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Analisi e commenti sulla aggressione NATO del 1999 (2024-2025)

 
 
 
1) REAZIONI IN RUSSIA 2024–2025
 
2) Manlio DINUCCI: Jugoslavia 24 marzo 1999: la guerra fondante della nuova Nato
3) Sara FLOUNDERS: La guerra contro la Jugoslavia del 1999 ha aperto la strada all'aggressione USA-NATO
4) Dragan PLAVŠIĆ: L'insaziabile espansionismo della Nato: il bombardamento della Jugoslavia 25 anni dopo
5) Marco TRAVAGLIO: Uno smemorato NATO
6) Marinella CORREGGIA: «L’Europa si sta suicidando»
7) ALERTE OTAN: Les racines kosovares du conflit ukrainien
 
 
See also: 
The Global Times (China) Interview to Zivadin JOVANOVIĆ (March 2024.)
 
 
=== 1: REAZIONI IN RUSSIA 2024–2025 ===
 
 
Putin sui bombardamenti della Jugoslavia: "L'Occidente ha iniziato una guerra in Europa"

Redazione de l'AntiDiplomatico, 24 Marzo 2024
 
Il Presidente russo Vladimir Putin ha definito il bombardamento della Jugoslavia nel 1999 "un'enorme tragedia".

"Ciò che l'Occidente ha fatto è inaccettabile, infatti ha scatenato una guerra in Europa". Putin ha fatto le osservazioni in questione nell'ambito del documentario "Belgrado" del direttore generale della TASS Andrei Kondrashov, un estratto del quale è stato trasmesso domenica dal canale russo Rossiya 1.
Questo documentario commemora il 25° anniversario di quegli eventi, di cui il canale televisivo ha rilasciato finora solo un teaser.
L'operazione militare della NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia ebbe inizio il 24 marzo 1999. Denominata "Allied Force", l'obiettivo primario della campagna aerea era quello di prevenire il genocidio della popolazione albanese in Kosovo, come dichiarato all'epoca dai vertici dell'Alleanza. Secondo i rapporti della NATO, l'operazione è durata 78 giorni, durante i quali l'aviazione dei Paesi membri ha effettuato 38.000 sortite di combattimento.
Gli esperti militari stimano che siano stati lanciati 3.000 missili da crociera e che siano state sganciate circa 80.000 tonnellate di bombe, comprese quelle a grappolo e quelle contenenti uranio impoverito. I dati serbi indicano che sono state uccise tra le 3.500 e le 4.000 persone, con circa 12.500 feriti, due terzi dei quali erano civili. Gli esperti serbi sostengono che durante i tre mesi di campagna di bombardamenti, le forze NATO hanno sganciato 15 tonnellate di uranio impoverito sul territorio serbo, portando la Serbia al primo posto in Europa per tasso di cancro. Nel decennio successivo ai bombardamenti, circa 30.000 persone hanno sviluppato il cancro, con 10.000-18.000 morti. I danni materiali sono stati stimati in 100 miliardi di dollari.
 
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https://tass.com/politics/1764999

US trying to make the world forget about barbaric bombings of Yugoslavia — Russian embassy

TASS, 24 March, 2024

"Cluster munitions and depleted uranium shells have crippled lives of the Serbian people for generations," the embassy said

WASHINGTON, March 24. /TASS/. The US administration is trying to make the global community forget about barbaric bombings of Yugoslavia on orders of White House 25 years ago, the Russian embassy in the United States said in a statement on its Telegram channel.
"A quarter of a century ago, on orders of the White House, the Federal Republic of Yugoslavia became a target of barbaric bombings that lasted 78 days. Now the United States is making vain attempts to persuade the international community to forget about the tragedy. It cynically calls on Belgrade to quickly turn the page and join the North Atlantic Alliance, the very one that brought destruction, death and pain to the prosperous country. Cluster munitions and depleted uranium shells have crippled lives of the Serbian people for generations," the embassy said.
"25 years ago, it was Washington that started the process of collapsing international law with the aim to replace it with a "rules-based order", invented by a single country. Impunity opened a "Pandora's box" and led to aggression against other sovereign nations," the diplomatic mission stressed.
"All is still not quiet at the Balkans. The current administration continues to undermine stability on the peninsula, conniving with its puppets in Pristina and "pumping up" the self-proclaimed republic with weapons, in contradiction with the UN Security Council resolutions," the statement says.
 
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Fonte: canale Telegram del Ministero degli Esteri della Fed. Russa, 24.3.2024.
<https://t.me/MID_Russia/37839>

В день 25-летия начала агрессии НАТО против  Союзной Республики Югославии вспоминали о «гуманитарной интервенции», как говорят в Вашингтоне, а на самом деле военной операции Североатлантического альянса, начавшейся 24 марта 1999 года, с нанесением ракетно-бомбовых ударов, в т.ч. по гражданским объектам. Трагическим итогом тех событий стали не только тысячи загубленных судеб, но и сокрушительный удар по системе международного права и основам безопасности в Европе, заложенным после Второй мировой войны.

Наши материалы:

• Интервью С.В.Лаврова для документального фильма, посвящённого 25-летию агрессии НАТО против Югославии 
https://t.me/MID_Russia/37746
• Заявление МИД России в связи с 25-летием начала агрессии НАТО против Югославии
https://t.me/MID_Russia/37750
• Ролик-ретроспектива о событиях 24 марта 1999 года и последствиях натовской агрессии
https://t.me/MID_Russia/37727
• Видеоотрывок из брифинга М.В.Захаровой ко Дню памяти жертв натовских бомбардировок в Сербии
https://t.me/MID_Russia/37728
• Брошюра «Военные преступления стран НАТО на территории бывшей Югославии»
 
TRAD. AUTOMATICA:
 
Nel 25° anniversario dell'inizio dell'aggressione della NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia, hanno ricordato l'"intervento umanitario", come si dice a Washington, ma in realtà un'operazione militare dell'Alleanza del Nord Atlantico, iniziata il 24 marzo 1999, con attacchi missilistici e di bombe, tra cui su oggetti civili. Il tragico esito di quegli eventi non fu solo la perdita di migliaia di vite umane, ma anche un duro colpo al sistema del diritto internazionale e alle fondamenta della sicurezza in Europa gettate dopo la seconda guerra mondiale.

I nostri materiali:

• Intervista a S.V.Lavrov per un film documentario dedicato al 25° anniversario dell'aggressione della NATO contro la Jugoslavia
https://t.me/MID_Russia/37746
• Dichiarazione del Ministero degli Esteri russo in occasione del 25° anniversario dell'inizio dell'aggressione della NATO contro la Jugoslavia
https://t.me/MID_Russia/37750
• Video retrospettivo sugli eventi del 24 marzo 1999 e sulle conseguenze dell'aggressione della NATO
https://t.me/MID_Russia/37727
• Estratto video dal briefing di M.V. Zakharova per la Giornata della Memoria delle Vittime dei Bombardamenti NATO in Serbia
https://t.me/MID_Russia/37728
• Opuscolo “Crimini di guerra dei paesi NATO nel territorio dell’ex Jugoslavia”
 
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Anniversario aggressione alla Jugoslavia: le dichiarazioni della Zhakarova:

"Il 24 marzo la comunità mondiale, quella parte di essa che conosce la storia e non ha perso il concetto di giustizia e di umanesimo, ricorda il 26° anniversario dell’inizio dell’aggressione della NATO contro la Jugoslavia .
Attaccando un paese sovrano, gli Stati Uniti e i suoi satelliti hanno violato il diritto internazionale, minato le fondamenta della sicurezza in Europa e provocato una crisi nelle relazioni interstatali che non è stata ancora superata.
Molto è stato detto sui terribili eventi del 1999, la cronologia dell'invasione della coalizione occidentale è stata analizzata minuto per minuto e le conseguenze sono state attentamente documentate. Ma questo non significa che, con il passare del tempo, il massacro della Jugoslavia svanisca nella memoria o perda il suo minaccioso simbolismo. Non importa quanto gli alleati della NATO chiedano di dimenticare il passato, di “voltare pagina”, il ricordo di quella primavera sanguinosa vive ancora nel popolo serbo .
Il cosiddetto "intervento umanitario" della NATO è un esempio di barbarie moderna (e di ordine mondiale "basato su regole"), un'infondata convinzione della propria superiorità. Anche prima degli attacchi alla Repubblica Federale di Jugoslavia, la propaganda occidentale era stata intensificata al massimo per far sentire in colpa i serbi e fargli percepire i bombardamenti come una “meritata lezione”. L'alleanza ha presentato la questione come se, insieme alle munizioni riempite di uranio impoverito, stessero portando nei Balcani i valori della libertà e della democrazia.
Le migliaia di civili jugoslavi uccisi , tra cui 89 bambini, vengono cinicamente definiti in Occidente “danni collaterali”.
<...>
In Serbia la società è unita nello spiegare le motivazioni dell'Alleanza Atlantica: usare una campagna militare per radicarsi nei Balcani, impossessarsi del Kosovo e trasformarlo in una colonia americana.
Per raggiungere questo obiettivo, l'Occidente ha messo al suo servizio i terroristi dell'Esercito di liberazione del Kosovo, li ha armati ed equipaggiati, ha concesso alla regione uno status di pseudo-stato e, dietro le quinte, ha incoraggiato la pulizia etnica contro la popolazione indigena serba.
La NATO non cancellerà mai la vergogna dei crimini di guerra, tra cui la distruzione di aree residenziali in Serbia, di ospedali, scuole, ponti, trasporti passeggeri e colonne di rifugiati. Saremo sempre solidali con i serbi nel preservare la memoria delle vittime della tragedia del 1999 e nell'impedire i tentativi di riscrivere la storia della crisi jugoslava in chiave occidentale.
Saremo sempre vigili sulla memoria storica"
 
24.3.2025.
 
 
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Il testo che segue è stato presentato sotto forma video per la centotrentatreesima puntata della trasmissione Pangea Grandangolo, la rassegna stampa internazionale di Byoblu, andata in onda sul canale tv Byoblu il 22/03/2024:

--- https://www.voltairenet.org/article220616.html
 
Jugoslavia 24 marzo 1999: la guerra fondante della nuova Nato

di  Manlio Dinucci 
RETE VOLTAIRE | ROMA (ITALIA)  |  23 MARZO 2024

 

Venticinque anni fa la NATO sotto comando USA demoliva con la guerra ciò che restava della Federazione Jugoslava, lo Stato che ostacolava la sua espansione ad Est verso la Russia. Nei successivi vent’anni la NATO si è allargata da 16 a 30 paesi e, con la guerra in Ucraina iniziata nel 2014, si è estesa a 32. Determinante, nella guerra del 1999, è il ruolo del Governo italiano, presieduto da Massimo D’Alema e dal vicepresidente Sergio Mattarella. Come possiamo ascoltare dalla registrazione audio ufficiale, è il vicepresidente Mattarella ad annunciare al Senato l’inizio della guerra la sera del 24 marzo 1999 e a spiegarne le ragioni secondo la versione ufficiale.

Mentre gli aerei di Stati Uniti e altri paesi della NATO sganciano le prime bombe sulla Serbia e il Kosovo, il presidente democratico Clinton annuncia: «Alla fine del XX secolo, dopo due guerre mondiali e una guerra fredda, noi e i nostri Alleati abbiamo la possibilità di lasciare ai nostri figli un’Europa libera, pacifica e stabile». Per 78 giorni, decollando soprattutto dalle basi italiane, 1100 aerei effettuano 38 mila sortite, sganciando 23 mila bombe e missili. «Dei 2000 obiettivi colpiti in Serbia dagli aerei della NATO – documenta successivamente il Pentagono – 1999 sono stati scelti dall’intelligence statunitense e solo uno dagli europei». I bombardamenti smantellano le strutture e infrastrutture della Serbia, provocando vittime soprattutto tra i civili. I danni che ne derivano per la salute e l’ambiente sono inquantificabili. Solo dalla raffineria di Pancevo fuoriescono, a causa dei bombardamenti, migliaia di tonnellate di sostanze chimiche altamente tossiche (compresi diossina e mercurio). Altri danni vengono provocati dal massiccio impiego da parte della NATO, in Serbia e Kosovo, di proiettili a uranio impoverito.

Il governo D’Alema mette il territorio italiano, in particolare gli aeroporti, a completa disposizione delle forze armate degli Stati Uniti e di altri paesi, per attuare quello che il Presidente del Consiglio definisce «il diritto d’ingerenza umanitaria». Ai bombardamenti partecipano 54 aerei italiani, che compiono 1.400 sortite, attaccando gli obiettivi indicati dal comando statunitense.

“Per numero di aerei siamo stati secondi solo agli USA. L’Italia è un grande paese e non ci si deve stupire dell’impegno dimostrato in questa guerra” – dichiara il presidente del consiglio D’Alema durante la visita compiuta il 10 giugno 1999 alla base di Amendola – “sottolineando che, per i piloti che vi hanno partecipato, è stata una grande esperienza umana e professionale“

 
Manlio Dinucci
 
 
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www.resistenze.org - osservatorio - lotta per la pace - 26-03-24 - n. 895

La guerra contro la Jugoslavia del 1999 ha aperto la strada all'aggressione USA-NATO. Un'intervista a Sara Flounders

John Catalinotto | workers.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

24/03/2024
 
La distruzione della Jugoslavia durante la campagna di bombardamenti USA-NATO, primavera 1999. Questa guerra ha segnato il primo grande passo verso l'espansione della NATO a forza di polizia imperialista mondiale contro le nazioni oppresse.

Gli internazionalisti serbi dell'area di New York hanno indetto una manifestazione simbolica per domenica 24 marzo, davanti alla sede delle Nazioni Unite, per commemorare il 25° anniversario dell'inizio della guerra USA-NATO contro la Jugoslavia. L'azione è stata programmata tra le 13.00 e le 14.00 tra la First Avenue e la 43esima strada, al Ralph Bunche Park.

Gli organizzatori sostengono l'autodeterminazione, non solo per la Serbia ma anche per il Paese multinazionale della Jugoslavia, che le bombe della NATO hanno distrutto per 78 giorni a partire dal 24 marzo 1999. La guerra aerea della NATO, dominata dal Pentagono, è stato il primo intervento militare attivo e aperto dell'alleanza militare dalla sua fondazione nel 1949.

International Action Center

Workers World ha parlato con Sara Flounders, co-direttrice dell'International Action Center, che nel 1999 si è recata in Jugoslavia con una delegazione guidata dall'ex procuratore generale degli Stati Uniti Ramsey Clark, in solidarietà con gli jugoslavi che resistevano all'attacco della NATO. Le abbiamo chiesto perché, in questo momento in cui la Palestina è in prima linea nella lotta per la liberazione del Sud globale e in Ucraina infuria un'altra guerra calda, i suoi compagni hanno deciso di partecipare a questa protesta all'ONU.

Flounders ha risposto che "non c'è dubbio che in questo momento la Palestina sia al centro della nostra attenzione e i nostri compagni hanno sostenuto molte, se non tutte, le proteste organizzate dagli eroici giovani, sia che le loro richieste fossero di porre fine alla guerra genocida su Gaza o di sostenere la resistenza per liberare la Palestina".

"Ma è utile per la comprensione del periodo attuale se ci concentriamo per un momento su questo anniversario chiave. L'imperialismo statunitense ha diretto la NATO per tutti i 75 anni di storia dell'alleanza", ha detto Flounders. "Nell'aprile del 1999, in occasione del suo 50° anniversario, la NATO è stata lo strumento scelto dall'imperialismo mondiale per attaccare l'ultimo Paese dell'Europa orientale il cui popolo e la cui leadership stavano cercando di difendere la propria indipendenza e i propri obiettivi socialisti".

"Durante quell'incontro dell'aprile 1999", ha aggiunto, "la NATO ha introdotto nei suoi ranghi la Repubblica Ceca, la Polonia e l'Ungheria. Alla fine dei 78 giorni di bombardamenti sulla Serbia, le truppe della NATO hanno occupato la provincia di etnia albanese del Kosovo, e le truppe della NATO sono ancora lì".

Uno sguardo alla storia dal 1999 mostra che Washington ha usato la NATO per aggredire la Libia, per occupare l'Iraq e l'Afghanistan e per intervenire in Siria. Tutti i Paesi della NATO hanno riconosciuto il tentativo di colpo di Stato del fantoccio Juan Guaidó in Venezuela.

Le esercitazioni della NATO si sono spinte fino ai confini della Russia, provocando la guerra in Ucraina. I Paesi della NATO hanno alimentato quella guerra con armi che sono costate la vita a decine di migliaia di giovani ucraini e russi e che continuano a costare. Nel frattempo, la NATO si è allargata a 32 Paesi, da ultimi Svezia e Finlandia. Il numero di Stati membri è più che raddoppiato da prima del 1999.

L'obiettivo degli strateghi statunitensi era quello di smantellare la Federazione Russa e colonizzare il popolo russo, prendendo il controllo del continente russo. Finora hanno fallito in questo tentativo, nonostante le sanzioni e la macchina militare della NATO.

La guerra contro la Jugoslavia, durata in realtà dai primi anni '90 fino al rovesciamento del governo filo-socialista nei primi anni 2000, ha trasformato un Paese indipendente di 20 milioni di persone, che abbracciava molte nazionalità, in sei mini-stati dipendenti dalle potenze imperialiste, con uno Stato fantoccio occupato in Kosovo. Quattro di queste semi-colonie sono ora membri della NATO.

E, ha aggiunto Flounders, "sono le potenze della NATO - ancora una volta con gli Stati Uniti alla guida - che hanno dato sostegno militare, economico e diplomatico all'assalto israeliano contro la popolazione civile di Gaza. Non dobbiamo mai dimenticarlo. I popoli della Jugoslavia non lo dimenticheranno di certo".

Catalinotto e Flounders hanno coeditato il libro "Hidden Agenda: The U.S.-NATO War Against Yugoslavia", pubblicato nel 2001.
 
 
=== 4 ===
 
www.resistenze.org - osservatorio - della guerra - 06-04-24 - n. 896

L'insaziabile espansionismo della Nato: il bombardamento della Jugoslavia 25 anni dopo

Dragan Plavšić | counterfire.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

31/03/2024

La guerra della Nato contro la Jugoslavia nel 1999 fu un preludio alla guerra in Ucraina, dice Dragan Plavšić.

Lo scorso fine settimana si è celebrato il 25° anniversario dei 78 giorni di bombardamenti della Nato sulla Jugoslavia (allora costituita dagli attuali Stati separati di Serbia, Montenegro e Kosovo). Guidata da Stati Uniti e Regno Unito e sostenuta dai membri della Nato, in particolare Francia, Germania e Turchia, la guerra non fu mai autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, il che la rende illegale come lo è oggi la guerra della Russia all'Ucraina.

Ciò nonostante nel 1999 c'era chi metteva da parte la questione dell'illegalità a favore di quello che, secondo loro, era il fine morale più importante. Il bombardamento, sostenevano, era un atto di intervento umanitario disinteressato, intrapreso per difendere gli albanesi del Kosovo dall'oppressione dello Stato serbo. Essenziale per la pace e la sicurezza dei Balcani e dell'Europa; sostenevano che la guerra rappresentasse un nuovo inizio, una rottura definitiva con i vecchi metodi cinici della realpolitik di stato, perché le azioni della Nato erano ora guidate dai principi di una politica estera "etica".

Poi c'erano quelli come noi nel 1999 - la sinistra contro la guerra dentro e fuori il Parlamento - che vedevano le cose in modo completamente diverso. Sostenevamo che il bombardamento era parte integrante della più ampia geopolitica dell'espansione della Nato guidata dagli Stati Uniti verso la Russia dopo il crollo dell'Unione Sovietica e del Patto di Varsavia (la sua versione della Nato). Infatti, tre Paesi dell'ex Patto di Varsavia - Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia - sono entrati a far parte della Nato proprio nel mese in cui sono iniziati i bombardamenti. La guerra fu un atto spietato di opportunismo imperialista condotto per imporre l'autorità della Nato sull'Europa orientale. Abbiamo detto che avrebbe portato ad altre guerre.

Quali fossero fra queste le migliori argomentazioni dovrebbe ormai essere chiaro a qualsiasi osservatore ragionevole degli eventi successivi. La sconfitta della Serbia da parte della Nato nel 1999 è stata ottenuta grazie alla schiacciante potenza aerea, soprattutto statunitense e britannica, con Washington e Londra incoraggiate da ciò che la loro potenza militare pensavano avrebbe potuto ottenere altrove. Mentre il trionfalismo lasciava il posto all'arroganza, lanciarono le loro devastanti guerre in Afghanistan nel 2001 e in Iraq nel 2003.

Dalla Serbia all'Ucraina

Ma la linea più retta che si può tracciare è quella tra il bombardamento della Jugoslavia e la guerra più distruttiva in Europa dal 1939-45, la guerra in Ucraina. Ciò che le unisce è l'insaziabile espansionismo della Nato. Dopo aver assorbito la maggior parte del resto dell'Europa orientale dopo il 1999, l'Ucraina promette di essere il suo premio più grande e più importante di tutti.

Nel 1995, l'ex Segretario di Stato del Presidente Clinton, Warren Christopher, richiamò l'attenzione sull'importanza dell'Ucraina in questi termini orwelliani: "Alcuni Stati dell'ex Unione Sovietica sono oggetto di particolare attenzione per il loro potenziale di influenza sul futuro della regione. L'Ucraina è fondamentale. Con le sue dimensioni e la sua posizione, giustapposta tra la Russia e l'Europa centrale, è un perno della sicurezza europea". Ma ciò che Christopher vedeva come perno della sicurezza europea, la Russia lo considerava centrale per la propria sicurezza, in un teatro sempre più maturo per lo scontro tra imperialismi.

Nel febbraio 2008, l'ambasciatore statunitense a Mosca, William Burns, comunicò a Washington che "l'allargamento della Nato, in particolare all'Ucraina, rimane una questione "emotiva e nevralgica" per la Russia". Mosca, scriveva, era "particolarmente preoccupata che le forti divisioni in Ucraina sull'adesione alla Nato, con gran parte della comunità etnica russa contraria all'adesione, potessero portare a una grande spaccatura, con violenze o nel peggiore dei casi, alla guerra civile. In questa eventualità, la Russia dovrebbe decidere se intervenire".

Ciononostante, nell'aprile 2008, in occasione della conferenza di Bucarest, la Nato aveva ufficialmente "accolto con favore le aspirazioni euro-atlantiche dell'Ucraina e della Georgia all'adesione alla Nato". Il bombardamento della Jugoslavia nel 1999 è stato quindi il preludio alla guerra civile scoppiata in Ucraina nel 2014 e alla brutale invasione della Russia nel 2022. La logica spietata dell'espansionismo della Nato lega queste guerre tra loro.

Ecco perché una terribile guerra di un quarto di secolo fa, tra l'imperialismo e un piccolo Stato balcanico, durata 78 giorni, è ora una cataclismatica guerra per procura tra due imperialismi, che dura da più di due anni. È per questo che una guerra che uccideva centinaia o migliaia di persone (le stime variano) è ora una guerra che ne uccide centinaia di migliaia. Ed è per questo che una guerra pericolosa di 25 anni fa è ora una guerra dal potenziale catastrofico, compresa l'escalation nucleare, che non si vedeva dalla crisi dei missili di Cuba del 1962. L'ultima minaccia è quella di inviare truppe di terra della Nato. Nel frattempo, il capo dell'esercito britannico parla di guerra con la Russia e di necessità di arruolamento.

Il bombardamento della Jugoslavia è stato l'inizio di un lungo e sanguinoso percorso che ora si sta sviluppando con la guerra in Ucraina. Non si può ottenere nulla continuando a combatterla, se non inutili perdite di vite umane e la minaccia di un conflitto ancora più devastante. Un cessate il fuoco immediato in Ucraina è essenziale, quanto la fine dell'espansione della Nato.
 
 
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UNO SMEMORATO NATO
 
di Marco Travaglio

da il fatto quotidiano 17 aprile 2024

Dopo giorni di tregenda e notti insonni per la dipartita di Amadeus dalla Rai, stavamo quasi per perderci le clamorose rivelazioni di Sergio Mattarella nel 75° compleanno della Nato. Che “non ha mai tradito l’impegno di garanzia per i 32 Paesi che ne fanno parte: uniti nella difesa della libertà e della democrazia”. Possono ben testimoniarlo i giornalisti e gli oppositori arrestati, i manifestanti repressi e i curdi bombardati nella Turchia dell’alleato Erdogan. Il Presidente, in vena di scoop, ha aggiunto che la Nato “non è mai venuta meno” alla “funzione deterrente di garanzia della pace in Europa” e a “regole e principi che trovano ancoraggio nella Carta dell’onu” per “il diritto di tutti gli Stati all’autodifesa”, “a dispetto della retorica bellicista russa tesa ad attribuirle inesistenti logiche aggressive ed espansionistiche”. Certo, come no: la Nato è un’alleanza difensiva che attacca solo chi aggredisce un suo membro. Infatti nel 1999, senz’alcun mandato Onu, attaccò la Serbia di Milosevic che non aveva attaccato nessun membro Nato: oltre 2 mila morti, quasi tutti civili. Nel 2001, senza mandati specifici dell’onu, invase l’afghanistan dei talebani, che non avevano attaccato nessun membro Nato: oltre 200 mila morti, più 80 mila in Pakistan. Nel 2003, sempre senza avallo preventivo dell’onu, Usa, Uk, Italia e Spagna invasero l’iraq di Saddam Hussein, che non aveva attaccato nessun membro Nato: dagli 800 mila al milione di morti. Nel 2011, aggirando ancora l’onu, la Nato bombardò la Libia di Gheddafi, che non aveva attaccato nessun membro Nato, ma fu messo in fuga dalle bombe e brutalmente trucidato.
Milosevic, Saddam e Gheddafi erano i migliori alleati della Russia in Europa, Golfo Persico e Nordafrica: infatti quei bellicisti dei russi si fecero l’idea che la Nato fosse un’alleanza offensiva contro di loro, che avevano sciolto il Patto di Varsavia nel 1991. Nel 1990 la Nato aveva pure promesso a Gorbaciov di non allargarsi di un palmo oltre il confine tedesco dopo la riunificazione delle Germanie. Poi purtroppo passò da 16 a 32 membri e nel 2008 annunciò l’ingresso di altri due vicini di casa della Russia: Ucraina e Georgia. Forse, mentre tutto ciò accadeva, Mattarella risiedeva su un altro pianeta o si occupava di giardinaggio? Macché: dal 1983 al 2008 fu deputato, poi giudice costituzionale e infine, dal 2015, capo dello Stato. Nel 1999, quando l’italia partecipò ai 78 giorni di bombardamenti su Belgrado e il Kosovo, con 1.200-2.500 morti (quasi tutti civili) e fiumane di profughi, e chiamò la prima guerra in Europa dal 1945 “ingerenza umanitaria”, un certo Sergio Mattarella era vicepremier e subito dopo divenne ministro della Difesa. Ma magari era un omonimo.
 
 
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«L’Europa si sta suicidando»: il 24 marzo 1999 le bombe Nato nell’ex Jugoslavia. Sono passati 25 anni ma i leader europei non cambiano 
 
di Marinella Correggia, su Il Manifesto del 24 marzo 2024
 
IL RICORDO. Sono passati 25 anni da una guerra che, con l'Italia in prima fila, ha fatto segnare molti terribili primati: la prima combattuta fra nazioni europee dalla fine del conflitto mondiale; la prima volta che si procedeva a un'applicazione selettiva dei diritti; la prima volta che la «sinistra» andava a bombardare a casa d’altri.

«L’Europa si sta suicidando»: a Belgrado, sotto un terso cielo primaverile offeso dalle bombe, un medico commentava così, parlando a un gruppo di pacifisti italiani, le «operazioni aeree nella Repubblica federale di Jugoslavia» (secondo il comunicato ufficiale della Nato), avviate la sera del 24 marzo 1999. Decisivo il supporto dell’Italia che offre tutto, aerei, basi, propaganda. E pazienza per la Costituzione. Nessun mandato da parte del Consiglio di sicurezza Onu. Sabotati in precedenza i tentativi di accordo, nemmeno discusse le proposte serbe (autonomia per il Kosovo e presenza dei militari dell’Osce a tutela); e certo Belgrado non poteva accettare la proposta di un’occupazione a tempo indeterminato da parte delle truppe Nato di tutto il territorio jugoslavo.

IN QUEI GIORNI A BELGRADO e in altre città sotto attacco, la delegazione italiana si può dire fortunata. All’arrivo scende dal pullman e bussa all’hotel Jugoslavia. Tutte le stanze sono libere ma troppo costose per le tasche autogestite. Si finisce in un albergo più economico, nel quartiere Zemun. E la mattina seguente, il portiere comunica: «L’hotel Jugoslavia è stato bombardato stanotte». Qualche giorno dopo, la visita a Novi Sad avviene in un raro giorno di calma, fra un attacco e l’altro. La «guerra umanitaria» invoca la necessità di salvare i kosovari (in realtà ogni conflitto a fuoco fra le due parti passa strumentalmente per «pulizia etnica», inoltre il grosso degli incidenti si verifica dopo l’inizio dei bombardamenti Nato). Ma le bombe cadono anche su obiettivi di infrastrutture civili. Colpiti indistintamente serbi, profughi serbi di Croazia, rom, profughi serbi kosovari, profughi serbi di Bosnia e anche profughi albanesi del Kosovo, morti a metà aprile sul treno che percorreva un ponte centrato dalla Nato. I 78 giorni di Allied Force avrebbero provocato, a seconda delle fonti, fra i 500 e i 2.500 morti civili, oltre a migliaia di feriti.

SEGNI DI RESISTENZA come le proteste degli abitanti di Belgrado e Novi Sad con il famoso cartello Target, o la porta sbarrata del McDonald’s, si mescolano alle macerie dei ponti e della fabbrica Zastava a Kragujevac, alle notizie sui giornalisti e tecnici della televisione uccisi, sull’ambasciata cinese bombardata, all’allarme sanitario per l’attacco agli impianti petrolchimici di Pancevo, alle denunce sull’uso di bombe a grappolo e dell’uranio impoverito nei proiettili anticarro. Il seguito post-bellico vedrà il moltiplicarsi di malattie oncologiche a causa dell’uso di uranio impoverito in quei mesi di attacco.

NELL’HOTEL DI ZEMUN, i pacifisti incontrano Vesna, Neboish e il loro figlio Stephan di sette anni. Sfollati da Sarajevo, vivono lì da anni. Il letto dove dormono in tre, i quaderni di scuola, il fornellino dove frigge la frittatina palacinka, «se non c’era la guerra te la facevo più buona, con le noci», i fagotti da profughi, le foto della loro casa e di un antico, unico viaggio (a Venezia), la chitarra e la Bhagavad Gita di Neboish. Vesna si dichiara «jugoslava, io sono ancora jugoslava». Neboish, mobilitato durante la guerra in Bosnia, si è ritrovato invalido, una pensione di 50 marchi. Si arrangia lei, commerciando in biancheria, «ma adesso, temendo una lunga guerra, tutti risparmiano». Il senso di ospitalità e la voglia di amicizia supera la barriera delle lingue. Amare considerazioni: «Il problema era antico, in Kosovo. C’erano conflitti, certo. Ma l’intervento militare porta non solo altri morti e altri sfollati; porta anche odio. Già prima vivevamo giorno per giorno. Adesso è ora per ora. Forse abbiamo costruito la nostra casa in mezzo alla strada – così si dice da noi». Tornare a Sarajevo? «No, la nostra casa è abitata da altri. Spero nella pace qui, un giorno». Sulle bombe, Vesna sdrammatizza: «Non c’è morte senza destino. Ma certo il cielo sembra esserci nemico. Il 5 aprile hanno colpito a 100 metri. Devo chiedere il risarcimento danni psicologici alla Nato!».

RISARCIMENTI? A distanza di decenni, nessuna causa è andata in porto. La Nato è un’anguilla. Anni fa, in un dibattito pubblico, Carla del Ponte (procuratore del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia) a domanda rispondeva: «Noi come tribunale abbiamo aperto un caso contro gli statunitensi per aver ucciso dei civili sapendo che erano tali; ma poi se non si arriva a fare l’inchiesta perché la Nato non dà accesso alla documentazione, se nessuna capitale europea collabora, come si fa? Abbiamo dovuto abbandonare per mancanza di prove».

UNA SERIE DI TRISTI PRIMATI, questo è stata l’Allied Force Nato del 1999. Li elencava Luciana Castellina nell’inserto del manifesto in ricordo dei 20 anni: la prima guerra combattuta fra nazioni europee dalla fine del conflitto mondiale; la prima volta che veniva stracciato l’accordo di Helsinki sull’intangibilità dei confini statuali; la prima voltche si procedeva a un’applicazione selettiva dei diritti; la prima volta che la «sinistra» andava a bombardare a casa d’altri in prima fila. Concludeva Luciana Castellina: «A 20 anni di distanza le macerie della Jugoslavia, una delle più significative nazioni emerse dalla Resistenza nel 1945, uno Stato al quale dobbiamo quello straordinario schieramento internazionale che fu chiamato “Movimento dei non allineati”, sono tutte lì: nessuno degli Stati emersi dallo smembramento fa bella figura di sé». A Belgrado i 25 anni dall’aggressione sono celebrati in questi giorni con un convegno internazionale.

 
 
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Source: Alerte OTAN – Bulletin trimestriel du Comité de Surveillance OTAN
n°91 - 2e trimestre 2024 – www.csotan.org - info(a)csotan.org
 
Les racines kosovares du conflit ukrainien

Le 24 mars 1999, quand débutait la campagne de frappes aériennes contre la République fédérale de Yougoslavie (RFY, composée de la Serbie et du Monténégro), l’OTAN brisait le fragile équilibre en vigueur depuis la fin de la guerre froide. En effet, par cette agression caractérisée contre un Etat qui ne les menaçait nullement, les puissances occidentales se sont affranchies des règles du droit international d’une double manière. D’une part, la « guerre du Kosovo » n’a pas été autorisée par le Conseil de sécurité de l’ONU, seule instance habilitée à autoriser une intervention armée extérieure. D’autre part, comme il apparut bientôt, le but de cette guerre, présentée comme « humanitaire », était d’amputer un Etat souverain d’une partie de son territoire, ce qui fut officialisé en 2008 par la proclamation d’indépendance du Kosovo, encouragée, voire organisée, par la plupart des puissances occidentales.

Ce mois de mars 1999 connaissait également le premier élargissement de l’OTAN depuis 1982, avec l’incorporation de trois anciens membres du Traité de Varsovie (Hongrie, Tchéquie, Pologne) à l’Alliance atlantique, en flagrante violation de la promesse faite à Gorbatchev en 1990 par plusieurs responsables occidentaux, dont James Baker, Secrétaire d’Etat des États-Unis, qui lui avait garanti que l’OTAN ne s’étendrait « pas un pouce vers l’est ». (1)

Les mises en garde de Moscou ignorées

Si la guerre a permis à Washington de réaffirmer son rôle de leader sur ses vassaux européens et de gendarme planétaire, elle a sérieusement mis à mal ses relations avec Moscou qui a soudain réalisé que le droit international ne constituait pas un garde-fou pour ses partenaires occidentaux. Malgré la « thérapie de choc » et l’effondrement de son niveau de vie imposés par le régime de Boris Eltsine, la population russe conservait jusqu’alors certaines illusions à propos de la bienveillance occidentale à son égard. En bombardant pendant 78 jours un « pays-frère », majoritairement slave et orthodoxe ainsi qu’allié durant toutes les guerres des XIXe et XXe siècles, l’OTAN est clairement apparue comme une puissance hostile à la majorité des Russes. (2) Dans la foulée, un Eltsine totalement discrédité nommait en août 1999 Vladimir Poutine à la tête de son gouvernement et lui laissait le fauteuil présidentiel neuf mois plus tard. Parallèlement à un spectaculaire redressement économique, Moscou commençait à manifester ouvertement ses inquiétudes face à l’unilatéralisme des États-Unis.

Mais Washington n’avait cure de ces avertissements, envahissant tour à tour l’Afghanistan et l’Irak. Bien que quelques pays européens aient condamné ce dernier coup de force, celui-ci a encore approfondi la méfiance de Moscou envers le camp occidental. Le nouvel élargissement de l’OTAN de 2004 – sept nouveaux membres, dont trois républiques ex-soviétiques – était ouvertement dénoncé par la Russie comme une menace à sa sécurité. Dans son fameux discours de Munich de février 2007 (3), Poutine n’hésitait plus à dénoncer l’extension de l’OTAN et plaidait pour une sécurité « universelle et indivisible », un concept à peu près incompréhensible pour les dirigeants occidentaux. Mais il ne faisait plus de doute que l’idylle est-ouest était enterrée.

Réponse du berger à la bergère

Après la proclamation de l’indépendance du Kosovo en février 2008 et sa reconnaissance immédiate par la majorité des membres de l’OTAN, en violation de l’accord qui avait mis fin à la guerre de 1999 (4), Moscou a montré qu’elle n’entendait plus en rester au stade des protestations verbales. Quelques mois plus tard, en août, la riposte russe se précisait : attaquées par les forces du pouvoir central, deux régions sécessionnistes de Géorgie – l’Abkhazie et l’Ossétie du Sud – faisaient appel à l’armée russe qui repoussait les assaillants, tandis que le Kremlin reconnaissait l’indépendance de ces deux entités.

Si le sort de la Serbie et du Kosovo a montré à la Russie (et au reste du monde) que l’Occident privilégie le « droit du plus fort », il est bien compréhensible que Moscou ne pouvait tolérer les manœuvres d’encerclement menées par l’OTAN. En avril 2008, le sommet de Bucarest décidait que deux autres républiques d’URSS, l’Ukraine et la Géorgie, « deviendraient membres de l’OTAN » à une date non précisée. Si l’élection de Viktor Ianoukovytch à la présidence ukrainienne en janvier 2010 a provisoirement mis sous le boisseau ce projet d’otanisation du pays, il a été totalement relancé lors de son renversement en février 2014, à l’occasion des événements de Maidan, suivis de l’émergence d’un pouvoir russophobe et pro-occidental. La suite est connue : annexion de la Crimée où la Russie concentrait la plus grande partie de sa flotte, soutien aux insurgés du Donbass, accords de Minsk tronqués, et la guerre actuelle.

Les objectifs de guerre avancés par Moscou – dénazification, démilitarisation, soutien aux russophones d’Ukraine – sont certainement secondaires par rapport à la « ligne rouge » majeure qui est d’éviter une nouvelle extension de l’OTAN. Une adhésion de Kiev entrainerait le déploiement de troupes et d’armements occidentaux sur plus de 1500 kilomètres de la frontière russe. Les méthodes choisies par la Russie sont pour le moins discutables, mais le bloc occidental, qui use et abuse de ces méthodes depuis la campagne de bombardements contre la RFY il y a vingt-cinq ans, est particulièrement mal placé pour les critiquer.

Georges Berghezan

1) M. E. Sarotte, Not One Inch. America, Russia, and the Making of Post-Cold War Stalemate, The Henry L. Stimson Lectures Series, Yale University Press, 30 novembre 2021.

2) Roman Shumov, Ruins of Yugoslavia: How Russia learned that NATO poses a threat, Russia Today, 24 mars 2024.

3) Vladimir Poutine, Discours du président russe sur la sécurité, Perspective Monde, 10 février 2007.

4) Résolution 1244 (1999), adoptée par le Conseil de sécurité à sa 4011e séance, Nations Unies, 10 juin 1999.