издаје и колаборације са једним од најчудовишнијих режима у истрорији? Није ли он био Хитлеров сарадник док су Немци убијали у Крагујевцу, и не само у Крагујевцу? Историчари се не слажу око тога да ли је он знао да се спрема стрељање ђака у Шумарицама. Можда и није знао. Но да ли они који верују Недићу на реч да није знао ништа о овом зверству, верују и милионима Немаца који нису хтели да знају ништа о Аушвицу и Дахауу?

Многи за Недића траже неки посебан статус, приписују му племените побуде, кажу да није био „обичан квислинг“. У Норвешкој нико не тражи рехабилитацију за Видкуна Квислинга, чије је име постало синоним за издају. Можда је Недић необичан највише по томе што би могао да постане први рехабилитовани злочинац те врсте у Европи.

Посебно запањује цинизам са којим неки десничари Недића пореде са савременим српским политичарима: све лидере од 2000. оптужују за колаборацију са Западом, као да су данашњи Вашингтон и Брисел настављачи Трећег рајха, а тврде да је Недић деловао из племенитих побуда, док ови бирани на демократским изборима то чине због власти.

Коначно, ако су већ заиста комунисти толико искривили слику о Недићу, па је домаћа јавност тобоже остала ускраћена за истину, тешко да је Титова пропаганда могла да обмане Слободана Јовановића. Један од највећих српских умова и историчара 20. века имао је најмање разлога да верује комунистима, због којих је до смрти остао у Лондону. А његов суд био је јасан – Милан Недић је међу највећим ратним злочинцима“.


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Оштар протест – Објављено под Актуелно |  5. фебруара 2016.

ТОГА  НИГДЕ  НЕМА!

Савез удружења бораца Народноослободилачког рата, СУБНОР Београда, најенергичније протествује против намере да се судским путем рехабилитује Милан Недић који је током Другог светског рата био председник српске владе намештене одлуком хитлеровске окупационе власти.

”Преко 17 хиљада чланова само у главном граду наше државе ће се – наглашено је у саопштењу – свим расположивим демократским средствима супротставити покушајима којих нигде у свету нема”.

Београдска организација скреће пажњу јавности на срамно мењање имена улица и тргова, школа, ревидирање уџбеника, прекрајање укупне историјске истине и тиме одузимање части коју је достојном борбом и слободарством наша отаџбина извојевала заједно са антихитлеровском коалицијом у сламању фашистичких армада у Другом светском рату.

Низ месних организација СУБНОР-а, заједно са Републичким одбором и Председништвом, већ годинама указују на повампирење идеолошке заслепљености десничарских кругова и ретроградних појединачних и групних жеља да се у Србији поништи славна Народноослободилачка борба и на сцену врате и оправдају силом на срамоту колаборанти које је, после победе у тешком рату, читава поштена планета изопштила означавајући их као непријатеље човечанства и измећаре фашиста освајача.

Како се сада могу, после деценија и настојања да будемо део ЕУ засноване на цивилизацијским тековинама антифашизма, прихватити исфорсирани и неутемељени судски процеси (многи покренути од наследника да би вратили ко зна на који начин стечену имовину) коју часну Србију и током Другог светског рата покушавају да свале у каљугу издајништва.

Слободарски Београд и поносна антифашистичка Србија то неће допустити. Судови јесу независни, али има демократских могућности да се укаже на поступке који нису у општем интересу и темељно угрожавају бољитак коме тежимо и непорецив углед у свету.


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REHABILITACIJA KVISLINGA NEDIĆA NEĆE PROĆI!

Preko dve stotine antifašista okupilo se danas da iskaže svoj stav o pokušaju rehabilitacije fašiste i kvislinga, Milana Nedića. NKPJ i SKOJ uzeli su jednu od vodećih uloga u ovom protestu. Današnjim protestom poslali smo jasnu poruku – rehabilitacija izdajnika ne sme i neće proći.

Više od dvesta antifašista okupilo se danas ispred Višeg suda u Beogradu, ulica Timočka 15, kako bi izrazili protest protiv sramnog pokušaja rehabilitacije fašističkog kvislinga Milana Nedića. Učesnici protesta su, mahom, nosili komunistička obeležja. Uzvikivali su parole proput: “Služio je Hitlera, sluga okupatora”, “Hitlera je služio, s ustašama družio”. Oni su pevali partizanske pesme i dostojanstveno i energično poslali svoju poruku.

Sa druge strane, iako propagiranje fašizma nije dozvoljeno zakonom, ipak je danas zakon štitio fašiste. Država, verovatno zabrnita zbog malobrojnosti okupljenih fašista i zabrnuta da se njihov glas neće dovoljno ćuti, dozvolila je ovoj grupici korišćenje megafona. Sa druge strane, pred sam početak protesta policija je legitimisala pripadnike naše partije i našeg omladinskog saveza i strogo zabranila korišćenje megafona, preteći krivičnim prijavama. Noseći zastave Dimitrija Ljotića, zatim “južnjačku zastavu”, simbol rasizma i brojna (zakonom zabranjena) nacistička obeležja. Uzvikivali su sramne parole, za koje bi trebalo odmah da budu osuđeni: “Vidimo se na Banjici, Jajincima”, i slično...

Ističemo da je ovo samo jedna u nizu akcije koje će NKPJ i SKOJ sprovesti u cilju sprečavanja sramne rehabilitacije. Oštro se suprotstavljamo sramnom prekrajanju istorije, stavljanjem četnika, a zatim i fašista na stranu onih koji su zaista branili zemlju od okupatora.

Da podsetimo, razlozi zbog kojih se NKPJ i SKOJ protive rehabilitaciji Milana Nedića su sledeći:

- Milan Nedić je bio izdajnik srpskog naroda i Jugoslavije koji je služio interesima naci-fašističkog okupatora u Drugom svetskom ratu

- Milan Nedić je bio na čelu kvislinške marionetske „vlade“ koja je služila i pomagala okupatorskim trupama

- Milan Nedić je oganizovao kvislinške jedinice koje su se borile protiv oslobodilačkog partizanskog pokreta a finansirale su ih okupacione vlasti

- Milan Nedić je tokom Drugog svetskog rata na prostoru Jugoslavije bio na istoj strani na kojoj su bili i drugi izdajnici jugoslovenskih naroda, belogardejci, ustaše, pro-fašističke milicije izdajnika muslimanskog naroda, zelenaši, balisti, folskdojčeri, VMRO-vci i naravno četnici

- Milan Nedić je organizovao masovna hapšenja Jevreja i Roma koji su ubijani u koncentracionim logorima i drugim mestima

- Milan Nedić je kao simpatizer fašizma donosio antisemitske i antiromske i druge rasističke zakone i propise 

- Milan Nedić je organizovao kazamate u kojima su ubijani komunisti, antifašisti i drugi rodoljubi

- Milan Nedić nije spasavao srpski narod, već je naprotiv Srbe predavao fašitičkom okupatoru i direktno je odgovaran za stradanje više desetina hiljada Srba 

- Milan Nedić je sramota srpskog naroda i zaslužuje samo prezir i gađenje

Rehabilitacija izdajnika neće proći!

Smrt fašizmu – sloboda narodu!

Sekretarijat NKPJ,

Sekretarijat SKOJ-a,

Beograd,

08.02.2016.



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Београд – Објављено под Актуелно |  8. фебруара 2016.

НЕЋЕ  ПРОЋИ  КОЛАБОРАНТИ

Срамотно је да се у 21.веку на улицама Београда, граду хероју и страдалнику у Другом светском рату, појављују аветињски симболи нацистичких окупаторских армада и туђинске заставе и фотоси колабораната који су, постављени да верно служе хитлеровцима, завили у црно хиљаде породица Срба, Јевреја, Рома и других грађана.
Осуђених на смрт само због тога што не припадају ”аријевском соју” и нису по искривљеном идеолошком укусу твораца тадашњег погромашког поретка и покорних егзекутора.
Ново рочиште у судници на београдском Црвеном крсту окупило је предлагаче рехабилитације Милана Недића, председника владе у поробљеној Србији претходно и генерала краљевске војске, затим више десетина аплаудера таквом чину.
Али и, у исто време, велики број антифашиста, посебно чланова респектабилног СУБНОР-а који су се окупили на позив Градског одбора, да јавно и оштро изразе протест што се још једном у задње време грубо фалсификује историјска истина и, на основу недоказивих накнадно ширених ”сазнања”, осведочени сарадници окупатора желе да силом на срамоту прогласе доброчинитељима и тобожњим спасиоцима поробљеног народа.
Изабраник хитлеровске солдатеске, смештен у фотељу председника наметнуте владе, побегао је главом без обзира са својим газдама пред ослобођење Београда 1944. Дотерао је до Аустрије, одакле су га припадници британске армије, у оквиру антифашистичке коалиције којој су све време Другог светског рата били поуздан ослонац Народноослободилачка војска и партизанске јединице, вратиле победничким властима. У нашем главном граду спремано је суђење за разнолика недела колаборације, а током истражног поступка Недић је извршио самоубиство.
Рочиште одржано овог 8.фебруара забринуло је широку јавност не само Србије што су се у Београду, пред судском зградом, појавили појединци са уздигнутим хитлеровским поздравом, сликама не само Недића него и озлоглашеног челника окупацијске ”зборашке” дружине Љотића, а чуле су се и песме и повици карактеристични за мрачне дане Другог светског рата.
То није и не могу бити ни Београд ни Србија који су дали немерљив допринос сламању фашизма у поробљеној Европи. Слободарски народ ове земље није, без обзира на колаборанте, никад сарађивао са окупаторима и горд је на антифашизaм којим се поноси сав поштен свет. И удружене државе нашег континента којима тежимо и због тога што борбу против фашизма и нацизма прихватају и шире као цивилизацијску тековину.
СУБНОР је баштиник славне традиције и свим демократским средствима ће се, верујући у резум правне државе, одупирати враћању рецидива издаје, прогона, реваншизма, ретроградних идеја за које се веровало да их никад више нико неће ни помињати.
Градска организација Београда ће у том смислу, посебно због локација судова којима су у надлежности ”предмети” накнадне памети извесних политичких групација и појединачних интереса, наставити окупљања и, на захтев многобројног чланства, јавно се супротстављати наметнутим неодрживим покушајима рехабилитације колабораната у Другом светском рату.
Протествоваће и сви којима је Србија на срцу. Извитоперивањем прошлости нема бољитка у будућности.



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Зрењанин – Објављено под Актуелно |  8. фебруара 2016.

ИЗДАЈА СЕ НЕ МОЖЕ ЗАБОРАВИТИ

У Зрењанину и низу места одржаће се протести због покушаја рехабилитације Милана Недића.
Желимо да искажемо неслагање и критику због погубног чина, а за који сматрамо да је у служби нацистичке идеологије којом се покушава манипулисати јавност и прекрајање историје. Тиме се урушава темељ антифашизма и антифашистичке борбе како у Зрењанину, Војводини тако и у Србији – каже се у прогласу Антифашистичке акције.
Улога Недића није само у расним депешама, говорима, уредбама за хапшење, одузимању имовине и обезбеђивању логора у тадашњој Србији, као и у Недићевом „доприносу“ холокаусту Јевреја, Рома и масовним затварањима и стрељањима антифашиста/киња.
Милан Недић и његова квислиншка влада пристали су на споразум о четворогодишњој експлоатацији уже Србије бесплатне радне снаге за принудне радове за Трећи рајх и безусловно давање пољопривредних добара и производа. На мети експолатације су посебно били пољопривредни крајеви као што је Зрељанин и Банат, који су били и под индиректном контролом Милана Недића.


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Шумадија – Објављено под Актуелно |  8. фебруара 2016.

ЗАУСТАВИТЕ ТЕРОР РЕВАНШИСТА

Они што траже да се лажни пријатељ српског народа Милан Недић рехабилитује не желе да прихвате доказе на основу којих народ Шумадије слободарске и Крагујевца града страдалника и непокора подсећају још једном антифашисте и целокупну домаћу и страну јавност.
Још у јесен 1941. године у Смедеревској Паланци су Милан Недић и његов министар Велибор Јонић формирали Завод за принудно васпитавање омладине,  концентрациони логор јединствен у овом делу Балкана јер је у њему српска младост психичким и физичким методама приморавана да се одрекне антифашизма и НОП и прихвати Недићев програм стварања „Велике Србије“ у оквиру Хитлерове такозване нове Европе. Из тог логора је на Јајинце, Бањицу, на стрелиште, послато 318 лица уз благослов Недића и његових помагача злочинаца Бошка Бећаревића и Драгог Јовановића.
У центру Шумадије, у Крагујевцу, на Метином брду, по налогу Недића и осведоченог крвника  са шумаричког стратишта Марисава Петровића формиран је конценрациони логор где су из Шумадије (Тополе, Раче, Аранђеловца, Свилајнца и Крагујевца) затворени припадници НОП и недићевци стрељали њих 69 а у логоре на Бањицу и у Немачку интернирали 267 родољуба.
Баш због тога и таквих „заслуга“ квислинг Милан Недић био је гост Адолфа Хитлера и његовог министра Рибентропа.
Крагујевачке Шумарице памте по злу Недићеве припаднике „српске државне страже“ који су се утркивали ко ће пред немачке митраљезе извести више грађана Крагујевца. То се не може и никад неће заборавити. Зар  и то, а није на жaлост све, опомена да се не сме ћутати?
Патриоте, антифашисти, борци НОР-а, њихови потомци и симпатизери, резервне војне старешине и сви којима на срцу и души лежи љубав према слободи и Србији оштро дижу глас против покушаја срамне рехабилитације.
И сложно поручују да неће дозволити прекрајање историје и величање оних које су Србија и њен народ упамтили по злу.
Срби, Јевреји, Роми и сви други којима је нанео зло Милан Недић, један од водећих квислинга Србије, поново су у истом строју који одлучно каже НЕ повампирењу фашизма – стоји у саопштењу СУБНОР-а Шумадије и Крагујевца.





Le nostre F.A.Q. (DOMANDE FREQUENTI)

Glossario su confine orientale, “foibe” ed “esodo”, Giorno del Ricordo e dintorni…

  • 10 FEBBRAIO 1947

Giorno in cui fu sottoscritto il Trattato di Pace con cui l’Italia regolò i suoi conti e concluse le vertenze aperte con la Seconda Guerra Mondiale, specialmente riguardo alla Jugoslavia ed ai confini orientali. In quanto tale, ogni anno il 10 Febbraio dovrebbe essere un anniversario di festa; viceversa, lo Stato italiano lo ha reso per legge una data per tutte le recriminazioni (vedi: GIORNO DEL RICORDO).

  • ANVGD

La Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia -ANVGD- si è caratterizzata nei decenni come una delle realtà associative degli “esuli” istriano-dalmati più apertamente irredentiste. Sorta dal raggruppamento di numerosi comitati locali operanti già prima del 1947, sin dalla sua nascita ha dichiarato superata la discriminante antifascista. Coerentemente a ciò ha annoverato tra i suoi presidenti personaggi come Libero Sauro (dal 1954 al 1963), comandante dopo l’8 settembre ’43 del Reggimento Istria della Milizia difesa Territoriale (l’equivalente della Guardia Nazionale Repubblicana della RSI), formazione di volontari al servizio dei nazisti nella Zona d’operazioni Litorale Adriatico, e Maurizio Mandel (nel 1955-56), medico, presunto criminale di guerra in Jugoslavia; e tra i suoi dirigenti Bruno Coceani, prefetto di Trieste di nomina nazista, Arturo De Maineri, segretario del Partito fascista repubblicano a Fiume durante l’occupazione nazista, e altri simili personaggi. Riccardo Zanella, ex Presidente dello Stato Libero di Fiume, la definì un “covo di fascisti, di squadristi, di collaboratori dei tedeschi, di picchiatori, di oppressori e di calunniatori di professione degli antifascisti” (Lettera di Riccardo Zanella al Presidente del Consiglio dei Ministri del 22.10.1947. Archivio Centrale dello Stato, Fondo Presidenza del Consiglio dei Ministri – Gabinetto, fasc. 1.6.1/25049/38). Lo Statuto associativo, fino al 2012, riportava testualmente: “II – SCOPI E FUNZIONI ; Art .2 L’Associazione (…) si propone di (…) compiere ogni legittima azione che possa agevolare il ritorno delle Terre Italiane della Venezia Giulia, del Carnaro e della Dalmazia in seno alla Madrepatria, concorrendo sul piano nazionale al processo di revisione del Trattato di Pace per quanto riguarda l’assetto politico di tali terre“. Oggi la ANVGD è la principale organizzazione dell’arcipelago degli “esuli” e svolge un ruolo egemone nelle iniziative connesse al Giorno del Ricordo, direttamente o nell’ambito della FederEsuli. Per approfondimenti si veda p. es. la pagina dedicata sul sito di CNJ-onlus.

  • BASOVIZZA, FOIBA DI

Principale esempio di falsificazione–esagerazione delle ricostruzioni storiche in merito a presunte violenze indiscriminate che sarebbero state commesse dai partigiani jugoslavi. In merito si leggano le smentite dei neozelandesi e la analisi di Claudia Cernigoi.

  • CAMPI DI CONCENTRAMENTO ITALIANI

Il numero complessivo dei campi d’internamento distribuiti lungo l’intero territorio nazionale (…) raggiunse la cifra di 200 nel solo Regno d’Italia. (D. Conti: L’occupazione italiana dei Balcani, p.54).
Il numero dei prigionieri nei campi, nell’autunno 1942 ammontava a 89488. In base a documentazione incompleta, 149638 cittadini jugoslavi sono passati per i campi. (…) Solo per la Slovenia abbiamo una evidenza pressoché esatta: 67230 persone, di cui 50559 uomini, 2698 uomini anziani e 4282 bambini. Poiché la popolazione della parte di Slovenia sotto occupazione italiana ammontava a circa 360000 individui, questo significa che circa il 18% della popolazione fu imprigionata. (dal capitolo 6 del libro REPORT ON ITALIAN CRIMES AGAINST YUGOSLAVIA AND ITS PEOPLES).
Una vera e propria strage di civili si ebbe nel campo di Arbe/Rab, a causa delle condizioni disumane di internamento. Per ulteriori informazioni e dati sui vari campi si vedano i siti www.campifascisti.it e https://www.cnj.it/documentazione/campiconcinita.htm

  • CLN di Trieste

Prevale nella pubblicistica un intento di vittimizzazione del Comitato di Liberazione Nazionale -CLN- di Trieste, che sarebbe stato emarginato e perseguitato dagli antifascisti comunisti e sloveni. In realtà il CLN di Trieste, a causa delle sue posizioni nazionaliste italiane, si pose in contrasto frontale con le direttive del CLN Alta Italia (CLN-AI, l’organismo supremo della Resistenza in Italia) che ordinavano la collaborazione degli antifascisti italiani con le formazioni partigiane jugoslave nelle aree del confine orientale: cfr. sul nostro sito l’articolo LUCI ED OMBRE DEL CLN DI TRIESTE e tutti gli articoli con lo stesso tag.

  • COSSETTO, NORMA

Figlia di Giuseppe, possidente istriano, segretario del fascio a S. Domenica di Visinada, capomanipolo MVSN, già squadrista sciarpa Littorio, ed attivista lei stessa dei GUF. Le testimonianze sulla morte sono piene di incongruenze sulle modalità della esecuzione e lo stato in cui fu ritrovato il cadavere. Al suo nome venne poi intitolata, nel seguito della guerra, una Brigata nera femminile operante presso Trieste. Norma Cossetto è oggi universalmente trattata da “martire dell’italianità” e praticamente in ogni località italiana esiste un elemento di toponomastica o addirittura un monumento che la celebra. Ovviamente, è stata anche insignita dell’onorificenza prevista dalla Legge 92/2004 (vedi: GIORNO DEL RICORDO). Sul tema si veda il dossier pubblicato su questo sito.

  • CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI

La gran parte dei responsabili dei CRIMINI DI GUERRA ITALIANI (vedi) sono rimasti impuniti, sono passati indenni attraverso le vicende della II Guerra Mondiale e sono stati persino riciclati nel Dopoguerra in funzioni utili alla continuità dello Stato e alle strategie della NATO. Su questo tema raccomandiamo ad esempio la lettura dell’omonimo libro di Davide Conti.

  • CRIMINI DI GUERRA ITALIANI

L’esercito dell’Italia fascista aggredì ed occupò ampi territori della Jugoslavia a partire dal 6 aprile 1941. Nel corso della guerra, soldati regolari e Camicie nere si resero responsabili di incendi e distruzioni di villaggi, fucilazioni di massa, internamento di antifascisti e semplici civili in gran numero, causando una vera e propria “pulizia etnica” di alcune aree in Slovenia, Istria, Montenegro. Per una rassegna di questi crimini consigliamo di partire dalla mostra Testa per Dente, interamente disponibile su questo sito, e dalle fonti ivi riportate.

  • CUORE NEL POZZO

Sceneggiato di propaganda slavofoba prodotto dalla RAI nel 2004-2005: per una analisi rimandiamo a questo video.

  • “ESULI”

Il termine “esuli” per le persone di origine giuliana, istriana e dalmata che hanno abbandonato le loro terre natìe durante e dopo la II Guerra Mondiale è spesso usato in maniera impropria. Innanzitutto, l’emigrazione ha avuto molteplici ragioni (incluse quelle meramente economiche, tipiche del fenomeno di urbanizzazione) e non ha riguardato solo italiani ma anche sloveni e croati. Per quanto riguarda i fattori di carattere politico-ideologico, tra chi abbandonava la Jugoslavia c’erano: persone semplici, soggette alla propaganda anticomunista violentissima per la quale erano state attivate strutture di pressione apposite dal Governo italiano (es. Radio Venezia Giulia); anticomunisti convinti; persone accusate o timorose di essere sotto inchiesta per collaborazionismo; veri e propri criminali fascisti; nazionalisti-irredentisti. E non erano solo italiani: in quel periodo Trieste pullulava di sloveni, croati e serbi legati ai movimenti fascisti e nazisti delle loro terre, che avevano anch’essi perso la guerra. Non solo: tra gli esuli di lingua italiana vanno annoverati i tanti “regnicoli”, vale a dire quegli italiani non originari bensì trapiantati in Istria e Dalmazia solo da pochissimi anni, essenzialmente nel periodo tra le due guerre mondiali. Dal luglio 1948 in poi, al moto migratorio si unirono anche comunisti filosovietici: dopo la Risoluzione del Cominform se ne andarono infatti tanti lavoratori, rappresentanti della classe operaia delle città e dei porti costieri, come ad esempio i portuali di Pola.
In seguito al trattato di pace di Parigi, agli abitanti di Fiume, Istria e Dalmazia fu accordata la facoltà di scegliere in tutta onestà se accettavano la nuova sovranità jugoslava, o se preferivano andar via: per questo chi sceglieva di andarsene veniva tecnicamente definito optante, e non esule.
L’afflusso di decine e decine di migliaia di persone verso Trieste e di qui verso le destinazioni più disparate è durato molti anni, concentrandosi soprattutto tra il 1947 ed il 1954. Si parla di solito di circa 350mila istriano-dalmati che hanno abbandonato la loro terra in quel periodo, ma la cifra è inferiore: per una disamina esatta si rimanda all’articolo di Sandi Volk su questo sito.

  • FOIBE

E’ invalsa una accezione estensiva, per cui vengono dette “foibe” tutte le cavità o buche (non solo quelle naturali di origine carsica, cioè le “foibe” in senso stretto) in cui sarebbero stati frettolosamente sepolti cadaveri di persone uccise durante la II Guerra Mondiale nella regione giuliana e istriana. Vedi anche INFOIBATI.

  • GIORNO DEL RICORDO

Con la Legge n.92/2004 è stato fissato al 10 Febbraio di ogni anno il «Giorno del ricordo» “in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale”; la stessa ricorrenza è l’occasione per la “concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati” (vedi ONORIFICENZE). La data è stata scelta nell’anniversario della sottoscrizione del Trattato di Pace (vedi: 10 FEBBRAIO 1947) allo scopo di recriminare sullo stesso Trattato, di fatto scambiando aggrediti ed aggressori della II Guerra Mondiale e delegittimando i confini riconosciuti internazionalmente.

  • INFOIBATI

Locuzione utilizzata, in origine, per le vittime di guerra della zona giuliana e istriana ai cui cadaveri sarebbe stata data frettolosa sepoltura collettiva gettandoli nelle c.d. FOIBE (vedi); tuttavia la tendenza attuale della pubblicistica e della storiografia di Stato è quella di indicare genericamente come “infoibati” tutti e soli gli italiani scomparsi nella zona per eventi di guerra, che si ipotizza siano stati liquidati da antifascisti o da formazioni dell’Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia. In questo modo, di fatto, tra gli “infoibati” vengono impropriamente annoverate anche persone imprigionate e morte per malattia (es. tifo) o morte per responsabilità non partigiana o non determinata.
In sintesi, gli episodi di “infoibamento” sono suddivisibili in due categorie:
* “foibe istriane”: episodi di jaquerie popolare avvenuti in Istria subito dopo l’8 Settembre 1943, che nel giro di poche settimane hanno visto perire circa mezzo migliaio di persone;
* sparizioni da Trieste e Gorizia, avvenute alla fine della guerra (maggio 1945); in prevalenza (molte centinaia, soprattutto per quanto riguarda Gorizia) trattasi di ufficiali italiani arrestati, condotti in campi di internamento jugoslavi e poi fucilati oppure morti per cause naturali (malattia); una minoranza (poche decine) sono gli “infoibati” nelle foibe del Carso triestino – si vedano l’elenco stilato dall’Ispettore De Giorgi (1947) e i dettagli nel libro di C. Cernigoi. Si veda anche il caso di BASOVIZZA (vedi).

  • MAGAZZINO 18

Magazzino situato presso il porto di Trieste, dove gli emigranti da Istria e Dalmazia nel dopoguerra stoccavano i propri beni più ingombranti (spec. mobilio) in attesa di trovare per essi una collocazione.  Spesso tali oggetti sono stati definitivamente abbandonati in quel magazzino in quanto obsoleti e di trasporto troppo gravoso.
Da tale magazzino prende il nome la pièce teatrale scritta e interpretata dal noto cantante pop Simone Cristicchi, nella quale le vicende degli italiani di Istria e Dalmazia sono ripercorse con accenti vittimistici, usando una chiave di interpretazione slavofoba e ostile al movimento partigiano: si vedano le recensioni e i commenti su questo sito e nel libro Da Sanremo alle foibe.

  • ONORIFICENZE AGLI “INFOIBATI”

La “concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati” è prevista dalla Legge n.92/2004 che ha istituito il GIORNO DEL RICORDO (vedi). A dieci anni dall’entrata in vigore di tale legge sono state concesse e consegnate 838 medaglie con relativo diploma; tra queste non sono infrequenti le ripetizioni e le attribuzioni a personaggi in effetti macchiatisi di crimini di guerra; inoltre, la gran parte dei “premiati” è definita “infoibata” in un senso molto generico e vago (si tratta piuttosto di persone scomparse). In ogni caso, i numeri conseguiti (alcune centinaia) non supportano la propaganda nazionalistica corrente, per cui è pronto un disegno di legge che dovrebbe consentire di formulare la richiesta anche a chi non è congiunto dell’infoibato

  • PARTIGIANI ITALIANI IN JUGOSLAVIA

Ha scritto Sandro Pertini, citando Giacomo Scotti: << La nascita del nuovo esercito italiano “inteso come esercito democratico antifascista e parte integrante della coalizione antihitleriana nella seconda guerra mondiale” deve essere anticipata (…) al 9 ottobre 1943, quando il Generale Oxilia, Comandante della Divisione di Fanteria da montagna “Venezia”, forte di dodicimila uomini, dette ordini alle sue truppe di attaccare i nazisti, coordinando le azioni militari con l’esercito popolare di liberazione della Jugoslavia. >> L’accordo tra il generale Gian Battista Oxilia e l’eroe nazionale jugoslavo Peko Dapčević fu stipulato presso Pljevlja, in Montenegro. Nei mesi successivi si unì anche la Divisione alpina «Taurinense» al completo, dando vita così alla Divisione Partigiana Italiana «Garibaldi», che nel 1945 rientrerà in Italia con poco più di cinquemila uomini, quasi tutti insigniti di Medaglie al Valore della Resistenza jugoslava. Si stima che più di 40mila soldati italiani ex occupanti si unirono formalmente ai partigiani jugoslavi, e circa 20mila perirono negli eventi bellici (fonti e approfondimenti).

  • PARTIGIANI JUGOSLAVI IN ITALIA

Molte migliaia di antifascisti jugoslavi, già internati sulla Penisola, hanno animato la Resistenza sul territorio italiano sin da subito dopo l’8 Settembre, non appena sfuggiti alla prigionia. I partigiani jugoslavi sono stati protagonisti assoluti in Umbria (i battaglioni “Tito” della Brigata Gramsci), nelle Marche (il battaglione “Stalingrado” della V Brigata Garibaldi Pesaro, le formazioni di Sarnano, di Roti, Massaprofoglio, eccetera) Le loro vicende sono passate in rassegna nel libro I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana.

  • PORZÛS

Malga sui monti della Slavia friulana, dove i partigiani “bianchi” della “Osoppo” furono giustiziati dalla formazione guidata da “Giacca” a seguito di gravi sospetti di collaborazionismo con il nemico nazista. La vicenda, molto complessa, è stata al centro di uno dei tanti processi anti-partigiani del dopoguerra, ed è costantemente strumentalizzata per demonizzare la componente comunista della Resistenza, accusata di essere “anti-italiana”. In proposito si vedano l’omonimo libro e l’articolo di Alessandra Kersevan.

  • “RIMASTI”

Dicesi degli istriani e dalmati di lingua e cultura italiana che hanno continuato ad abitare nella loro terra dopo la II Guerra Mondiale. Almeno 30mila, sono stati completamente ignorati o considerati con disprezzo in quanto “comunisti” al di qua dell’Adriatico, fino allo scioglimento della Jugoslavia, quando hanno cominciato ad essere vezzeggiati e strumentalizzati con finalità neo-irredentistiche. Su di loro si veda ad es. questo saggio.

  • UDOVISI, GRAZIANO

Pola 1925 – Reggio E. 2010. E’ il più celebre dei “sopravvissuti alla foiba”. Le diverse versioni del suo racconto, piene di particolari raccapriccianti ma anche di palesi incongruenze, nei decenni scorsi sono state oggetto di forti campagne mediatiche (la RAI lo ha premiato nel 2005 come “uomo dell’anno”). In realtà il giovane Udovisi dopo l’8 settembre 1943 si arruolò volontario nel 2° reggimento “Istria” della Milizia Difesa Territoriale, il corpo militare equivalente della Guardia Nazionale Repubblicana della RSI ma sottoposto alle dirette dipendenze del Terzo Reich nella Zona di Operazioni Litorale Adriatico. Si vantò di aver militato nel nucleo mobile “Mazza di Ferro” (formazione che seminò il terrore rastrellando partigiani per tutta l’Istria). A guerra finita, sapendo di essere ricercato, fuggì a Padova con documenti falsi, ma nell’agosto 1945 fu riconosciuto e arrestato. La sentenza della Corte d’assise straordinaria di Trieste del 30/09/46 (riprodotta integralmente in: Pol Vice, LA FOIBA DEI MIRACOLI. Indagine sul mito dei “sopravvissuti”, ed. KappaVu 2008, pp.190-196) condanò U. a tre anni di carcere per “avere, dopo l’8.09.43 … collaborato col tedesco invasore, favorendone i disegni politici”, in particolare di aver “imprigionato e barbaramente seviziato” tre partigiani, di cui uno morì. La condanna fu mite perché il giudice credette alla sua dichiarazione di essersi salvato da “una foiba istriana” con “un altro compagno…“.
Il libro citato presenta i risultati di un’approfondita ricerca collettiva che dimostra oltre ogni dubbio la falsità dei racconti di Udovisi e di altri presunti miracolati, rivela i retroscena della sua reale vicenda personale e ricostruisce puntualmente il contesto e i vari passaggi politici e mediatici dello sviluppo del mito dei sopravvissuti alle foibe. Si veda anche la nostra risposta a un libello del 2009 dove Udovisi viene (letteralmente) venerato come un santo..

  • VERGAROLLA

Località del litorale istriano, nei pressi di Pola, dove il 18 agosto 1946 una potente esplosione causò una strage. L’episodio ha sempre avuto dei connotati oscuri, essendo di volta in volta interpretato come un mero incidente (dovuto alla accidentale esplosione della catasta di esplosivi accantonati nei pressi) o un episodio di strategia della tensione mirato a terrorizzare la popolazione di lingua italiana per spingerla ad abbandonare la città. In quest’ultima versione la strage è attribuita talvolta agli Alleati talvolta agli Jugoslavi: in tempi recenti in Italia è attribuita solamente agli Jugoslavi, senza alcun elemento probante. In merito, su questo sito è disponibile il saggio di Claudia Cernigoi “Strategia della tensione in Istria“.