NON VOTARE I GUERRAFONDAI

1) MUOS
* Sostegno ai No MUOS: Sabato 19 gennaio Mobilitazione nazionale
* Comunicato del Coordinamento regionale dei Comitati No Muos

2) MALI 
* Tutto è possibile: anche entrare in guerra in piena campagna elettorale (F. Rambaldi)
* Il doppiopesismo imperialista (T. Bellone)
* Mali, a disposizione le basi aeree italiane (A. Mazzeo)

3) SIRIA
* Giù le mani dai popoli arabi, giù le mani dalla Siria! Il ministro Terzi è un guerrafondaio pericoloso per il paese (Rete dei Comunisti)


=== 1: MUOS ===


Mercoledì 16 Gennaio 2013 09:38

Fermare la militarizzazione. Sostegno ai No Muos



La Rete dei Comunisti esprime solidaietà agli attivisti No Muos che si oppongono alla militarizzazione della Sicilia e all'arroganza del governo. Il 19 gennaio giornata di mobilitazione nazionale.

 

 

La Commissione Ambiente dell'ARS deve andare oltre il provvedimento di sospensione annunciato dal Presidente della Regione Sicilia, con cui, si è segnato, comunque, una prima vittoria delle forze NO-MUOS. Bisogna, infatti, salutare con soddisfazione l'attuale blocco dei lavori per la realizzazione della Stazione Satellitare Usa a Niscemi ma prendere le distanze da qualunque tentazione 'autonomista' di retroguardia e continuare ad incalzare per puntare, invece, alla revoca definitiva di un progetto che, ancora una volta  (con buona pace dei vertici NATO e del Ministro Cancellieri), subordina la salute e i legittimi interessi pubblici a una logica imperialista che impone colonie ammantandole di alleanze.
Esprimiamo la nostra piena solidarietà con la resistenza dei Comitati No Muos e degli abitanti dei centri interessati e invitiamo a sostenerne le iniziative previste, anche di fronte alle minacce del ministro Cancellieri che ha dichiarato inaccettabile l'opposizione dichiarando la zona del Muos di "interesse strategico" con un apposito decreto.

 

Rete dei Comunisti-Catania

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Qui di seguito il Comunicato del Coordinamento regionale dei Comitati No Muos

“Quello del Muos è un sito di interesse strategico per la difesa militare della nazione e dei nostri alleati. Non sono accettabili comportamenti che impediscano l’attuazione delle esigenze di difesa nazionale e la libera circolazione connessa a tali esigenze”. La minaccia della ministra tecnica Cancellieri si è tradotta in pochi giorni in una feroce repressione dei blocchi che gli attivisti NoMuos, dopo oltre 50 giorni e notti di presidio permanente, hanno fatto l'11 gennaio, nonostante l'assedio militare di tutte le vie d'accesso alla base della morte.

La tardiva decisione del presidente dell'ARS Crocetta di voler revocare le autorizzazioni, che finora hanno permesso l'esecuzione dei lavori, non garantirà lo stop all'installazione delle micidiali antenne di guerra se non crescerà la mobilitazione popolare a livello locale, regionale e nazionale.

Se i pareri attesi sull’impatto elettromagnetico da Crocetta dovessero dirci che il Muos non farebbe male ai cittadini, noi ribadiamo che questo è soprattutto un’arma da guerra e comunque non lo vogliamo in qualsiasi parte del pianeta. Contestiamo le ridicole affermazioni dell’ambasciatore U.S.A a Roma che dichiara che i Paesi membri della Nato, come l’Italia, ne trarranno beneficio come sicurezza e pace internazionale; inoltre l’Us Navy di Niscemi non è una base Nato ma una base ad uso esclusivo della marina statunitense.

Noi non crediamo più ad istituzioni che, a livello locale, regionale e nazionale, sono stati latitanti o complici. Dopo le violente cariche di giorno 11 contro gli attivisti NO MUOS che pacificamente si opponevano al passaggio delle gru, il governo tecnico Monti/Napolitano ha deciso con chi stare: con le forze armate Statunitensi e i loro progetti di dominio planetario.

Richiediamo le dimissioni della ministra Cancellieri !

Il nostro obbiettivo principale è impedire la costruzione del Muos e lo smantellamento delle 41 antenne Usa NRTF , operanti da oltre 20 anni nel cuore della R.N.O. SIC Sughereta a Niscemi. Traendo esempio dal movimento NO TAV in Valsusa i blocchi continuano e continueranno, abbiamo perso una battaglia ma non ci rassegneremo, mai.

Il coordinamento regionale dei comitati NO MUOS pratica dal basso la revoca dei lavori all’interno della base, con la prosecuzione dei blocchi e fa appello alla partecipazione attiva alle prossime iniziative a partire dalla

Giornata nazionale di mobilit/azione No Muos sabato 19 gennaio

con presìdi, azioni ed iniziative in ogni città e paese

Ora e sempre NoMuos

La Sicilia non è zona di guerra, via le basi usa dalla nostra terra

Coordinamento regionale dei Comitati NoMuos

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Sabato 19 gennaio alle ore 9,30 presidio di fronte alla ditta Comina

(c/da Pantano Casazze sp 229 Piano Tavola)

alle ore 12 presidio in via Etnea, angolo via Prefettura)

Comitato di base NoMuos NoSigonella Catania








=== 2: MALI ===



di Francesco Rambaldi

Mali, quattro ore di volo dalle nostre coste. Dopo la Germania, anche l’Italia, senza alcuna discussione e decisione parlamentare, entra in guerra oggi, a fianco della potenza continentale francese, diretta dal socialista Hollande in grave calo di consensi, (e tuttavia riferimento unanime della sinistra nazionale, ivi inclusa Sel), per mettere una toppa alla ennesima catastrofe causata da Sarkozy, Cameron, Berlusconi, Usa, Onu, UE, & C. nella guerra di aggressione alla Libia di Gheddafi. Tuareg e jiadisti, qaedisti e “terroristi”, ecc. hanno conquistato il nord del Mali, grande paese del Sael, destabilizzato da un golpe di pochi mesi fa (con acquiescenza e complicità europea e americana).

La capacità di manovra dei Tuareg provenienti dalla Libia e dei loro alleati del deserto ha sconvolto gli occidentali (rappresentati dal nostro ex presidente Prodi in versione mandato ONU), che evidentemente, non si sono resi conto in tempo utile della capacità militare e tattica delle carovane che attraversano il Sahara sud-occidentale alla ricerca di una propria nuova e tribale identità transnazionale e islamica: ad oltre 1200 km dalla frontiera del Mali, questi gruppi sono stati in grado di circondare un campo petrolifero in territorio algerino (ma molto vicino al confine, mobile come le dune del deserto, con la ex Libia gheddafiana) e di catturare 41 tecnici occidentali ed altri circa 400 operai algerini. (Totale degli ostaggi quasi 500 persone).

E’ uno dei sottoprodotti della sconsiderata aggressione ed eliminazione della Libia di Gheddafi ad opera franco-inglese con supporto USA e avvallo ONU. (Che si aggiunge all’attentato al Console italiano a Bengasi di qualche giorno fa). L’intera regione sahariana è in preda al disordine e i confini tracciati nel secolo scorso diventano permeabili e mutevoli, aprendo una nuova stagione di interventismo neo-coloniale dai caratteri quasi fantascientifici, che mira a ricreare uno spazio controllabile (dall’occidente), mentre tutto ciò che si muove in quelle aree, ha invece i caratteri dell’indeterminatezza, come indeterminato e inconfinabile per sua natura è il deserto.

La Germania, l’altro ieri, è corsa a sostegno della Francia, ed oggi, il nostro Ministro degli Esteri Terzi di Sant’Agata, ha analogamente garantito il supporto logistico alle operazioni francesi di aria e di terra. Ciò avviene, per quanto ci riguarda, in piena campagna elettorale, con un governo che dovrebbe solo assicurare lo svolgimento degli affari correnti; invece il governo Monti, senza alcuna discussione ed autorizzazione parlamentare si arrischia ad assumere decisioni strategiche che possono avere dei gravissimi effetti, dopo quelli già gravi assunti dal governo Berlusconi (con incitazione convinta del Presidente della Repubblica Napolitano) in occasione della guerra alla Libia.

Dove sia finito l’art. 11 della Costituzione è un enigma inquietante. Cosa sia oggi l’Europa, sul piano della politica internazionale, è un quesito senza risposta. Oppure, se si vuole essere realisti, siamo in un momento di tormentata confusione e di disordine globale, dove si è costretti a porre argine continuo agli errori delle decisioni precedentemente assunte, in un fluire di azioni di guerra a 4-5.000 km dalle nostre frontiere, senza alcun progetto, senza alcuna visione organica che non sia la guerra e il conflitto permanente, mentre il continente europeo è stretto nella morsa della recessione e getta nella recessione tutte le aree adiacenti, grazie alle politiche imposte dalla finanza internazionale che oramai determina tristemente le decisioni dei singoli paesi.

In piena campagna elettorale, per quanto ci riguarda, ci si lancia in una operazione di guerra dagli esiti incerti, sulla cui natura, legittimità giuridica e costituzionale, di interessi politici e strategici nazionali, è richiesta urgentemente una valutazione delle forze di centro-sinistra e di sinistra che si accingerebbero a governare il paese: cosa dice il PD, cosa dice Sel su questa decisione del Ministro Terzi e di Monti ?

Dal disordine globale e dalla nuova guerra infinita in Africa è, obiettivamente, difficile pensare di costruire qualcosa di buono. E in ogni caso, questo scenario, salvo smentite, non pare dover rientrare negli obiettivi di un futuro governo di centro-sinistra.


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Il socialista Hollande è intervenuto pesantemente in Mali, approfittando anche delle basi in Costa d’Avorio, in cui il suo predecessore era a suo tempo già intervenuto.
E’ curioso come i fili conduttori delle propagande di guerra occidentali si intreccino in nodi insolubili. Uno di questi è la libertà dei popoli o diritto di autodeterminazione: è stato usato innumerevoli volte, ci ricordiamo della guerra alla Jugoslavia per l’indipendenza del Kosovo, ormai albanesizzato, ma sappiamo quanto stia a cuore a USA e Europa la indipendenza del Tibet, al punto che il Dalai Lama è divenuto un’icona intoccabile sul modello di Teresa di Calcutta. Anche la libertà della Cecenia è a tal punto importante, che persino di fronte alla strage di Beslan, i nostri media hanno suggerito che potrebbero considerarsi una ritorsione alle nefandezze dei Russi.
Ma in altri casi si ricorre alla repressione violenta per impedire rivendicazioni simili: basti pensare ai Paesi Baschi, alla Corsica, all’Alto Adige, e ovviamente alle istanze di popoli appartenenti alle ex Repubbliche dell’Unione Sovietica, che non godono negli stati indipendenti su base nazionalistica dei diritti che possedevano in precedenza (l’Ossezia ma non solo).
I ribelli sono considerati in certi casi combattenti per la libertà, in altri terroristi e si sa uno dei cavalli di battaglia della propaganda di guerra è stata la lotta al terrorismo, possibilmente islamico.
Un altro tema emblematico è la lotta per la democrazia, intesa naturalmente nel significato comunque ristretto di possibilità di libere elezioni: ma anche in questo caso, si tratta di condizione non sufficiente, infatti il risultato delle elezioni nella striscia di Gaza non fu gradito, e neppure quello in Venezuela.
Inneggiando ipocritamente alla primavera araba, in Libia si è intervenuti a favore di una fazione armata all’interno di uno Stato sovrano, e analogamente, anche se per adesso con minor successo, si sta facendo in Siria.
In Mali dunque, le popolazioni Tuareg che vorrebbero uno stato indipendente sono considerate alleate dei terroristi islamici, e vengono bombardate dagli aerei francesi.
Ormai sono decenni che subiamo questa guerra permanente, a volte sotterranea, dei governi occidentali di destra e di sinistra contro i Paesi di quello che un tempo era considerato Terzo Mondo, i cosiddetti Paesi in via di sviluppo, a partire dai “Non Allineati” (Iraq, Jugoslavia, Libia,…), e sembra che sia subentrato allo stupore, all’indignazione, alla lotta, una apatica indifferenza.
15 Gennaio 2013
Tamara Bellone

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GIOVEDÌ 17 GENNAIO 2013

Mali, a disposizione le basi aeree italiane

La Sicilia è in prima linea. Forniremo il supporto logistico. Pronti una ventina di consiglieri e addestratori

L’Italia è pronta a fornire il proprio appoggio alle operazioni di guerra francesi in Mali. Ad annunciarlo il ministro Giulio Terzi a conclusione di un consiglio straordinario dei ministri degli esteri dell’Unione europea a Bruxelles. “Non è previsto nessuno spiegamento di forze militari italiani nel teatro operativo ma forniremo le basi per un supporto logistico al trasferimento militare”.

Sarà il consiglio dei ministri convocato per stamani a definire i particolari della nuova avventura italiana in terra d’Africa. “C’è un orientamento positivo all’interno del governo a sostegno dell’operazione militare avviata dalla Francia con un altro gruppo di paesi, in linea con la risoluzione 2085 del 20 dicembre scorso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma sarà comunque necessario il sostegno delle forze politiche in Parlamento”, ha aggiunto il ministro Terzi.

Le forze armate italiane dovrebbero mettere a disposizione degli alleati d’oltralpe le principali basi aeree nazionali (Sigonella e Trapani Birgi in Sicilia, Gioia del Colle in Puglia, Decimomannu in Sardegna, ecc.), i velivoli da trasporto truppe e mezzi C-130J “Hercules” e C-27J della 46^ Brigata Aerea di Pisa e i velivoli cisterna KC-767 “Boeing” del 14° Stormo dell’Aeronautica militare di Pratica di Mare (Roma) per rifornire in volo i cacciabombardieri francesi.

Come già avvenuto nel corso del conflitto in Libia nel 2011, le forze armate italiane potrebbero utilizzare i velivoli senza pilota MQ-1C “Predator” ed MQ-9 “Reaper” per svolgere missioni d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento dei potenziali obiettivi “nemici” sui cieli del Mali e del nord Africa, mettendo poi a disposizione degli alleati tutte le informazioni necessarie per i raid aerei. Il comando dei droni italiani opera dallo scalo aereo di Amendola (Foggia) con il 28° Gruppovelivoli teleguidati del 32° Stormo, lo stesso reparto che ha già diretto centinaia di operazioni a supporto della Nato nel teatro di guerra afgano. I velivoli senza pilota dell’Aeronautica verranno presto armati con i missili aria-superficie AGM-114 Hellfire (fuoco infernale), acquistati negli Stati Uniti d’America al costo di 13,7 milioni di euro.

Decollano invece ininterrottamente da Sigonella i grandi aerei-spia a pilotaggio remoto “Global Hawk” dell’US Air Force che assistono le forze d’attacco francesi nell’individuazione dei target “nemici” (campi d’addestramento, infrastrutture logistiche e depositi munizioni delle milizie anti-governative) nelle regioni settentrionali del Mali. Secondo quanto dichiarato dal ministro degli esteri Laurent Fabius, Washington sta progressivamente accrescendo il proprio sostegno operativo alle truppe francesi nei settori dell’intelligence e del trasporto aereo.

La Sicilia sarà in prima linea anche grazie a Trapani-Birgi, la base aerea più utilizzata durante la guerra in Libia per i raid della forza multinazionale a guida Nato. A Trapani, dove sono divenuti pienamente operativi da meno di una paio di mesi i cacciabombardieri Eurofighter del 37° Stormo dell’Aeronautica militare italiana, l’Alleanza Atlantica potrà schierare per la “sorveglianza integrata” del Mediterraneo e del nord Africa uno o due aerei radar E-3A “Awacs”. Dalla seconda metà degli anni ‘80, lo scalo siciliano è una delle basi operative avanzate “Awacs” nell’ambito del programma multinazionale NATO Airborne Early Warning Force il cui comando generale è ospitato a Geilenkirchen (Germania). I velivoli, oltre a ricercare ed identificare gli obiettivi da colpire, hanno una rilevanza strategica nella conduzione delle operazioni di attacco aereo.

Secondo quanto trapelato a Bruxelles, i comandi della Nato avrebbero espresso però “l’assoluto bisogno” di inviare a Bamako non meno di 250 uomini per contribuire alla formazione e all’addestramento delle forze armate del Mali. Nonostante il ministro Terzi abbia negato il diretto coinvolgimento di militari italiani in territorio maliano, perlomeno una ventina di consiglieri e addestratori dovrebbero essere inviati dal nostro paese. L’Italia non è nuova in queste missioni addestrative a favore di forze armate africane impegnate in operazioni belliche. Sponsor ancora una volta il ministro degli esteri, è stato avviato a Mogadiscio un corso dei carabinieri finalizzato ad addestrare un’unità somala “con un ampio mandato, dalle attività di contrasto al terrorismo a quelle anti-pirateria a terra”, come ha spiegato lo stesso Giulio Terzi a conclusione dei lavori del Gruppo internazionale di contatto sulla Somalia, tenutosi a Roma nel luglio 2012. 

Con l’appoggio finanziario e logistico di U.S. Army Africa, il comando delle forze terrestri degli Stati Uniti d’America destinato agli interventi nel continente nero, l’Arma dei carabinieri ha attivato nella caserma “Chinotto” di Vicenza uncentro d’eccellenza per la formazione dei quadri militari dei paesi africani e mediorientali partner (Coespu). Una scuola di guerra al “terrorismo” su cui potranno sicuramente contare in futuro i generali del Mali e del Sahel.

 
Articolo pubblicato in Il manifesto, 18 gennaio 2013


=== 3: SIRIA ===


Martedì 08 Gennaio 2013 14:49

Giù le mani dai popoli arabi, giù le mani dalla Siria!



Respingere la richiesta di trattativa da parte del governo siriano equivale a una dichiarazione di guerra! Il ministro Terzi è un guerrafondaio pericoloso per il paese. Un documento della Rete dei Comunisti.

 

La Rete dei Comunisti denuncia la gravità delle dichiarazioni guerrafondaie del Ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi di Sant’Agata che in accordo con le altre forze della NATO, ha sbrigativamente respinto l’ennesima proposta del governo Siriano. Il rifiuto di qualsiasi trattativa con il governo di Damasco ora in carica, manifesta chiaramente gli intenti aggressivi perseguiti dai governi dell’UE, dagli USA e dai Paesi della Cooperazione del Golfo (GCC) e altro non è che una reiterata dichiarazione di guerra.

Questo ennesimo rifiuto, segue i sabotaggi e le bocciature dei tentativi di dialogo, seppure parziali, fatti dalla commissione ONU, da Kofi Annan e più recentemente dal delegato delle Nazioni Unite Ibrahimi.

Anche l’invito ad aprire un confronto tra le parti promosso dall’Iran, è stato bocciato con motivazioni assurde e precostituite, da quegli stessi paesi NATO che finanziano le formazioni armate in Siria.

Solo le pressioni di Cina, Russia e Iran, unitamente agli sforzi di molti paesi non allineati come Cuba e il Venezuela, hanno evitato che la destabilizzazione della Siria sfociasse in un conflitto più vasto.

In maniera colpevole e criminale anche quest’ultima proposta del Presidente Siriano Assad è stata bocciata nel giro di pochi minuti, non appena questa è stata resa pubblica attraverso i canali televisivi. La proposta è stata respinta senza entrare nel merito, confermando che da parte delle forze della Nato, dei paesi del Golfo e dei ribelli non c’è alcuna volontà di avviare un processo di pace, che guardi positivamente al futuro della Siria e dei popoli della regione.

Si sta ripetendo lo stesso copione dell’aggressione alla Libia, quando Hilary Clinton rifiutò al governo libico la figura d’interlocutore, pretendendo una resa senza condizioni che anticipava il linciaggio di Gheddafi. Analogamente anche in quell’occasione i paesi del Golfo e con diversi accenti i paesi dell’Unione Europea si unirono alla dichiarazione di  guerra dell’amministrazione Obama.

Nel caso della Siria la contrapposizione tra la via della guerra e quella della trattativa, rimanda alla conflitto, che oppone i paesi imperialisti alla Russia e alla Cina, nel controllo delle aree strategiche.

In questa situazione complessa i paesi Nato e le petro monarchie preferiscono evitare l’intervento militare diretto.

Al momento la tattica scelta sembra puntare al lento deterioramento dello scenario siriano, attraverso il sostegno agli insorti dell’ESL, il rifiuto di qualsiasi soluzione politica e l’imposizione dell’embargo economico contro il popolo siriano.

Da anni l’alleanza che vede collaborare, non senza contrasti, GCC, USA e UE, sta perseguendo un’impressionante politica di riarmo con il chiaro scopo di voler imporre i propri interessi con la diplomazia delle armi. Oggi questa coalizione dopo le guerre all’Iraq e alla Libia è intenzionata a spartirsi le ricchezze della Siria e a destabilizzare l’Iran.

Al progetto di pacificazione e normalizzazione del Grande Medio Oriente si aggiunge l’obiettivo di mettere sotto controllo i quadranti decisivi del Golfo Persico, del mar Arabico e dei confini meridionali della Russia.

Si tratta di un’area di cerniera, su cui si stanno concentrando le attenzioni dell’Amministrazione USA come riportano gli studi del Pentagono e dei neocons legati alla lobby del nuovo secolo americano.

Alle basi statunitensi, britanniche e francesi presenti nei loro paesi, le petro-monarchie hanno associato circa 120 miliardi di forniture militari provenienti per lo più dagli USA. Sia Doha, sia Riad non potendo per ragioni demografiche valersi di eserciti numerosi attingono alla vasta e consolidata rete di mercenari o stabiliscono accordi di cooperazione militare come quello siglato il 21 novembre scorso e che prevede il distacco di unità dell’esercito tunisino all’interno dell’esercito del Qatar.

L’utilizzo dei mercenari e del network terrorista islamico, circa 15000 combattenti secondo diverse fonti internazionali, con il corollario di autobombe e violenze contro la popolazione inerme, sta sviluppando  una drammatica spirale tra azione e reazione da parte dell’Armata Araba Siriana. Uno scenario che favorisce la scelta di un intervento militare esterno in soccorso di una presunta sollevazione popolare.

Nonostante le migliaia di turchi, scesi in piazza contro la guerra alla Siria, il governo Erdogan continua con la sua politica di aggressione contro il popolo siriano installando, sotto l’egida della NATO le batterie dei missili Patriot.

In quanto membro Nato, Ankara ospita la sede della forza di intervento rapido dell’Alleanza Atlantica, una partnership che rende l’ingerenza del governo islamico liberale turco, suscettibile di una pericolosa escalation.

Dai confini turchi oltre agli approvvigionamenti militari,  partono le azioni dell’esercito siriano libero e delle milizie islamiche che più di una volta si sono scontrate sia con l’Armata Araba Siriana che con la guerriglia curda che controlla alcune di confine tra la Siria e la Turchia. La NATO è coinvolta nel sostenere militarmente la politica egemonica dell’UE e degli USA nel mediterraneo fornendo mezzi, uomini e strumenti di intelligence alla destabilizzazione della Siria e alla pressione militare contro l’Iran.

La collaborazione militare è speculare agli interessi economici e alle relazioni politiche che i paesi del Golfo, come la Turchia e l’Egitto intrecciano con l’UE e con gli Stati Uniti. Nel caso dei paesi del Golfo queste relazioni si riflettono nella stipula di accordi di cooperazione economica e nell’acquisizione di asset industriali e di quote di debito pubblico dei paesi occidentali. L’Egitto e la Turchia oltre ad essere due paesi chiave dell’area, grazie alla delocalizzazione oggi costituiscono la periferia produttiva dei centri imperialisti, in primo luogo quello europeo.

 

La chiusura a qualsiasi piano di trattativa è quindi una scelta deliberata e pianificata dalle forze imperialiste, lo confermano le azioni e le dichiarazioni dei governi europei e statunitensi, e dello stesso Ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi.

La Rete dei Comunisti denuncia l’ignavia di quanti persino nella sinistra radicale si ostinano a non vedere il pericoloso evolversi degli eventi e la minaccia contro la pace. A questo si aggiunge il sostegno delle forze politiche come il PD e SEL alla politica neocoloniale perseguita dalla borghesia italiana e dal polo imperialista europeo.

In questi ultimi decenni, le guerre contro il terrorismo sono state lo strumento grazie al quale Washington, Londra, e Bruxelles hanno imposto gli interessi delle multinazionali, facendone  crescere i profitti a scapito dei popoli dei paesi sconvolti dalle guerre. E’ il caso dell’ENI in Libia e Iraq, della Shell e delle multinazionali militari cui si aggiunge la nuova frontiera delle compagnie di mercenari (come l’ex Blackwater e oggi Academy) quotate in borsa e assoldate dai governi di Washington e Doha.

La Rete dei comunisti insieme con altre strutture politiche della sinistra di classe, e del pacifismo più conseguente, ha aperto una battaglia politica, e sta lavorando alla costruzione di iniziative di controinformazione e di lotta, sulla base dell’appello “Giù e Mani dalla Siria”. Questa denuncia contro l’aggressione imperialista è tuttora motivo di scontro con quanti, e non sono pochi, all’interno della sinistra sposano la tesi della guerra umanitaria e sostengono le opposizioni armate libiche e siriane. Abbiamo più volte denunciato come il carattere oscurantista delle leadership delle opposizioni armate, i loro legami al blocco della NATO e del GCC, indichino chiaramente che queste hanno come scopo la restaurazione di regimi reazionari e neocoloniali. La campagna di destabilizzazione nei confronti della Siria e le pressioni contro l’Iran sono parte di un più ampio attacco contro l’intero fronte antimperialista. Una normalizzazione dell’area che renderebbe più forti Israele, e le petro monarchie, mettendo in una condizione di oggettiva debolezza i palestinesi e le forze laiche, progressiste e di classe dell’intera regione. La nostra posizione contro l’aggressione alla Siria, all’Iran e alla Libia non significa il sostegno, ieri a Gheddafi, e oggi ad Assad o ad Ahmadinejad, ma è la coerente riproposizione di un punto di vista internazionalista, antimperialista e anticapitalista.

 

L’approfondirsi della crisi sistemica accentua la competizione tra i poli imperialisti e tra questi e le economie emergenti come i BRICS. E’ l’imposizione della ragione del profitto sulla vita di milioni di uomini e donne, che si traduce in guerra per appropriarsi delle ricchezze naturali nei paesi in via di sviluppo e nell’attacco ai diritti e alle condizioni vita della classe lavoratrice su scala mondiale.

Nei prossimi mesi l’Italia ospiterà l’ennesimo incontro degli amici della Siria, quest’alleanza composta dagli incaricati dell’UE, degli USA, della Lega Araba, e cui sono stati invitati a partecipare i rappresentanti delle fazioni armate islamiche presenti sul territorio siriano. La Rete dei Comunisti denuncia come la riunione dei cosiddetti “amici della Siria”, sia invece un momento di sviluppo della politica d’ingerenza e aggressione nei confronti del popolo siriano, e invita le organizzazioni della sinistra di classe, dei veri pacifisti e degli antimperialisti a rafforzare la campagna di mobilitazione contro l’ennesima guerra coloniale.

 

La commissione internazionale della Rete dei Comunisti