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COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA JUGOSLAVIA

ITALIJANSKA KOORDINACIJA ZA JUGOSLAVIJU


siete nella sezione dedicata alla disinformazione strategica su "foibe" ed "esodo" ed al neoirredentismo italiano

 


Profilo di Antun Sokolić
(Padre Flaminio Rocchi)

rright10.gif (248 byte) iniziative

rright10.gif (248 byte) documentazione 



Venerato nell'ambiente dell'irredentismo giuliano-dalmata, tanto da essere stato definito l'"Apostolo degli Esuli". A lui è intitolato il "Centro Studi" della Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. In effetti Rocchi è stato per molti anni esponente dell'ANVGD. Inoltre fu vice-presidente della "Lega Istriana" fondata a Roma, fra gli altri, da Papo e Nino de Totto (fondatore del MSI triestino, lo stesso che sollecitò Scelba ad attivarsi per cancellare Papo dall'elenco delle persone da estradare in Jugoslavia - vedi Dossier Forza Nuova a cura de La Nuova Alabarda).

Nato nel 1913 a Neresine, Dalmazia, e morto nel 2003, era di famiglia croata e si chiamava in effetti Anton Sokolic, anche se talvolta menzionò l'improbabile cognome "Rocaich". Ma altre e ben più inquietanti erano però le sue "stranezze", da lui stesso raccontate nella seguente intervista:


(intervista apparsa il 4 maggio 1994 su Il Piccolo di Trieste)

LA MOVIMENTATA ESISTENZA DI PADRE FLAMINIO ROCCHI

Le crociate di "frate mitra"
Ecco chi é il francescano che si batte da quarant'anni per i diritti degli esuli istriani e dalmati

Servizio di Pietro Spirito

E´ un uomo strano padre Flaminio Rocchi. La vita di questo francescano di 81 anni che sta guidando, come ama ribadire, la nuova crociata degli esuli metterebbe in imbarazzo  un romanziere.  Da quarant'anni padre Rocchi si batte a modo suo, nei templi della burocrazia romana per ottenere  altre briciole di indenizzi, nuove leggi a favore di chi perse tutto lasciando la terra natía, riscatti finanziari e morali.
Ma prima delle anticamere ministeriali il frate ha conosciuto altri campi di battaglia, quelli veri. E su quei campi  ha combattuto e ucciso. Ha ucciso altri uomini in guerra, e non ne parla volentieri: questo, lascia intendere, è un conto che regolerà direttamente con Dio.
Quando padre Rocchi pronuncia la parola "comunismo" nei suoi occhi passa un lampo. "Ma non ho mai odiato " giura, e dice di non essere un politico.
Padre Rocchi è nato nel 1913, sotto l'impero austro-ungárico, a Neresine, sull'isola di Lussino, figlio di un marittimo. E' di origine croata, il suo cognome non italiano era Rocaich, ma precisa di essere sempre stato "di cultura latino-veneta".  A sette anni conobbe il carcere:  "Avevamo un maestro - racconta - che voleva insegnarci l'imperfetto del verbo amare; io non capivo perché amare dovesse avere qualcosa di imperfetto, e non volevo imparare; il maestro mi riempiva le mani di bacchettate, e una sera io e un mio compagno gli affondammo la barca".
Della sua terra ama sopratutto la bora: "Sono figlio della bora, da giovane andavo con la barca ad aspettare in mare il "neverin", mi inclinavo fino a fare entrare  acqua nello scafo, mi piaceva la sfida con gli elementi".   Vocazione a una esistenza esagerata che nel 1927 sposó con la vocazione ecclesiastica.
"Mi convinse  il vescovo di Zara a farmi frate, ma io volevo fare l'avventuriero, il missionario; volevo un sacerdozio  di avventura spirituale"
Scelse l'Ordine francescano, l'unico che poteva  lasciargli aperti orizzonti da conquistare, e a quattordici anni vestí il saio. "Non ero mai stato religioso - racconta padre Rocchi - ma ero molto impressionato dalla sofferenza e dalla fatica degli uomini; consideravo quella dei marinai una vita perduta, volevo capire".
Andò a studiare  in Belgio, dove si laureò in Diritto e Storia.  Di quegli anni rammenta l'amiciza degli studenti, il freddo degli inverni, "quando camminavo scalzo a 18 gradi sotto zero". Poi andò a Bologna, dove prese la seconda laurea in Lettere e Filosofia.
Allo scoppio della guerra si arruolò come cappellano militare. Andò in Corsica  con il grado di tenente, e dopo l'8 settembre fu catturato dai tedeschi.  Riuscì a fuggire, seguì in Sardegna le sorti dell' "esercito sconfitto", poi di nuovo in Corsica, a fianco degli americani, che dopo un po' lo spedirono alla Gorgona come ufficiale di collegamento. Si trovò ad organizzare le incursioni lungo le coste della Toscana, che ben conosceva, di tre gruppi di marines. Erano carcerati vestiti da soldati, ladri ed assassini ai quali il governo americano  dava un'ultima possibilità: riscattarsi  con azioni ad alto rischio  dalle loro malefatte. Soldati, tanto per capìrsi, resi celebri dal film "Quella sporca dozzina". "Con questi  marines - continua padre Rocchi - effettuavamo incursioni  puntando sopratutto  a fare saltare i ponti: partecipai  ad almeno quindici azioni e la cosa più brutta  di quelle spedizioni  era far fuori le sentinelle tedesche: bisognava  coglierle alle spalle  e sgozzarle senza che facessero rumore".
La guerra abbruttisce e imbestialisce, spiega padre Rocchi con voce suadente da uomo di Chiesa: "Quando sparavo miravo al bersaglio: o loro o io, è la guerra; e mi piacevano le armi, ero un asso nelle gare di tiro a segno". La guerra abbruttisce, insiste padre Rocchi: "Ero diventato molto, molto violento; un giorno, mentre passavo su un prato, vidi una mucca adagiata sull'erba che ruminava tranquilla: si voltó a guardarmi con il suo sguardo mansueto, io tirai fuori la pistola e la uccisi, cosí, solo per il gusto di uccidere".
Nel 1944 padre Rocchi è a Pola come ufficiale americano. Tenta di raggiungere Lussinpiccolo  e non ci riesce. Torna a Roma, e assiste da lontano al dramma dei profughi, tra i quali i suoi familiari, fuggiti clandestinamente. "Da allora - dice - giurai a me stesso che avrei passato la vita a occuparmi dei profughi".
Gettate via le armi e le divise, padre Rocchi passò attraverso la penitenza, la purificazione e la riconsacrazione: rivestì l'abito francescano e iniziò la sua battaglia legale. Usando spesso, confessa, quel saio come fosse un'arma.


BOTTA E RISPOSTA
"Sono strambo e approfitto del saio che porto"

C'é la fila, nella sede dell'Associazione Venezia Giulia e Dalmazia di Piazza Sant'Antonio, di gente che vuole parlare con padre Flaminio Rocchi.  Chiedono tutti delucidazioni sulle nuove leggi, sui nuovi indenizzi.  E ogni caso è diverso dall'altro. Il francescano risponde a tutti  con pazienza, suggerisce sotterfugi, spega cavilli, promette interessamenti. "Solo perché sono un frate - ama ripetere - ho avuto la pazienza in tutti questi anni di sopportare porte sbattute in faccia, dinieghi, indifferenza".

***  Padre, crede che con il nuovo governo  dovrà fare meno anticamere ?
"Ne sono sicuro. Questo governo ha di buono che non è nato a Roma, ma nelle aule dei tribunali di Milano: è un governo pulito".
***  Dicono che ci saranno ministri fascisti.
"Di destra o di sinistra non m'importa, l'importante è che facciano bene il loro lavoro".
***  Ma perché ce l'ha tanto su con i comunisti ?
"Sí, ce l'ho con i comunisti, per tutto quello che hanno combinato ..."
***  Anche i fascisti mica hanno scherzato...
"Non c'é paragone, i titini erano peggio"
***  E gli slavi ? Neanche loro le piacciono tanto.
"Guardi, quando ero in Corsica fui aggregato per un periodo come cappellano a un gruppo di sloveni, anti-italiani convinti, che lavoravano per gli alleati. Con loro sono stato benissimo. Dicevo messa con le foto di Stalin e di Tito, celebravo funerali con le bandiere con la stella rossa.  Mi hanno voluto bene, e io a loro.  Gli uomini sono uomini, le conseguenze negative della politica sono un'altra cosa"
***  Padre, lei come si definisce ?
"Un frate strambo che approfitta dell'abito che porta"
***  Mai avuto rimbrotti dai suoi superiori ?
"E perché mai? Vuole saperlo? Mi hanno dato carta bianca per lavorare a favore dei profughi: quando noi francescani siamo andati via dall'Istria e dalla Dalmazia abbiamo lasciato là molti conventi.  I preti sloveni ci odiavano ..."
***  Ci risiamo, padre: anche tra fratelli ?
"Andiamo, lo sanno tutti che il clero sloveno ha sempre fatto certa politica ..."
***  Cosa ama di piú, padre ?
"Le cose antipatiche. Leggo i libri che non piacciono, ascolto musica che non sopporto, guardo i quadri che non mi dicono niente.
E  che cerco di capire le cose che non capisco".
***  Cosa dirà quando si troverà di fronte a Dio ?
"Ho i miei peccati , ma la misericordia di Dio è molto piú grande di quanto noi stessi uomini di Chiesa andiamo predicando.
E poi, le dirò, sono convinto che l'inferno non è una punizione eterna".

Pi.Spi.




A questo sconcertante "quadretto" di "frate mitra" si aggiunga quanto segue.

Il libro di Padre Flaminio Rocchi "L'Esodo dei 350.000 Giuliani, Fiumani e Dalmati" (1971), ristampato dalle Edizioni Difesa Adriatica, legate alla ANVGD (Roma 1990), benché infarcito di errori grossolani è considerato una "bibbia" negli ambienti revanscisti-irredentisti. Poichè tutti gli autori del filone revanscista-irredentista hanno copiato da lui, errori e falsità sulla vicenda delle "foibe" si sono moltiplicate esponenzialmente.

Il libro riporta tra l'altro un bizzarro "elenco di foibe", contenente ad esempio:

# riferimenti ad una inesistente "foiba Beca";

# sulla cosiddetta foiba di Basovizza, Rocchi scrive che dal primo maggio al 15 giugno 1945 sarebbero state gettate in questa voragine circa 2.500 vittime tra civili, carabinieri, finanzieri, militari italiani, tedeschi e neozelandesi.
Si tratta di invenzioni, come bene argomentato ad esempio in Operazione "Foibe" tra storia e mito di Claudia Cernigoi.

Una sintesi delle falsificazioni di Rocchi su Basovizza è stata fatta da L.N. sulla mailing list gente_de_confin@yahoogroups.com, ottobre 2006:
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Le persone scomparse da TS sono meno di 500 (molte delle quali si sa dove sono morte, ma non certo a Basovizza).
"finanzieri": i finanzieri arrestati a TS (circa un centinaio), in parte sono rientrati, ma 77, secondo una relazione del CRI,  furono "passati per le armi" e precipitati nell'Abisso Roditti presso Divaccia (quindi non a Basovizza). Rustia poi dice, il 25/04/01 su "Trieste Oggi" che quei finanzieri furono condotti a Borovnica. Ma Rocchi sostenne che sono nella foiba di Basovizza. Come e perchè?
Tra le vittime annovera anche "carabinieri". Ma i carabinieri erano stati sciolti dal Reich il 25 luglio 1944, per cui nessun carabiniere può essere stato ucciso a Trieste nel periodo citato dal sig. Rocchi.
Cita poi "neozelandesi": c'erano state persone, riconducibili all'ambiente dei profughi, che avevano fatto tale denuncia al Governo Militare Alleato come citato anche su Epoca nell'Aprile del 1995. Un lettore triestino emigrato in Australia, Valentin Brecel, scrisse per avere maggiori informazioni al ministero della Difesa Neozelandese, il 2 febbraio 1996. Dieci giorni dopo il sig. Brecel riceveva la risposta:

Dear Mr. Brecel,
Thank you for your letter of 2 February 1996 concerning stories about the bodies of 27 New Zealand soldiers being discovered in a disused mine shaft in Basovizza near Trieste shortly after the end of World War II. We have in the past investigated reports similar to this and have found that they had no basis in fact.
Yours sincerely
J.A.B. Crawford

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Sempre L.N. (su gente_de_confin@yahoogroups.com, ottobre 2006) ha preso in mano il libro di Rocchi ed ha verificato minuziosamente alcune delle idiozie contenute nel libro:
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Non posso scrivere su tutte le assurdità  scritte. Dovrei scrivere un'altra Divina Commedia, nè ho il tempo di rileggermelo tutto. (...) Cercherò di sfogliare il libro a caso (ogni pagina è piena di errori).
Non posso anticipare una cosa, e cioè la diversa valutazione dei fatti a seconda di chi li ha commessi (e questo viene confortato dalle sue parole dell'intervista in cui dice di odiare i comunisti).

Dunque i comunisti hanno infoibato, secondo lui, alcune migliaia di persone. teniamole pure per buone (ammesso e non concesso), poi dice, in una sola riga, che (pag. 536): 23 ottobre 1943 - Il bollettino tedesco parla di "13 mila banditi uccisi o fatti prigionieri".

Non saranno stati uccisi tutti 13.000, ma si sapeva come andava a finire per i partigiani catturati vivi. In ogni caso i morti erano superiori a quelli che il Rocchi ritiene infoibati. ma agli uni dedica un libro, agli altri una riga.
Per uno che si definisce "storico" non c'è male. dato poi che sappiamo benissimo che in Istria non c'erano 13.000 di quelli che il comando tedesco definisce "banditi", dobbiamo dedurre che la grande maggioranza di questi 13.000, erano dei civili.

Pisino (pag. 409) A Pisino, dopo l'8 settembre, scoppiò la gazarra antitaliana per opera degli slavo-comunisti, seguita dagli infoibamenti (quanti pisinoti?? Non molti).

Il 4 ottobre ritornarono (ma perchè ritornarono, se non c'erano stati prima? In italiano "ritornare" significa "tornare di nuovo". Oppure si trattava dei "nostri" in generale e quindi che siano italiani o tedeschi, basta che siano "fascisti"?) i tedeschi. La loro repressione fu spietata. Il popolo cercò scampo nel convento dei francescani. I tedeschi lo circondarono. dalla porta uscì, con le mani alzate, padre Emanuele Ongaro (quello sì che era un francescano. L'ho conosciuto ed ora riposa nel cimitero di Pisino). Il piombo tedesco lo abbattè. Cadde raccolto nel suo saio insanguinato.
Da un'altra parte scrive che quel giorno a Pisino i tedeschi uccisero 100 cittadini.
Poche righe senza particolari, ma dettagli infiniti, macabri e anche falsi, capitoli interi per le vittime dei titini.
Invano ho cercato un appunto dove mettesse in evidenza che i partigiani croati, la notte fra il 12 e il 13 settembre, a rischio della loro vita, salvarono un treno pieno di marinai italiani, presi a Pola dai tedeschi e che erano stati mandati in campo di concentramento perchè si erano rifiutati di collaborare. Ero a Pisino quella notte e non solo ho sentito gli spari (fra l'altro i partigiani hanno ammazzato un funzionario
delle ferrovie che non voleva collaborare per bloccare il treno. Ma questo viene considerato come un martire dalle associazioni di esuli, mentre era stato ucciso perchè non voleva collaborare a salvare i marinai italiani), ma il giorno dopo ho visto i marinai che andavano per le case a cercare abiti borghesi, per continuare la fuga. E tutti i Pisinoti, glieli hanno dati (ricordo anche un paio di loro che sono venuti a casa mia e mia madre ha dato loro vestiti usati di mio padre), sia italiani che croati. Se lo scopo era il "genocidio" bastava lasciare che il treno andasse in Germania. sai quanti italiani di meno?? ma hanno rischiato la vita per liberarli. Rocchi non ne sa nulla.

Pag 530: 9 settembre 1943 - I partigiani slavi occupano tutta l'Istria, meno Fiume, Pola e Trieste che sono in mano dei tedeschi. Esatto!, ma .....
12 settembre 1943 - ..... i partigiani di Tito entrano a Pisino e rimangono fino al 4 maggio, data del ritorno (per Rocchi i tedeschi ritornano anche dove non erano mai stati) dei tedeschi.
ma non erano già  entrati il 9??? Li ho visti IO arrivare il 9. e rimangono fino al 4 maggio???? Di che anno??? Ma sappiamo che i tedeschi sono entrati a Pisino, facendo le loro stragi il 4 di ottobre (1943). Sempre io ero là . Allora c'è una certa confusione! Per uno storico non c'è male.
19 settembre 1943 - .... Si fanno ammontare a 600 gli italiani infoibati in Istria dal 9 settembre al 13 ottobre 1943.
Mentre per i 13.000 banditi eliminati .... solo una riga.

pag. 14 Con che entusiasmo si parla della X Mas e delle unità  similari che servivano i tedeschi. Per l'italianità  di queste terre? ma i tedeschi non avevano già  formato il loro Adriatisches Küstenland. E la X Mas non era alle dirette dipendenze del Gauleiter tedesco?
Si parla anche con entusiasmo, nel libro, di un certo Papo. E' stato il primo ad introdurre il bilinguismo a Montona. Non certo quello italiano-croato, ma quello tedesco-italiano, sì prima tedesco e poi italiano, nei documenti del Partito Fascista Repubblicano, di cui lui era il segretario. Questo Rocchi non lo sa!!!

pag. 22 Ho già  citato la frase in cui Rocchi comprende i neozelandesi "infoibati a Basovizza" con la risposta del governo neozelandese.


Poi cita a suffragio delle sue tesi, la relazione "Chelleri". Nessuno l'ha mai vista (Rocchi sì). Non sarebbe grave se lo stesso Chelleri non l'avesse smentita (il libro è stampato nel 1990, decenni dopo la smentita di Chelleri). (*)

Pag. 23 "Ho messo (Rocchi sulla foiba di Basovizza) anche una lampada catacombale che è stata strappata da un giovane sloveno esaltato il quale poi si è suicidato nel carcere di Trieste"

Bellissima la descrizione ma alquanto inesatta, perchè quel "giovane sloveno esaltato" era in realtà  Armando Turco, "giovane speleologo legato agli ambienti dell'estrema destra.

pag. 24 Foiba di Monrupino .... dieci anni prima la foiba aveva ingoiato circa 2000 vittime tra civili e militari italiani e della Wehrmacht.

Si tratta dell'Abisso di Monrupino o di Opicina (l'abisso si trova a metà  strada tra le due località  e viene indicato ora con l'uno ora con l'altro nome) servì, nei primi giorni del maggio '45, da fossa comune per i morti della battaglia di Opicina, battaglia che durò per sei giorni e segnò la definitiva sconfitta dell'esercito nazista in zona ; per rendere l'idea della tragedia di questa battaglia si pensi che delle due parti in lotta perirono circa un migliaio di persone, successivamente i corpi dei soldati tedeschi furono traslati e la voragine rimase vuota (così leggiamo in un testo di speleologia pubblicato a Trieste alcuni anni or sono, ma così appare anche in un rapporto ufficiale della Polizia Civile di Trieste ed inoltre così hanno testimoniato alcune persone che si sono calate nell'abisso prima che lo stesso venisse ricoperto con una lastra di pietra e dichiarato "monumento di interesse nazionale"). Grottesca appare quindi l'iscrizione sulla pietra voluta dai "giuliani e dalmati ai loro caduti", dato che quella fossa aveva accolto soprattutto militari dell'esercito germanico, traslati successivamente nel cimitero di Costermano (VR). Da notare che negli anni 70, l'allora cancelliere Willy Brandt si è rifiutato di entrare nel cimitero di Costermano, perchè vi erano sepolti soldati delle SS e non solo della Wehrmacht, in segno di rottura col passato nazista.  Nessuno dei nostri governanti o amministratori si è posto un tale problema!!!

pag. 27 FOIBA DI PUCICCHI (Gimino)
Vengono esumate 11 salme.
pag. 29 FOIBA DI PICHICH, vicino a Gimino ...... vengono ricuperate 9 salme.
Rocchi non si accorge che la foiba è la stessa (...).

Dimentica il Rocchi di dire che in quei giorni, all'arrivo dei "liberatori" germanici, sempre a Gimino, vengono trucidate 209 persone, si scaricano i mitra anche sulle culle.

Norma Cossetto pag. 32-33 ..... i vigili del fuoco di Pola, al comando del maresciallo Harzarich recuperarono la sua salma: era caduta nuda, supina.....; aveva ambedue i seni pugnalati ed altre parti del corpo sfregiate.

Al Rocchi piace le descrizioni crude, non per niente nell'intervista dice che è un uomo violento o qualcosa del genere.
Strano che il rapporto di Harzarich dica: "e il suo corpo non presentava a prima vista segni di sevizie. Sembrava dormire  e neppure lontanamente si poteva immaginare che fosse morta da diverse settimane (... .... la salma non era per niente in putrefazione, era ancora intatta." Arch. IRSMLT n. 346
Come è possibile che un corpo possa rimanere intatto per 44 giorni?
Ci sono parecchi dubbi sul fatto. Dicono cha accanto al corpo siano state trovate 17 bustine con la stella rossa (Il Piccolo, 16/12/43). Strano ancora che Rocchi parli di "17 torturatori" (pag. 34) esattamente quante erano le bustine trovate nella foiba. Era proprio nella foiba da 44 giorni???


(...) pag. 85 Ma le campane (di Trieste) riprendono a suonare a morto quando circa 5 mila fra triestini e goriziani cominciano a sparire .....
Peccato che il comune di Gorizia abbia censito 6 cento e qualcosa dispersi, molti dei quali militari, poliziotti ecc. spariti e che il Comune di Trieste ne abbia elencati 498 (valgono le stese annotazioni fatte per Gorizia). Sommati, fanno poco più di mille. Rocchi per far cifra tonda ne mette 5000. (...)

Pag. 112 "Lo slavo Scotti ha scritto:" Forse Rocchi non sa che Scotti è napoletano, o comunque campano!!!
Pag. 526 18 Aprile 1941 - .... La Slovenia viene divisa fra l'Italia e la Jugoslavia. Logicamente a me fa ridere, forse anche a voi, ma quelli che non sanno??? La divisione della Slovenia nel 1941 è stata fatta fra Italia e Germania (la Jugo non c'era).
Pag. 275 NAZARIO SAURO Viene raccontata con ricchezza di particolari la sua cattura e il suo comportamento ...(Viva l'Italia ecc.)  ma si dimentiche di dire, il frate, che Sauro aveva rifiutato "ogni conforto religioso", dato che era notoriamente ateo e adesso ad ogni ricorrenza, nel pieno rispetto dei morti, gli fanno la messa.
Pag. 534-35 5 ottobre 1943 - Diciannove italiani di Arsa e Albona vengono rinchiusi .... poi nudi e scalzi e ... avanti coi particolari dell'eccidio fino all'elenco dei nomi, per 25 righe. Non dice chi sono gli assassini, ma dai particolari si deduce che siano stati gli slavi comunisti.
7-8 ottobre I Tedeschi occupano Albona. Durante un rastrellamento 70 albonesi perdono la vita. E la descrizione finisce. Le truci descrizioni valgono solo per le vittime dei "comunisti". Per quelle altre basta una riga.
Genocidio. da pag. 569 ci sono delle statistiche che fanno pensare. Censimento comprensivo della provincia di Udine, notoriamente e massicciamente italiana:
1910 Italiani 362.000 36% Slavi 488.000 48%
1921 Italiani 561.000 58% Slavi 363.000 38%
pag. 578 - 10 febbraio 1947 Maria Pasquinelli, insegnante fiorentina, uccide a Pola a colpi di pistola il gen. britannico ....
Il Rocchi si guarda bene dal precisare che la assassina è "insegnante di mistica fascista". Lo sapevate che c'era anche una materia del genere?
pag. 574 - 2 luglio 1946 Attivisti slavo-comunisti bloccano a Duino, con una gragnuola di sassi, la carovana del Giro d'Italia diretta a Trieste.

Prima di tutto la località . Non è successo a Duino, ma a Pieris, sul ponte sull'Isonzo (lo sanno tutti, ma lo storico Rocchi no). A fermare il giro non è stata una sassaiola, ma bidoni di catrame (quella volta si usava asfaltare le strade in modo molto più artigianale di oggi) vuotati sulla strada. A farlo sono stati certo gli attivisti comunisti, ma non slavo comunisti, dato che erano bisiacchi di Pieris. Fra loro c'era un mio amico (Mario Devidè). Saranno stati tutto quello che volete, ma CERTAMENTE non slavi.

Penso che questo basti per definire autore e opera ......
Naturalmente ho saltato a pie pari almeno 400 pagine e le altre le ho scorse velocemente.
Se tanto mi dà  tanto .... che ne facciamo del libro?


(*) Rocchi cita la "relazione Chelleri" per dimostrare che anche bambini furono gettati nelle foibe; ma la "relazione Chelleri" è un falso storico, che lo stesso Chelleri ha negato di aver mai scritto. (ndCNJ)




Rocchi ha anche falsificato grossolanamente le cifre dell'"esodo" dei giuliano-dalmati. La cosa è spiegata nel libro dello storico Sandi Volk "Esuli a Trieste":
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"...alcuni come padre Rocchi, hanno utilizzato le cifre del
censimento come punto di partenza per ulteriori ampliamenti,
portando il numero degli esodati all'incredibile cifra di
350.000/400.000. Il Rocchi giunge a tali cifre con delle vere e
proprie manipolazioni sui dati. Nell'edizione più aggiornata
(Patrizia, sarà forse questa che ti manca? ndr) del suo libro
sull'esodo egli infatti somma (senza farci sapere in base a quali
criteri e considerazioni) alla cifra di 250.000 profughi che
sarebbero emigrati all'estero e 15.000 profughi che avrebbero
lasciato l'Istria dopo il 1958, giungendo così alla cifra di 346.440
profughi. Ma le arbitrarietà del Rocchi non finiscono qui. Egli
infatti sostiene che 60.000 "slavi" avrebbero abbandonato la regione
perchè non sopportavano il regime di Tito. 10.000 di essi si
sarebbero sistemati in Italia mentre gli altri 50.000 si sarebbero
trasferiti altrove. Rocchi crea addirittura una nuova categoria di
profughi, quella dei profughi "potenziali" in quanto sostiene che
bisognerebbe tenere conto anche dei circa 10.000 italiani ai
quali le autorità jugoslave rigettarono le domande d'opzione e dei
90.000 anziani, donne e ammalati, che si sentvano italiani ma non
ebbero la forza e il coraggio di lasciare la propria terra. L'apice
lo raggiunge però quando somma a tutti questi anche i
23.000 "Giuliani" (termine molto usato per designare gli abitanti
della Venezia Giulia al di là della loro nazionalità. ma proprio per
questo del tutto arbitrario e senza un vero significato) caduti
durante la guerra. In questo caso si lascia andare addirittura
all'interpretazione postuma delle idee e delle intenzioni dei morti,
visto che lascia intendere (senza peraltro avere il coraggio di
scriverlo), che se fossero stati vivi anche costoro avrebbero
abbandonato l'Istria e la Dalmazia! (37)
Tuttavia le cifre dell'Opera sono state accettate del tutto
acriticamente anche dagli studiosi più seri ed accreditati, con rare
eccezioni.
Come sono stati sostanzialmente accolti anche i presupposti e
l'impostazione della rilevazione e le interpretazioni date
dall'Opera al fenomeno dell'esodo.
E' così mancata completamente un'analisi delll'articolazione interna
della massa dei profughi in base alla loro nazionalità, ma
soprattutto è stata del tutto ignorata la distinzione tra profughi
autoctoni dell'Istria e della Dalmazia e profughi non autoctoni..."

(37) Cfr. F. Rocchi, L'Esodo dei 350.000 Giuliani, Fiumani e
Dalmati, Ediz, Difesa Adriatica, Roma, 1990 (in seguito Rocchi,
L'Esodo, 1990), p. 181.





Per concludere citiamo il brano su Rocchi tratto da un saggio pubblicato a cura de La Nuova Alabarda (Fonte: http://antivelinaro.splinder.com/?from=20 ):

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... al secolo Anton Sokolic, di padre croato, nato a Neresine sull’isola di Lussino nel 1914, cambiò ben presto il suo nome nella forma “più italiana” di Flaminio Rocchi.
Dirigente pluriennale dell’Unione degli Istriani, esponente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (associazione che viene definita in “Nazionalismo e neofascismo nella lotta politica al confine orientale”, edito dall’I.R.S.M.L. di Trieste nel 1976, di impostazione “nazionalfascista” per “l’influenza caratterizzante di uomini del vecchio e nuovo fascismo giuliano e dalmato” tra cui Libero Sauro, Luigi Papo, Bruno Coceani, Cesare Pagnini ed altri, NdA); collaboratore di “Difesa Adriatica”, rivista pubblicata da questa Associazione ed anche del bollettino del “Centro Studi Adriatici” di Luigi Papo.
Rocchi fu anche vicepresidente della “Lega istriana” fondata a Roma nel 1957 da (tra gli altri...) Papo e Nino de Totto (ricordate? quello che “sollecitò” Scelba ad attivarsi per cancellare Papo dall’elenco di persone da estradare in Jugoslavia, NdA).

[...] Neanche padre Flaminio Rocchi è uno storico attendibile.
Il suo libro “L’esodo dei 350.000 Giuliani,Fiumani e Dalmati” è infarcito di errori marchiani.
Si prenda ad esempio quanto scrive sulla cosiddetta “foiba” di Basovizza, della quale parleremo più diffusamente in seguito.
“Dal primo maggio al 15 giugno 1945 sono state gettate in questa voragine circa 2500 vittime tra civili, carabinieri, finanzieri e militari italiani, tedeschi e neozelandesi”.


Innanzitutto il corpo dei carabinieri fu sciolto dai nazisti il 25.7.1944, quindi “carabinieri” non possono essere stati “infoibati” nel maggio del ‘45, da nessuna parte; in merito ai neozelandesi esiste una lettera (pubblicata sul “Novi Matajur” del 24.5.1996, NdA) scritta dal ministro della Difesa neozelandese che dice che la notizia è del tutto infondata: “in passato abbiamo indagato su simili rapporti ed abbiamo verificato che non sono basati su fatti”; riguardo ai finanzieri, risulta da diverse testimonianze conservate negli archivi storici che furono quasi tutti portati al campo di internamento di Borovnica; la cifra di 2500 persone non ha alcun riscontro reale (in totale da Trieste in quel periodo scomparvero meno di 600 persone, di molte delle quali si sa con precisione data e luogo della morte, che non è il pozzo della miniera di Basovizza).

Rocchi prosegue citando la “relazione Chelleri” del 30.7.1945.
“Molte vittime erano prima spogliate e seviziate. E’ da notare che tra le vittime risultano moltissime donne e bambini.
A volte intere famiglie, come il caso della postina di S. Antonio in Bosco, Petterossi Andreina, che venne precipitata nella foiba insieme al marito e alla figlioletta di due anni.
Vennero tirate fuori 600 salme fra cui anche (...) 23 neozelandesi in divisa”.

A parte che la postina di S. Antonio era Rodica Giuseppina, che fu uccisa col marito Otta Valentino e la figlia Petaros Andreanna (che non aveva due anni ma venticinque) non a Basovizza ma nel paese di Boršt - S. Antonio in Bosco il 28.4.1945 (per questi fatti fu celebrato un regolare processo nel dopoguerra); a parte che da documenti angloamericani risulta che furono recuperati da Basovizza circa una ventina di corpi, ed esiste una smentita (pubblicata su “Risorgimento Liberale” il 31.7.1945, NdA) da parte del Comando alleato in merito ai presunti recuperi di 400 o 600 salme dal Pozzo della miniera; a parte che, come detto prima, dei neozelandesi non c’è traccia, a parte tutto questo, dunque, va ancora detto, come già accennato, che lo storico Spazzali ha scritto che l’ufficiale di marina Carlo Chelleri negò di avere scritto quella relazione, della quale, tra l’altro non esistono copie disponibili.


Per completezza riportiamo quanto scritto dallo stesso Spazzali, e cioè che questa relazione, che sarebbe stata: "fatta pervenire a Roma da un non meglio precisato emissario del C.L.N. giuliano (…) non è mai stata resa pubblica nella sua forma integrale ma si conosce per stralci attraverso alcuni riferimenti proposti da Rocchi (1971). Lorenzini (presidente triestino del Comitato Onoranze Caduti nelle Foibe) nel 1988 chiese conferma a Chelleri. Chelleri declinò ogni personale attribuzione della relazione" (In “Foibe. Un dibattito ancora aperto”, Lega Nazionale Trieste, 1990, p. 87).

In sintesi il capitano Carlo Chelleri avrebbe dichiarato di essersi recato a Roma nell’estate del ’45 per conto del C.L.N. dell’Istria, allo scopo di cercare fondi e radiotrasmittenti (dopo la Liberazione, il C.L.N. istriano continuò la lotta clandestina contro il governo jugoslavo, cosa questa che apre tutta una serie di interrogativi di politica internazionale che però non intendiamo affrontare ora in questa sede).

[...]Spazzali scrive ancora che Rocchi fece avere a Lorenzini una fotocopia della famosa relazione, ma non sembra che abbia mai fatto vedere l’originale. Inoltre lo storico fa notare che Rocchi cita questa relazione nel suo libro del 1971 ma non in quello precedente del 1961, il che è un altro particolare di cui tenere conto.


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