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La UE consegna l'Ucraina ai nazisti e alla guerra civile

0) INIZIATIVE SEGNALATE a Pisa, Ancona, Messina
1) Come la Nato ha scavato sotto l’Ucraina / Kako je NATO potkopao Ukrajinu (Manlio Dinucci)
2) Ucraina liberata: i Nazi in piazza, gli Ebrei in fuga (Ennio Remondino)
3) Si sta fingendo di non vedere l'Ucraina in preda alle violenze delle squadracce fasciste (Flavio Pettinari)


=== 0: INIZIATIVE SEGNALATE ===


Come la Nato ha scavato sotto l’Ucraina

di Manlio Dinucci | da il manifesto, 25 febbraio 2014

«Ben scavato, vecchia talpa!»: così Marx descriveva il lavoro preparatorio della rivoluzione a metà Ottocento. La stessa immagine può essere usata oggi, in senso rovesciato, per decrivere l’operazione condotta dalla Nato in Ucraina. 
Essa inizia quando nel 1991, dopo il Patto di Varsavia, si disgrega anche l’Unione Sovietica: al posto di un unico stato se ne formano quindici, tra cui l’Ucraina. Gli Stati Uniti e gli alleati europei si muovono subito per trarre il massimo vantaggio dalla nuova situazione geopolitica. Nel 1999 la Nato demolisce con la guerra la Federazione Iugoslava, stato che avrebbe potuto ostacolare la sua espansione a Est, e ingloba i primi paesi dell’ex Patto di Varsavia: Polonia, Repubblica ceca e Ungheria. Quindi, nel 2004 e 2009, si estende a Estonia, Lettonia, Lituania (già parte dell’Urss); Bulgaria, Romania, Slovacchia; Slovenia e Croazia (repubbliche della ex Iugoslavia) e Albania. 
L’Ucraina – il cui territorio di oltre 600mila km2 fa da cuscinetto tra Nato e Russia ed è attraversato dai corridoi energetici tra Russia e Ue – resta invece autonoma. Entra però a far parte del «Consiglio di cooperazione nord-atlantica» e, nel 1994, della «Partnership per la pace», contribuendo alle operazioni di «peacekeeping» nei Balcani. 
Nel 2002 viene adottato il «Piano di azione Nato-Ucraina» e il presidente Kuchma annuncia l’intenzione di aderire alla Nato. Nel 2005, sulla scia della «rivoluzione arancione», il presidente Yushchenko viene invitato al summit Nato a Bruxelles. Subito dopo viene lanciato un «dialogo intensificato sull’aspirazione dell’Ucraina a divenire membro della Nato» e nel 2008 il summit di Bucarest dà luce verde al suo ingresso. Nel 2009 Kiev firma un accordo che permette il transito terrestre in Ucraina di rifornimenti per le forze Nato in Afghanistan. Ormai l’adesione alla Nato sembra certa ma, nel 2010, il neoeletto presidente Yanukovych annuncia che, pur continuando la cooperazione, l’adesione alla Nato non è nell’agenda del suo governo. 
Nel frattempo però la Nato è riuscita a tessere una rete di legami all’interno delle forze armate ucraine. Alti ufficiali partecipano da anni a corsi del Nato Defense College a Roma e a Oberammergau (Germania), su temi riguardanti l’integrazione delle forze armate ucraine con quelle Nato. Nello stesso quadro si inserisce l’istituzione, presso l’Accademia militare ucraina, di una nuova «facoltà multinazionale» con docenti Nato. Notevolmente sviluppata anche la cooperazione tecnico-scientifica nel campo degli armamenti per facilitare, attraverso una maggiore interoperabilità, la partecipazione delle forze armate ucraine a «operazioni congiunte per la pace» a guida Nato. 
Inoltre, dato che «molti ucraini mancano di informazioni sul ruolo e gli scopi dell’Alleanza e conservano nella propria mente sorpassati stereotipi della guerra fredda», la Nato istituisce a Kiev un Centro di informazione che organizza incontri e seminari e anche visite di «rappresentanti della società civile» al quartier generale di Bruxelles. 
E poiché non esiste solo ciò che si vede, è evidente che la Nato ha una rete di collegamenti negli ambienti militari e civili molto più estesa di quella che appare. Lo conferma il tono di comando con cui il segretario generale della Nato si rivolge il 20 febbraio alle forze armate ucraine, avvertendole di «restare neutrali», pena «gravi conseguenze negative per le nostre relazioni». La Nato si sente ormai sicura di poter compiere un altro passo nella sua espansione ad Est, inglobando probabilmente metà Ucraina, mentre continua la sua campagna contro «i sorpassati stereotipi della guerra fredda».

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Dinucci Manlio

Kako je NATO potkopao Ukrajinu


»Dobro riješ, stara krtice!« tako je Marx opisao opisivao posao urađen od revolucije u devetnaestim stoljeću. Ista slika može se upotrebiti i danas, u preokrenutom smislu, kako bi se opisalo ponašanje NATO-a u Ukrajini.
Ono je počelo, kad se 1991, nakon propasti Varšavskog pakta, raspao Sovjetski Savez i umjesto jedne jedinstvene države, koja bi bila u stnju spriječiti širenja NATO-a na Istok, došlo do formiranja petnaeat država, a među njima bila je je Ukrajina. Sjedinjene drave i njihovi evropski saveznici smjesta su se pokrenuli, kako bi iskoristili nastalu geopolitičku situaciju. Godine 1999 NATO uništava ratom Jugoslavensku federaciju, državu koja bi eventualno mogla spriječiti prodiranje NATO-a na Istok i u sebe uklapa prve zemelje bivšeg Varšavskog pakta, Češku republiku i Mađarsku. Potom, godine 2004 i godine 2009 NATO će se proširit na Estoniju, Letnoniju i Litvu (koje su prije bile dio Sovjetskog Saveza, pa na Bugarsku, Rumunjsku, Slovačku i Hrvatsku (dio nekadašnje Jugoslavije) te na Albaniju.
Ukrajina, koja se prostirena teritoriju od 600 tisuća kvadratnih kilometara ima ulogu jastuka između NATO-a i Rusije, njom prolaze i energetski koridori između Rusije i Evropske Unije – ostaje međutim autonomna. Ipak postaje dijelom »Vijeća za sjevernoatlansku suradnju« i godine 1994 član organizacije »Patnerstvo za mir« te doprinosi operacijama »peacekeeping« na Balkanu.
Godine 2002 prihvaćen je »Plan akcije NATO-a u Ukrajini« i predsjednik Kučma najavljuje namjeru da uđe u NATO savez. Godine 2005 na tragu »narančastih revolucija« predsjednik Juhačenko pozvan je da prisustvuje summitu u Bruxellesu. Odmah nakon toga uspostavlja se »intenzivan dijalog o o namjeri Ukrajine da uđe u NATO« i 2008 održava se summit u Bukureštu, na kojem je dato zeleno svjetlo za taj čin. Gpdine 2009 Kijev potpisuje sporazum, koji dozvoljava prolaz kroz Ukrajinu sveg materijala potrebnog oružanim snagama u Afganistanu. Sad se čini kako je ulaz Ukrajine u NATO potpuno siguran, ali 2010 novoizabrani predsjednik Janukovič izjavljuje da se, iako nastavlja suradnju, ulazak u nATO ne nalazi na njegovom programu.
U međuvremenu NATO-u je pošlo za rukom da isplete mrežu povezanosti unutar same ukrajinske vojske. Visoki vojni kadrovi već godinama sudjeluju na kursevima usavršavanja NATO-a u NATO Defense College u Rimu i u Oberammegau (Njemačka), gdje se obrađuju teme integracije ukrajinskih vojnih snaga sa NATO-om. U isti okvir ubraja se i stvaranje nove institucije, priključene Vojnoj Akademiji Ukrajine, »multinacionalnog sveučilišta«, na kojem predaju nastavnici iz NATO-a. Značajno se razvila i povećala znanstveno-tehnička suradnja na polju naoružanja, kako bi potpomogla, većim međudjelovanjem, sudjelovanje oružanih snaga Ukrajine u »združenim operacijama mira« pod vodstvom NATO-a.
Osim toga, »budući da mnogi Ukrajinci nemaju dovoljno informacija o ulozi i ciljevima Atlanskog Saveza i zadravaju još uvijek u vlastitom pamćenju stereotipe iz vremena hladnog rata« NATO otvara u Kijevu Centar za informiranje, koji organizira susrete i seminare kao i posjete »predstavnicima civilnog društva« u vrhovnom štabu u Bruxellesu.
I budući da ne postoji samo ono što je javno vidljivo, jasno je da NATO posjeduje mrežu veza u civilnim i u vojnim krugovima daleko veću i širu od onog što izgleda. To potvrđuje zapovjedni ton kojim se generalni sekretar NATO saveza obratio 20 februara ukrajinskim oružanim snagama, upozoravajući ih da »ostanu neutralne«, pod prijetnjom »teških negativnih posljedica za naše odnose«. NATO sada osjeća, da sasvim sigurno već može poduzeti daljnji korak u vlastitoj ekspanziji na Istok, obuhvaćajući vjerojatno polovicu Ukrajine, dok uporno nastavlja svoju kampanju »protiv prevziđenih hladnoratovskih stereotipa«.


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ENNIO REMONDINO
martedì 25 febbraio 2014

Ucraina liberata: i Nazi in piazza, gli Ebrei in fuga

Pessimo segnale quando la comunità ebraica sceglie la fuga. Quei simboli nazisti sulla piazza di Kiev erano veri.
Uno dei due rabbini capi dell'Ucraina, Moshe Reuven Azman, ha invitato gli ebrei di Kiev a lasciare la città e se possibile il Paese, temendo che gli ebrei della città siano perseguitati nel caos che è seguito agli scontri di piazza guidati da estremisti filo nazisti, denuncia l'israeliano Maariv

di Ennio Remondino

"Ho esortato la mia congregazione a lasciare il centro della città o la Kiev tutti insieme e, se possibile, ad abbandonare anche l'Ucraina" dichiara convinto il rabbino Azman. "Io non voglio sfidare il destino ", ha aggiunto, "Ormai ci sono avvertimenti costanti sulle reali intenzioni di attaccare le istituzioni ebraiche". Secondo il quotidiano "Maariv", Azman ha chiuso le scuole della comunità ebraica ma guida ancora le tre preghiere quotidiane. Anche l'ambasciata israeliana ha raccomandato ai membri della comunità ebraica di limitare al massimo le uscite dalle loro case.

Il segnale più evidente di queste tensioni e minacce, è arrivato ieri quando la sinagoga a Zaporozhye, a sud est di Kiev è stata attaccata con bottiglie incendiarie da sconosciuti. Lo riporta Times of Israel citando il sito 'timenews.in.ua'. La sinagoga -che si chiama Gymat Rosa ed è stata aperta nel 2012- mostra, secondo le foto pubblicate dal sito, tracce di bruciature sulla facciata, ma i danni riportati appaiono limitati. Edward Dolinsky, capo della organizzazione degli ebrei dell'Ucraina: "Abbiamo contattato il ministro degli Esteri perché sia garantita la sicurezza delle nostre comunità".

A Kiev Iulia Timoshenko, l'ex principessa del gas, con la sua nota improntitudine politica ha proposto che il nuovo governo includa "tutti gli eroi di Maidan", la piazza dell'Indipendenza di Kiev centro della rivolta di questi ultimi tre mesi. Cosa che sta creando più di un imbarazzo perché tra le tante formazioni che hanno partecipato alla protesta ci sono anche elementi di estrema destra, come 'Pravii Sektor', un gruppo paramilitare che è stato decisivo negli scontri con la polizia. Il nuovo procuratore generale Oleg Makhnitski, partito ultranazionalista 'Svoboda', parla di provocazioni.

Inizio inquietante per l'Ucraina che dice di guardare all'Europa.


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Si sta fingendo di non vedere l'Ucraina in preda alle violenze delle squadracce fasciste

25 Febbraio 2014

di Flavio Pettinari per Marx21.it

Dallo scorso venerdì le opposizioni ucraine, colpevoli delle devastazioni di Kiev e di gran parte del paese, si sentono legittimate a compiere ogni genere di azioni.

La stampa italiana ci mostra una commossa Timoshenko che celebra sé stessa con una ridicola sceneggiata sulla sedia a rotelle.

Le istituzioni italiane, che infarciscono ogni frase di parole come “legalità”, celebrano questa oligarca accogliendone amici e parenti, come se si trattasse di chissà quale eroina.

Nuovamente la stampa ci mostra prodi volontari che ripuliscono una Kiev “liberata”.

Vergogna, alle istituzioni e ai pennivendoli che fingono di non vedere cosa sta accadendo in Ucraina!

L’ordine pubblico è stato affidato agli stessi che per mesi hanno terrorizzato Kiev, che hanno organizzato e organizzano spedizioni punitive nelle regioni e nei villaggi.

Le sedute parlamentari che si sono tenute nel fine settimana hanno visto la Verhovna Rada presidiata dai banditi armati di fucili mitragliatori.

I pogrom contro gli oppositori del golpe e contro i comunisti sono all’ordine del giorno: abbiamo diffuso foto e video che testimoniano di cosa sono capaci i membri di Svoboda e i militanti della destra radicale: parlamentari, consiglieri regionali e comunali vengono prelevati dalle loro abitazioni e picchiati in pubblico.

Eppure, nessun esponente delle istituzioni democratiche italiane, nessun propagandista dei diritti umani sta levando la sua voce.

I nostri compagni devono subire ogni giorno, anzi ogni notte perché la vigliaccheria fascista è ovunque uguale e colpisce nell’oscurità, attacchi alle sedi.

Abbiamo comunicato già altrove i fatti di questi giorni: a Chernoghiv, i compagni assediati sono stati costretti ad abbandonare la sede quando i fascisti hanno spaccato i vetri e vi hanno gettato dentro del carburante per incendiare i locali e provocare una strage.

A Kiev, è stato devastato il quartier generale del Comitato Centrale.

A Zaporozhie, mentre i comunisti presidiavano il monumento a Lenin e il Consiglio Cittadino, è stata attaccata la sede del Partito.

Bande armate assaltano i monumenti a Lenin e ai Soldati Sovietici - non per abbattere le statue, ma per intimidire i comunisti e la popolazione democratica, per far vedere “chi è che comanda”.

Questa sera, 24 febbraio, ultima notizia in ordine di tempo, individui mascherati appartenenti alla cosiddetta “autodifesa del majdan” hanno organizzato una spedizione nel villaggio di Gorenka, nei pressi di Kiev, dove si trova l’abitazione del compagno Petro Simonenko. Si sono introdotti nell’abitazione e hanno iniziato a cercare materiale che potesse risultare “compromettente”.

Non avendo trovato nulla, hanno appiccato il fuoco all’abitazione per poi scappare.

I vicini intervenuti hanno ascoltato dalle conversazioni che l’intento dei fascisti era quello di far saltare in aria la casa, in quanto “non avevano trovato nulla di compromettente” da mostrare.

Da due giorni, i media vicini al nuovo potere cercano di spaccare il Partito Comunista, tentando di infangarne la leadership: domenica sera, hanno diffuso la notizia che Simonenko era stato visto a Mosca con alcuni membri del clan di Yanukovitch; oggi hanno diffuso la voce, anche questa falsa, di accordi con il nuovo “presidente” del parlamento.

A questo si aggiunge il progetto di messa al bando del Partito Comunista d’Ucraina (e del Partito delle Regioni), depositato in Parlamento il 23 febbraio, di cui abbiamo diffuso l’immagine (link: https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/photos/a.588029701278288.1073741828.587994241281834/589531721128086/?type=1&theater )

Perché questo accanimento contro il Partito Comunista?

Perché il Partito Comunista ha detto chiaramente che in Ucraina non c’è stata nessuna rivoluzione, nessuna liberazione, ma “una feroce lotta tra le due fazioni della stessa classe di sfruttatori, la borghesia oligarchica.”

Perché il Partito Comunista ha detto che le forze che si definiscono nazionaliste, hanno svenduto il paese alle potenze straniere sbandierando lo “spauracchio russo”.

Perché il Partito Comunista denuncia che l’asservimento a USA, UE, NATO e Fondo Monetario Internazionale porterà l’Ucraina alla rovina economica e sociale.

Perché a differenza del Partito delle Regioni, che è in gran parte allo sbando, il Partito Comunista ha chiamato i quadri a serrare le file, alla vigilanza, e i suoi deputati intervengono in parlamento senza temere le intimidazioni e a testa alta.

Sono questi i motivi per cui le bande armate, i teppisti e i parlamentari fascisti vogliono distruggere il Partito Comunista d’Ucraina.

Vorrei chiedere alle personalità delle nostre istituzioni: ricordate come nacque il fascismo in Italia? Quante analogie vi sono, tra l’esperienza del nostro paese e ciò che sta accadendo a Kiev? A cosa servono allora i Giorni della Memoria, le celebrazioni del 25 Aprile, le denunce astratte contro e prevaricazioni e le violenze?

I nuovi capi di Kiev, forti della loro “legittimazione”, di una legge che hanno usurpato, hanno cancellato in una seduta parlamentare il bilinguismo, intendono bloccare le trasmissioni televisive in lingua russa e togliere agli “etnici russi” lo status di cittadino dell’Ucraina: tutto questo è degno della “democrazia europea”?

Sappiamo che i nostri modesti mezzi di informazione in questi giorni hanno visto aumentare enormemente le visite.

In pochi istanti, le notizie che aggiungiamo sulla nostra pagina in sostegno dell’Ucraina (https://www.facebook.com/ucrainaantifascista) vengono lette da centinaia di persone, che diventano migliaia in una manciata di minuti.

Evidentemente le notizie omogeneizzate di Repubblica, Corriere e compagnia iniziano a puzzare di marcio; evidentemente cominciamo tutti ad assaporare i frutti avvelenati dell’imperialismo, a capire che annettere nuovi territori nell’UE non è solo un disastro per quei popoli, ma è un disastro che si ripercuote prima o poi, anche su di noi.