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Imperialismo "etico" tedesco-europeo

0) LINKS su "imperialismo etico" e polo imperialista europeo dopo il referendum "Brexit"
1) Dagli Usa a Berlino. Cambia la leadership del capitalismo multinazionale? (A. Avvisato) / Confronting New Wars / Vor Neuen Kriegen (GFP)
2) L’imperialismo europeo affila le unghie (Marco Santopadre / Guy Verhofstadt)
3) Superpower Europe / Die Supermacht Europa (GFP 16.11.2016)
4) После земљотреса „БРЕГЗИТ" пут ка ЕУ прекинут (Z. Jovanović, 4.7.2016.)


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LINKS su "imperialismo etico" e polo imperialista europeo dopo il referendum "Brexit"

Iperclassico:

Lenin sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa 
pubblicato per la prima volta nel Sotsial-Demokrat, n. 44, 23 agosto 1915
http://contropiano.org/documenti/2016/06/26/sulla-parola-dordine-degli-stati-uniti-deuropa-080928

Sul concetto di "Ethischer Imperialismus", elaborato da Paul Rohrbach nella fase di massima espansione del colonialismo tedesco, si vedano ad esempio:

Walter Mogk 
Paul Rohrbach und das "Größere Deutschland"
Ethischer Imperialismus im Wilhelminischen Zeitalter. Ein Beitrag zur Geschichte des Kulturprotestantismus 
Goldmann Wilhelm GmbH, 1972-1982

Paul Rohrbach

Lo "spazio vitale tedesco" (1995)

Su inquietudini e sviluppi nel polo imperialista europeo a seguito del referendum inglese sulla "Brexit":

GERMAN ARMY CREATES ‘REALITY SHOW’ TO BOOST POPULARITY, CRITICS WARN OF DISTORTIONS (RT, 31 Oct, 2016)
The German army (Bundeswehr) is set to launch a new reality show covering the daily life of fresh recruits. The project, aimed at boosting the popularity of the military, faces mounting criticism from politicians, the public and activists. The reality show, titled ‘The Recruits’, depicts the daily lives of 12 army newcomers during their basic training. The show is split into 90 episodes of about five minutes each and will be put on the Bundeswehr YouTube channel every day, starting from November 1. The project is part of a larger campaign by the government to fill the ranks of the Bundeswehr with new recruits...
VIDEO – DIE REKRUTEN | Offizieller Trailer - Bundeswehr: https://www.youtube.com/watch?v=arPvxu91F8w

SANZIONI ALLA RUSSIA, CI GUADAGNANO USA E GERMANIA (di Redazione Contropiano, 26/10/2016)
... «Nonostante le tensioni con gli Stati Uniti, abbiamo notato che gli scambi commerciali Usa-Russia sono raddoppiati». E lo stesso si può dire di Berlino, che pure figura tra i principali sponsor europei delle sanzioni: alla fine «le principali commesse vanno ai tedeschi. La riprova? «Il Nord Stream, a cui le aziende tedesche partecipano alla grande, ha avuto la meglio sul South Stream, a cui gli italiani non possono partecipare». Insomma, «Noi russi abbiamo la sensazione che tutte queste tensioni con Mosca servano a Stati Uniti e Germania per fare terra bruciata dei loro concorrenti». Il parallelo con le politiche di austerità dovrebbe venir immediatamente in testa a qualsiasi osservatore dotato di cervello....

BERLINO: SERVIZI SEGRETI LIBERI DI SPIARE CITTADINI, GIORNALISTI E PAESI DELL’UE (di Marco Santopadre, 25/10/2016)
La Germania, che nel 2013 arrivò a scatenare una crisi diplomatica con gli Stati Uniti dopo la scoperta che le agenzie di spionaggio di Washington intercettavano le conversazioni dei membri del governo di Berlino e della stessa Angela Merkel, si è dotata ora di una legge che permetterà ai suoi servizi segreti di fare altrettanto con praticamente tutti i cittadini europei...

RESOCONTO DELL’INIZIATIVA “L’EUROPA DELLE BANCHE E DELL’EURO DOPO LA BREXIT“, Parma 30 settembre 2016 (Ross@ Parma)
... la maggior parte del commercio comunitario è basato sul modello mercantilistico tedesco, cioè sul primato commerciale della Germania che deprime le economie degli altri paesi membri. Nonostante questa evidenza empirica, viene veicolata e sostenuta l’opinio communis che la maggiore competitività della Germania derivi dalla presunta virtuosità ed operosità teutonica e che il “ritardo” degli altri paesi dipenda dalla mancata attuazione delle riforme. La mezzogiornificazione dell’Europa è dovuta, invece, proprio al vantaggio competitivo dato dal combinato disposto di deflazione salariale e moneta forte. In altre parole, dalla fissazione del tasso di cambio, che impedisce un riallineamento delle economie, specie durante periodi di crisi come questo. In conclusione l’euro rappresenta un attacco alle classi lavoratrici. “L’euro è uno strumento del capitale”, ha affermato Pavarani, che avvantaggia la concentrazione della ricchezza in alcuni paesi e va a favorire alcune classi sociali, a discapito di altri paesi, delle fasce deboli della popolazione e di un ceto medio sempre più impoverito. È, insomma, uno strumento della lotta di classe condotta dall’alto, un mezzo pensato per essere impugnato dal capitale, mai dal popolo"...

GENTILONI: L’UNIONE EUROPEA VA RISTRETTA AL “NUCLEO DURO” (Alessandro Avvisato, 5 settembre 2016)
... Saltato il tappo rappresentato dalla Gran Bretagna, i sostenitori di una maggiore centralizzazione dei paesi aderenti all'Unione Europea in materia monetaria e militare, sembrano aver trovato maggiore determinazione... L'agenda della discussione nei due vertici europeo sono il documento franco-tedesco (“A strong Europe in a world of uncertainties”) reso noto all'inizio dell'Estate. Il documento propone sostanzialmente un rafforzamento dell’integrazione “con chi e per chi ci sta” su materie come la sicurezza, l'unione bancaria ecc... Che il vertice di Ventotene del 22 agosto tra Renzi, Merkel, Hollande si sia tenuto sulla portaerei Garibaldi non è stato affatto un caso nè una semplice scelta organizzativa. Era un segnale.

BREXIT: A DIFFERENT DEMOCRACY, A DIFFERENT FUTURE (Christopher Black, 2 July 2016)
The historic Brexit vote marks a victory of the working people over the capitalist elites who have used the European Union as a means of extending their exploitation of them to the limits, and which now, along with its imperial rival and overlord, the United States, is arming and preparing for a world war with Russia...

THE EUROPEAN WAR UNION (GFP 2016/06/28)
Together with his French counterpart, the German foreign minister has announced the EU's transformation to become a "political union" and its resolute militarization for global military operations. In a joint position paper, Frank-Walter Steinmeier (SPD) and Jean-Marc Ayrault (PS) are calling for the EU's comprehensive military buildup, based on a division of labor, to enable future global military operations. Following the Brexit, the EU should, step-by-step, become an "independent" and "global" actor. All forces must be mobilized and all "of the EU's political instruments" must be consolidated into an "integrated" EU foreign and military policy. Steinmeier and Ayrault are therefore pushing for a "European Security Compact," which calls for maintaining "employable high-readiness forces" and establishing "standing maritime forces." The European Council should meet once a year as "European Security Council." Before this paper was made public, Germany's foreign minister and chancellor had made comments also promoting a German global policy and massive rearmament, possibly also with EU-support...
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58954
ORIG.: DIE EUROPÄISCHE KRIEGSUNION (GFP 2016/06/28)
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59398

UN'ALTRA EUROPA È POSSIBILE. UN'ALTRA UE NO. Dichiarazione del Partito Comunista di Irlanda, 28 Giugno 2016
Il Partito Comunista di Irlanda esprime la sua solidarietà e accoglie con favore la decisione dell'elettorato britannico, con i lavoratori che hanno giocato un ruolo decisivo nel voto per lasciare l'Unione Europea... I lavoratori della Gran Bretagna hanno inviato il sonoro messaggio a Londra e Bruxelles che ne hanno abbastanza del bullismo, abbastanza dell'austerità permanente, abbastanza del fatto che gli interessi delle grandi imprese siano posti al di sopra di quelli del popolo. E' anche un significativo rifiuto delle economie da camicia di forza dell'UE. La strategia politica ed economica dell'UE è un affronto alla democrazia e alla capacità dei popoli di decidere democraticamente in merito alle priorità economiche e sociali dei loro paesi e della possibile direzione alternativa...
ENLARGEMENT OF EU QUESTIONABLE (Belgrade Forum, Monday, 27 June 2016)
... BREXIT will doubtless deepen the concept of EU system based on the deprivation of authorities of national states and concentration of the authorities within the bureaucratic Brussels center which is without meaningful control. EU region has entered a long period of political instability and uncertainty. Fleeing of corporate capital from EU appears as inevitable process with all consequences for development, socio-economic aggravation and political turmoil. After illegal secession of Kosovo and Metohija in which, paradoxical, Great Britain together with USA played major role, separatism in Great Britain and the whole of Europe has got new encouragement...
ORIG.: ПРОШИРЕЊЕ ЕУ ДОВЕДЕНО У ПИТАЊЕ (Beogradski Forum, понедељак, 27 јун 2016)
... БРЕГЗИТ даље продубљује кризу концепта ЕУ који је заснован на одузимању надлежности националних држава и концентрацији власти у бирократизованом центру  без контроле. Подручје ЕУ ушло је у дуги период политичке нестабилности и неизвесности. Сеоба корпоративног капитала из ЕУ је неизбежан процес са свим последицама на развојном, социјално економском и политичком плану. Како ће се, кад и по коју цену наћи излаз, остаје нејасно. После илегалног отцепљења Косова и Метохије, сепаратизам у Европи овим је добио нови подстицај...

FLEXIBLE UNION WITH A EUROPEAN FBI (German plans for reorganizing the EU – GFP 2016/06/27)
Berlin is applying intense pressure in the aftermath of the Brexit, to reorganize the EU. Under the slogan, "flexible Union," initial steps are being taken to establish a "core Europe." This would mean an EU, led by a small, tight-knit core of countries, with the rest of the EU member countries being subordinated to second-class status. At the same time, the President of the European Parliament and Germany's Minister of the Economy (both SPD) are calling for the communitarization of the EU's foreign policy, reinforcement of its external borders, the enhancement of domestic repression and the creation of a "European FBI." The German chancellor has invited France's president and Italy's prime minister to Berlin on Monday to stipulate in advance, measures to be taken at the EU-summit on Tuesday. German media commentators are speaking in terms of the EU's "new directorate" under Berlin's leadership. At the same time, Berlin is intensifying pressure on London. The chair of the Bundestag's EU Commission predicts a new Scottish referendum on secession and calls for Scotland's rapid integration into the EU. German politicians in the European Parliament are exerting pressure for rapidly implementing the Brexit and reorganizing the EU. Chancellor Merkel has reiterated her veiled threat that "reconciliation and peace" in Europe are "anything but self-evident," should European countries choose to no longer be integrated in the EU...
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58953)
ORIG.: FLEXIBLE UNION MIT EUROPÄISCHEM FBI (GFP 27.06.2016)
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59397

LA LOTTA DEL NOSTRO TEMPO (di Alessandro Mustillo | senzatregua.it, 24/06/2016)
...  Dall'eurocomunismo in poi l'accettazione dell'orizzonte comune europeo ha modificato una visione internazionalista nell'accettazione dell'Europa unita e delle sue istituzioni, dei suoi meccanismi, come terreno di azione nella ricerca della modifica riformista della politica europea. Un errore storico enorme...
http://www.senzatregua.it/la-lotta-del-nostro-tempo/
oppure http://www.resistenze.org/sito/os/ep/osepgf24-018110.htm

THE FIRST EXIT (UK votes against EU membership – GFP 2016/06/24) 
The British people's vote yesterday to take their country out of the EU is shaking up the EU, and Berlin's plans to use the EU for its own hegemonic policies. With a 72 percent turnout, 52 percent of the British voters opted to wave good-bye to the EU. This vote has a major impact on Berlin, not only because Europe's second largest economy - after Germany's - and a prominent military power will be leaving the EU and therefore no longer be available for German hegemonic policies imposed via the EU. It also can lead to a domino effect. Calls for referendums are being raised in other EU member countries. In several member countries, the EU's growing unpopularity is reinforcing centrifugal forces. The Swedish foreign minister has explicitly warned of a "spill-over effect" that could lead to a Swedish EU exit. In the German media, demands are being raised to simply ignore the referendum and let the British parliament vote in favor of remaining in the EU. Berlin has already begun reinforcing its national positions - independent of the EU...
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58952
ORIG.: DER ERSTE AUSTRITT (GFP 2016/06/24) 
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59396


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Dagli Usa a Berlino. Cambia la leadership del capitalismo multinazionale?


di Alessandro Avvisato

La leadership del capitalismo del dopo Trump potrebbe parlare tedesco. Sono in molti oggi a scrutare dietro e intorno la visita di congedo di Barak Obama in Germania. La visita avviene, tra l'altro, nei giorni in cui la cancelliera Merkel ha fatto sapere di volersi ricandidare al governo. Osservatori acuti come Danilo Taino sul Corriere della Sera non nascondono affatto l'impressione che con la visita di Obama "il mantello di difensore della libertà e dei valori occidentali passerà alla leader tedesca". Insomma un cambiamento epocale non indifferente, per l'Europa sicuramente ma anche per le relazioni internazionali nel loro complesso. 

"Trump costringe l'Unione Europea a guardarsi nello specchio", commenta Adriana Cerretelli sul Sole 24 Ore. Un'assunzione di responsabilità nella leadership dell'occidente che pone la Germania al centro, ma trascina con sè l'intera Unione Europea.

A conferma di questo possibile passaggio di testimone dagli Usa "trumpizzati" alla Germania dominus sull'Unione Europea, c'è la notizia di una sorta di supervertice a Berlino in occasione della visita di Obama. Sono infatti stati invitati Hollande, Renzi, Rajoi, e anche Theresa May, per la Gran Bretagna del dopo Brexit. Insomma le principali potenze europee converranno nella capitale tedesca e non certo per una commovente cena di commiato con Obama.

E' ormai evidente da anni come la competizione globale prima, e il picco di crisi del 2007 poi, abbiano accentuato le contraddizioni dentro le borghesie imperiali. Uniti come mai contro i lavoratori, i vari segmenti delle classi dominanti sono stati squassati e ridefiniti piuttosto bruscamente. Alcuni sono andati giù, perdendo posizioni e peso, perchè troppo legati a mercati interni depressi; altri invece hanno aumentato il loro peso proprio perchè più internazionalizzati, dunque perfettamente inseriti nella dimensione globale della competizione e degli apparati creati per gestirla. 

Questo scontro è stato ben visibile nelle accelerazioni impresse dentro l'Unione Europea (di cui l'adozione l'euro è stato un fattore decisivo), che ha lasciato morti e feriti non solo tra i lavoratori e le classi popolari. E' evidente che una parte dei sentimenti antieuropeisti – come emerso con la Brexit – rappresentino anche questo tipo di contraddizioni. 

Ma con l'elezione di Trump, lo scontro tra i segmenti del capitalismo più multinazionalizzati e quelli legati alla crescita o depressione dei mercati interni, si è fatta più detonante, soprattutto perchè ha avuto l'epicentro negli Stati Uniti, conferendogli così un riflesso internazionale di enormi proprozioni. 

Lo stallo negli Usa indebolisce la leadership globale esercitata fino ad oggi e richiede che qualcun altro provi a prendere in mano questa fase di incertezza, di evidente transizione di fase storica.

Le ripercussioni erano già visibili neanche troppo sottotraccia nei mesi scorsi. All'indomani della Brexit britannica, l'Unione Europea aveva tolto il freno a mano e proceduto rapidamente nella definizione di un progetto comune in materia politico/militare.  Su questo terreno occorre sottolineare che entro dicembre 2016 verrà definito il piano di attuazione dell'Eugs, ovvero la Strategia Globale dell'Unione Europea presentato a giugno da Lady Pesc, Federica Mogherini, in coordinamento con i quartieri generali di Bruxelles. Contestualmente si riunirà il coordinamento tra la Nato e il Seae ossia il Servizio Europea per l'Azione Esterna.

Inutile dire che su questa accelerazione nella definizione delle ambizioni e delle responsabilità globali dell'Unione Europea, un ruolo centrale lo avrà la Germania. Anche sul piano militare e strategico. Lo scorso 13 luglio è stato pubblicato il nuovo "Libro Bianco" della Bundeswehr (la Difesa tedesca). Questa edizione ha aggiunto alla politica mondiale tedesca ulteriori e più ambiziosi obiettivi rispetto a qualsiasi altro documento scritto in precedenza. 

"L'orizzonte della politica di sicurezza tedesca è globale", è scritto esplicitamente nel documento, che annuncia al mondo: "Berlino, in considerazione della sua forza economica, politica e militare" intende contribuire a "plasmare attivamente il nuovo ordine mondiale". La Repubblica Federale è pronta non solo "a presentarsi nel dibattito internazionale come una forza decisiva e pragmatica", ma anche ad "assumere la leadership nella politica internazionale". Le ambizioni della politica di Berlino non si riferiscono solamente alle rotte commerciali globali su acqua, terra o in aria, ma anche "alla cibernetica, all'informazione e a allo spazio".

Un articolo scritto a quattro mani da due responsabili della Difesa tedesca, [commentato] su German Foreign Policy, ritiene che le ambizioni politiche espresse nel “Libro Bianco” sono ormai di carattere globale e in futuro dovranno essere messe in pratica e riempite di dettagli.  Secondo i due dirigenti tedeschi anche l’UE si trova davanti ad una nuova fase di militarizzazione: sotto la guida tedesca, ormai apertamente proclamata, diversi capi di stato e lo stesso commissario europeo Juncker si sono pronunciati a favore della creazione di un esercito europeo.

Ormai dobbiamo dircelo con franchezza: non c'è ambizione di leadership globale senza gli strumenti per attuarla. L'aria che si respira in Europa e che spira da Berlino è questa. Prima se ne diventa consapevoli e meglio è. Ragione in più per cercare di mettersi di traverso al consolidamento del polo imperialista europeo e dei suoi apparati. 

Rompere e uscire dall'Unione Europea non è un atto di egoismo nazionalista (come nei vaneggiamenti fascioleghisti), ma è un tentativo concreto di inceppare una macchina pericolosa per le popolazioni europee e per l'umanità.

16 novembre 2016


Link all'articolo cui si riferisce Alessandro Avvisato:

CONFRONTING NEW WARS (GFP 2016/08/31)
The German Bundeswehr's new "White Paper" is conceived as just a milestone in the ongoing development of German global policy and its instruments, according to an article published by Germany's leading foreign policy periodical. According to the article's two authors, who had been in charge of elaborating the "White Paper" for the German Defense Ministry, the White Paper's explicit claim to shape global policy and policy for outer space must be implemented and "brought to life" in the near future. While the German government is initiating new projects for upgrading military and "civil defense" measures, the EU is boosting its militarization: A growing number of government leaders of EU member states are supporting the creation of an EU army under openly proclaimed German leadership. According to a leading German daily, the balance sheet of recent German military involvements is "not exactly positive," but this should not discourage future military interventions. One should, however, not expect too much and harbor "illusions about rapid successes."...
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58966
AUF DEUTSCH: Vor neuen Kriegen (GFP 31.08.2016)
Das neue "Weißbuch" der Bundeswehr ist lediglich als "Meilenstein" auf dem Weg einer stetigen Weiterentwicklung der Berliner Weltpolitik und ihres Instrumentariums konzipiert. Dies geht aus einem Beitrag hervor, den zwei Weißbuch-Verantwortliche aus dem Bundesverteidigungsministerium für die führende deutsche Außenpolitik-Zeitschrift verfasst haben. Demnach muss der "Gestaltungsanspruch" des Weißbuchs, der sich ausdrücklich auf die gesamte Erdkugel sowie den Weltraum erstreckt, in der nächsten Zeit umgesetzt und "mit Leben" gefüllt werden. Während die Bundesregierung neue Hochrüstungspläne und neue Maßnahmen der zivilen Kriegsvorbereitung in die Wege leitet, steht auch der EU ein neuer Militarisierungsschub bevor: Unter offen proklamierter deutscher Führung sprechen sich immer mehr Regierungschefs von EU-Mitgliedstaaten für den Aufbau einer EU-Armee aus. In einer führenden deutschen Tageszeitung heißt es, zwar sei die Bilanz der bisherigen deutschen Kriege "nicht gerade positiv". Das solle aber nicht von künftigen Militärinterventionen abhalten; man müsse lediglich die Erwartungen an sie klar herunterschrauben: Es gelte, sich keinerlei "Illusionen über rasche Erfolge zu machen"...
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59430


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http://contropiano.org/news/internazionale-news/2016/11/18/difesa-comune-imperialismo-europeo-086061

Verso la ‘difesa comune’. L’imperialismo europeo affila le unghie


di Marco Santopadre

Viviamo tempi di notevole accelerazione sul fronte degli equilibri internazionali, di cambiamenti repentini sull’onda di processi che hanno incubato per decenni, di decisioni più o meno irrevocabili. E’ il caso dell’integrazione dell’Unione Europea anche a livello militare, un progetto vecchio quanto la stessa Comunità Economica Europea e lungamente rimasto nei cassetti di qualche burocrate.
Sembra però che, dopo numerosi tentennamenti e rinvii ma anche qualche passo in avanti – perché negli ultimi anni, in realtà, molto è stato fatto in vista della creazione di una soggettività coordinata continentale anche sul fronte militare – l’acuirsi della competizione internazionale tra blocchi geopolitici e il declino della superpotenza statunitense stiano trasformando il fumoso progetto in una realtà concreta.

Difficile dire quali saranno i tempi di concretizzazione di quella che eufemisticamente i tecnocrati e gli euro burocrati chiamano ‘difesa comune’; ma a leggere quanto affermano e decidono i capofila dell’establishment dell’Unione Europea pare proprio che stavolta si stia facendo sul serio.
In effetti i passi concreti decisi dalle riunioni dei ministri degli Esteri e della Difesa tenutesi a Bratislava nel settembre scorso e direttamente a Bruxelles pochi giorni fa appaiono più che significativi. L’Unione Europea viaggia speditamente verso la costituzione di un suo esercito, di un suo meccanismo di gestione separato rispetto a quello dell’Alleanza Atlantica, di un comune quadro di intervento nelle crisi internazionali in difesa dei propri obiettivi egemonici e dei propri interessi.

Nel Consiglio Europeo degli Affari Esteri del 14 novembre scorso il consenso nei confronti delle proposte di Federica Mogherini e dei governi che recentemente hanno deciso di accelerare il passo sulla necessità di una indipendenza militare dagli Stati Uniti è stato ampio, anche più del previsto.
Fino ad ora alcuni governi dell’Europa Orientale avevano puntato i piedi contro lo sviluppo di una capacità militare europea, considerata perniciosa per la sovranità dei singoli governi sugli eserciti nazionali e in contrasto con il quasi totale controllo esercitato finora dagli Stati Uniti direttamente o attraverso la Nato. Ma la vittoria della Brexit nel referendum britannico di inizio estate ha sottratto a Londra – da sempre capofila del ‘no’ all’esercito europeo in nome della solidarietà transatlantica – il notevole potere di interdizione esercitato finora. La recente sconfitta di Hillary Clinton indebolisce inoltre la posizione e gli argomenti di quei paesi che vorrebbero continuare ad affidare il capitolo difesa ad una amministrazione statunitense in pectore che però lancia bordate contro la stessa Nato e minaccia di abbandonare a sé stessa l’ingrata e tirchia Unione Europea.

E quindi nonostante la contrarietà dei rappresentanti britannici – con un piede dentro ed un piede fuori in attesa di capire se e quando il voto popolare sulla Brexit verrà concretizzato – e i mugugni di quelli di alcuni paesi dell’Europa Orientale, i 56 ministri degli Esteri e della Difesa dei paesi membri dell’Ue hanno dato il proprio via libera alla “Global Strategy on Foreign and Security Policy”, il progetto presentato a giugno dall’Alto Rappresentante Federica Mogherini.

Si tratta, dicevamo, di passi importanti, anche se i promotori dell’accelerazione sul fronte della creazione dell’esercito e di un complesso militare-industriale europei si sono sforzati di evitare l’uso di categorie ed etichette che possano eccessivamente allarmare i governi e i settori critici.
Al di là delle denominazioni soft e degli eufemismi abilmente impiegati, il piano prevede l’implementazione di una politica militare europea unica e integrata, mirante a fronteggiare crisi esterne, ad assistere eventuali partner nello sviluppo delle loro capacità di difesa, a “proteggere” l’Unione Europea. Come si vede la proiezione esterna e le ambizioni egemoniche dell’operazione sono più che evidenti, a smentire l’utilizzo dell’assai più rassicurante termine “difesa europea”.
Il documento licenziato a Bruxelles infatti elenca una lunga serie di tipologie di interventi militari all’esterno dei confini dell’Unione: dalle operazioni in situazioni definite ad alto rischio in territori circostanti l’Unione Europea, a quelle di ‘stabilizzazione’ a quelle di ‘reazione rapida’, a quelle di sorveglianza e pattugliamento dei confini e dei mari, alle missioni di addestramento di forze militari di altri paesi ecc. Inoltre nel novero delle operazioni che l’Ue si incarica di intraprendere all’esterno dei propri confini vengono incluse quelle svolte da un certo numero di “corpi civili”, ovviamente sempre sotto il controllo dei meccanismi di gestione unitaria del comparto militare (del resto già ampiamente rodati nella gestione dell’interventismo militare europeo nei Balcani negli ultimi decenni).

Il documento evita accuratamente di parlare di ‘esercito europeo’, ma pone comunque l’accento sulla necessità di implementare e utilizzare i cosiddetti “battlegroups”, delle unità di intervento rapido formati da contingenti militari provenienti da vari paesi del continente che rispondano ad un’unica catena di comando svincolata dai singoli paesi. Infatti il piano prevede la formazione di una struttura di coordinamento europeo, un vero e proprio Quartier Generale basato a Bruxelles, incaricato di gestire un numero di missioni, operazioni ed incombenze che si annuncia in rapida crescita. L’organismo, composto di due catene di comando che agiranno di comune intesa – una pienamente militare e l’altra civile – dovrà rispondere direttamente al Comitato Politico e di Sicurezza dell’Unione Europea; non si tratta ancora dello Stato Maggiore Unificato Europeo che Francia, Germania, Italia, Spagna ed altri paesi invocano da tempo, ma poco ci manca.

Il piano europeo afferma che la Nato resta l’organismo incaricato di assicurare la difesa collettiva di tutto gli stati membri, ma che sul fronte della difesa dei cittadini da eventuali minacce esterne – terrorismo, attacchi informatici ed altro – e su quello della protezione dei confini contro l’immigrazione irregolare, la palla passa a organismi comunitari ad hoc. Di qui la conferma della creazione di un’agenzia comune per il controllo delle frontiere e dei flussi migratori e di una Guardia di Frontiera e Costiera continentali.

Per bypassare le resistenze di alcuni paesi e accelerare l’integrazione militare continentale, il piano approvato il 14 novembre, anche in questo caso su iniziativa dei paesi più importanti, prevede l’utilizzo della “Cooperazione strutturata permanente” (Pesco) prevista dal Trattato di Lisbona. Per evitare di attendere che tutti i paesi aderenti all’Ue siano e pronti ad intraprendere lo storico passo, ci si affida ad una cooperazione maggiore tra i paesi immediatamente disponibili nel campo della ricerca militare e tecnologica, dello sviluppo, della produzione e dell’ammodernamento di piattaforme e sistemi militari necessari a consentire all’esercito europeo di svolgere i compiti fissati dal documento approvato. Si sancisce di fatto anche in campo militare – così come già avvenuto in passato sul fronte della moneta unica – la strutturazione di un’Europa a due velocità, con la creazione di due diversi livelli di integrazione. Ovviamente prevedendo che i paesi ‘più lenti’ e ‘meno convinti’ prima o poi dovranno necessariamente adeguarsi al grado di integrazione maggiore i cui tempi e modi verranno dettati dai paesi del “nucleo duro” dell’Unione, cioè Francia e Germania. Un capitolo, questo, che ovviamente riguarda anche gli investimenti nell’industria militare e nel complesso militare-industriale europeo, senza il quale è difficile pensare che il progetto di un esercito continentale indipendente nei confronti di Washington e della Nato possa avere una qualche chance. A coordinare il tutto dovrebbero essere organismi come l’Agenzia di Difesa Europea e il Comitato Militare Europeo, con l’attribuzione anche alla Commissione Europea nella sua interezza e ai singoli commissari di un maggiore potere di indirizzo ed intervento in campo militare oltre che nell’orientamento della spesa e degli investimenti nel settore ‘difesa’. Inoltre il piano licenziato a Bruxelles dal Consiglio Europeo sancisce anche l’inserimento di un capitolo, nel bilancio settennale dell’Ue, dedicato alla spesa militare e alla ricerca tecnologica, oltre che la possibilità per la Banca Europea degli Investimenti di finanziare il complesso militare-industriale europeo.

Come si vede si è ampiamente superato il piano della speculazione politica e dei buoni propositi. Le ambizioni imperialiste ed egemoniche che la borghesia transnazionale europea da tempo coltiva richiedono la rapida realizzazione di strumenti e di meccanismi in grado di difenderle ed imporle nei confronti degli avversari ma anche degli alleati di un tempo, ormai di fatto dei competitori su uno scacchiere globale in cui gli attori dello scontro sono sempre più numerosi e determinati.

Qualche giorno fa, proprio a commento e a sostegno dell’importante passaggio realizzato a Bruxelles, la Ministra della Difesa italiana, Roberta Pinotti, aveva affermato che è ormai “giunto il tempo che l’Europa assuma maggiori responsabilità comuni e una propria capacità nel settore della Difesa”, indipendentemente da quello che farà il futuro presidente degli Stati Uniti Donald Trump. L'Ue dovrebbe "spendere di più e soprattutto spendere meglio. Negli ultimi 10 anni sono stati fatti dei tagli notevoli, senza precedenti, al bilancio della difesa: si sono tagliati a volte anche gli stessi assetti" ha aggiunto la Ministra Pinotti, aggiungendo che "i paesi che hanno ridimensionato (la loro spesa per la difesa, ndr), lo hanno fatto in una prospettiva esclusivamente nazionale". "In Italia, comunque – si è vantata la Ministra della Guerra del governo Renzi -, non si sta più tagliando: c'è una stabilizzazione e anche una ripresa della consapevolezza dell'importanza di investire nella difesa. Ciò detto, riuscire a integrare le nostre risorse nelle eccellenze necessarie per il futuro, che sono molto costose, credo che ci permetterebbe di spendere molto meglio e in modo molto più efficace", ha concluso il ministro.

Alle esplicite dichiarazioni dell’esponente del governo italiano fanno seguite quelle, ancora più nette e di valore strategico, contenute in un intervento del dirigente liberale belga ed europeo Guy Verhofstadt, pubblicato questa mattina sul quotidiano di Confindustria. Senza peli sulla lingua e nonostante alcuni giustificazionismi di ordine ideologico, il rappresentante dell’establishment europeo dichiara apertamente quali devono essere gli obiettivi di una politica militare comune europea che invita a rilanciare con urgenza, rivendicando esplicitamente le pretese egemoniche di Bruxelles su quello che viene considerato il proprio ‘cortile di casa’ – dal Medio Oriente all’Ucraina – in contrapposizione tanto alla Russia quanto agli Stati Uniti. Quella del liberale belga è una dichiarazione programmatica delle ambizioni e delle mire imperialiste dell’Unione Europea che ha ben poco da invidiare a quelle declamate dai neocon statunitensi nei decenni scorsi.

Ovviamente Verhofstadt addebita a Trump la responsabilità di abbandonare l'Ue a sè stessa dal punto di vista militare obbligandola a compiere un passo – l'indipendenza militare – troppe volte rimandato. Ma ovviamente la verità è che Trump potrebbe essere il primo presidente degli Stati Uniti costretto a palesare una inimicizia tra due ex alleati, Usa e Ue, che nel tempo si sono allontanati in virtù proprio della tendenziale inconciliabilità dei rispettivi interessi e della competizione sulle stesse aree di influenza (i riferimenti al Ttip da una parte e alle offese di Victoria Nuland sono nell'intervento di Verhofstadt assai indicative).

Continuare a denunciare e a contrastare il solo imperialismo di Washington, come si ostinano a fare ancora alcune aree della sinistra radicale e non, a questo punto rischia di configurarsi come un oggettivo e irresponsabile sostegno nei confronti delle ambizioni sempre più concrete dell'imperialismo europeo.
 

Marco Santopadre

 

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Perché non è più rinviabile una Difesa comune

di Guy Verhofstadt (Il Sole 24 Ore del 18 novembre 2016)

Donald Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti, un evento che celebra il trionfo del nativismo sull’internazionalismo. Nel confronto tra società aperte e chiuse, le seconde escono palesemente vincitrici, mentre la democrazia liberale si appresta a diventare un movimento di resistenza.

Con Trump alla Casa Bianca, gli Usa diventeranno l’ossessione di se stessi. Ormai si può affermare con certezza che il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti tra gli Stati Uniti e l’Unione europea è destinato al fallimento. Ma la presidenza Trump avrà un impatto negativo sull’Europa per molti altri aspetti. In gioco adesso c’è l’integrità territoriale dell'Ue stessa.

Trump ha detto senza mezzi termini che le sue priorità in politica estera non includono la sicurezza europea. Egli, inoltre, non riconosce la necessità strategica della Nato e ha dimostrato qualche interesse per le relazioni transatlantiche solo alludendo a dei conti in sospeso. Una presidenza Trump determinerà un cambiamento geopolitico di portata epica: per la prima volta dal 1941, l’Europa non potrà contare sull’ombrello difensivo americano e si ritroverà da sola.

L’Europa si è fin troppo crogiolata in un’esistenza facile. Durante il secolo scorso, le relazioni transatlantiche hanno tacitamente obbedito a una dinamica perversa, in base alla quale quanto più gli Usa erano attivi, tanto più l’Europa sonnecchiava. Quando gli Americani sono intervenuti all’estero, come nel caso dell’Iraq, l’Europa ha risposto con pompose prediche sull’ingerenza imperialista. E quando gli americani non sono riusciti a intervenire, o l’hanno fatto in ritardo o in modo inefficace, come in Siria e Libia, gli europei hanno invocato più leadership americana.

Quell’epoca è ormai finita. Trump sa che l’Ue ha i fondi, la tecnologia e le competenze necessarie per essere una potenza globale al pari degli Usa, e non è un suo problema che le manchi la volontà politica di sfruttare appieno il proprio potenziale.

Per troppo tempo noi europei abbiamo dato per scontato che è più economico e sicuro lasciare che gli Stati Uniti ci tolgano le castagne dal fuoco, anche quando i problemi sono in casa nostra. Con l’elezione di Trump (e considerato il discutibile retaggio dell’America in politica estera), dobbiamo abbandonare questa convinzione.

L’Ue dovrebbe interpretare l’elezione di Trump come una chiamata a riprendere in mano le redini del proprio destino. Conflitti quali la sanguinosa guerra civile in Siria e l’annessione della Crimea o l’intervento nell’Ucraina orientale da parte della Russia hanno un impatto diretto sulla sicurezza, le economie e le società degli stati membri dell’Ue. Eppure, finora sono stati i russi e gli americani, anziché gli europei, a determinare il destino dell’Ucraina, così come quello di altre zone di confine europee. L’Ue, pertanto, ha abdicato al controllo ultimo della propria sicurezza, rapporti commerciali e flussi migratori.

Nel 2014 è stata intercettata e postata sul web un’eloquente conversazione tra il vicesegretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici Victoria Nuland e l’ex ambasciatore americano in Ucraina Geoffrey Pyatt. Parlando della risposta Usa in Ucraina – dopo che l’ex presidente ucraino Viktor Yanukovych era fuggito in Russia – Nuland dice, «L’Ue? Si fotta». Questo è un atteggiamento che l’Europa ha consentito, e se è già grave che un funzionario dell’amministrazione Obama abbia espresso un pensiero simile, si può solo immaginare cosa succederà con Trump, che potrebbe non prendersi neppure la briga di nominare un funzionario per gli affari europei ed eurasiatici.

Ecco perché l’Ue non può più rimandare la creazione di una propria Comunità europea di difesa e lo sviluppo di una propria strategia di sicurezza. Il primo intervento dovrebbe puntare a snellire ed espandere i rapporti bilaterali e regionali, non da ultimo con e tra i paesi baltici e scandinavi, nonché tra Belgio e Paesi Bassi, e Germania e Francia. Tutte queste relazioni eterogenee vanno riunite sotto un unico comando europeo, finanziato da fondi comuni e con un sistema di approvvigionamento condiviso d

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