Intervento di Vladimir Kapuralin (Partito Socialista Operaio -SRP-, Croazia) al convegno tenuto nel XX Anniversario della aggressione NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia

Bologna, sabato 6 aprile 2019
presso il Centro Katia Bertasi, via A. Fioravanti 22

BOMBE SU BELGRADO: VENT'ANNI DOPO
all'origine delle guerre umanitarie


 

Cari amici
Permettetemi innanzitutto di ringraziare gli organizzatori di questo incontro per l'iniziativa lodevole e l'onore che mi è stato offerto e di congratularmi con tutti voi come amici perché, sulla base dell'entusiasmo con cui ci siamo riuniti qui, sono convinto che lo siamo. In effetti, un numero significativo di istituzioni e individui noti e meno noti, in tutto il mondo, nei limiti delle loro capacità, stanno facendo oggi ciò che facciamo noi, con approccio critico e argomentando sulla condanna degli eventi brutali iniziati due decenni fa.
Negli ultimi venti anni, un numero impressionante di persone altamente competenti e con profili diversi, che coprono un vasto campo delle attività umane, hanno analizzato gli eventi che ricordiamo oggi e hanno pronunciato il loro giudizio su di essi. Anche se conosciamo tutti i dettagli, alcune cose devono essere ripetute in questo modo oggi e in futuro, perché non devono essere dimenticate.
Ci sono diversi motivi che ci obbligano a non dimenticare. Prima di tutto e soprattutto, la pietà per le vittime civili innocenti che hanno perso la vita, o sono state ferite o altrimenti danneggiate durante l'aggressione. C'erano uomini, donne, bambini, anziani, sani e malati, in altre parole, tutti quelli che gli aggressori, cioè gli assassini, definiscono "vittime collaterali" e che non sono militari. La seconda ragione è il dovere della civiltà di condannare i crimini e coloro che li hanno commessi.
L'aggressione, perpetrata dalla cosiddetta "comunità internazionale" cioè, di fatto, dai 19 paesi più ricchi del mondo guidati dalla NATO e dagli Stati Uniti nella primavera del 1999 ai danni della RF di Jugoslavia, nella sua essenza è un classico esempio di guerra di conquista territoriale. Quella guerra era solo una continuazione dei processi politici e sociali sconvolgenti degli anni '90 del secolo scorso, il cui obiettivo economico era la penetrazione di grandi capitali a est, la conquista di nuovi mercati, l'acquisizione di risorse, infrastrutture e basi finanziarie sulle aree appena conquistate. La comunità internazionale, cioè in effetti il gruppo dei paesi più ricchi del mondo, guidato dagli Stati Uniti, ha conquistato un nuovo lebensraum su cui ha installato il suo dominio in conformità con le regole del Nuovo Ordine Mondiale. Questa punizione è stata eseguita in modo molto approfondito e completo, commettendo un crimine contro le persone, le cose e l'ambiente, ed è ancora presente oggi.
Ci sono alcuni dettagli che rendono questa aggressione un evento politico-militare senza precedenti nella storia recente. Oltre alla guerra per il dominio del centro sviluppato contro la periferia sottosviluppata e la penetrazione al est, quello fu un periodo in cui, dopo la fine della Guerra Fredda e l'abolizione del Patto di Varsavia, la NATO cercò una formula che giustificasse la sua sopravvivenza. In questa ricerca, la NATO si è allontanata dalle regole che si era posta al momento della sua fondazione, quando si autodefinì come alleanza militare il cui compito era proteggere gli Stati membri del Patto Atlantico da ogni aggressione dall'esterno. Con la aggressione alla RF di Jugoslavia, la NATO non solo è uscita dai suoi confini geografici, ma invece del ruolo difensivo ha sferrato un assalto contro uno Stato sovrano che non aveva minacciato l'Alleanza, contro tutte le norme giuridiche internazionali e senza l'approvazione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Con questo precedente, nove anni dopo, dallo Stato della Serbia essa ha strappato parte del territorio, non solo contravvenendo a tutte le norme giuridiche internazionali ma anche infrangendo la Risoluzione n.1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La più grande base militare americana in quella parte d'Europa è stata installata nel protettorato del Kosovo e Metohija, con la funzione di un trampolino di lancio verso il bacino del Caspio, in direzione dell'accerchiamento della Russia e della Cina.
Il bombardamento, durato 78 giorni, è stato fermato il 10 giugno, ma l'aggressione è ancora in corso. Viene condotta però con altri mezzi più sofisticati, attraverso la pressione, la persuasione, o l'umiliazione aperta e l'insulto alle vittime. L'anno scorso la NATO ha pubblicato informazioni ufficiali secondo cui l'uso di munizioni all'uranio impoverito non sarebbe "pericoloso per la salute umana", nonostante il fatto che un gran numero di membri dell'esercito che hanno maneggiato quelle munizioni siano morti a seguito delle conseguenze della contaminazione. Questa affermazione, oltre che una beffa verso la scienza e la mente sana, è un insulto a tutte le vittime contaminate. Nel 2010, l'ambasciatore tedesco a Belgrado ha inviato critiche alle autorità in Serbia, perché per gli eventi del 1999 avevano usato la definizione di "bombardamento NATO" che potrebbe causare connotazioni negative nei confronti della NATO nelle giovani generazioni. Costui ritiene che in Serbia, quando ci si interroga in merito a questi eventi, si dovrebbe spiegare "che il bombardamento era giusto". L'ambasciatore sostiene questa tesi con un paragone che è comprensibile a lui solamente: dice che quando guardava da giovane le rovine della Germania dopo la guerra "non odiava quelli che lo avevano fatto perché c'era chi poteva spiegargli perché era stato fatto".
Inoltre, è umiliante il tentativo di coinvolgere la Serbia nella NATO, per servire i suoi torturatori.
Nonostante tutti gli aspetti specifici, non possiamo parlare della crisi e delle aggressioni jugoslave come caso isolato. La aggressione alla RF di Jugoslavia, la guerra in Afghanistan, in Iraq, Libia, Yemen, Siria, le violenze in Ucraina, in Venezuela... fanno parte dello stesso piano imperiale, concepito da un centro del male e realizzato da una stessa squadra con piccole varianti. Pertanto, la lotta a questi fenomeni non può essere gestita in modo frammentario: dobbiamo condurla insieme, uniti su scala globale.
Il gruppo dei paesi aggressori guidato dagli Stati Uniti non ha risolto il problema, ma lo ha approfondito: oggi ogni soluzione equa è molto più distante di venti anni fa, e possiamo applicare pienamente l'affermazione di Albert Einstein secondo cui nessun problema può essere risolto allo stesso livello di coscienza da cui è sorto.
Questo apre molte interrogativi. Come può l'umanità, al livello della civiltà odierna, soffrire e tollerare tanta violenza o distogliere la testa da essa. Forse ciò significa che lo sviluppo evolutivo della coscienza umana non ha seguito il ritmo dello sviluppo delle abilità e delle facoltà e tratti dell'essere umano. Quello che sappiamo è che il livello di consapevolezza di oggi è inferiore di quello che c'era agli inizi del 20° secolo.
Voglio credere che tutti noi qui presenti, ma anche molti altri che condividono le nostre azioni, siamo in grado di superare questo stato entropico.
La lotta contro la violenza e per la libertà dei popoli continua.

 


 

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