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Olimpiadi

1) La Jugoslavia alle Olimpiadi 2012
2) Doping politico (Manlio Dinucci)
3) Olimpiadi e minoranza italiana in Croazia (Fabio Muzzolon)
4) Olimpiadi: il sogno infranto degli atleti kosovari (Jacopo Corsini)
5) LONDONSKE OLIMPIJSKE IGRE - IGRE SMRTI (Ljubodrag Simonović Duci)


ALTRI LINK:

OLIMPIJSKE IGRE – MIT I STVARNOST
Ljubodrag Duci Simonović - јун 10, 2012 · by nedjeljnilistborba

L'horreur économique des Jeux Olympiques
Par Daniel Salvatore Schiffer - 26 Juillet 2012 

La Jugoslavia alle Olimpiadi 2004
JUGOINFO 3 settembre 2004

La Jugoslavia alle Olimpiadi 2008
JUGOINFO 28 agosto 2008

Su alcune questioni sportive si veda anche la documentazione alla nostra pagina:


=== 1 ===

La Jugoslavia alle Olimpiadi 2012


Il numero riportato tra parentesi indica la posizione del paese nella graduatoria dei corrispondenti giochi olimpici.

oro argento bronzo totale

LONDRA 2012

(25) Croazia 3 1 2 6
(42) Slovenia 1 1 2 4
(42) Serbia 1 1 2 4
(69) Montenegro 0 1 0 1
( - ) Bosnia-Erzegovina 0 0 0 0
( - ) FYROM 0 0 0 0

totale 5 4 6 15


A confronto:


Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia

( 14 ) Parigi 1924 2 0 0 2
( 21 ) Amsterdam 1928 1 1 3 5
( 25 ) Berlino 1936 0 1 0 1
( 24 ) Londra 1948 0 2 0 2
( 21 ) Helsinki 1952 1 2 0 3
( 26 ) Melbourne 1956 0 3 0 3
( 18 ) Roma 1960 1 1 0 2
( 19 ) Tokyo 1964 2 1 2 5
( 16 ) Città del Messico 1968 3 3 2 8
( 20 ) Monaco 1972 2 1 2 5
( 16 ) Montreal 1976 2 3 3 8
( 14 ) Mosca 1980 2 3 4 9
( 9   ) Los Angeles 1984 7 4 7 18
( 16 ) Seul 1988 3 4 5 12


Slovenia

( 52 ) Barcellona 1992 0 0 2 2
( 55 ) Atlanta 1996 0 2 0 2
( 35 ) Sydney 2000 2 0 0 2
( 64 ) Atene 2004 0 1 3 4
( 41 ) Pechino 2008 1 2 2 5


Croazia

( 44 ) Barcellona 1992 0 1 2 3
( 45 ) Atlanta 1996 1 1 0 2
( 48 ) Sydney 2000 1 0 1 2
( 44 ) Atene 2004 1 2 2 5
( 57 ) Pechino 2008 0 2 3 5


Bosnia-Erzegovina

( - ) Barcellona 1992 0 0 0 0
( - ) Atlanta 1996 0 0 0 0
( - ) Sydney 2000 0 0 0 0
( - ) Atene 2004 0 0 0 0
( - ) Pechino 2008 0 0 0 0


Repubblica ex-jugoslava di Macedonia - FYROM

( - ) Atlanta 1996 0 0 0 0
( 70 ) Sydney 2000 0 0 1 1
( - ) Atene 2004 0 0 0 0
( - ) Pechino 2008 0 0 0 0


Repubblica Federale di Jugoslavia,
dal 2004: Unione di Serbia-Montenegro

( 41 ) Atlanta 1996 1 1 2 4
( 42 ) Sydney 2000 1 1 1 3
( 62 ) Atene 2004 0 2 0 2


Serbia

( 62 ) Pechino 2008 0 1 2 3


Montenegro

( - ) Pechino 2008 0 0 0 0
http://www.athens2004.com/en/OlympicMedals/medals
http://www.olympic.it/italian/country )


=== 2 ===

Doping politico

 

Fonte: il manifesto, 7.08.2012

Autore: Manlio Dinucci 

Tra le squadre alle Olimpiadi di Londra ce n’è una multinazionale, formata da giornalisti che, allenati da coach politici, eccellono in tutte le discipline della falsificazione. La medaglia d’oro va ai britannici, primi nello screditare gli atleti cinesi, descritti come «imbroglioni, scherzi di natura, robot». Un secondo dopo che la nuotatrice Ye Shiwen ha vinto, la Bbc ha insinuato il dubbio del doping. Il Mirror parla di «brutali fabbriche di addestramento», in cui gli atleti cinesi vengono «costruiti come automi» con tecniche «ai limiti della tortura», e di «atleti geneticamente modificati». 
La medaglia d’argento va al Sole 24 Ore che, tramite l’inviata Colledani, descrive così gli atleti cinesi: «La stessa faccia squadrata, la stessa concentrazione militaresca, fotocopia l’uno dell’altro, macchine senza sorriso, automi senza eroismo», creati da una catena di montaggio che «sforna ragazzini come bulloni», costringendoli alla scelta «piuttosto che fame e povertà, meglio disciplina e sport». C’è nostalgia a Londra dei bei tempi andati, quando nell’Ottocento i cinesi venivano «scientificamente» descritti come «pazienti, ma pigri e furfanti»; quando gli imperialisti britannici inondavano la Cina col loro oppio, dissanguandola e asservendola; quando, dopo che le autorità cinesi ne proibirono l’uso, la Cina fu costretta con la guerra a cedere alle potenze straniere (tra cui l’Italia) parti del proprio territorio, definite «concessioni»; quando all’entrata del parco Huangpu, nella «concessione» britannica a Shanghai, c’era il cartello «Vietato l’ingresso ai cani e ai cinesi». Liberatasi nel 1949, la nuova Cina, non essendo riconosciuta dagli Usa e dai loro alleati, venne di fatto esclusa dalle Olimpiadi, alle quali poté partecipare solo nel 1984. Da allora è stato un crescendo di successi sportivi. Non è però questo a preoccupare le potenze occidentali, ma il fatto che la Cina sta emergendo come potenza in grado di sfidare il predominio dell’Occidente su scala globale. Emblematico che perfino le uniformi della squadra Usa alle Olimpiadi siano made in China. Dal 2014 saranno usate solo quelle made in America, ha promesso il Comitato olimpico Usa, organizzazione «non profit» finanziata dalle multinazionali. 
Che, con le briciole di quanto ricavano dallo sfruttamento delle risorse umane e materiali di Asia, Africa e America latina, finanziano il reclutamento di atleti da queste regioni per farli gareggiare sotto la bandiera a stelle e strisce. La Cina invece considera «lo sport come una guerra senza uso di armi», accusa il Mirror. Ignorando che la bandiera olimpica è stata issata da militari britannici, che hanno usato le armi nelle guerre di aggressione. La Cina è l’ultima ad avere «atleti di stato», accusa Il Sole 24 Ore. Ignorando che, dei 290 olimpionici italiani, ben 183 sono dipendenti statali in veste di membri delle forze armate, poiché solo queste (per una precisa scelta politica) gli permettono di dedicarsi a tempo pieno allo sport. Una militarizzazione dello sport, che il ministro Di Paola chiama «binomio sport-vita militare, fondato su un’etica condivisa, caratteristica dell’appartenenza ad un corpo militare così come ad un gruppo sportivo». Allora quella contro la Libia non è stata una guerra, ma l’allenamento per le Olimpiadi.



=== 3 ===

Da: Fabio Muzzolon
Data: 13 agosto 2012 20.05.45 GMT+02.00

in margine alle Olimpiadi (e alle vacanze), un fatto sfuggito sul croato bilingue che ha battuto la nostra medaglia d'argento Massimo Fabbrizi nel tiro a volo... 


SULLA MINORANZA ITALIANA IN CROAZIA.
Mi trovavo da quelle parti quando il tiratore croato, medaglia d'oro olimpica, Giovanni Cernogoraz, professione cameriere di famiglia, veniva festeggiato nella sua Città Nova, in slavo Novi Grad, sulla costa istriana. Il cronista della RAI era un po'  imbarazzato davanti a questo nome  un po' ibrido ed esotico. Un cognome forse strano per un atleta della minoranza italiana che in casa parla dialetto veneto-istriano, cognome scritto in grafia italiana ma che in serbo-croato significa "montenegrino" o di qualche altro Monte Nero nei paraggi, a conferma che le identità non sono mai del tutto separate e definitive.
Qualcuno avrà pensato: ma come può esserci un italiano in Croazia, ex Tito-slavia, non erano stati tutti cacciati o "infoibati"? Eppure da fonti croate si sa che gli italiani dichiarati (senza timori o pigrizie di dichiararsi!) sono almeno 20.000 nella sola Croazia, ma il rappresentante della Comunità Italiana (Talijanska Zajednica) di Dignano-Vodnjan dice che potrebbero aggirarsi sui 35.000, ma la presenza di moltissimi "misti" -tipica eredità jugoslava- rende il conto molto difficile. Tanto più arduo contare gli Istriani e Dalmati che usano l'italiano o il croato in modo bilingue nonostante il crescente centralismo croato. Intanto sempre di più da noi si sente dire "Vado a Porec in Croazia" quando in italiano sarebbe preferibile "Vado in Istria, a Parenzo".


=== 4 ===

NB. Riportiamo l'articolo seguente per le informazioni attuali in esso contenute, benché la sua impostazione sia fuorviante in quanto, storicamente e al presente, non esiste alcuna "aspirazione nazionale kosovara" ma solamente la aspirazione irredentista del nazionalismo pan-albanese che mira a strappare la provincia del Kosovo dalla Serbia allo scopo di annetterla alla Repubblica di Albania, realizzando quella "Grande Albania" etnicamente intesa che fu già effimera creazione del nazifascismo.



Olimpiadi: il sogno infranto degli atleti kosovari


Non è un problema recente. Per gli atleti kosovari è impossibile difendere i colori della propria bandiera. E' accaduto anche alla judoka Majlinda Kelmendi, alle olimpiadi di Londra. "Ma a Rio 2016 gareggerò per il Kosovo"

Il Presidente bielorusso Lukashenko, cui venne rifiutato sia il visto per recarsi in Gran Bretagna sia l’accreditamento dal Comitato Olimpico Internazionale, già prima dell’inizio dei giochi sentenziò: “non sono sport ma politica, sporca politica”.
Anche se siamo distanti dalla tensione politica internazionale che aleggiava su Mosca ’80 o Los Angeles ’84, l’edizione di quest’anno ha sollevato non poche polemiche nella regione dei Balcani Occidentali, in particolare Kosovo e Serbia, a causa della decisione di non far partecipare gli atleti kosovari all’interno di una rappresentanza nazionale kosovara.

Il veto di Divac

Il Presidente del Comitato Olimpico serbo ed ex stella internazionale del basket, Vlade Divac, si pronunciò in merito già nel marzo scorso quando disse chiaramente che se gli atleti kosovari, di etnia albanese o serba, avessero voluto partecipare ai giochi olimpici di Londra lo avrebbero potuto fare solo ed esclusivamente all’interno della delegazione serba.
Di diversa opinione fu invece il Parlamento di Strasburgo che pochi giorni dopo, il 29 marzo, adottò una Risoluzione in cui chiese ufficialmente l’inizio dei negoziati di adesione con la Serbia, che già da un anno aveva ottenuto lo status di paese candidato, e allo stesso tempo sollecitava Belgrado perché desse nuovo impulso ai negoziati diretti con Pristina, bloccati ormai da alcune settimane (e ancora oggi non ripresi); nello stesso documento fece appello al Comitato Olimpico Internazionale affinché lasciasse partecipare atleti kosovari sotto la propria bandiera.
A maggio la questione venne portata a Losanna, sede del Comitato, il quale sentenziò che, secondo lo statuto, per poter partecipare ai giochi olimpici uno stato deve essere riconosciuto dalla Comunità internazionale, cioè dalle Nazioni Unite. E il Kosovo, ad oggi riconosciuto ufficialmente da 91 Paesi, deve fare i conti con l’opposizione della Serbia sostenuta dalla protettrice Russia che detiene il potere di veto all’interno del Consiglio di Sicurezza.

Non solo le olimpiadi

In questi giorni a Londra solo un’atleta kosovara, la famosa judoka Majlinda Kelmendi, ha preso parte ufficialmente alle olimpiadi sfilando all’interno della rappresentativa di Tirana. Medaglia d’oro ai campionati mondiali junior di Parigi di tre anni fa, negli ultimi mesi la giovane atleta nata nel maggio del 1991, si è dovuta scontrare con le resistenze del Comitato il quale, oltre a negarle la possibilità di gareggiare sotto la propria bandiera nazionale, le ha proibito anche quella di gareggiare come atleta indipendente sotto la bandiera olimpica, a differenza di quanto è stato concesso a quattro altri atleti provenienti dal neonato Stato del Sud-Sudan e dalle ex Antille olandesi. Senza possibilità di rappresentare ufficialmente il proprio Paese, Majlinda si è ritrovata così costretta a partecipare all’interno della delegazione albanese. E' scesa sul tatami nella categoria del judo femminile dei 52 kg.
La non partecipazione ai giochi olimpici di Londra è solo il più clamoroso dei tanti dinieghi che Pristina si è vista presentare in campo sportivo. L’isolamento internazionale in questo campo è generalizzato e neppure il recente accordo con Belgrado sul famoso “asterisco”  sembra sia stato sufficiente. L’accordo, raggiunto nel febbraio scorso, consentiva la partecipazione del Kosovo ad eventi internazionali a patto che il nome fosse seguito da un asterisco che rimandasse ad una nota a piè di pagina in cui si menzionava la Risoluzione 1244 e il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia.
È evidente come l’isolamento internazionale di Pristina in ambito sportivo abbia anche ricadute politiche: molti atleti di etnia albanese sono stati allenati e sono cresciuti in Kosovo e successivamente “dati” alla vicina Albania per poter competere in eventi internazionali con la conseguenza che si stanno facendo sempre più numerose le richieste di una maggiore integrazione, quando non una vera e propria fusione, delle federazioni sportive kosovare con quelle albanesi.

Arrivederci a Rio

Nel frattempo, i sogni di Majlinda di dedicare una medaglia olimpica al proprio Paese sono stati infranti sul tatami: arrivata tra le 16 atlete di finale dopo aver battuto la finlandese Jaana Sundberg, si è dovuta arrendere alla judoka delle Mauritius, Christianne Legentil. Nonostante questo, la ventunenne kosovaro-albanese ha affermato che continuerà la battaglia per realizzare il sogno di gareggiare, alle prossime olimpiadi di Rio de Janerio, con la bandiera kosovara cucita sul proprio kimono.

--

La nota a margine 

Dopo un accordo raggiunto tra Belgrado e Pristina nel febbraio 2012, con la mediazione dell'UE, il Kosovo potrà essere rappresentato nei summit regionali e potrà siglare accordi commerciali con Paesi terzi. Ad una condizione però: il nome dovrà essere seguito da un asterisco che rimanda ad una nota a piè pagina dove si fa riferimento sia alla Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che garantisce l'integrità territoriale della Serbia, sia alla decisione con cui la Corte internazionale di giustizia ha sancito che la dichiarazione di indipendenza di Pristina non è contraria al diritto internazionale.


=== 5 ===


("Le Olimpiadi di Londra. Olimpiadi della morte." 
Dello stesso autore - filosofo ed ex giocatore di pallacanestro - sullo stesso sito:


LJUBODRAG SIMONOVIĆ: OLIMPIJSKI PLAMEN




LONDONSKE OLIMPIJSKE IGRE. IGRE SMRTI.

 

Piše: Ljubodrag Simonović Duci

 
 

Olimpijske igre.

Najznačajnija svetkovina kapitalističkog sveta.

„Plava loža“ je puna.

Dželati čovečanstva su na okupu.

Tu je i kraljica.

Britanska kraljevska kuća…

Najkrvavija zločinačka organizacija za koju istorija zna.

London slavi!

Bojni brodovi, avioni, rakete, policajci, komandosi…

Pravi olimpijski ambijent.

Fanfare, olimpijska koračnica…

Roboti marširaju.

Ave cæsar! Morituri te salutant!

Kraljica maše.

Kraljica se smeje.

Kraljica zeva.

„Golubi mira“ nestaju u tami otrovanog neba.

To su Olimpijske igre, budalo!

Smej se!

Svi moraju biti srećni!

„Sport je najjeftinija duhovna hrana za radne mase -

koja ih drži pod kontrolom.“

Stari, dobri Kuberten.

Znao je kako treba vladati.

Olimpijske igre.

Bile su „festival mladosti“.

Sada su festival smrti.

Kraljica je zadremala.

Neka je.

Neka utone u večni san.

Kao i Bler, Buš, Klinton, Sarkozi, Obama…

Kao i svi kapitalistički zlikovci.

Spavajte! – olimpijski anđeli.

Spavajte! – olimpijski gadovi.

I nikada se nemojte probuditi.

 

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