L'articolo che segue, pur contenendo elementi interpretativi criticabili (il nuovo governo serbo definito di centrodestra come se il precedente fosse stato di centrosinistra, mentre vale casomai il contrario; l'uso acritico delle patenti di affidabilità per i governi, secondo una tipica concezione colonialista; e così via), è di notevole interesse in giorni in cui la stessa FIAT è al centro di polemiche in Italia per i suoi comportamenti  altrettanto sprezzanti. (a cura di IS)


Fiat e Serbia, a velocità moderata

Jacopo Corsini

12 settembre 2012

Ad agosto le prime auto prodotte sono arrivate in Italia. La nuova FIAT 500L è targata Serbia, ma non sono stati facili questi ultimi mesi di collaborazione tra l'industria torinese e i partner serbi. Una rassegna


Nel settembre del 2008 l’amministratore delegato della FIAT, Sergio Marchionne, e il ministro dell’Economia serbo, Mlađan Dinkić, firmarono un accordo di cooperazione che prevedeva investimenti per circa un miliardo di euro e la creazione di una Joint Venture, la Fijat Automobili Srbije (FAS), per i due terzi di proprietà della FIAT e per la parte restante di proprietà dello Stato serbo. FAS si impegnava a rilevare il patrimonio della Zastava, la gloriosa e famosa (almeno in Jugoslavia) industria automobilistica, in particolare il complesso produttivo situato nei pressi della città di Kragujevac, a 150 chilometri a sud di Belgrado, nella Serbia centrale.

Numerosi sono i vantaggi di cui ha goduto e gode ancora oggi il gruppo FIAT dalla cooperazione con la Serbia, in particolare sfruttando (come tante altre compagnie italiane) la politica del “red carpet” seguita per anni dal governo di Belgrado: bassa tassazione ed esenzione in alcuni campi, generosi incentivi fiscali, sostegno alle imprese che avrebbero creato occupazione, free tax zone. Generosi aiuti sono arrivati anche da Bruxelles in particolare dalla BEI, la Banca Europea per gli Investimenti, che erogò alcune centinaia di milioni di euro in favore della riqualificazione del complesso industriale Zastava a Kragujevac, seriamente danneggiata durante i bombardamenti NATO del 1999.

Da quel momento iniziarono gli investimenti e l’ammodernamento dell’impianto e nel marzo del 2012 la nuova 500L, ovvero una versione più “allungata” del modello 500, venne presentata al Salone internazionale dell’auto di Ginevra, alla presenza dell’amministratore delegato del gruppo torinese e del presidente serbo, il quale avrebbe giocato (come già fece nel 2008) la carta Kragujevac per attirare consensi (questa volta senza successo) in vista dell’imminente tornata elettorale di maggio.

Ad aprile fu lo stesso Marchionne che, apponendo la propria sigla con pennarello indelebile ad una delle prime 500L uscite dallo stabilimento serbo, disse: “Il fatto che abbiamo deciso di operare qui è il chiaro riconoscimento dell'affidabilità della Serbia”.

Da poche settimane è iniziata la produzione di massa e a metà agosto il primo carico di autovetture è stato imbarcato al porto montenegrino di Bar diretto verso Bari. Secondo i dati forniti dalla FIAT, ad oggi la capacità produttiva degli impianti di Kragujevac si aggira attorno alle 700 autovetture al giorno e si prevede di raggiungere la quota di 30.000 esemplari prodotti prima della fine del 2012 ed impiegare almeno 2.400 operai. Il prezzo di questa monovolume, destinata principalmente al mercato italiano, partirà da circa 15.500 € e sarà disponibile con tre diverse motorizzazioni: benzina 1.4 da 95 CV, Twinair 0.9 da 105 CV e diesel 1.3 Multijet da 85 CV.

Irritazione della Fiat ai ritardi della Serbia

Tutto sembra far pensare ad un “success case”, a un caso di successo di investimenti stranieri in Serbia che avrebbero portato nuova occupazione e una boccata d’ossigeno all’economia in affanno di questo Paese. Molti dubbi invece sono sorti negli ultimi mesi tra gli investitori stranieri, soprattutto dopo la vittoria della coalizione di centro destra alle elezioni di maggio. Le divergenze tra Torino e Belgrado sono state rese pubbliche dal quotidiano serbo Press, durante la prima metà di agosto. Secondo il giornale di Belgrado, mentre la FIAT stava rispettando gli impegni presi e regolarmente effettuando gli investimenti pianificati, il precedente governo serbo non aveva neppure iscritto a bilancio la prima tranche di 90 milioni di euro stabilita, su un totale di 200 milioni di investimenti previsti.

Ma i motivi di irritazione di Torino non finivano qua: fortissimi ritardi si stavano registrando anche nella costruzione di due nuovi tratti stradali, infrastrutture fondamentali per evitare che la piccola cittadina di Kragujevac vada in tilt quando la produzione dell’impianto sarà a pieno regime e per garantire il necessario trasporto di componenti e materiale da parte di decine di TIR giornalieri. E proprio da Kragujevac c’è chi soffiava sul fuoco, in particolare il suo primo cittadino, Verko Stevanović, il quale ha più volte dichiarato che la FIAT aveva tutto il diritto ad essere irritata col governo di Belgrado.

Il motivo principale di questi ritardi non sembrava essere una deliberata volontà politica da parte del nuovo governo serbo bensì le difficoltà economiche. Gli investimenti esteri in Serbia nel 2012 sono drasticamente diminuiti e la politica economica inaugurata dal nuovo esecutivo certamente non ha contribuito a migliorare la situazione. I primi di agosto il governatore della Banca Nazionale Serba è stato sostituito in quanto contrario ad assecondare i piani economici del presidente Nikolić mentre la stessa legge che regola il funzionamento dell’istituto centrale è stata stravolta per permetterne un ampio controllo politico da parte del parlamento. Le istituzioni finanziarie internazionali, da parte loro, si stanno mostrando sempre più reticenti a firmare nuovi accordi con Belgrado e pongono condizioni sempre più stringenti per la concessione di nuovi fondi.

Accordi e rassicurazione del nuovo governo

Lo scalpore suscitato da queste rivelazioni e l’irritazione registrata al di qua dell’Adriatico hanno dato i loro frutti: la settimana scorsa una delegazione guidata da Alfredo Altavilla, Head of Business Development Fiat S.p.A. e membro del Group Executive Council, ha incontrato a Belgrado il ministro dell’Economia Mlađan Dinkić, per cercare di trovare una soluzione condivisa. Alla fine, i delegati FIAT hanno accettato la proposta serba di dilazionare il pagamento in due tranche: la prima di 50 milioni da pagare entro quest'anno e i rimanenti 40 milioni nel 2013. Rassicurazioni sono state date anche riguardo le infrastrutture, in particolare riguardo gli ultimi chilometri mancanti dei nuovi tratti stradali necessari per garantire la regolare fornitura di materiali alle fabbriche di Kragujevac, i quali dovrebbero essere terminati rapidamente. A mettere la parola fine (per adesso) sulla questione ci ha pensato lo stesso Marchionne che si è recato il 4 settembre scorso in Serbia per una visita lampo agli impianti di Kragujevac dove ha incontrato il neo eletto Presidente Nikolić, in quello che è stato definito un normale incontro di routine per conoscere il nuovo esecutivo.

D'altronde Marchionne può solo rallegrarsi degli investimenti fatti in Serbia. Oltre agli incentivi elargiti dal governo di Belgrado, FAS ha ricevuto l’appoggio da parte dei sindacati i quali non hanno fatto troppe resistenze alla proposta del gruppo torinese di introdurre, per un periodo di prova di sei mesi, i nuovi turni giornalieri da 10 ore (e un giorno di riposo alla settimana in più), una “rivoluzione” decisa dal gruppo torinese al fine di aumentare la produttività. Ciò può essere spiegato facilmente dal fatto che oggi la disoccupazione in Serbia è endemica e costituisce il primo problema del Paese. Non sono mancate però le critiche: alcuni sindacati serbi hanno criticato l’accordo evidenziando quanto questo nuovo metodo possa diventare stancante e non più tollerabile quando la produzione avverrà a pieno regime.

Anche il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, aveva avuto occasione di tastare l’affidabilità della Serbia durante la visita a Belgrado di metà agosto. Diversamente da quanto ci si sarebbe potuto aspettare, al suo ritorno il ministro ha lanciato accorati incoraggiamenti a fare nuovi investimenti in Serbia, assieme ad affermazioni rassicuranti circa la grande affidabilità della nuova coalizione di governo di centro destra, la stessa che aveva sollevato non pochi timori in alcune cancellerie europee all'indomani dei risultati elettorali di maggio.

Dunque, nonostante la crisi, la mancanza di fondi e le nuove linee politiche di Belgrado, la Serbia continua ad essere considerata un interlocutore affidabile. Almeno fino a quando Belgrado continuerà a garantire condizioni economiche favorevoli agli investitori esteri.


Commenti
strategia
Venerdì, 14 Settembre 2012 09:00:01
milica

La Serbia deve pagare 200 milioni per 33% della fabbrica??????? E "bassa tassazione ed esenzione in alcuni campi, generosi incentivi fiscali, sostegno alle imprese che avrebbero creato occupazione, free tax zone". Ecco il motivo perchè il contratto con la Fiat era il segreto nazionale! Per pagare agli investitori stranieri la Serbia ha spremuto le PMI fino a perdere 680.000 posti di lavoro dal 2008 e 66.000 negli ultimi 6 mesi. Il risultato: lo stato sta facendo la bancarotta. Grande strategia economica!