Un'analisi profonda di come l'imperialismo si appropria della memoria storica per legittimare il proprio dominio. Losurdo esamina i meccanismi con cui le narrazioni storiche vengono manipolate per giustificare interventi politici, economici e militari, offrendo una prospettiva critica e contro-egemonica
La sintesi dell’infamia
Un’analisi del testo della recente risoluzione del Parlamento Europeo sulla storia e i simboli
Negli scorsi giorni, a poche ore dall’80° anniversario dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, il Parlamento Europeo, a larga e variegata maggioranza, ha ritenuto opportuno approvare un’articolata risoluzione che è finita sulle pagine dei giornali, soprattutto per lo sconcertante passaggio in cui equipara i simboli sovietici a quelli nazisti, chiedendone il divieto in tutto il territorio dell’Unione Europea.
Quest’indicazione gravissima, che tenta di estendere la legislazione anticomunista di molti paesi dell’Europa orientale a tutti i paesi membri della UE, è però solo uno degli elementi di un documento che rappresenta una vera e propria sintesi delle idee reazionarie divenute l’ideologia ufficiale delle istituzioni europee, mobilitate nella previsione, chiaramente esplicitata, di una prospettiva bellica.
Vale dunque la pena operare un’analisi completa del testo votato dal Parlamento Europeo, come premessa necessaria per una battaglia politica e culturale contro questa ideologia di guerra.
1. Il titolo
La risoluzione non è un semplice tentativo di riscrivere la storia, ma ha un fine politico chiaro ed esplicitato sin dal titolo: “Sulla disinformazione e la falsificazione della storia da parte della Russia per giustificare la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina”.
Siamo dunque immersi in un clima di russofobia paranoica e nella frenetica attività volta a impedire qualunque tentativo di porre fine al conflitto ucraino.
2. Le premesse
La russofobia, in questi anni, si è sempre più intrecciata al tradizionale anticomunismo delle istituzioni europee, evidente nella prima parte della risoluzione. Siamo di fronte a un impressionante, quanto ormai consolidato, lavoro di riscrittura della storia del Novecento, che non ammette alcuno spazio per un’analisi critica di vicende straordinariamente complesse e non esita di fronte alla pura e semplice falsificazione.
Nelle premesse vengono richiamati numerosi atti del Parlamento e di altre istituzioni europee sul totalitarismo, tutti costruiti con un meccanismo simile: si parte dall’equiparazione del nazismo con l’esperienza sovietica, per poi elencare crimini che riguardano esclusivamente quest’ultima.
L’attenzione è, adesso, particolarmente puntata sugli anni ’30 e ’40 e sulla Seconda guerra mondiale, ed è un’attenzione particolarmente selettiva.
Non c’è una parola sulle responsabilità “liberali” nell’affermazione del fascismo e del nazismo in Europa. Il Patto di Monaco e la guerra di Spagna non vengono mai citati, così come non si fa menzione di regimi e partiti fascisti alleati di Mussolini e partecipi dell’aggressione all’URSS e dello sterminio del popolo ebraico (da Mussolini ai governi di Ungheria, Romania, Slovacchia, ai partiti e gruppi armati ucraini, baltici, croati, ecc.).
Particolarmente incredibile è la qualificazione del cosiddetto Holodomor come genocidio, da parte di parlamentari che sostengono apertamente la politica genocidaria del governo Netanyahu contro il popolo palestinese.
Assai significativo è che il Parlamento Europeo senta la necessità di fissare esplicitamente, tra i propri principi ispiratori, la risoluzione concorrente n. 9 del Congresso degli Stati Uniti, del 7 febbraio 2023, dal titolo “Denouncing the horrors of socialism”. Si tratta di un documento di particolare brutalità, scritto da una deputata trumpiana di Miami, che si conclude con le lapidarie parole: “Congress denounces socialism in all its forms” (il Congresso denuncia il socialismo in tutte le sue forme!).
Ci sarebbe da chiedere ai parlamentari “di sinistra” che hanno votato a favore di questa risoluzione come sia possibile azzerare così ogni residuo di dignità.
3. Gli obiettivi
Non c’è dubbio che il principale obiettivo ideologico del documento sia occultare il ruolo gigantesco dell’URSS, dei suoi popoli, dei suoi soldati e partigiani nella sconfitta del nazismo. In questo 2025, che segna l’80° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, si tenta di seppellire tale ruolo con le seguenti parole:
(Il Parlamento Europeo) riconosce la responsabilità condivisa della Germania nazista e dell’Unione Sovietica nello scoppio della Seconda guerra mondiale.
Neanche nel periodo più cupo della Guerra Fredda un passo del genere avrebbe potuto essere proposto in un’aula parlamentare occidentale. Poco dopo, si ricorda l’enorme numero di morti della Seconda guerra mondiale, omettendo che la maggior parte di essi furono cittadini e soldati dell’URSS, vittime dell’aggressore nazista e dei suoi alleati.
La risoluzione affronta anche le contraddizioni interne alla coalizione occidentale. A questo riguardo, improvvisamente, i fatti storici vengono valutati con cautela, e il linguaggio propagandistico antisovietico e russofobo lascia spazio a frasi involute e accomodanti. Ad esempio, si parla di “problemi bilaterali” e di “volontà di riconciliazione” per i massacri di Volinia.
Di cosa si tratta? Delle decine di migliaia di polacchi uccisi dai nazionalisti ucraini alleati di Hitler, guidati da Stepan Bandera, oggi eroe nazionale del governo atlantico di Kiev.
Sull’altare della comune russofobia si chiede agli attuali governanti polacchi e ucraini di smetterla di litigare sul passato. Ai nazionalisti tedeschi viene concessa la qualifica di “genocidio” per l’incursione dell’Armata Rossa in Alta Slesia nel 1945. Poco importa che ciò coincida perfettamente con le affermazioni della propaganda nazista del tempo e neonazista dei decenni successivi. Naturalmente, nessun accenno al bombardamento anglo-americano di Dresda.
La “nuova” storia del Parlamento Europeo si propone come verità ufficiale e quindi vanno sottolineati, con preoccupazione, non solo i divieti per i simboli di cui si è detto (che alludono alla messa fuorilegge di tradizioni politiche che hanno fatto la storia dell’Europa), ma anche la richiesta di inserire in modo sistematico nei programmi scolastici di tutti gli Stati dell’Unione Europea la storia dei crimini comunisti.
I parlamentari europei aspirano anche al fatto che le Nazioni Unite prendano in considerazione le loro tesi. Ambizione poco fondata, poiché le nazioni occidentali sono state duramente battute all’assemblea dell’ONU su risoluzioni che condannavano, in modo serio, il nazismo e il neofascismo, e anche perché possiamo immaginare come i paesi asiatici, africani e latinoamericani possano considerare politici europei che chiedono di indagare sul colonialismo russo dal XVIII al XXI secolo(!), senza far parola del colonialismo e del neocolonialismo inglese, francese, olandese, belga, statunitense.
Nella parte conclusiva della risoluzione il cerchio si chiude e i deliri “storici” trovano la loro naturale proiezione politica: anche la riscrittura della storia deve concorrere, così come le sanzioni, le forniture di armi e gli stanziamenti miliardari al regime di Zelenski, alla rapida integrazione euro-atlantica dell’Ucraina e di altri paesi della regione e alla piena vittoria militare dell’Ucraina (i corsivi sono testuali!).
Le fantasie storiche servono a nutrire fantasie politiche. Fantasie tremendamente pericolose.