Jugoinfo


... la ciliegina numero 1000 sarà quella della secessione del Veneto e di tutti gli altri? O quella dell\'Unione Europea che salta in aria? Nemesi storica: chi di secessione ferisce di secessione perisce ...

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_serbia_accusa_lunione_europea_di_ipocrisia_sullindipendenza_catalana/82_21644/

La Serbia accusa l\'Unione Europea di ipocrisia sull\'indipendenza catalana

«La domanda che ogni cittadino della Serbia ha per l\'Unione europea oggi è: come mai nel caso della Catalogna il referendum sull\'indipendenza non è valido, mentre nel caso del Kosovo il processo di secessione è stato autorizzato anche senza un referendum»

03/10/2017 – da teleSUR

Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha criticato l\'Unione Europea accusandola di «doppio standard e ipocrisia» per aver bocciato il referendum catalano riconoscendo nel contempo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo dalla Serbia nel 2008. 
«La domanda che ogni cittadino della Serbia ha per l\'Unione europea oggi è: come mai nel caso della Catalogna il referendum sull\'indipendenza non è valido, mentre nel caso del Kosovo il processo di secessione è stato autorizzato anche senza un referendum», ha chiesto Vucic durante una conferenza stampa a Belgrado.
«Quindi, la Catalogna non può e il Kosovo può - non sarà mai data una risposta su questo dato ai serbi ... questo è il miglior esempio dei doppio standard e dell\'ipocrisia della politica mondiale».



\n


Il cortocircuito della Catalogna

La secessione catalana implica opportunità e rischi. Per valutare entrambi bisogna evitare gli schematismi, mettere da parte tanto la fascinazione romantica per le \"nazioni senza Stato\" quanto i richiami a elaborazioni teoriche derivanti da scenari ben diversi. 

Scrivo queste note mentre dalla Catalogna giungono le immagini degli scontri con decine di feriti dinanzi ai seggi referendari. Non è la condizione ottimale per un esercizio di razionalità, ma bisogna provarci nonostante tutto. L\'impressione che si è avuta infatti nelle ultime settimane è stata quella di una precipitazione degli eventi in loco, cui hanno corrisposto negli ambienti della sinistra antimperialista mere affermazioni di principio e declaratorie, di orientamento opposto, con poca analisi concreta della situazione concreta e nessuna voglia di soppesare le evidentissime contraddizioni che gli eventi catalani stanno palesando.

Ad esempio, quando Andrea Quaranta scrive (1) che \"la nuova Repubblica rappresenterebbe anche una straordinaria opportunità per riaprire il dibattito sulla natura dell’Unione Europea e per la costruzione di uno spazio politico continentale finalmente irriducibile alle esigenze del capitale finanziario e imperialista\", che cosa esprime oltre a un desiderio? C\'è una corrispondenza fattuale tra tale desiderio e la realtà dei fatti? Secondo Marco Santopadre (2)

\"il composito e variegato schieramento indipendentista catalano è maggioritariamente europeista, ma la forza delle correnti della sinistra radicale che contestano l’austerity e l’autoritarismo di Bruxelles e che in certi casi parteggiano apertamente per l’uscita dall’Eurozona sono consistenti, e il conflitto di questi giorni potrebbe rafforzarle. Tutti i sondaggi danno il partito finora maggioritario, il PDeCat di Luis Puigdemont e Artur Mas, che rappresenta gli interessi della piccola e di parte della media borghesia (l’alta borghesia catalana è contraria all’indipendenza), in forte discesa\".

Un accenno al tema della compatibilità o meno della costruzione statuale catalana con il quadro ordoliberista europeo era stato fatto anche da Sergio Scorza, che riferiva (3) sul Ministro degli Esteri (!) del governo autonomo catalano, Raül Romeva, invocante più UE e quindi meno sovranità (\"la UE si relaziona direttamente con le regioni per finanziare progetti di sviluppo dei territori, dall’altro, lo stato centrale spagnolo ne ostacola in tutti i modi l’attuazione\"). A partire da questo Scorza sviluppava un ragionamento a nostro avviso incongruente, poiché devolution e sussidiarietà sono pilastri del neoliberismo, e gongolare sulle contraddizioni delle (ex)sinistre (europeiste) non risolve certo le nostre, di contraddizioni. Le ragioni per simpatizzare con i catalani, da un punto di vista antiliberista, sarebbero eventualmente opposte a quelle espresse da Romeva.

Alcuni aspetti strutturali della questione erano stati meglio evidenziati da Vicenç Navarro (4) lo scorso luglio, quando nell\'ambito di una approfondita disamina della natura della classe dirigente catalana spiegava:

\"Per comprendere la Catalogna bisogna conoscere il partito CDC, fondato da Jordi Pujol e che è stato il pilastro del pujolismo, una ideologia nazionalista conservatrice che ha sempre considerato la Generalitat de Catalunya come una sua proprietà individuale, familiare e collettiva, con una influenza estesa attraverso politiche di tipo clientelare, con pratiche fortemente corrotte... È ciò che Pablo Iglesias ha definito correttamente come nazionalpatrimonialismo. Il suo vasto predominio nel governo è dovuto al suo chiaro aggancio nella struttura del potere economico, finanziario e mediatico del paese. Il suo dominio sui mezzi di informazione pubblici della Generalitat  è assoluto. E influenza anche quelli privati, in base a laute sovvenzioni (a titolo di esempio, nel 2015 la Generalitat de Catalunya ha concesso 810.719 euro a La Vanguardia; 463.987 a El Periódico de Catalunya; El Punt Avui ne ha ricevuti 457.496, Ara 313.495)... Su TV3, i programmi di economia sono di orientamento ultraliberale, e vengono condotti da uno dei guru della CDC e di settori della ERC, l\'economista Sala i Martín, economista catalano di nazionalità statunitense, che nella UE appoggia il Partito Libertario, un partito di ultradestra che esercita oggi una grande influenza sul Partido Republicano in quel paese [una specie di Partito radicale nostrano, insomma, NdA]. È molto probabile che Ministro della Economia e delle Finanze di una Catalogna indipendente, governata da una coalizione guidata dal PDeCAT, sarà un tale personaggio, o qualcuno vicino al suo orientamento politico.\" 

La riflessione su condizione reale e atteggiamento dei mass-media nella e sulla Catalogna è una riflessione cruciale, in un\'epoca in cui il sistema informativo svolge una funzione strategica analoga a quella che in altre epoche era delle sfere militari. Vanno comprese le ragioni dell\'ampia copertura concessa dai media mainstream alla crisi di questi giorni, con una ostentazione di imparzialità – o forse anche qualcosa di più, visto che si parla, correttamente ma inusualmente, di \"repressione dello Stato spagnolo\" contro \"l\'esercizio della democrazia\" – che per alcune altre cause indipendentiste non si è mai vista. E andrebbe studiata la presenza di radio, portali internet e pubblicazioni catalane all\'interno della vasta rete delle sovvenzioni della Commissione Europea alle iniziative regionali nei paesi membri. 
Così come, per rimanere su terreni affini, andrebbero comprese le ragioni del finanziamento della Open Society Initiative for Europe di Soros al Centre d’Informació i Documentació Internacionals a Barcelona (5), o il motivo per cui già nel 2007 la Fiera del Libro di Francoforte ha deciso di rompere la consuetudine di invitare uno Stato internazionalmente riconosciuto come \"ospite d\'onore\", invitando invece come tale la Generalitat de Catalunya.

In effetti, la posizione delle cancellerie occidentali sulla eventuale secessione catalana non è cristallina. \"Sarà divertente capire come si schiererà realmente l\'Unione Europea\", dice giustamente Marco Rizzo. Le parole di Juncker sono un capolavoro di ambiguità: “Abbiamo sempre detto che rispetteremo la sentenza della corte costituzionale spagnola e del parlamento spagnolo. Ma è ovvio che se un giorno l’indipendenza della Catalogna vedrà la luce, rispetteremo questa scelta. Ma in quel caso la Catalogna non potrà diventare membro dell’UE il giorno successivo al voto”. (6) Le interpretazioni di tali parole divergono nettamente a seconda dei desiderata di chi commenta. Qualche analista sottolinea il fatto che, dovendo la UE rispettare le Costituzioni degli Stati membri, una Catalogna indipendente perderebbe immediatamente lo status di membro della Unione; però qualcun altro annuncia che di fronte a un uso della forza \"sproporzionato\", la Commissione Europea rivedrà velocemente il suo atteggiamento rispettoso nei confronti di Madrid (7). 

In realtà, tutti gli esiti appaiono possibili. Per la Unione Europea, la secessione della Catalogna potrebbe implicare la perdita di un \"pezzo\" (la Catalogna stessa) oppure potrebbe essere un passo in avanti nel progetto regionalista, di devolution ordoliberista che è stato perfettamente esposto nel libro \"Per l’Europa!\" di Guy Verhofstadt e Daniel Cohn-Bendit e così sintetizzato da Alessio Pisanò (8):

Gli Stati nazionali non servono più a niente, perciò è ora di voltare pagina e inaugurare la federazione europea, ovvero gli Stati Uniti d’Europa. (…). L’Europa federale è il cammino per proteggere la nostra sovranità e preservare il nostro modello sociale in un mondo dominato da imperi come Usa, Cina, India, Russia e Brasile (…) Ma cos’è in pratica la federazione europea? Il discorso è lungo, ma si può riassumere così: lo Stato nazionale (Roma, Berlino, Parigi e così via) viene scavalcato sia verso il basso, valorizzando ad esempio il ruolo degli enti locali e delle regioni, che verso l’alto, con la delega di tutta una serie di competenze a Bruxelles, come la politica estera, la difesa e, appunto, la politica economica. Una delle critiche che vengono mosse più spesso all’Euro, infatti, è di non avere uno Stato unitario dietro. Ecco che la federazione europea colmerebbe esattamente questa lacuna.

Dal nostro punto di vista, una volta che la secessione catalana si sarà realizzata, il minimo che dovrebbe succedere – anzi: il minimo che si dovrebbe esigere – è che si apra una battaglia frontale da parte della CUP e degli altri settori antiliberisti contro l\'attuale potere catalano, che la vera sinistra prenda il potere nel nuovo Stato e che l\'allontanamento della Catalogna dalla UE diventi in tal modo irreversibile. Solo così la risultante del processo indipendentista sarà un incremento di sovranità popolare e territoriale e, forse, l\'avvio della crisi esiziale della stessa UE.

In caso contrario si andrà viceversa verso una perdita netta di sovranità. Dal punto di vista di quei settori reazionari che scommettono sulla disgregazione degli Stati nazionali nel nostro continente per realizzare l\'\"Europa delle regioni\" a egemonia tedesca, la secessione della Catalogna dovrebbe aprire infatti ben altri scenari. Il lavorìo che questi ambienti portano avanti, da tanto tempo oramai, è stato da noi seguito ed investigato a fondo nell\'ultimo quarto di secolo (9) e riteniamo persino superfluo accennarvi qui, così come non abbiamo voluto richiamare la mera teoria sulla questione nazionale in generale.

La Spagna monarchica non è la Jugoslavia socialista, perciò i parallelismi che si possono tracciare ci forniscono degli spunti di riflessione ma hanno valore relativo. 
La lezione jugoslava ci ha insegnato da un lato la compatibilità del regionalismo e dell\'identitarismo con il progetto europeista, liberista e pan-germanico; dall\'altro ci ha dimostrato che la spregiudicatezza delle classi dirigenti che portano avanti questo progetto non ha limiti e da loro c\'è da aspettarsi di tutto. 
Quella lezione non ha però niente da dire a proposito della storia della Spagna e della funzione dei movimenti catalano e basco, che si sono sempre mossi su di un solco di progresso e sono stati in prima linea nelle lotte antifranchiste e repubblicane. Il fatto che Jordi Pujol già nel dicembre del 1990 abbia invitato Kucan a Barcellona per spingerlo alla secessione (10), o la solidarietà di Matteo Salvini o di altri ambienti reazionari verso la lotta dei catalani, non ci alienano la simpatia per la storia e le lotte attuali degli anticapitalisti catalani... purché queste ultime vadano fino in fondo. 

Ciò che conta sono gli esiti rispetto al processo strutturale di edificazione del regime ordoliberista europeo. Quali saranno tali esiti non sappiamo dirlo. 
Si è determinata una vertigine, la sensazione di un crinale stretto tra due piani inclinati e relative accelerazioni possibili, ciascuna senza ritorno. Tale sensazione sicuramente non è solo nostra, di militanti internazionalisti e intellettuali che tengono alla libertà ed alla fratellanza tra i popoli, ma siamo convinti che esista anche nella controparte, nella borghesia europea più influente. Anche la classe dirigente europeista vive oggi, crediamo, una simile vertigine: il giocattolino può finalmente ritorcersi contro chi l\'ha creato, proprio come nella favola dell\'apprendista stregone. 

Dopo un quarto di secolo di atteggiamenti ed azioni eversive – nel senso del sovversivismo delle classi dirigenti – si è determinato un evidente cortocircuito e qualcuno, per forza, ci resterà fulminato.


Andrea Martocchia
(segretario, Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS)


NOTE:

(1) Su Contropiano del 30 settembre 2017

(4) Su Investig\'Action del 12 luglio 2017

(5) Fonte: La Vanguardia, 16 agosto 2016 

(6) Sconcertante il balletto delle smentite e delle interpretazioni:

(7) Si ascolti David Carretta su Radio Radicale del 21 settembre 2017
https://www.radioradicale.it/scheda/520455/lunione-europea-e-la-situazione-in-catalogna-collegamento-con-david-carretta
Dalla Commissione Europea è stato più volte \"velenosamente\" ribadito che si tratta di una questione interna allo Stato spagnolo. 
Si noti per inciso che l’amministrazione statunitense non ha condannato il referendum affermando che “lavorerà con l’entità o il governo che ne usciranno” 
http://contropiano.org/news/internazionale-news/2017/09/28/unione-europea-catalogna-096030
ed anche le dichiarazioni di Trump sono state contraddittorie ( https://youtu.be/0xDEaxybI-M?t=4m14s ).

(8) Fonte: Se l’Europa diventa federale (di Alessio Pisanò | 9 ottobre 2012)

(9) Come Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, e soggetti collegati, dagli anni Novanta praticamente non abbiamo fatto altro che parlare di questi temi. Una sintesi della questione della esistenza di una \"internazionale reazionaria\" euro-regionalista si trova alla nostra pagina internet 
Si vedano anche le numerose preziose analisi sul tema su German Foreign Policy:

(10) Fonte: Lucio Caracciolo in LIMES del 3/09/1994:



\n



Unter Separatisten

28.09.2017

BERLIN/MADRID/BARCELONA
 
(Eigener Bericht) - Der katalanische Separatismus ist über Jahre hin von deutschen Stellen begünstigt und gefördert worden. Dies zeigen Aktivitäten im Europaparlament, ein Großereignis der deutschen Kulturpolitik und Äußerungen deutscher Regierungsberater. Im Jahr 2007 hat die Frankfurter Buchmesse katalanischen Separatisten, die damals Aufwind hatten, eine internationale Bühne verschafft, indem sie erstmals nicht einen Staat, sondern eine Teilregion eines Staates zum \"Ehrengast\" ernannte: Spaniens Autonome Region Katalonien. Katalanischen Separatisten bietet darüber hinaus schon seit vielen Jahren die Fraktion \"The Greens/European Free Alliance im Europaparlament eine Bühne, in der Bündnis 90/Die Grünen beträchtlichen Einfluss haben. Der European Free Alliance gehören neben katalanischen Separatisten aus Spanien und Frankreich auch deutschsprachige Separatisten aus Norditalien (Südtirol) und Vertreter der ungarischsprachigen Minderheit Rumäniens an, deren Anhänger einen NS-Kollaborateur gerühmt und für den Anschluss an Ungarn plädiert haben. Madrid solle einem neuen katalanischen Staat \"entgegenkommen\", hieß es 2014 bei der Deutschen Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP). Aktuell sind in Berlin jedoch skeptische Stimmen zu hören; die Krise in Spanien droht sich zu einem weiteren Konfliktherd in der krisengeschüttelten EU zu entwickeln und gefährdet damit die kontinentale Basis der deutschen Weltpolitik.
Unitat Catalana, Unser Land, Bayernpartei...
Politisch-ideologische Rückendeckung erhält der katalanische Separatismus seit 1999 von einer Fraktion im Europaparlament, in der Bündnis 90/Die Grünen starken Einfluss ausüben. Der Fraktion The Greens/European Free Alliance gehören Abgeordnete grüner Parteien, aber auch Abgeordnete von Mitgliedsparteien der European Free Alliance (EFA) an; bei letzteren handelt es sich um Parteien von Sprachminderheiten aus EU-Staaten. Eine der beiden Fraktionsvorsitzenden von The Greens/EFA ist die deutsche Grüne Ska Keller. In der EFA sind etwa katalanische Vereinigungen aktiv, darunter nicht nur eine Organisation aus der spanischen Autonomen Region Katalonien, sondern auch die Unitat Catalana aus Perpignan (Frankreich) sowie Parteien aus dem spanischen Valencia und von den Balearen. Die EFA ist damit pankatalanisch orientiert. Der gemeinsame Nenner all ihrer sonstigen Mitglieder ist allein der Bezug auf Sprach- bzw. Ethno-Minderheiten; zu ihren Mitgliedern gehören dabei neben sich als links einstufenden Parteien auch konservative und rechte Organisationen. EFA-Mitglieder sind zum Beispiel die Bayernpartei, die schlesische Autonomiebewegung Ruch Autonomii Slaska, diverse Deutschtums-Organisationen - etwa Unser Land aus dem Alsace (Frankreich) - und die konservative belgische Nieuw-Vlaamse Alliantie (N-VA), die langfristig den Austritt des niederländischsprachigen Landesteils (Flandern) aus dem belgischen Staat anstrebt.
Anschlusspläne
Die Bereitschaft von Bündnis 90/Die Grünen, dem Ethno-Verband EFA mit der Aufnahme in die gemeinsame Fraktion eine wichtige politische Bühne zu verschaffen, wird auch dadurch nicht beeinträchtigt, dass der EFA Organisationen wie Erdélyi Magyar Neppart oder die Süd-Tiroler Freiheit angehören. Erdélyi Magyar Neppart (Ungarische Volkspartei Transsilvaniens) ist eine Partei der ungarischsprachigen Minderheit Rumäniens, die offiziell für die Autonomie des Minderheitengebiets plädiert. Anhänger der Partei treten sogar für einen Anschluss an Ungarn ein und haben den ungarischen NS-Kollaborateur József Nyirő gerühmt, der für die faschistischen \"Pfeilkreuzler\" tätig war, 1941 Joseph Goebbels huldigte und 1942 in einer Rede forderte: \"Aus dem Weg mit den Brunnenvergiftern, mit denjenigen, die die ungarische Seele destruieren, unsern Geist infizieren, die die ungarische Kraftentfaltung verhindern\" (german-foreign-policy.com berichtete [1]). Die Süd-Tiroler Freiheit wiederum fordert die Abspaltung von Teilen Norditaliens (Bolzano-Alto Adige) und entweder die Gründung eines eigenen Staates Südtirol oder aber - vorzugsweise - den Anschluss an Österreich. Die Süd-Tiroler Freiheit steht in dirkter Tradition zu den sogenannten Südtiroler Freiheitskämpfern, die seit den 1950er Jahren in Italien immer wieder Sprengstoffanschläge verübten, um den Anschluss von Bolzano-Alto Adige an Österreich zu erzwingen.[2]
Europa der Völker
Indem die EFA zahlreiche offen separatistische Parteien organisiert - neben der Süd-Tiroler Freiheit etwa die Esquerra Republicana de Catalunya und die Scottish National Party -, legt sie die Lunte an eine ganze Reihe von EU-Staaten, darunter nicht nur Spanien, sondern etwa auch Großbritannien, Italien und Frankreich. Wie Europa aussähe, sollten die separatistischen Kräfte, die die EFA fördert, Erfolg haben, zeigt eine Karte, die die EFA lange Jahre online verbreitete und die heute noch auf der Internetpräsenz der EFA-Jugendorganisation zu sehen ist. german-foreign-policy.com dokumentiert einen Auszug (siehe rechts).[3]
Ehrengast
Einen kräftigen Aufschwung hat dem katalanischen Separatismus vor ziemlich genau zehn Jahren die Frankfurter Buchmesse verschafft: Im Oktober 2007 konnte damals zum ersten Mal nicht ein Land, sondern mit Katalonien ein Teil eines Staates auf dem international renommierten Großevent als \"Ehrengast\" auftreten. Dies hat nicht nur weithin für Aufmerksamkeit, sondern in Katalonien selbst für heftigen Unmut gesorgt - unter spanischsprachigen Einwohnern der Region; diese wiesen empört darauf hin, dass diejenigen Schriftsteller aus der Region, die nicht in katalanischer, sondern in spanischer Sprache publizierten, in Frankfurt keine Berücksichtigung fänden. Damit werde die Vielfalt Kataloniens auf eine katalanische Ethnokultur reduziert, hieß es. Damals rechtfertigte der Vorsitzende der EFA-Mitgliedspartei Esquerra Republicana de Catalunya, Josep-Lluís Carod-Rovira, diese Praxis mit der Aussage, wenn \"die deutsche Kultur zu einer Buchmesse eingeladen\" wäre, würde man \"auch keine deutschen Autoren zulassen, die auf Türkisch schreiben\" (german-foreign-policy.com berichtete [4]). Gleichzeitig wurden auf der Frankfurter Veranstaltung Landkarten verbreitet, auf denen nicht nur das spanische Valencia und die Balearen, sondern auch Andorra und Teile Südfrankreichs als \"katalanisch\" markiert waren. Dies entspricht vollständig der pankatalanischen Orientierung der EFA.
\"Katalonien entgegenkommen\"
Zeitweise haben auch Berliner Regierungsberater die territoriale Integrität Spaniens offen in Frage gestellt. Die EU könne \"an einen Punkt geraten, an dem zu überlegen wäre, ob eine ausgehandelte Separation nicht einem Zustand permanenter Instabilität vorzuziehen sei\", hieß es 2013 in einem Papier der Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP).[5] 2014 plädierte die Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP) in einer Kurzanalyse dafür, Madrid solle \"auf eine Übereinkunft hinarbeiten\", um \"dem neuen Staat\" - gemeint war Katalonien - \"entgegenzukommen\".[6] Das Plädoyer für die Abspaltung Kataloniens entspricht alten Vorstellungen deutscher Strategen, denen zufolge es für Deutschland nur vorteilhaft sein könne, separatistische Kräfte in anderen Staaten zu fördern - denn damit würden auch Konkurrenten der Bundesrepublik, etwa Frankreich, erheblich geschwächt.
Sorge um die Machtbasis
Zuletzt sind allerdings eher besorgte Stimmen zu hören gewesen. Der katalanische Separatismus, der immer wieder Rückendeckung in Deutschland fand, stürzt den spanischen Staat aktuell in eine tiefe politische Krise. Diese kommt zur ökonomischen Krise hinzu, die ungebrochen weiterschwelt und auf lange Sicht - ähnlich wie die Krisen in Griechenland und Italien - eine Gefahr für den Euro und die EU ist. Damit droht sich der katalanische Sezessionskonflikt zu einem weiteren Brandherd in der krisengeschüttelten EU zu entwickeln, der den Staatenbund empfindlich schwächen könnte - zu Lasten der deutschen Weltpolitik, die in ihrer aktuellen Konzeption auf eine kontinentale Basis, die EU, angewiesen ist.

[1] S. dazu Ein positives Ungarn-Bild.
[2] S. dazu Der Zentralstaat als Minusgeschäft und Krisenprofiteure.
[3] S. dazu Europa der Völker und Völker ohne Grenzen.
[4] S. dazu Sprachenkampf.
[5] Kai-Olaf Lang: Katalonien auf dem Weg in die Unabhängigkeit? Der Schlüssel liegt in Madrid. SWP-Aktuell 50, August 2013.
[6] Cale Salih: Catalonia\'s Separatist Swell. DGAPkompakt No 12, October 2014. S. dazu Ein inoffizielles Plebiszit.



\n

(italiano / english / castellano)

La vertigine catalana

segnalazioni in ordine approssimativamente cronologico

1) George Soros finanzia l’indipendentismo catalano / George Soros financió a la agencia de la paradiplomacia catalana
2) A proposito del referendum in Catalogna (George Gastaud, PRCF)
3) Catalogna, a rischio il referendum. PCPE: «Il nostro cammino è l’indipendenza della classe operaia»
4) L’Unione Europea contro la Catalogna: bene censura e repressione (M. Santopadre)
5) Indipendenza della Catalogna e lotte di classe: intervista a Quim Arrufat (Cup)


ALTRI LINK:

Sostegno del PCE alle mobilitazioni in difesa delle libertà democratiche e del diritto all’autodeterminazione (Partido Comunista de España, 20/09/2017)
... Rajoy, con l’aiuto di Ciudadanos sta cercando di dinamitare la convivenza dei cittadini attraverso la creazione di uno stato di emergenza con conseguenze imprevedibili, proprio quando Unidos Podemos propone una via di buon senso per una soluzione concordata alla crisi istituzionale che ha portato lo scontro tra il Governo centrale e quello catalano. Di fronte a questa nuova dimostrazione di autoritarismo, con arresti e interventi che si verificano in Catalogna, il PCE ribadisce che la soluzione per ripristinare la normalità democratica e evitare la rottura della convivenza pacifica è un accordo tra le amministrazioni per consentire al popolo catalano di votare pacificamente e in completa sicurezza, per decidere sulle differenti forme di organizzarsi come nazione e allo stesso tempo decidere come garantire i diritti sociali e lavorativi che i governi di Rajoy e Puigdemont / Màs hanno rubato dal 2010. Di conseguenza, il PCE sostiene le mobilizazioni che, in difesa delle libertà democratiche e in difesa del diritto di autodeterminazione, sono convocate in questo senso...
Catalogna, Rizzo (PC): \"Motore della rivolta è la classe borghese catalana. E l\'Unione Europea sarà il metro\" (26 settembre 2017 ore 13:10, Andrea Barcariol)
... Sarà divertente capire come si schiererà realmente l\'Unione Europea. Sarà il metro con cui comprenderemo meglio la situazione rispetto allo scacchiere internazionale. Queste spinte indipendentiste sono forti e non credo che la questione finirà qui, il tema è molto complesso.

Catalogna: Trump si schiera contro l’indipendenza (PTV News 27.09.17 - Allarme a Basilea)


FLASHBACKS:

CHE COSA CERCA LA GERMANIA IN JUGOSLAVIA (di Lucio CARACCIOLO, da LIMES DEL 3/09/1994)
... Non c’è troppo entusiasmo a Zagabria e Lubiana, la sera del 25 giugno 1991, quando si festeggia la dichiarazione di indipendenza. Sloveni e croati restano quasi isolati internazionalmente. Ad incoraggiarli, un fronte alquanto eterogeneo: da Alpe Adria alla Dc italiana, da Le Pen ai terroristi baschi e agli autonomisti catalani – il cui presidente Jordi Pujol già nel dicembre del 1990 aveva invitato Kucan a Barcellona per spingerlo alla secessione (124)...

EUROPA: UNIONE E DISGREGAZIONE (DOSSIER, 1997)
... Bisogna infatti tracciare una linea di demarcazione tra l\'intellettualismo borghese, che porta avanti valori romantici, passatisti e reazionari che si esauriscono nella esaltazione delle \"differenze\", dall\'internazionalismo ed antiimperialismo marxista, che riconosce i diritti di tutti perche\' vuole l\'unione tra eguali anziche\' il dominio del piu\' forte...

CRISIS PROFITEERS (GFP 2012/11/27)
... Germany has recently been supporting Catalonia\'s secessionist efforts, which are oriented on the notion that Catalonia - the richest region of the country - would not have entered the crisis, if it would not have to share its wealth, via the central government\'s redistribution with Spain\'s poorer areas... While Catalan separatism is grabbing attention throughout Europe, South Tyrolean secessionist efforts are also making bigger waves. Once more, the German austerity dictate to counter the Euro crisis is the direct cause. Rome is obliged to execute drastic budget cuts, as demanded by Berlin, which effect the financial margin of maneuver for the Bolzano Alto Adige (\"South Tyrol\") province. The cancellation of resources earmarked for South Tyrol has provoked protests...

¿Qué pasa en Catalunya?: lo que no se dice en los medios, ni en Catalunya ni en España (VICENÇ NAVARRO, 12 Jul 2017)
... Para entender Catalunya, hay que conocer a dicho partido, CDC, fundado por Jordi Pujol y que ha sido el eje del pujolismo, una ideología nacionalista conservadora que siempre ha considerado la Generalitat de Catalunya como su propiedad individual, familiar y colectiva, extendiendo su influencia a través de unas políticas de tipo clientelar, con prácticas intensamente corruptas... Es lo que Pablo Iglesias ha definido acertadamente como nacionalpatrimonialismo. Su largo dominio en el gobierno se debe a su claro encaje en la estructura de poder económico, financiero y mediático del país. Su dominio sobre los medios públicos de información de la Generalitat es casi absoluto. E influencia también en gran manera a los privados a base de subvenciones amplias (a modo de ejemplo, en 2015 la Generalitat de Catalunya otorgó 810.719 euros a La Vanguardia; 463.987 a El Periódico de Catalunya; El Punt Avui recibió 457.496; y el diario Ara, 313.495 euros)... En TV3, sus programas económicos son de orientación ultraliberal, los cuales son conducidos por uno de los gurús económicos de CDC y sectores de ERC, el economista Sala i Martín, economista catalán, de nacionalidad estadounidense, que apoya en EEUU al Partido Libertario, un partido de ultraderecha que tiene gran influencia hoy en el Partido Republicano de aquel país. Es más que probable que el Ministro de Economía y Finanzas de la Catalunya independiente gobernada por una coalición liderada por el PDeCAT fuese tal personaje, o alguien próximo a él en su orientación política...

INTERPRETAZIONI DIVERGENTI DELLA QUESTIONE CATALANA (Rassegna JUGOINFO del 26.9.2017)
0) Links
1) Napad u Barceloni i Soroseva ”pomoć” neovisnosti Katalonije
2) Perché i referendum in Lombardia/Veneto e in Catalogna sono assai diversi (Marco Santopadre)
3) Declaración del Secretariado Político del Comité Central del PCPE ...
4) A propos du référendum en Catalogne ibérique (Georges Gastaud)
5) Comunicato  solidarietà con il popolo catalano (Rete dei Comunisti)
6) Un commento di Eros Barone
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8771


=== 1 ===


George Soros finanzia l’indipendentismo catalano

Rete Voltaire | 28 Settembre 2017
Traduzione: Rachele Marmetti (Il Cronista)

L’anno scorso La Vanguardia [quotidiano edito a Barcellona, ndt] ha rivelato che nel 2014 la fondazione Open Society Initiative for Europe di George Soros ha finanziato organizzazioni che militano per l’indipendenza della Catalogna.

Secondo documenti interni, la fondazione ha versato: 
  27.049 dollari al Consell de Diplomàcia Pública de Catalunya (Consiglio di Diplomazia Pubblica di Catalogna), organismo creato dalla Generalità di Catalogna insieme a diversi partner privati; 
  24.973 dollari al Centre d’Informació i Documentació Internacionals a Barcelona (CIDOB – Centro d’Informazione e Documentazione Internazionale di Barcellona, un think tank indipendentista.

Il CIDOB svolge il ruolo di “pre-ministero” degli Esteri per la Generalità di Catalogna. In ogni occasione sostiene lo stesso punto di vista di Hillary Clinton.

---


George Soros financió a la agencia de la paradiplomacia catalana

La fundación del financiero colaboró con 27.000 dólares para diversas actividades del Diplocat y también con 24.949 para el CIDOB

QUICO SALLÉSBarcelona, 
16/08/2016 

La Fundación Open Society Initiative for Europe de George Sorosfinanció con 27.049 dólares actividades del Consell per la Diplomàcia Pública de Catalunya, el Diplocat, la agencia ‘paradiplomática’ catalana. Según los documentos que se han filtrado de las actividades del financiero, Soros aportó estos dólares para cofinanciar una jornada sobre la xenofobia y el euroescepticismo que se celebró en Barcelona en enero de 2014 ante las elecciones al Parlamento Europeo.

Fuentes de la dirección del Diplocat han admitido a La Vanguardia la financiación de este proyecto por parte de la fundación del famoso financiero. De hecho, no es la única aportación a agencias o think tanks catalanes a los que Soros ha ayudado económicamente. El CIDOB, think tank de prestigio internacional bajo el paraguas de diversas administraciones catalanas, también recibió 24.973 dólares para financiar una jornada sobre la integración.

El seminario internacional del Diplocat, titulado “Eleccions Europees 2014: l’augment de la xenofòbia i els moviments euroescèptics a Europa”, fue coordinado por Elisabet Moragas y se realizó a puerta cerrada y al que sólo se podía asistir por invitación.

Según las explicaciones del Diplocat, que preside Albert Royo, se realizó en forma de diálogo abierto entre los expertos académicos y representantes políticos, todos con experiencia sobre el tema del debate, junto con periodistas o representantes de medios de comunicación influyentes de diferentes países de la UE.

[FOTO: La explicación de la financiación de Soros al Diplocat (Quico Sallés)


=== 2 ===


di George Gastaud, segretario nazionale del Polo della Rinascita Comunista in Francia (PRCF),  Antoine Manessis, responsabile PRCF delle relazioni internazionali, e Annette Mateu-Casado, membro della segreteria politica del PRCF, difensora della cultura catalana.

da initiative-communiste.fr, 19 settembre 2017

Traduzione di Marx21.it

Poiché il diritto dei popoli alla propria autodeterminazione non è negoziabile agli occhi dei comunisti, il PRCF condanna il comportamento grossolanamente repressivo del potere di Madrid contro gli eventuali partecipanti al referendum catalano. Anche l\'attaccamento di Mariano Rajoy e del re Felipe alla “democrazia” è sospetto, perché appare in continuità con quella Spagna franchista, in cui il centralismo, certo non democratico, ma fascistaè stato in larga parte responsabile storicamente delle divisioni della Spagna attuale.

Tuttavia, dobbiamo anche interrogarci sull\' “indipendentismo” della grande borghesia catalana.Esso si iscrive completamente nella costruzione “euro-atlantica” che è la negazione stessa dell\'indipendenza dei popoli e, ancor più, del loro diritto inalienabile a costruire il socialismo. Come le odierne componenti dei governi regionali degli Stati esistenti (Spagna, Francia, Italia, Belgio, ex Jugoslavia, ex Cecoslovacchia...) possono essere più forti di fronte all\'Asse Bruxelles-Berlino-Washington (dunque di fronte all\'oligarchia euro-atlantica che mette i popoli in competizione tra loro), isolandosi le une dalle altre, piuttosto che unirsi alle altre nel rispetto delle diversità culturali? Come i proletari di ciascuna delle “grandi regioni” che coltivano l\'euro-separatismo possono essere più forti per lottare contro il capitale se, all\'interno di ogni “nuovo paese” separato dagli Stati esistenti e trasformato in una nuova micro-stella della bandiera europea, i lavoratori sono ulteriormente divisi secondo la lingua e la nazionalità?

Nella stessa Francia, forze reazionarie stanno lavorando, in diverse regioni limitrofe del paese, a smantellare la Repubblica una e indivisibile nata dalla Rivoluzione, a stringere la lingua francese tra l\'inglese transatlantico e la lingua regionale impugnata come arma di divisione. Sullo sfondo di questo separatismo regionalista che si presume opposto a “Parigi” e allo “Stato”, il potere “parigino” stesso si scatena contro il “giacobinismo” (una fase spiccatamente progressista della nostra storia in cui, sotto l\'autorità di Robespierre, l\'unità territoriale del paese si era coniugata con una diffusa autonomia comunale) e difende quello che esso definisce il “patto girondino”: Macron intende in questo modo minare l\'unità, sbarazzarsi delle conquiste nazionali del popolo (contratti collettivi di ramo, statuti, diplomi nazionali, sicurezza, servizi pubblici di Stato, pensioni), favorire le grandi regioni, le “regioni trasfrontaliere” e le Euro-metropoli distruttrici dei comuni e dei dipartimenti.

Per quanto riguarda la Francia, e pur difendendo molto chiaramente le lingue e le culture regionali in quanto patrimonio indivisibile della nazione, il PRCF chiama i lavoratori, da Lille a Perpignan e da Brest a Sarténe, a sconfiggere il Macron-MEDEF, l\'UE sovranazionale, il Patto transatlantico in gestazione, la NATO, tutti quelli che vogliono allo stesso tempo cancellare le conquiste sociali del CNR, l\'autonomia dei comuni della Francia, la sovranità del nostro paese e il diritto dei suoi lavoratori a costruire tutti insieme il socialismo, nella prospettiva del comunismo.

Nel rifiutare in ogni modo la violenza del potere di Madrid contro la popolazione che vive nella Generalità catalana, il PRCF appoggia le rivendicazioni dei comunisti e dei progressisti della Spagna che propongono l\'istituzione di una Spagna repubblicana e socialista, confederale, indipendente dall\'UE e dalla NATO, pienamente rispettosa delle sue nazionalità e in marcia verso il socialismo.


=== 3 ===


Catalogna, a rischio il referendum. PCPE: «Il nostro cammino è l’indipendenza della classe operaia»

22 settembre 2017

Nella mattinata di mercoledì la Guardia Civil spagnola ha fatto irruzione nei palazzi governativi catalani arrestando 14 membri della Generalitat de Catalunya, sequestrando il materiale referendario e facendo calare – in sostanza – la scure dell’impossibilità della celebrazione del referendum indipendentista convocato per il 1° ottobre. Mariano Rajoy, Primo Ministro Spagnolo, infatti, ha dichiarato alla stampa: «Il referendum non può essere celebrato, non è mai stato legale o legittimo, ora è solo una chimera impossibile. Lo Stato ha agito e continuerà a farlo, ogni illegalità avrà la sua risposta. La disobbedienza alla legge è l’opposto della democrazia. Siete ancora in tempo per evitare danni maggiori». Le organizzazioni politiche spagnole non sono mai riuscite ad amalgamare un consenso realmente cospicuo in Catalogna, tanto che alle scorse Elezioni Generali il Partito di Governo (il Partito Popolare) nella circoscrizione catalana è andato ben sotto la media nazionale (33%) attestandosi attorno al 13%.

L’azione repressiva da parte del governo centrale, con l’appoggio dell’UE, ha scatenato le proteste di massa in difesa del diritto democratico al referendum con anche uno sciopero degli scaricatori di porto che hanno impedito l’approdo di 16.000 agenti della Polizia Nazionale e Guardia Civile inviati dalle autorità statali centrali.

La situazione, in ogni caso, è decisamente complessa e l’analisi più completa del fenomeno e del “processo” è necessaria per una comprensione a 360°. È l’obiettivo del documento realizzato dal PCPE (Partito Comunista dei Popoli di Spagna) sull’attuale relazione tra la Catalogna e la Spagna e il “processo” (di autodeterminazione nda): chi lo porta avanti, verso dove va e se ha qualcosa di positivo per la classe operaia e il popolo lavoratore. Il PCPE sostiene il diritto di autodeterminazione della nazione Catalana e condanna la repressione dello Stato spagnolo contro il popolo catalano ma considera che la classe lavoratrice non otterrà alcuna soluzione alla sua penosa condizione dal referendum del 1° Ottobre sia se voterà SI che NO e che tale processo, nelle condizioni attuali, è destinato al fallimento senza riuscire ad indebolire né lo Stato né il regime del ’78. «Le seguenti riflessioni – si legge nel lungo scritto realizzato dall’organizzazione Comunisti Catalani affiliata al PCPE e reso pubblico il 6 settembre scorso – si inquadrano nella nostra campagna “Nostro cammino: l’indipendenza della classe operaia”, con cui vogliamo dare il nostro contributo affinché la classe operaia avanzi verso la sua propria indipendenza politica per conquistare un mondo fatto su sua misura».


Alcuni cenni storici e di base

Prima di addentrarsi nell’analisi del “processo”, il documento si sofferma su alcuni concetti e cenni storici per una migliore comprensione: «L’idea di una nazione spagnola coesa e immutabile creata da re cattolici è una grande menzogna. La Spagna feudale pre-capitalista, uguale a molti stati vicini, era un conglomerato di popoli con culture e lingue proprie. La nazione è una comunità umana stabile con una base ideologica, territoriale, economica e psicologica/culturale in comune, nasce dallo sviluppo capitalista, concretamente in Spagna nel XIX secolo. E’ la comparsa di una necessità materiale, ossia, un mercato nazionale per la borghesia, ciò che impulsa una confluenza linguistica e psicologica/culturale di un popolo. Con una volontà politica conseguente alla borghesia ascendente, si promosse un’unità di criteri mercantili, dazi che proteggessero questo mercato e puntellassero la dominazione borghese. Tutto questo impulsò la fusione di diversi popoli e culture nel consolidamento degli Stati-nazione

«Le nazioni non sono qualcosa di eterno o immutabile, ma sono un prodotto storico determinato, con una nascita, evoluzione e scomparsa in funzione dello sviluppo delle società e, fondamentalmente, dello sviluppo economico a partire dall’attività e la lotta delle classi, che muove il resto. […] Agli inizi del XIX secolo le remore del feudalismo erano ancora forti in gran parte del territorio e nella capitale, nei centri di potere. La borghesia centralista, molto legata a relazioni redditiere e poco produttive non apportava le stesse dinamiche rispetto ad una borghesia catalana più avanzata nel processo di industrializzazione. Le relazioni di produzione capitaliste più sviluppate entrarono dalla periferia e si svilupparono fondamentalmente in Catalogna e nel Paese Basco. Quando la borghesia spagnola cerca di creare un quadro nazionale unico in tutto lo Stato trova che ci sono mercati nazionali creati, con borghesie proprie, con interessi propri e con uno sviluppo nazionale molto avanzato. La creazione di uno Stato-nazione con un’unica lingua, cultura e quadro economico cozza frontalmente con l’esistenza di altri quadri nazionali consolidati.»

Questione nazionale catalana e la contraddizione con lo Stato-nazione spagnolo

In merito alla questione della ‘nazione’ catalana, Comunisti Catalani-PCPE scrive come: «Il processo di creazione della nazione catalana proviene da una borghesia che rispondeva solo ai suoi interessi di creare un mercato economico determinato. […] Al consolidarsi del capitalismo in Spagna, gli interessi della borghesia centrale cozzano per decenni con quelli delle borghesie periferiche. Dalla fine del XIX secolo, con l’apparizione del catalanismo politico, e durante tutto il XX secolo lo scontro nazionale è una caratteristica propria del tentativo di costruzione dello Stato-nazione spagnolo. Sotto lo scontro nazionale, c’è un sigillo di classe dello scontro di interessi tra le differenti borghesie. Questo conflitto si svolge in un quadro di unità e lotta, trascinando dietro di sé gli strati popolari che sinceramente e legittimamente cercavano di difendere il loro patrimonio culturale e la loro identità. In questa relazione di unità e lotta, le borghesie, da un lato, hanno lottato tra sé per difendere i rispettivi interessi: questioni commerciali e produttive (il corridoio del mediterraneo/centrale è l’ultimo esempio), di riparto del bilancio statale, del riparto dell’azionariato di grandi compagnie, ecc., ma dall’altro lato, entrambe le borghesie condividevano un interesse comune basato nelle loro condizioni di classe dominante e sfruttatrice della classe operaia. Entrambe le borghesie sono state molto unite quando si è trattato di schiacciare la maggioranza operaia e popolare. In nessun momento della sua storia, la borghesia catalana ha aspirato all’indipendenza. Durante tutto il XX secolo abbiamo molteplici esempi di collaborazione tra borghesie o tra i loro rappresentanti politici», facendo riferimento all’appoggio al franchismo, alla guerra civile, ai patti costituzionali e all’appoggio a leggi e governi della transizione.

Il “processo” è lontano dall’essere guidato dalla classe operaia

Il processo indipendentista catalano non è guidato dalla classe operaia catalana, ma da settori borghesi: «La radice del conflitto è il lucro o interesse economico, un interesse di classe che, più o meno legittimo, dobbiamo saper separare e analizzare. In caso contrario ci faranno passare interessi estranei come nostri e finiremo per partecipare in lotte nelle quali non abbiamo alcuna speranza di miglioramento dei nostri problemi reali come classe operaia.

Il processo indipendentista cresce su problematiche politiche: annullamento dello Statuto votato dai catalani, attacchi alla lingua e la cultura, bassi investimenti in certi settori, ecc. Ma il “processo” come lo intendiamo oggi, come processo indipendentista (non per il patto fiscale o altre iniziative) scoppia nel 2011-2012, nei momenti più duri della crisi economica, e con alcuni fattori che vanno molto al di là di queste problematiche reali.

L’elemento chiave per comprendere il processo indipendentista sono le conseguenze del naturale sviluppo del sistema capitalista. Le leggi economiche di questo sistema, basate nell’accumulazione di capitale, nella produzione conducono inesorabilmente alle seguenti conseguenze: concentrazione del capitale sempre più in meno mani, impoverimento relativo, e a volte assoluto, del resto della popolazione in cui non si concentra il capitale e crescita dei monopoli che dominano rami della produzione e anche paesi interi».

In questo sviluppo si forma quello che Comunisti Catalani-PCPE definisce blocco oligarchico-borghese a livello statale spagnolo con l’unità dei settori monopolistici: «La storica borghesia catalana ha concentrato il suo capitale durante tutto il XX secolo, creando importanti monopoli che hanno dominato sempre più il mercato, in principio nel resto dello Stato e dopo a livello internazionale. Parallelamente, la borghesia spagnola ha seguito un processo simile, compartendo zone di mercato con la borghesia catalana. Le leggi dell’economia operarono e alla fine del XX secolo e inizi del XXI, al calore dell’impulso economico e delle grandi privatizzazioni dei monopoli pubblici, si compì un processo di fusione di capitali nella forma di compartizione azionaria delle grandi compagnie. Questo processo si realizzò dall’integrazione dei monopoli spagnoli nel sistema capitalista-imperialista internazionale e dall’omologazione delle forme di dominazione con i paesi dell’Unione Europea. L’interrelazione di capitali oggi è profonda, e la maggioranza delle grandi oligarchie nate in uno e l’altro lato dell’Ebro condividono azioni delle principali Banche e compagnie dell’IBEX35. Questo ha creato una tal comunione di interessi tra le differenti borghesie dello Stato spagnolo che rende imprescindibile parlare di un blocco oligarchico-borghese spagnolo. […] Il blocco oligarchico-borghese non è né catalano, né basco, né madrileno, è un blocco di carattere spagnolo mentre la sua base di accumulazione e dominazione non è nazionale, ma nel quadro statale. Questo si riflette direttamente nell’ambito politico visto che la nazione catalana ha smesso di esser un progetto utile per la classe dominante in Catalogna. I suoi rappresentanti storici (CiU) sono stati spodestati. Questo è un elemento che differenzia la situazione nel XXI secolo, elemento che in nessun caso si invertirà. L’oligarchia in Catalogna non tornerà mai più a difendere, mantenere o promuovere la nazione catalana.

Il ruolo della piccola e media borghesia catalana

Lo sviluppo imperialistico spagnolo – nel quadro dell’UE- con il suo processo di concentrazione e accentramento, ha avuto il riflesso della reazione della piccola borghesia che di fronte alla caduta delle sue posizioni e condizioni dei suoi piccoli affari rispetto ai grandi monopoli ha assunto sempre maggior protagonismo cavalcando il malcontento diffuso e generando una proposta politica che si riflette nell’attuale “processo”: «L’elemento chiave che spiega l’impulso del processo indipendentista è stato il processo di proletarizzazione accelerato vissuto da ampi strati della piccola e media borghesia catalana nei momenti più duri della crisi economica. Inoltre, la scomparsa di un mercato nazionale catalano, profondamente inter-relazionato con quello della Spagna ha radicalizzato questi strati che vedono “il loro mondo” – o contesto di sussistenza – scomparire.

Pertanto, la proposta politica di questa classe è stata segnata da due elementi:

  1. Dal fatto che la grande borghesia si è fusa con quella del resto dello Stato e si è convertita in borghesia spagnola, perdendo il quadro nazionale e non rappresentando più gli interessi del territorio sul quale si sostenta il mercato della piccola e media borghesia.
  2. E soprattutto, la minaccia massiva di proletarizzazione l’ha portata a sollevare una proposta di scontro radicalizzato contro le conseguenze del capitalismo monopolista attuale, ma non contro il capitalismo come sistema, giacché desiderano un capitalismo che non tenda alla concentrazione di capitali, senza grandi corporazioni e basato nel regime di piccole proprietà come le loro.

Tutto questo ha portato la piccola borghesia a sviluppare una proposta politica con un certo grado di conflitto contro la classe oligarchica ma senza generare un movimento di rottura o indipendente da essa.»

L’impraticabilità del “processo”

Comunisti Catalani-PCPE, in sostanza, delinea l’impraticabilità del “processo” d’autodeterminazione catalano se non viene spodestata l’oligarchia-reggente a livello statale tramite un processo rivoluzionario.

«[…] Poco a poco si va visualizzando l’unico orizzonte realista per l’indipendentismo e tutti i difensori del diritto all’autodeterminazione, orizzonte che da tempo noi comunisti annunciamo: che non sarà possibile alcun processo di autodeterminazione e, pertanto, nemmeno di indipendenza, senza distruggere il potere statale dell’oligarchia. Non si può spodestare l’oligarchia dal potere in maniera pacifica, posto che è sempre disposta a utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per mantenere il suo regime di interessi». E gli eventi di questi giorni confermano pienamente questa tesi. E ancora: «Per rovesciare il potere dell’oligarchia si richiede, così come la storia dimostra, un processo rivoluzionario. E’ l’indipendentismo disposto a portare avanti un processo rivoluzionario? La risposta a questa domanda è profondamente no. L’indipendentismo oggi non ha né forza né capacità di resistenza per affrontare un conflitto reale con lo Stato. E questo non avviene per una condizione codarda intrinseca dei catalani, ma nelle condizioni di classe del “processo”. La piccola borghesia non è una classe rivoluzionaria e pertanto i movimenti politici che sviluppa non hanno nessuna caratteristica (ideologica, politica e organizzativa) rivoluzionaria. In definitiva, il processo indipendentista è destinato al fallimento a causa della classe sociale che lo fomenta, dirige e gli dà forma».

Il ruolo della classe operaia e il suo cammino

Di fronte a questo scenario, il compito dei comunisti è quello di delineare una posizione e percorso indipendente per la classe operaia sulla base dei suoi interessi e non alla coda dei vari settori della borghesia. «La classe operaia deve apprendere dalle sue esperienze, e pertanto deve organizzarsi per creare un movimento con orientamento nettamente operaio dove si difendono i suoi interessi al di sopra di quelli dei padroni […] Né lo spagnolismo difensore dello status quo né l’indipendentismo con proposte utopiche irrealizzabili, servono gli interessi della classe operaia, hanno entrambi un sigillo di classe estraneo ad essa».

Le une e le altre proposte sono irricevibili dai comunisti per cui «solo in un processo rivoluzionario nel quadro spagnolo, ossia statale, in cui la classe oligarchica sia definitivamente sostituita al potere dalla classe sfruttata, la classe operaia, ci saranno le condizioni materiali per dare un reale diritto all’autodeterminazione della Catalogna».

Dunque, il PCPE conclude il documento lanciando un appello alla classe operaia e i settori popolari.

  • A rafforzare la lotta operaia. Rafforzare il sindacalismo di classe e combattivo e le file del Partito Comunista. Lottare contro la penetrazione delle idee di altre classi sociali dentro la nostra classe come sono la socialdemocrazia e ogni tipo di nazionalismo.

\n