Ottobre 1944: i giovanissimi
        combattenti che, nelle file della Seconda Brigata Proletaria,
        hanno preso parte ai combattimenti per la liberazione di
        Belgrado, posano soddisfatti per la foto-ricordo (dal libro:
        Pokret!, di A. Clementi, ed. ANPI Roma, 1989)

P A R T I G I A N I !

Roma, 7-8 maggio 2005



Cronologia e documenti sulla Resistenza italiana

a cura di Andrea Catone



(...) Ho impiegato qui, nella proposizione precedente due espressioni, tra loro certamente collegate, ma non completamente sovrapponibili: Resistenza e lotta popolare di Liberazione.

La Resistenza è concetto è più ampio, non si limita alla lotta partigiana, comincia con l’affermazione del fascismo, è l’opposizione ad esso, costretta ben presto nella clandestinità con il varo delle Leggi speciali e l’attività del Tribunale speciale e dell’OVRA (la polizia segreta istituita ad hoc dal regime per sorvegliare e reprimere gli antifascisti). Il partito comunista, con i suoi dirigenti più importanti in galera (a partire da Gramsci) o rifugiati all’estero, seppe, a costo di enormi sacrifici e apprendendo da alcuni errori, mantenere una struttura organizzata in grado di tenere i legami con la classe operaia e fare agitazione e propaganda anche attraverso il lavoro sotterraneo nelle organizzazioni di massa del fascismo. Grazie a questa struttura, fu non l’unico, ma certo il motore essenziale e il perno della Resistenza al fascismo, sapendo collaborare con altre forze operaie, quali i socialisti, e democratico-borghesi, quali gli esponenti del “liberal-socialismo” che costituiranno il partito d’azione.


Quando i disastri della guerra imperialista scatenata dai nazifascisti erodono le basi di consenso che il regime fascista aveva costruito negli anni Trenta e mettono in crisi il regime mussoliniano, i comunisti emergono come la forza principale della resistenza. Gli scioperi del marzo 1943 nelle grandi fabbriche del Nord Italia danno un segnale forte, che, accompagnato con la disfatta militare (lo sbarco degli anglo-americani in Sicilia nel giugno 1943), spinge la monarchia, che aveva favorito l’ascesa del fascismo in funzione anticomunista, e una parte di gerarchi fascisti a destituire e far arrestare Mussolini nella speranza di salvare trono e potere. È il 25 luglio 1943. Si forma il governo del generale Badoglio, uomo di punta delle guerre imperialiste del regime, che non proclama la fine della guerra contro gli anglo-americani, spara e lascia sparare sui manifestanti antifascisti (come il 28 luglio a Bari), lascia tutto il tempo alle armate tedesche di rafforzare le loro postazioni in Italia. Solo 40 giorni dopo, l’8 settembre, sarà data notizia dell’armistizio, lasciando i comandi militari allo sbando.

Quasi contemporaneamente, il 12.9.1943, i paracadutisti tedeschi comandati da Otto Skorzeny liberano Mussolini dalla prigione del Gran Sasso e lo trasportano in aereo a Monaco di Baviera, per riportarlo in Italia, sul lago di Garda, dove a fine settembre il duce costituisce la Repubblica di Salò, la Repubblica sociale italiana, rispolverando molti temi del programma “antiplutocratico” e anticapitalista del 1919, e chiamando alla leva le giovani generazioni in nome della “difesa della patria” tradita dal re, per combattere a fianco (ma in realtà agli ordini e al servizio) dei nazisti.


La resistenza armata contro le truppe naziste comincia all’indomani dell’8 settembre. Vede la confluenza di giovani militari che decidono di non consegnare le armi e difendere contro i tedeschi la propria terra, di giovani renitenti alla leva ordinata dalla repubblica fascista di Salò, di operai e di intellettuali che comprendono che è giunta l’ora di agire e combattere. Particolarmente significativo il ruolo svolto dal comunista, e raffinato latinista, Concetto Marchesi, che invita gli studenti in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Padova a partecipare attivamente alla lotta partigiana per dar vita ad una nuova Italia, non più dominata dalla borghesia che aveva portato al fascismo e alla guerra [cfr. doc. 1]. La lettera scritta dal ventiquattrenne Giaime Pintor qualche giorno prima di essere fucilato dai tedeschi è una lucida testimonianza di questa nuova consapevolezza. La resistenza ebbe un’altissima carica morale. Contro ogni revisionismo storico, bisogna ricordare l’altissima moralità della resistenza, senza la quale non sarebbe stato possibile affrontare un nemico agguerrito e feroce.


La resistenza non fu mai soltanto lotta militare. Le formazioni partigiane – tra cui le più organizzate e numerose, erano le brigate Garibaldi, dirette dai comunisti – avevano il commissario politico, discutevano della “città futura”, delle prospettive politiche. La lotta armata delle formazioni partigiane fu sostenuta dagli scioperi crescenti nelle fabbriche, nelle ferrovie, nei trasporti; fu sostenuta dalla popolazione, che subì la rappresaglia feroce di tedeschi e repubblichini (così per disprezzo venivano definiti i seguaci della repubblica fascista), come a Sant’Anna di Stazzema (Lucca), a Marzabotto, alle Fosse Ardeatine…


Vi furono anche brevi esperienze di repubbliche partigiane in alcune zone liberate, a Montefiorino, in Val d’Ossola, in Carnia. Si sperimentano forme di autogoverno e di solidarietà sociale. Ma nessuna delle zone liberate poteva essere tenuta permanentemente, dato il rapporto di forza militare sfavorevole ai partigiani, che imparano a loro spese che l’unica forma di guerra a loro favorevole è quella di movimento e non quella di posizione.


Una delle questioni più dibattute concerne il carattere della lotta di liberazione, la possibilità di imprimere ad essa un’accelerazione verso la rivoluzione sociale, come avviene nei vicini Balcani, dove l’esercito partigiano comandato dal maresciallo Tito si pone l’obiettivo di realizzare, insieme con la liberazione nazionale, anche la rivoluzione sociale (con l’esproprio dei capitalisti e la nazionalizzazione dei mezzi di produzione).

Un filone di “sinistra” imputa a Togliatti, tornato in Italia dopo due decenni di esilio, per propugnare la partecipazione al governo Badoglio in nome dell’unità antifascista e dell’interesse prioritario di sconfiggere il nazifascismo (“svolta di Salerno”, aprile 1944), la responsabilità del mancato sviluppo della lotta di liberazione nazionale (resistenza come guerra patriottica, con l’unità delle forze antifasciste, social-comuniste e borghesi) in rivoluzione proletaria.

Nella vicina penisola balcanica gli jugoslavi vi riuscirono, i partigiani comunisti greci furono invece massacrati dalle forze reazionarie interne e dall’esercito degli imperialisti anglosassoni.

L’Italia era considerata una pedina importante nel Mediterraneo e l’imperialismo inglese non era assolutamente disposto a cederla ai comunisti. Vi furono molteplici tentativi inglesi di fermare la resistenza armata (il proclama del generale Alexander nell’autunno 1944) , o di sottrarla all’egemonia comunista (la nomina del generale Cadorna alla guida del CVL, Corpo volontari della libertà, nel giugno del 1944), facendo leva su forze liberal-borghesi del partito d’azione, che hanno rappresentato a lungo gli interessi anglosassoni in Italia, anche dopo lo scioglimento di quel partito. Gli inglesi puntano a sconfiggere il fascismo, ma al contempo ad evitare che la resistenza si sviluppi come moto di popolo. Se applicassimo la categoria di Gramsci, si potrebbe dire che puntano alla resistenza antifascista come rivoluzione passiva, come fu il Risorgimento ad egemonia moderata: il popolo deve essere subalterno, alla borghesia fascista va sostituita una borghesia antifascista, ma senza spazi perché si intacchino i rapporti di proprietà.


I comunisti seppero sconfiggere l’attendismo (la tendenza ad attendere, ad aspettare che la liberazione dal nazifascismo venisse tutta per l’avanzata dell’esercito anglo-americano) e la passività, sapendo egemonizzare il CLN e costruire alleanze. Contro ogni attendismo, cfr. la direttiva per l’insurrezione generale (doc. 4).

Aprirono così lo spazio alla Repubblica, alla Costituente e alla strategia togliattiana della “democrazia progressiva” per l’attuazione integrale della Costituzione del 1948, che dominò per un trentennio la scena politica italiana.

Sulle ragioni dell’abbandono di quella strategia alla fine degli anni 1970 varrebbe forse la pena riaprire una discussione.

Cronologia essenziale della Resistenza Italiana


5.3.1943. Prende il via una imponente ondata di scioperi alla FIAT di Torino e in altre grandi fabbriche del Nord Italia. Le agitazioni, originate da problemi di ordine economico e dalle difficoltà di approvvigionamento dovute alla guerra, acquistano subito carattere politico. Guidata dai comunisti, la forza più organizzata del campo antifascista, la protesta si trasforma in un attacco diretto contro il regime.

6-12;16-23.3.1943. Gli scioperi si ripetono e si allargano ad altre fabbriche e ad altre città. 2000 arresti, ma la repressione è inefficace.

11.6.1943. A Pantelleria, Lampedusa e Linosa sbarco degli anglo-americani

2.7.1943. Si costituisce a Milano il “Comitato delle opposizioni”

19.7.1943. L’aviazione USA bombarda Roma (fino ad allora mai colpita): 1500 morti, 6000 feriti, 40.000 senza casa

10.7.1943. A cominciare da Gela e Siracusa, gli anglo-americani occupano la Sicilia

25.7.1943. Il Gran Consiglio del Fascismo destituisce Mussolini, che viene arrestato dai carabinieri, e rimette il governo al re che nomina il maresciallo Pietro Badoglio nuovo capo del governo. Ma la guerra a fianco dei nazisti continua.

28.7.1943. Manifestazioni popolari contro le sedi e i simboli del partito fascista, di cui Badoglio decreta lo scioglimento.

A Bari, diffusasi la notizia che sarebbero stati liberati i detenuti politici, un gruppo di giovani si muove per andare loro incontro. Strada facendo si forma un corteo di circa duecento persone, tra cui molti studenti, che si ferma davanti alla sede della Federazione fascista, presidiata dall’esercito, per chiedere la rimozione dei simboli del regime. Improvvisamente parte il fuoco contro i manifestanti: alla fine si contano 20 morti, 38 feriti

7.8.1943. Quasi 1000 aerei inglesi bombardano Milano per 4 volte in una settimana. 25.000 case rase al suolo. Bombardate anche Torino e Genova

11.8.1943. Riuniti a Milano esponenti comunisti, socialisti, del partito d’azione si oppongono ufficialmente alla prosecuzione della guerra e indicono scioperi nelle grandi fabbriche, repressi duramente dalla polizia di Badoglio

17.8.1943. Gli angloamericani entrano a Messina e occupano tutta la Sicilia

23.8.1943. Nasce a Roma il Partito socialista di unità proletaria (PSIUP) cui aderiscono Pietro Nenni, Sandro Pertini, Giuseppe Saragat.

29.8.1943. Si tiene a Roma la prima riunione della nuova direzione del PCI.

3.9.1943. A Cassibile, in Sicilia, il generale Giuseppe Castellano, plenipotenziario del governo italiano, firma l’armistizio con gli angloamericani, sbarcati in Calabria.

8.9.1943. La notizia dell’armistizio viene annunciata alla radio. Il re e Badoglio fuggono prima a Pescara e poi a Brindisi mentre l’esercito è allo sbando. A Roma viene costituito il Comitato di liberazione nazionale (CLN), di cui fanno parte PCI, PSIUP, DC, PLI, Partito d’azione, Democrazia del lavoro.

9-11.9.1943. Mentre i tedeschi completano l’occupazione del resto della penisola, soprattutto al Nord si formano i primi gruppi di “ribelli” (militari sbandati, ma anche giovani di diverse estrazioni sociali, operai, contadini, studenti, spesso guidati da militanti antifascisti). Nonostante la mancanza di disposizioni chiare da parte dei vertici militari, sia in Italia (Roma, Trento) che all'Estero (Corsica, Grecia e isole, Albania, Jugoslavia) si registrano casi di resistenza dei militari ai tedeschi che procedono alla cattura delle truppe italiane e al loro internamento.

10.9.1943. Roma viene occupata dalle truppe del III Reich e sottoposta alle leggi di guerra tedesche.

12.9.1943. Paracadutisti tedeschi comandati da Otto Skorzeny liberano Mussolini dalla prigione del Gran Sasso e lo trasportano in aereo a Monaco di Baviera. Le armate di Hitler occupano Napoli.

18.9.1943. Parlando alla radio da Monaco di Baviera Mussolini manifesta gratitudine a Hitler e ai gerarchi nazisti, dichiara che la monarchia, per aver tradito il fascismo, ha perso ogni ragione di vita e che dovrà essere sostituita con la repubblica, espone quattro punti programmatici: ripresa delle armi a fianco della Germania, del Giappone e degli altri alleati dell’Asse; riorganizzazione delle forze armate attorno alla milizia; eliminazione dei “traditori” già militanti nel fascismo; “annientare le plutocrazie e fare del lavoro finalmente il soggetto dell’economia e la base infrangibile dello Stato”.

23.9.1943. Mussolini rientra in Italia e costituisce il 27 la Repubblica di Salò (in seguito Repubblica sociale italiana) che prende il nome dalla cittadina sul lago di Garda dove hanno sede alcuni ministeri.

Settembre-ottobre 1943. Nascono le prime formazioni partigiane: Brigate Garibaldi (comuniste), Matteotti (socialiste), Giustizia e Libertà (azioniste). Vi sono anche formazioni cattoliche e filomonarchiche.

27.9.1943. Napoli. Inizia l’insurrezione che vede un’ampia partecipazione popolare e si conclude vittoriosamente dopo “quattro giornate” il 1 ottobre.

4.10.1943. Insurrezione di Capua e di Lanciano

13.10.1943. Il governo Badoglio dichiara guerra alla Germania nella speranza di trasformare la “resa incondizionata” imposta dagli anglo-amewricani in statuto di “cobelligerante”.

16.10.1943. Si costituisce a Roma il CCNL (Comitato Centrale di Liberazione Nazionale) che si oppone al governo Badoglio e chiede un esecutivo straordinario espressione delle forze antifasciste. I nazisti rastrellano il ghetto ebraico e deportano ad Auschwitz mille persone.

26.10.1943. I tedeschi tolgono dalla circolazione i marchi d’occupazione e pagano in valuta italiana che stampano nella Zecca de L’Aquila, determinando un’inflazione crescente.

Novembre 1943. Si costituisce a Milano il primo comando delle brigate d’assalto Garibaldi, le formazioni partigiane organizzate dal PCI. Vengono inoltre creati i Gap (Gruppi di azione patriottica), per portare avanti la lotta nelle città.

2.11.1943. Milano, sciopero alla Breda

15.11.1943. Ferrara. In risposta all’uccisione del segretario fascista (ucciso in realtà da altri esponenti del partito) si scatena una rappresaglia contro i cittadini: 11 morti.

Bando della Repubblica di Salò per il reclutamento nell’esercito repubblichino: richiamati alle armi i giovani nati dal 1910 al 1924.

14-16.11.1943. Si tiene a Verona il congresso del ricostituito partito fascista. Nasce il Manifesto di Verona. Mussolini riesce a rifondare la milizia fascista con 100.000 volontari e la X Mas comandata da Junio Valerio Borghese, con 4.000.

18.11.1943. Torino. Sciopero alla Fiat Mirafiori

20.11.1943. Il governo di Salò istituisce la Guardia nazionale repubblicana e la Polizia repubblicana.

21.11.1943. Pietrapanseri (Abruzzo): strage nazifascista di 121 civili

25.11.1943. Il consiglio dei ministri di Salò delibera che quello che finora è stato definito Stato nazionale repubblicano dal 1° dicembre assumerà il nome di Repubblica Sociale Italiana.

28.11.1943. Padova. Concetto Marchesi, rettore dell’Università (e membro del PCI) invita gli studenti a combattere il nazifascismo [Documento 1]. Da allora l’università di Padova diventa il maggior centro cospirativo veneto.

28.11.1943. Il ventiquattrenne Giaime Pintor scrive da Napoli al fratello l’ultima lettera prima di essere ucciso dai nazisti (1.12.1943) nel tentativo di raggiungere i partigiani operanti nel Lazio. [Documento 2].

16.12.1943. Genova. sciopero generale. il giorno successivo tre operai sono fucilati per rappresaglia.

20.12.1943. Sciopero generale in Liguria

28.12.1943. Campegine (Reggio Emilia)-Vengono fucilati i sette fratelli Cervi. Alcuni di loro sono partigiani dei GAP in montagna, altri hanno sostenuto la Resistenza offrendo ospitalità ai combattenti. Salvatore Quasimodo scrive per essi [Documento 3]

2.1.1944. Boves. Nuova rappresaglia e nuovo incendio del paese.

8.1. 1944.Verona. Inizia il processo contro i gerarchi fascisti che il 25 luglio hanno votato l’o.d.g. contro Mussolini. Verranno condannati il giorno 10 e fucilati il giorno 11.

22.1.1944. Gli anglo-americani sbarcano ad Anzio.

23.1.1944. olfiorito (Ancona). I partigiani conquistano il paese.

28.1.1944. Al teatro Piccinni di Bari si riunisce il congresso del CLN. I partiti di sinistra chiedono la rottura con la monarchia e il governo Badoglio.

31.1.1944. Il Cln di Milano assume la direzione di tutta la lotta partigiana nell’Italia occupata e prende il nome di Cln Alta Italia (CLNAI)

11.2.1944. Il governo Badoglio si trasferisce a Salerno, che sarà per qualche mese capitale.

14.2.1944. L’aviazione angloamericana abbatte l’abbazia d Montecassino ritenendola per errore sede del comando tedesco.

18.2.1944. Nuovo bando Graziani: richiama alle armi anche i giovani nati nel 1924 e nel 1925. Si decreta la pena di morte per i renitenti. Aumenta il numero di coloro che prendono la via della montagna e si uniscono ai partigiani. Nell’estate i partigiani superano le 80.000 unità e al momento della liberazione saranno 200.000.

22.2.1944. Preoccupato dell’egemonia delle sinistre nel CLN il premier inglese Churchill si dichiara favorevole al governo Badoglio, ma non all’entrata dei partiti antifascisti al governo. Gli imperialisti inglesi non risparmieranno manovre per togliere la direzione del movimento di resistenza partigiana ai comunisti e affidarla a forze borghesi rappresentate dai liberali e dai liberaldemocratici.

1.3.1944. Comunisti e CLN proclamano lo sciopero generale. Le fabbriche del nord Italia si fermano per una settimana.

3.3.1944. Prato. Deportati in Germania 400 operai (solo 9 sopravviveranno).

13.3.1944. Il presidente USA Roosvelt si dichiara favorevole all’entrata dei partiti antifascisti nel governo italiano

14.3.1944. L’Urss stabilisce rapporti diplomatici con il governo Badoglio.

24.3.1944. Roma. Come rappresaglia all’azione dei GAP che in via Rasella uccidono 33 militari delle truppe naziste di occupazione, i nazisti fucilano alle Fosse Ardeatine 335 civili

2.4.1944. Palmiro Togliatti, rientrato in Italia dopo 18 anni di esilio, in nome dell’unità antifascista e dell’interesse prioritario di sconfiggere il nazifascismo, apre al governo Badoglio. È la “svolta di Salerno”.

15.4.1944. Firenze. I Gap uccidono il maggiore esponente della cultura fascista, Giovanni Gentile

18.4.1944. Nasce il Corpo italiano di Liberazione (Cil) destinato a combattere a fianco degli Angloamericani

22.4.1944. Si costituisce a Salerno il governo di unità nazionale (sempre presieduto da Badoglio). Ne fanno parte ministri comunisti, socialisti, azionisti, liberali, della Democrazia Cristiana, della Democrazia del lavoro, e esponenti indipendenti e militari. Palmiro Togliatti è ministro senza portafogli.

20.5.1944. Inizia lo sciopero delle mondine emiliane

4.6.1944. La V armata americana entra a Roma senza che vi sia stata l’insurrezione popolare. È l’irripetibile capolavoro della politica vaticana. Come i moderati nel Risorgimento, potenti forze, dal Vaticano agli imperialisti inglesi, si adoperano perché la resistenza si trasformi in rivoluzione passiva, avvenga cioè la liberazione dal nazifascismo, ma senza l’apporto determinante delle masse popolari dirette da comunisti e socialisti.

5.6.1944. Ravello (Sa). Il re Vittorio Emanuele III, secondo quanto previsto dal compromesso istituzionale di aprile, nomina il principe Umberto luogotenente generale del regno.

6.6.1944. Badoglio rassegna le dimissioni da primo ministro.

9.6.1944. A Roma si ricostituisce la CGIL (Confederazione italiana del Lavoro) con l’accordo di cattolici, socialisti, comunisti.

17.6.1944. Montefiorino (Modena). I partigiani liberano la zona e danno vita alla prima repubblica partigiana che resisterà fino al 3 agosto

18.6.1944. Si forma un nuovo governo di unità nazionale guidato dal presidente del CLN Ivanoe Bonomi. Fra i ministri vi è anche Togliatti.

19.6.1944. Si costituisce il CVL (Corpo volontari della libertà) che coordina le formazioni partigiane. Al suo comando il generale Raffaele Cadorna; vicepresidenti Ferruccio Parri e Luigi Longo.

25.6.1944. Il governo promulga il decreto luogotenenziale 151, che stabilisce che a guerra finita sarà convocata l’assemblea costituente col compito di decidere la forma dello stato. Nel frattempo l’attività legislativa è affidata al governo.

30.6.1944. Nella RSI vengono costituite le Brigate nere, corpo ausiliario delle camicie nere, sotto il comando del segretario del partito fascista Alessandro Pavolini.

11.8.1944. Firenze. Il Cln toscano dà l’ordine di insurrezione generale e assume il governo della città. È l’inizio di una lunga battaglia che termina il I settembre con la liberazione di Firenze.

12.8.1944. Sant’Anna di Stazzema (Lucca): i tedeschi, agli ordini di Walter Reder, incendiano il paese e massacrano 560 civili colpevoli di aver protetto un gruppo di partigiani.

10.9.1944. In Val d’Ossola liberata prende corpo una delle principali repubbliche partigiane (10 settembre-21ottobre 1944)

Ai primi di settembre 1944 in Friuli si costituisce la Zona libera della Carnia. Il libero governo della repubblica della Carnia è proclamato il giorno 26 e resterà in carica fino a dicembre 1944.

28.9.1944. Marzabotto (Bo): i tedeschi guidati dal maggiore Walter Reder distruggono il paese e massacrano 1836 civili

19.10.1944. A Palermo scende in piazza la popolazione per protestare contro la miseria e la scarsità di generi alimentari. L’esercito regio, su ordine del prefetto Pampillonia, spara sulla folla, uccidendo 30 persone e ferendone 150.

27.10.1944. I tedeschi riescono a fermare l’avanzata angloamericana approntando un sistema di difesa lungo una linea che va dalla Versilia all’Adriatico (“linea Gotica”)

7.11.1944. Bologna: inizia la battaglia di Porta Lame che  impegna centinaia di uomini e donne e nel giro di due giorni riesce ad infliggere serie perdite ai fascisti (lasciano 216 morti contro   12 caduti partigiani)

13.11.1944. Una disposizione emanata dal generale britannico Harold Rupert Alexander invita i partigiani a interrompere le operazioni su vasta scala in attesa della ripresa dell’offensiva angloamericana. È l’ennesimo tentativo di fermare la resistenza popolare e la lotta partigiana. Gli inglesi, come si vede chiaramente anche in Grecia, intendono evitare a tutti i costi che la lotta antifascista possa diventare lotta per l’emancipazione sociale, per combattere alla radice ciò che ha generato la belva nazifascista: il capitalismo. Il CLN rifiuta il proclama Alexander. La lotta partigiana non si ferma.

25.11.1944. In seguito a dissensi sul problema delle epurazioni, Bonomi consegna le dimissioni al luogotenente Umberto, legittimando la monarchia.

7.12.1944. Una delegazione del CLNAI firma un accordo con Maitland Wilson, il comandante delle forze alleate nel Mediterraneo (“protocolli di Roma”). In cambio di sostegno finanziario e militare i partigiani si impegnano a smantellare le formazioni militari dopo la liberazione nazionale e a riconoscere l’autorità degli anglo-americani.

12.12.1944. Nasce il secondo governo Bonomi. Togliatti è vicepresidente, Degasperi ministro degli esteri. Psiup e Partito d’azione non aderiscono.

26.12.1944. Governo e CLNAI firmano un accordo con il quale il governo  riconosce il CLNAI come proprio rappresentante nell’Italia occupata.

5.1.1945. Sicilia: scontri fra l’esercito italiano e i lilitanti del Movimento per l’indipendenza della Sicilia guidato da Andrea Finocchiaro Aprile.

31.1.1945. Il governo Bonomi dà il diritto di voto alle donne.

24.2.1945. Milano. I fascisti uccidono Eugenio Curiel, uno degli organizzatori del Fronte della Gioventù, l’organismo che comprende  le organizzazioni giovanili dei diversi partiti antifascisti.

28.2.1945. Il CLN emana direttive volte ad evitare il sabotaggio degli impianti elettrici da parte dei tedeschi in ritirata.

29.2.1945. Il CLNAI stabilisce un piano di insurrezione generale in accordo con il governo Bonomi.

28.3.1945. Nelle zone del Nord ancora occupate dai tedeschi uno sciopero generale paralizza le industrie. CLNAI e governo Bonomi progettano l’insurrezione generale che prenda il controllo del territorio, difenda gli impianti industriali e renda difficile la ritirata ai nazisti.

10.4.1945. Il PCI dirama le direttive per l’insurrezione, che rielaborano quanto discusso un mese prima nella riunione allargata della direzione per l’Italia occupata. [Documento 4]

18.4.1945. Torino, Sciopero generale preinsurrezionale

21.4.1945. Liberata Bologna

23.4.1945. Insorge Genova

24.4.11945. Insorge Cuneo

25.4.1945. Tedeschi e fascisti lasciano Milano dove è proclamato uno sciopero generale. In serata il duce fugge verso Como

26.4.1945. Genova. La città è liberata

27-28.4.1945.Torino, i partigiani liberano la città

27.4.1945. Dongo (Lago di Como). Un gruppo di partigiani della 52esima brigata Garibaldi individua Mussolini mentre cerca di fuggire vestito da tedesco.

28.4.1945. Giulino di Mezzegra, vicino Dongo. Vengono fucilati Mussolini e Claretta Petacci; i cadaveri saranno trasportati a Milano ed esposti insieme a quelli di altri gerarchi a Piazzale Loreto (nel luogo dove mesi prima erano stati esposti i corpi di alcuni antifascisti)

29.4.1945. Milano. Truppe alleate e reparti italiani entrano in città

30.4.1945. Belluno e Schio sono liberate dai partigiani della VII Alpini

1.5.1945. Udine e Trieste sono liberate rispettivamente dalle formazioni friulane e dai partigiani iugoslavi

2.5.1945. Alle ore 14:00 entra in vigore la resa totale delle truppe tedesche in Italia (armistizio firmato presso il Quartier Generale Alleato di Caserta il 29 aprile)

Documento 1

28.11.1943. Padova. Concetto Marchesi, rettore dell’Università (e membro del PCI) invita gli studenti a combattere il nazifascismo

Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria; vi ha gettato tra cumuli di rovine; voi dovete tra quelle rovine portare la luce di una fede, l'impeto dell'azione e ricomporre la giovinezza e la Patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall'ignavia, dalla servilità criminosa, voi, insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell'Italia e costituire il popolo italiano. Non frugate nelle memorie e nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c’è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto o ha coperto con il silenzio o la codardia o la rassegnazione, c’è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina. Studenti, mi allontano da voi con la speranza di ritornare a voi, maestro e compagno, dopo la fraternità di una lotta insieme combattuta. Per la fede che vi illumina, per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l'oppressore disponga ancora della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l'Italia dalla ignominia, aggiungete al labaro della vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo”.


Documento 2

28.11.1943. Il ventiquattrenne Giaime Pintor scrive da Napoli al fratello l’ultima lettera prima di essere ucciso dai nazisti (1.12.1943) nel tentativo di raggiungere i partigiani operanti nel Lazio.

[..] In realtà la guerra, ultima fase del fascismo trionfante, ha agito su di noi più profondamente di quanto risulti a prima vista. La guerra ha distolto materialmente gli uomini dalle loro abitudini, li ha costretti a prendere atto con le mani e con gli occhi dei pericoli che minacciano i presupposti di ogni vita individuale, li ha persuasi che non c'è possibilità di salvezza nella neutralità e nell'isolamento. Nei più deboli questa violenza ha agito come una rottura degli schemi esteriori in cui vivevano: sarà la «generazione perduta » che ha visto infrante le proprie «carriere»; nei più forti ha portato una massa di materiali grezzi, di nuovi dati su cui crescerà la nuova esperienza. Senza la guerra io sarei rimasto un intellettuale con interessi prevalentemente letterari, avrei discusso i problemi dell'ordine politico, ma soprattutto avrei cercato nella storia dell'uomo solo le ragioni di un profondo interesse, e l'incontro con una ragazza o un impulso qualunque alla fantasia avrebbero contato per me più di ogni partito o dottrina. Altri amici, meglio disposti a sentire immediatamente il fatto politico, si erano dedicati da anni alla lotta contro il fascismo. Pur sentendomi sempre più vicino a loro, non so se mi sarei deciso a impegnarmi totalmente su quella strada: c'era in me un fondo troppo forte di gusti individuali, d'indifferenza e di spirito critico per sacrificare tutto questo a una fede collettiva. Soltanto la guerra ha risolto la situazione, travolgendo certi ostacoli, sgombrando il terreno da molti comodi ripari e mettendomi brutalmente a contatto con un mondo inconciliabile. Credo che per la maggior parte dei miei coetanei questo passaggio sia stato naturale: la corsa verso la politica è un fenomeno che ho constatato in molti dei migliori, simile a quello che avvenne in Germania quando si esaurì l'ultima generazione romantica. Fenomeni di questo genere si riproducono ogni volta che la politica cessa di essere ordinaria amministrazione e impegna tutte le forze di una società per salvarla da una grave malattia, per rispondere a un estremo pericolo. Una società moderna si basa su una grande varietà di specificazioni, ma può sussistere soltanto se conserva la possibilità di abolirle a un certo momento per sacrificare tutto a un'unica esigenza rivoluzionaria. È questo il senso morale, non tecnico, della mobilitazione: una gioventù che non si conserva «disponibile», che si perde completamente nelle varie tecniche, è compromessa. A un certo momento gli intellettuali devono essere capaci di trasferire la loro esperienza sul terreno dell'utilità comune, ciascuno deve sapere prendere il suo posto in una organizzazione di combattimento. Questo vale soprattutto per l'Italia. Parlo dell'Italia non perché mi stia più a cuore della Germania o dell'America, ma perché gli italiani sono la parte del genere umano con cui mi trovo naturalmente a contatto e su cui posso agire più facilmente. Gli italiani sono un popolo fiacco, profondamente corrotto dalla sua storia recente, sempre sul punto di cedere a una viltà o a una debolezza. Ma essi continuano a esprimere minoranze rivoluzionarie di prim'ordine: filosofi e operai che sono all'avanguardia d'Europa. L'Italia è nata dal pensiero di pochi intellettuali: il Risorgimento, unico episodio della nostra storia politica, è stato lo sforzo di altre minoranze per restituire all'Europa un popolo di africani e di levantini. Oggi in nessuna nazione civile il distacco fra le possibilità vitali e la condizione attuale è così grande: tocca a noi di colmare questo distacco e di dichiarare lo stato d'emergenza. Musicisti e scrittori dobbiamo rinunciare ai nostri privilegi per contribuire alla liberazione di tutti. Contrariamente a quanto afferma una frase celebre, le rivoluzioni riescono quando le preparano i poeti e i pittori, purché i poeti e i pittori sappiano quale deve essere la loro parte. Vent'anni fa la confusione dominante poteva far prendere sul serio l'impresa di Fiume. Oggi sono riaperte agli italiani tutte le possibilità del Risorgimento: nessun gesto è inutile purché non sia fine a se stesso. Quanto a me, ti assicuro che l'idea di andare a fare il partigiano in questa stagione mi diverte pochissimo; non ho mai apprezzato come ora i pregi della vita civile e ho coscienza di essere un ottimo traduttore un buon diplomatico, ma secondo ogni probabilità un mediocre partigiano. Tuttavia è l’unica possibilità aperta e l’accolgo. Se non dovessi tornare non mostratevi inconsolabili. Una delle poche certezze acquistate nella mia esperienza è che non ci sono individui insostituibili e perdite irreparabili. Un uomo vivo trova sempre ragioni sufficienti di gioia negli altri uomini vivi, e tu che sei giovane e vitale hai il dovere di lasciare che morti seppelliscano i morti. [..]”.


Documento 3

Salvatore Quasimodo, ‘‘Ai fratelli Cervi, alla loro Italia’’ [Il falso e vero verde, 1956]


In tutta la terra ridono uomini vili,

principi, poeti, che ripetono il mondo

di sogni, saggi di malizia e ladri

di sapienza. Anche nella mia patria ridono

sulla pietà, sul cuore paziente, la solitaria

malinconia dei poveri. E la mia terra è bella

d’uomini e d’alberi, di martirio, di figure

di pietra e di colore, d’antiche meditazioni.

Gli stranieri vi battono con dita di mercanti

il petto dei santi, le reliquie d’amore,

bevono vino e incenso alla forte luna

delle rive, su chitarre di re accordano

canti di vulcani. Da anni e anni

vi entrano in armi, scivolano dalle valli

lungo le pianure con gli animali e i fiumi.

Nella notte dolcissima Polifemo piange

qui ancora il suo occhio spento dal navigante

dell’isola lontana. E il ramo d’ulivo è sempre ardente.

Anche qui dividono i sogni la natura,

vestono la morte, e ridono, i nemici

familiari. Alcuni erano con me nel tempo

dei versi d’amore e solitudine, nei confusi

dolori di lente macine e di lacrime.

Nel mio cuore finì la loro storia

quando caddero gli alberi e le mura

tra furie e lamenti fraterni nella città lombarda.

Ma io scrivo ancora parole d’amore,

e anche questa è una lettera d’amore

alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi,

non alle sette stelle dell’Orsa; ai sette emiliani

dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,

morirono tirando dadi d’amore nel silenzio.

Non sapevano soldati, filosofi, poeti,

di questo umanesimo di razza contadina.

L’amore, la morte, in una fossa di nebbia appena fonda.

Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore,

non per memoria, ma per i giorni che strisciano

tardi di storia, rapidi di macchine di sangue.


Documento 4

Il Partito comunista dirama le «direttive per l'insurrezione (n. 16)» che rappresentano il punto d'arrivo e l'ultima e vigorosa rielaborazione di quanto era stato discusso e proposto nella riunione allargata della direzione per l'Italia occupata tenuta circa un mese prima. Fin nella forma concisa e veloce risulta evidente il «carattere conclusivo» del documento. Tutto ciò che si doveva dire sul tema insurrezionale è stato detto, meditato e approfondito nel corso della Resistenza: ora non resta che passare definitivamente dalle parole ai fatti e gettare i dadi. Non è più il tempo dell'analisi ma della sintesi. Perciò la descrizione della situazione internazionale occupa appena poche e concitate righe della premessa: «L'esercito tedesco è in rotta disordinata su tutti i fronti. Nuovi grandi avvenimenti militari si stanno scatenando che accelereranno il crollo definitivo del nazifascismo, l'offensiva sovietica sull'Oder e l'offensiva angloamericana in Italia saranno gli atti finali della battaglia vittoriosa». Subito dopo segue la constatazione: «Anche noi dobbiamo scatenare l'assalto definitivo. Non si tratta più solo d'intensificare la guerriglia, ma di predisporre e scatenare vere e proprie azioni insurrezionali», e in un, ritmo incalzante, l'enunciazione dei compiti immediati; per le formazioni partigiane: «iniziare gli attacchi in forze ai presidi nazifascisti e spingere a fondo la liberazione di paesi, vallate e intere regioni»; per i GAP e le SAP: continuare nella punizione dei traditori fascisti ma anche «iniziare operazioni più ampie nelle città per la liquidazione di posti di blocco, di sedi fasciste e tedesche, di commissariati di polizia ecc.»; per le organizzazioni di massa: iniziare lo «sciopero generale insurrezionale» tenendo presente che «esso non dev'essere concepito come uno scoppio improvviso d'ira popolare, ma come una progressione accelerata di movimenti popolari, di fermate, di manifestazioni e di scioperi».

Questo è il primo punto: che tutto il popolo italiano «debba già considerarsi in fase insurrezionale», che sappia che ormai non è più possibile tornare indietro. Come in un grande esercito in movimento ci saranno reparti più avanzati, come le categorie dei ferrovieri e degli addetti ai trasporti il cui sciopero deve terminare solo con la liberazione del territorio. E altri più arretrati «dove i rapporti di forze contingenti non consigliano ancora di scatenare in pieno l'azione risolutiva; ma l'importante è appunto che tutti sappiano e agiscano in conseguenza, che questa è la battaglia finale decisiva».

Al secondo punto è l'opera di disgregazione del nemico: “Questo lavoro deve essere fatto e intensificato sempre più a misura dello sviluppo dell'azione insurrezionale. Si tratta di offrire una via di scampo e di colpire duramente chi intende resistere. Nell'agitazione e nell'azione devono risultare sempre bene evidenti i due termini del dilemma: arrendersi o perire”.

Al terzo, al quale è dato un particolare rilievo, sta la lotta contro l'attesismo. Si taglia d'un solo colpo netto il nodo gordiano che cerca d'avviluppare la Resistenza: “Può darsi che questa sia l'ultima direttiva che le nostre organizzazioni potranno ricevere dal centro del partito; può darsi che ci sarà impossibile rispondere a quesiti, a richieste di precisazione che ci saranno rivolte dai compagni di base, ma per tutti deve essere ben chiara una cosa: per nessuna ragione il nostro partito e i compagni che lo rappresentano in qualsiasi organismo militare o di massa, devono accettare proposte, consigli, piani tendenti a limitare, a evitare, a impedire l'insurrezione nazionale di tutto il popolo”.

Si consiglia di fare ogni sforzo per persuadere coloro che ancora esitano, che sono perplessi nell'affrontare la grave responsabilità dell'insurrezione nazionale. “Ma se, nonostante tutti i nostri sforzi non riuscissimo, in simili casi, a dissuadere i nostri amici ed alleati, noi dobbiamo anche fare da soli, cercando di trascinare al nostro seguito quante più forze possibili ed agendo sempre, però, in nome dei CLN e sul piano politico dell'unione di tutte le forze popolari e nazionali per la cacciata dei tedeschi e dei fascisti e mettendo bene in chiaro che con la nostra attività non ci proponiamo affatto degli scopi e degli obiettivi di, parte”.

E per quanto riguarda la politica degli alleati che stanno tramando occultamente, e non tanto occultamente, di reprimere in precedenza o comunque di limitare al minimo l'impulso insurrezionale? Ecco la risposta che viene data nel documento, la risposta che meglio rispecchia il tono di fierezza nazionale che la Resistenza stessa ha dato all'Italia, tanto lontana da ogni inutile iattanza quanto da ogni facile remissività. “Quando sia utile dobbiamo fare tutte le concessioni necessarie, purché esse non compromettano sostanzialmente lo scatenamento e la vittoria dell'insurrezione. Dove dobbiamo essere intrattabili è sul punto della necessità dello scatenamento della lotta insurrezionale di tutto il popolo. Fermezza su questo punto non vuol dire prepotenza o insolenza verso gli amici dei vari organismi militari, politici e di massa che debbono dirigere l'insurrezione. Al contrario, questa fermezza deve accompagnarsi a molto tatto e abilità nei confronti di tutti e in particolare delle missioni alleate, le quali spesso, per iniziativa di loro singoli componenti, si fanno volentieri portavoce delle preoccupazioni degli elementi attesistí, più che delle esigenze militari e insurrezionali della nostra lotta. Soprattutto in questo periodo bisogna cercare di avere, a mezzo delle Missioni, dai nostri alleati il più grande aiuto possibile in armi e munizioni. Dobbiamo però anche provvedere a fare senza questo aiuto in caso che esso per una ragione o l'altra non venisse”.

È una risposta che parte dal Partito comunista, ma in nome della Resistenza. Non si tratta dunque della vittoria o della affermazione politica d'un singolo partito se questa «direttiva insurrezionale n. 16» fornisce la traccia per tutta una serie di decreti del CLNAI che ne accolgono e ne ribadiscono i principali concetti (13 aprile: «Della resa delle formazioni fasciste»; 16 aprile: «Direttive per l'insurrezione nazionale »; 17 aprile: « Invito allo sciopero dei ferrovieri»; 19 aprile: «Arrendersi o perire!» ecc.); si tratta, ancora una volta, del fatto fondamentale dimostrato da tutto il corso della Resistenza italiana, del fatto che gli «interessi della classe operaia coincidono con quelli dell'intera nazione» e perciò le proposte che partono dal suo partito d'avanguardia sono tradotte, per logica conseguenza, in veri e propri «decreti» del governo legale del Nord. Il riconoscimento che in essi viene dato alla funzione nazionale della classe operaia («Gli stabilimenti rappresentano il centro di mobilitazione e la fortezza dell'insurrezione nazionale»), è la più esplicita formulazione, la sanzione storica di questa realtà di fatto. [R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana, Einaudi, Torino, 1964, pp. 626-29]




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