IL RUOLO DELLA GERMANIA NELLA DISTRUZIONE DELLA JUGOSLAVIA

[l'articolo, di Rudiger G�bel, � comparso sui Marxistische Bl�tter -
Fogli marxisti - del marzo 1995]

Fonte:
> http://marx2001.org/nuovaunita/jugo/opuscolo/index.htm
> http://www.marx2001.org/crj/opuscolo.zip

Secondo la propaganda occidentale, la convivenza dei popoli della
Jugoslavia era stata imposta attraverso la repressione di Stato sotto
il "regime monopartitico", perci� lo sfascio ed i conflitti armati
erano inevitabili con la crisi del sistema socialista. Questa tesi �
priva di qualsivoglia fondamento. Viceversa: la Jugoslavia si form�
dopo la II Guerra Mondiale come unione libera e volontaria di tutte le
popolazioni. La guerra civile � iniziata in seguito alla divisione del
paese nel 1991/'92.

La crisi della Jugoslavia e la conseguente guerra civile nella ex
Bosnia-Erzegovina certo non si lasciano spiegare soltanto adducendo la
politica interventista degli Stati imperialisti, e da sola la spinta al
riconoscimento di Croazia e Slovenia da parte della diplomazia tedesca
non � certo ragione e cagione dello smembramento della Jugoslavia (1).
Tuttavia essa ha esercitato un influsso determinante per lo scoppio
della crisi e l'escalation di questi giorni, rendendo i problemi
connessi davvero irrisolvibili. Gli interessi perseguiti in questo caso
non sono cos� univocamente riconoscibili come ad es. nella guerra
contro l'Iraq. Gli Stati imperialisti perseguono chiaramente molteplici
obiettivi, in parte persino differenti. Erano tutti d'accordo sulla
necessit� di farla finita, anche in Jugoslavia, con i resti di una
societ� socialista, e sulla cancellazione del paese in quanto soggetto
autonomo nello scenario internazionale. Tutti gli Stati hanno ora la
possibilit� di avere un'influenza la pi� grande e diretta possibile
sugli avvenimenti dei Balcani.

Gli interessi pi� facili da riconoscere sono quelli dell'imperialismo
tedesco, che si riallaccia immediatamente alla sua politica per
l'Europa del Sudest dalla seconda met� del XIX secolo sino al 1945.
Proprio come allora, questo guarda ai Balcani come al suo
naturale "cortile" e ponte verso la Turchia e pi� avanti, fino al Medio
Oriente. Pertanto si � potuto riportare in vita il tradizionale
stereotipo dei "Serbi assetati di sangue", utile a sostegno della
politica estera tedesca.



GERMANIA - LA POTENZA CENTRALE D'EUROPA

Lo storico conservatore e biografo di Adenauer Hans-Peter Schwarz apre
il suo ultimo lavoro sul ruolo della Germania in quanto "potenza
centrale d'Europa" con la considerazione che tra le grandi svolte della
storia tedesca � da annoverare il 1 Settembre 1994, giorno della
partenza delle ultime unit� russe dalla Germania. "Con ci� un'epoca,
iniziata mezzo secolo prima, volge alla fine" (2). Cosicch�, quattro
anni dopo l'annessione della RDT, la RFT � di nuovo tre cose in una: �
uno Stato nazionale, � una grande potenza europea ed � la potenza
centrale d'Europa. "Perch� esiste un solo paese che, grazie alla sua
posizione geografica, alle sue potenzialit� economiche ed alla sua
influenza culturale, grazie alle sue dimensioni ed ancora grazie al
dinamismo di cui dispone pu� sentire il compito di una potenza
centrale - e questo � proprio la Germania" (3). La Germania � gi� una
grande potenza europea. Ma poich� il concetto di "grande potenza"
risveglia il ricordo di sfrenata politica egemonica, guerra ed
annientamento, Schwarz propone il nuovo concetto di "potenza centrale
d'Europa" - che vuol dire la stessa cosa.

E puntualmente, proprio il giorno della grande svolta, 1 Settembre
1994, il leader della frazione CDU/CSU Wolfgang Sch�uble insieme con il
portavoce per la politica estera del gruppo parlamentale, Lamers, hanno
pubblicato un documento strategico contenente "Riflessioni sulla
politica europea". Ivi sono formulati gli obiettivi della nuova
politica tedesca da grande potenza - proprio nello stesso senso di
Schwarz - e ci si pronunzia a favore della costruzione di un "nocciolo
duro europeo" comprendente Germania, Francia e gli Stati del Benelux
come nocciolo, mentre Germania e Francia sarebbero il "nocciolo del
nocciolo duro" - con l'intenzione di risorgere finalmente dopo quasi 50
anni d'astinenza come potenza ordinatrice nel continente. Di fianco
alla "stabilizzazione dell'Est" Sch�uble e Lamers citano l'accesso allo
spazio mediterraneo e lo sviluppo di una partnership strategica con la
Turchia come ulteriori obiettivi strategici.

Il loro testo di 14 pagine pu� essere considerato come abbozzo
strategico di base per il salto della RFT a potenza mondiale. I suoi
autori ritengono che il paese sia destinato a diventare una grande
potenza "in base alla sua posizione geografica, alle sue dimensioni ed
alla sua storia". E se la Francia e gli Stati del Benelux non dovessero
essere d'accordo sulla costruzione del nocciolo europeo, la RFT
potrebbe "essere tentata, in base a considerazioni sulla propria
sicurezza, di effettuare da sola la stabilizzazione dell'Europa
orientale, nella maniera tradizionale" (4). Le "tradizionali"
risistemazioni tedesche dell'Est in questo secolo hanno causato al
mondo per due volte milioni di morti ed anni di oppressione e
distruzione bellica.

Per le loro tesi sull'"Europa del nocciolo duro" Sch�uble e Lamers
hanno trovato sostegno nel portavoce della direzione della Deutsche
Bank, Hilmar Kopper, che nell'edizione domenicale della FAZ
[Frankfurter Allgemeine Zeitung, il pi� influente quotidiano tedesco,
legato all'apparato industriale-finanziario, ndt] rendeva noto che nel
documento della Unione era stato detto solamente ci� che tutti in
effetti gi� "pensavano, sapevano o temevano". Nello stesso tempo il
presidente della Bundesbank, Hans Tietmeyer, riproponeva alla
discussione il concetto dei "cerchi concentrici", relativamente al
futuro della politica europea della Germania (5).

In conclusione del turno di presidenza tedesco della UE il governo
Kohl, in occasione del vertice di Essen del Dicembre '94, decideva
un "approccio strategico" per gli Stati dell'Europa orientale, mirante
all'estensione ad Est dell'Unione Europea - attualmente la Polonia, la
Repubblica Ceca, la Slovacchia, l'Ungheria, la Romania e la Bulgaria
sono associati all'Unione, mentre con gli Stati Baltici e la Slovenia
si preparano i relativi accordi. Sar� innanzitutto la RFT a trarre
profitto dall'allargamento della Unione, visto che il 50 per cento
degli scambi commerciali della UE con l'Europa dell'Est toccano alla
RFT. Pertanto l'Est � visto come "campo d'azione della politica estera
tedesca".



LA FINE DEL BLOCCO DELL'IMPERIALISMO TEDESCO

Con la fine della contrapposizione Est-Ovest e lo scioglimento
dell'Unione Sovietica, dopo circa 50 anni di interdizione in politica
estera nella RFT si discute apertamente delle ambizioni politiche da
grande potenza in direzione Est, e si passa anche alle azioni concrete.
Il riconoscimento di Croazia e Slovenia nel Dicembre 1991 - contro gli
intendimenti degli alleati occidentali - doveva dimostrare a tutti il
ritorno della Germania nella sua posizione di potenza mondiale a tutti
gli effetti. I vecchi piani di pressione verso Est poterono esser
nuovamente tirati fuori dal cassetto.

Gi� Friedrich Naumann sapeva bene che la costruzione di uno spazio
d'influenza economica sarebbe stata possibile solo sfruttando le
tendenze indipendentiste di parte dei Cechi, degli Slovacchi, dei
Croati, degli Sloveni e cos� via. A lui parevano essenziali due
elementi chiave: l'unione economica dell'Europa centrale e gli "Stati
del nocciolo mitteleuropeo" (6). Al presente questi due elementi chiave
sotto un certo punto di vista sono l'Unione Europea ed i gi� esposti
pensieri sugli Stati del nocciolo duro, attraverso i quali si
perseguirebbe una estensione ulteriore dell'egemonia tedesca. Dopo il
1945 tutto questo non era ancora stato possibile. La "'Mitteleuropa'
appariva come pallida immagine di una storia irriproponibile" (7).

Il pensiero di una "Mitteleuropa" torn� in auge solamente negli
anni '70 ed '80 - esso doveva essere usato solo in funzione della
destabilizzazione degli Stati del blocco dell'Est. La "Mitteleuropa" fu
invocata dagli intellettuali ungheresi, croati e polacchi tanto
apprezzati qui in Occidente, poich� d'opposizione, a partire dalla met�
degli anni '80. A ci� aveva contribuito l'allora Vicepresidente degli
USA, George Bush, che nel Settembre 1983 dopo un viaggio in Jugoslavia,
Romania ed Ungheria tenne una conferenza nella Hofburg viennese,
proclamandosi a favore di una politica della differenziazione
regionale, allo scopo di favorire l'indipendenza di questi Stati - gi�
allora quindi la sovranit� jugoslava era messa apertamente in
questione. Il concetto per mezzo del quale egli identificava questa
regione - Ungheria, Slovenia, Croazia, Cecoslovacchia, Polonia, ecc. -
era espresso dalla parola tedesca "Mitteleuropa" (8). Tra gli
intellettuali di quell'area "Mitteleuropa" divenne cos� una specie di
parola in codice che doveva segnalare che si sentivano parte della
cultura politica dell'Ovest.

Nel 1991 veniva pubblicato un discorso, nel quale si dava rilievo al
ruolo della Germania per il futuro. "Se le difficolt� dell'unificazione
verranno superate - tra cinque, dieci o venticinque anni - la Germania
non eluder� affatto la penetrazione economica dell'Europa orientale, e
probabilmente le toccher� su questa strada di arrivare a ci� che il
Terzo Reich con alcune centinaia di divisioni non aveva raggiunto - il
predominio su quelle aree estese a perdita d'occhio tra Weichsel, Bug,
Dnjepr e Don". Questa la predizione dell'editore conservatore Wolf
Jobst Siedler. E per di pi� questi sosteneva che la Germania sarebbe
nuovamente la potenza egemone di tutta la Mitteleuropa: "essa sar� per
i Cecoslovacchi, per gli Ungheresi ed in parte anche per i Polacchi la
potenza-guida" (9).

"Per lungo tempo in Europa orientale non ci sar� pi� di fatto alcuno
Stato veramente sovrano; tutti, chi pi� chi meno, si dovranno inchinare
dinanzi al dettato del Leviatano germanico. No, la futura, gi� avviata
germanizzazione dell'Europa orientale non avverr� pi� per mezzo della
guerra e della violenza, bens� sar� una versione allargata
della 'Mitteleuropa' concepita nei primi decenni di questo secolo da
Friedrich Naumann, una specie di costruzione k.u.k. ingrandita
[kaiserlich und k�niglich - imperiale e reale, detto dell'Impero
Austroungarico, ndt]", secondo il pubblicista spagnolo Heleno Sa�a nel
suo libro "Il quarto Reich - la vittoria ritardata della Germania"
(10).

I rapporti economici con la Polonia, la Repubblica Ceca, la Slovacchia,
l'Ungheria, la Bulgaria e la Slovenia gi� oggi riportano al modello
degli anni '30: con bilanci commerciali asimmetrici, a favore della
RFT, che rappresenta in questa area l'effettiva potenza economica,
insieme alla Francia. Il consulente imprenditoriale tedesco Roland
Berger ha descritto il ruolo della Germania proprio nel senso della
politica dei "cerchi concentrici", di intensit� e pressione economica
via via minore, in una intervista allo Spiegel nel 1992: "I tedeschi
dovrebbero rendersi conto della propria forza ed innanzitutto lasciar
stare ci� che altri gi� possono (perdipi� con minori costi). (...) Noi
siamo forti in tutti i lavori ad alta intensit� di sapere ed in quelli
creativi, nell'inventare, nello sviluppare, nel costruire, nella
realizzazione di parti essenziali e prodotti tecnologici
all'avanguardia. (...) Il nostro futuro in quanto paese industriale �
quello di un cervello del sistema, non quello d'un produttore di
profilati in alluminio o d'un sarto di camicie. (...) Il mercato
mondiale diviene unitario, pertanto dobbiamo riorganizzare la divisione
del lavoro tra i vari paesi, secondo il motto: il know-how in Germania,
pi� componenti da fuori ed assemblaggio sul posto (dentro o fuori il
paese)" (11).



L'INTERVENTO DELLA RFT NELLA GUERRA CIVILE JUGOSLAVA

Negli ultimi anni uno slogan essenziale della politica tedesca riguardo
l'attuazione dei suoi interessi in Europa orientale e meridionale �
stato quello del "diritto all'autodeterminazione dei popoli". Con
questo la RFT cerca di ricollegarsi ai conflitti esistenti tra gruppi
di diversa lingua o Weltanschauung all'interno di uno stesso Stato o di
una Federazione di Stati. Conflitti, che riportano pi� che altro a
problemi e diseguaglianze di tipo economico - diverso livello di
sviluppo tecnico o industriale, mancanza di beni di consumo, ecc. -,
sono esplicitati per il loro carattere etnico (la "etnicizzazione del
sociale"). Cos� � stato ad es. per le Repubbliche baltiche della ex
Unione Sovietica o per le Repubbliche slovena e croata all'interno
dello Stato federale jugoslavo, che pure avevano una posizione
economica privilegiata. "La politica della RFT si riallaccia a queste
contraddizioni interne dei paesi, con l'obiettivo della frammentazione
o della riduzione dello Stato o Federazione, oppure con l'obiettivo
della cancellazione o separazione della parte in questione dalla
Federazione di Stati" (12). Questo tuttavia soltanto allo scopo di
portare le parti distaccate verso la dipendenza economica e politica.

Possiamo attualizzare meglio le riflessioni che fanno da sfondo
riferendoci forse alla teoria "dell'arancia" di Paul Rohrbach, politico
del colonialismo: essa intendeva portare l'Impero russo a sciogliersi
nelle sue varie componenti, o perlomeno ridurlo in parti controllabili
dalla Germania; l'Impero degli Zar, secondo Rohrbach, era scomponibile
nelle sue varie parti come un'arancia - se si suddivide abilmente
un'arancia non si ottiene un insieme caotico inutilizzabile, n�
distruzione, bens� i vari spicchi restano intatti ed appetibili (13).
Dietro la politica della RFT di sconvolgere la Jugoslavia tramite "il
piede di porco (...) del riconoscimento di Croazia e Slovenia" (14) nel
Dicembre 1991 non c'� nient'altro che l'antica tattica del divide et
impera - niente a che vedere con l'"umanit�", i "diritti umani" o
il "diritto all'autodeterminazione dei popoli".

A Slovenia e Croazia era assegnata una particolare e specifica funzione
nel mercato interno della Jugoslavia. Lo standard di vita di queste
regioni industrializzate era pi� alto che in qualunque altra parte
della Federazione jugoslava. Mentre durante la crisi politico-economica
degli anni '80 lo sviluppo era in stagnazione, i rapporti di scambio
con le Repubbliche pi� povere avuti fino allora furono percepiti
come "zavorra" e si cercarono prospettive nell'annessione al mercato
CEE o a quello mondiale.

Che la strada di Slovenia e Croazia verso la "autodeterminazione"
avrebbe portato alla rovina lo avevano pronosticato gi� il FMI e la
Banca Mondiale nell'estate del 1991. Il Vicepresidente della Banca
Mondiale, Wapenhans, aveva detto allora: "Secondo la nostra opinione
non sussiste alcun dubbio sul fatto che nessuna delle parti componenti
la Jugoslavia trarr� profitto dallo sfascio della Jugoslavia o della
sua economia nel breve e medio periodo" (15). In tale maniera egli
ammetteva indirettamente che con la salvaguardia della Federazione e
del mercato interno jugoslavo era s� dato un fondamento per la
sopravvivenza anche di Croazia e Slovenia, piuttosto che con uno status
slegato da questa base comune - cio� l'"indipendenza", che sfocia per
forza di cose nel legame con l'area tedesco-europea.

Sicuramente esiste anche una continuit� storica, che ha determinato la
spinta e l'appoggio di una grande parte della popolazione slovena e
croata alla svolta verso la Germania. L'antico legame nella "divisione
del lavoro" con l'economia globale tedesco-imperiale e pantedesca �
rimasta nella coscienza di parte di quelle popolazioni come un fatto
positivo. L'odierno Presidente croato Tudjman pot� trovare parecchi
sostenitori promettendo che alla separazione dalla Federazione
jugoslava sarebbe conseguito l'"appoggio" della Comunit� Europea, ed in
particolare della vecchia amica Germania. Gli slogan anticomunisti
hanno fatto il resto.

Il giornalista americano John Newhouse aveva reso noto sulla rivista
The New Jorker dell'agosto 1992 che "Genscher era stato quotidianamente
in contatto col Ministro degli Esteri croato. Egli incitava i Croati ad
abbandonare la Federazione e a dichiarare l'indipendenza" (16). E
questo bench� i leader politici della Bosnia premessero sulle potenze
occidentali perch� si ritirasse il riconoscimento di Slovenia e
Croazia, altrimenti sarebbero stati costretti essi stessi a chiedere
l'indipendenza. La loro sicurezza, dicevano, era fondata sull'esser
parte di uno Stato multinazionale (17).

Nel Novembre 1991 il Presidente bosniaco Izetbegovic' aveva fatto
visita al Ministero degli Esteri di Bonn. Egli si opponeva alla
politica dei riconoscimenti, poich� era convinto che questa
avrebbe "invitato" Serbia e Croazia ad aggredire la Bosnia, con la
conseguenza di un inimmaginabile bagno di sangue. Anche l'Ambasciatore
tedesco a Belgrado considerava il riconoscimento come una cattiva idea
ed aveva fornito ad Izetbegovic' argomenti per il suo colloquio con
Genscher, ci informa Newhouse (18). Ci� che ad Izetbegovic' fu promesso
da Genscher non ci � ancora dato di sapere: fatto sta che, dopo il
colloquio, egli aveva ripiegato dalla sua iniziale posizione apprensiva.

(1/2 continua)

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