[slovenščina / hrvatskosrpski / italiano]
 
Jugoslavi a Trieste, a Gorizia e... al Tagliamento!
 
1) GORIZIA
1.1 – PETIZIONE: Stop alla legittimazione del fascismo / Ustavimo legitimizacijo fašizma / Spriječimo legitimizaciju fašizma
1.2 – DEMONSTRACIJE U GORICI (Vladimir Kapuralin 3.2.2025.)
1.3 – LA TARGA DEI DIPENDENTI COMUNALI “DEPORTATI DAGLI JUGOSLAVI” NEL MUNICIPIO DI GORIZIA (Claudia Cernigoi, gennaio 2025)
1.4 – GORIZIA CAPITALE DELLA CULTURA ONORA I CAMERATI DELLA DECIMA MAS (M. Salvi 19.1.2025)
1.5 – GORIZIA CAPITALE DELLA CULTURA CONFERMA LA CITTADINANZA ONORARIA A MUSSOLINI (M. Salvi 16.11.2024)

 

2) TRIESTE – FLASHBACKS:
– LINKS: a Trieste il 12 Giugno è la Giornata della Liberazione dall'Antifascismo / VIDEO: Osvoboditev Trsta / PDF: Trieste nella lotta per la democrazia / Quanti furono gli arrestati dagli jugoslavi nel maggio 1945? Ecco l'elenco / La Resistenza a Trieste e nel Litorale sloveno / Sui "Quaranta giorni" di amministrazione jugoslava a Trieste (1 maggio - 12 giugno 1945)
– LA JUGOSLAVIA E LA QUESTIONE DI TRIESTE, 1945-1954. Anna Di Gianantonio recensisce il volume di Federico Tenca Montini (2020)
 
Si veda anche:
GLI JUGOSLAVI AL TAGLIAMENTO? Oppure, fino a dove? (di Gian Luigi Bettoli, gennaio 2025)
Indice:
1. Una leggenda urbana priva di fondamento, ma pregna di conseguenze
2. Veleno nazifascista: in principio fu l’Adriatisches Küstenland
3. Una prima definizione della linea di rivendicazioni confinarie jugoslave
4. Del difficile rapporto tra geografia e storia: una breve rassegna storiografica
5. Un caso di studio di falsificazione storiografica (e un’occasione per rileggere alcuni accordi tra comunisti italiani, jugoslavi e austriaci)
6. Tiziano Tessitori e la lotta della Dc friulana contro gli sloveni beneciani
7. Dagli archivi del Dipartimento di Stato Usa
8. Benečija/Slavia veneta: un territorio mistilingue snazionalizzato (fino ad un certo punto)
9. Concludendo, per ricominciare: tra nazione, internazionalismo e geopolitica. Verso il Tagliamento ed oltre?
 
 
=== 1: GORIZIA ===
 
Si vedano anche: 
– l'articolo di Anna Di Gianantonio su Patria Indipendente "Gorizia capitale della cultura. Nera":
– la pagina FB della Mednarodna Mreža Antifašistov - Rete Internazionale Antifascista - Međunarodna Mreža Antifašista – International Antifascist Net:
“Tito” sul Monte Sabotino davanti a Gorizia, Menia a Tajani: “La Slovenia cancelli la scritta, è uno sberleffo”

Politica – di Sara De Vico – 15 Gennaio 2025 – AGGIORNATO 15 Gennaio 2025 alle 16:47 (Il Secolo d’Italia), https://www.secoloditalia.it/2025/01/tito-sul-monte-sabotino-davanti-a-gorizia-menia-a-tajani-la-slovenia-cancelli-la-scritta-e-uno-sberleffo/

 
 
– 1.1 – PETIZIONE
 
GORIZIA/GORICA 2025: Stop alla legittimazione del fascismo / Ustavimo legitimizacijo fašizma
 
 
Questa petizione è disponibile in italiano, sloveno e croato / Ta peticija je na voljo v italijanščini, slovenščini in hrvaščini / Ova peticija je dostupna na talijanskom, slovenskom i hrvatskom jeziku
 

Italiano

Data di lancio: 30 gennaio 2025
Obiettivo: 5.000 firme
Scadenza: 31 marzo 2025

Sommario: Il Comune di Gorizia ha rifiutato l'opportunità di revocare la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, mentre si prepara all'anno della Capitale Europea della Cultura 2025. Questo atto, insieme all'accoglienza dei veterani della Decima MAS, contraddice i valori dell'integrazione europea e del dialogo interculturale che GO!2025 intende rappresentare.

Alla Presidente della Repubblica di Slovenia Nataša Pirc Musar,

al Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella e

al Presidente della Repubblica Federale di Germania Frank-Walter Steinmeier

rivolgiamo la richiesta

di intervenire riguardo a quanto sta accadendo a Gorizia alla vigilia dell'evento culturale europeo che dovrebbe simboleggiare la nostra unione e i valori comuni di pace, tolleranza e dialogo interculturale.

L'8 febbraio 2025, Nova Gorica e Gorizia saliranno insieme sul palcoscenico europeo come Capitale Europea della Cultura (GO!2025). Questo progetto storico dovrebbe rappresentare il culmine di decenni di sforzi per superare le divisioni del passato e costruire un futuro europeo comune. Invece, stiamo assistendo a decisioni delle autorità goriziane che minano le fondamenta stesse dell'integrazione europea:

Il Comune di Gorizia, alla vigilia dell'anno della Capitale Europea della Cultura, ha avuto nuovamente l'opportunità di revocare la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, ma ha deciso di mantenerla;
Il Comune di Gorizia accoglie istituzionalmente da anni i veterani della Decima MAS, che collaborarono con i nazisti, mentre non celebra il 25 aprile, giorno della liberazione dal nazifascismo.
Tali azioni sono un'offesa alla memoria storica. Allo stesso tempo, rappresentano una pericolosa legittimazione della violenza e dell'ideologia fascista, che ha lasciato una macchia indelebile in quest'area. La cittadinanza onoraria a Mussolini e l'accoglienza ufficiale della Decima MAS significano negare i valori fondamentali su cui si basano sia GO!2025 che l'intera Unione Europea.

Per comprendere il peso delle attuali decisioni delle autorità goriziane, dobbiamo guardare al passato. Sotto la guida di Mussolini, il regime fascista condusse una politica sistematica di pulizia etnica della popolazione slovena nel Litorale. In questo territorio, Mussolini e il fascismo furono simboli di xenofobia, violenza, razzismo e persecuzione dei popoli slavi.

Significative sono le parole di Mussolini, pronunciate già nel 1920 a Pola: “Io credo che si possano sacrificare 500.000 Slavi barbari a 50.000 Italiani”. 

Nell'anno in cui Nova Gorica e Gorizia sono insieme Capitale Europea della Cultura, il comune ha paradossalmente deciso di mantenere il simbolo di coloro che volevano annientare la cultura slovena. In vista dell'imminente inizio di GO!2025, esortiamo fermamente le autorità competenti a esaminare seriamente la situazione e ad agire immediatamente. Ci aspettiamo che si impegnino per la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini a Gorizia e in tutte le altre città dove è ancora mantenuta. Ci aspettiamo inoltre che condannino i ricevimenti ufficiali dei rappresentanti dell'organizzazione DECIMA MAS. Solo così possiamo garantire che GO!2025 rimanga uno spazio di dialogo interculturale e di rispetto della verità storica.

GO!2025 rappresenta un'opportunità unica per costruire ponti tra popoli e culture. Questo progetto può avere successo solo se si basa su un sincero confronto con il passato e una chiara condanna della violenza fascista. La riabilitazione dell'ideologia fascista sotto le vesti di un progetto culturale rappresenterebbe un tradimento dei valori per cui si batte l'Europa unita.

Artisti, operatori culturali e cittadini italiani, sloveni ed europei sono invitati a esprimersi contro la decisione del Comune di Gorizia di mantenere la cittadinanza onoraria a Mussolini, conferitagli nel 1924 e mai revocata nonostante numerose richieste.

È tempo di agire. Con il vostro sostegno possiamo garantire che GO!2025 rimanga un progetto che unisce e guarisce le ferite storiche, invece di riaprirle.

Firma la petizione

La tua firma è una voce per la verità storica e un futuro comune.

Promossa da: Rete Internazionale Antifascista
www.mmantifa.org

 

Slovenščina

Datum začetka: 30. januar 2025
Cilj: 5.000 podpisov
Rok: 31. marec 2025

Povzetek: Občina Gorica je zavrnila priložnost, da odvzame častno meščanstvo Benitu Mussoliniju, medtem ko se pripravlja na leto Evropske prestolnice kulture 2025. To dejanje, skupaj s sprejemanjem veteranov Decima MAS, je v nasprotju z vrednotami evropskega povezovanja in medkulturnega dialoga, ki jih GO!2025 želi predstavljati.

Na predsednico Republike Slovenije Natašo Pirc Musar, 

predsednika Italijanske republike Sergia Mattarello in 

predsednika Zvezne republike Nemčije Frank-Waterja Steinmeiera 

naslavljamo zahtevo,

da ukrepajo ob dogodkih, ki smo jim priča v Gorici tik pred evropskim kulturnim dogodkom, ki bi moral simbolizirati našo povezanost in skupne vrednote miru, strpnosti in medkulturnega dialoga.

8. Februarja 2025 bosta Nova Gorica in Gorica skupaj stopili na evropski oder kot Evropska prestolnica kulture (GO!2025). Ta zgodovinski projekt bi moral predstavljati vrhunec večdesetletnih prizadevanj za preseganje nekdanjih delitev in gradnjo skupne evropske prihodnosti. Namesto tega smo priča odločitvam goriških oblasti, ki spodkopavajo same temelje evropskega povezovanja:

Občina Gorica je na predvečer leta Evropske prestolnice kulture ponovno dobila priložnost, da Benitu Mussoliniju odvzame častno državljanstvo, a se je odločila, da ga bo obdržal;
Občina Gorica že več let institucionalno sprejema tudi veterane Decima MAS, ki so sodelovali z nacisti, medtem ko 25. Aprila osvoboditve izpod nacifašizma ne praznuje.
Taka dejanja so žalitev zgodovinskega spomina. Hkrati predstavljajo nevarno legitimizacijo fašističnega nasilja in ideologije, ki je pustila neizbrisen madež na tem območju. Častno meščanstvo Mussoliniju in uradni sprejem Decima MAS pomenita zanikanje temeljnih vrednot, na katerih temeljita tako GO!2025 kot celotna Evropska unija.

Da bi razumeli težo aktualnih odločitev goriških oblasti, moramo pogledati v preteklost. Pod Mussolinijevim vodstvom je fašistični režim izvajal sistematično politiko etničnega čiščenja slovenskega prebivalstva na Primorskem. Na tem ozemlju sta bila Mussolini in fašizem simbola ksenofobije, nasilja, rasizma in preganjanja slovanskih narodov. 

Pomenljive so Mussolinijeve besede, izrečene že leta 1920 v Puli: “Menim, da lahko žrtvujemo 500.000 barbarskih Slovanov za 50.000 Italijanov”.

V letu, ko sta Nova Gorica in Gorica skupaj evropska prestolnica kulture, se je občina paradoksalno odločila obdržati simbol tistih, ki so želeli izničiti slovensko kulturo. Glede na bližajoči se začetek GO!2025 odločno pozivamo pristojne oblasti, da resno preučijo situacijo in nemudoma ukrepajo. Pričakujemo, da se zavzamejo za preklic Mussolinijevega častnega meščanstva v Gorici in vseh drugih mestih, kjer ga še ohranjajo. Prav tako pričakujemo, da obsodijo uradne sprejeme predstavnikov organizacije DECIMA MAS. Le tako lahko zagotovimo, da bo GO!2025 ostal prostor medkulturnega dialoga in spoštovanja zgodovinske resnice.

GO!2025 predstavlja enkratno priložnost za gradnjo mostov med narodi in kulturami. Ta projekt lahko uspe le, če temelji na iskrenem soočenju s preteklostjo in jasni obsodbi fašističnega nasilja. Rehabilitacija fašistične ideologije pod krinko kulturnega projekta bi pomenila izdajo vrednot, za katere se zavzema združena Evropa.

Umetniki, kulturni delavci ter vsi italijanski, slovenski in drugi evropski državljani ste vabljeni, da se izrečete proti odločitvi občine Gorica, da Mussolini ohrani častno meščanstvo, ki mu ga je podelila leta 1924 in ga kljub številnim prošnjam ni nikoli preklicala.

Čas za ukrepanje je zdaj. Z vašo podporo lahko zagotovimo, da GO!2025 ostane projekt, ki združuje in zdravi zgodovinske rane, namesto da jih ponovno odpira.

Podpišite peticijo

Vaš podpis je glas za zgodovinsko resnico in skupno prihodnost.

Predlagatelj: Mednarodna Mreža Antifašistov
www.mmantifa.org

 

Hrvatski

Datum pokretanja: 30. siječnja 2025
Cilj: 5.000 potpisa
Rok: 31. ožujka 2025

Sažetak: Općina Gorica odbila je priliku da oduzme počasno građanstvo Benitu Mussoliniju uoči godine Europske prijestolnice kulture 2025. Ovaj čin, zajedno s primanjem veterana Decima MAS-a, proturječi vrijednostima europskih integracija i međukulturnog dijaloga koje GO!2025 želi predstavljati.

Predsjednici Republike Slovenije Nataši Pirc Musar,

predsjedniku Talijanske Republike Sergiu Mattarelli i

predsjedniku Savezne Republike Njemačke Frank-Walteru Steinmeieru

upućujemo zahtjev

da interveniraju povodom događaja kojima svjedočimo u Gorici uoči Europske prijestolnice kulture, koja bi trebala simbolizirati našu povezanost i zajedničke vrijednosti mira, tolerancije i međukulturnog dijaloga.

veljače 2025. Nova Gorica i Gorica zajedno će stupiti na europsku pozornicu kao Europska prijestolnica kulture (GO!2025). Ovaj povijesni projekt trebao bi predstavljati vrhunac desetljeća napora za prevladavanje prošlih podjela i izgradnju zajedničke europske budućnosti. Umjesto toga, svjedočimo odlukama goriških vlasti koje potkopavaju same temelje europske integracije:
Općina Gorica je uoči godine Europske prijestolnice kulture ponovno imala priliku oduzeti počasno građanstvo Benitu Mussoliniju, ali je odlučila zadržati ga;
Općina Gorica već godinama institucionalno prima veterane Decima MAS-a, koji su surađivali s nacistima, dok ne slavi 25. travnja, dan oslobođenja od nacifašizma.
Takvi postupci su uvreda povijesnom sjećanju. Istovremeno predstavljaju opasnu legitimizaciju fašističkog nasilja i ideologije koja je ostavila neizbrisiv trag na ovom području. Počasno građanstvo Mussoliniju i službeni prijem Decima MAS-a znače negiranje temeljnih vrijednosti na kojima se zasnivaju i GO!2025 i cijela Europska unija.

Da bismo razumjeli težinu trenutnih odluka goriških vlasti, moramo pogledati u prošlost. Pod Mussolinijevim vodstvom, fašistički režim provodio je sustavnu politiku etničkog čišćenja slovenskog stanovništva u Primorju. Na ovom teritoriju, Mussolini i fašizam bili su simboli ksenofobije, nasilja, rasizma i progona slavenskih naroda.

Znakovite su Mussolinijeve riječi, izgovorene već 1920. godine u Puli: "Smatram da možemo žrtvovati 500.000 barbarskih Slavena za 50.000 Talijana."

U godini kada su Nova Gorica i Gorica zajedno Europska prijestolnica kulture, općina je paradoksalno odlučila zadržati simbol onih koji su željeli uništiti slovensku kulturu. S obzirom na skori početak GO!2025, snažno pozivamo nadležne vlasti da ozbiljno razmotre situaciju i odmah djeluju. Očekujemo da se založe za opoziv Mussolinijevog počasnog građanstva u Gorici i svim drugim gradovima gdje se ono još održava. Također očekujemo da osude službene prijeme predstavnika organizacije DECIMA MAS. Samo tako možemo osigurati da GO!2025 ostane prostor međukulturnog dijaloga i poštovanja povijesne istine.

GO!2025 predstavlja jedinstvenu priliku za izgradnju mostova među narodima i kulturama. Ovaj projekt može uspjeti samo ako se temelji na iskrenom suočavanju s prošlošću i jasnoj osudi fašističkog nasilja. Rehabilitacija fašističke ideologije pod krinkom kulturnog projekta predstavljala bi izdaju vrijednosti za koje se zalaže ujedinjena Europa.

Umjetnici, kulturni radnici te talijanski, slovenski i drugi europski građani pozvani su da se izjasne protiv odluke Općine Gorica da zadrži Mussolinijevo počasno građanstvo, dodijeljeno mu 1924. godine i nikada opozvano unatoč brojnim zahtjevima.

Vrijeme je za djelovanje. Uz vašu podršku možemo osigurati da GO!2025 ostane projekt koji ujedinjuje i liječi povijesne rane, umjesto da ih ponovno otvara.

Potpišite peticiju

Vaš potpis je glas za povijesnu istinu i zajedničku budućnost.

Predlagač: Međunarodna Mreža Antifašista
www.mmantifa.org

 

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– 1.2. – DEMONSTRACIJE U GORICI
 
 
 
DEMONSTRACIJE U GORICI

U subotu, 1. februara, u Gorici je na trgu ispred općinske zgrade demonstriralo 300-tinjak antifašista, Talijana i Slovenaca, nezadovoljnih što Gorica još nije povukla naslov počasnog građanina fašističkom Duceu Benitu Mussoliniju. Naime, titula počasnog građanina Gorice dodijeljena 1924. godine Mussoliniju još je na snazi. Pokušaj lanjske godine da se taj kronični apsurd ispravi i ukine na općinskom vijeću nije uspio dobit potporu većine vijećnika. To i odavanje počasti okrutnoj vojnoj grupaciji Decima MAS, bili su povod za demonstracije ogorčenih građana s obje strane granice.

Decima MAS (Decima flottiglia mezzi d’assalto, Xa MAS), u prijevodu, Deseta jurišna flota, bila je flota brzih lakih plovila talijanskih marinaca koja je nakon kapitulacije Italije, 8. novembra 1943., nastavila s vojnim djelovanjem u Italiji protiv saveznika, a na području Istre, Kvarnera i Slovenskog primorja, protiv partizanskih jedinica sve do kraja rata.

Demonstracija je organizirana na inicijativnu Međunarodne mreže antifašista MMA/RIA. Organizacija je osnovana krajem prošle godine, a čine je antifašisti iz talijanskog pograničnog područja, Slovenije, za sada pretežno Primorske i Istre s Liburnijom, tako da je ovo na neki način bilo uspješno vatreno krštenje.

Na demonstracijama su viđeni zastava nekadašnje Socijalističke Republike Slovenije i transparenti poput dva na slovenskom i talijanskom jeziku, „Mussolini nije moj sugrađanin“, zatim „Gorica je glavni grad sramote“ na talijanskom jeziku, aludirajući na činjenicu da je Gorica glavni grad evropske kulture 2025.

Proglašenje Gorice kao glavnog grada evropske kulture s jedne strane, pozivanje na antifašizam koji je ugrađen i u talijanski ustav s druge strane, nastavak statusa počasnog građanina Mussoliniju s treće strane i obilježavanje fašističkih jurišnih odreda s četvrte strane, govori da bi možda najprikladnija titula bila „Gorica evropski grad hipokrizije 2025.“

3. II. 2025.

Vladimir Kapuralin
 
 
– 1.3 – LA TARGA DEI DIPENDENTI COMUNALI “DEPORTATI DAGLI JUGOSLAVI” NEL MUNICIPIO DI GORIZIA
 
 
ALCUNE CONTRADDIZIONI SULLA TARGA DEI DIPENDENTI COMUNALI “DEPORTATI DAGLI JUGOSLAVI”, PRESENTE NELL’ATRIO DEL MUNICIPIO DI GORIZIA
 
di Claudia Cernigoi
 
Qui sopra [ https://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2025/01/ALCUNE-CONTRADDIZIONI-SULLA-TARGA-DEI-DIPENDENTI-COMUNALI.pdf ] la targa che si trova al Comune di Gorizia con i nomi dei dipendenti «scomparsi nel nome d’Italia». In questo breve studio analizzeremo i nominativi indicati nella sezione dei «deportati in Jugoslavia nel maggio 1945».

In premessa prendiamo i nomi di Bruno Deferri (in alcuni elenchi si trova come De Ferri) e di Aristide Fedon.

Prendiamo innanzitutto lo “studio provvisorio sugli scomparsi da Gorizia nel maggio 1945” curato dalla storica slovena Nataša Nemec (che, per i motivi dell’arresto, riporta quanto risulta agli atti del Pubblico accusatore). [1]
 
«DE FERRI Bruno. Nato il 4.9.1892 a Gorizia, padre Attilio madre Lodovica Maffoni. Impiegato, ufficiale, consigliere presso il tribunale di Gorizia, (8) PFR, [2] squadrista, maggiore MVSN, [3] collaboratore con i tedeschi. Arrestato a Gorizia il 9.5.1945. Deportato a Lubiana il 19.5.1945. Moglie: luglio 1945 portato a Karlovac, rilasciato e ritornato nel maggio 1946».

A conferma di questo rientro, anche nell’Albo Caduti della RSI (edizione 2019, reperibile online) nella nota relativa a Giuseppe Deferri (ufficiale della GNR [4] internato in Jugoslavia e scomparso) leggiamo che il fratello Bruno, magistrato, fu liberato nel 1948.
 
Però nel libro curato dall’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, “Caduti, dispersi e vittime civili della seconda guerra mondiale-provincia di Gorizia” Bruno Deferri risulta tra gli scomparsi, ed inoltre, in un elenco inserito nel procedimento penale n. 265/01 RGNR del Tribunale militare di Padova, viene per lui indicata una data di morte presunta al 31/5/45 (la cosa un po’ strana è sia stata dichiarata nel 1977, ventisei anni dopo la d.m.p. dichiarata per il fratello Giuseppe, nel 1951).
 
Anche Aristide Fedon ha una situazione simile. Il suo nome compare tra i nominativi che hanno ricevuto l’onorificenza prevista dalla legge istitutiva del Giorno del ricordo (L. 92 del 30 marzo 2004), come vediamo nella scheda inserita nell’“elenco delle persone alla cui memoria sono stati consegnati riconoscimenti in occasione del Giorno del ricordo”, curato dallo storico Sandi Volk ed in fase di pubblicazione.
 
Il percettore del riconoscimento risulta essere il nipote Alessandro Fedon che tempo fa pubblicò su Facebook un commento che riproduciamo. [Alessandro Fedon: "Le foibe esistevano eccome ... mio zio Aristide Fedon tenente delle truppe alpine lo gettarono dentro forse ancora vivo. Un brutto ricordo per la mia famiglia...]
 
Aristide Fedon (l’illazione del nipote che sia stato “gettato” e addirittura “forse ancora vivo” in una foiba è una mera illazione e come tale andrebbe considerata) risulta, da alcune fonti, scomparso da Gorizia ai primi di maggio 1945 dopo essere stato arrestato dagli Jugoslavi: ciò appare nel citato “Caduti, dispersi e vittime civili...”, ed anche il citato elenco acquisito dal Tribunale militare di Padova indica una data di morte presunta al 31/5/45 (emessa nel 1950).

Però anche in questo caso abbiamo delle incongruenze. Nell’ultima casella della scheda curata da Volk si vede il riferimento all’Albo dei caduti della RSI: Fedon Aristide non si trova nell’elenco dei caduti; nelle annotazioni relative al nominativo di Fedon Oscar (militare MDT, [5] scomparso da Gorizia), si legge invece: «pd. Aristide lib. 1946». Quindi il padre di Oscar Fedon, Aristide, sarebbe stato liberato nel 1946.

A confermare questa liberazione, abbiamo anche qui un’annotazione fatta dalla dottoressa Nemec.

«FEDON Aristide. Nato il 3.1.1898 a Fiumicello (Udine) padre Mansueto madre Carolina Corlet. Impiegato al Comune di Gorizia, (9) Arrestato a Gorizia il 3.5.1945. Squadrista, Guida di primo piano del fascismo a Gorizia, PFR, volontario in Africa ed in Russia, gerarca, deportato il 6.5.1945; il 31.5.1945 si trovava a Idria; elenco dei ritornati AP, b. 146 (1946??) è ritornato».
 
Dunque abbiamo due nominativi che si trovano in elenchi di rimpatriati dalla Jugoslavia (il primo addirittura da dichiarazione della moglie): ciononostante i loro familiari hanno richiesto (ed ottenuto) una dichiarazione di morte presunta datata 1945.

Se Fedon e Deferri sono rientrati nel 1946 e nel 1948, dove sarebbero andati, dato che le loro famiglie li hanno successivamente considerati scomparsi? Oppure, qualcuno sarebbe rientrato dalla prigionia dando il nome di Fedon e di Deferri invece del proprio?

Sono interrogativi del tutto legittimi (e forse se ne potrebbero fare anche altri). Ma a questo punto si può ben capire come sia arduo ricostruire gli elenchi delle persone effettivamente scomparse nel 1945.

Ed inoltre, di fronte a queste contraddizioni di non poco conto, è opportuno e corretto che i loro nomi compaiano sulla targa nel municipio?
 
Dopo questa ampia parentesi, torniamo ai nominativi presenti sulla targa del Municipio goriziano, per rilevare che il nominativo di Demarchi Antonio (guardia comunale o vigile urbano), ucciso in combattimento presso Piuma (Pevma) il 31/12/44, andrebbe spostato nella sezione superiore, anche se dovremmo tenere conto del fatto che l’Italia per cui è morto non era il legittimo governo italiano, ma la repubblichina di Salò alleata del Reich, ed i cui militari erano inquadrati nell’esercito germanico.

Torniamo alle persone “deportate” (e scomparse): era vigile urbano anche Luigi Clede, mentre erano squadristi Ettore Bonnesi, Gino Bosio (poi aggregato alla MDT), Alfredo Di Blas e Giovanni Stringhetti (che aveva anche ricevuto la “sciarpa littoria” [6]).
 
Delle donne, Fernanda Chiades, giornalista, aveva avuto ruoli direttivi nel PNF; Erminia Rissdorfer, di padre tedesco, era iscritta al Partito nazista (NSDAP) ed era interprete presso il Comando Militare Provinciale; Emilia Marra era sindacalista (dei sindacati fascisti, ovviamente).

Luigi Locardi, militare, era vice capo della Provincia di Gorizia e segretario comunale aggiunto; ricoprivano la carica di segretario o vicesegretario comunale (che, ai tempi del fascismo, rappresentavano i “controllori” dello Stato nelle amministrazioni comunali) anche Alfredo Di Blas, Vincenzo Meo, Corrado Princis, Antonio Russian e Paolo Sirtori.

Era stato nella MVSN, oltre al già incontrato De Ferri, anche Leopoldo Loppel.
Giorgio Rossaro era medico militare; erano infermiere al “posto di soccorso” Dolores Grapulin (che fu arrestata per errore perché ritenuta figlia di Edoardo Grapulin, informatore dei nazisti) ed Orestina Gronelli (altrove risulta insegnante).
 
Con questa analisi dei ruoli e delle qualifiche dei nominativi presenti sulla targa non intendiamo ovviamente affermare che le persone arrestate dagli Jugoslavi e scomparse “se la siano cercata”; diciamo invece che, forse, non è tanto opportuno che un’amministrazione pubblica di uno Stato che ha l’antifascismo nella propria Carta costituzionale ricordi con monumenti pubblici i rappresentanti del passato regime fascista che hanno perso la vita per le proprie idee politiche o per il ruolo ricoperto nel suddetto regime. È proprio perché in Italia non è mai stata fatta questa considerazione che il fascismo non è mai morto, essendo stato riconosciuto “legittimo” anche attraverso questa memorialistica.
 
Claudia Cernigoi, gennaio 2025
 
NOTE:
[1] Lo studio è stato reso pubblico nel 2006, contro il volere della studiosa, che non lo considerava definitivo ma richiedente ulteriori controlli ed accertamenti.
[2] Partito Fascista Repubblicano.
[3] Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, la milizia del Partito fascista, nota come le Camicie Nere.
[4] Guardia Nazionale Repubblicana, corpo che sostituì la MVSN nella Repubblica di Salò.
[5] Milizia Difesa Territoriale, il corrispettivo della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) nel territorio annesso dai nazisti al Reich e denominato Zona d’Operazione Litorale Adriatico (Operations Zone Adriatisches Küstenland).
[6] Istituita nel 1939, questa onorificenza veniva concessa dal Segretario Federale ai fascisti che potevano vantare i seguenti requisiti: possesso del brevetto della Marcia su Roma; aver ricoperto cariche politiche per almeno dieci anni, anche non consecutivi, di cui cinque come gerarca del PNF o dei GUF o dei cessati Fasci Giovanili di Combattimento; avere prestato almeno dieci anni di servizio, anche non continuativi quale ufficiale della MVSN o ufficiale della GIL.
 
 
– 1.4 – GORIZIA CAPITALE DELLA CULTURA ONORA I CAMERATI DELLA DECIMA MAS
 
 

Gorizia, il ricordo della X Mas e l’odio contro i partigiani di Tito

La cerimonia, con il saluto finale ai ragazzi «ben preparati e disciplinati» di Casapound, alla vigilia delle celebrazioni per la Capitale europea della cultura che coinvolge in un gemellaggio Nova Gorica, dall'altro lato del confine
di Marinella Salvi
su Il Manifesto del 19.1.2025.

GORIZIA – Qualche decina di anziani davanti al Municipio, baschi amaranto, verdi e neri, un gruppo di giovani che esce dalla sede di Casapound, lì a venti metri, e stende un lungo striscione con il saluto della X Mas «Decima marinai! Decima comandante!». È l’annuale cerimonia promossa dall’Associazione combattenti X Mas in omaggio ai dipendenti comunali deportati in Jugoslavia nel maggio 1945. O presunti deportati visto che gli elenchi qui, come in tanti altri monumenti simili, ridondano di errori e duplicazioni.

Nell’atrio una fila di labari schierati e c’è anche la fascia tricolore del comune indossata dall’assessore alla Cultura Fabrizio Oreti (Fi) che non dice nulla ma accompagna l’omaggio floreale della Lega nazionale e si assicura che sia posato con cura. Il saluto tocca al senatore Roberto Menia (FdI): «Difendiamo la scelta di coraggio e patriottismo di quelli che si fecero scannare, diventando testimoni di italianità per finire chissà dove». E poi il segretario dell’Associazione combattenti X Flottiglia Mas, Roberto Pulli: «Siamo sempre i cattivi ma siamo i migliori». Guerra, onore, morte e un infinito raccontare di atti eroici compiuti in difesa dell’italianità. Quasi non esistessero i documenti, le testimonianze, le informative, il milione di parole messe su carta da parroci, questori, prefetti che descrivono un corpo costituito da ragazzini e da uomini con precedenti e passati oscuri, indisciplinati e mal addestrati, mossi dall’avidità e dalla crudeltà, arruolati con la mira di una paga più che buona e l’idea che ogni atrocità sarebbe stata perdonata.

Quale difesa dell’italianità da chi risponde alla chiamata di Junio Valerio Borghese per svolgere con ogni mezzo attività antipartigiana e qui, nel 1944, in un territorio annesso al Terzo Reich è al diretto comando dei nazisti? Le direttive sono quelle del feldmaresciallo Kesselring, gli ordini vengono dal generale Wolff, la X Mas è il primo reparto collaborazionista in Italia ed è compagnia ben diversa dalla X Mas appartenuta alla Marina militare italiana. «Se i titini arrivarono a Gorizia solo il primo maggio del ’45 – imperterrito Menia – fu perché qualcuno resistette, resistette a Tarnova, ed erano volontari, non lo facevano in nome di una scelta politica ma per una scelta di italianità» e questa di avere difeso Gorizia dall’orda titina è la seconda bufala dopo quella dell’amor di Patria. I partigiani, italiani e jugoslavi assieme, a tutto pensavano nel dicembre del 1944 meno che a occupare Gorizia e l’Operazione Aquila organizzata dai tedeschi per snidarli si risolse in un fallimento proprio per l’irresponsabilità degli uomini della Decima a Tarnova.

Fu anche per questo che Friedrich Rainer, commissario supremo del Litorale adriatico, decise di cacciare la X Mas da Gorizia perché militarmente non all’altezza, scarsamente efficiente, senza disciplina, dedita più che altro a furti e razzie. Ma è storia che si sa o che si dovrebbe sapere. Fuori, pochi isolati più in là, ieri c’era il presidio organizzato dall’Anpi e c’era tanta gente. Non stupisce questa risposta numerosa e convinta, già alcuni giorni fa l’affluenza era stata davvero nutrita all’incontro con Luciano Patat, ricercatore e autore del libro La X Mas al confine orientale assieme ad altri titoli sul goriziano nella seconda guerra mondiale. Conta probabilmente anche la rabbia per un comune che non ha voluto cancellare la cittadinanza onoraria data a suo tempo a Mussolini e conta sicuramente che questo accogliere con benevolenza la X Mas avviene a tre settimane dall’inizio degli eventi legati alla Capitale europea della Cultura Nova Gorica/Gorizia, capitale transfrontaliera, quando in molti si riempiranno la bocca di amicizia tra i popoli, di contrapposizioni superate, di fratellanza ritrovata.

Anna Di Gianantonio, presidente Anpi: «L’8 febbraio Nova Gorica e Gorizia saranno sotto i riflettori come due città che hanno imparato la cooperazione e il rispetto reciproci dopo le lacerazioni del Novecento. Com’è possibile accogliere coloro che di quella storia di divisione e violenza furono i protagonisti principali?». E sulla cerimonia della X Mas: «Un nero biglietto da visita, un passato che emerge ogni anno a ricordare che, se non si fanno i conti con il fascismo di frontiera, l’occupazione tedesca e la guerra, esso riemerge come coazione a ripetere le vecchie idee». La cerimonia in comune si chiude tra le polemiche. Ci pensa Pulli a concludere: «Si rassegnino. A Gorizia verranno ogni anno dei ragazzi, ben preparati e disciplinati, che prenderanno il nostro posto» e infatti l’ultimo atto è il saluto della Decima a Casapound.


– 1.5 – GORIZIA CAPITALE DELLA CULTURA CONFERMA LA CITTADINANZA ONORARIA A MUSSOLINI
 
SCONTRO CON LA SLOVENIA Respinta una mozione delle opposizioni perché si revochi la cittadinanza onoraria attribuita. Il tutto mentre "le due Gorizie" sono in corsa per essere - insieme - Capitale della cultura 2025

di Marinella Salvi
su Il Manifesto del 16.11.2024.
 
 
Gorizia non revoca la cittadinanza onoraria a Mussolini
 
SCONTRO CON LA SLOVENIA Respinta una mozione delle opposizioni perché si revochi la cittadinanza onoraria attribuita. Il tutto mentre "le due Gorizie" sono in corsa per essere - insieme - Capitale della cultura 2025
 
di Marinella Salvi
su Il Manifesto del 16.11.2024.
 

Gorizia e Nova Gorica capitali europee della cultura nel 2025. E’ la prima volta per una capitale della cultura transfrontaliera, un titolo riconosciuto a questa pianura di case giardini strade e capannoni attraversata dall’azzurro Isonzo che si incontra con il Vipacco e intorno le colline con i vigneti del Collio. Sembra un tutt’uno ma sono due città e due nazioni diverse. Un confine sofferto, una storia ingombrante, cent’anni e più di battaglie sanguinose ma anche di convivenza e solidarietà.

Gente abituata a vivere assieme, amicizie, famiglie, impieghi, di qua e di là indifferentemente ma non manca qualche strascico fastidioso della sua storia disunita. Baci e abbracci pubblici tra i due sindaci, proclami di amicizia ad ogni piè sospinto ma ci sono stati e ci sono ancora spigoli, scivolate, cadute di gusto. Celebra la X Mas ogni anno a Gorizia e Casa Pound affigge i suoi manifesti e scende in strada con la benedizione del Comune. Ancora D’Annunzio e i massacri titini e i territori perduti: non mancano mai i piagnistei sulle vittorie mutilate o comunque le rivendicazioni del primato italiano sul circondario slavo. Un virus che non si riesce a debellare, che corre da sud a nord lungo questo confine e ancora condiziona parole e gesti anche e soprattutto dentro le istituzioni.

Succede lunedì scorso che i consiglieri di minoranza nel Comune di Gorizia, amministrato dal centro-destra, presentino una mozione perché si revochi la cittadinanza onoraria attribuita a Mussolini illo tempore. Lo hanno già fatto alcuni comuni intorno a Gorizia e sembra un gesto ovvio anche per presentarsi con una faccia più pulita all’appuntamento del 2025. La risposta del sindaco Ziberna ha i toni dell’aggressione, per più di venti minuti è un attacco violento a quella che ritiene “furia iconoclasta”. La mozione viene votata dagli undici consiglieri di minoranza, compatta la maggioranza nel bocciarla.

Protestano associazioni, gruppi, persone. La civica Eleonora Sartori che ha presentato la mozione ci mette un paio di giorni a commentare (“ho aspettato mi passasse il mal di stomaco”): “Io, e tanti con me, da tempo siamo pronti a una narrazione diversa, a un futuro davvero senza confini, non ostaggio del ‘900. GO!2025 se la merita tutto il territorio e il riconoscimento è arrivato grazie alle cittadine e ai cittadini che lo vivono ogni giorno, nonostante e non grazie alla politica. Quello che ci rimarrà non saranno i concerti, ma il significato simbolico che ha fatto sì che fossimo noi e non altri la prima capitale europea della cultura transfrontaliera. Se sarà un anno bellissimo, come credo, lo sarà non per gli eventi o per tutto ciò che verrà organizzato grazie ai tantissimi soldi stanziati, ma per ciò che abbiamo saputo costruire assieme prima e meglio delle istituzioni.”

Ancora una volta, anche la Slovenia fa sentire la propria delusione. Il ministero degli esteri sloveno, guidato da Tanja Fajon, stigmatizza la scelta fatta dal Comune di Gorizia che vive come un tentativo di «approfondire le divisioni, relativizzare i fatti storici e sfruttarli per scopi politici quotidiani» e che getta ombre anche su Go!2025. La Slovenia, ribadisce, è impegnata a «superare le divisioni storiche, a promuovere la cooperazione e la convivenza tra popoli e culture, specialmente nelle aree che hanno sperimentato per prime la brutalità del regime fascista». Durissimo il sottosegretario di stato al ministero della cultura Marko Rusjan: “La questione non è chi si trova dalla parte del confine, ma chi si trova dalla parte sbagliata della storia. I partigiani sloveni, jugoslavi e italiani cooperarono e insieme sconfissero il male del fascismo in Europa. Da allora, generazioni di vicini su entrambi i lati del confine hanno vissuto in pace. Tra pochi mesi avrà inizio Go!2025, un progetto congiunto delle due città che porta esattamente questo messaggio di convivenza” per poi concludere: “Insieme abbiamo già sconfitto i fascisti una volta. E non permetteremo che le loro brutte copie nel 21° secolo relativizzino la storia che ha causato tanta miseria e che è stata superata grazie agli sforzi delle masse su entrambi i lati del confine”.

 
 
=== 2: TRIESTE ===
 
LINKS:
 
A TRIESTE IL 12 GIUGNO È LA GIORNATA DELLA LIBERAZIONE DALL'ANTIFASCISMO 
– Sintesi (2020)
– Come falsificare la storia indicendo ricorrenze del tutto incongrue: il 12 giugno come “liberazione” di Trieste dalle truppe jugoslave (Claudia Cernigoi, 12 giugno 2023)
 
OSVOBODITEV TRSTA (Miloš Ivančič, 29 mar 2020)
[La liberazione di Trieste nel 1945 attraverso le storie dei locali, che in questo hanno svolto un ruolo importante. Il giornalista triestino Lojze Abram, la giornalista Vlada Bidovec Morana, l'imprenditore Stojan Udovič, il generale Branko Jerkič e il professor Bojan Pavletič parlano dei loro ricordi. L'autore del filmato è Miloš Ivančič, le foto sono di proprietà degli interlocutori, dell'autore o dal web, musica TPPZ Pinko Tomažič]

Osvoboditev Trsta leta 1945 skozi pripovedi domačinov, ki so pri tem odigrali pomembno vlogo. O svojih spominih pripovedujejo tržaški novinar Lojze Abram, novinarka Vlada Bidovec Morana, podjetnik Stojan Udovič, general Branko Jerkič in profesor Bojan Pavletič. Avtor oddaje Miloš Ivančič, fotografije last sogovornikov, avtorja ali s spleta, glasba TPPZ Pinko Tomažič...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=bu73n1IdxBs

 
TRIESTE NELLA LOTTA PER LA DEMOCRAZIA
In questo testo (pubblicato nel settembre 1945 dal Comitato cittadino dell'Unione Antifascista Italo-Slovena) troviamo dapprima un inquadramento storico-sociale della città di Trieste dal 1918, e poi la ricostruzione dell'antifascismo e della lotta di liberazione a Trieste: forse l'unico studio che narri queste vicende, finora ignorate dalla storiografia italiana.
Ma la parte più interessante è la cronistoria dell'attività del CEAIS (il Comitato Esecutivo Antifascista Italo-sloveno), cioè l'organo di governo della città di Trieste nei "40 giorni" che oggi troppi (purtroppo anche dichiaratamente antifascisti) continuano a dipingere come un periodo di terrore e di illegalità diffusa.
Nel testo si trovano le delibere della costituzione dei tribunali del popolo, ma anche delle disposizioni per il fabbisogno alimentare, della disciplina della stampa e degli assegni versati alle famiglie dei militari (anche nazifascisti) ancora dispersi.
Uno spaccato di vita quotidiana per smentire coloro che, a sproposito, parlano del 12 giugno come data della "vera" liberazione di Trieste.
Claudia Cernigoi 
(Fonte: pagina FB "Dieci Febbraio", 20.7.2020)
 
QUANTI FURONO GLI ARRESTATI DAGLI JUGOSLAVI NEL MAGGIO 1945? ECCO L'ELENCO (di Claudia Cernigoi, 2018)
 
LA RESISTENZA A TRIESTE E NEL LITORALE SLOVENO. Frammenti e spunti di documentazione
 
Sui "Quaranta giorni" di amministrazione jugoslava a Trieste (1 maggio - 12 giugno 1945)
 
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Federico Tenca Montini
La Jugoslavia e la questione di Trieste, 1945-1954 
Ed. il Mulino, 2020, euro 26
 
Vedi anche:
La Jugoslavia e Trieste [recensione a “La Jugoslavia e la questione di Trieste 1945-1954” di Federico Tenca Montini] (8/10/2020, Radio Capodistria)
... Per dirla con Tenca Montini, dal punto di vista jugoslavo, si è trattato quindi di: “trovare un accordo con l’Occidente tale da salvaguardare il prestigio e l’immagine di indipendenza del Paese e ottenere il massimo in termini di aiuti economici. Ciò non significa che gli aspetti territoriali fossero trascurati, ma è chiaro che non ci fosse molto da attendersi su quel versante, e infatti non si ottennero che pochi chilometri quadrati, utili soltanto a dimostrare all’opinione pubblica di aver strappato una soluzione comunque migliore della semplice incorporazione della Zona B che la Jugoslavia già amministrava”...
https://capodistria.rtvslo.si/news/friuli-venezia-giulia/la-jugoslavia-e-trieste/536818
 
 
 

Una lunghissima contesa che dura ancora oggi

Nelle scorse settimane è uscito La Jugoslavia e la questione di Trieste, 1945-1954 di Federico Tenca Montini, un libro interessato all’intreccio di relazioni diplomatiche che si sviluppano lungo il confine orientale italiano nel secondo dopoguerra. Abbiamo chiesto ad Anna Di Gianantonio una ricostruzione delle complessità di quella fase storica, proprio a partire dal lavoro di Tenca Montini.

La Jugoslavia e la questione di Trieste, 1945-1954

Anna Di Gianantonio

Il volume di Federico Tenca Montini, La Jugoslavia e la questione di Trieste, 1945-1954 (il Mulino 2020, euro 26) ripercorre le intricate vicende politico-diplomatiche che portarono, “provvisoriamente” nel 1954 e definitivamente con il trattato di Osimo nel 1975, all’attuale definizione del confine orientale.

Il lavoro di Tenca Montini getta una luce particolare sulle trattative di quegli anni tormentati, grazie all’utilizzo di fonti inedite provenienti dagli archivi di Belgrado, Zagabria e Lubiana che l’autore ha frequentato per i tre anni del suo dottorato grazie alla conoscenza della lingua serbo croata e slovena. L’uso di questi documenti fa conoscere per la prima volta al lettore italiano l’attivismo frenetico di Tito e dei suoi uomini, privi del sapere dei diplomatici delle grandi potenze, ma determinati a trovare soluzioni che consentissero di non rinunciare ai territori che ritenevano di loro competenza.

Trieste simbolo della guerra fredda e piccola Berlino – come ricorda nella prefazione Jože Pirjevec – è stata molto studiata da diversi storici. Diego de Castro, rappresentante italiano presso il Governo militare alleato (Gma), nella Questione di Trieste pubblicata nel 1981, caposaldo della storiografia sul tema del conflitto per la determinazione del confine, si augurava che altri completassero il suo lavoro, andando a cercare tra le carte degli archivi in Jugoslavia. Tenca Montini ha realizzato con questo volume l’auspicio del diplomatico triestino.

Alcuni elementi di contesto vanno forniti per comprendere un conflitto che non fu solo contesa tra i due blocchi, ma scontro di piazza e passione popolare che attraversava trasversalmente il problema della nazionalità e univa italiani e sloveni nel desiderio o nella paura di unirsi alla Jugoslavia o all’Italia. La Venezia Giulia, territorio mistilingue da secoli e abitato da tedeschi, italiani, sloveni e croati incorporò con il Trattato di Rapallo circa mezzo milione di sloveni che lo stato liberale cercò in tutti i modi di assimilare. Fu il “fascismo di frontiera” ad utilizzare già a partire dal 1920 i metodi più repressivi e violenti per piegare la resistenza slovena e croata all’italianizzazione forzata.

A partire dal 1941, con l’occupazione italiana della Jugoslavia, nella Venezia Giulia si organizzò il movimento antifascista di massa sloveno che diede inizio alla Resistenza. Ad esso si unirono gli operai italiani delle grandi fabbriche di Trieste e Monfalcone. Si trattava di lavoratori formati nella tradizione socialista asburgica, spiccatamente internazionalista. Molti antifascisti giuliani avevano combattuto in Spagna, alcuni addirittura in Etiopia a fianco dei partigiani contrari al colonialismo italiano, altri ancora in Francia, nell’organizzazione comunista della Mano d’opera immigrata (Moi).

La lotta comune non fu affatto semplice, ma i comandanti partigiani seppero trovare accordi, compromessi e mediazioni, cercando di rimandare la questione dell’appartenenza nazionale alla fine della guerra. L’auspicio di Churchill di puntare sul nazionalismo popolare italiano per vincere lo scontro tra i due blocchi in questo territorio si rivelò più difficile del previsto.

Lo stato d’animo non solo degli sloveni, ma anche di una buona parte degli italiani antifascisti al momento dell’entrata, ai primi di maggio del 1945, delle truppe dell’esercito jugoslavo a Trieste, Gorizia e Monfalcone fu di grande entusiasmo. La speranza era che la presenza jugoslava avrebbe mutato i rapporti di forza, incarnati nell’attività dei comitati di liberazione nazionale, comunemente chiamati dalla storiografia “poteri popolari”, che erano stati attivi nelle zone liberate dai nazifascisti durante la guerra e che nei quaranta giorni di amministrazione jugoslava guidavano la ripresa economica e sociale.

La profonda delusione dei vertici jugoslavi si manifestò quando gli alleati imposero alle loro truppe di ritirarsi oltre la linea Morgan, a circa 10 km ad est di Trieste e Monfalcone. Stalin stesso, preoccupato della reazione alleata se la Jugoslavia non si fosse ritirata dalle città occupate e consapevole dei rischi estremi che il braccio di ferro con gli anglo-americani avrebbe causato, consigliò Tito di accettare la soluzione proposta e a quel punto il Maresciallo non ebbe alternative. Fu il risentimento del Maresciallo per questo mancato appoggio ad essere una delle cause della rottura del 1948.

Il 12 giugno 1945 l’esercito popolare abbandonò Trieste, Gorizia e la gran parte della Venezia Giulia e il territorio fu diviso in zona A, sotto il controllo anglo americano, e zona B, sotto il controllo jugoslavo. Nell’immediato secondo dopoguerra la mobilitazione di massa pro o contro l’annessione alla Jugoslavia diede vita a enormi manifestazioni per influenzare la Commissione alleata, giunta in regione nel 1946 per stabilire definitivamente la linea di confine.

Tenca Montini ha ritrovato negli archivi le lettere inviate a Tito da ex partigiani e antifascisti che invocavano il ritorno del Maresciallo nella zona A. Si tratta di documenti inediti in cui gli antifascisti italiani e sloveni, espressero i loro timori circa l’annessione della Venezia Giulia all’Italia, una nazione giudicata conservatrice e illiberale che avrebbe disatteso la speranza di un nuovo ordine politico e sociale maturate nella Resistenza.

Ma le lettere non furono le sole azioni di protesta. L’autore documenta ciò che accadde a Pieris, un paese vicino a Monfalcone, dove nel luglio del 1946 fu fermato il Giro d’Italia da un’intensa sassaiola che impedì ai corridori di proseguire la corsa. I manifestanti contestavano la manifestazione ciclistica, perché Trieste non doveva essere italiana. Questo gesto provocò violenze e attentati dei circoli nazionalistici e, per reazione, uno sciopero di protesta che durò dodici giorni e le cui rivendicazioni si concentravano soprattutto sulla parola d’ordine del ripristino dei poteri popolari che gli anglo americani volevano sciogliere. L’allora ministro degli Interni Palmiro Togliatti, stretto tra fedeltà internazionalista, volontà di svolgere appieno il ruolo di forza politica italiana e preoccupazione per il sentire di una parte della popolazione italiana della Venezia Giulia, nel 1946 propose a Tito un accordo di scambio tra Trieste, che sarebbe dovuta tornare all’Italia, e Gorizia che sarebbe passata alla Jugoslavia. L’“infame baratto”, come fu chiamato questo accordo dalle forze centriste, pesò sui comunisti goriziani come un macigno per decenni e marchiò il partito come traditore della patria e degli interessi nazionali. La proposta del segretario del Pci non ebbe alcun esito diplomatico, ma fu uno dei pretesti per gli incidenti che nel 1947, dopo il passaggio di Gorizia all’Italia, causarono gravissimi incidenti. Anche su questo episodio l’autore offre materiali del tutto inediti, consultati a Belgrado presso l’archivio diplomatico del ministero degli Affari esteri. Si tratta dei resoconti delle vittime di quello che fu sentito dagli sloveni come un vero e proprio pogrom nei confronti di chi aveva appoggiato la scelta jugoslava e che si concretizzò nella distruzione di negozi, case, banche, in pestaggi e violenze, che furono documentate nei memoriali che i rappresentanti politici degli sloveni recapitarono a De Gasperi.

La diplomazia di Tito sperò di poter incidere sull’assetto confinario durante le trattative che portarono agli accordi di Belgrado del 9 giugno 1946 e a quelli di Duino del 12 e 13 giugno, ma i risultati non furono positivi. Allora gli sforzi jugoslavi si concentrarono sulla Conferenza di pace di Parigi. Qui l’autore documenta il frenetico lavorio dei diplomatici jugoslavi per convincere almeno la Francia ad appoggiare le loro rivendicazioni, ma il Trattato del 10 febbraio 1947 sancì il passaggio di Gorizia e Monfalcone all’Italia e per Trieste venne ipotizzata la creazione di un Territorio libero (TlT), una sorta di stato cuscinetto, che sarebbe stato amministrato da un governatore super partes. Ormai nel pieno della guerra fredda, in cui Trieste era una piccola Berlino, i veti incrociati delle grandi potenze impedirono l’elezione del governatore e lasciarono la città in mano all’amministrazione del Governo militare alleato.

Il 1948 segnò un cambiamento decisivo nella questione di Trieste. Con la rottura delle relazioni politiche tra Tito e Stalin le potenze occidentali, che non avevano per nulla colto i segnali di malessere all’interno del blocco comunista, compresero che la Jugoslavia passava dal ruolo di avamposto dell’Urss a paese utile in funzione antisovietica. Bisognava dunque “far galleggiare Tito”.

Tenca Montini documenta per la prima volta con grande precisione le cifre degli ingenti aiuti economici che, dalla fine del 1949, vennero destinate alla giovane repubblica.

Da quel momento il problema di Trieste venne declassato a tema di politica interna italiana da usare nell’agone elettorale. In questo senso è possibile leggere il significato della Dichiarazione tripartita del marzo 1948 di Stati uniti, Regno unito e Francia che assegnava il TlT all’Italia. Si trattò di una presa di posizione politicamente impraticabile che aveva l’unico obiettivo di aiutare la Democrazia cristiana nella importante tornata elettorale. I governi italiani fecero leva su quella dichiarazione propagandistica e la fecero diventare la linea diplomatica italiana: tutto il TlT doveva essere assegnato all’Italia. Da allora la richiesta della annessione del territorio di Trieste e il vittimismo per il mancato ritorno alla patria della città “cara al cuore” fu motivo ricorrente della politica governativa che non volle sfruttare il nuovo ruolo della vicina repubblica.

Nel 1950 la guerra di Corea rafforzò la posizione diplomatica della Jugoslavia che lanciò l’idea di un “condominio” italo-jugoslavo sul TlT con la nomina alternata di un governatore italiano e jugoslavo. La presidenza dei Eisenhower irrigidì la posizione degli Usa rispetto ad un paese che, anche se utile alleato dell’Occidente, rimaneva pur sempre comunista. L’8 ottobre 1953 Inghilterra e Stati uniti annunciarono il ritiro dalla zona A, senza dare garanzie sulla zona B alla Jugoslavia, che visse questa decisione come un tradimento. Ci furono scontri e un’altissima tensione nel territorio di Trieste. Il Memorandum di Londra del 1954 sancì con pochi cambiamenti i confini del 1946, ma ebbe il risultato di modificare la politica estera jugoslava che, delusa dalle potenze occidentali e desiderosa di mantenere un ruolo indipendente dall’Unione sovietica, diede vita al Movimento dei paesi non allineati. Esso riunì ben 160 nazioni che cercarono una linea di indipendenza dalla logica asfissiante dei due blocchi. La delusione di Tito si trasformò in un indubbio successo politico e nel rilancio del suo ruolo di leader internazionale.