[deutsch / italiano]
 

Ein deutsches Déjà-vu / Un déjà-vu tedesco

 
1) La Germania sta rinascendo come potenza militare? (Domenico Moro 1.9.2025.)
2) Lo Stato militarista tedesco è (di nuovo) realtà (A. Marsaglia / L'Antidiplomatico 29.8.2025.)
3) Dove porta questa follia / 
Wohin ein solcher Wahnsinn führt (GFP 27.8.2025.)


Vedi anche:
 
SAHRA WAGENKNECHT: L'Europa soggiogata e propagandata per la guerra (Glenn Diesen, 31 agosto 2025)
Sahra Wagenknecht è una figura di spicco della politica tedesca, ex membro del Bundestag e del Parlamento europeo. Wagenknecht discute della subordinazione dell'Europa agli Stati Uniti, della necessità di un nemico esterno, della demonizzazione della Russia e dell'entusiasmo bellico che sta distruggendo l'Europa.
COMMENTO: Sahra Wagenknecht: La Germania e' guidata dagli interessi di BlackRock (Luca Placidi / Tracce Di Classe, 2.9.2025.)
Sahra Wagenknecht intervistata da Glenn Diesen, analizza il declino dell’Europa tra sanzioni alla Russia, dipendenza energetica dagli USA, militarizzazione e perdita di autonomia politica. Dalla Germania in crisi alla subordinazione a Washington, fino al rischio di guerra nucleare, Wagenknecht mostra come l’unica via d’uscita sia la pace e una nuova cooperazione con la Russia.
 
Rivolta in Germania! I tedeschi si ribellano all’Europa! (firstClass, 1.9.2025.)
In Germania, la pazienza dei cittadini è al collasso: migliaia di persone protestano contro la militarizzazione promossa dal cancelliere Friedrich Merz, che punta a trasformare il paese in una potenza militare. Le piazze di Colonia, Düsseldorf e Berlino si riempiono di voci che denunciano i miliardi destinati ai consorzi di armi, come Rheinmetall, mentre ospedali e scuole soffrono tagli drastici. Simbolo della rabbia popolare è la villa di Armin Papperger, CEO di Rheinmetall, presa di mira dagli attivisti. La nuova legge sul servizio militare obbligatorio, prevista per il 2027, alimenta ulteriori proteste, con giovani e famiglie che rifiutano di essere “carne da cannone” per interessi geopolitici. Mentre Merz parla di sicurezza, la società vede crescere povertà e bollette, chiedendo fondi per bisogni sociali anziché per la guerra.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=wBhdJ5_UPI8
 
Merz vuole per la Germania le più grandi forze armate d’Europa  (Gianandrea Gaiani, 
1 settembre 2025)
La Russia ”è e rimarrà nel lungo periodo la più grande minaccia alla libertà, alla pace e alla stabilità in Europa”, ha dichiarato il 27 agosto il cancelliere tedesco Friedrich Merz, ribadendo che la Germania “è fermamente al fianco dell’Ucraina” e accusando la Russia di ”condurre da tempo attacchi ibridi”. (...) Ma se guardiamo agli attacchi “meno ibridi” e più cinetici quello stesso osservatore noterebbe che il più grave attacco strategico al cuore della Germania dopo la resa del Terzo Reich l’8 maggio 1945 lo ha scatenato l’Ucraina distruggendo nel settembre 2022 i gasdotti Nord Stream sotto la superficie del Mar Baltico...
https://www.analisidifesa.it/2025/09/merz-vuole-che-la-germania-disponga-delle-piu-grandi-forze-armate-deuropa/ 
 
Dall'archivio di JUGOINFO:
sui crediti di guerra recentemente votati al Bundestag e sul vecchio-nuovo imperialismo tedesco si veda la documentazione sul nostro sito
 

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LA GERMANIA STA RINASCENDO COME POTENZA MILITARE?

1 Settembre 2025
Domenico Moro
 

Recentemente in Germania il governo di coalizione tra democristiani (CDU) e socialdemocratici (SPD), guidato dal cancelliere Friedrich Merz, ha preso alcune decisioni che portano a un massiccio riarmo e rafforzamento militare. Si tratta di un fatto che non può non destare preoccupazione, perché il riarmo e il militarismo della Germania nel secolo scorso sono stati precursori delle due guerre mondiali.

Proprio per prevenire la minaccia della rinascita della potenza militare della Germania, questa, dopo la Seconda guerra mondiale, era stata divisa in due Stati, la Repubblica democratica tedesca a est e la Repubblica Federale a ovest. Dal 1990, però, il paese è di nuovo riunito in un solo Stato. La preoccupazione per la rinascita militare tedesca deriva oggi anche dall’enorme potenza industriale della Germania, che è la terza economia mondiale per Pil nominale e di gran lunga la prima in Europa anche per popolazione.

Dalla fine della Seconda guerra mondiale fino ad oggi, però, la Germania è stata un gigante economico ma un nano politico e soprattutto militare, tanto che l’esercito tedesco è stato definito “un gruppo di boy scout particolarmente aggressivo”. Merz, invece, ha dichiarato che intende fare delle Forze armate tedesche quelle più forti in Europa e, per questo, ha abolito, in riferimento alle spese militari, quello che era un tabù, il vincolo al debito, permettendo finanziamenti illimitati al settore militare. La Germania, in Europa, è, del resto, l’unico grande paese che, secondo il credo neoliberista, può permettersi ingenti finanziamenti statali, perché ha un debito pubblico pari al 63% del Pil, mentre la Francia ha un debito del 116% e l’Italia del 137%.

Ad ogni modo, l’aumento della spesa militare era stato già impresso dal precedente governo del socialdemocratico Olaf Scholtz. Secondo il Sipri, tra 2020 e 2024 la spesa militare pro capite tedesca era passata da 637,52 a 1044,42 dollari, un aumento molto più sostenuto di quelli avvenuti in Francia, passata da 811,69 a 972,62 dollari, e in Italia, passata da 548,44 a 638,76 dollari.

Il cambio di passo non si riscontra soltanto sul piano della spesa militare ma anche sul lato delle risorse umane e della base industriale, destinate alla ricostituzione della potenza militare tedesca. Merz, infatti, ha programmato di aumentare il numero dei soldati dagli attuali 180mila attivi e 50 mila riservisti a 260mila attivi e 100mila riservisti. Un’altra novità significativa è che, se non si riuscirà a raggiungere tale livelli, verrà reintrodotta la leva militare obbligatoria, che fu sospesa nel 2011, come del resto è accaduto anche in Italia e in altri paesi europei. Per attrarre più giovani verso le Forze Armate il governo ha deciso di aumentare incentivi e paga, che sarà portata a 2.300 euro netti al mese.

Per quanto riguarda la base industriale, è notizia recente che Rheinmetall, impresa bellica tedesca, ha inaugurato in Bassa Sassonia un nuovo stabilimento per la produzione di munizioni di artiglieria che è il più grande d’Europa e, secondo l’azienda, del mondo. Lo stabilimento consentirà di evadere la commessa record da 8,5 miliardi di euro, firmata nel luglio 2024 dall’esercito tedesco, e destinare una parte della produzione all’Ucraina. Secondo l’amministratore delegato di Rheinmetall, lo stabilimento ha una importanza strategica non solo per Rheinmetall, ma per la Germania e per l’Europa, aggiungendo che il gruppo potrebbe costruire altri stabilimenti in paesi Nato. Infatti, sempre in questi giorni l’impresa ha firmato un contratto con la Romania per la costruzione di un nuovo stabilimento di produzione di polvere da sparo[i].

L’industria tedesca ha dimostrato una notevole capacità di adattamento all’aumento della domanda bellica, dovuta alla guerra tra Ucraina e Russia e alla volontà di riarmo della Ue. Infatti, la Germania è il quinto esportatore mondiale di armi con il 5,6% del totale mondiale (2020-2024). Nel 2024 il governo tedesco ha approvato esportazioni di armi per un valore record di 12,8 miliardi di euro, trainate dalla domanda dell’Ucraina, verso la quale va il 65% del totale dell’export tedesco e della quale è il secondo fornitore di armi, dopo gli Usa[ii].

La ricostruzione della potenza militare tedesca e le somiglianze con quanto avvenuto prima della Prima guerra mondiale, rimandano alla riflessione teorica di Rosa Luxemburg, rivoluzionaria polacca naturalizzata tedesca, che, negli anni precedenti alla Prima guerra mondiale, si oppose all’imperialismo tedesco[iii]. Luxemburg fu la tra i primi economisti, se non la prima, a ricollegare il militarismo e la guerra all’imperialismo, inteso non come scelta politica di pochi governanti ma come fase del capitalismo. In L’accumulazione del capitale, pubblicata nel 1913, Luxemburg individua due fattori caratteristici che il capitalismo usa per superare le sue crisi e che rappresentano la base dell’imperialismo.

Il primo è rappresentato da quella che successivamente sarà definita accumulazione per espropriazione[iv], cioè lo sfruttamento e la sottomissione alla produzione di profitto di aree geografiche e settori non capitalistici da parte delle potenze capitalistiche. Il secondo è rappresentato dalla creazione di una nuova domanda solvibile, rappresentata dalle commesse militari dello Stato, “una domanda accentrata in una grande, unitaria, compatta potenza”. In questo modo, “il potere d’acquisto…viene sottratto all’arbitrio, alle fluttuazioni soggettive del consumo personale, per assumere una regolarità quasi automatica, un ritmo di sviluppo. (…) Questo campo specifico della accumulazione del capitale [il settore militare] sembrerebbe godere di possibilità di espansione illimitata. Mentre ogni altro allargamento del campo di smercio e della base di operazione del capitale dipende in larga misura da fattori…esulanti dalla volontà del capitale, la produzione per il militarismo rappresenta un campo la cui regolare e impetuosa espansione sembra radicata nella stessa volontà determinante del capitalismo”[v]. È questo, afferma Luxemburg, che sta alla base della politica estera, della lotta per le sfere d’influenze, per i prestiti, le costruzioni ferroviarie, ecc.

Ritornando all’oggi, la descrizione di Rosa Luxemburg del rapporto tra militarismo, guerra e capitale si adatta perfettamente a quanto avviene dalla fine della Seconda guerra mondiale nell’economia statunitense, dipendente strategicamente dalla enorme spesa militare, come fu spiegato già da Sweezy e Baran[vi]. Ma si adatta anche a quanto sta accadendo in Europa e soprattutto in Germania, afflitta da una recessione economica preoccupante e ora interessata da un forte aumento della spesa militare. La Germania aveva fondato la sua fortuna economica sulla crescita delle esportazioni, grazie alla Ue e all’euro, moneta svalutata rispetto al marco. Oggi, penalizzate dai dazi di Trump e dalla concorrenza cinese anche in settori tecnologicamente avanzati, l’Europa e soprattutto la Germania trovano nella spesa militare uno stimolante alternativo.

Ma le similitudini tra l’oggi e il periodo che ha portato alla Prima guerra mondiale non sono solo queste. Per capirlo si può fare riferimento a una pietra miliare degli studi di storia tedesca del Novecento, Assalto al potere mondiale. La Germania nella guerra 1914-1918 di Fritz Fisher (1961). Secondo questo storico, c’è una continuità di fondo tra la Prima guerra mondiale e la Seconda e tra Bethmann Holwegg, il cancelliere tedesco durante la Prima guerra mondiale, e Hitler. Questa continuità può essere fatta risalire alla volontà di crearsi una base economica e etnica più larga in Europa in modo da poter competere con le potenze mondiali dell’epoca, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e la Russia. Questa base consisteva, oltre che nella realizzazione di un’Africa centrale tedesca, soprattutto nel progetto della Mitteleuropa. La Francia, in questo progetto del 1914, doveva essere eliminata come potenza autonoma e annessa alla Germania, come in effetti accadrà all’inizio della Seconda guerra mondiale, mentre l’Italia doveva essere associata. Se guardiamo alla mappa di questa Mitteleuropa vediamo che coincide in gran parte con quella che oggi è la Ue e l’area euro[vii]. In pratica, la Germania con la Ue e con l’euro è riuscita lì dove non era riuscita con la violenza diretta nella Prima e nella Seconda guerra mondiale.

Un altro aspetto odierno che richiama quanto accaduto con lo scoppio della Prima guerra mondiale è la dichiarazione del carattere difensivo allora della guerra e oggi del riarmo e della ricostruzione di un potente esercito. Il cancelliere Bethmann Holwegg e tutta l’élite capitalistica tedesca mascherarono gli obiettivi aggressivi e annessionistici con la necessità di ottenere garanzie per la sicurezza della Germania. Per questa ragione il cancelliere si rifiutò di discutere pubblicamente gli obiettivi della guerra. Tale mascheramento fu anche necessario per condurre nel fronte unito delle varie forze politiche a sostegno della guerra anche la SPD, che aveva all’origine una posizione contro la guerra e il militarismo, e che, insieme ai sindacati socialisti, era allora la maggiore organizzazione di massa della Germania. La socialdemocrazia tedesca votò nel 1914 a favore delle spese militari e con ciò diede il suo benestare alla guerra. Solo più tardi, nel 1915, alcuni deputati cominciarono a votare contro la guerra e, nel 1916, si verificò una scissione nella SPD. Mentre una parte continuò a sostenere lo sforzo bellico fino alla fine, un’altra parte diede vita alla USPD, contraria la guerra.

Anche oggi, il governo tedesco cela gli interessi che sono la causa del riarmo e della ricostruzione della potenza militare tedesca dietro la necessità di difendersi dalla Russia, tacendo la continua pressione esercitata sulle frontiere russe con l’espansione della Nato a est e la decennale aggressione da parte dell’Ucraina delle popolazioni russofone del Donbass. Il ministro della difesa tedesco, Boris Pistorius, socialdemocratico, ha affermato: “Non si tratta di mandare nessuno in prima linea, anzi, è tutto il contrario. Una Bundeswehr [il nome dell’esercito tedesco] forte all’interno della Nato contribuisce a una deterrenza efficace, in modo che nessuno debba andare in guerra. Si tratta di scoraggiare chiunque possa attaccarci”[viii]

Un’altra similitudine con la Prima guerra mondiale è l’uso del sentimento anti-russo, che all’epoca venne giocato soprattutto nei confronti della SPD. Infatti, per i socialisti europei la Russia zarista era storicamente il bastione della reazione. Allora c’era il dispotismo zarista, oggi vengono evocati l’autoritarismo e l’autocrazia di Putin a giustificare le scelte socialdemocratiche. Non a caso la Luxemburg nel Juniusbroschüre, scritto nel 1915 mentre era reclusa in carcere per la sua attività contro la guerra, attaccò la retorica della guerra contro il dispotismo russo, ribadendo che era la Germania ad essere diventata il nuovo bastione europeo della reazione[ix]. Uno degli obiettivi della Germania nella Prima guerra mondiale, in effetti, era la compressione della Russia nei suoi confini e l’annessione o la subordinazione dei paesi dell’Europa dell’est nella nuova Mitteleuropa.

Esiste, quindi, una linea di continuità tra il progetto di Mitteleuropa del 1914, il Lebensraum (spazio vitale) nazista e il comportamento della Germania degli ultimi decenni. Cambiano i mascheramenti ideologici e il tipo di regime politico, ma rimane intatto il contenuto economico e sociale, cioè la volontà di espansione del capitale tedesco in Europa occidentale e orientale e la realizzazione di una base economica che permetta alla Germania di confrontarsi alla pari con le altre potenze mondiali, nel passato la Gran Bretagna, gli Usa e la Russia, oggi gli Usa e la Cina. Questo tentativo, come ha dimostrato la storia del XX secolo, è fallito per due volte.

La domanda, quindi, è la seguente: la Germania è riuscita a raggiungere questo obiettivo oggi? La risposta è che vi è riuscita solo in parte. La costruzione del mercato unico e della moneta unica ha permesso finalmente alla Germania di realizzare quella area economica europea che doveva costituire la base della sua espansione mondiale, così come il crollo dell’Urss ha permesso la sua espansione in Europa orientale. Tuttavia, il modello neo-mercantilista tedesco, basato sulle esportazioni, sta fallendo di fronte ai dazi statunitensi e alla concorrenza cinese. Ma c’è un altro problema. La Ue è soltanto una unione mercantile e non una unione politica e militare, come invece la Mitteleuropa e il Lebensraum erano o avrebbero potuto essere. La Germania è egemone economicamente ma politicamente e militarmente no. La Ue è composta di Stati relativamente autonomi e indipendenti, a partire dalla Francia.

Quello che emerge è il tentativo del capitale e dell’imperialismo non solo tedesco ma europeo occidentale di costruire una unità economico-politica-militare che gli permetta di competere alla pari con Usa e Cina. Questa tendenza trova l’espressione più chiara in personalità come Mario Draghi, che recentemente, al Meeting di Rimini, ha paventato l’irrilevanza europea se non si realizza una più stretta unificazione politica e militare. Ma tale unione è ancora molto lontana. Infatti, in Europa convivono in modo contraddittorio spinte all’unità e all’autonomia nazionale. Attualmente, l’unità manca anche all’interno dell’asse franco-tedesco, che pure aveva guidato la Ue per tanti anni. Tale difficoltà si osserva più chiaramente nella questione della difesa e del riarmo. Infatti, il riarmo europeo è, in realtà, un riarmo delle singole nazioni, che rischia di produrre nuovi squilibri, visto che la disponibilità di bilancio per la spesa militare sono molto differenti da un paese all’altro.

A questo punto sorge una seconda domanda: la Germania può ridiventare la potenza militare che è stata nel passato? Se, da una parte, ci sono le condizioni economiche e industriali (almeno per il momento), dall’altra parte mancano le condizioni soggettive. La società tedesca di oggi è molto diversa da quella tra le due guerre mondiali. In primo luogo, la Germania, come molta parte dell’Europa occidentale, sconta un tasso di natalità molto basso che si traduce in un invecchiamento e in una riduzione della popolazione. I demografi prevedono per il futuro meno tedeschi in età da lavoro e anche in età militare.

Ma non solo ci sono e ci saranno meno giovani. Le ambizioni di Merz si scontrano con la cronica carenza di personale, dovuta allo scarso interesse manifestato dai giovani per la carriera militare. Proprio i giovani in età di servizio militare hanno votato in massa per partiti molto critici verso l’establishment tedesco: il 26% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha votato per Die Linke e il 21% per Alternative für Deutschland, solo il 13% ha scelto la CDU e appena l’11% la SPD. La eventuale reintroduzione della leva militare obbligatoria rischia di ridurre ulteriormente la popolarità del governo. I consensi per Merz si sono andati riducendo in questi mesi fino al 30% e nei sondaggi sulle intenzioni di voto la CDU è incalzata e, in qualche caso, superata da Alternative für Deutschland[x].

Un altro aspetto che rende difficile la ricostruzione della potenza militare tedesca è il fatto che la Germania, in quanto paese sconfitto della Seconda guerra mondiale, è dipendente sul piano militare dagli Usa, che conservano nel paese molte basi militari. La dichiarata volontà di Trump di smarcarsi da un impegno militare in Europa, non significa che gli Usa rinuncino alla loro egemonia sul continente. A questo si ricollega il fatto che la Germania manca del tutto di armi nucleari proprie, tanto che Merz parla di costruire l’esercito “convenzionale” più forte dell’Europa. Ma senza armi nucleari oggi non c’è potenza che tenga. Se la reintroduzione della leva rischia di far sprofondare il governo nella impopolarità, una politica di riarmo nucleare lo farebbe ancora di più. Si potrebbe pensare che la Germania possa fare affidamento sulle armi nucleari francesi. Ma, oltre al fatto che la Francia ha un deterrente nucleare molto inferiore a quello russo[xi], c’è da rilevare che i transalpini tengono ben stretto il controllo e la decisione di utilizzare queste armi.

Infine, c’è da tenere conto che, a differenza di quello russo, gli eserciti europei occidentali sono piccoli eserciti di professionisti, pensati e addestrati per missioni all’estero, in cui gli avversari sono guerriglieri e milizie prive di armi pesanti. I paesi europei occidentali sono disabituati a combattere guerre di attrito, cioè basate sul logoramento dell’avversario, come quella in corso tra Russia e Ucraina. Per formare Forze Armate adatte a questo tipo di guerra e trasformare la dottrina militare europea, ci vorrebbero diversi anni.

Da quanto siamo venuti dicendo fino ad ora, si può affermare che una rinascita della potenza militare tedesca, almeno nell’immediato e nella misura in cui l’abbiamo conosciuta tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, sarà difficile a raggiungersi. Ma questo non vuol dire che il riarmo tedesco non sia pericolosissimo. La ricostruzione di una potenza militare tedesca, per quanto limitata essa sia, può essere la base per l’ennesima delle avventure europee contro la Russia, che hanno avuto esiti disastrosi per le potenze che le avevano intraprese, da cavalieri teutonici nel medioevo, alla Svezia del XVIII secolo, alla Francia napoleonica e alla Germania nazista. Il contesto di crisi in cui versa l’imperialismo europeo, a partire da quello francese e tedesco, rappresenta il combustile che può alimentare una nuova e più devastante guerra con la Russia. Per questo è importante denunciare e combattere il riarmo e la volontà di potenza europea e tedesca come fattori di destabilizzazione, che avvicinano anziché allontanare la prospettiva di una guerra.

[i] “Rheinmetall, in arrivo la fabbrica di munizioni più grande d’Europa”, il Sole24ore, 28 agosto 2025.

[ii] M. George, K. Djokic, Z. Hussain, P.D. Wezeman, S.T. Wezeman, Trends in International Arms Transfers, Sipri Fact Sheet, March 2025.

[iii] Rosa Luxemburg, nata in Polonia nel 1871, si trasferì in Germania nel 1898 dove aderì alla SPD. Fu tra i maggiori teorici marxisti della Seconda internazionale. Critica nei confronti della guerra e della SPD, che aveva votato per i crediti di guerra, fu incarcerata dal governo tedesco. Nel 1916 fondò la Lega di Spartaco, che sarà il nucleo del futuro Partito comunista tedesco. Nel 1919 fu uccisa dai Freikorps, milizie di estrema destra, con l’appoggio del governo socialdemocratico.

[iv] Su questo concetto si veda David Harvey, The New Imperialism, Oxford University Press, Oxford 2003.

[v] Rosa Luxemburg, L’accumulazione, cit. in Lelio Basso, Introduzione a Rosa Luxemburg, Scritti politici, Editori Riuniti, Roma 1976, pp. 57-58.

[vi] Paul A. Baran e Paul M. Sweezy, Il capitale monopolistico. Saggio sulla struttura economica e sociale americana, Giulio Einaudi Editore, Torino 1968.

[vii] Si veda la cartina a p. 109 di Fritz Fisher, Assalto al potere mondiale. La Germania nella guerra 1914-1918, Res Gestae, Milano 2021. Alla Mitteleuropa appartenevano, oltre alla Francia e all’Italia, anche l’Austria, la Scandinavia, i paesi baltici, quelli balcanici e il resto dei paesi dell’Europa orientale.

[viii] Gianluca Di Donfrancesco, “Berlino, riforma del servizio militare: più soldati volontari”, il Sole24ore, 28 agosto 2025.

[ix] Rosa Luxemburg, The Junius Pamphlet. https://www.marxists.org/archive/luxemburg/1915/junius/

[x] Gianluca Di Donfrancesco, “Berlino, riforma del servizio militare: più soldati volontari”, il Sole24ore, 28 agosto 2025.

[xi] La Francia, secondo il Sipri Yearbook 2025, dispone di 290 testate nucleari, mentre la Russia dispone di 5.459 testate.

 
 
=== 2 ===

 
Lo Stato militarista tedesco è (di nuovo) realtà

di Alex Marsaglia, 29 agosto 2025 
 

Tra i politici europei più ossequiosi e rivolti alla pedissequa esecuzione dei dettami di Washington nell’Unione Europea troviamo il cancelliere tedesco Merz. I suoi legami con BlackRock sono noti, come altrettanto noti sono gli interessi dell’azienda americana in Ucraina dove è presente nei settori più importanti DTEK (energia), Ukrenergo (distribuzione energia elettrica), Naftogaz (gas), Metinvest (acciaio), Ukravtodor (automobili), PrJSC MHP (agricoltura) e Ferrovie ucraine.

Ebbene, l'ucrainizzazione del continente europeo prosegue in questi giorni con il Governo tedesco di Friedrich Merz, impegnato nello sviluppo di una chiara e preoccupante linea politica militarista per i prossimi anni della legislatura che rischia di influenzare anche le politiche degli altri Paesi appartenenti all’UE.

Il neo-cancelliere tedesco lo scorso 23 Agosto in un durissimo discorso a Osnabrück, nella Germania del Nord, ha delineato un progetto politico di aggressione esterna, rilevando come il bilancio dei primi 100 giorni di governo sia alquanto difficoltoso per via della profonda crisi economica che non demorde da oltre un decennio. I dazi americani in arrivo di certo non contribuiranno a migliorare la situazione, anzi.

Se il quadro economico è preoccupante, la soluzione prospettata però è decisamente più inquietante. Infatti, lo storico mercantilismo tedesco a trazione europeista, cioè con l’intera Europa sottomessa a lavorare per le esportazioni tedesche, sembra subire una pericolosa torsione verso un imperialismo aggressivo. 

Merz inizia ricordando come “in un Paese orientato alle esportazioni come la Germania non si può fare solo politica interna”, l'approfondimento però diventa allarmante man mano che si delinea il progetto politico per cui “è necessario essere presenti all’estero, non solo con l’economia, ma anche con la politica”. 

Merz prosegue precisando come “il compito di uscire dalla recessione è più arduo di quanto alcuni immaginassero. Non è solo una debolezza congiunturale, ma anche strutturale”, giungendo infine a giudicare “l’attuale modello di Stato sociale come lo conosciamo oggi, non più finanziabile”. Una frase d’impatto e che ha fatto il giro del mondo, ma ancor più importante è il contesto e il messaggio di fondo lanciato dal cancelliere tedesco. Il discorso è infatti avvenuto in una città della Bassa Sassonia in cui ha sede la Volkswagen che ha subito un calo del 36% degli utili solo nel secondo trimestre del 2025, che arriva da una crisi decennale innescata da una guerra mirata da parte degli americani (vedi il Dieselgate) e viaggia verso una tremenda guerra commerciale proprio con gli Stati Uniti.

Ma Osnabrück non è una città scelta casualmente per simili annunci, poiché lo scorso Marzo l'amministratore delegato della Volkswagen aveva dato la disponibilità all conversione militare degli impianti proprio partendo da questo sito (vedi: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/03/12/volkswagen-riarmo-produzione-veicoli-militari/7911478/).

Le vere ragioni della crisi industriale della Volkswagen a cui si aggiunge il caro energetico per via della guerra sull’altro fronte russo-ucraino, ovviamente sono poi state omesse da Merz che ha invece affievolito il peso dei dazi definendoli “meno gravi di una guerra commerciale aperta”, carcando invece la mano sulle possibilità di ripresa derivanti da una politica estera aggressiva. 

Merz lancia il sasso della crisi strutturale, ma nasconde la mano. E così è lo Stato sociale a non essere più finanziabile in quanto considerato mera spesa improduttiva. Allora occorre trovare un settore produttivo in grado di tornare a stabilizzare i bilanci dello Stato e questo è stato identificato nella creazione del più grande esercito del continente. Di pochi giorni fa è l’annuncio di Merz: “Puntiamo ad avere 260.000 soldati. Il mio obiettivo è che la Germania, in ragione della sua dimensione e della sua forza economica, abbia il più forte esercito convenzionale della NATO sul lato europeo”. Ebbene, questa dichiarazione, oltre a scardinare gli equilibri definiti in Europa nel secondo dopoguerra incentrati proprio sull’indebolimento geopolitico e militare tedesco come base del vecchio impero, rientra perfettamente nell'esecuzione del mandato statunitense di autonomizzazione dei Paesi appartenenti all’Alleanza Atlantica che devono essere sempre più in grado di marciare da soli. Parallelamente Merz e il Ministro della Difesa Pistorius hanno presentato un disegno di legge per la reintroduzione della leva obbligatoria, abolita nel 2011 da Angela Merkel. Una leva che sarà in prima battuta basata sul reclutamento “volontario” per la ricostituzione di istruttori e caserme. Tale reclutamento ovviamente non avverrà mai su base volontaria ma tramite un tasso salariale più elevato della media per i soldati al fine di “migliorare l’attrattiva rispetto allo status quo” come ha dichiarato lo stesso Pistorius, oltre a benefit in assistenza sanitaria e ad una solida campagna mediatica.

Parallelamente proprio in questi giorni la Rheinmetall ha inaugurato quella che sarà la più grande fabbrica di munizioni del continente a Unterluess, vicino ad Hannover. Un sito produttivo che secondo le parole dell'amministratore delegato Armin Pepperger sarà il fiore all’occhiello di “un vasto ecosistema di difesa paneuropeo”. A dimostrazione che, come ricordava Karl Liebknecht, «per il capitalismo guerra e pace sono affari e nient'altro che affari», lo Stato tedesco sta mettendo in programma una riconversione economica, con relativo aggiustamento dei bilanci statali, finanziando aziende per la produzione di armi mentre l’economia civile si è contratta e ha subito fallimenti per un +20% lo scorso anno. 

I servizi di welfare, considerati improduttivi, verranno smantellati secondo i classici dettami neoliberisti mentre nuovi settori di warfare vengono avviati seguendo l’unico credo caro al capitalismo: la rendita del capitale. La ricerca di prospettive economiche tramite una politica estera aggressiva verso Est, seguendo il vecchio Lebensraum di matrice nazista, viene da sé come unica idea geopolitica a disposizione dell’UE. Un’idea miope e che si è già dimostrata fallimentare per la Germania, ma che l’attuale classe dirigente europea non è disposta a deporre tra i ferrivecchi della Storia. In poche parole, finito il neomercantilismo, la globalizzazione e avviata la guerra commerciale resta solo l'aggressività militare come idea per i servi che non hanno sviluppato politiche estere di cooperazione in autonomia e indipendenza. È un’idea che il cancelliere Merz ha chiarito sin dal suo insediamento, stabilendo la priorità di “costruire l’esercito più potente d’Europa” (vedi: https://www.bloomberg.com/news/articles/2025-05-14/merz-commits-germany-to-building-europe-s-strongest-armed-forces) e che ora viene implementata con l’appoggio delle più importanti aziende tedesche, pesanti tagli al welfare all’unico fine di liberare risorse non per il risanamento, ma per l’investimento in ingenti aiuti al warfare dove la spesa pubblica non verrà fatta pesare sui bilanci.


 
=== 3 ===
 
Dove porta questa follia

Rheinmetall apre la più grande fabbrica di munizioni della Germania e punta a entrare a far parte delle più grandi aziende di difesa del mondo. Berlino minaccia tagli sociali per finanziare il progetto. Gli oppositori della guerra sono sempre più soggetti a repressione.
 
German Foreign Policy, 27 agosto 2025
 
DÜSSELDORF/BERLINO (Notiziario interno) – Rheinmetall sta inaugurando la più grande fabbrica di munizioni della Germania, prevedendo contratti per centinaia di miliardi di euro e puntando a raggiungere le più grandi aziende di armi del mondo. Nella nuova fabbrica di munizioni di Unterlüß, la cui inaugurazione è prevista per oggi, mercoledì, alla presenza del Ministro della Difesa Boris Pistorius, del Ministro delle Finanze Lars Klingbeil e del Segretario Generale della NATO Mark Rutte, Rheinmetall prevede di produrre fino a 350.000 proiettili di artiglieria all'anno. La tendenza al rialzo dell'azienda continua; entro il 2030, potrebbe essere in grado di assicurarsi contratti per armamenti per un valore fino a 300 miliardi di euro, prevede l'amministratore delegato Armin Papperger. Papperger punta a un fatturato complessivo fino a 50 miliardi di euro entro il 2030. I due maggiori produttori di armi al mondo, Lockheed Martin e RTX (entrambi statunitensi), stanno attualmente operando a questo livello. Mentre Berlino sta valutando brutali tagli sociali per finanziare il riarmo, la repressione contro gli oppositori della guerra sta aumentando. Un campo pacifista aperto martedì a Colonia è stato inizialmente vietato per aver utilizzato lo slogan "Guerra alla guerra", tratto da una poesia pubblicata nel 1919 dallo scrittore Kurt Tucholsky.


Campione globale degli armamenti

Rheinmetall, la più grande azienda di armamenti tedesca, è stata finora la principale beneficiaria del massiccio programma di riarmo lanciato dal governo tedesco nel 2022 e ora intensificato a un ritmo senza precedenti. Il fatturato dell'azienda, che nel 2022 ammontava a 6,4 miliardi di euro, ha raggiunto i 9,8 miliardi di euro nel 2024 e, secondo l'amministratore delegato Armin Papperger, potrebbe salire a 40-50 miliardi di euro entro il 2030. Ciò collocherebbe l'azienda ai vertici dei produttori di armi mondiali; le due maggiori aziende di armamenti al mondo, Lockheed Martin e RTX (entrambe statunitensi), hanno realizzato vendite di armi rispettivamente per circa 61 e 41 miliardi di dollari nel 2023. Rheinmetall è sulla buona strada per "diventare un campione mondiale di armi", ha dichiarato Papperger con tono asciutto all'inizio di agosto.[1] Il volume degli ordini che il produttore di armi con sede a Düsseldorf ha in portafoglio è in continua crescita e, secondo le sue stesse informazioni, ha attualmente raggiunto il livello record di 63 miliardi di euro. Solo il settore civile registra andamenti deboli. Rheinmetall dispone di una divisione di forniture per l'industria automobilistica che un tempo serviva a compensare le ricorrenti debolezze del settore della difesa. Alcuni siti industriali precedentemente civili di Rheinmetall vengono ora utilizzati per la difesa; è in fase di discussione la vendita degli stabilimenti civili che non possono essere utilizzati per la produzione di armi.

La seconda fabbrica di munizioni più grande d'Europa

Lo stabilimento Rheinmetall di Unterlüß, dove mercoledì è prevista l'inaugurazione della nuova fabbrica di munizioni, è il più grande del gruppo, con circa 3.200 dipendenti. Attualmente, il gruppo impiega circa 40.000 persone nelle sue 174 sedi in oltre 30 paesi; si prevede che questo numero salirà a circa 70.000 nei prossimi due o tre anni. A Unterlüß, Rheinmetall produce non solo tutti i tipi di munizioni, ma anche componenti chiave per il carro armato da combattimento principale Leopard 2 e il Panzerhaubitze 2000, nonché per il veicolo da combattimento per la fanteria Puma. Lo stabilimento è stato anche coinvolto nello sviluppo del nuovo carro armato da combattimento principale Panther KF51, che si sta discutendo come successore del Leopard 2.[2] La nuova fabbrica di munizioni produrrà decine di migliaia di proiettili d'artiglieria calibro 155 NATO entro la fine dell'anno e aumenterà la sua produzione annua a circa 350.000 unità entro il 2027, ovvero cinque volte la produzione totale di Rheinmetall nel 2022 (70.000). Tuttavia, è solo la seconda fabbrica di munizioni del Gruppo; la più grande, Rheinmetall Expal Munitions, ha sede in Spagna e produce fino a 450.000 proiettili d'artiglieria all'anno. Con l'aiuto dei suoi numerosi altri stabilimenti, tra cui quelli in Italia, Sudafrica e Stati Uniti, Rheinmetall punta a produrre un totale di 1,5 milioni di proiettili da 155 millimetri all'anno entro il 2027.

Ordini per un valore fino a 300 miliardi di euro

A tal fine, Rheinmetall sta costruendo nuove fabbriche non solo in Germania, ma anche in vari altri paesi europei, ad esempio in Ungheria e Lituania, dove la produzione inizierà nel 2026, in Ucraina e Bulgaria, dove Papperger, come riportato all’inizio di questa settimana, investirà più di un miliardo di euro per costruire una fabbrica di munizioni e la più grande fabbrica di polvere da sparo in Europa.[3] Papperger ha commentato l'entità degli accordi sulle munizioni, osservando che i paesi della NATO sono ufficialmente tenuti a mantenere le munizioni per una guerra di 30 giorni: "Solo per 30 giorni, noi [per la Bundeswehr, ndr] abbiamo bisogno di circa 300 colpi al giorno per arma. Con 5.000 armi, si tratta di 45 milioni di colpi di munizioni di artiglieria".[4] Rheinmetall, come l'intera industria della difesa, presume, non solo per quanto riguarda la produzione di munizioni, che la domanda di equipaggiamento militare nei paesi della NATO in Europa aumenterà drasticamente quest'anno a seguito della risoluzione del cinque per cento del recente vertice NATO – in modo più significativo, ovviamente, in Germania, che ha il maggiore potenziale per finanziare una massiccia ondata di accumulo di armamenti con nuovo debito. Papperger prevede un potenziale di ordini per la sua azienda "fino a 300 miliardi di euro" solo entro il 2030.[5]

Bilanci record e deficit di finanziamento

I piani del governo tedesco per il drastico aumento del bilancio militare necessario a tal fine sono ben noti. Il bilancio della Bundeswehr per quest'anno è stato aumentato di circa il 20% rispetto all'anno precedente, raggiungendo i 62,4 miliardi di euro; circa 24 miliardi di euro saranno aggiunti dal cosiddetto fondo speciale. Per il 2026, i piani prevedono un bilancio di 82,7 miliardi di euro più 25,5 miliardi di euro dal "fondo speciale". Nel 2027 – l'ultimo anno in cui affluiranno i fondi dal "fondo speciale" – il bilancio dovrebbe ammontare a 93,4 miliardi di euro, nel 2028 a quasi 136,5 miliardi di euro e nel 2029 a poco più di 152,8 miliardi di euro.[6] Questo non include ancora le spese per le infrastrutture utilizzabili a fini militari, per le quali si stimano circa 70 miliardi di euro nel 2029. Per poter coprire i costi degli armamenti, la spesa pubblica dovrebbe aumentare a oltre 572 miliardi di euro nel 2029, secondo l'attuale piano finanziario del governo tedesco. Il bilancio militare assorbe il 26,7% di questa cifra.[7] Per finanziarla, è previsto un ulteriore indebitamento netto di 126,9 miliardi di euro per il 2029, con un aumento di oltre la metà rispetto al 2025 (81,8 miliardi di euro). Tuttavia, secondo il ministro delle finanze Lars Klingbeil, permane un enorme divario di finanziamento: 34 miliardi di euro nel 2027, 64 miliardi di euro nel 2028 e 74 miliardi di euro nel 2029.[8]

Tagli sociali e potature

A Berlino è iniziato il dibattito sui drastici tagli alla spesa necessari per realizzare gli inediti piani di riarmo del governo federale. Il cancelliere Friedrich Merz ha dichiarato alla fine della scorsa settimana che "lo stato sociale così come lo abbiamo oggi" non è "più finanziariamente sostenibile"; tagli drastici ("riforme") sono inevitabili. "Non mi lascerò irritare da parole come tagli sociali, disboscamento e tutte le altre cose che ne conseguono", ha annunciato Merz.[9] Il segretario generale della CDU Carsten Linnemann ha invocato un "cambio di paradigma" "perché lo stato sociale non è più finanziariamente sostenibile". Si parla diffusamente nel governo federale di un "autunno delle riforme", che nemmeno il vicecancelliere Klingbeil, che è anche presidente federale della SPD, mette in discussione in modo sostanziale. Klingbeil chiede che nessuno "se ne stia con le mani in mano"; il governo deve "prendere in mano i sistemi di sicurezza sociale". Tuttavia, non bisogna limitarsi a “risparmiare 30 miliardi nello stato sociale”: “anche le persone con patrimoni e redditi molto elevati” devono “contribuire con la loro parte”, spiega il socialdemocratico.[10]

Guerra alla guerra

Mentre il governo tedesco prepara "tagli sociali e potature" (Merz), la repressione statale contro gli oppositori delle spese militari per centinaia di miliardi di euro sta aumentando. Gli attivisti che da martedì organizzano un campo anti-guerra a Colonia con lo slogan "Disarmate Rheinmetall; contro le esportazioni di armi, il riarmo e la guerra" hanno dovuto far valere il loro diritto di riunione contro il tentativo delle autorità di vietare il loro campo. Per giustificare il tentativo di divieto, le autorità hanno sostenuto che gli attivisti stavano usando lo slogan "Guerra alla guerra", intendendo dire che volevano "contrastare il riarmo con 'mezzi bellici'".[11] Se ciò significasse che gli attivisti stessero pianificando di guidare i carri armati da Colonia alla vicina Düsseldorf e bombardare la sede centrale della Rheinmetall non è stato ulteriormente spiegato nell'ordinanza di divieto. Il divieto del campo è stato infine annullato dal Tribunale amministrativo superiore della Renania Settentrionale-Vestfalia a Münster. "Guerra alla guerra" è il titolo di una poesia scritta dallo scrittore e attivista pacifista Kurt Tucholsky nel 1919. In essa, Tucholsky descriveva gli orrori delle trincee ("sangue, ossa frantumate e sporcizia") e il suo rammarico per la mancanza di resistenza ("nessuno che osi ribellarsi"), e ammoniva: "Non deve e non dovrebbe continuare così. Abbiamo tutti, tutti visto dove porta una simile follia".
 
NOTE:
 

[1] Crollo delle azioni Rheinmetall nonostante le vendite record. tagesschau.de 07.08.2025.

[2] Pronti per la guerra in tempo record: Rheinmetall inizia le operazioni di prova nella sua più grande fabbrica di munizioni. rundblick-niedersachsen.de, 23 luglio 2025. Vedi anche Il salto della pantera a Kiev .

[3] Ewan Jones: Rheinmetall costruirà la più grande fabbrica di polvere da sparo d'Europa in Bulgaria. tvpworld.com 26 agosto 2025.

[4], [5] Roman Tyborski, Alexander Voß, Martin Knobbe: Papperger si aspetta commesse fino a 300 miliardi di euro. handelsblatt.com, 17 aprile 2025.

[6] Aumento significativo del bilancio della difesa a partire dal 2025. bmvg.de 24.06.2025.

[7] Il governo federale continua l'offensiva sugli investimenti: approvati il ​​bilancio federale 2026 e il piano finanziario fino al 2029. bundesfinanzministerium.de 30.07.2025.

[8] Klingbeil lancia un appello urgente a tutti i ministeri per misure di austerità. Frankfurter Allgemeine Zeitung, 23 agosto 2025.

[9] Merz vuole guidare un duro dibattito sulle riforme. tagesschau.de 23.08.2025.

[10] Molto lavoro attende ancora prima dell'"autunno delle riforme". tagesschau.de 25.08.2025.

[11] Vietato il campo di disarmo Rheinmetall: “Ora più che mai: guerra alla guerra!” perspektive-online.net 13.08.2025.

 
 

Wohin ein solcher Wahnsinn führt

Rheinmetall eröffnet Deutschlands größte Munitionsfabrik und will zu den weltgrößten Rüstungskonzernen aufschließen. Berlin stellt zur Finanzierung Sozialkahlschlag in Aussicht. Kriegsgegner sind zunehmend Repression ausgesetzt.

27 Aug 2025
 
DÜSSELDORF/BERLIN (Eigener Bericht) – Rheinmetall eröffnet Deutschlands größte Munitionsfabrik, rechnet mit Rüstungsaufträgen in dreistelliger Milliardenhöhe und will zu den größten Rüstungskonzernen der Welt aufschließen. In der neuen Munitionsfabrik in Unterlüß, die am heutigen Mittwoch im Beisein von Verteidigungsminister Boris Pistorius, Finanzminister Lars Klingbeil und NATO-Generalsekretär Mark Rutte eröffnet werden soll, will Rheinmetall künftig bis zu 350.000 Artilleriegranaten jährlich produzieren. Der Höhenflug der Unternehmens dauert an; bis 2030 werde man womöglich Rüstungsaufträge im Wert von bis zu 300 Milliarden Euro akquirieren können, sagt Firmenchef Armin Papperger voraus. Papperger stebt bis 2030 einen Konzernumsatz von bis zu 50 Milliarden Euro an. Auf diesem Niveau bewegen sich heute die zwei größten Waffenschmieden der Welt, Lockheed Martin und RTX (beide USA). Während Berlin brutale Sozialkürzungen in Aussicht nimmt, um die Hochrüstung zu finanzieren, nimmt die Repression gegen Kriegsgegner zu. Ein am Dienstag eröffnetes Anti-Kriegs-Camp in Köln war zuerst wegen der Nutzung der Parole „Krieg dem Kriege“ verboten worden. Diese entstammt einem 1919 publizierten Gedicht des Schriftstellers Kurt Tucholsky.

Globaler Rüstungschampion

Rheinmetall, größter deutscher Rüstungskonzern, ist bislang auch der größte Gewinner der gewaltigen Aufrüstung, die die Bundesregierung im Jahr 2022 gestartet hat und jetzt in beispiellosem Ausmaß intensiviert. Der Umsatz des Unternehmens, der im Jahr 2022 bei 6,4 Milliarden Euro lag, erreichte 2024 bereits 9,8 Milliarden Euro und könnte laut Konzernchef Armin Papperger bis 2030 auf 40 bis 50 Milliarden Euro steigen. Damit stieße die Firma in die erste Liga der globalen Waffenschmieden vor; die beiden weltgrößten Rüstungskonzerne Lockheed Martin und RTX (beide USA) erzielten im Jahr 2023 Rüstungsumsätze von rund 61 respektive 41 Milliarden US-Dollar. Rheinmetall sei auf dem Weg, „ein globaler Rüstungschampion zu werden“, konstatierte Papperger Anfang August trocken.[1] Das Volumen der Aufträge, die die Waffenschmiede aus Düsseldorf in ihren Büchern hat, wächst kontinuierlich und liegt gegenwärtig laut Eigenangaben auf dem Rekordniveau von 63 Milliarden Euro. Schwach entwickelt sich lediglich das zivile Geschäft. Rheinmetall verfügt über eine Kfz-Zuliefersparte, die einst dem Zweck diente, wiederkehrende Schwächen im Rüstungsgeschäft auszugleichen. Einige zuvor zivile Rheinmetall-Standorte werden jetzt für die Rüstung genutzt; ein Verkauf der nicht zur Waffenproduktion verwendbaren zivilen Fabriken ist im Gespräch.

Europas zweitgrößte Munitionsfabrik

Der Rheinmetall-Standort Unterlüß, an dem am heutigen Mittwoch die neue Munitionsfabrik eröffnet werden soll, ist mit rund 3.200 Mitarbeitern der größte Standort des Konzerns, der an seinen 174 Standorten in mehr als 30 Ländern zur Zeit etwa 40.000 Personen beschäftigt; ihre Zahl soll in den nächsten zwei bis drei Jahren auf rund 70.000 steigen. In Unterlüß fertigt Rheinmetall neben allerlei Munition auch zentrale Teile für den Kampfpanzer Leopard 2 und für die Panzerhaubitze 2000, zudem den Schützenpanzer Puma; das Werk war nicht zuletzt an der Entwicklung des neuen Kampfpanzers Panther KF51 beteiligt, der als Nachfolger des Leopard 2 im Gespräch ist.[2] Die neue Munitionsfabrik wird bis Jahresende bereits mehrere zehntausend Artilleriegranaten des NATO-Kalibers 155 herstellen und ihre Jahresfertigung bis 2027 auf rund 350.000 Stück steigern – das Fünffache der Rheinmetall-Gesamtproduktion im Jahr 2022 (70.000 Stück). Dabei ist sie nur die zweitgrößte Munitionsfabrik des Konzerns; die größte, Rheinmetall Expal Munitions, hat ihren Sitz in Spanien und stellt jährlich bis zu 450.000 Artilleriegranaten her. Mit Hilfe seiner zahlreichen weiteren Fabriken unter anderem in Italien, Südafrika und den Vereinigten Staaten will Rheinmetall bis 2027 insgesamt 1,5 Millionen 155-Millimeter-Geschosse jährlich fertigen.

Aufträge bis zu 300 Milliarden Euro

Dazu errichtet Rheinmetall nicht nur in Deutschland, sondern auch in diversen weiteren Ländern Europas neue Fabriken – etwa in Ungarn oder in Litauen, wo jeweils ab dem Jahr 2026 produziert wird, in der Ukraine oder in Bulgarien, wo Papperger, wie zu Beginn dieser Woche berichtet wurde, mehr als eine Milliarde Euro investieren wird, um eine Munitions- und die größte Schießpulverfabrik Europas zu errichten.[3] Über die Größenordnung, in der sich die Munitionsgeschäfte bewegen können, äußert Papperger im Hinblick darauf, dass NATO-Staaten offiziell Munition für 30 Tage Krieg vorhalten müssen: „Allein bei 30 Tagen benötigen wir [für die Bundeswehr, d. Red.] etwa 300 Schuss am Tag pro Geschütz. Bei 5.000 Geschützen sind das 45 Millionen Schuss Artilleriemunition.“[4] Nicht nur mit Blick auf die Munitionsproduktion geht Rheinmetall – wie die gesamte Rüstungsbranche – davon aus, dass die Nachfrage nach Kriegsgerät in den NATO-Staaten Europas nach dem Fünf-Prozent-Beschluss des jüngsten NATO-Gipfels noch dieses Jahr drastisch steigen wird – am stärksten freilich in Deutschland, das das höchste Potenzial hat, mit neuen Schulden eine gewaltige Hochrüstungswelle zu finanzieren. Papperger sagt insgesamt allein „bis 2030 ein Auftragspotenzial“ für seinen Konzern „von bis zu 300 Milliarden Euro“ voraus.[5]

Rekordetats und Finanzierungslücken

Die Planungen der Bundesregierung für die dazu erforderliche dramatische Aufstockung des Militärhaushalts sind bekannt. Der Bundeswehretat für dieses Jahr ist gegenüber dem Vorjahr um rund 20 Prozent auf 62,4 Milliarden Euro erhöht worden; es kommen rund 24 Milliarden Euro aus dem sogenannten Sondervermögen hinzu. Für 2026 sehen die Planungen ein Budget von 82,7 Milliarden Euro zuzüglich 25,5 Milliarden Euro aus dem „Sondervermögen“ vor. 2027 – im letzten Jahr, in dem Mittel aus dem „Sondervermögen“ fließen – soll der Etat 93,4 Milliarden Euro betragen, 2028 beinahe 136,5 Milliarden Euro, 2029 gut 152,8 Milliarden Euro.[6] Noch nicht eingerechnet sind die Ausgaben für militärisch nutzbare Infrastruktur, für die 2029 ungefähr 70 Milliarden Euro in Aussicht stehen. Um die Rüstungskosten bezahlen zu können, sollen die Regierungsausgaben im Jahr 2029 laut aktuellem Finanzplan der Bundesregierung auf über 572 Milliarden Euro gesteigert werden. Der Militäretat verschlingt davon 26,7 Prozent.[7] Zur Finanzierung ist für 2029 zusätzlich eine Nettokreditaufnahme in Höhe von 126,9 Milliarden Euro vorgesehen – ein Plus von mehr als der Hälfte gegenüber 2025 (81,8 Milliarden Euro). Dennoch besteht laut Finanzminister Lars Klingbeil eine riesige Finanzierungslücke: 34 Milliarden Euro 2027, 64 Milliarden Euro 2028, 74 Milliarden Euro 2029.[8]

Sozialabbau und Kahlschlag

In Berlin hat die Debatte um die dramatischen Ausgabenkürzungen begonnen, die nötig sind, um die beispiellosen Hochrüstungspläne der Bundesregierung zu realisieren. Bundeskanzler Friedrich Merz äußerte Ende vergangener Woche, „der Sozialstaat, wie wir ihn heute haben“, sei „nicht mehr finanzierbar“; krasse Kürzungen („Reformen“) seien unumgänglich. „Ich werde mich durch Worte wie Sozialabbau und Kahlschlag und was da alles kommt nicht irritieren lassen“, kündigte Merz an.[9] CDU-Generalsekretär Carsten Linnemann verlangte einen „Paradigmenwechsel“, „weil der Sozialstaat nicht mehr finanzierbar geworden ist“. In der Bundesregierung ist weithin von einem „Herbst der Reformen“ die Rede, den auch Vizekanzler Klingbeil, zugleich Bundesvorsitzender der SPD, nicht prinzipiell in Frage stellt. Klingbeil fordert, niemand dürfe sich „auf die faule Haut“ legen; die Regierung müsse „ran an die sozialen Sicherungssysteme“. Allerdings dürfe man nicht bloß „30 Milliarden beim Sozialstaat ein[sparen]“: Auch „Menschen, die sehr hohe Vermögen und Einkommen haben“, müssten „ihren Teil ... beitragen“, erklärt der Sozialdemokrat.[10]

Krieg dem Kriege

Während die Bundesregierung „Sozialabbau und Kahlschlag“ (Merz) vorbereitet, nimmt die staatliche Repression gegen Gegner der Hunderte Milliarden Euro schweren Hochrüstung zu. So mussten Aktivisten, die seit dem gestrigen Dienstag in Köln ein Anti-Kriegs-Camp unter dem Motto „Rheinmetall entwaffnen; gegen Waffenexporte, Aufrüstung und Krieg“ abhalten, ihr Versammlungsrecht gegen den Versuch der Behörden durchsetzen, ihr Camp zu verbieten. Zur Begründung ihres Verbotsversuchs brachten die Behörden vor, die Aktivisten nutzten die Parole „Krieg dem Kriege“, wollten also „der Aufrüstung mit ‘kriegerischen Mitteln‘ begegnen“.[11] Ob damit etwa gemeint war, die Aktivisten könnten planen, mit Panzern aus Köln ins benachbarte Düsseldorf zu fahren und dort die Rheinmetall-Zentrale zu beschießen, wurde in der Verbotsverfügung nicht näher erläutert. Das Verbot des Camps wurde letztlich vom nordrhein-westfälischen Oberverwaltungsgericht in Münster gekippt. „Krieg dem Kriege“ ist der Titel eines Gedichts, das der Schriftsteller und Kriegsgegner Kurt Tucholsky 1919 verfasste. Tucholsky schilderte darin das Grauen der Schützengräben („Blut und zermalmte Knochen und Dreck“) wie auch sein Bedauern über den mangelnden Widerstand („keiner, der aufzubegehren wagt“) – und er warnte: „Es darf und soll so nicht weitergehn. Wir haben alle, alle gesehn, wohin ein solcher Wahnsinn führt“.

[1] Rheinmetall trotz Rekordumsatzes mit Kursrutsch. tagesschau.de 07.08.2025.

[2] Kriegstüchtig in Rekordzeit: Rheinmetall startet Testbetrieb in seiner größten Munitionsfabrik. rundblick-niedersachsen.de 23.07.2025. S. auch Der Panthersprung nach Kiew.

[3] Ewan Jones: Rheinmetall to build Europe’s largest gunpowder factory in Bulgaria. tvpworld.com 26.08.2025.

[4], [5] Roman Tyborski, Alexander Voß, Martin Knobbe: Papperger rechnet mit Aufträgen von bis zu 300 Milliarden Euro. handelsblatt.com 17.04.2025.

[6] Deutlicher Anstieg des Verteidigungshaushalts ab 2025. bmvg.de 24.06.2025.

[7] Bundesregierung führt Investitionsoffensive fort: Bundeshaushalt 2026 und Finanzplan bis 2029 beschlossen. bundesfinanzministerium.de 30.07.2025.

[8] Klingbeil richtet dringenden Sparaufruf an alle Ministerien. Frankfurter Allgemeine Zeitung 23.08.2025.

[9] Merz will harte Reformdebatte führen. tagesschau.de 23.08.2025.

[10] Vor dem „Herbst der Reformen“ wartet noch viel Arbeit. tagesschau.de 25.08.2025.

[11] Rheinmetall-Entwaffnen-Camp verboten: „Jetzt erst recht: Krieg dem Krieg!“ perspektive-online.net 13.08.2025.