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COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA JUGOSLAVIA

ITALIJANSKA KOORDINACIJA ZA JUGOSLAVIJU



 


Discorso di Stevan Mirković


Generale di Corpo d'Armata in pensione,


nell'occasione della celebrazione della Giornata della Vittoria,
presso la Casa dell'Esercito di Serbia
9 Maggio 2007




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Documento Costitutivo

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Compagni e compagne, cari amici, rispettabili ospiti,

La Serbia amante della libertà marca anche quest'anno la Giornata della Vittoria - una data che è incisa nel ricordo popolare quale pietra miliare e fondamenta del patriottismo e dell'amore che la nostra gente coltiva nei confronti della propria patria. Questo giorno fa parte delle nostre usanze tradizionali, dell'identità e del sentimento nazionale. Per questo motivo, questa data riporta la gioia e l'ottimismo nelle case di tutta la Serbia, dove, per il resto, regnano la malinconia e la preoccupazione per via delle sventure e degli insuccessi registrati negli anni recenti, che ora abbondano, così come una volta abbondavamo di successi. Ci restituisce il sorriso ormai dimenticato sui volti, l'orgoglio nazionale e l'autostima, poiché da ogni abitazione in Serbia almeno un combattente uscì a lottare contro i Tedeschi, arrivando alla conclusione della II Guerra Mondiale in piedi, con il fucile a spalla, o cadendo nella lotta.

Il 9 Maggio, Giornata della Vittoria sul fascismo, è probabilmente anche la festività più significativa per l'umanità intera. Questo non vale per la Serbia ufficiale, più vicina agli sconfitti in quella guerra che non ai vincitori, che la celebra sottotono, in maniera quasi clandestina, appoggiata in questo dalla maggior parte dei nostri media "indipendenti". L'apparato statale "celebra" questo giorno con la continuazione degli scontri interpartitici nel Parlamento Serbo, mentre il Capo del Quartiere generale militare serbo si trova a Bruxelles, dove stringe accordi con il Segretario generale della NATO sulla modalità di "difesa" dei Serbi che le forze della KFOR dovranno applicare quando sarà in vigore il Piano Ahtisaari sull'indipendenza del Kosovo - dato che l'esercito della Serbia laggiù non potrà più mettere piede! Eppure, la Giornata sarebbe quella adatta perché rimbombino i cannoni, e milioni di persone cantino, perché il nostro paese, assieme ai popoli del mondo uniti nella lotta, ha partecipato a quella guerra dando un contributo rilevante. Di fatto la Jugoslavia, ed automaticamente quindi la Serbia, è stata tra i 50 partecipanti alla Conferenza delle Nazioni Unite svoltasi a San Francisco il 25 Aprile 1945, ed è stata firmataria della Carta Costitutiva dell'ONU: il che significa che siamo entrati nella storia mondiale in quanto paese che, nei suoi momenti più difficili, scelse la via giusta partecipando alla grande lotta per la libertà, per la pace e la sicurezza del pianeta. E' veramente difficile da comprendere come nella Serbia ci siano delle persone che non sentono alcun orgoglio per questi fatti, e rinuncino a questo enorme capitale morale, che per noi tuttora è più che importante ed è indispensabile nella lotta odierna per la preservazione dell'integrità territoriale del paese. Ricordare alla comunità internazionale ed europea il nostro rilevante contributo alla grande vittoria sul fascismo, che in Occidente è intenzionalmente ignorato, dato che quella vittoria fu conseguita sotto la guida dei comunisti, potrebbe contribuire ad un nostro maggiore prestigio all'estero ed al rafforzamento delle nostre posizioni internazionali, al fine di continuare la battaglia per il Kosovo.

Il nostro contributo alla vittoria sul fascismo si rileva nel miglior modo guardando alle operazioni conclusive per la liberazione dell'Europa nel 1944-1945: perché fummo, con l'URSS e l'Inghilterra, l'unico paese europeo che con la propria armata tenne una parte del fronte generale in queste operazioni - vale a dire dal Danubio fino al Mare Adriatico, facendo da collegamento tra le forze sovietiche e quelle anglo-americane in Italia. Sul campo di battaglia jugoslavo, 800.000 combattenti della Armata Jugoslava (JA) ebbero contro di se il potente gruppo "E" dell'Armata tedesca, forte di 450.000 soldati e di 230.000 appartenenti alle formazioni collaborazioniste. La maggior parte delle truppe quisling erano quelle dell'esercito dell'NDH (lo Stato Croato Indipendente governato dagli ustascia, ndt) - 17 divisioni di ustascia "domobrani", circa 150.000 uomini. Queste forze esercitarono una forte resistenza contro l'Armata Jugoslava, però all'inizio del maggio 1945 la loro parte centrale fu circondata in Slovenia e si arrese. Gli ultimi spari della II Guerra Mondiale in Europa furono uditi in Jugoslavia, il 15 Maggio 1945.

Alcune truppe collaborazioniste, pretendendo di fuggire dalla Jugoslavia ad ogni costo e di arrendersi agli Alleati occidentali per evitare in tal modo la responsabilità per i crimini che continuarono a commettere sulla popolazione civile fino all'ultimo momento, protrassero la loro resistenza cosicché si proseguì fino alla loro completa distruzione. Il potere attuale adesso riabilita questi criminali come "vittime del comunismo", i preti di svariate confessioni perdonano i loro peccati, eminenti poeti recitano per loro poesie. Per costoro si edificano dei monumenti, e vengono dichiarati "combattenti". Combattenti, certo, lo sono stati, ma dalla parte tedesca, e dovrebbero perciò rivolgersi altrove per ottenere lo status di combattenti ed i relativi privilegi! Una riabilitazione istantanea non può cancellare la traccia di sangue che i criminali hanno lasciato dietro di se. Una possibilità di conciliazione con loro non esiste.

Era una fortuna per la Serbia che una parte non piccola delle unità dei cetnizi ha preso in tempo le distanze dai cetnizi di Draza Mihajlovic, aderendo all'Esercito popolare jugoslavo di liberazione (NOVJ), ed ha in seguito partecipato alle più grandi battaglie per la liberazione del nostro paese, dalla fine del 1944 fino alla conclusione della guerra. Grazie all'appello di Re Pietro II del 12 Settembre 1944, che chiedeva che aderissero al NOVJ sotto la guida del Maresciallo Tito, e grazie all'amnistia generale emanata dall'AVNOJ (Consiglio Antifascista di Liberazione Popolare della Jugoslavia, ndt) il 21 Novembre 1944), un gran numero di soldati onesti e patrioti del cosiddetto esercito jugoslavo in patria, che incolpevolmente se ne stavano a casa con le armi in mano aspettando "l'ora giusta" per la lotta contro l'occupatore, aderirono al NOVJ con grande entusiasmo. In questo modo essi hanno contribuito alla liberazione della propria patria, evitando il destino che spettava agli assassini, ai violentatori, agli incendiari ed ai rapitori guidati da Draza Mihajlovic. Questo evento ha rappresentato la conciliazione dei cetnizi con i partigiani. Tutte le dicerie dei politici odierni su questo tema sono prive di senso, ed introducono solamente divisioni tra di noi, quando invece più che mai abbiamo bisogno dell'unità. Le parole di Tito nell'ambito della proposta del Comitato Nazionale per la Liberazione della Jugoslavia (NKOJ), riguardo all'amnistia in questione, dimostrano tutta l'umanità e l'ampiezza del ragionamento politico del Movimento Popolare di Liberazione (NOP) sul tema della lotta contro l'occupatore: "Lo scopo di quest'amnistia è dimostrare che non siamo intenzionati a vendicarci. Invece, siamo pronti a tendere la mano della riconciliazione a tutti quelli che non hanno sporcato le proprie mani commettendo crimini contro il proprio popolo innocente".

Bisogna ricordare che gli Stati Uniti e l'Inghilterra protessero ed assunsero i criminali di guerra ed i collaborazionisti dei tedeschi (circa centomila), fuggiti dal nostro territorio, perché combattessero contro il comunismo. Gli ustascia rimasti in vita, i cetnizi di Draza Mihajlovic, le guardie bianche, i balisti, gli squadristi di Horti, la milizia musulmana, i volksdeutscher ed i loro successori e seguaci, riappariranno nuovamente sul "luogo del delitto" nel 1990, per partecipare alla nuova guerra fratricida, ora in qualità di quisling per gli americani!

La strada che portava alla vittoria era lunga. Sono serviti quattro anni per ottenerla. Nella lotta per la liberazione sono caduti 305.000 combattenti del NOVJ; i feriti furono 425.000, mentre circa 1.400.000 persone morirono come attiviste del Movimento per la liberazione e vittime del terrore fascista o caddero come aderenti delle truppe collaborazioniste. Nei 70 lager della morte perì il maggior numero di vittime. Le più massicce atrocità furono commesse dagli ustascia nel campo di concentramento di Jasenovac, dove uccisero circa 700.000 persone, prevalentemente serbe, e dai cetnici di Draza Mihajlovic contro i Mussulmani in Montenegro. Con più di 1.700.000 caduti, ovvero l'11 percento dei suoi abitanti, la Jugoslavia è tra i paesi che subirono il maggior numero di perdite umane nella Seconda guerra mondiale.

La Serbia, in quanto repubblica più grande e maggiormente popolata nella Jugoslavia, ebbe il più alto numero di vittime e diede il maggior contributo alla liberazione del paese. Tutti i popoli jugoslavi hanno apprezzato questo dato di fatto. Questa Serbia, calpestata e lacerata tra gli occupatori ed i traditori locali, sola ed abbandonata dalla propria dinastia monarchica, dai partiti politici borghesi e dai propri leader, circondata da Stati fascisti, distante dalle forze alleate e dai loro fronti, iniziò e condusse una lotta quadriennale ed una rivoluzione sanguinosa, e ne uscì vincitrice. Organizzatori e coordinatori della lotta e della rivoluzione sono stati i comunisti serbi, il PCJ, il suo Politburo con Tito, leader del rango internazionale, che qualunque paese avrebbe desiderato avere come dirigente.

Lo Stato serbo fu ripristinato nella forma di una delle repubbliche. Furono liberati e restituiti alla sua struttura il Kosovo e Metohija, le Contee di Srem, Banato e Bačka, i distretti di Pirot e Bosilegrad.

Il popolo serbo di Croazia e Bosnia Erzegovina, per via della propria lotta e della partecipazione alla costituzione di queste due repubbliche, ne divenne "popolo costitutivo". In tal modo il popolo serbo, grazie alla massiccia partecipazione alla Lotta di liberazione, grazie alle sue vittime ed ai risultati ottenuti con la lotta, in sostanza ebbe tre propri Stati nazionali.

Voglio sottolineare tutto questo perché oggi i nazionalisti e gli sciovinisti serbi che siedono nelle istituzioni nazionali di rilievo costantemente ribadiscono l'usurata chiacchiera secondo cui la Serbia sarebbe sempre stata "vincente nelle guerre, e perdente nella pace". Questo, però, nella Guerra di liberazione nazionale e nella rivoluzione, non è mai capitato. La Serbia è stata vincente nella guerra e nella pace.

Compagni e compagne,

La Lotta di Liberazione rappresentò una lotta sovrumana contro un nemico più potente, nella quale ci furono delle ritirate e delle crisi nell'insurrezione, superate grazie all'unità morale e politica del popolo ed alla abile guida del Comitato centrale del PCJ e del Quartier generale dell'esercito, perché la lotta andasse avanti.

Quando menziono questo, ho in mente uno degli eventi cruciali nella storia della Lotta popolare di liberazione, di cui stiamo celebrando quest'anno il 65.mo anniversario: la creazione, nel 1942, delle unità partigiane più grandi - delle divisioni del I Corpo e perciò dell'Esercito popolare di liberazione e dei drappelli (la 1. e 2. Divisione proletaria, la 3. Divisione d'urto popolare, la 4. e 5. Divisione d'urto della Krajina, la 6. Lička, la 7. Banijska, la 8. del Kordun e la 12. Divisione d'urto popolare della Slavonia; ed inoltre il 1. Corpo d'urto popolare, bosniaco, ed il 2., croato). Quell'anno - 1942 - è stato l'anno più difficile nella Guerra popolare di liberazione. Gli occupatori ed i traditori locali, in offensiva strategica, cercarono di distruggere il Movimento popolare di liberazione. Attraverso propaganda e rappresaglie indebolirono la disponibilità del popolo alla lotta, mettendo in crisi la Lotta popolare di liberazione in più zone del paese.

Il Comitato centrale del PCJ ed il Quartier generale dell'esercito popolare, trovandosi nelle parti confinarie tra Bosnia, Erzegovina e Montenegro con la maggior parte delle truppe partigiane, non smarrirono la concezione e la prospettiva della guerra e della Lotta popolare di liberazione e non considerarono nemmeno un possibile armistizio o la resa. Attuarono invece una decisione fondamentale: l'avvio di una contro-offensiva verso le zone occidentali del paese! Con un gruppo di Brigate proletarie aprirono la breccia verso la Bosanska Krajina allo scopo di collegare ed ulteriormente sviluppare i focolai del Movimento popolare di liberazione da quelle parti, rinnovando e rafforzando i collegamenti con la dirigenza negli altri paesi e province. Con combattimenti pesantissimi, che durarono per mesi, furono conseguiti infine i principali obiettivi dell'iniziativa partigiana; si creò un vasto territorio liberato nelle zone della Bosanska Krajina, della Dalmazia, della Lika, del Gorski Kotar, del Kordun, della Banija e di Žumberak.

Il Quartier generale promulgò la decisione della formazione delle prime Divisioni e Corpi d'armata nel Novembre del 1942. Nel Bollettino del Quartier generale, Tito scrisse che con l'organizzazione delle Divisioni e dei Corpi d'armata si stavano creando le fondamenta per l'Esercito popolare jugoslavo di liberazione (NOVJ). Valutando quest'evento quale "il più grande successo dell'insurrezione popolare", egli rilevò che questo esercito veniva creato non per emanazione di decreti, ma dalla base, dai piccoli drappelli partigiani, dagli uomini che a mani nude sequestravano le armi dal nemico. Come comandanti di questi Corpi d'armata e Divisioni furono nominati i migliori organizzatori della lotta armata e leader militari - Ivan Gošnjak, Kosta Nađ, Koča Popović, Peko Dapčević, Slavko Rodić ed altri.

Queste Divisioni e Corpi d'armata si dimostrarono più capaci ed efficaci nella lotta rispetto alle divisioni e ai corpi della Wehrmacht tedesca e delle unità collaborazioniste, dai nomi terrificanti: 7. Divisione SS Prinz Eugen, 21. Divisione SS Skanderbeg, 13. Divisione SS Handžar (Coltello), i Corpi dei cetnizi di Ravna Gora (Monte Calvo), il Corpo serbo dei volontari, il Corpo mussulmano dei volontari nel Sangiaccato, le divisioni degli ustascia e dei domobrani, eccetera - che riuscivano a mostrare la loro "efficacia" soltanto nelle spedizioni militari punitive contro il popolo disarmato, uccidendo le donne, i bambini, e vecchi ed i malati, i feriti ed i prigionieri!

I successi sul campo militare non possono essere considerati separatamente da quelli realizzati nell'ambito della creazione del nuovo potere popolare (i comitati popolari a tutti i livelli, fino all'AVNOJ) dal PCJ, dalle organizzazioni della gioventù e delle donne, dall'editoria partigiana e di partito, dall'organizzazione della vita economica e culturale sui territori liberati e nell'esercito, attraverso l'attività internazionale della dirigenza del Movimento popolare di liberazione (NOP), eccetera.

Il Movimento popolare di liberazione aveva una dirigenza coraggiosa e decisa, capace e ricca della esperienza che le permetteva di agire nelle peggiori condizioni di guerra. Con la loro capacità ed il loro sapere, il Comitato centrale del PCJ ed il Quartier generale dell'esercito superarono la dirigenza politica e militare tedesca, e questo dovette ammetterlo lo stesso Hitler. Ai tempi d'oggi, come Stato avremmo delle difficoltà a guadagnarci un voto positivo anche riguardo alla gestione quotidiana del paese ed al rafforzamento del nostro esercito, la cui riforma si compie in collaborazione e con la sponsorizzazione delle potenze che ci minacciano. Tutto ciò è difficilmente spiegabile! A mio avviso, la difesa del Kosovo è il parametro principale per orientare tale riforma. Sono dell'opinione che noi tutti, come popolo e persone singole, dobbiamo vergognarci del rapporto che lo Stato, a nome nostro, tiene nei confronti dell'esercito e del suo ruolo in questi eventi in Kosovo, che sono drammatici e lo diventeranno sempre più. Questo ruolo può essere decisivo e può portare dei successi soltanto con un esercito popolare di morale e coscienza politica alti, come nel NOVJ durante la guerra e per molti anni in seguito! Nel paese non vedo alcuna forza politica capace di cambiare radicalmente e velocemente la situazione attuale in cui versa il settore della difesa dello Stato; perciò, si deve sperare che questo cambiamento sia compiuto dal popolo stesso, di propria iniziativa ed azione.

Compagni e compagne,

La Lotta popolare di liberazione (NOB) non consisteva soltanto nella lotta armata contro gli occupatori, ma anche nella rivoluzione e nella creazione di una società migliore. Senza questa prospettiva sociale, la stessa NOB non sarebbe stata così efficace e di massa. La vittoria militare ha senso se le persone nella libertà conquistata vivono meglio ed in pace, cosa su cui si poneva la domanda il poeta Branko Miljković nei suoi bellissimi versi: "saprà o no la vittoria cantare, come la cantavano gli schiavi"!

La costruzione del socialismo nella prassi ha rapidamente dimostrato i propri vantaggi sul capitalismo: eguaglianza tra le nazionalità, autogestione e posizione non-allineata, sono i maggiori portati nello sviluppo sociale ed umano non solo della nostra società, ma dell'umanità in generale. Da paese arretrato, con 112 dollari di reddito pro capite, con il 50 percento di adulti analfabeti e le donne senza diritto di voto, la Jugoslavia successivamente, con un ritmo di crescita annuale del 5,9 per cento, già nel 1980 con un reddito pro capite di 2.620 dollari, si è trovata tra gli Stati mediamente sviluppati, diventando uno dei leader del Movimento dei paesi non allineati; e di essa molti, avendo tratto ispirazione dalla nostra lotta e rivoluzione, hanno seguito la stessa via.

Compagni e compagne,

Tutto questo non è rimasto inosservato da parte di quelli che fino a ieri erano gli alleati, gli Stati Uniti e l'Inghilterra, i cui leader, già nel Marzo del 1946 nella cittadina americana di Fulton, avevano proclamato "la crociata" contro il "mondo del comunismo".

Per l'intero periodo dell'esistenza della Jugoslavia, gli Stati Uniti condussero una guerra ideologica specifica e speciale contro il nostro paese, come, del resto, anche contro tutti gli altri paesi socialisti e non allineati. Questo si è potuto dedurre già dalla dichiarazione di H. Truman del Gennaio 1946, quando - dopo la decisione popolare sulle elezioni dell'11 Novembre 1945: "Non vogliamo il Re, vogliamo Tito, abbiamo risolto il quesito" - egli dichiarò che il "riconoscimento dei cambiamenti nella Jugoslavia è condizionato e tale rimarrà". Questa linea non è mai stata abbandonata, e la nostra via nel socialismo è sempre rimasta "sotto il fuoco" degli Stati Uniti.

La dichiarazione di Truman è in seguito diventata la dottrina degli Stati Uniti approvata nel Congresso americano nel Marzo del 1947, emendata da Eisenhower nel 1957, cosicché il presidente degli Stati Uniti fu autorizzato ad usare le proprie forze armate ovunque il "mondo libero" fosse esposto al pericolo dell'aggressione comunista e di golpe interni; dal periodo di Truman fino a Bush, costoro hanno applicato questa dottrina più di duecento volte. I Balisti del Kosovo nel Marzo del 1999 avrebbero rappresentato questo "mondo libero", per cui, secondo le parole di M. Albright, lei e Bill Clinton avrebbero condotto una propria guerra per la "difesa dei Mussulmani".

Questo dimostra che, nel Maggio del 1945, l'Occidente non si sentiva proprio vincitore. Anzi, tutto il sistema capitalista nel mondo fu scosso, e da parte sua fu scatenata una nuova guerra per rinsaldarsi nella difesa dalla rivoluzione che avanzava.

Gli Stati Uniti applicarono questa dottrina anche contro il nostro paese, senza successo, ma in seguito, provocando la guerra civile fratricida nel 1991, sono finalmente riusciti nel loro intento, distruggendo la RFSJ, laddove hanno giocato a loro favore alcuni nostri errori e debolezze: innanzitutto, la non-vigilanza e la riluttanza a sopprimere il nazionalismo ed il burocratismo. Durante tutta la sua vita, Tito combatté con insistenza contro queste manifestazioni, avvertendo in continuazione che, se avessero preso il sopravvento, esse avrebbero potuto portare alla nuova guerra fratricida ed allo smantellamento dello Stato - cosa che, dopo la sua morte, è accaduta.

Il nazionalismo è la causa della scissione della Jugoslavia, e non l'assetto sociale. Le radici del socialismo da noi sono profonde e forti. La consapevolezza dell'efficacia del socialismo e dei suoi vantaggi sulla "democrazia" è presente nella grande maggioranza dei cittadini dell'ex-Jugoslavia. E tale consapevolezza si sta anche rafforzando, grazie alle continue scoperte del "fascino" del capitalismo... Questa consapevolezza si mantiene anche grazie al fatto che tante conquiste e risultati della rivoluzione socialista, si sono preservate, particolarmente in Serbia: indipendenza ed autonomia, proprietà sociale, sanità e educazione gratuiti, buoni rapporti internazionali ed interconfessionali sulla maggior parte del territorio della Serbia, eccetera. Il Kosovo di oggi, nel quale gli Albanesi ed i Serbi si guardano "di traverso", e la precedente esistenza della Regione autonoma del Kosovo, sono i migliori argomenti per la giusta valutazione fatta da un autore sconosciuto, che su di un muro nella Nuova Belgrado ha scritto: "Il fabbro (Tito, ndt) era il migliore".

Queste sono le ragioni per cui gli Stati Uniti si sono concentrati sulla Serbia nell'intento di distruggerla. Si tratta, quindi, di ragioni ideologiche, e tutto ciò diventa ancor più chiaro dopo la dichiarazione dell'anno scorso di G.W. Bush secondo cui gli Stati Uniti stanno portando avanti "la più grande battaglia ideologica del XXI secolo". Gli Stati Uniti ormai neanche nascondono più le loro intenzioni nei confronti della Serbia, ci bombardano quotidianamente con argomenti sul loro antagonismo, per grande delusione dei loro adulatori nel nostro paese, secondo i quali noi ci stiamo constantemente "inventando dei nemici" e dei "traditori locali".

Compagni e compagne,

Poniamoci la domanda: siamo capaci di opporci ad una aggressione simile a quella del 1941? Abbiamo una scelta anche oggi: patteggiamento e collaborazione con l'aggressore, rinunciando al Kosovo - soluzione caldeggiata da buona parte dell'elite borghese -, oppure la resistenza, strategia ormai largamente applicata dai Serbi in Kosovo.

Ci sono alcuni fatti che, come popolo, ci inducono alla resistenza:

- La stragrande maggioranza dei Serbi è contro l'indipendenza del Kosovo, fatto confermato dall'emanazione della nuova Costituzione della Serbia così come pure dalla ricerca effettuata dalla "Strategic marketing", per conto dell'Agenzia statunitense per lo sviluppo sociale, nel Maggio 2006. Non esistono indizi migliori di questi, per un governo, che la popolazione lo seguirà nella sua opposizione all'aggressore.

- Noi non ci troviamo dinanzi al dilemma se combattere oppure no, visto che siamo in guerra ormai dal 1998. Si pone il quesito se intendiamo continuare con la resistenza oppure capitolare. I Serbi del Kosovo hanno già risposto a questo quesito: "No al Kosovo indipendente, anche a prezzo delle nostre vite" (è il messaggio del raduno svoltosi a Kosovska Mitrovica il 17 Marzo 2006). Dobbiamo renderci conto che siamo in guerra, e che la questione del Kosovo non si risolve sull'East River, ma sul ponte sull'Ibar presso Kosovska Mitrovica.

- L'opinione che tutti gli Albanesi siano separatisti e che sarebbero disposti "ad impugnare le armi" nel caso il Kosovo non ottenesse l'indipendenza, è errata. Anzi, nella predetta ricerca della Strategic marketing, la percentuale dei "bellicosi" tra i Serbi profughi (28) è maggiore che tra gli Albanesi (24). I Serbi esiliati sono pronti a tornare, sebbene si rendano conto che questo sarebbe come andare ad un fronte di guerra e non assomiglierebbe ad un ritorno a casa!!

- La Serbia combattiva e decisa ha degli alleati: la Federazione Russa, la Cina, i paesi non-allineati. Nessuno sarà alleato di un malaticcio, mediocre e debole partner che attende che la libertà gli sia servita "sul piatto". Fa parte del nostro diritto-dovere quale Stato rafforzare la sicurezza nel sud della Serbia, nel Sangiaccato ed in Vojvodina, ed "abbassare le corna" agli sciovinisti da quelle parti, e fare lo stesso agli sciovinisti serbi ovunque appaiano!

- La Serbia sa gestire il proprio territorio ed i propri cittadini, quindi lo sa fare con il Kosovo e con gli Albanesi ed ha delle soluzioni per tutta la situazione, come del resto ha dimostrato nella pratica nel periodo 1945-1991, quando la minoranza albanese visse il proprio rinascimento economico e culturale e fu, nella stragrande maggioranza, contenta dello status che aveva. Pertanto, l'affermazione secondo cui gli Stati Uniti avrebbero attaccato la Repubblica Federale di Jugoslavia nel 1999 perché gli Albanesi si trovavano in pericolo come nazione, non è altro che una menzogna.

- Gli Stati Uniti e la NATO non sono più la forza che vorrebbero dimostrare di essere. La guerra in Afghanistan ed Iraq, l'uragano Catherine, il crollo del prestigio degli Stati Uniti nel mondo, e così via, lo dimostrano. Essi sono terrorizzati più dal giustificato furore del popolo e dei guerriglieri di questi paesi, che dai missili russi. Inquadrandoci nel novero di certe tribù selvagge, ignare di che cosa sia "buono per loro", i razzisti americani compiono un grave errore, perché anche i Serbi possono "impugnare le armi". Non sarebbe la prima volta!

La lotta e la resistenza dei Serbi in Kosovo contro gli invasori americani, che dura ormai da otto anni, per noi rappresenta un modello di strategia attuale, che il nostro governo può applicare, senza far troppa filosofia, in tutto il paese. La Serbia non deve rinunciare ai risultati acquisiti ed alle conquiste di questa lotta per abbandonare i Serbi del Kosovo ad un destino crudele! Non sono convinto che il Governo della Serbia, nella costruzione di una propria strategia statale, abbia analizzato e valutato quest'aspetto in profondità.

Compagni e compagne combattenti,

Nel momento della celebrazione dei 60 anni dalla creazione dell'Unione dei Combattenti della Guerra Popolare di Liberazione (SUBNOR), il cui il primo presidente è stato J.B. Tito con A. Ranković in qualità di segretario, si pone la domanda logica di che cosa fa la nostra associazione, e se sia capace di fare ancora qualcosa nella lotta per la preservazione dell'integrità della Serbia. Siamo stanchi e vecchi per partecipare a questa lotta odierna? Mi pare che nostra risposta possa essere la seguente: vecchi non siamo, perché solo i muscoli invecchiano - la mente non può invecchiare. Anzi, l'esperienza costantemente crea, da se, idee nuove ed opere da realizzare. Nei nostri pensieri e nelle parole pronunciate e scritte, c'è della fiamma che ancora può bruciare!

L'Unione dei Combattenti della Guerra Popolare di Liberazione (SUBNOR) è la più numerosa e territorialmente diffusa organizzazione sociale della Serbia, con un gran prestigio ed influenza pubblica e politica nella popolazione. La nostra organizzazione è rimasta coerente nella lotta per preservare le maggiori conquiste della Lotta popolare di liberazione (NOB) e della rivoluzione: fratellanza ed unità, potere al popolo, eguaglianza sociale e giustizia, politica estera non-allineata. Le nostre possibilità di influenzare i processi decisionali nella società, e perfino la scelta dei personaggi che decidono, sono grandi e non sono state sfruttate finora a dovere. Noi siamo dell'opinione che le persone, di cui siamo certi che difenderanno il Kosovo con tutti mezzi, senza eccezioni e fino all'ultimo respiro, siano quelle che possono e debbono guidare l'attuale Serbia.

I combattenti della Serbia sono tutti concordi in questa valutazione strategica! Quelli che pensano che i combattenti abbiano rinunciato al Kosovo, si sbagliano. I combattenti saranno gli ultimi a rinunciare alla battaglia per il Kosovo. Sappiamo quando questo dovrà capitare, non dovrei dirlo, perciò a tutti i combattenti auguro buona salute e lunga vita. Affinché saremo nel maggior numero possibile a testimoniare l'arrivo dell'esercito popolare della Serbia a Priština, e che la KFOR, mai invitata, si ritiri là da dove è arrivata. Che il nostro esercito, come nel Novembre 1944, sia composto dai figli e dalle figlie di Serbi o Albanesi, Bosgnazzi, Ungheresi e Croati, e tutte le nazioni e popoli cui oggi la Serbia funge da patria.

Penso di poterlo dire anche per tutti coloro che hanno indossato onorevolmente la divisa dell'Armata Nazionale della Jugoslavia (JNA) dal 1945 fino al 1991, difendendone i confini, la libertà e la pace dai banditi internazionali.

Penso di poterlo dire anche per tutti coloro che sotto il vessillo della RFSJ e RFJ hanno combattuto contro gli aggressori anglo-americani e contro i traditori locali nel periodo 1991-1995 e 1998-1999, nel tentativo di scongiurare la divisione violenta e la guerra fratricida tra le nostre nazioni ed i nostri popoli.

Sono del parere che anche l'esercito odierno della Serbia possa trovare il proprio posto in questa linea dei difensori del Kosovo.

9. Maggio 2007.

Stevan Mirković

Generale dell'Esercito, in pensione



Traduzione a cura del CNJ.
Sulla figura del "capo dei cetnici", Draza Mihajlovic, segnaliamo:

STENOGRAPHIC RECORD AND DOCUMENTS FROM THE TRIAL OF DRAGOLJUB-DRAZA MIHAILOVIC

http://trial-mihailovic-1946.org/




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