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QUANDO FINIRÀ IL REGIME CRIMINALE IN MONTENEGRO?
 
1) OMICIDIO DI DAPHNE CARUANA GALIZIA, le tracce portano in Montenegro (OBC/Vijesti, agosto 2020)
2) Flashback: ACCURATAMENTE INSABBIATA L'INDAGINE ITALIANA SUL CONTRABBANDO DI SIGARETTE che vedeva implicato il clan Djukanović assieme a Camorra e Sacra Corona Unita
– INTRODUZIONE e rassegna di collegamenti da JUGOINFO, OBC, CdB, Wikipedia
– 2012: Trafic de cigarettes au Montenegro : l’UE ouvre quatre enquêtes
– 2011: Ðukanović e il processo a Bari
– 2007: La justice italienne s’apprête à inculper Milo Djukanovic / Vers la fin de la « République des cigarettes » ?
3) Flashback 2006: La police au service du parti. LES POLICIERS AVAIENT L’OBLIGATION DE MOBILISER LES ÉLECTEURS POUR LE RÉFÉRENDUM
 
 
=== 1: OMICIDIO DI DAPHNE CARUANA GALIZIA ===
 
Vedi anche:
Dietro l’omicidio Caruana Galizia: le tangenti dell’energia dall’Azerbaigian al Montenegro (Andrea Zambelli, 22 Giugno 2020)
 
 
 
Omicidio di Daphne Caruana Galizia, le tracce portano in Montenegro
 

La giornalista maltese uccisa tre anni fa lavorava ad un’inchiesta sui legami tra il presidente del Montenegro, l’ex premier maltese e l’élite al potere in Azerbaijan. Lo rivela il figlio Matthew in questa intervista del quotidiano Vijesti

18/08/2020 -  Srdan Kosović Podgorica 

(Originariamente pubblicato dal quotidiano Vijesti, il 9 agosto 2020)

In questa intervista rilasciata al quotidiano montenegrino Vijesti, Matthew Caruana Galizia, figlio della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia assassinata tre anni fa, rivela alcuni dettagli dell’inchiesta sul caso Možura, condotta da sua madre, che si era focalizzata soprattutto sui legami tra l’attuale presidente del Montenegro Milo Đukanović, l’ormai ex premier maltese Joseph Muscat e l’élite al potere in Azerbaijan.

Dopo la tragica morte della madre, Matthew, anch’egli giornalista, si è impegnato a portare avanti le sue inchieste. Insieme al padre e ai fratelli, ha fondato The Daphne Caruana Galizia Foundation allo scopo di rafforzare lo stato di diritto a Malta.

Il processo per l’omicidio di sua madre è ancora in corso. Secondo lei, tutte le persone coinvolte nella morte di sua madre si trovano sul banco degli imputati oppure c’è qualcuno che sta ancora sfuggendo alla giustizia?

Credo che ormai nessuno – né della procura né della polizia, né del governo né dell’opposizione [maltese], né della Commissione europea e nemmeno dei governi di altri paesi – dubiti che ci siano ancora delle persone che stanno sfuggendo alla giustizia. C’è però chi preferirebbe ignorare questa evidenza e spostare il focus della vicenda su altri argomenti e chi, invece, sta lottando per ottenere piena verità e giustizia.

Sua madre ha mai parlato del progetto Možura e della corruzione ad esso legata, o di un possibile coinvolgimento di alcuni politici montenegrini negli affari su cui stava indagando? Ha mai menzionato qualcuno del Montenegro?

Sì, mia madre stava indagando sugli affari dei funzionari maltesi in Montenegro, in particolare sulle attività di Konrad Mizzi, Joseph Muscat e Tiziano Mousu, poi sull’azienda Vitals Global Healthcare e Ram Tumuluri, nonché sugli affari della SOCAR [compagnia statale petrolifera azera] in Montenegro.

Il personaggio chiave su cui stava indagando era Milo Đukanović, all’epoca primo ministro del Montenegro. Stava indagando sui rapporti tra Đukanović, Muscat e l’élite al potere in Azerbaijan. Il legame tra i funzionari azeri, quelli montenegrini (compreso Đukanović), quelli maltesi (compresi Mizzi, Schembri e Muscat) e i rappresentanti dell’azienda Shanghai Electric (controllata dal governo cinese) ha subito suscitato sospetti.

Ci sono degli indizi di eventuali transazioni sospette legate a questi affari che potrebbero vedere coinvolte alcune persone, aziende e banche del Montenegro? I funzionari montenegrini che hanno preso parte al processo decisionale relativo al progetto Možura erano coinvolti in pratiche corruttive?

Sì, l’Universal Capital Bank [con sede a Podgorica] è coinvolta. Yorgen Fenech riceveva pagamenti sul suo conto presso la Noor Bank di Dubai dalla società Mayor Trans Ltd. registrata alle Seychelles, dietro cui c’è un uomo dell’Azerbaijan. Questi pagamenti venivano effettuati da un conto aperto presso la banca lettone ABLV, successivamente chiusa per sospetto di riciclaggio di denaro. La società Mayor Trans Ltd. ha un conto anche presso l’Universal Capital Bank. Per cosa veniva utilizzato questo conto e chi lo gestiva? La possibilità che il conto presso l’Universal Capital Bank fosse stato utilizzato come un fondo nero per la corruzione in Europa dovrebbe attirare l’attenzione del ministero delle Finanze statunitense e dell’Autorità bancaria europea.

Quali sono le più recenti rivelazioni sul caso Možura che potrebbero essere rilevanti per i cittadini del Montenegro?

Lo scandalo Možura è l’esempio di una rete criminale organizzata, costituita da alcuni funzionari e uomini d’affari corrotti provenienti da Malta, Azerbaijan, Cina e Montenegro, che rubavano i soldi davanti ai nostri occhi. Tuttavia, questo progetto sembra di poco conto rispetto ad alcuni affari di privatizzazione più grandi, multimiliardari, affidati [ad alcune aziende] attraverso un processo intriso di corruzione, nel settore sanitario e in quello della sicurezza. L’azienda Vitals Global Healthcare ha corrotto alcuni funzionari maltesi, usando lo stato per fare ingresso in Montenegro, Albania e Macedonia del Nord. L’azienda SOCAR sta facendo la stessa cosa in Montenegro, dopo aver commesso una grande truffa a Malta con il progetto Electrogas.

Come commenta il fatto che il parlamento montenegrino ha respinto la proposta di istituire una commissione d’inchiesta sul caso Možura?

I membri del parlamento che hanno votato contro questa proposta non stanno facendo alcun favore a se stessi. Col tempo il [loro] potere e l’influenza diminuiranno, e di conseguenza anche la loro capacità di insabbiare certi reati. Quando le istituzioni statali vengono usate per commettere e insabbiare reati, la fiducia in esse è compromessa, forse irrimediabilmente. Anche nelle democrazie forti si verificano casi di corruzione ad alto livello. La differenza è che questi paesi affrontano la corruzione e ne escono più forti.

Le pressioni esercitate dall’Unione europea e dalla comunità internazionale hanno fatto sì che l’indagine per l’omicidio di sua madre venisse portata avanti con un certo successo. Pensa che simili pressioni potrebbero dare qualche risultato anche in Montenegro?

Per uno stato che poggia su un debole sistema di separazione dei poteri e su una cultura clientelare, e che si è dimostrato tollerante nei confronti della corruzione, usata in modo strategico da parte di alcuni governi, come quello azero e cinese, l’ingresso nell’UE e soprattutto l’accesso ai finanziamenti e prestiti che esso comporta potrebbe essere rischioso. Il messaggio della Commissione europea deve essere chiaro: il processo di adesione non implica solo controlli, ma anche riforme culturali, politiche e legislative. I cittadini del Montenegro devono fare la stessa richiesta ai loro leader. Alla fine, la corruzione ci ruba la libertà e, nella peggiore delle ipotesi, anche la vita, come è successo a mia madre.

Pensa che Yorgen Fenech continuerà a rivelare dettagli sui retroscena dell’omicidio di sua madre? Secondo lei, Fenech sa chi in Montenegro era coinvolto in pratiche corruttive e chi ne ha tratto guadagno?

Sono sicuro che Fenech sa chi altro era coinvolto in questi affari illegali. Ma cosa accadrebbe se Fenech o un altro testimone morisse domani? È quasi successo ad un intermediario nell’omicidio di mia madre, Melvin Theuma  [avrebbe contattato per conto del mandante i tre esecutori materiali dell'omicidio, ndr], che ha tentato il suicidio qualche settimana fa. Le nostre autorità devono essere competenti e proattive per riuscire a seguire i flussi di denaro e portare avanti il processo senza l’aiuto dei criminali.

 

Cronologia del caso Možura

2007-2009

L’azienda spagnola Fersa Energias Renovables ha condotto un’analisi, commissionata dal governo montenegrino, per valutare la forza eolica a Možura, nei pressi di Ulcinj. In questo periodo, gli esponenti dell’azienda spagnola e alcune persone ad essa legate hanno fondato due aziende con sede in Montenegro, BWP Montenegro e BWP Company, e in un secondo momento altre due aziende, Blue Capital e BWP Development.

9 novembre 2007

Fersa Energias Renovables e BWP Montenegro hanno sottoscritto un contratto a Barcellona, con il quale BWP Montenegro si è impegnata a fare da intermediario tra il governo montenegrino e l’azienda Fersa, in modo da consentire a quest’ultima di aggiudicarsi un contratto per la realizzazione di un parco eolico a Možura. A Barcellona BWP Montenegro era rappresentata da Vladimir Popović e Carles Collu Palou.

13 marzo 2008

L’azienda Fersa Energias Renovables ha pagato a BWP Montenegro una parte della somma dovuta per l’attività di intermediazione.

22 luglio 2008

Fersa Energias Renovables ha fondato l’azienda Fersa Montenegro.

gennaio 2010

Il governo montenegrino, sulla base dell’analisi condotta da Fersa, ha indetto una gara d’appalto per la costruzione di un parco eolico a Možura.

5 luglio 2010

Il ministero dell’Economia montenegrino ha firmato un contratto con un consorzio formato da Fersa e dall’azienda Čelebić con sede a Podgorica per la realizzazione di impianti eolici a Možura, per un importo complessivo di 65 milioni di euro. Con questo contratto, lo stato si è impegnato ad acquistare, nei 12 anni successivi alla messa in funzione del parco eolico, tutta l’energia prodotta dagli impianti eolici al prezzo di 96 euro per MWh. La produzione annua è stata stimata in 100.000 MWh. Quindi, Fersa e Čelebić avrebbero ricevuto 9,6 milioni di euro all’anno, ovvero 115 milioni di euro per l’intero periodo fissato nel contratto.

20 dicembre 2010

L’azienda Fersa Montenegro ha cambiato nome, diventando Možura Wind Park.

5 ottobre 2012

Vladimir Popović e Carles Collu Palou hanno sporto denuncia contro le aziende Fersa e BWP Montenegro, accusandole di non aver pagato il resto della somma pattuita a titolo di provvigione per l’attività di intermediazione. Il processo è ancora in corso.

15 dicembre 2014

Il ministero dello Sviluppo sostenibile e del Turismo ha rilasciato il permesso per i lavori di realizzazione di impianti eolici a Možura.

febbraio 2015

La società offshore Cifidex Ltd.. registrata alle Seychelles ha acquistato la quota del capitale di Možura Wind Park in mano all’azienda Čelebić per 650mila euro e la quota detenuta dall’azienda Fersa per 2,9 milioni di euro, diventando così l’unico proprietario dell’impresa esecutrice dell’impianto. Nei nove mesi successivi all’acquisto di Možura Wind Park, il nuovo proprietario ha più volte provveduto alla ricapitalizzazione dell’azienda, per un importo complessivo di 2,2 milioni di euro. Secondo una recente inchiesta pubblicata da Reuters, la società Cifidex Ltd. è stata fondata da Turab Musayev, uno dei direttori della compagnia petrolifera azera SOCAR..

dicembre 2015

La compagnia elettrica maltese Enemalta, di cui lo stato è proprietario di maggioranza, ha acquistato Možura Wind Park dalla società Cifidex per 3,5 milioni di euro. Dopo l’avvio delle indagini per l’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia, Enemalta ha rivelato di non aver pagato 3,5 milioni di euro, bensì 10,5 milioni di euro per l’acquisto di Možura Wind Park. Dalle indagini è inoltre emerso che Cifidex Ltd. aveva acquistato Možura Wind Park da Fersa e Čelebić con i soldi presi in prestito dalla società 17 Black con sede a Dubai di proprietà di Yorgen Fenech, uno dei principali sospettati per l’omicidio della giornalista maltese. Dopo aver venduto Možura Wind Park alla compagnia Enemalta, l’azienda Cifidex ha restituito la somma ottenuta in prestito (3 milioni di euro) alla società 17 Black, pagandole altri 4,6 milioni di euro a titolo di “quota di profitto”.

18 maggio 2016

Il premier montenegrino Milo Đukanović si è recato in visita a Malta, dove ha parlato con il suo omologo maltese Joseph Muscat del progetto Možura. Prima di questo incontro, Muscat è stato in visita in Montenegro dall’11 al 13 gennaio 2016.

ottobre 2016

La società Malta Montenegro Wind Power JV Ltd. ha acquistato il 90% del capitale di Možura Wind Park, diventandone così azionista di maggioranza, mentre la compagnia Enemalta ha mantenuto il restante 10% del capitale sociale. Malta Montenegro Wind Power JV Ltd. è controllata da tre aziende: International Renewable Energy Development Ltd. con sede a Malta, ma di proprietà cinese (che detiene il 70% del capitale sociale), Vestigo Clean Energy I Ltd. registrata nell’isola di Guernsey (il 20% del capitale) ed Envision Energy International Ltd. con sede a Hong Kong (il 10% del capitale).

17 ottobre 2017

La giornalista maltese Daphne Caruana Galizia è stata uccisa da un’autobomba. Stava indagando su alcune transazioni sospette legate a Enemalta, Cifidex Ltd. e 17 Black. Dopo la morte della giornalista, le sue inchieste sono state portate avanti da un gruppo di giornalisti investigativi e dai membri della sua famiglia. L’Unione europea sta facendo pressione sulle autorità maltesi affinché garantiscano indagini adeguate sull’accaduto. L’indagine condotta dalla procura maltese suggerisce un possibile coinvolgimento di alcuni uomini d’affari ed esponenti del governo maltese in sospette pratiche corruttive legate agli affari di Enemalta in Montenegro.

19 ottobre 2017

La procura speciale del Montenegro ha aperto un fascicolo sul caso Možura, sulla base delle informazioni contenute nella denuncia sporta da Popović e Pallou contro l’azienda Fersa. Agli inizi di luglio 2020, all’interrogazione presentata da un deputato eletto nelle fila del partito DEMOS, la procura ha risposto di aver ottenuto dal ministero dell’Economia la documentazione relativa al progetto Možura solo alla fine del 2019. Le indagini sul caso Možura sono ancora in corso.

18 novembre 2018

Il parco eolico di Možura è stato ufficialmente inaugurato e messo in funzione. È stato reso noto che la realizzazione del parco è costata 90 milioni di euro, una cifra di ben 25 milioni superiore a quella inizialmente annunciata. La principale impresa esecutrice era Shangai Electric Power Engineering con sede a Podgorica, di proprietà della società SEP Engineering registrata a Malta, ubicata allo stesso indirizzo della società Malta Montenegro Wind Power LV Ltd. La maggior parte dei lavori affidati in subappalto è stata eseguita dall’azienda Bemax.

gennaio 2020

Il primo ministro maltese Joseph Muscat ha rassegnato le dimissioni (provocando la caduta del governo) a causa di alcuni scandali di corruzione, compreso quello legato agli affari di Enemalta in Montenegro, ma anche a causa della pressione dell’opinione pubblica per risolvere l’omicidio di Daphne Caruana Galizia che stava indagando su quegli affari.

giugno 2020

Reuters ha scritto che le tracce del flusso di denaro portano in Montenegro, sostenendo che l’uomo d’affari Yorgen Fenech, accusato di essere il mandante dell’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia, è coinvolto nell’acquisto del parco eolico di Možura nei pressi di Ulcinj.

 
--- I principali protagonisti dell’affare Možura
 
Joseph Muscat, l’ex premier maltese, ha rassegnato le dimissioni sotto pressione dell’opinione pubblica dopo lo scoppio dello scandalo legato agli affari dell’azienda Enemalta e dopo le rivelazioni sul coinvolgimento di alcuni dei suoi più stretti collaboratori nell’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia. Muscat si è recato più volte in visita in Montenegro.

Konrad Mizzi, l’ex ministro dell’Energia maltese, anch’egli ha rassegnato le dimissioni sull’onda della pressione dell’opinione pubblica. Il nuovo premier maltese, Robert Abela, ha dichiarato che Mizzi si è dimesso a causa del suo coinvolgimento nello scandalo Panama Papers e per i legami con l’uomo d’affari Yorgen Fenech, accusato di aver partecipato all’omicidio di Daphne Caruana Galizia.

Tiziano Mousu, console onorario di Malta in Montenegro, ha testimoniato al processo per tentato “colpo di stato” [avvenuto durante le elezioni parlamentari in Montenegro del 16 ottobre 2016].

Keith Schembri, l’ex capo di gabinetto di Joseph Muscat, si è dimesso dopo essere stato interrogato dalla polizia in merito all’omicidio di Daphne Caruana Galizia.

Yorgen Fenech è accusato di essere il mandante dell’omicidio della giornalista. Secondo quanto riportato dalla Reuters, Fenech, attraverso la sua azienda 17 Black, ha guadagnato svariati milioni di euro grazie al progetto del parco eolico di Možura. I media maltesi sostengono invece che sarebbe stato proprio Fenech a rivelare ai media alcune informazioni sullo scandalo Možura.

Turab Musayev è uno dei direttori dell’azienda SOCAR. Secondo Reuters, Musayev è uno dei fondatori dell’azienda Cifidex, legata alla società offshore GSA Services Ltd. registrata nell’isola di Guernsey.
 
 
=== 2: ACCURATAMENTE INSABBIATA L'INDAGINE ITALIANA SUL CONTRABBANDO DI SIGARETTE ===
 
Le pesanti accuse rivolte dalla magistratura italiana contro Milo Djukanovic 

Associazione mafiosa finalizzata al contrabbando internazionale di sigarette e riciclaggio di danaro... Accuse tanto imbarazzanti che Djukanovic si era tolto di mezzo per un po' dopo la proclamazione nel 2006 della "indipendenza" della sua repubblichetta, di cui è stato premier e presidente in diverse fasi prima e dopo. Accuse in base alle quali Djukanovic a metà del 2007 è stato rinviato a giudizio in Italia, prima che la magistratura nostrana interrompesse l'indagine per inopportunità politica nell'aprile 2009. I rapporti che Djukanovic e la sua lobby politico-affaristico-secessionista instaurò con la malavita italiana sono passati non solo attraverso la Sacra Corona Unita pugliese, ma anche attraverso la Camorra, specialmente nelle persone del boss del contrabbando Gerardo Cuomo, di Gragnano, e del noto camorrista (benchè pugliese) Francesco Prudentino, di Ostuni, già residente in Montenegro.

Su tutto questo, su cui la stampa italiana e internazionale di stretta osservanza NATO ha calato un silenzio di tomba mentre in Montenegro e Croazia i giornalisti che se ne occupavano venivano arrestati o uccisi, raccomandiamo in particolare la rilettura, tra la molta documentazione presente nell'archivio di JUGOINFO, degli articoli alle pagine:
 
ed anche:
Montenegro: Italy Seeks Three High-Profile Arrests
Http://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/2966-2992-montenegro-italy-seeks-three-high-profile-arrests.html
Ultime notizie dal paradiso dei contrabbandieri (Nov. 2003)
https://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/2932-2958-ultime-notizie-dal-paradiso-dei-contrabbandieri.html
Djukanovic Smuggling Claims Persist
Montenegro indipendente, paradiso della mafia
http://www.cnj..it/home/it/informazione/jugoinfo/2617-2643-montenegro-indipendente-paradiso-della-mafia.html
In Belgio le basi della mafia montenegrino-pugliese
https://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/2233-2258-montenegro-indipendente-1.html
Verso l'insabbiamento del processo Djukanovic
https://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/2078-2102-il-paradiso-dei-contrabbandieri.html
Contrabbando: chieste 16 condanne e 17 rinvii a giudizio
https://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/2032-2056-djukanovic-ho-vinto-l-indipendenza-e-il-logico-epilogo-con-i-soldi-del-contrabbando.html
In quale contesto si svolgono le elezioni montenegrine
https://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/1984-2008-in-quale-contesto-si-svolgono-le-elezioni-montenegrine.html
Le milizie personali di Djukanovic addestrate dalle forze speciali britanniche
https://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/400-393-la-gran-bretagna-contro-la-jugoslavia-1991-2000-2.html

nonché,
 
dall'archivio di OBC:
 
 
da Wikipedia (pagina consultata il 24.8.2020):
 
Milo Đukanović è stato sospettato di legami personali e politici per contrabbando di tabacco a livello diffuso in Montenegro per tutto il 1990. Le autorità italiane hanno fatto cadere tutte le accuse contro di lui nel mese di aprile 2009.
Nel luglio 2003, la Procura di Napoli lega Đukanović con un racket della criminalità organizzata con un giro di affari del valore di miliardi di euro. Emerge anche un suo presunto coinvolgimento nel contrabbando di tabacco, accuse che egli nega, definendole un "abominevole trucco politico", volto a criminalizzare lui e il suo paese.
Il 16 aprile 2003, il Giudice per le indagini preliminari di Napoli respinse la richiesta all'Ufficio Antimafia riguardante l'emissione di un mandato di arresto nei confronti dello stesso Đukanović, sostenendo che fosse immune dall'arresto come primo ministro del Montenegro. L'ufficio indagò su di lui per un breve periodo, chiedendo inoltre che fosse arrestato come misura precauzionale.
Sul caso è stato presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Napoli, il quale respinse la richiesta d'arresto di Đukanović. Oltre a rivendicare la sua immunità, è stato descritto come socialmente non-pericoloso, nonché inconsapevole dei crimini attribuitigli.
Il caso è stato quindi presentato ancora una volta appello, alla Corte di Cassazione. Il 28 dicembre 2004, la Corte si è pronunciata a favore della presidenza antimafia[non chiaro] sostenendo che il Montenegro non fosse uno Stato sovrano, e che, pertanto, Đukanović non godesse di immunità diplomatica.
Dopo il referendum per l'indipendenza, l'avvocato di Đukanović, Enrico Tuccillo, affermò che "il referendum ha confermato la premessa del primo ministro, Milo Đukanović, circa la sovranità del Montenegro: quindi senza alcun dubbio, oggi gode dell'immunità, concessa ai capi di Stato e di governo."
Il 27 marzo 2008 Đukanović si recò in una visita a basso profilo presso l'ufficio del procuratore di Bari, durante la quale fu interrogato per 6 ore e mezza rispondendo alle domande del Pubblico Ministero circa le accuse contro di lui. In tale occasione, l'avvocato di Đukanović sostenne di avere prove che dimostravano che, nel momento in cui il suo cliente aveva presentato la richiesta di deporre alle autorità giudiziarie italiane a Bari, non era stato occupato nessun ufficio pubblici di alcun tipo e, pertanto, non vi era intenzione di avvalersi dell'immunità, in primo luogo. Nel mese di aprile 2009, le autorità chiusero il caso contro Đukanović.
 
en francais:

 
e la nostra pagina dedicata all'instaurazione del protettorato NATO in Montenegro, tra criminalità e brogli elettorali:
 
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B92, 3 octobre 2012
 

Trafic de cigarettes au Montenegro : l’UE ouvre quatre enquêtes

 
Traduit par Jacqueline Dérens
 
L’Office européen de lutte anti-fraude a ouvert quatre enquêtes sur des affaires de contrefaçon et de contrebande de tabac. Dans les années 1990, le Monténégro était la plaque tournante d’un vaste trafic international de cigarettes dont le principal organisateur ne serait autre que Milo Ðukanovic, ancien Premier ministre et tête de liste de la majorité aux prochaines législatives.
 

L’Office européen de lutte anti-fraude (Olaf) n’a pas encore d’officier de liaison au Monténégro, mais quatre enquêtes y sont en cours et une équipe se consacre à la contrefaçon et au trafic de cigarettes. De forts soupçons pèsent sur la la Manufacture de tabac de Podgorica (DKP), qui pourrait servir de paravent à un trafic.

Début septembre, le responsable du département des exportations de la Eastern Company, Farag Mourad, avait annoncé qu’il engageait des poursuites contre la DKP car sa société, propriétaire de la marque Cleopatra, n’a jamais donné l’autorisation à la manufacture monténégrine de produire cette marque de cigarettes.

Un peu plus tôt, des responsables de la DKP avaient annoncé avoir obtenu des accords avec deux sociétés étrangères. Le quotidien monténégrin Vijesti a révélé que l’une de ces sociétés, Intercop-Finance, n’est pas enregistrée en France comme l’affirme la DKP, mais à Beyrouth. La seconde société, Virginia Tobacco PTE a été effacée des registres de la chambre de commerce de Singapour.

« Il y a beaucoup trop d’irrégularités pour penser à une coïncidence. Au contraire, ces irrégularités montrent clairement qu’il s’agit d’une affaire classique de contrebande et malheureusement il y a derrière cette contrebande des institutions monténégrines et des individus qui la contrôlent », a déclaré Velizar Kaluđerović du Parti populaire socialiste du Monténégro (SNP).

Vijesti a en outre rapporté dans ses colonnes la possible existence d’une manufacture de tabac clandestine à Mojkovac, bourgade du Nord-Est du pays, dont la production est destinée à la contrebande. Une information confirmée par des membres de la police, des services de sécurité et des responsables gouvernementaux.

Deux policiers des frontières Enver Dacić et Hamdo Murić ont assuré qu’une « route de la contrebande » était ouverte vers le Kosovo et qu’il y avait bien une manufacture illégale à Mojkovac.

Quand on parle de contrebande de cigarettes, la situation actuelle au Monténégro est complètement différente maintenant de ce qu’elle était dans la période courant de 1994 à 2001, explique Johan Volt, le porte-parole d’Olaf. « À l’époque, le Monténégro était un pays de transit pour les cigarettes qui étaient introduites frauduleusement dans les pays de l’UE ».

 
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Ðukanović e il processo a Bari
Mustafa Canka | Ulcinj 15 febbraio 2011


Dopo che lo scorso dicembre il premier montenegrino Milo Ðukanović ha dato le dimissioni, i media ipotizzano la riapertura del processo a suo carico, per contrabbando di sigarette, avviato dalla procura di Bari. Possibilità che l'ex premier e il suo legale escludono categoricamente
 
L’ex capo del governo montenegrino, Milo Ðukanović, è convinto che non dovrà più comparire davanti ai giudici di Bari. “L’accusa contro di me è stata archiviata. L’indagine svolta negli scorsi anni ha dimostrato che non ho alcuna responsabilità”, ha precisato Ðukanović durante una lunga intervista rilasciata il mese scorso alla tv di Banja Luka.
A suo avviso l’inchiesta sul suo conto è stata concepita da Belgrado e Roma. Si tratterebbe a suo dire di "una montatura che è stata politicamente ordinata dalla Serbia, attraverso l’Italia, con l’intento di abbattere il progetto del Montenegro indipendente e screditare in questo modo il suo ideatore, cioè Milo Ðukanović”, ha dichiarato l’ex premier. A conferma delle sue posizioni Ðukanović ha fatto appello al fatto che alcuni mesi fa l'ex ministro montenegrino per le Finanze, Miroslav Ivanišević, anch'egli sotto processo a Bari, è stato assolto dall’accusa di “contrabbando di sigarette e di associazione mafiosa” per il fatto che il Montenegro, come stato sovrano, aveva il diritto di fare affari con il commercio di sigarette.
Nel frattempo Ðukanović ha annunciato che denuncerà lo stato italiano, ossia la magistratura italiana e il pm Giuseppe Scelsi. “Richiederemo un adeguato risarcimento per la sofferenza politica che mi è stata inflitta con questo procedimento”, ha precisato l’ex premier montenegrino.
Milo Ðukanović nel marzo 2008, quando godeva dell’immunità diplomatica, aveva in modo del tutto discreto incontrato i pm di Bari e durante un colloquio di 6 ore e mezza aveva risposto alle 80 domande che gli erano state rivolte. L'indagine della procura si è conclusa nell’aprile 2009 con una richiesta di archiviazione per via dell'immunità diplomatica di Ðukanović .
 

Il destino di Ðukanović nelle mani dei pm italiani

Tuttavia, il destino di Ðukanović sembra di nuovo nelle mani dei pm italiani Giuseppe Scelsi e Eugenia Pontassuglia. Questi ora dovranno decidere se continuare il processo contro Ðukanović o se archiviarlo definitivamente. “Il problema in casi come questo è che si arrivi alla prescrizione, perché è trascorso molto tempo dal crimine in oggetto. Ci sono state delle modifiche alla cornice legale, quindi adesso bisogna valutare ancora una volta l’intero caso e vedere cosa è possibile fare”, ha dichiarato recentemente Scelsi al quotidiano montenegrino Vijesti.
Ðukanović ritiene che i pm stiano solo cercando di tirarsi fuori dalle acrobazie giuridiche in cui si erano cacciati. “Perché, vedete, è molto difficile dopo dieci anni di indagini dire di aver commesso un errore”, ha detto Ðukanović. Anche il difensore italiano di quest’ultimo, l’avvocato Enrico Tuccillo, è convinto che questa vicenda sia ormai chiusa. "Non so più come spiegare che questa vicenda che vede coinvolto Ðukanović è finita e non c’è alcuna possibilità che questo caso venga aperto di nuovo”, ha dichiarato Tuccillo a Vijesti.
I media a Podgorica, invece, sostengono che i diplomatici montenegrini stiano interessandosi presso i colleghi italiani per sapere se è effettivamente possibile che il procedimento contro Ðukanović parta di nuovo.
Nell’inchiesta l’ex premier viene messo in relazione alla criminalità organizzata, sulla base del fatto che avrebbe concesso al cittadino svizzero Franco della Torre la licenza per importare sigarette in Montenegro, trasferite poi in Italia attraverso i canali del contrabbando. In questo affare, che sarebbe durato dal 1994 al 2002, le casse dello stato italiano sarebbero state danneggiate per alcuni miliardi di euro.
 

Gli altri indagati

Fra gli indagati di Bari compaiono influenti uomini d'affari montenegrini: Branislav Mičunović, Veselin Barović, Branko Vujošević e la rappresentante commerciale del Montenegro a Milano Dušanka Pešić-Jeknić, così come i businessmen serbi Stanko Subotić detto Cane e Andrija Drašković.
Definito “la scatola nera di Ðukanović” dall’ex rappresentante diplomatico del Montenegro a Washington Ratko Knežević, Stanko Subotić è accusato in Italia di essere “il creatore del sistema di lavaggio del denaro sporco” utilizzato durante il traffico illegale di sigarette.. Attraverso la sua compagnia “Dulwich”, Subotić - sostiene il pm Scelsi - avrebbe riciclato i profitti dei suoi partner criminali. Subotić avrebbe messo a disposizione tre aerei per il trasporto a Cipro, attraverso il Montenegro, di denaro di provenienza svizzera. La maggior parte dei guadagni sarebbe stata distribuita attraverso tre compagnie sospette con conti depositati in banche del Liechtenstein. Quando Scelsi ha cercato di sapere chi c’è dietro le tre compagnie, il Liechtenstein avrebbe rifiutato di collaborare.
Infine una curiosità. In questi mesi il possibile riavvio del processo di Bari non è l'unica cosa che Ðukanović si è affrettato a smentire: il quotidiano britannico Independent lo scorso anno lo ha inserito tra i venti leader più ricchi del mondo, cosa che l’ex premier ha rigettato come infondata.
 

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VIJESTI
 
Trafics de cigarettes : la justice italienne s’apprête à inculper Milo Djukanovic
 
TRADUIT PAR PERSA ALIGRUDIC
Publié dans la presse : 23 juin 2007
Mise en ligne : dimanche 24 juin 2007
 

L’homme fort du Monténégro, Milo Djukanovic, devrait être prochainement inculpé d’association mafieuse par la justice italienne. Le Parquet de Bari a mis en lumière son rôle direct dans les trafics de cigarettes, de 1994 à 2002. L’enquête souligne la protection dont jouissaient les mafieux italiens au Monténégro, la participation de la police monténégrine aux trafics trans-adriatiques, et met en lumière les circuits de blanchiment de l’argent, gérés par Stanko Subotic Cane.

Par S.Mihaljivac

Le Parquet de Bari a terminé son enquête. Les procureurs Eugenia Pontasuglia et Giuseppe Celsi ont décidé d’engager une procédure judiciaire contre l’ancien Premier ministre monténégrin Milo Djukanovic, contre l’ancien vice-Premier ministre et ministre des Finances Miroslav Ivanisevic et contre la représentante commerciale du Monténégro en Italie, Dusanka Pesic-Jeknic. Ils sont accusés de trafic de cigarettes dans la période allant de 1994 à 2002, a annoncé l’agence italienne Ansa.


 

En plus de Djukanovic, Ivanisevic et Pesic, l’acte d’accusation concerne une dizaine d’autres personnes. Elles ont toutes reçu une notification judiciaire les informant que l’enquête était terminée. Les charges retenues contre elles évoquent une association mafieuse pour le trafic de cigarettes et le blanchiment d’argent.

En se référant aux détails de l’enquête du Parquet de Bari, l’agence Ansa a rapporté que « le blanchiment d’argent s’effectuait par des comptes bancaires en Suisse, d’où l’argent était transféré au Monténégro, puis à Chypre ». De là, l’argent était transféré au Liechtenstein. Ansa mentionne dans son rapport que 500 millions d’euros ont été découverts sur le compte n° 03854109703948 de la Banque de Chypre, et que cet argent est supposé avoir été utilisé pour des investissements au Monténégro. On mentionne également une somme de 100 millions d’euros qui aurait été dégagée de 1997 à 2000 sur le trafic des cigarettes, et qui aurait également été investie au Monténégro.

Les inculpés ont un délai de vingt jours pour demander une audience ou présenter leur défense. À l’issue de ce délai, il est pratiquement certain qu’une demande sera formulée pour engager la procédure judiciaire, affirme l’Ansa.

Milo Djukanovic est accusé d’avoir été le chef d’une organisation criminelle regroupant également des membres de la mafia des Pouilles et deux industriels de citoyenneté suisse, Franco Della Torre et Gerardo Como, contre lesquels est menée une procédure séparée..

Le rôle de Cane

D’après l’enquête du Parquet de Bari, c’est Stanko Subotic Cane qui était chargé du blanchiment d’argent. Il aurait effectué des virements d’argent dans des banques suisses, qu’il aurait ensuite transféré au Monténégro et, de là, à Chypre, par trois avions privés dont l’un a précisément été acheté par l’argent gagné avec les « taxes de transit » au Monténégro, que le gouvernement avait instaurées durant cette période pour les trafiquants de cigarettes.

Milo Djukanovic est accusé d’avoir accordé à Della Torre un permis d’importation au Monténégro de mille tonnes de cigarettes par mois. Ces cigarettes étaient par la suite introduites en fraude en Italie par des vedettes et des bateaux hors-bord.

L’homme fort du Monténégro est accusé d’avoir aidé à la vente illégale des cigarettes par l’intermédiaire de la société Zetatrans, d’avoir facilité avec l’aide de la police monténégrine la navigation des trafiquants depuis les ports de Zelenika et de Bar, ainsi que d’avoir offert sa protection aux criminels italiens qui se cachaient au Monténégro.

Dusanka Pesic-Jeknic, qui était représentante commerciale du Monténégro en Italie, est accusé de médiation entre les membres de la mafia des Pouilles et le gouvernement monténégrin, avant tout, comme l’ont mentionné les enquêteurs, avec le Premier ministre Djukanovic, Branko Vujosevic et Veselin Barovic, accusés dans la même procédure.

D’après l’acte d’accusation, Dusanka Pesic-Jeknic était chargée de l’argent que les trafiquants lui versaient directement ainsi qu’aux autorités monténégrines. En 2001, elle aurait aidé, avec le consentement de Milo Djukanovic, à fournir de faux documents que Della Torre a présentés aux enquêteurs suisses sur la demande du Parquet de Bari.

Mafia du Monténégro et mafia des Pouilles

Une enquête de 1999 avait déjà constaté qu’il existait un accord entre la mafia du Monténégro et celle des Pouilles pour le contrôle et la gestion des trafics illégaux. D’après le Parquet de Bari, la mafia italienne avait conclu cet accord avec Andrija Draskovic, que les enquêteurs de Bari considèrent comme l’un des principaux chefs de la mafia en ex-Yougoslavie.

En échange du monopole d’achat de l’héroïne et de la cocaïne, Andrija Draskovic aurait assuré la protection des fugitifs italiens qui se cachaient au Monténégro. Il a été arrêté récemment en Allemagne et extradé vers l’Italie.

Branislav Brano Micunovic, que les enquêteurs considèrent comme l’un des patrons mafieux en ex-Yougoslavie, est également inculpé. Les charges retenues contre lui concernent la protection qu’il a accordée aux criminels italiens, en échange d’une partie des profits réalisés par le trafic illégal des cigarettes.

 

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MONITOR
 
Monténégro : vers la fin de la « République des cigarettes » ?
 
TRADUIT PAR PERSA ALIGRUDIC
Publié dans la presse : 8 juin 2007
Mise en ligne : dimanche 10 juin 2007
 

La Serbie a lancé un mandat d’arrêt contre Stanko Subotic Cane, le richissime homme d’affaires et trafiquant, grand ami de Milo Djukanovic, de Svetozar Marovic et de toute la bande des oligarques qui ont mis le Monténégro en coupe réglée. Un autre acteur majeur des trafics de cigarettes, Andrija Draskovic, est actuellement entendu par la justice italienne. Alors que l’argent sale des années 1990 étouffe l’État monténégrin, la « coalition des cigarettes » va-t-elle enfin vaciller ?

Par Milka Tadic-Mijovic

Il en va toujours ainsi, c’est quand vous semblez être au sommet de votre force que le diable vient prendre son dû. Il y a quelques jours seulement, Milo Djukanovic et Svetozar Marovic attendaient les plus éminentes personnalités mondiale, afin de recevoir leur prix « d’humanisme ». Nous avons vu la manière dont s’est terminée la cérémonie. Puis un nouveau coup est arrivé. À Belgrade, le cercle se referme autour de Stanko Subotic Cane, compagnon et partenaire de Djukanovic et de Marovic.

Cane est un acteur majeur et témoin de l’époque obscure des crimes et du trafic organisé des cigarettes. Avant lui, un important acteur dans cette affaire, Andrija Draskovic, est déjà tombé aux mains de la justice italienne. Draskovic est actuellement interrogé à Bari par le juge Chelsi, qui mène depuis longtemps les procès sur les trafics internationaux et qui enquête sur les affaires de Djukanovic et consorts.

Les dirigeants monténégrins se sont vraiment déchaînés. Ils croyaient que les souvenirs étaient enterrés. Qu’on pouvait unir ce qui ne doit pas être rapproché : Vaclav Havel et Cane, et l’oligarque russe Deripaska, et le capital des profits de guerre et les médailles de « pacifisme ». Ils n’ont pas compté sur le fait qu’ils ne pouvaient pas tout contrôler, que le monde est connecté, et que le Monténégro n’est pas une île isolée.

L’argent sale étouffe l’État

L’argent que Cane et ses camarades monténégrins ont gagné sous le régime de Milosevic avec les affaires de transit des cigarettes, caché dans des sociétés off-shore, revient désormais au Monténégro. Cet argent étouffe l’État. Des projets mégalomanes monstrueux menacent d’engloutir le pays, notamment avec les projets de Budva et de Sveti Stefan, sur le littoral monténégrin, là où règne Svetozar Marovic, très actif partenaire de Cane. Cane possède l’île de Sveti Nikola [au large de Budva, NdT], il envisage d’y construire des hôtels et une marina. Et même un réseau de distribution au niveau global. Un moyen idéal pour le contrôle des médias.

Tout allait parfaitement bien jusqu’à ce que Belgrade mette ses pieds dans le « réseau ». La Serbie, après la formation du nouveau gouvernement, a engagé plusieurs actions positives. Elle a arrêté l’un des criminels de guerre recherchés par le TPI, elle a invité Carla Del Ponte à séjourner à Belgrade, elle a promis de collaborer avec La Haye et, finalement, elle s’est lancée à la poursuite de Cane.

Podgorica détruit les crédits de l’indépendance. Elle cimente le système de pillage. Les cartels des cigarettes, avec leurs nouveaux partenaires, en général venus de Russie, ont pris possession des ressources les plus importantes du pays. Tout leur est soumis : le plan d’aménagement national, les lois, la stratégie de développement économique, l’énergie... Et le Parti social-démocrate (SDP) est même entré dans le système de collaboration.

Il faut mettre les choses à nu au Monténégro. Djukanovic, Marovic, Subotic et les autres membres connus de la fratrie, sont transparents. Ils veulent être les seigneurs du Monténégro, ils veulent le posséder. Et ils ne le cachent pas. Le problème est du côté de ceux qui trompent l’opinion publique alors que, dans le fond, ils appartiennent aussi au gang. Le rôle du SDP est fatal : il donne une couverture « citoyenne » au Parti démocratique des socialistes (DPS), il donne l’illusion qu’il y a des institutions qui dirigent l’État et que rien n’a changé. Depuis des années, sous d’innombrables formes, l’histoire se répète.

Le SDP, alibi et faire-valoir du pouvoir

Même quand il s’opposait au DPS, comme dans le cas de la privatisation du Combinat d’aluminium de Podgorica (KAP), ou de celle de la centrale thermo-électrique et des Mines de charbon de Pljevlja, le SDP n’a pas réussi à déjouer une seule des manoeuvres des dirigeants du DPS, de Deripaska ou de Subotic. Il est triste de voir la manière dont Ranko Krivokapic [dirigeant du SDP et président du Parlement monténégrin] fait traîner le vote sur la vente de la centrale de Pljevlja, soi-disant à cause du Premier ministre : en fait, il a peur du vote, il a peur de tourner le dos à Djukanovic et au plan qui prévoit de céder le complexe de Pljevlja au groupe russe de Deripaska.

Tout ce tumulte vise en fait à trouver la quadrature du cercle : comment faire pour que le SDP reste dans l’opposition tout en maintenant le pouvoir en place ? C’est un jeu. Krivokapic est fier de son passé pacifiste, et il applaudit quand les médailles de pacifisme sont attribuées aux guerriers. Il se distingue en tant que combattant pour les droits de la personne, mais il freine la loi sur la lustration. Il s’engage pour un État de justice sociale, mais participe à la création d’un cruel capitalisme de type latino-américain.

Le SDP est complice. Krivokapic fait partie de la chaîne Djukanovic-Marovic-Subotic-Deripaska... S’il n’a pas participé au trafic de cigarettes au cours des années 1990, cela n’atténue pas sa responsabilité sur le fait que ce soient toujours les anciens guerriers et les trafiquants qui règnent sur le Monténégro. Au contraire, sa responsabilité augmente de jour en jour. L’argent gagné par la vente illégale des cigarettes met en danger la stabilité de l’État, bien plus que les désaccords sur la définition constitutionnelle de l’Église et de la langue. Ce n’est que si le Monténégro se construit sur des principes sains qu’il a des chances de survivre comme société et comme État. À défaut, il ne sera qu’une proie facile à saisir.

À Belgrade, on arrête donc les partenaires de coalition des dirigeants du SDP. Il serait plus honnête que le SDP les défende maintenant en public, plutôt que de persuader l’opinion publique qu’ils ne font pas partie du film. Si, ils en font partie : depuis que le SDP participe au gouvernement, le cartel des cigarettes a fait main-basse sur le Monténégro, il gouverne l’État depuis la Vila Montenegro, la luxueuse propriété de Stanko Subotic Cane à Sveti Stefan.

 
=== 3: LES POLICIERS AVAIENT L’OBLIGATION DE MOBILISER LES ÉLECTEURS POUR LE RÉFÉRENDUM ===
 
 
LE COURRIER DES BALKANS
 
Monténégro : la police au service du parti
 
DE NOTRE ENVOYÉ SPÉCIAL À BIJELO POLJE
Mise en ligne : mercredi 27 juin 2007

 

Le 17 février dernier, le policier Suad Muratbasic, de Bijelo Polje, dans le nord du Monténégro, a été mis à pied. Son crime ? Avoir dénoncé la mobilisation forcée de la police au service du Parti démocratique des Socialistes, la formation dominante de la petite république. En 2006, les policiers avaient l’obligation de mobiliser les électeurs pour le référendum.

Par Jean-Arnault Dérens

Suad Muratbasic, 30 ans et trois enfants, n’a plus aucune ressource, et nourrit des craintes justifiées pour sa sécurité. Ce jeune policier, issu de la communauté bosniaque du nord du Monténégro, est désormais considéré comme un « ennemi de l’État », pour avoir révélé comment le Parti démocratique des Socialistes (DPS) de Milo Djukanovic utilise à son service la police de l’État.

Toute l’histoire a commencé en janvier 2006, quelques mois avant le référendum d’autodétermination du Monténégro. « Le directeur de la police du Monténégro, Veselin Vuljovic, est venu à Bijelo Polje, pour nous annoncer une réorganisation imminente de la police des frontières pour laquelle je travaillais. » La ville de Bijelo Polje possède en effet une longue frontière avec la Serbie. « Il nous a annoncé que de 35, notre effectif serait réduit à 25 policiers, et il a précisé que seraient retenus en priorité les policiers qui n’avaient pas signé de plainte pour les retards de salaires, et qui voteraient en faveur du DPS et de l’indépendance du Monténégro ».

Le « militant » Muratbasic

Suad Muratbasic, partisan, à titre personnel, de l’indépendance, a « bien » fait son travail. Comme tous ses collègues, il a reçu des mains de Mevludin Nuhodzic, député local du DPS, une liste d’électeurs à « visiter » dans la perspective du référendum. La liste, dont Suad a effectué des copies, est celle du « militant Muratbasic » [Aktivist Muratbasic], alors que le jeune policier n’a jamais pris la carte d’aucun parti. Elle comporte les noms d’une quarantaine de personnes, dont beaucoup d’émigrés installés à l’étranger. Le « travail » de Suad Muratbasic était d’aller voir leurs parents pour s’assurer qu’ils reviendraient bien au pays à l’occasion du référendum. « Tous les policiers de Bijelo Polje ont reçu le même type de liste, et chacun a fait le travail », explique Suad.

Les retards de salaire atteignent plusieurs mois dans la police de Bijelo Polje, mais Suad Muratbasic n’avait pas signé la lettre de protestation adressée par plusieurs de ses collègues aux autorités supérieures de la police. Néanmoins, le 17 février 2007, il a été mis à pied, ainsi que sept de ses collègues qui, comme lui, n’avaient pas un statut de fonctionnaires titularisés. « On nous a dit d’aller voir s’il y avait du travail dans la police de Berane, à près de 40 kilomètres : les frais de déplacement auraient englouti mon salaire. » Policier depuis 1998, Suad Muratbasic attendait sa titularisation. « Le week-end, je devais aller travailler bénévolement à la construction de la maison du chef de la police locale, qui me promettait cette titularisation. Parfois, je devais aussi aller couper du bois », explique Suad..

« Je remplis pourtant tous les critères pour cette titularisation », précise-t-il. « J’ai passé les concours, contrairement à beaucoup de policiers, qui ont des diplômes de complaisance, obtenus grâce à des amis ou des parents ».

Choqué, le jeune policier décide de révéler les pratiques singulières qui prévalent au sein de la police monténégrine en accordant une interview au correspondant local de Radio Free Europe. « Mon calvaire a commencé », explique-t-il. « J’ai subi plusieurs interrogatoires, nombre de brimades, je recevais des coups de fil anonymes à toutes les heures de la journée et de la nuit... » Finalement, Suad est suspendu deux mois de la police le 30 mars pour « manquement au devoir de réserve ».

« Ennemi de l’État »

Le 1er mai, il reprend son travail, mais aucun de ses collègues ne veut plus adresser la parole à cet « ennemi de l’État ». Au bout de six jours, on lui fait comprendre qu’il vaut mieux qu’il renonce à se présenter à son travail, et qu’il rende son uniforme, son insigne et son arme de service.

Depuis, Suad Muratbasic « n’existe plus ». Il ne touche bien sûr aucun salaire, mais il n’est pas officiellement licencié, ce qui l’empêche de s’inscrire au bureau pour l’emploi et de prétendre aux aides sociales. « Et je ne peux pas trouver le moindre travail : toutes les entreprises privées de Bijelo Polje appartiennent à des membres du DPS », ajoute-t-il.

Mis au ban de la société, Suad se demande pourquoi il a, à un moment de sa carrière, déplu à l’État-parti qui dirige le Monténégro sans partage. « Lors d’un des interrogatoires que j’ai subis, explique-t-il, j’ai compris que mon téléphone portable était devenu suspect. On m’a dit que j’avais reçu un SMS du Danemark. Je ne sais pas de quoi il est question, mais il s’agit probablement d’un SMS critique envers Djukanovic qui a été intercepté par la police... »

L’affaire Muratbasic a fait les gros titres de la presse durant quelques jours, mais aujourd’hui, le jeune policier est seul. Quelques rares militants des droits de la personne sont les seuls à évoquer encore son cas et à essayer de le soutenir.

Certains voisins essaient toujours d’apporter une aide à Suad et à sa famille. Ces mêmes voisins, durant des années, ont toujours voté pour le DPS, uniquement « pour que Suad n’ait pas d’ennuis ».. Au Monténégro démocratique, les voisins d’un policier doivent être les premiers à « bien » voter.