(italiano / english)

Protest against austerity measures in Slovenia /
Sulle recenti proteste contro le politiche di austerità in Slovenia

1) Notizie recenti in lingua italiana
2) Slovenia threatened with national bankruptcy (WSWS 10/9/2012)
3) Protest against austerity measures in Slovenia (WSWS 27/11/2012)
4) FLASHBACK: L'ipoteca clericale che grava sulla Slovenia (2011-2012)


LINKS:

SLOVENIA "INDIPENDENTE": TUTTO IN SVENDITA (2 Agosto 2012)

Slovenia: NO to NATO, NO to austerity measures (8 Luglio 2012)

Slovenia: "cancellati" dalla secessione anagrafica (1 Luglio 2012)

LA GRANDE FESTA DEI DOMOBRANCI (27 Giugno 2012)

Masovni generalni štrajk u Sloveniji (20 Aprile 2012)

Attacchi alla cultura anche in Slovenia (17 Febbraio 2012)


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Slovenia: 30 mila in piazza contro austerità

17 Novembre 2012 - Oltre 30 mila sloveni hanno manifestato oggi a Lubiana per protestare contro la politica di austerità portata avanti dal governo di destra del premier Janez Jansa. 'Vogliamo vivere - Non sopravvivere', 'Il governo perde la testa - La Slovenia la sua giovinezza', 'Politica di austerita' uguale Recessione', questi alcuni degli slogan mostrati dai manifestanti su cartelli e striscioni.
Per Dusan Semolic, leader dell'Alleanza dei sindacati indipendenti sloveni (Zsss), responsabile della crisi attuale è il 'capitalismo avido e selvaggio' che impera in Europa e negli Usa, e che rende vana ogni riforma sociale. La Slovenia, che fa parte della Ue dal 2004 e della zona euro dal 2007, é in piena recessione, con il pil che dovrebbe calare del 2% quest'anno e dell'1,4% nel 2013.
L’iniziativa è stata lanciata dal sindacato del settore pubblico Ksjs, dalla confederazione indipendente Zsss e dall’associazione Knss, insieme all’organizzazione studentesca e all’associazione delle società dei pensionati. Negli ultimi mesi le misure anti-crisi del governo di Janez Jansa sono state oggetto di forti contestazioni, soprattutto quelle che prevedono tagli al settore pubblico. Uno dei provvedimenti più contestati dai sindacati è quello relativo al taglio del 5 per cento degli stipendi del settore pubblico.

(fonte: Redazione Contropiano 


Slovenia, dilaga la rivolta sociale nelle piazze

28 novembre 2012 - La rivolta di piazza si espande in Slovenia a macchia di leopardo. Dopo gli scontri di Maribor a scendere nelle strade è stata la capitale Lubiana. Per proteggere il palazzo del Parlamento e quello del governo la polizia ha schierato un cordone di poliziotti in assetto anti-sommossa. Il motto dei manifestanti è «Gotof je» (è finito) che riecheggia quello scandito nelle strade di Belgrado al momento della cattura di Milosevic e la sua consegna al Tribunale dell’Aja. Altre manifestazioni di piazza sono attese ancora a Lubiana, venerdì, e a Postumia, Capodistria, Murska Sobota, Novo Mesto e Kranj.
 
(fonte “Il Piccolo”)


Slovenia: proteste antiausterity e scontri a Maribor e Lubiana

1 Dicembre 2012 - Anche nella piccola e paciosa Slovenia le condizioni di vita peggiorano di giorno in giorno, scatenando la rabbia dei manifestanti che tentano di irrompere in Parlamento. Scontri e arresti in numerose città alla vigilia del ballottaggio delle presidenziali di domani.
Potremmo dire, per sdrammatizzare, che anche gli sloveni, nel loro piccolo, si incazzano.
E' infatti di parecchi feriti e di una trentina di manifestanti arrestati il bilancio degli scontri avvenuti ieri sera a Lubiana, la capitale della Slovenia, durante una protesta contro la politica di sacrifici e tagli del governo di destra di Janez Jansa e contro la corruzione della ''casta politica''. 
Alle proteste di ieri, che non hanno avuto una convocazione formale ma sono nate dalla mobilitazioni di alcune reti e organizzazioni non partitiche, hanno partecipato almeno 10 mila persone nella capitale e altre decine di migliaia in quasi tutte le principali città del piccolo paese. Rispetto alle proteste indette dai sindacati e dalle opposizioni negli ultimi mesi, inoltre, ieri si è assistito a una radicalizzazione della protesta, segno della maggiore determinazione di alcuni dei promotori della manifestazione e del rapido deteriorarsi delle condizioni di vita in Slovenia.
Contro un gruppo di manifestanti che nella capitale ha tentato di irrompere in Parlamento, la polizia ha usato i manganelli, i gas lacrimogeni e addirittura i cannoni ad acqua, arrestando una trentina di giovani e di lavoratori. 
Alcuni dimostranti hanno risposto alle cariche lanciato contro la polizia petardi, sassi e bottiglia, e secondo alcuni media all’interno del corteo avrebbero fatto la propria comparsa giovani vestiti completamente di nero e incappucciati. 
Le proteste erano iniziate lunedì scorso a Maribor, la seconda città della Slovenia, dove varie migliaia di persone avevano chiesto le dimissioni del sindaco e della giunta comunale, accusati di corruzione e di malgoverno. Anche in quel caso vi erano stati scontri con la polizia con alcuni feriti e arresti, e dopo il duro intervento della Polizia contro i manifestanti di Maribor, collettivi e gruppi sociali hanno invitato a scendere in piazza anche nelle altre città.
È in questo clima esplosivo, inusuale in uno dei paesi ritenuti più tranquilli dell’Europa centro-orientale, che domani in Slovenia si tiene il ballottaggio per le presidenziali fra il presidente uscente di centrosinistra Danilo Turk e lo sfidante, l'ex premier socialdemocratico Borut Pahor, dato per favorito dai sondaggi.
Chi vincerà dovrà gestire un paese in crisi verticale, con l'11,5% di disoccupazione, un'economia troppo dipendente dalle esportazioni e quindi a picco a causa della crisi, e con un governo che cerca di far cassa imponendo tagli verticali a cultura, sanità, istruzione, lavoro pensioni. 

(fonte: Redazione Contropiano 


Slovenia: vince Pahor, socialdemocratico pro-austerity

3 Dicembre 2012 - Affluenza scarsissima al ballottaggio per le presidenziali, vinte da un 'socialdemocratico' alleato della destra che annuncia lacrime e sangue. 
L'ex premier socialdemocratico Borut Pahor è diventato ieri il quarto Presidente della Slovenia, vincendo con ampio margine al ballottaggio nonostante il suo sostegno alle impopolari misure di austerità del governo. 
Pahor ha conquistato il 67,44% dei consensi, contro il 32,56% del suo principale avversario, il Presidente uscente Danilo Turk, liberale ed esponente di centrosinistra critico con le misure annunciate dal vincitore. 
Pahor, 49 anni, ha ottenuto non solo i voti del suo partito, ma anche quelli della 'Lista dei cittadini', espressione della coalizione di governo di centro-destra. 
L'11 novembre scorso, l'ex premier si era imposto al primo turno, con il 39,9% dei voti, smentendo tutti i sondaggi. "Questa vittoria è solo l'inizio di una nuova speranza, di un nuovo tempo - ha detto Pahor quando già gli exit poll lo vedevano in vantaggio - se vinco, questo risultato sarà un messaggio forte per tutti i politici sloveni sul fatto che servono collaborazione e unità per risolvere le difficoltà economiche". 
Ma l'affluenza alle urne è stata appena del 41,95% ieri (il 48,25% al primo turno), la più bassa da quando il piccolo paese si è reso indipendente dalla Iugoslavia nel 1991, scatenando l’implosione dello Stato federale con il sostegno di Austria, Germania e Vaticano. 
I sogni di gloria degli sloveni, entrati nell’Ue nel 2004 e nell’Eurozona nel 2007, si sono presto volatilizzati. Il paese è sull’orlo della bancarotta, con una disoccupazione quasi al 12% e la possibilità di un commissariamento da parte della troika a base di tagli e licenziamenti sulla scia di quanto già accaduto in Grecia, Spagna, Portogallo o Irlanda.
Pahor ha già affermato che collaborerà con il governo di centrodestra del primo ministro Janez Jansa, che, tra l'altro, vuole alzare l'età per andare in pensione, rendere più flessibile il mercato del lavoro facilitando i licenziamenti e precarizzando i contratti, tagliare gli stipendi dei lavoratori pubblici. Il tutto con la scusa di fare fronte ad un deficit di bilancio del 4,2%.
Nei giorni scorsi numerose manifestazioni popolari hanno scosso la relativa tranquillità che regna normalmente nel piccolo paese, e scontri tra manifestanti e polizia si sono avuti a Maribor e poi nella capitale Lubiana, dove migliaia di giovani e lavoratori hanno chiesto le dimissioni di Jansa e la fine delle politiche dei sacrifici a senso unico.

(fonte: Redazione Contropiano 


Slovenia; indignati ancora in piazza, scontri a Maribor

4 dicembre 2012
 - Nuovi scontri, arresti e feriti in Slovenia alle manifestazioni di protesta contro "la corruzione e la casta politica", in particolare a Maribor, seconda città del Paese dove ieri sera hanno protestato tra le 8 e le 10 mila persone, a seconda delle fonti.
Le manifestazioni di ieri sono state le più grandi finora, dal 26 novembre scorso quando è esplosa la rabbia degli “indignati in Slovenia”, organizzati tramite le reti sociali in internet, proteste dirette in particolare contro il sindaco di Maribor, Franc Kangler, preso di mira perché travolto da una serie di scandali di corruzione e clientelismo. Stamane la polizia ha riferito che negli scontri tra i gruppi più violenti e le forze dell’ordine sono rimasti feriti nove poliziotti. In tutto sono state arrestate 120 persone ed è stato fortemente danneggiato il palazzo del municipio, nel quale è stata lanciato un ordigno infiammabile. Danni hanno subito anche altre strutture pubbliche della città.
Manifestazioni si sono tenute anche a Lubiana, Celje ed in molte altre città, ma senza incidenti. Sul gruppo Facebook che raduna ormai circa 50 mila persone favorevoli alle proteste è stato annunciato che si continuerà a scendere in piazza ad oltranza, fino a un cambiamento radicale della politica economica del Paese. L’elezione domenica scorsa di Borut Pahor a presidente della Slovenia, secondo i manifestanti, non cambierà nulla dato che lui “rappresenta una vecchia faccia in una nuova poltrona”. Da parte di alcuni politici forti critiche sono state mosse ai mezzi di comunicazione, specie alla tv pubblica, che sarebbe complice nell’alimentare lo scontento e le proteste con continue dirette delle manifestazioni. La stampa oggi cita anche alcuni analisti secondo i quali l’ondata di proteste potrebbe avere un effetto negativo sul fronte internazionale, dato che le manifestazioni potrebbero destabilizzare il governo conservatore di Janez Jansa e costringerlo ad alleggerire la politica di austerità, ma al contempo alimentare sfiducia
 
(fonte AnsaMed )


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Slovenia threatened with national bankruptcy


By Markus Salzmann 
10 September 2012


Slovenia is likely to be the next candidate for the European bailout scheme. Although the country’s total debt is relatively low at 47 percent of GDP, the crisis gripping Slovenia’s three largest banks threatens to drag the country into the abyss.

In this regard, it is already being talked about as “the Spain of Central Europe.” As in Spain, cheap loans in Slovenia unleashed a huge real estate boom that exploded in 2008 with the global financial crisis. All the country’s major construction companies went bankrupt; the banks were left sitting on billions of euros in bad loans.

Slovenian economist Joze Damjan estimates the total amount of defaulting loans at between €6 billion and €8 billion. Without government assistance the banks cannot survive, but if the state, which owns about 50 percent of the banks, has to pay out for all their bad loans, the budget deficit would climb to 28 percent of GDP.

Slovenian Prime Minister Janez Jansa said at the weekend that Slovenia could be bankrupt in October. If a proposed bond issue for October fails, Slovenia is threatened with insolvency, according to the head of the centre-right coalition in Ljubljana.

Slovenia has been an EU member since 2004 and a member of the euro zone since 2007. The former Yugoslav republic has long been regarded as a paragon among the Eastern European accession countries, but the global financial crisis has brought the rotten foundations of Slovenian capitalism to light. In 2009, GDP fell by more than 8 percent, and last year the country was again in recession.

In the second quarter, economic output declined year-on-year by 3.2 percent. Ratings agency Moody’s downgraded Slovenia’s credit rating to just above junk status. Interest rates on 10-year government bonds are near the critical 7 percent mark.

With 2 million people and a GDP of €35 billion, Slovenia has one of the smallest economies in the EU. According to analysts, a “bailout” would currently cost about €5 billion. The major concern of the international financial elite, however, is the effect on other European countries.

“In the worst-case scenario, Austria is clearly vulnerable because its banking system is most exposed in Slovenia,” William Jackson of the London research firm Capital Economics told the news agency APA.

Jackson regards the further development of Slovenia negatively. The country faces several years of fiscal consolidation, which would lead to a vicious cycle of weak economic growth, lower government revenues and the need for additional consolidation, he said.

Nevertheless, representatives of international financial institutions and the EU are demanding Jansa’s coalition implement radical austerity measures.

Suma Chakrabarti, head of the European Bank, said in an interview with news agency STA that an important step in solving the economic problems for the euro zone member was the slimming down of the state and a much greater role for the private sector. Chakrabarti was referring to the relatively high proportion of state holdings in banks and companies.

OECD Secretary-General Angel Gurria tied aid directly to brutal cuts: “Why do we not talk about a reform of the pension system, labour market, banking sector, a debt ceiling, the privatization of state companies, before we talk about whether aid packages are needed or not?”

Economic analyst Andraz Grahek also pleaded for radical social cutbacks as a “rescue measure.”

In this context, the call for political unity between the right-wing government and the opposition Social Democrats is getting louder. For example, Slovenian Economics Minister Radovan Zerjav appealed: “I have called on the Slovenian political elite to seek a consensus on key issues. Above all, it’s about saving the banks. After all, without that there is no recovery of the Slovenian economy.”

The government needs a two-thirds majority in parliament in order to pass the reform plans, which is only possible with the votes of the opposition.

In recent years, there have been fierce clashes between the Social Democrats, who come in part from the former communist state party, and the right-wing bourgeois parties. There is absolutely no question that the Social Democrats, like the government, will advocate a drastic austerity programme. In December 2011, the Social Democratic government of Prime Minister Borut Paho collapsed.

Jansa and the right wing had prevented the Social Democrats from implementing a pension reform through a referendum. Sections of the current opposition in turn oppose the austerity plans of Jansa, in whose five-party coalition there are considerable disputes. Jansa postponed a vote of confidence in August because he had to reckon with a defeat.

The Jansa government has already prepared a “crisis budget for 2013 and 2014,” providing for the inclusion of a debt ceiling in the constitution and fundamental reforms of the labour market and pension system. The government is also considering the creation of a “bad bank” to rehabilitate the country’s ailing financial institutions at the expense of the state budget. In addition, companies with high levels of public ownership—such as Adria Airways, insurer Triglav, oil company Petrol and the state-owned telecoms corporation—are to be privatized.

In May this year, the government had already approved an austerity package: public spending is to be reduced in 2012 by €800 million and by €750 million in 2013. At the same time, the Slovenian parliament agreed to a reduction in corporation tax, lowering the rate from 20 percent to 18 percent. It will fall by another percentage point every year from now on, reaching 15 percent by 2015.



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Protest against austerity measures in Slovenia


By Markus Salzmann 
27 November 2012

On November 17, around 30,000 people protested in the Slovenian capital Ljubljana against the austerity policies of the centre-right government of Prime Minister Janez Jansa. Workers, civil servants, pensioners, students and artists demanded an end to the draconian austerity measures introduced by successive governments in recent months and years.

Participants gathered with banners at the city centre and demanded: "Social Security, new jobs and against state repression." Members of the Occupy movement chanted: "We will not pay for your crisis". A large banner with the text "Enough!" was unfurled at the historic castle which stands on a hill overlooking the city,

The right-wing government led by Prime Minister Jansa is planning further cuts in pensions, social benefits and salaries of public employees in order to reduce the federal deficit from its current level of 4.2 percent to three percent. In addition, the government plans to extend the retirement age and significantly restrict employment protection.

Since 2008 the Jansa government and the preceding social democratic government have introduced drastic cuts lowering living standards dramatically. In July, the salaries of public employees were cut by three percent along with the slashing of other allowances.

A few years ago politicians and economists singled out Slovenia as a role model for the European Union. Now it is regarded as the most likely new candidate for a European bailout. As in other European countries the economic crisis has been used to organize a major redistribution of social wealth from the working layers of the population to a wealthy elite.

Slovenian banks, most of them state-owned, are sitting on a mountain of bad loans totalling 6.4 billion euros. According to the Central Bank in Ljubljana, 18 percent of corporate loans were at risk of default at the end of 2011. The collapse of the two country's largest banks was only prevented by multiple injections of public finance.

Slovenia is now mired in recession. Its economy contracted in the second quarter of this year by 3.2 percent. According to the International Monetary Fund (IMF) the government deficit will increase to 52 percent of GDP by the end of the year. In 2008, this rate stood at 22 percent. The rating agency Moody's recently downgraded the country and interest payments on the country's ten-year government bonds are approaching the critical 7 percent mark.

The consequences for the population are devastating. Unemployment has doubled since the 2008 economic crisis and now stands at 12 percent. Youth unemployment stands at 17.7 percent. Despite the fact that the prices for many basic commodities have risen considerably average salaries fell in August by 2.4 percent and in September by 3.8 percent compared to one year earlier.

In October the Slovenian parliament voted to establish a state holding company to promote the privatization of the country's remaining public enterprises. It is assumed that the planned privatisations will lead to thousands of additional redundancies. The Jansa government also plans to establish a bad bank, where the country's troubled banks can deposit their bad loans at public expense.

Plans have been announced to hold referenda opposing the setting up of both the state holding company and the bad bank. In mid-November, parliamentary speaker Gregor Virant gave the green light for a campaign to collect signatures for a referendum against the establishment of a bad bank. Starting on November 19, 40,000 signatures must be collected within 35 days to ensure that the referendum takes place. It could then take place in January next year.

The right-wing government coalition wants to prevent such referenda in future. The coalition currently holds 48 of the 90 parliamentary seats and hopes to achieve in future elections the two-thirds majority necessary to pass a constitutional amendment. All-party talks towards obtaining such majority have been taken place for several months.

The current presidential elections are also dominated by the crisis. In the first ballot the former prime minister and social democrat Borut Pahor won 40 percent of the vote and leads non-party incumbent Danilo Türk who received 36 percent. Milan Zver, who is backed by the Jansa government, received just 24 percent.

Pahor and Türk, who will both take part in the second ballot in December, are both advocates of radical austerity measures. Pahor was forced to resign as prime minister last year because his government collapsed following its inability to implement its desired reform program. Since then Pahor is regarded as politically damaged goods and has little support even in his own party.

The situation is somewhat different for Türk, who can rely on support from Zoran Jankovic, the mayor of Ljubljana and leader of the party "Positive Slovenia". Jankovic's party won the most votes in its first showing in the parliamentary elections held last year but could not form a government. Victory for Türk in the presidential election would in turn be provide a political boost to Jankovic who is waiting in the wings to replace the Jansa government.

Against a background of popular protests, Türk is advocating collaboration with the unions in order to enforce further cuts with the unions and has called for pension and labour market reforms to be introduced "in harmony" with the unions.

The trade union organizations are backing Türk in the presidential election and also fully support the planned austerity measures. The protest on Saturday was prepared by three trade unions together with pensioner and student organizations in order to allow demonstrators to let off steam and thereby prevent independent protests which could genuinely challenge the government.

In the course of the last twenty years the Slovenian trade unions have been faithful servants to the ruling elite. In recent years they have supported the savings programs introduced by large companies such as Telekom Slovenije, the household appliance manufacturer Gorenje and the Petrol energy company—all at the expense of the workforce.

This is why more and more workers are turning their backs on the unions. The largest trade union confederation ZSSS, which emerged in 1990 from the former official communist trade union originally had a total of 400,000 members. Today there are only a little over 200,000 left in the organisation.




=== 4: FLASHBACK ===


Slovenia - 02 maggio 2012
 
http://www.viedellest.eu/news/2012/05/02/turismo/turismo.htm
 
Chiesa e Stato ai ferri corti per l'isolotto del Lago di Bled
 
In Slovenia, Stato e Chiesa sono ai ferri corti per la proprietà degli immobili dell'isolotto sul Lago di Bled. Tutta colpa dell'ex governo di centro-sinistra - leggiamo su Il Piccolo - che nel periodo del suo mandato si è rivolto al Tribunale di Kranj per fare invalidare un precedente accordo sottoscritto nel 2008 dall'allora ministro della Cultura Vasko Simoniti (di centro-destra), in base al quale lo Stato affidava l'isolotto del lago di Bled alla Chiesa e trasferiva la proprietà degli immobili alla parrocchia di Bled, ossia all'arcivescovado di Lubiana. Nel frattempo però l'intraprendente parroco, Janez Ferkolj, ha dato il via alla ristrutturazione del negozio di souvenir e della trattoria presenti sull'isolotto. I lavori sono iniziati a fine gennaio e i nuovi locali sono stati inaugurati all'inizio di aprile. Un investimento da 300mila euro, ottenuti in parte grazie al biglietto di "ingresso" di 3 euro che ciascun turista deve acquistare per accedere all'isolotto, in parte con un mutuo bancario. La scorsa settimana era attesa la decisione togata, ma i giudici hanno deciso di prendersi altro tempo chiedendo alle parti di fornire ulteriore documentazione scritta in difesa delle reciproche posizioni in merito alla vicenda. Scaduti i termini, la corte avrà un mese per emettere la sentenza.



Slovenia: la chiesa tra anime e investimenti in borsa


Se ne è andato per limiti di età. Ma in realtà sul suo commiato pesa un gravissimo crack finanziario della diocesi che guidava dalla metà degli anni '80. E' Franc Kramberger, vescovo di Maribor. La chiesa slovena, dal comunismo all'euforia degli affari
Era entrato in scena tra le polemiche e tra controversie ancora maggiori se ne è andato. Il vescovo di Maribor, Franc Kramberger, era stato nominato a metà degli anni '80 alla guida della seconda, per importanza, diocesi slovena, nell’ambito di una serie di avvicendamenti voluti dal Vaticano. La cosa fece andare su tutte le furie le autorità dell’epoca. Non che si avesse nulla di particolare contro il prelato, ma semplicemente si credeva che quel posto spettasse a Vekoslav Grmič, che per 12 anni era stato vescovo ausiliario della città.
I comunisti infatti apprezzavano le posizioni “progressiste” di quest’ultimo e le sue tesi che volevano il “socialismo più vicino al vangelo”. Per il regime, la manovra aveva chiaramente l’obiettivo di emarginare Grmič e lui stesso non mancò di mandare una lettera risentita al pontefice. Giovanni Paolo II in quel periodo era impegnato a dare un maggiore rigore dottrinario ed uniformità alla chiesa e il “socialista” Grmič non rientrava certamente nei piani del Vaticano.


L'addio

L’uscita di scena di Kramberger non è stata però accompagnata da polemiche di natura ideologica ma da scandali economici. Il prelato ufficialmente se ne è andato per raggiunti limiti d’età, ma nel suo discorso di commiato ha chiesto scusa anche per i suoi errori in campo finanziario.
 
Il pontefice l’ha sollevato dall’incarico agli inizi di febbraio, dopo che sul settimanale italiano “L’Espresso” era uscito un articolo in cui si accusava la sua diocesi, ovvero le società finanziaria ad esse connessa, di aver creato un buco di “un miliardo” di euro. Da Maribor hanno subito precisato che le cifre non reggono, ma non hanno negato la profonda crisi in cui versano le società della diocesi.


Anime ed affari

La storia iniziò già negli anni Novanta quando la chiesa, oltre che ad occuparsi dei fedeli, pensò bene di entrare anche nel mondo degli affari. Con il crollo del regime comunista per i vertici ecclesiastici le cose cambiarono repentinamente. Dopo aver giocato, per quarant’anni, un ruolo marginale finalmente poterono tornare a rinverdire i fasti del passato in tutti i settori della società: anche in quello imprenditoriale.
In Slovenia il clero aveva tradizionalmente avuto un ruolo centrale ed aveva acquisito un notevole patrimonio immobiliare che il regime comunista aveva nazionalizzato in fretta e furia. Dopo l’indipendenza castelli, monasteri, boschi e terreni vennero in gran parte restituiti alla chiesa, che si trovò nuovamente a gestire un cospicuo patrimonio.
La diocesi di Maribor così, cominciò coraggiosamente a muoversi nel mondo della finanza fondando una banca, delle società d’affari e acquisendo un’impresa che operava nel settore delle telecomunicazioni, la T-2. Fare business in Slovenia del resto sembrava cosa “buona e giusta”. Il mercato azionario tirava e investire in borsa pareva un gioco da ragazzi visto che le azioni erano in costante rialzo.
Non furono pochi i piccoli risparmiatori che affidarono i loro soldi alle società controllate dalla chiesa, si parla ora di circa 60.000 persone. Negli anni del boom la T-2 pensò bene di lanciarsi nell’ambizioso progetto di munirsi di una propria rete a fibra ottica. L’impresa offriva ai cittadini connessioni telefoniche ed internet di nuova generazione, nonché un nutrito pacchetto di programmi televisivi via cavo.


Programmi a luci rosse

Proprio a causa della TV ben presto nacquero le prime polemiche. In Slovenia sono molto diffusi vari tipi di collegamento via cavo o satellitari; mentre soltanto 1/3 della popolazione riceve il segnale televisivo attraverso le tradizionali antenne. Nell’offerta delle TV a pagamento, ovviamente, non manca nemmeno una ricca scelta di canali per soli adulti.
Questi ultimi non potevano mancare neppure nel pacchetto della T-2, anche se il fatto che una società di proprietà dei vescovi avesse programmi a luci rosse non mancò di suscitare ilarità o stizzite reazioni. Era sin troppo semplice accusare la chiesa di avere una doppia morale: da una parte difendeva i valori della famiglia tradizionale e chiedeva costumi sessuali morigerati, dall’altra non si preoccupava di offrire filmini pornografici per far cassa. Ad onor del vero la curia avrebbe visto di buon grado la cancellazione di quei programmi, ma si dovevano fare i conti con i circa 100.000 abbonati e con il danno economico che ci sarebbe stato se si fosse deciso di togliere quei canali.
In ogni modo l’allegra gestione delle finanze delle società legate alla diocesi di Maribor è stata presa in esame da un “visitatore apostolico” , inviato dal Papa, che non ha potuto far altro che constatare la gravità della situazione.


Santa sede non informata

Quello che sembra emergere è che la diocesi abbia agito senza tener conto delle severe regole del Vaticano in materia di investimenti e senza che la Santa sede ne fosse informata in alcun modo. Sta di fatto che ora ci sono molti soldi da restituire alle banche, che hanno allegramente concesso finanziamenti alle società dei preti. Per ottenerli sono state date in garanzia azioni, che ora sono poco più che carta straccia e persino qualche edificio di proprietà del clero.
Quello che è più grave, però, è che a rimetterci potrebbero essere i piccoli risparmiatori che hanno affidato i loro soldi alle società dei vescovi. La Conferenza episcopale slovena, che in questi giorni sta cercando di correre ai ripari, sembra compatta nel ribadire che cercherà prima di tutto di tutelarli. Ora si promette di voler far chiarezza e di essere intenzionati a punire esemplarmente i responsabili. Il colpo, comunque, per la chiesa è durissimo ed il danno d’immagine è evidente.
Il clero sloveno del resto, all’inizio di quest’anno ha dovuto già digerire la rimozione del suo più prestigioso rappresentante a Roma. Il cardinale Franc Rode, pur restando uno degli uomini importanti della curia pontificia, ha perso il posto di Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, ufficialmente per raggiunti limiti d'età. Non sono però mancate velenose speculazioni sulle sue amicizia con Marcial Marciel, il contestato fondatore della congregazione dei Legionari di Cristo.




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