*** Primoz Sancin ci segnala il video realizzato da Miloš Ivančič della Združenje protifašistov, borcev za vrednote NOB in veteranov Koper (ASSOCIAZIONE ANTIFASCISTI, COMBATTENTI PER I VALORI DELLA LLN E VETERANI DI CAPODISTRIA) [http://www.zb-koper.si] per il settantacinquesimo anniversario della Liberazione di Trieste, che cade oggi Primo Maggio. Il video consta di una introduzione storica su Trieste e l'etnocidio subito dagli sloveni della città dopo l'annessione all'Italia, una parte centrale sulla Lotta Popolare di Liberazione con rare bellissime foto dei "quaranta giorni" di amministrazione jugoslava, e una parte finale sulla strategia della tensione scatenata nel dopoguerra in particolare, ma non solo, con la diffusione di notizie false su "persecuzione degli italiani" e "foibe" nel Carso:

 
 
*** Una raccolta di altri documenti e link su RESISTENZA A TRIESTE E NEL LITORALE SLOVENO è reperibile alla nostra pagina:
 
 
Argomenti:
PARTIGIANI DI GUARDIELLA 
LA STORIA DEL BUNKER DI LONGERA 
NOTE SUL LAGER DELLA RISIERA DI SAN SABBA
3 APRILE 1944, ECCIDIO NAZIFASCISTA AD OPICINA-OPČINE PRESSO TRIESTE
LE DUE RESISTENZE DI TRIESTE
VINKO ŠUMRADA: A TRIESTE
RAGIONARE COME NEL 1945? SI, SE SI ANALIZZANO FATTI DEL 1945
SUI "40 GIORNI" DI TRIESTE
ALLA RICERCA DI NEMO
SU ALMA VIVODA
PROFILO DI "PINKO" TOMAŽIČ
SUI FUCILATI DI BASOVIZZA
INTERVISTA A NERINO GOBBO “GINO”
A TRIESTE LA STORIA NON COMINCIA IL 1° MAGGIO 1945
COMMEMORAZIONE DEI CADUTI DEL RIONE DI GUARDIELLA, 2 NOVEMBRE 2011
I MONUMENTI AI PARTIGIANI JUGOSLAVI E RUSSI caduti per la liberazione del Primorje - provincia di Trieste/Trst
 
 
* Dalla pagina FB di Claudia Cernigoi riportiamo infine:
 
 
LE “FAKE OLDS” SULLA RESISTENZA A TRIESTE
 
Claudia Cernigoi
Venerdì 1 Maggio 2020
 
(dato che si tratta di notizie che girano da decenni, non ci sentiamo di definirle “news”).
A Trieste più che non nel resto d’Italia, ci furono due distinte resistenze. In Italia la Resistenza era divisa politicamente tra coloro che volevano non solo sconfiggere il nazifascismo ma anche creare un nuovo Paese, moltissimi combattenti avrebbero voluto realizzare il socialismo, ma le basi minime era che fossero garantiti i diritti dei lavoratori e lo stato sociale, cacciare via il re e tutti coloro che avevano permesso al fascismo di installarsi al potere trascinando l’Italia al disastro,  ridimensionando lo strapotere degli industriali e della chiesa; e chi invece, soprattutto i militari riciclatisi in varie formazioni “verdi”, autonome, volevano semplicemente cacciare gli invasori tedeschi e ripristinare lo status quo post 25 luglio, senza fascismo ma con la monarchia ed i capitalisti ben saldi al loro posto.
Il CLNAI era comunque un governo in cui erano rappresentati tutti i partiti politici antifascisti: comunisti, democristiani, azionisti, liberali, socialisti. Un governo che si diede come propria emanazione armata il CVL, il cui comando tra mille polemiche alla fine era stato affidato al generale Cadorna (che faceva parte del secondo gruppo di resistenti di cui ho parlato sopra).
A Trieste non fu così. Fino all’estate del 1944 non esisteva un CLN triestino: liberali, democristiani, socialisti ed azionisti erano più o meno “in sonno” ed il solo partito comunista, che era collegato con la resistenza internazionalista del Fronte di Liberazione-Osvobodilna Fronta e dei militanti cittadini di Unità Operaia-Delavska Enotnost, era effettivamente attivo.
Nell’estate del 1944, in seguito a contatti tra il CLNAI e gli azionisti triestini, questi ultimi furono invitati alle riunioni di Milano cui erano presenti i comunisti triestini ed Anton Vratuša Urban, il rappresentante del movimento di liberazione jugoslavo responsabile per il settore della allora cosiddetta “Venezia Giulia”. Le indicazioni del CLNAI agli antifascisti triestini fu che era necessaria una stretta collaborazione tra il costituendo CLN giuliano e l’OF, collaborazione che avrebbe dovuto iniziare con la pubblicazione congiunta di un bollettino informativo bilingue (Lotta-Borba, in italiano e sloveno): l’incarico fu affidato a don Edoardo Marzari, che sarà poi presidente del CLN giuliano, ma si guarderà bene dall’ottemperare alle indicazioni datigli, e il progetto non decollerà mai.
Anzi: ad un certo punto il CLN giuliano smise di avere contatti con il CLNAI di Milano, proprio perché rifiutando la collaborazione con l’OF (che non comprendeva solo sloveni ma anche italiani che volevano creare una nuova società) non potevano continuare a rapportarsi con la Resistenza italiana. Il CLN giuliano non riconobbe mai come alleati gli Jugoslavi, nonostante fossero riconosciuti tali anche dal governo del Sud, il legittimo governo italiano, ma non solo: leggendo la memorialistica degli attivisti di questo CLN si vede chiaramente come essi si ponessero come punto di base non tanto combattere il nazifascismo (la cui fine nella primavera del ‘45 era data per scontata), quanto l’impedire che fossero gli Jugoslavi a liberare Trieste: e per fare questo boicottarono ogni tipo di contatto con la resistenza comunista in città. Si veda ad esempio il volantino da essi distribuito nel gennaio 1944:
 
In A. Fonda Savio, “La Resistenza italiana nella Venezia Giulia”, Del Bianco 2006, p. 60.]
 
Si legge inoltre spesso che il Partito comunista triestino uscì dal CLN giuliano perché era “filoslavo”. In realtà fu il CLN giuliano ad autoescludersi dal CLNAI (del quale il PC era parte integrante), ma non solo: fu lo stesso don Marzari a dichiarare quanto segue:
“in settembre (1944, n.d.a.) mi si presentò a Trieste un certo Pino Gustincich, dicendo di essere stato designato a rappresentare i comunisti però non solo italiani ma anche sloveni. Gli risposi che il CLN era italiano e che non era ammissibile una rappresentanza slava in seno ad esso, esistendo già per gli slavi un loro proprio organo. Egli replicò che le direttive erano state cambiate e che solo a quella condizione il PC poteva far parte del CLN. Risposi che allora il posto del PC sarebbe stato vacante e così di fatto avvenne in seguito e ogni cosa si svolse fino alla liberazione e oltre senza la partecipazione del PCI”[1].
Dunque non furono i comunisti ad abbandonare il CLN giuliano, ma il CLN giuliano ad impedire ai comunisti di farne parte.
Delle riunioni che si svolgevano nell’inverno del 1944/45 in casa del colonnello Mario Ponzo, presenti i dirigenti del CLN giuliano ed esponenti della Rete Nemo del SIM, spiegò uno di essi, Giuliano Girardelli, che lo scopo era “l’Italianità di Trieste ed il pericolo Comunista su di essa incombente”; e quando si formò, dopo gli arresti di febbraio 1945 causati dalla collaborazione dell’agente del SIM Luigi Podestà con il commissario Collotti dell’Ispettorato Speciale di PS,  un altro CLN, il rappresentante azionista Giovanni Paladin definì  “infervorate” le riunioni di questo nuovo CLN: “sembrava che un fuoco inesauribile di passione nazionale ardesse nel cuore di coloro che volontariamente si erano assunti la responsabilità di contendere il possesso di queste contrade alla rapacità slava”[2].
Sarebbe troppo lungo entrare nei particolari dei mancati accordi e coordinamenti delle ultime settimane prima dell’insurrezione, quando l’Unità operaia tentò un ultimo contatto in modo da non dividere le forze al momento della discesa in armi in piazza, diciamo solo che il CLN decise di non collaborare con la resistenza di classe ed internazionalista, e cercò di anticipare l’insurrezione operaia occupando (con l’accordo di esponenti della polizia fascista e della guardia civica e delle stesse istituzioni collaborazioniste, il Prefetto ed il Podestà) alcuni punti strategici come il Comune e la Prefettura, esponendo la bandiera italiana mentre in città ed in periferia erano ancora in corso i combattimenti. 
Il 1° maggio giunsero da Guardiella ai portici di Chiozza, in pieno centro cittadino, le avanguardie della XX Divisione jugoslava comandate dal maggioreBožo Mandać, al quale il tenente colonnello Fonda Savio andò incontro per passargli le consegne dell’insurrezione. Tale atto sanciva il riconoscimento da parte del CVL ai primi alleati giunti in città, e da quel momento, quindi, se qualche aderente al CVL rifiutava di consegnare le armi o addirittura si poneva contro gli Jugoslavi, disattendeva agli stessi ordini dei propri comandanti. Pertanto il loro arresto da parte dell’esercito jugoslavo era più che legittimo, anche in base alle direttive del CLNAI, che prevedevano che all’arrivo delle truppe alleate i CVL locali dovevano consegnare loro le armi. Un tanto va detto per dirimere un’altra delle false notizie che circolano sull’argomento e cioè che “gli jugoslavi arrestarono anche antifascisti”: arrestarono membri del CVL che si erano rifiutati di consegnare le armi e reparti armati che avrebbero dovuto fare parte del CVL, come da accordi comunicati, ma invece si misero a sparare assieme ai tedeschi contro gli jugoslavi (questo è il caso delle guardie di finanza di Campo Marzio, che non furono “infoibate” a Basovizza, ma passate per le armi in altra località per il motivo che abbiamo detto).
Abbiamo dovuto obbligatoriamente sintetizzare al massimo queste note, per cui vi rimandiamo alla lettura del dossier “Le due resistenze di Trieste” (scaricabile qui: http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2015/05/Le-due-resistenze-di-Trieste.pdf ), perché certi fatti non sono riassumibili in poche parole, in “pillole” come va tanto di moda fare, dire uno slogan e così superficialmente falsificare la storia attribuendo comportamenti non esistiti ad una parte politica che si vuole denigrare per fini propagandistici.

NOTE
[1] E. Marzari, ne “I cattolici triestini nella Resistenza”, op. cit., p. 30.
[2] G. Paladin, “La lotta clandestina di Trieste nelle drammatiche vicende del CLN della Venezia Giulia”, Trieste 1954; ristampa Del Bianco, Udine, 2004, p. 219-221. 

Claudia Cernigoi 1° maggio 2020