La sera di Ferragosto RaiUno ha mandato in onda il concerto-tributo di Simone Cristicchi a Sergio Endrigo.
Lo spettacolo contiene tra l'altro un monologo, recitato dopo la canzone "1947", che dipinge a tinte fosche gli "jugoslavi occupatori" delle case degli italiani esuli da Istria e Dalmazia. La canzone ed il monologo si possono riascoltare qui: http://www.youtube.com/watch?v=sfbtan4Nqyc .
Questo passaggio può essere considerato una anticipazione dello spettacolo "Magazzino 18" che Cristicchi sta lanciando in pompa magna e con la evidente e potente sponsorizzazione della "lobby degli esuli".

Questa operazione, molto più politica che musicale o teatrale, innanzitutto tradisce ed insulta la memoria di Sergio Endrigo, che nella sua vita personale ed artistica si ispirò sempre all'internazionalismo ed alla fratellanza tra i popoli delle due sponde dell'Adriatico: http://www.diecifebbraio.info/2012/01/omaggio-a-sergio-endrigo/ .

Il Presidente del Comitato provinciale ANPI di Viterbo è intervenuto inviando una lettera personale a Cristicchi, che paradossalmente risulta essere anche iscritto all'ANPI. Ne sono seguite la risposta del cantante ed una replica più dura del segretario di CNJ-onlus, Andrea Martocchia, alla quale Cristicchi si è rifiutato di rispondere:
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Da:  ANPI Viterbo
Oggetto:  I: Lettera per Simone Cristicchi
Data:  21 agosto 2013 17.08.00 GMT+02.00
A:  CNJ-onlus

V'inoltro la lettera che ho appena inviato a SIMONE CRISTICCHI a seguito delle anticipazioni e dell'anteprima del suo spettacolo Magazzino 18 sugli italiani in Istria.



Caro coetaneo Simone Cristicchi,

sono il Presidente del Comitato provinciale Anpi di Viterbo. Ti scrivo perché dagli aggiornamenti della tua pag. Facebook apprendo che ti stai occupando, previa la rievocazione della figura di Sergio Endrigo, di quanti, ricostituitasi la Jugoslavia, scelsero di riparare in Italia. Chi è costretto o decide di migrare, per qualsivoglia ragione, salvo quelle fiscali, ha tutto il diritto di farlo, allora come oggi, e non esistono argomenti indegni di trattazione e riflessione. Sulla cosiddetta complessa vicenda del Confine orientale italiano, però, sono state fatte così tante speculazioni e mistificazioni per denigrare l’Antifascismo e la Resistenza tutta, che ho voluto approfondire la tua produzione in merito, anche perché la storiografia corretta non può essere elusa, sebbene nell‘arte si debba necessariamente mediare con le esigenze di drammatizzazione. Ho letto i vari post e visionato l’estratto dello spettacolo Magazzino 18 che hai pubblicato (https://www.youtube.com/watch?v=sfbtan4Nqyc). Ebbene, da un noto artista antifascista e fiero iscritto all’Anpi quale sei, è lecito pretendere una corretta ricostruzione delle vicende riportate o, quantomeno, una pur minima contestualizzazione delle medesime.

Nella tua trattazione non si riscontrano cenni alle politiche antislave adottate dal regime fascista, iniziate con lo squadrismo e proseguite con zelo per tutto il Ventennio tra snazionalizzazioni, divieti di parlare lingue non italiane, internamenti ed esecuzioni. Su questo tema, c’è un luogo della memoria proprio nella tua città, forte Bravetta, ove sono stati fucilati anche patrioti e antifascisti slavi (vedi: Augusto Pompeo, Forte Bravetta, Roma, Odradek, 2012). Nulla circa i crimini commessi dagli occupanti fascisti nei Balcani: deportazioni e omicidi di massa, distruzioni e incendi di interi villaggi, e efferatezze d’ogni tipo con cui sono state martoriate le inermi popolazioni jugoslave (vedi: Davide Conti, L‘Occupazione italiana dei Balcani, Roma, Odradek, 2008). Nessun riconoscimento, infine, alla Resistenza jugoslava, trattata quasi come elemento criminale, con il suo enorme tributo di sangue, determinante per la sconfitta del nazifascismo. Una Resistenza cui, dopo l’8 settembre 1943, si affiancarono decine di migliaia di soldati italiani che, in migliaia, morirono poi per mano nazista o per il tifo, riscattando il nostro Paese dall’ignominia in cui l’aveva gettato il fascismo (vedi: Giacomo Scotti, Bono Taliano, Roma, Odradek, 2012, I ed. 1977). Partigiani italiani nelle Divisioni Garibaldi, Matteotti etc., o entrati direttamente nell’Esercito popolare di liberazione jugoslavo (Eplj). A tal proposito, visto che ti cimenti, tra l’altro con ottimi risultati, nella drammaturgia, ti suggerisco un monologo teatrale prodotto dal nostro Comitato provinciale, che stiamo portando in giro con molto successo: Drug Gojko di Elena Mozzetta con Pietro Benedetti, su Nello Marignoli, nostro Presidente onorario, viterbese radiotelegrafista nella Marina militare italiana e, dopo l’8 Settembre, nell’Eplj. La piece si basa perlopiù su una nostra precedente docuintervista Mio fratello Gojko, per la regia d’un altro nostro coetaneo, Giuliano Calisti. Sempre dello stesso anche la docuintervista Pokret! (Avanti!), Partigiani italiani nella Resistenza jugoslava, 1943-45, con le interviste ai romani Rosario Bentivegna e Avio Clementi, e a Zarko Besenghi, di origini slave.

È tutta documentazione audiovisiva che ti posso inviare qualora mi dessi un recapito. Nelle pubblicazioni cartacee ho citato la romana Odradek, una delle case editrici con all’attivo le pubblicazioni più significative sull’argomento. Tralascio per ora la questione Foibe, per cui riprendi per filo e per segno la vulgata antislava, e su cui, checché ne dicano i detrattori, “antifascisti” o meno che si definiscano, importanti lavori sono stati portati a termine dalle studiose Claudia Cernigoi e Alessandra Kersevan, pubblicati dalla Kappa Vu di Udine.

Sono, inoltre, a disposizione per eventuali chiarimenti e confronti su questioni che non si possono certo liquidare con una lettera.

Un’ultima considerazione. Nello spettacolo ti fai latore del sentimento di sdegno provato verso l’omaggio del Presidente della Repubblica Pertini al feretro di Tito. Suona così ancor più amara la profezia fatta proprio da Pertini riguardo la mancata epurazione dei fascisti:

“Verrà un giorno in cui dovremo vergognarci di aver combattuto contro il fascismo”.

Con immutata stima per il cantante e l’artista a tutto tondo.

Salute & solidarietà.

Silvio Antonini



Da:  ANPI Viterbo
Oggetto:  risposta Cristicchi
Data:  21 agosto 2013 18.57.41 GMT+02.00
A:  CNJ-onlus

Caro coetaneo Silvio,

Grazie infinite per i suggerimenti.

Sono certo che nella visione dello spettacolo integrale (i 5 minuti andati in onda sono ovviamente pochi per narrare tutto) si potrà riscontrare l'attenzione e la giusta considerazione di tutte le prospettive, dove lo spettatore sarà messo in grado di farsi una propria opinione, senza così voler propagandare alcuna tesi preconcetta o come le chiami tu: "vulgata".

L'argomento a quanto pare è ancora delicato, ma tengo a precisare che "Magazzino 18" non è uno spettacolo sulla Jugoslavia comunista, né sulla Resistenza, oggetto di altri miei spettacoli.

è incentrato soprattutto sul dramma degli italiani che hanno dovuto subire sulla loro pelle un evento storico come l'esodo, evento che -ne converrai - ancora oggi pochissimi conoscono.

Lo spettacolo quindi non sarà certo una conferenza della Kersevan, o di altri storici... né mi diletterò a snocciolare tesi, numeri, ma si propone di emozionare e far riflettere il pubblico attraverso testimonianze reali raccolte in questi anni insieme all'amico Jan Bernas.

Quello che mi interessa e mi ha sempre affascinato, è l'umanità inghiottita dalla Storia. Vedi "Li romani in Russia", "mio nonno è morto in guerra" e lo spettacolo con il coro dei minatori.

Per quanto riguarda l'episodio di Pertini, da ricercatore, ho solo interpretato il sentimento di imbarazzo di tanti esuli italiani, che hanno visto in quel gesto, solo una mancanza di rispetto.

Senza voler recare alcuna offesa a Pertini, non credo si possano biasimare per questo.

Grazie ancora

Simone Cristicchi



Da:  CNJ-onlus
Oggetto:  Re: risposta Cristicchi
Data:  22 agosto 2013 15.11.11 GMT+02.00
A:  ANPI Viterbo

Con preghiera di inoltro a Simone Cristicchi:
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Leggo il vostro scambio di messaggi con Silvio Antonini dell'ANPI di Viterbo. Forse non sono esattamente vostro coetaneo, in quanto classe 1969, ma in compenso sono romano anch'io, e da una ventina di anni mi trovo ad occuparmi di questioni jugoslave, tanto da essere segretario di una associazione di amicizia, di scambi culturali e di impegno per una corretta informazione, denominata Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS. Temo perciò di essere tenuto a scrivere alcune parole anch'io, benché veramente di malavoglia, vista la circostanza.

Gli italiani, hai ragione, conoscono ben poco della loro storia, figuriamoci della storia dei popoli vicini.
Generalmente, purtroppo, non solo sono ignoranti - il che non è una colpa - ma coprono la propria ignoranza con atteggiamenti saccenti, e questo, si, li rende veramente colpevoli. Un altro difetto facilmente riscontrabile è che tendono troppo spesso ad autoassolversi: in fondo in fondo, sono sempre "brava gente", no? Le colpe le hanno sempre gli altri: allora tedeschi o jugoslavi, oggi rumeni o albanesi.
Il tuo spettacolo "Magazzino 18" non è uno spettacolo sulla Jugoslavia comunista, né sulla Resistenza, eppure contiene un attacco preciso contro la Jugoslavia partigiana, uscita da una guerra infame che non erano stati gli jugoslavi a volere. La Jugoslavia esce da quella guerra come paese unito e pacifico, programmaticamente avviato ad essere mosaico di popoli, lingue e culture: un paese cioè non "nazionale", come l'Italia, bensì "multinazionale" (oltreché internazionalista: promotore del Movimento dei Non Allineati).
Nel tuo monologo c'è pertanto innanzitutto un errore concettuale, di principio: i partigiani jugoslavi, liberando vasti territori - inclusa l'Istria, e la stessa Trieste - dal mostro nazifascista, non intendevano usurparli ai legittimi proprietari, ma viceversa unirli a una nuova struttura statuale e sociale che fosse patria per tutti quelli che vi abitavano, purché ovviamente non ostili al nuovo Stato: ça va sans dire. Tant'è vero che circa 30mila autoctoni di lingua italiana decisero di rimanere. Hai mai sentito parlare dei "rimasti"? Forse valeva la pena che tu raccontassi anche la loro vicenda, che per un iscritto all'ANPI dovrebbe avere degli aspetti ancor più interessanti della vicenda degli "esuli". 
Quello spirito di fratellanza internazionalista per il quale anche tanti italiani combatterono al fianco dei partigiani jugoslavi, e che li spinse non solo a rimanere in quella che diventava la Jugoslavia, ma a contribuire entusiasticamente alla sua formazione, lo puoi ritrovare ad esempio nella storia personale e nelle pagine di Eros Sequi, grande italianissimo scrittore ed intellettuale, sconosciuto agli italiani:

<< Ora, eccomi qui, a scrivere da mattina a sera. Prepariamo il "Nostro Giornale" e "Lottare", prepariamo traduzioni ed opuscoli, volantini ed appelli... Sono commosso e contento. Ho scoperto il mio mondo... Ho saputo anche che cos'è l'Istria, dove la popolazione croata soffriva sotto l'oppressione degli imperialisti italiani ed oggi combatte la sua rivoluzione per esser libera nazionalmente e socialmente. Vorrei che tutti gli italiani sapessero che queste terre appartengono di diritto alla Jugoslavia; vorrei che tutti gli italiani fossero giusti  e amati per la loro giustizia.
Vorrei che sempre più grande fosse l'affluire dei miei connazionali tra le file del movimento di liberazione. E so che solo pochi non risponderebbero, se l'appello della verità giungesse fino a loro... Sarebbe bello se anche l'Adriatico fosse un lago, sulle cui sponde lavorassero in pace e in concordia uomini fratelli.  Ma so che la fratellanza stringerà almeno italiani e croati e tutti gli jugoslavi nel paese nuovo che andiamo creando con lotta e sacrifici... >> (Monti di Kukuljani, 31 luglio 1944. Da "Eravamo in tanti", diario della sua esperienza di combattente partigiano).

L'abbandono di Istria e Dalmazia di gran parte della popolazione di lingua italiana, anche quella non compromessa con il nazifascismo, per la Jugoslavia federativa e socialista fu percepito come una sconfitta, e non come una vittoria. Viceversa, ci fu una precisa volontà da parte dei ricostituiti poteri italiani, a che gli italiani di Istria e Dalmazia venissero via, allo scopo di delegittimare la nuova struttura statale che si andava formando oltre Adriatico. Hai mai sentito parlare di Radio Venezia Giulia, la radio messa su dai servizi segreti italiani per fare pressione psicologica sugli italiani di Pola, di Fiume, eccetera, perché andassero via? Lo sai che quelli che rimanevano erano bollati come "italiani sbagliati", e non certo da parte jugoslava? Ci sono tante cose da sapere, se solo interessa andarle a cercare. E sugli esuli istriani e dalmati, oltre a tutti i libri opportunamente menzionati da Silvio, ed anziché appoggiarti ai contatti selettivi di Jan Bernas, potresti dare almeno un'occhiata al testo "Esuli a Trieste. Bonifica nazionale e rafforzamento dell'italianità sul confine orientale", di Sandi Volk (KappaVu Edizioni, Udine 2004), che è un autentico esperto della problematica degli "esuli"... Perché di cose da dire ce ne sarebbero molte altre, nemmeno riassumibili qui: lo sai che gran parte degli "esuli" non erano nemmeno autoctoni, ma "regnicoli" (veri e propri "coloni")? Lo sai che non andarono via solo italiani, ma anche tanti croati e sloveni, vuoi per ragioni politiche, vuoi per ben più generali necessità economiche? Lo sai, infatti, che cosa è stata l'emigrazione dai piccoli centri verso le grandi città nell'immediato dopoguerra, in tutta Italia e in tutta la Jugoslavia? Lo sai che cosa vuol dire "optanti"?

Esistono ignoranze che determinano vere e proprie colpe. In ogni attività, anche in quella artistica, si tratta di sentire o non sentire la responsabilità delle proprie scelte. Da ogni canzone di Sergio Endrigo trapela il senso forte della responsabilità: perché, lui, era veramente un cantante impegnato, nel senso pieno e bello del termine, un senso che in questa Italia è andato perduto. Non fu mai un opportunista, né nelle scelte di vita né in quelle artistiche: comunista e ateo, gli stava cordialmente antipatico tutto l'apparato massmediatico - antipatia ricambiata, tant'è vero che negli ultimi anni fu veramente dimenticato dal teatrino dominante, televisivo e non. Quale Sergio Endrigo vogliamo ricordare? Il Sergio Endrigo che cantava in lingua serbocroata con Arsen Dedic, e vinceva festival della canzone jugoslavi, il Sergio Endrigo che cantava la Resistenza tradita dagli opportunisti di turno (La ballata dell’ex), il Sergio Endrigo che ricordava con nostalgia la sua città come metafora di tutti gli abbandoni... Oppure un Sergio Endrigo immaginario, un Sergio Endrigo inventato, di comodo, revanscista e rancoroso contro gli "usurpatori della propria terra"?
Non credo che Sergio Endrigo, che è stato gettato nel dimenticatoio per anni in quanto cantante "scomodo", avrebbe mai approvato di essere strumentalizzato a fini di revanscismo antipartigiano. Era meglio nessuna carriera, per lui, che una carriera sulla cresta dell'onda della lobby "vincente" di turno.

Chiudo su Tito e Pertini. La percezione che alcuni italiani originari di Istria e Dalmazia possono avere avuto guardando il nostro amato presidente che rendeva omaggio all'amato presidente degli jugoslavi, è solo ed esclusivamente una loro percezione. Per la stragrande maggioranza degli italiani quel gesto è stato un gesto di fratellanza e di pace, il suggello di due vite parallele da partigiani, ispirati ai valori della fratellanza tra i popoli. Per noi antifascisti quel gesto fa grande onore a Pertini, più ancora che a Tito.

Andrea Martocchia
segretario, CNJ-onlus


Da:  Simone Cristicchi 
Oggetto:  Re: Contributo Andrea Martocchia
Data:  22 agosto 2013 19.36.00 GMT+02.00
A:  ANPI Viterbo
Cc:  CNJ-onlus

Trovo alquanto imbarazzante ricevere queste parole, senza nemmeno aver visto lo spettacolo integrale, che non ha certo istanze revansciste.
Non accetto lezioni da nessuno, soprattuto con questi toni.
Arrivederci 

Inviato da Simone Cristicchi