IL TERRORISMO DEI SEPARATISTI ALBANESI IN KOSOVO E METOHIJA

di Rade Drobac

Febbraio 1999
Fonte: ARTEL GEOPOLITIKA - www.artel.co.yu

La situazione attuale in Kosovo e Metohija dimostra assai chiaramente i veri scopi dei separatisti e terroristi albanesi e conferma in totale il contenuto di questo testo scritto nel febbraio 1999, poco prima l'aggressione della NATO contro la Jugoslavia, precisamente per supportare questi stessi separatisti e terroristi.


Benché l'attività terrorista dei separatisti albanesi in Kosovo e Metohija si sia manifestata sotto la sua forma estremista armata, e a scala massiccia, all'inizio del 1998 (raid contro le forze di sicurezza nei villaggi di Luzane e Likosane, nel febbraio 1998), le sue radici sono ben più vecchie, benché il suo scopo strategico resta lo stesso: la creazione della "Grande Albania", dello stato etnicamente puro, dello stato nazionale esplicitamente di tutti gli Albanesi.
Il terrorismo albanese in Kosovo e Metohija è basato sul concetto politico che comanda l'espulsione con la forza e le minacce della popolazione non-albanese, soprattutto Serbi e Montenegrini, alfine di assicurarsi la maggioranza nella struttura nazionale della popolazione, e di farne la base delle rivendicazioni in vista del controllo politico su questo territorio e dell'annessione nella cosiddetta "Grande Albania", prima di incorporare egualmente delle parti dei territori d'altri stati vicini - la Macedonia e la Grecia.

 

Le radici e la continuità del separatismo e del terrorismo albanese

Gli assassinii, le persecuzioni e le aggressioni alle popolazioni serbe e montenegrine risalgono ai tempi della dominazione dell'Impero Ottomano. Si approfittava della prevalenza della popolazione albanese sul posto, del fatto d'avere accettato l'Islam, godendo di uno statuto privilegiato presso i Turchi e si dedicavano impunemente al terrore contro la popolazione cristiana, i Serbi e i Montenegrini. Questa violenza era diretta dai pashà e dai signorotti locali.
Dopo la liberazione della Serbia e del Montenegro dall'occupazione turca, alla fine del XIX.mo secolo, gli atti di violenza si ridussero, ma non cessarono mai. Durante la Prima Guerra mondiale, che afflisse pesantemente la Serbia (un terzo della sua popolazione vi perì in combattimento o in altro modo), i separatisti e i terroristi albanesi ne approfittarono per rinnovare e intensificare gli atti di terrore e violenza contro la popolazione serba e montenegrina. La storia nota come un fatto particolarmente crudele, lo sterminio massiccio dei soldati serbi, per inedia, fame e freddo nel 1916, mentre l'esercito serbo attraversava le montagne del Kosovo, Metohija e Albania, durante la ritirata verso la Grecia.
Dopo la fine della Prima Guerra mondiale, nel periodo 1919-1924, crimini terroristici furono perpetrati attraverso il territorio della Provincia del Kosovo e Metohija dal cosiddetto "Movimento dei katchak" - un movimento che amalgamava la politica con il banditismo e la violenza.
Ora, il Regno di Jugoslavia sconfisse in vent'anni, il terrorismo e il banditismo albanese, affinché non potesse provocare effetti negativi maggiori.
Il terrorismo albanese dei "Katchak", d'una portata più importante e con delle conseguenze quasi tragiche per i Serbi, i Montenegrini e le altre comunità attraverso il Kosovo e Metohija, rinacque sotto l'ala dell'Italia fascista, appena dopo l'occupazione dell'Albania nell'aprile 1939. Le irruzioni delle bande dei criminali dall'Albania al Kosovo e Metohija, nonostante le obbligazioni che il governo italiano aveva in termini del trattato intergovernativo, sia di rispettare l'integrità della Jugoslavia, che servivano a provocare dei conflitti armati e a preparare il terreno per le conquiste fasciste successive e per la frammentazione della Jugoslavia. Dopo la breve guerra d'Aprile (abbreviata con il bombardamento di Belgrado dalla Germania fascista il 6 aprile 1941), e precedente l'accordo dei ministri degli affari esteri della Germania e dell'Italia (Vienna, 21-24 aprile 1941), il dittatore italiano B. Mussolini promosse ufficialmente il 29 luglio dello stesso anno, "la Grande Albania" cui furono annesse delle regioni della parte orientale del Montenegro, del Kosovo e Metohija, della parte occidentale della Macedonia, e una parte dell'Epiro greco. Così, con l'aiuto delle potenze fasciste si vide la realizzazione della "Grande Albania", una creazione collaborazionista e chauvinista per il suo carattere - il sogno dei separatisti e terroristi albanesi, anche oggi.
Sotto gli auspici dell'Italia fascista, con il suo aiuto, e durante tre anni d'occupazione, i separatisti e terroristi albanesi in Kosovo e Metohija hanno ucciso circa 10.000 Serbi e Montenegrini, hanno incendiato e raso al suolo circa 30.000 abitazioni e espulso 60/70.000 Serbi e Montenegrini. Nello stesso periodo, più di 100.000 Albanesi d'Albania s'installarono sulle proprietà dei Serbi e Montenegrini espulsi.
Alla capitolazione dell'Italia, settembre 1943, i terroristi albanesi ricevettero un nuovo mentore - la Germania fascista, con la speranza che fosse essa a salvaguardare i loro interessi. La marcia vittoriosa delle potenze alleate, scatenate dalla metà del 1944, nel quadro in cui l'Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia apportò un contributo significativo, grazie al fatto d'avere liberato essa stessa il proprio stato, spezza definitivamente il III Reich nazista. A partire da quel momento e fino alla disfatta definitiva della Germania, i terroristi albanesi, valletti fedeli del fascismo, assicuravano la protezione dell'esercito tedesco che si ritirava dalla Grecia passando per il Kosovo e Metohija. Dopo l'evacuazione dei tedeschi, i resti delle unità delle bande di terroristi e i separatisti albanesi restavano in Kosovo e Metohija, non rinunciando all'idea e alla loro volontà di perseguire la lotta per l'instaurazione della frontiera etnica dell'Albania.
L'Armata Popolare di Liberazione Nazionale della Jugoslavia vinse, fin al maggio 1945 - data della capitolazione della Germania - il grosso delle formazioni di
banditi e proseguì la lotta contro i resti dei terroristi - i "balisti" - nelle foreste del Kosovo e Metohija, per un certo periodo nel dopoguerra.
Poco dopo la Seconda guerra mondiale, e grazie al clima favorevole nelle relazioni della Jugoslavia nuova e dell'Albania, circa 200.000 Albanesi d'Albania s'installarono in Kosovo e Metohija, mentre allo stesso tempo i Serbi e i Montenegrini espulsi durante l'occupazione italiana si videro interdire per legge il ritorno alle loro proprietà rispettive.
(...)

 

Il separatismo e il terrorismo albanese, in funzione della disintegrazione dell'ex Jugoslavia

Un nuovo incoraggiamento del movimento nazional-separatista e terrorista albanese, data dalla fine degli anni '80 e dall'inizio degli anni '90. L'autonomia emancipata di cui godeva la Provincia, che comprendeva egualmente degli elementi dello statuto federale e confederale (rappresentazione diretta a livello della Federazione, benché parte integrante della Serbia, autonomia decisionale sulla quasi totalità degli affari senza consultazioni con la Repubblica-madre e senza possibilità per la Serbia, la Repubblica-madre, di contestarli, il potere assoluto nel campo giuridico, esecutivo e altri) non bastavano all'epoca; l'obiettivo dei separatisti albanesi in Kosovo e Metohija erano stati e rimanevano il potere e l'indipendenza assoluta. Nel processo della disintegrazione violenta dell'ex Jugoslavia, i separatisti albanesi erano patrocinati dalle direzioni politiche identiche nelle Repubbliche dell'ex Jugoslavia che si separarono (Slovenia, Croazia, Bosnia-Herzegovina e Macedonia).
All'inizio, i nazionalisti-separatisti tentarono di completare i loro scopi separatisti con l'incitazione di manifestazioni massicce di Albanesi, con scioperi (di minatori, dei servizi pubblici), il sabotaggio e altre azioni del genere effettuate con lo slogan: "Kosovo-Repubblica". Tale slogan articolava il primo stadio del programma dei nazionalisti grande-albanesi, poiché l'ottenimento dello statuto di Repubblica permetteva la secessione secondo il modello applicato dalla Slovenia, dalla Croazia, dalla Bosnia-Herzegovina e dalla Macedonia. Si dissimulava un obiettivo secessionista - la separazione per tappe dalla Serbia e dalla Jugoslavia e l'integrazione con l'Albania. Durante le sommosse all'interno del Kosovo e Metohija, nel 1991, i nazionalisti-separatisti votano e proclamano anticonstituzionalmente e nell'illegalità la Repubblica del "Kosovo" (la cosiddetta Costituzione di Kacanik) con l'appoggio e l'aiuto dissimulato dei loro nuovi tutori - del milieu particolare della comunità internazionale, gli stessi che avevano sostenuto la disintegrazione dell'ex Jugoslavia. Il disegno è chiaro - creare delle strutture statali parallele che dovevano permettere, con l'assistenza delle potenze straniere che gli erano favorevoli, l'internazionalizzazione della questione del Kosovo e Metohija allo scopo di assicurare una legittimità politica internazionale e l'apertura del processo di secessione della Serbia e della Jugoslavia.
La radicalizzazione, quasi la ripresa del terrorismo, come mezzo di realizzazione degli obiettivi politici dei separatisti albanesi in Kosovo e Métohija, s'inscrive dal 1992, nel quadro dell'Alleanza democratica del Kosovo. È stato stabilito che gli aderenti della struttura autoproclamata come "Ministero della difesa e lo stato maggiore della Repubblica del Kosovo" operavano secondo le istruzioni e gli ordini del leader dell'Alleanza democratica del Kosovo, Anton Kolja, e del ministro della difesa di uno stato straniero, l'Albania all'occorrenza - il generale Safet Zullallia, all'epoca.
Simultaneamente, il leader politico nazionalista albanese e capo del Partito democratico albanese Salli Berisha assicurava i suoi servizi logistici ai terroristi del Kosovo e Metohija, concernente, soprattutto, il loro addestramento nei centri del Nord dell'Albania. L'elezione di Salli Berisha alla presidenza della Repubblica albanese nel 1992 e una prima dissoluzione dell'organizzazione dello stato albanese (la caduta della piramide dei risparmi, fine 1996, il saccheggio dei depositi di armi dell'armata albanese, il crollo del sistema di sicurezza - la polizia) incoraggiano il rafforzamento del sostegno apportato al terrorismo e al separatismo in Kosovo e Metohija. Non è un caso che alla stessa epoca la formazione terrorista, il cosiddetto "Esercito di liberazione del Kosovo" ("UCK") si fa sentire per la prima volta. E parallelamente con questi sviluppi, l'Albania apporta il suo pieno sostegno politico ai separatisti e terroristi in Kosovo e Metohija, riconoscendo, nettamente, la legittimità della "Repubblica del Kosovo" illegale e autorizzando il funzionamento in Albania della rappresentazione "diplomatica" di questa creazione statale inesistente. L'Albania è il solo stato a riconoscere gli atti illegali e lo stato virtuale del Kosovo, sul territorio di un altro stato sovrano , contrariamente a tutti i documenti e principi internazionali. Sempre nello stesso periodo, l'organizzazione terrorista dei separatisti albanesi s'estende, dei nuovi centri s'aggiungono a coloro che operano già a Tirana e a Elbasan, e si vede di stabilire nell'Adriatico una via di passaggio dei terroristi provenienti dall'Italia.
In Albania s'addestrano: degli emigranti - terroristi del Kosovo e Metohija, dei terroristi d'Albania stessa, degli Albanesi che vivono all'estero e dei mercenari provenienti da ogni parte, compresi i mujahedin.
Indolente e spesso incoraggiante, la posizione che una parte del milieu politico internazionale osserva verso i terroristi, compreso l'aiuto crescente dell'Albania, finì col contribuire alla escalation degli atti terroristici nella Provincia autonoma del Kosovo e Metohija. I dati seguenti del periodo 1991-1998,
lo dimostrano nettamente:
Anni e numeri d'atti terroristici:
1991. - 11
1992. - 12
1993. - 8
1994. - 6
1995. - 11
1996. - 31
1997. - 31
1998. - 1885

 

Gli scopi della strategia degli chauvinisti grande-albanesi

L'obiettivo politico dei nazionalisti nelle strutture dello statali e politiche d'Albania e nel milieu dei nazionalisti-separatisti in Kosovo e Metohija, é - come fu sempre nella storia - identica: "la Grande Albania" etnicamente pura. E il Kosovo e Metohija costituisce il centro focale delle aspirazioni di tutti gli Albanesi che desideravano la creazione di questo stato fantomatico, il punto di scatenamento dell'azione con tutti i mezzi sulla via della realizzazione di questi obiettivi.
Il ruolo del Kosovo e Metohija nel concetto grand-albanese appariva come la sintesi di molti interessi di cui alcuni si sono già articolati come i più importanti. La ragione più importante, strategica, che fa che la conquista del potere in Kosovo e Metohija divenga d'una importanza centrale per la concretizzazione della "Grande Albania", risiede nel fatto che tale regione figura al centro dell'entità politica e statale immaginata. Senza il controllo su questa regione, gli Albanesi che vivono in Macedonia sono esclusi. Una seconda ragione è la percentuale estremamente elevata della popolazione albanese nella regione. È d'altronde la base unica su cui i separatisti e i terroristi fondano la loro rivendicazione in favore delle loro secessione dalla Serbia e dalla Jugoslavia.
Inoltre, conviene sottolineare che il Kosovo e Metohija è una regione dotata di ricchezze naturali eccezionali, e perché vi passano le arterie delle comunicazioni collegate con l'Europa e il Medio-Oriente. In questo contesto, si deve sottolineare che l'Albania ha sempre appoggiato, quasi incoraggiato, l'attività separatista e terrorista, soprattutto perché nella sua storia di corta durata (è stata creata nel 1912) non è mai stata stabile né uno stato di diritto. Il "problema" del Kosovo e Metohija gli serviva sempre per distogliere l'attenzione dell'opinione nazionale propria dai problemi interni ai problemi esterni dell'Albania.
L'esempio più recente sono gli eventi che successero in Albania che è, dal 1996, marcata dall'instabilità, i disordini, i conflitti, il caos politico e economico. L'Albania trova il suo interesse nel nodo del nazionalismo grand-albanese alfine di rigettare la colpevolezza per tutte le sue difficoltà proprie (la dissoluzione dello stato e la profonda crisi economica e sociale) sul terreno dell'irrazionale, pertanto che il tutto s'inserisce anche nei piani strategici dei suoi mentori più recenti - la NATO - consistente nel consolidare le posizioni strategiche nei Balcani (rafforzamento dell'ala sud della NATO). Cioè anche il Kosovo e Metohija formano il punto centrale di un nuovo ritracciamento geostrategico della NATO. Da cui questa tendenza degli USA (e della NATO) per dispiegare tranquillamente le truppe attraverso il Kosovo e Metohija.
I separatisti e i terroristi e gli estremisti grand-albanesi del Kosovo e Metohija hanno accolto la nuova sponsorizzazione delle forze politiche nel mondo come una occasione che si prestava alla realizzazione del loro sogno secolare - fare secedere una parte del territorio della Serbia e della Jugoslavia, che hanno quasi purificato sul piano etnico, alfine di annetterla all'Albania. Al contrario dei periodi storici precedenti, essi approfittano per realizzare i propri obiettivi, degli interessi strategici e egemonici delle grandi potenze, quelli della NATO nel caso più recente, che desiderano controllare ogni via che va dall'Europa al Medio-Oriente, cioè le arterie terrestri verso le materie prime strategiche (il petrolio).
Loro compito è reso più facile dall'interesse d'una parte degli stati islamici che desideravano fare del Kosovo e Metohija un catalizzatore dell'islamismo, ottenendo un nuovo appoggio islamico sicuro e solido (accanto la Bosnia-Herzegovina), e ciò nel quadro del concetto ben noto della creazione della "trasversale verde", quasi un ponte islamico che conduce dalla Turchia verso l'Europa centrale e occidentale.

 

Il terrorismo, l'arma dei separatisti

Il terrorismo come mezzo di realizzazione dei loro obiettivi, i terroristi albanesi l'hanno scelto per due ragioni principali. Innanzitutto perché non erano riusciti a rovesciare lo stato serbo e la Jugoslavia attraverso il processo politico e non violento, la loro concezione d'acquisizione graduale dell'indipendenza completa con le pressioni e le minacce politiche essendo state impedite dalle modifiche della Costituzione della Serbia e del Kosovo e Metohija, effettuate nel 1989. In seguito, poiché era per essi il mezzo unico per destabilizzare la situazione in Kosovo e Metohija, per provocare la reazione degli organi legittimi del potere e approfittando, alla fine, delle manipolazioni dell'opinione internazionale che dovevano sboccare nell'internazionalizzazione del problema e a un proprio regolamento al di fuori delle istituzioni dello stato legittimo sul posto, con l'appoggio e l'aiuto di una parte della comunità internazionale.
Nella realizzazione di tali obiettivi i separatisti albanesi in Kosovo e Metohija, e in Albania, contano sull'appoggio senza riserve dei loro nuovi mentori (la NATO) e la loro formula già verificata (in Slovenia, in Croazia e in Bosnia-Herzegovina) del rovesciamento degli stati sovrani - l'aggressione a uno stato preciso era scopo dell'uso dei terroristi locali, delle pressioni e minacce esterne, dell'assistenza logistica e finanziaria dall'estero, dei mercenari provenienti da paesi terzi. Il risultato di questa decisione di passare dal politico al terrorismo, è stato questa enorme espansione del terrorismo attraverso il Kosovo e Metohija, nel 1998.
Questa "espulsione della Serbia" dal "loro Kosovo", che i terroristi del cosiddetto "Esercito di Liberazione del Kosovo" ("OVK" - "UCK") si sforzavano di compiere con degli attacchi terroristici massicci contro le forze del Ministero degli interni. Sul totale di 1885 atti terroristici operati nel 1998, 1129 avevano come obiettivi forze e istituzioni degli organi della sicurezza, 115 poliziotti uccisi e 403 feriti. Inoltre, 15 furono rapiti (3 uccisi, 3 liberati, e la sorte di 9 poliziotti rimane ignota). Nel corso dello stesso anno, i terroristi si dedicarono, in Kosovo e Metohija, in molti atti di terrorismo contro civili, e hanno ucciso:
- 46 civili di nazionalità serba e montenegrina;
- 77 civili di nazionalità albanese, leali allo stato serbo e alla Jugoslavia;
- 14 civili di nazionalità diverse, titolari della funzione pubblica o che lavoravano nei servizi pubblici;
Feriti, 158 persone, di cui:
- 74 civili di nazionalità serba e montenegrina;
- 72 civili di nazionalità albanese;
- 3 civili della comunità nazionale dei Goranci;
- 9 civili appartenenti ad altre nazionalità;
293 civili rapiti, di cui:
- 173 civili di nazionalità serba e montenegrina (13 uccisi, 2 fuggiti, 68 liberati, la sorte di 90 resta ignota);
- 101 agenti di nazionalità albanese (16 uccisi, 8 evasi, 34 liberati, la sorte di 43 persone resta ignota);
- 14 Rom (2 uccisi, la sorte di 5 resta ignota, 7 liberati);
- 2 Egiziani (sorte ignota);
- 1 agente della R.F. di Jugoslavia dell'ex-Repubblica jugoslava di Macedonia (liberato);
- 2 civili di altre nazionalità (sorte ignota).
I terroristi albanesi appartenenti al cosiddetto "Esercito di liberazione del Kosovo" ("OVK"-"UCK") hanno tentato nel 1998, 708 volte di passare la frontiera statale (504 volte per entrare nella R.F. di Jugoslavia, 204 volte per uscire dalla RFY) alfine di addestrarsi e armarsi in Albania. Ciò provocò 125 incidenti di frontiera, di cui 100 operazioni armate con qualche migliaio di terroristi contro le guardie di frontiera jugoslave. Nell'insieme dei terroristi uccisi (715), feriti (366) e arrestati (93), si è potuto identificare degli elementi della minoranza nazionale albanese del Kosovo e Metohija, della nazionalità d'Albania, dei fondamentalisti islamici e dei mujahedin del Medio-Oriente e d'Asia (un gran numero legato a Usama Bin Laden), così come i mercenari europei (compresi gli stati creati nello spazio dell'ex Jugoslavia). Nella loro missione di difesa della frontiera dello stato e di prevenzione delle irruzioni dei terroristi, 36 elementi dell'Armata di Jugoslavia furono uccisi, e 105 feriti. Conviene notare che al momento delle irruzioni illegali dei terroristi albanesi provenienti dall'Albania, essi beneficiavano dell'appoggio armato di elementi dell'esercito albanese.
Bisogna sottolineare anche che i terroristi dell'"UCK" hanno per la prima volta, dalla Seconda Guerra mondiale, formato dei campi per le persone detenute, attraverso il Kosovo e Metohija (Junik, Glodjane, Izbica, Lipovica, e altri luoghi), e si ricorreva a delle esecuzioni usando i metodi più brutali, caratteristiche dell'epoca dei nazi-fascisti (il crematorio a Klecka - l'incenerimento dei Serbi e Montenegrini, i carnai di Donji Ratis, Volujak, e altri).

 

L'"UCK" è una organizzazione terrorista

Nel vasto spettro di posizioni politiche contraddittorie e ipocrite, relative agli eventi in Kosovo e Metohija, i più cinici sono i tentativi fatti affinché il terrorismo evidente e eclatante del cosiddetto "Esercito di liberazione del Kosovo" sia presentato come la "lotta per la protezione dei diritti umani minacciati", la "resistenza del popolo armato", una "insurrezione"; la lotta contro "l'aggressione serba", contro "la colonizzazione", contro "l'apartheid"; che i terroristi fossero qualificati come "formazioni albanesi armate", dei corpi di "resistenza collettiva degli Albanesi", per divenire dei "civili" eliminati dalla polizia. Tale "copertura dei terroristi" e la relativizzazione delle loro responsabilità e azioni abusive, si sono fatte risentire ora, significavano evitare ogni condanna del terrorismo e dei terroristi da parte della comunità internazionale, marcano un tentativo aperto per farli legittimare tacitamente. Tale posizione dei leaders del nuovo ordine mondiale confermano il fatto che nelle loro attività riguardo al Kosovo e Metohija, sono guidate dai loro propri interessi, e non dal Diritto e le buone pratiche internazionali. L'ONU, l'UE, la CSCE e altri fattori politici influenti, erano strumentalizzati dagli USA e un piccolo numero di loro alleati, e non osavano opporsi, benché l'azione dell'"UCK" s'inscrive. per sua stessa essenza, nel contesto della definizione generalmente riconosciuta e ammessa del terrorismo internazionale. Benché esistano più di 120 definizioni del terrorismo e qualsiasi sia la definizione accettata da tutti, esistono anche alcuni elementi comuni, generalmente accettati e riconosciuti, che portano una attività criminale nella categoria del terrorismo. Pertanto per la teoria che studia il terrorismo contemporaneo, l'"esercito di liberazione del Kosovo" è una organizzazione terrorista, e per le seguenti ragioni:
-Mira su un obiettivo politico non legittimo: la secessione della Provincia del Kosovo e Metohija dalla madrepatria, e la sua annessione all'Albania vicina, in
vista della creazione della "Grande Albania" (all'interno delle frontiere etniche popolate dagli Albanesi);
- Il metodo d'azione di base è il combattimento con la polizia e non con l'esercito;
- Ha ucciso un gran numero di agenti della polizia, dell'esercito, così come dei civili, si è dedicata alla distruzione massiccia dei beni ricorrendo ai più brutali metodi del terrorismo e del banditismo, così con le armi più diversificate;
- Al livello di organizzazione l'"UCK" s'articola come la somma dei gruppi debolmente legati tra essi, che agiscono simultaneamente, e anche come terroristi e come criminali e senza alcuna subordinazione;
- la cospirazione è il modo di comunicazione tra i capi dei gruppi e i collaboratori stretti dei terroristi.

Gli USA s'appoggiano sulla definizione (dell'FBI) che dice: "Il terrorismo é il ricorso illegale alla forza o alla violenza contro persone o beni alfine d'intimidire o di fare pressione sul governo, la popolazione civile, o su qualche altro segmento della società, alfine di ottenere degli obiettivi politici e sociali".
Le attività dell'"UCK" s'inscrivono precisamente in una tale definizione.
Secondo la Convenzione di Ginevra, anche, l'"UCK" rientra tra le organizzazioni terroriste per il fatto di effettuare degli attacchi e delle imboscate contro dei civili innocenti e forze di sicurezza, mentre la Convenzione riconosceva la guerriglia come mezzo di guerra "se si tratta veramente di una guerra", ciò che non era il caso in questione, poiché non si trattava di due eserciti in conflitto ma di "civili" armati che attaccavano vigliaccamente vittime di ogni settore della popolazione, così le istituzioni e funzionari pubblici statali.
Inoltre, secondo la regola, gli aderenti a un guerriglia s'oppongono apertamente ai loro avversari.
Che si trattava di una vera organizzazione terrorista, è confermata anche dai legami con dei gruppi islamici fondamentalisti-terroristi del Medio-Oriente, d'Afghanistan e di certi paesi d'Asia, così con il terrorismo di stato che l'Albania pratica verso la Serbia e la Jugoslavia.
Di conseguenza, ciò che noi precisiamo, conferma senza alcun dubbio che l'organizzazione separatista-terrorista, l'"UCK", riveste, secondo i criteri internazionali, il carattere d'una organizzazione terrorista. Dati gli obiettivi dei terroristi, si può facilmente supporre che i fondatori siano dei leaders politici albanesi in Kosovo e Metohija, mentre gli sponsor esteri sono l'Albania, gli USA, la Germania, così come certi altri paesi dell'Europa occidentale. La sponsorship dell'"UCK" e il significante fatto di evitare di condannare il suo carattere terrorista, provengono da una dichiarazione di Christopher Hill, ambasciatore degli USA a Skoplje, fatta verso la metà del 1998: "Il Nostro concetto non significa necessariamente che cerchiamo di separare il Kosovo dalla Serbia, benché gli Albanesi vogliano ciò. Ma ciò che vogliamo, e il meno che possa dire, è di cacciare la Serbia dal Kosovo, iniziando dai poliziotti". Se si prende in considerazione il numero di attacchi terroristici perpetrati nel 1998, e se lo si mette in rapporto con i desiderio espresso dall'ambasciatore Hill "di scacciare la Serbia e i suoi poliziotti" dal Kosovo e Metohija, traspariva chiaramente che si trattava di un sostegno aperto al separatismo e al terrorismo.
Nel contesto di un tal ambiente politico, modellato dai protagonisti dell'egemonismo globale, confondendo totalmente le cause e gli effetti, sostituendo le tesi, in modo che la vittima delle aggressioni terroriste - la Serbia e la Jugoslavia, all'occorrenza - sul suo proprio territorio, finisce per essere qualificata da aggressore, mentre i terroristi, gli assassini e i rapitori sono trasformati in vittime.
La loro ipocrisia, le potenti influenze in seno alla comunità internazionale, la dissimula sotto il loro pacifismo verbale, benché le loro azioni, propriamente parlando, istigano e prolungano i conflitti in Kosovo e Metohija. La conseguenza logica di questo appoggio è stato l'accrescimento del numero di attacchi terroristici dell'"UCK" nel 1998 e attraverso tutta la regione del Kosovo e Metohija. Ciò è divenuto particolarmente trasparente dopo la firma dell'accordo tra il presidente della R.F. di Jugoslavia, S. Milosevic, e l'inviato USA R. Holbrooke. In risposta alla ritirata parziale della polizia della Repubblica di Serbia e dell'esercito della RFY dal Kosovo e Metohija, operata non solo per onorare le obbligazioni prese, ma ugualmente nel desiderio di calmare i conflitti e di fare risolvere i problemi pacificamente, con il dialogo politico, i terroristi dell'"UCK" intensificarono i loro attacchi. Dal 13 ottobre 1998 al 11 febbraio 1999, l'"UCK" effettuò 753 attacchi terroristici:
uccisi: 89 persone, di cui:
- poliziotti: 19
- civili: 70
feriti: 160 persone, di cui:
- 84 poliziotti
- 76 civili
rapiti: 55 persone, di cui:
- poliziotti: 6 (2 uccisi)
- civili: 49 (1 ucciso)
- la sorte degli altri rapiti resta incerta.
E durante tutto questo tempo, i fattori internazionali interpretavano questi crimini come "provocazioni" e "reazioni agli assassini di civili albanesi", le loro condanne non si rivolgevano che agli organi legittimi e legali della Serbia di cui ogni azione contro i terroristi fu stigmatizzata di colpo come "ricorso esagerata alla forza", come "massacro di civili", come "reazione militare smisurata", come "catastrofe umanitaria", e così di seguito.
Parallelamente, il sostegno logistico aperto e ogni altro sostegno e aiuto ai terroristi albanesi, dall'Albania, sono passati sotto silenzio o sono giustificati. Il fatto che i terroristi albanesi del Kosovo e Metohija sono addestrati nei centri in Albania (Tirana, Elbasan, Bajram Curi,Tropoïe, Kruma, ecc.) da ufficiali dell'esercito albanese, dei servizi d'intelligence di certi paesi euro-occidentali, e da combattenti del "jihad", non preoccupava nessuno, apparentemente. E lo stesso sostegno finanziario abbondava dalla narco-mafia albanese e da certi paesi islamici verso l'"UCK", non suscitava alcuna reazione corrispondente in paesi che diversamente combattono rigorosamente ciò sul proprio territorio.
Detto ciò, non è sorprendente che l'"UCK", organizzazione terrorista che occupa certamente il primo posto dei crimini commessi nel 1998, non solamente non appare sulla lista delle organizzazioni terroriste, ma si vede accrescere anche le pressioni di un piccolo numero di paesi, e in primo luogo degli USA, per essere presentata come partner politico legittimo e negoziatore alla pari nel dialogo sul Kosovo e Metohija. Cioè, gli USA attaccano impietosamente i terroristi che li minacciano, non esitano di attaccare i terroristi nei territori degli Stati indipendenti, ma minacciano di ricorrere alla NATO per impedire alla Serbia e alla Jugoslavia di combattere i terroristi sul loro proprio territorio.

 

Il crimine come fonte di finanziamento del terrorismo

Una moltitudine di dati degni di fede indicano che le più importanti fonti per il finanziamento delle attività terroriste in Kosovo e Metohija provengono dalle
attività criminali della mafia albanese: il traffico di narcotici verso gli USA, la Svizzera, la Germania, il Belgio, la Gran Bretagna e in altri paesi europei (le vie della droga: Asia-Europa e USA); il contrabbando e il traffico di armi in certi paesi europei e asiatici; il racket, i ricatti e la violenza verso i membri della comunità nazionale degli Albanesi che lavorano all'estero; la prostituzione, la falsificazione dei biglietti e le entrate clandestine negli USA e nei paesi europei, degli Albanesi del Kosovo e Metohija e altri provenienti da paesi non europei; il commercio di organi umani; l'accattonaggio dei minori di nazionalità albanese; i furti e le altre attività criminali. Il
vasto ventaglio di attività criminali degli Albanesi, organizzati sulla base della loro appartenenza nazionale, indipendentemente se siano di nazionalità Albanese, Jugoslava, Macedone o Greca, e secondo i principi del clan, rilevata dalla sua importanza delle più grandi strutture criminali in Europa e nel mondo.
È particolarmente pericolosa e "riuscita" la "narcomafia" albanese che è, secondo le valutazioni di esperti, la terza in Europa per i ricavi ottenuti. Una buona parte dei fondi così ottenuti è utilizzata per finanziare "lo stato" parallelo, illegale, in Kosovo e Metohija, e per equipaggiare i terroristi con armi ultramoderne. Il traffico di armi che sono, via l'Albania, destinate in Kosovo e Metohija assume d'ora in poi delle proporzioni enormi.
Dei fondi significativi sono ottenuti con il racket degli Albanesi che lavorano all'estero. Sono forzati a versare regolarmente un minimo del 3% del loro reddito ai rappresentanti dei terroristi albanesi in molti paesi dell'Europa occidentale, USA e Canada, e secondo certi indici confermati, dei fondi ancora più importanti sono raccolti con la minaccia, il ricatto o il pestaggio di coloro che si oppongono. In Kosovo e Metohija, i cittadini di nazionalità albanese sono costretti a versare una "imposta" ai separatisti, appena essi ottengono le loro obbligazioni legalmente dovute, e mentre per i leader separatisti ogni tentativo più serio di attuazione della legge (pagamento delle imposte, tasse e altri introiti) diviene immediatamente, "pressione", "violenza", sui "civili albanesi", benché si tratti di obbligazioni che riguardano tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro origine nazionale.

 

La solidarietà internazionale nella lotta contro il terrorismo

Per ciò che concerne il finanziamento del terrorismo albanese, una parte importante proviene dai fondamentalisti islamici dell'Arabia saudita, dell'Afghanistan e da altri paesi mussulmani, così da certi servizi d'intelligence occidentali le cui attività non dovrebbero sfuggire dalla conoscenza e dalla volontà dei responsabili politici di questi paesi.
Benché tutti gli stati abbiano, in termini di diritto internazionale, l'obbligazione né d'incoraggiare né di tollerare i finanziamenti delle attività terroriste dirette contro altri stati, nel caso concreto ciò non è rispettato da una parte della comunità internazionale. L'applicazione dei doppi standard si situa in funzione della realizzazione degli interessi politici e altri fattori internazionali chiave.
Oltre alla Carta dell'ONU, gli atti che interdicono i finanziamenti e ogni altro appoggio e sostegno al terrorismo, e condannando generalmente ogni attività terrorista sono: la Risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU 2113 del 21 dicembre 1965; la Risoluzione-Dichiarazione sui modi d'applicazione del Diritto internazionale e la cooperazione degli stati; la Risoluzione 2625/25 del 24 ottobre 1970; la Risoluzione-Dichiarazione sul rafforzamento della sicurezza internazionale, n. 2734/25 del 16 dicembre 1970, la Risoluzione n. 3314 del 14 dicembre 1974, così come numerosi altri documenti internazionali, compreso necessariamente le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 1160, 1199 e 1203, così come le ultime risoluzioni dell'Assemblea generale dell'ONU n. 53/108 del 26 gennaio 1999.
È sulla stessa via che si situano anche le posizioni della conferenza sulla repressione del terrorismo nel mondo, tenuta nel 1997 al Cairo. Questo summit specifico dei capi di stato e di governo ha qualificato il terrorismo come il più grande male globale del mondo contemporaneo, mentre nelle sue conclusioni la Conferenza lancia un appello generale che invita gli stati a lottare in comune, a sostenersi e a collaborare in favore dell'eliminazione del terrorismo. Quanto ai protagonisti dal comportamento contraddittorio, violento e autoritario, e anche se si tratta dei difensori del globalismo, dell'egemonia, della religione o dell'ideologia, questi documenti in vigore che gli impegnano ugualmente, non rappresentano un ostacolo nella realizzazione dei loro interessi nello spazio dei Balcani, in virtù della politica conseguente d'applicazione delle norme doppie. Invece di tagliare le radici del terrorismo, sono divenuti, conscientemente o inconscientemente, i suoi complici.

 

La legalità della lotta degli organi dello stato della Serbia e della R.F. di Jugoslavia contro il terrorismo

Al fine di proteggere lo stato contro il terrorismo dei separatisti albanesi e d'assicurare l'ordine e la sicurezza di tutti i cittadini della Provincia, gli agenti della polizia attuarono delle attività antiterroriste legittime.
Durante l'esercizio delle loro funzioni, gli agenti della polizia sono stati, nel 1998, attaccati 1129 volte dai terroristi albanesi; 115 poliziotti sono stati uccisi, 403 feriti, e 15 rapiti, di cui 3 uccisi e 9 scomparsi. Ora, ciò che è legittimo nella lotta antiterrorista negli USA, in Irlanda del Nord, in Spagna (Paesi Baschi), in Francia (Corsica) e in altri paesi, secondo la volontà delle potenze mondiali e della NATO è proclamata illegittima quando si tratta della Serbia e della Jugoslavia. E con la loro aggressione informativa e la promozione mediatica di nozioni nuove, come: il "ricorso esagerato alla forza", l'"azione smisurata delle forze della polizia", la "catastrofe umanitaria degli Albanesi", e altre, si tenta d'impedire che le forze di sicurezza legale di lottare contro il terrorismo in Kosovo e Metohija. I terroristi sono costantemente amnistiati. Le Risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 1160, 1199 e 1203, non solo non condannavano i terroristi dell'"UCK", ma sono utilizzate per fare pressione sulla R.F. di Jugoslavia. Sono, dunque dei documenti internazionali che sostengono apertamente il terrorismo e i terroristi in Kosovo e Metohija. Sotto la pressione degli USA, i più alti funzionari dell'ONU non potevano compiere il loro dovere di protettori obiettivi della legalità e della Carta dell'ONU.
Così, Kofi Anan, il segretario generale dell'ONU, parlando il 5 giugno 1998 delle attività antiterroriste della polizia in Kosovo e Metohija, disse: "Se il mondo deve apprendere qualche cosa da questo capitolo nero della storia, quando a questo genere d'aggressione (é la questione della lotta della polizia contro i terroristi) conviene opporsi immediatamente e energicamente". Ciò che viene evocato finì col favorire la riorganizzazione dei terroristi, la continuazione delle loro attività criminali. La Repubblica d'Albania, senza nascondersi, sotto gli occhi della comunità internazionale e degli osservatori internazionali presenti in questo stato e in Kosovo e Metohija, continuava impunemente a aiutare direttamente i terroristi dell'"UCK". Per quanto riguarda il volume della logistica armata che appoggiava dall'Albania l'esecuzione dei raid terroristi in Kosovo e Metohija, la dice lunga la constatazione del sotto-segretario dell'ONU per il disarmo, Giant Danapaul, fondata sui dati ufficiali di una missione speciale dell'ONU in Albania, secondo cui sono stati saccheggiati i depositi di armi dell'esercito dell'Albania, di circa 650.000 armi, 1,5 miliardi di proiettili e 20.000 tonnellate di esplosivo, mentre si sa che circa 200.000 armi sono state clandestinamente trasferite in Kosovo e Metohija. Evidentemente, conviene aggiungervi le armi e le munizioni destinate ai terroristi da certi servizi segreti e dalla mafia albanese del mondo, e destinati ai centri d'addestramento e d'armamento dei terroristi dell'"UCK" nel Nord dell'Albania. Ne fanno parte armi e equipaggiamento ultramoderni della NATO, comprese le armi il cui uso è interdetto dalle convenzioni internazionali.
I responsabili internazionali, obbediscono conseguentemente allo stereotipo creato dalla responsabilità esclusiva della Serbia e della Jugoslavia, ignorano apertamente l'aggressione terrorista su uno stato sovrano - la Repubblica federale di Jugoslavia. Così, ciò che nella stragrande maggioranza degli stati del mondo costituisce il crimine più grande - gli attacchi, gli assassinii e i rapimenti degli agenti della polizia - è qualificata tendenziosamente, nel caso della Serbia e della Jugoslavia, di "resistenza alla repressione", di "lotta di liberazione di un popolo oppresso" o di "lotta dei civili esposti alle rappresaglie delle autorità". E lo si usa come fondamento "legale" per insistere continuamente sulla riduzione del numero di agenti della polizia in Kosovo e Metohija, in una situazione in cui i terroristi albanesi intensificavano le loro azioni e le dirigevano sempre più verso l'ambiente urbanizzato.
L'obiettivo strategico di questa politica é chiara - espellere gradualmente dal Kosovo e Metohija le istituzioni e gli organi legali della Serbia, e permettere la ripresa completa della Province dagli Albanesi, in vista di una secessione futura.

 

L'opzione della Serbia e della Jugoslavia, in favore del regolamento pacifico

Nonostante tale posizione verso il Kosovo e Metohija, la Serbia e la Jugoslavia orientavano la loro posizione politica di principio, che vuole risolvere pacificamente le questioni relative a questa Provincia della Serbia meridionale, tramite il dialogo democratico e nell'interesse di tutte le comunità nazionali che vivono in Kosovo e Metohija. La Serbia e la Jugoslavia non avevano bisogno di alcuna minaccia d'azione militare della NATO in vista della realizzazione della pace, la loro opzione era stata ben articolata in precedenza. L'accordo del Presidente della RFY Slobodan Milosevic e dell'Ambasciatore Richard Halbrooke doveva apportare ai responsabili internazionali il vero quadro della situazione in Kosovo e Metohija e di ciò che succede realmente, e contribuire alla realizzazione di un regolamento pacifico. La buona volontà della parte serba e jugoslava si è tradotta con l'applicazione integrale degli accordi convenuti. Una parte delle forze della polizia legittima è stata ritirata del Kosovo e Metohija, sono stati soppresse le caserme di queste forze nelle località abitate, e eliminati i posti di blocco sulle vie di comunicazioni, ecc., mentre la missione diplomatica d'osservazione (KVM) in Kosovo e Metohija si vide assicurare le condizioni necessarie per il suo lavoro.

 

La verifica

Dopo la realizzazione dell'Accordo, il Governo della Repubblica di Serbia e i rappresentanti di tutte le comunità in Kosovo e Metohija hanno segnato la dichiarazione sul quadro politico dell'autogoverno in Kosovo e Metohija, ma con l'assenza unicamente dei rappresentanti dei partiti albanesi nazionalisti-separatisti disuniti. Il Governo della Repubblica di Serbia lanciò una serie d'inviti al dialogo politico, ma invano. Così, e di fatto, la Serbia e la Jugoslavia si sono fatti carico dei loro obblighi imposti dalle Risoluzioni pertinenti dal CS, dagli Accordi e conclusioni dell'UE, e del Gruppo di contatto, e hanno sinceramente rinunciato ai loro interessi in vista del superamento dei problemi che sospendevano un dialogo franco e aperto, nato dal rispetto dai principi fondamentali convenuti con l'ambasciatore R. Holbrooke.
I più importanti erano: la protezione dell'integrità territoriale e della sovranità della Serbia e della RFY, il rispetto dei diritti delle minoranze secondo le norme europee e mondiali più avanzate, l'attuazione di una autonomia che non uscirebbe dal quadro delle costituzione della Serbia e della RFY, e la realizzazione di accordi per proteggere a titolo comune tutte le comunità nazionali che vivono in Kosovo e Metohija.
La risposta a questi sforzi della Serbia e della RFY, sono stati gli attacchi terroristici più violenti dell'"UCK" agli agenti dell'esercito e della polizia, i rappresentanti delle autorità dello stato e i civili innocenti. In questo contesto di violenza e di atti cruenti, conviene segnalare l'attentato al café "Panda" a Pec, in cui dei terroristi albanesi uccisero sei giovani serbi tra i 15 e i 31 anni.
Non bisogna dubitare che in questo comportamento dei terroristi e la parzialità di una parte della comunità internazionale (la Missione di verifica) è certamente un sostegno politico, più ampio e in tutt'altra forma è il sostegno che gli proviene dalla Repubblica d'Albania. Poiché, molti argomenti testimoniano che tutti comprendevano perfettamente ciò che succedeva realmente in Kosovo e Metohija, chi attacca chi e chi difende chi. A tal riguardo, è particolarmente illustrativo il caso montato del "massacro di civili albanesi" nel villaggio di Racak, che corrisponde a una manipolazione mediatica calcolata per distogliere l'attenzione dai crimini sempre più frequenti e crudeli perpetrati dai terroristi albanesi, e, pertanto, per "creare" le condizioni in vista del perseguimento e dell'intensificazione delle pressioni e delle minacce verso la Serbia e la RFY.
Una dichiarazione pubblica di Dan Everts, capo della Missione dell'OSCE in Albania, pronunciata nel gennaio 1999, secondo cui "non si saprebbe negare che il Nord dell'Albania rappresenta una base per l'addestramento dell'"UCK'" non ha dato luogo a una condanna seria dell'Albania con la comunità internazionale, che ha avanzato proteste vigorose a proposito delle azioni antiterroriste della polizia in Kosovo e Metohija. L'arresto a Tirana d'un membro (Max Ciciku) del gruppo fondamentalista-terrorista di Osama Bin Laden, addetto alle attività terroriste da attuare in Kosovo e Metohija, è da giudicare, secondo le dichiarazioni degli USA, in favore della persecuzione e della distruzione del terrorismo, e soprattutto di quello che minaccia gli stessi USA (Bin Laden figurava in testa alla lista dei più grandi terroristi ricercati dagli USA), dovrebbe fornire una ragione seria per intraprendere delle misure contro l'Albania e per impedirle un sostegno ormai aperto, al terrorismo e ai terroristi, che attingono il territorio sovrano della Serbia e della RFY. La Risoluzione del Parlamento albanese del 28 dicembre 1998, "esigeva il sostegno energico del governo e dello stato albanese ai fratelli del Kosovo", rappresenta, secondo le norme internazionali, una aggressione a uno stato vicino. Le interviste degli statisti e dei politici d'Albania con i terroristi dell'"UCK", a Tirana, sono un esempio eclatante di una politica sovversiva, diretta contro l'integrità e la sovranità della RFY, stato membro dell'ONU.
Nonostante i difensori - internazionali - del ricorso alla forza contro la RFY continuavano a richiedere il perseguimento delle minacce e delle pressioni, comprese quelle militari, verso la Serbia e la Jugoslavia che vorrebbero esclusiva responsabile dello stato di cose e dei problemi in Kosovo e Metohija, chiudendo gli occhi davanti al terrorismo e al separatismo flagrante.
I terroristi dell'"UCK" e l'Albania - loro ispiratore e complice, benché abbiano commesso molti crimini e attacchi, restano, per il momento esentati dalle loro responsabilità per aver provocato tale crisi nella regione, le cui conseguenze restano inconcepibili.
La crisi in Kosovo e Metohija non potrà essere risolta fin quando i terroristi albanesi non saranno pubblicamente e decisamente qualificati come tali, come
tutti i terroristi nelle altre parti del mondo, fin quando le loro attività non saranno condannate senza ambiguità, e non saranno attuate tutte le misure che gli imponga di privarli di ogni aiuto e sostegno dall'estero, e fin quando tutti gli altri abitanti del Kosovo e Metohija - che compongono la maggioranza-, abbiano la possibilità di articolare apertamente e liberamente senza timore per la loro vita e quelle dei loro familiari, le loro proprie posizioni sulle modalità della vita in comune di tutte le comunità nazionali in Kosovo e Metohija.

 

traduzione di Alessandro Lattanzio