[Aggiornamento 3.5.2018] Qual'è la storia dell'indipendenza nazionale coreana? Quali le caratteristiche del socialismo dello Juche? Da dove provengono i pericoli di guerra in Estremo Oriente e nel mondo intero?


CONOSCERE LA REPUBBLICA POPOLARE DEMOCRATICA DI COREA

 

Bologna, SABATO 7 APRILE 2018
dalle ore 17:45 presso la sala "Vinka Kitarović del Quartiere San Donato, Piazza Spadolini 7

Qual'è la storia dell'indipendenza nazionale coreana? Quali le caratteristiche del socialismo dello Juche? Da dove provengono i pericoli di guerra in Estremo Oriente e nel mondo intero? Ne discutiamo assieme a:

Jean-Claude Martini, presidente della Korean Friendship Association Italia
Andrea Marsiletti, direttore responsabile ParmaDaily.it, autore del libro fantapolitico “Se Mira, se Kim”
Roberto Gessi, del Comitato per le celebrazioni della nascita di Kim Jong Il istituito dal G.A..MA.DI.

 

Promuove:
G.A.MA.DI. (Gruppo Atei Materialisti Dialettici) – Comitato per le celebrazioni nell'anniversario della morte di Kim Jong Il
Organizzano:
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus
Comitato Ucraina Antifascista Bologna
Circolo Amicizia Italia Cuba "Celia Sanchez - Marilisa Verti" Parma

 

 


LINK UTILI:

 

Sintesi video dell'iniziativa:

 

 

Rassegna stampa:

“Conoscere la Repubblica popolare democratica di Corea”: incontro partecipato e ben riuscito a Bologna (kimjongun.it 9.4.2018)

La KFA-Italia ha partecipato a una conferenza in solidarietà con la RPDC a Bologna (kfaitalia 11.4.2018)

 

Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/189638608316263/

 

Korean Friendship Association Italia
https://italiacoreapopolare.wordpress.com

Per iscriversi alla Korean Friendship Association
http://www.korea-dpr.com/membership.html

Blog di Andrea Marsiletti
info: http://www.kimjongun.it/

Comitato per le celebrazioni della nascita di Kim Jong Il istituito dal G.A.MA.DI.
http://www.gamadilavoce.it/comitatoKimJongIl.html 
https://www.facebook.com/groups/196243237603194/

Corea: Storia contemporanea (Accademia delle Scienza dell'URSS | Storia Universale, Teti editore)
1. Corea: dalla storia più antica a quella moderna: http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/custib12-020028.htm
2. Corea: Storia contemporanea (Parte prima): http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/custib15-020042.htm
Corea: Storia contemporanea (Parte seconda): http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/custib22-020077.htm


L'INTERVENTO DI JEAN-CLAUDE MARTINI:

Sono Jean-Claude Martini, Delegato Ufficiale della sezione italiana della Korean Friendship Association, la principale associazione d'amicizia con la Repubblica Popolare Democratica di Corea a livello internazionale, fondata nel 2000 da Alejandro Cao de Benós con sede a Tarragona, in Spagna. Al momento attuale conta più di 15.000 membri in 120 paesi, di cui circa 300 qui in Italia. L'Associazione consta di una Segreteria Internazionale e di Delegati Ufficiali in 30 paesi più un ufficio a Pyongyang, e il suo presidente, Cao de Benós, opera con l'autorizzazione e il sostegno dell'alto ministero del Comitato coreano per le Relazioni Culturali con l'Estero, di cui è Delegato Speciale. Generalmente ci occupiamo di diffondere la conoscenza e la comprensione della realtà della RPDC attraverso iniziative culturali, mostre, eventi e conferenze come questa, della cui organizzazione mi congratulo con i compagni di JugoCoord, del GAMADI, del Comitato Ucraina Antifascista Bologna e del Circolo Amicizia Italia-Cuba Celia Sánchez – Marilisa Verti di Parma, ringraziandoli per l'invito a parlare qui. Tra l'altro stiamo organizzando, per il mese di maggio, un presidio sotto l'ambasciata USA contro le provocazioni belliciste di Washington contro la Corea socialista: è vero che Trump ha accettato di incontrare Kim Jong Un, ma sarebbe quantomeno assai ingenuo immaginare che le sostituzioni di Tillerson e MacMaster con i “falchi” Mike Pompeo e John Bolton siano casuali. Trump sta già costruendo la sua squadra nel caso i colloqui USA-RPDC dovessero effettivamente tenersi: una squadra di guerrafondai nell'ottica di intimidire il governo nordcoreano affinché smantelli il suo arsenale nucleare in maniera unilaterale e irreversibile, così da preparare per la RPDC lo stesso tragico scenario che abbiamo visto in Libia nel 2011, e del quale tutt'oggi stiamo pagando le conseguenze noi popoli europei in primis. Ma i fatti provano che i compagni coreani hanno imparato la lezione, e mai si sono fatti intimidire da chicchessia, mai si sono seduti al tavolo dei negoziati dietro precondizioni imposte e di certo non inizieranno ora, né mai!

Come tutti possiamo vedere, quindi, la situazione in Corea e nel mondo subisce cambiamenti rapidi e talora repentini, nel contesto della crisi generale e irreversibile del sistema capitalista a livello mondiale. La Repubblica Popolare Democratica di Corea invece resiste, stabile, tenendo ferma la barra della politica indipendente e delle posizioni di principio, rivoluzionarie che sempre hanno caratterizzato l'azione del suo Partito e del suo governo.

Sin da prima dell'Accordo di Armistizio del 27 luglio 1953, da quando cioè gli Stati Uniti invasero la parte sud della Corea l'8 settembre 1945, il governo popolare coreano non ha mai smesso un secondo di lottare per la riunificazione pacifica e indipendente della patria. Vero è che gli accordi di Yalta stipularono l'insediamento temporaneo degli eserciti sovietico a nord e americano a sud; ma i primi furono gli unici a rispettare alla lettera quegli accordi, tanto che le divisioni dell'Armata Rossa presenti sul territorio si ritirarono tutte nel 1948, mentre quelle americane sono ancora lì. Anzi, dopo aver invaso la Corea del Nord nel 1950 e aver bombardato la sola Pyongyang con 635.000 tonnellate di bombe devastando tutto il resto del territorio, Washington pensò bene di violare lo stesso armistizio da loro firmato (come obbligo derivante dalla loro cocente e umiliante sconfitta sul campo di battaglia) introducendo, cinque anni dopo la fine della guerra, decine e decine di testate e armi nucleari in Corea del Sud. Da qui inizia, per il popolo nordcoreano, la sessantennale minaccia nucleare che incombe su di esso ancor oggi.

È stata la linea indipendente perseguita dal Partito e dal governo coreani, nel solco delle idee del Juche e del Songun, che ha permesso al suo popolo di resistervi e farvi fronte vittoriosamente, contando sulle proprie forze. Sia però chiaro che indipendenza e autonomia non sono sinonimo di autarchia, come spesso riportato dalla narrazione occidentale: il contributo dei paesi socialisti, a cominciare dall'URSS e dalla Cina al tempo della Guerra di Liberazione della Patria, è stato determinante per consentire alla RPDC di sviluppare la propria economia fino a renderla, per tutti gli anni '60, '70 e '80, più dinamica e prospera di quella sudcoreana, sorretta esclusivamente dai capitali americani, giapponesi e in misura minore europei. Tra l'altro, quando nel settembre 1984 un alluvione colpì la Corea del Sud, fu il nord a inviare aiuti alimentari e umanitari: 7200 tonnellate di riso, 550.000 metri di stoffa, 759 borse di medicinali e 100.000 tonnellate di cemento per la ricostruzione, per un totale di 750 autocarri che attraversarono il confine di Panmunjom.

Sia il Presidente Kim Il Sung che il Presidente Kim Jong Il hanno sempre sottolineato che amore della propria patria e spirito d'indipendenza da una parte, e internazionalismo dall'altra, vanno di pari passo e sono l'uno premessa degli altri e viceversa. Non è vero, quindi, che la RPDC “dipendeva” dall'URSS e dalla Cina per la sua economia: certamente vi furono cospicue esportazioni di queste ultime due nella prima, nell'ambito del resto di accordi e trattati come ne stipulano tutti i paesi del mondo. Il lavoro del popolo coreano è sempre stato volto, fin dalla Liberazione e dalla fondazione della RPDC, di cui peraltro a settembre festeggeremo il 70° anniversario, alla costruzione di un'economia indipendente e autosufficiente, come premessa per una politica altrettanto indipendente e autonoma.

La Corea del Sud, come detto, non ha mai avuto una politica né un'economia indipendenti: questo perché lo stesso “Stato” sudcoreano non è mai esistito prima del 1945, giacché la Corea è stata un paese unito, sullo stesso territorio, con la stessa lingua, la stessa cultura e gli stessi usi e costumi per 5000 anni. Gli USA hanno creato questo Stato fantoccio nella parte meridionale di un paese che nulla ha mai avuto a che fare con loro allo scopo di farne una base d'appoggio per la conquista dell'Asia e del resto del mondo, iniziando dall'accerchiamento di Russia e Cina. L'illegittimità di questo atto trapela addirittura dalla scusa che Washington accampò all'epoca per giustificare la sua occupazione militare del sud della Corea: il “contenimento del comunismo”. Visto che gli Stati Uniti amano dare lezioni di democrazia e pluralismo al mondo intero, dovrebbero spiegarci perché opporsi ora all'evidente volontà popolare: è ovvio che se il comunismo si espandeva, era perché i popoli lo volevano. O forse amiamo la democrazia solo quando i suoi verdetti ci fanno comodo?

I media occidentali, inoltre, dalle televisioni ai libri di scuola passando per Internet, amano definire la Corea del Sud come un paese “di tradizioni democratiche”. Si passa completamente sotto silenzio il fatto che questa ha vissuto complessivamente 36 anni di dittatura militare (12 sotto Ri Sung Man, dal 1948 al 1960; 16 sotto Pak Jong Hui, dal 1963 al 1979; 8 sotto Jeon Du Hwan, dal 1980 al 1988) dei 72 della sua esistenza. Tra l'altro, quattro giorni fa in Corea del Sud 5000 persone sono scese in piazza per commemorare il 70° anniversario dell'insurrezione patriottica di Jeju, la cui brutale repressione, compiuta dall'esercito fantoccio sudcoreano su ordine degli americani, è costata la vita a 60.000 persone, esigendo scuse ufficiali da parte degli Stati Uniti (il governo sudcoreano si è scusato ufficialmente con la popolazione nell'aprile del 2006, per bocca di No Mu Hyeon).

Questa rivolta nacque dalla più che legittima volontà della popolazione sudcoreana di eleggere un presidente unico per tutta la nazione, rigettando i progetti di divisione della patria portati avanti dagli americani e dai loro fantocci nel sud. La repressione portò al concretizzarsi sempre più aspro di un regime di maccartismo “in salsa coreana”: del resto lo stesso Ri Sung Man aveva vissuto per 40 anni negli Stati Uniti.

Sebbene egli fosse stato rovesciato dalla Rivoluzione d'Aprile nel 1960, solo tre anni dopo prese il potere un altro militare, Pak Jong Hui, ex collaborazionista filogiapponese al tempo dell'occupazione, padre dell'ex presidentessa Pak Geun Hye, deposta dalla rivoluzione popolare del novembre 2016. Costui rafforzò la persecuzione contro i comunisti e i sinceri democratici sudcoreani e si spinse ad inviare 320.000 soldati e 100.000 “consiglieri civili” in Vietnam a combattere e lavorare al fianco degli americani contro i Viet Cong.

Sotto il suo dominio si ebbe la breve guerriglia scatenata dai rivoluzionari sudcoreani, accusati di essere “soldati del nord”, volta a rovesciarlo tramite un'infiltrazione alla Casa Blu, tra il 1968 e il 1969.

Il terzo dittatore militare, Jeon Du Hwan, si rese responsabile materiale del non meno sanguinoso massacro di Gwangju (1980), quando circa 2.000 civili vennero massacrati dalle baionette sudcoreane e americane, su ordine della CIA: sono stati recentemente desecretati i documenti americani al riguardo, che non ammettono dubbi di sorta su chi fosse il reale mandante di quel massacro e quali ne fossero i reali motivi, che nulla avevano a che vedere con l'inesistente “natura comunista” della rivolta inizialmente additata.

Il punto è: se la Corea del Sud possiede tutte queste “tradizioni democratiche”, ed essendo al tempo stesso controllata dagli USA, come hanno potuto tre militari esercitare la loro tirannia per tutti questi anni? È ovvio che costoro avessero il beneplacito e il sostegno più o meno aperto degli americani, altrimenti non avrebbero potuto neppure tentare i colpi di Stato che li hanno portati al potere.

Si potrebbe pensare che sono, queste, cose del passato, retaggi di un'epoca che non esiste più, finita col crollo del Muro di Berlino. Nessun pensiero potrebbe essere più distante dalla realtà: tutt'oggi esiste una legge, la Legge sulla Sicurezza Nazionale, introdotta dagli americani col nome di Legge Anticomunista, per la quale il solo dichiararsi comunisti può costare fino a 7 anni di carcere; inutile sottolineare come sia rigorosamente proibito anche solo leggere un libro o ascoltare una canzone provenienti da Pyongyang. Ancora oggi chiunque osi protestare e ribellarsi contro il governo sudcoreano, quale che sia il motivo, viene etichettato dai media filo-governativi come “agente del nord”.

Si può ben comprendere come, stando così la situazione, i rapporti tra il nord e il sud della Corea diventassero nel tempo sempre più logori e ostili. Gli americani cercarono di trasformare le contraddizioni tra sé e il popolo coreano in contraddizioni tra i coreani stessi, tra coreani del nord e coreani del sud, con la scusa dei diversi sistemi sociali e delle diverse ideologie. Ma in pochi sono caduti in questo tranello nella storia della Corea divisa: il nord ha sempre sostenuto i patrioti coreani che, anche nelle condizioni più dure, hanno continuato a lottare contro l'occupazione americana, per la libertà, l'indipendenza e la riunificazione della Corea. Uno dei primissimi frutti di ciò fu la creazione del Partito Rivoluzionario per la Riunificazione, la cui radio trasmise clandestinamente in Corea del Sud per venti anni, dal 1965 al 1985. Oggi esiste il Fronte Democratico Nazionale Antimperialista che guida, sempre clandestinamente, la lotta rivoluzionaria dei comunisti sudcoreani, e ha una missione ufficiale a Pyongyang. La sua radio ha trasmesso la voce del Partito del Lavoro di Corea al sud dal 1970 al 2003, e oggi il suo lavoro è portato avanti dalla celebre Eco della Riunificazione, attiva dal 1° dicembre 2012.

A livello statale, le relazioni tra il nord e il sud sono restate congelate fino al 1971, quando le delegazioni della Croce Rossa del nord e del sud della Corea si incontrarono per pianificare un incontro ai vertici. L'anno seguente, su iniziativa del nord, si tennero due sessioni di colloqui a maggio e a settembre, frutto dei quali fu la storica Dichiarazione Congiunta Nord-Sud del 4 luglio 1972. Ma i delegati sudcoreani, appena tornati a casa, tradirono le belle parole pronunciate davanti al Presidente Kim Il Sung e ripresero la loro propaganda ostile e menzognera contro i compatrioti del nord. Alcuni segni di riappacificazione si ebbero con Ro Dae U alla fine degli anni '80: costui introdusse una “Nordpolitik” (seguendo l'esempio dell'Ostpolitik tedesco-occidentale di vent'anni prima), sulla base del principio per cui «il Sud e il Nord devono abbattere la barriera che li divide». Questa nuova politica produsse, nel 1991, un trattato di non aggressione tra le due Coree, seguito da una dichiarazione congiunta in cui esse si impegnavano a non possedere, produrre o usare armi nucleari. In questo periodo si ebbe un record di 68 colloqui ad alto livello e il nord e il sud iniziarono a sfilare sotto un'unica bandiera agli eventi sportivi.

Kim Young Sam, successore di Ro Dae U, contribuì a pianificare il primo summit nord-sud dalla fine della guerra, nel 1994, ma Kim Il Sung morì poco prima che questi avesse luogo. In quell'anno, peraltro, l'Esercito Popolare di Corea abbatté un elicottero militare americano che si era infiltrato nel suo spazio aereo. Si dovette quindi aspettare la fine degli anni '90 per vedere un nuovo disgelo nelle relazioni inter-coreane, allorché fu eletto Kim Dae Jung, il quale contribuì alla firma della storica Dichiarazione Congiunta del 15 Giugno 2000 in seguito alla sua visita a Pyongyang, ove incontrò il Presidente Kim Jong Il nell'ambito della cosiddetta Sunshine Policy (1998-2008). Questa Dichiarazione, insieme alla Dichiarazione Congiunta del 4 Ottobre 2007, siglata dal Presidente Kim Jong Il e dal “presidente” No Mu Hyeon, rappresenta la pietra miliare della riconciliazione tra le due Coree e del miglioramento dei loro rapporti nel XXI secolo. Esse furono anche l'atto di nascita dello spirito “Tra di noi connazionali”, creato e alimentato dal Presidente Kim Jong Il: la riunificazione deve realizzarsi tramite gli sforzi dei soli coreani, in modo indipendente, pacifico e democratico, senza pressioni o intrusioni da parte di potenze straniere, chiunque esse siano. Sotto il mandato di No Mu Hyeon, si ebbero 169 colloqui su tutti i temi di più scottante importanza, seguiti da 41 accordi in meno di 5 anni. È stato il periodo più intenso dei colloqui nord-sud (fino al 2006, quando la Corea del Sud ruppe gli accordi economici col nord sotto il pretesto del suo test nucleare, pur continuando le operazioni a Kaesong frutto della Dichiarazione del 2000).

Non si tratta, quindi, di dichiarazioni diplomatiche, fatte per la propaganda dei due Stati: esse hanno posto la base per la realizzazione della proposta formulata a suo tempo dal Presidente Kim Il Sung concernente la formazione di una Repubblica Confederale Democratica di Koryo, uno Stato in cui, almeno temporaneamente, socialismo e capitalismo coesisterebbero, permettendo però la libera circolazione delle merci e delle persone su tutto il territorio nazionale, e in cui rappresentanti del nord e del sud sarebbero eletti a turno alla presidenza, con una presenza congiunta all'ONU sotto un unico nome. Le Dichiarazioni del 2000 e del 2007 hanno infatti permesso i viaggi di cittadini sudcoreani al nord e viceversa grazie all'istituzione della tratta aerea diretta Pyongyang-Seul (chi fu testimone diretto di quegli anni ricorda gli alberghi nordcoreani pieni di compatrioti del sud), l'apertura di joint ventures tra i due paesi, il rafforzamento dei contatti tra le due parti, scambi culturali e visite di famiglie separate dalla guerra.

Purtroppo, questa atmosfera venne rovinata dall'elezione dei presidenti conservatori e filoamericani Ri Myung Bak e Pak Geun Hye, che su ordine degli americani e dei giapponesi fomentarono la guerra e la sfiducia tra i compatrioti del nord e del sud anche attraverso false flag come l'affondamento della corvetta Cheonan, causata dagli americani onde incolpare il nord e giustificare una guerra contro Pyongyang, e provocando legittime reazioni da parte di quest'ultima che hanno provocato l'incidente di Yeonpyong nel 2010, fino alla chiusura del complesso di Kaesong e all'interruzione della “linea rossa” tra le due Coree nel 2016. Se ci si riflette bene, è la continua riedizione della cosiddetta “dottrina Nixon”: far sì che i popoli si combattano tra loro affinché non si uniscano contro il vero nemico, che è l'imperialismo. In questo contesto, la politica adottata dalla RPDC è l'unica giusta e razionale che si potesse adottare: è dell'ottobre 2006 il primo test atomico, nonostante, secondo Putin, essa possiederebbe bombe atomiche addirittura dal 2001. È stata proprio la politica ostile degli americani, dei giapponesi e dei fantocci sudcoreani a costringere la RPDC al ricorso all'edificazione delle forze nucleari per difendere la propria indipendenza, la propria sovranità e il proprio diritto all'esistenza. Questo il popolo lo sa benissimo, ed è per questo che ha sempre appoggiato incondizionatamente e all'unanimità la destinazione di gran parte del PIL alla difesa nazionale: sa che ciò non è fatto per foraggiare aggressioni ad altri paesi, ma per difendere la propria patria, contrariamente a quanto fanno USA e Giappone. Senza il miracolo dell'unità unanime forgiata dal Partito del Lavoro di Corea, gli storici progressi realizzati nel biennio gennaio 2016 – novembre 2017 per quanto riguarda il rafforzamento delle forze armate nucleari e convenzionali, che avrebbero richiesto non meno di un decennio per qualsiasi altro paese, non sarebbero mai stati possibili. Nonostante le sanzioni, iniziate proprio nel 2006 a seguito del test atomico, oggi la RPDC possiede bombe atomiche e all'idrogeno e missili a corto, medio e lungo raggio compresi ICBM, lanciabili da ogni postazione (sottomarini inclusi) in ogni momento, e in grado di raggiungere qualsiasi punto degli Stati Uniti e non solo. Il fatto che questi missili possono in potenza raggiungere anche l'Europa è stato utilizzato dalla propaganda americana per fare allarmismo e diffondere insicurezza e paura su fantomatici “attacchi nordcoreani sull'Europa”, proprio come ai tempi della Guerra fredda con l'Unione Sovietica. Questo, a parer mio, è un segnale della debolezza degli imperialisti: se con un paese di 24 milioni di abitanti gli Stati Uniti, che si vantano di essere “l'unica superpotenza”, devono ricorrere alle stesse tattiche di guerra che usavano contro l'URSS che era otto volte più grande e decisamente più potente, senza neppure aver avuto la possibilità di fermare lo sviluppo di questo piccolo paese (e Trump aveva “promesso” che questo sviluppo non avrebbe avuto luogo, all'inizio del 2017), significa che i timori di tanti compagni soprattutto qui in Italia sono infondati. Mao Zedong aveva ragione quando diceva che gli Stati Uniti sono una tigre di carta: lo stanno dimostrando anche oggi, essi controllano sempre meno sia la loro situazione interna che i loro paesi satelliti. Persino la Corea del Sud ha iniziato a smarcarsi progressivamente dal loro dominio: con l'elezione di Mun Jae In, e pur tra passi avanti e indietro, limiti e contraddizioni del caso, questo processo sta prendendo forma e ha conosciuto un importantissimo impulso all'inizio di quest'anno, quando è stata ammessa la partecipazione dei nordcoreani alle Olimpiadi Invernali di Pyongchang. Sono stati, per la RPDC, giorni di successi sportivi, ma anche e soprattutto diplomatici: a queste olimpiadi, in cui il nord e il sud hanno sfilato sotto un'unica bandiera e un unico nome (come sarebbe prassi nella Repubblica Confederale Democratica di Koryo preconizzata dal Presidente Kim Il Sung), è seguita l'analoga partecipazione alle Paralimpiadi, anche se purtroppo non è stata possibile la sfilata comune a causa del Giappone che ha opposto le sue illegittime rivendicazioni su un piccolissimo arcipelago all'est della penisola, le Isole Liancourt (Dokdo).

Pyongchang è stata l'occasione per l'incontro tra il presidente dell'Assemblea Popolare Suprema Kim Yong Nam e il “presidente” sudcoreano Mun Jae In, il primo di questo livello dopo più di dieci anni e il primo in generale dopo tre. Da qui la visita di alti funzionari sudcoreani, tra cui il vicedirettore del Servizio d'Intelligence Nazionale, a Pyongyang per incontrare direttamente il Dirigente Supremo Kim Jong Un e consegnargli la risposta del “presidente” sudcoreano alla sua lettera recapitata a quest'ultimo alle Olimpiadi da Kim Yong Nam. È stato così fissato un incontro tra Kim Jong Un e Mun Jae In nella Casa dei negoziati a Panmunjom per il 27, cui forse seguirà un incontro tra il Dirigente Supremo e Trump e tra il primo e il presidente giapponese Shinzo Abe. Un grande risultato è stato raggiunto con la sua visita informale a Pechino dal 25 al 28 marzo, la prima all'estero da quando dirige gli affari del Partito e dello Stato.

Una cosa va premessa: con questi colloqui e basta, naturalmente non si raggiungeranno grandi risultati a livello concreto. Non è certo se si terrà l'incontro con Trump, e ancora meno quello con Abe. Ma dobbiamo appoggiare queste iniziative della RPDC (tutte le iniziative di distensione, a cominciare da quelle coi sudcoreani dal 1972 a oggi senza eccezione, sono partite dalla RPDC) in quanto contribuiscono attivamente a frenare le manie di guerra dell'imperialismo, la tendenza alla guerra cui il capitalismo moribondo a livello mondiale ci sta conducendo, per la difesa della pace in Corea, in Asia e nel resto del pianeta. Potremmo in ultima analisi porci una domanda con le parole usate dal compagno Andrea Marsiletti in un suo editoriale di un mese fa, ripubblicato recentemente dai compagni varesini del PCI: la comunità internazionale assegni il Premio Nobel per la Pace a Kim Jong Un. Se non a lui, a chi altri?

Vorrei terminare questa mia relazione con una riflessione sull'importanza del lavoro informativo che viene condotto in Italia e negli altri paesi soggetti alla propaganda imperialista. Si tratta di un lavoro certamente necessario: nei paesi capitalisti i media sono controllati dai grandi capitalisti, i quali alimentano la disinformazione e annebbiano la coscienza delle masse per impedire che queste si mobilitino e si occupino degli affari della società. Ma come dimostra la realtà dei nostri tempi, questo tentativo riesce solo fino a un certo punto, e sempre meno. La nostra informazione, da una parte, contribuisce a unire gli elementi più avanzati, coloro che sono abituati a porsi domande e approfondire le questioni, e a “mettere una pulce nell'orecchio” agli incerti, a coloro che non hanno pregiudizi anticomunisti nei nostri confronti. Il compagno Marsiletti mi ha raccontato di un'iniziativa che ha tenuto a Parma, composta da elementi non filo-coreani ma neanche irriducibilmente anti-coreani, e tutti costoro hanno lasciato la conferenza con una curiosità derivata dal fatto di aver ascoltato senza paraocchi quanto veniva detto. Persone così se ne trovano sempre più, perché la situazione disastrosa in cui versiamo è sempre più evidente anche al senso comune, spinge a mobilitarsi in un modo o nell'altro perché non c'è altra soluzione concreta al marasma in cui viviamo.

Dall'altra parte è impossibile valorizzare appieno il lavoro d'informazione che conduciamo se non lo collochiamo all'interno dell'imprescindibile lavoro che dobbiamo condurre per instaurare il socialismo in Italia: la rivoluzione socialista è il migliore aiuto internazionalista che possiamo dare alla Corea popolare e agli altri paesi indipendenti e socialisti che lottano per difendere la loro sovranità dalle mire aggressive dell'imperialismo, e particolarmente dell'imperialismo USA e dei suoi progetti di americanizzazione del mondo intero, tanto più nei paesi imperialisti quale è il nostro, dove la rivoluzione socialista non è mai stata fatta ma dove il suo trionfo renderebbe tutto assai più facile per gli altri popoli rivoluzionari nel resto del mondo.

Al lavoro, dunque, compagni!