ADESSO VIA DALL’IRAQ
E DA TUTTI GLI ALTRI TEATRI DI GUERRA. SUBITO!

 

SIT IN GIOVEDI 4 MAGGIO, ORE 11.30 A MONTECITORIO
PREPARIAMO LA MOBILITAZIONE PER IL 2 GIUGNO
 
La guerra contro il popolo iracheno continua e le prospettive  di una nuova aggressione all’Iran si fanno ogni giorno più forti. Per l’attacco a Nassiryia alcuni quotidiani accreditano la pista iraniana e in particolare il ruolo dei servizi segreti di Teheran.
Come era prevedibile aspettarsi, i militari italiani morti sono già diventati i nuovi martiri mandati a farsi ammazzare in terra irakena in nome  della superiorità “democratica” della civiltà occidentale.
Solo la particolare situazione politica italiana legata al dopo elezioni ci ha salvato, in parte,  dall’odioso bombardamento di retorica nazionalista e dalla stucchevole ipocrisia sui buoni sentimenti che animano i nostri “bravi ragazzi”in missione di pace a Baghdad.
In Italia la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, nonostante la propaganda guerrafondaia, continua a volere la fine della partecipazione italiana all’occupazione dell’Iraq.
Ma gli atteggiamenti e le dichiarazioni di Prodi e di alcuni dei più autorevoli esponenti del centrosinistra non lasciano ben sperare. I se e i ma sono così tanti da mettere in ombra la promessa del ritiro dei militari da Nassiryia.
Cosa significa trovare un accordo con il governo di Baghdad del nuovo premier,”uomo forte”, al Maliki? E quale alchimia si nasconde dietro la locuzione “più intervento umanitario meno presenza militare con la nuova missione Antica Babilonia”? Rutelli e Fassino ribadiscono che non sarà un disimpegno, ma un cambio delle modalità della presenza militare italiana nella “criticità della situazione irachena”.
D’altra parte i balbettii di una sinistra che si definisce radicale ma che non punta i piedi sulla questione del ritiro e delle missioni militari italiane all’estero, è molto, molto preoccupante.
Non si può far cadere il governo nè tanto meno mettere a rischio la coalizione sulla missione in Afghanistan – dove intanto però la Nato raddoppierà, dal prossimo luglio, le proprie truppe portandole dalle 16.000 attuali a 32.000!

 

Viene scelta dunque la stabilità e la fedeltà a Prodi e al suo governo, anche quando si tratta di scelte di politica estera e di questioni dirimenti come le missioni militari, la guerra,  il ruolo dell’Italia nell’alleanza militare della Nato e in un sistema di guerra che ha occupato l’Iraq e sta  pianificando l’attacco all’Iran.
La parola d’ordine “no alla guerra senza se e senza ma” gridata forte e chiara nelle molteplici iniziative del movimento pacifista, sembra già lontana, sbiadita e superata.

 

LA CAMICIA DI FORZA COMINCIA A STRINGERSI INTORNO AL MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA E PACIFISTA PIU’ COERENTE  E DETERMINATO.

 

Il giorno precedente la manifestazione nazionale a Roma del 18 marzo 2006 insieme ad altre associazioni con cui siamo scesi  in piazza abbiamo presentato ai segretari dei partiti dell’Unione un documento in cinque punti in cui si chiedeva una chiara e netta scelta di discontinuità con le politiche del governo Berlusconi, sia nella politica Estera che in quella della Difesa: ritiro immediato delle truppe dall’Iraq, nessuna escalation militare contro Iran e Siria, revoca dell’accordo militare bilaterale con Israele e cambio radicale di approccio sulla questione palestinese, rimessa in discussione della rete di servitù e basi militari straniere nel nostro paese.

 

Il governo Berlusconi è stato in questi anni l’elemento centrale che ha impedito di trasformare in vittoria e azione politica concreta la mobilitazione vastissima, potente e generosissima – una delle maggiori  a livello mondiale - del movimento no-war italiano.
Ora che il governo Berlusconi non c’è più ci si aspetta la fine degli estenuanti balletti, dei giochi delle parti che hanno caratterizzato una lunghissima campagna elettorale. Sarà d’obbligo non farsi irretire dalla presumibile litania del “governo amico” e dallo spauracchio della destra berlusconiana alle porte.
La pace e la guerra, ieri come oggi, sono spartiacque imprescindibili. Per la difesa della prima e la lotta contro la seconda continueremo a batterci, in ottima e nutrita compagnia.

A cominciare dal 2 giugno -festa della Repubblica nata dalla Resistenza e non  celebrazione degli eserciti occupanti- e nel giorno in cui il Parlamento italiano dovrà decidere il rifinanziamento delle missioni italiane all’estero.

 

 

COMITATO NAZIONALE PER IL RITIRO DELLE TRUPPE DALL’IRAQ
viadalliraqora @ libero.it