78 anni fa la strage italiana di Domenikon, Grecia
 
1) 78 anni fa la strage di Domenikon,i greci chiedono giustizia (ANSA) / Trascrizione dal libro di Davide Conti "L'occupazione italiana dei Balcani" (Odradek 2008)
2) Vincenzo Sinapi: "Domenikon 1943: quando ad ammazzare sono gli italiani" (Mursia 2021)
 
 
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www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 15-02-21 - n. 779

78 anni fa la strage italiana di Domenikon, i greci chiedono giustizia

Davide Conti | L'occupazione italiana dei balcani, Odradek, 2008, pagg. 160-180
Trascrizione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

16/02/2021

(ANSA) - ROMA, 14 FEB - 78 anni fa la strage di Domenikon,i greci chiedono giustizia - Il 16 febbraio 1943 si consumò in Grecia, nel villaggio di Domenikon, uno dei peggiori eccidi compiuti dalle forze italiane di occupazione: almeno 140 civili furono trucidati come (illegittima) rappresaglia per l'uccisione, in una imboscata partigiana, di nove camicie nere: dopo 78 anni nessuno ha mai pagato per quella strage, oggetto di più inchieste, l'ultima delle quali archiviata recentemente, e i familiari delle vittime continuano a chiedere "giustizia". [segue]

* * *

III.3. Tra fallimento militare, fame e repressione territoriale: la Campagna di Grecia del Regime fascista, il supporto delle truppe tedesche e la resistenza greca

Il pesce non vive sulla terra
né i fiori nella palude
e ì greci non possono vivere
senza la libertà.(32)

Nel quadro della politica di potenza che l'Italia fascista voleva perseguire nei Balcani, dopo l'occupazione dell'Albania, iniziò la preparazione del­l'intervento militare in Grecia con lo scopo di ridurre il peso politico e l'influenza dell'Inghilterra nell'area e dare seguito al progetto di "chiusu­ra" dell'Adriatico e del Mediterraneo sotto il controllo italiano.

In Grecia il contesto politico era venuto modificandosi fin dall'agosto del 1936, quando il Re Giorgio II aveva affidato il governo del paese al genera­le Metaxas il quale, sciolta la Camera, instaurò un regime militare filo-monarchico che modificò i rapporti di politica estera della Grecia, segnando, peraltro, un sensibile avvicinamento ellenico alle forze dell'Asse. L'Italia, al fine di accrescere la tensione nei rapporti con la Grecia e destabilizzare l'in­tera regione si servì dei gruppi irredentisti dell'Albania sostenendo politica­mente le rivendicazioni territoriali di zone abitate da consistenti minoranze albanesi come ad esempio l'Epiro.

Nello stesso tempo il governo fascista si adoperò per cercare una moti­vazione pretestuosa che consentisse l'azione militare contro la Grecia sen­za dare adito ad accuse contro l'Italia per le manovre belliche intraprese nella regione balcanica.

Nella riunione del 15 ottobre 1940 tenutasi a Palazzo Venezia Mussolini, Ciano, Badoglio, Roatta, Soddu, Jacomoni e Visconti Prasca discussero proprio della strategia che l'Italia avrebbe dovuto adottare per l'invasione della Grecia. Nel verbale della riunione si legge:

[...]
Duce: Lo scopo di questa riunione è quello di definire le modalità dell'azione - nel suo carattere generale - che ho deciso di iniziare contro la Grecia [...] questa è un'a­zione che ho maturato lungamente da mesi e mesi; prima della nostra partecipazione alla guerra ed anche prima dell'inizio del conflitto [...].
Visconti Prasca: l'unica preoccupazione è costituita dall'aiuto che potrebbe essere dato all'avversario dall'aviazione inglese, giacché quella greca, per me, non esiste [... | Anche per iniziare la marcia su Atene la base di tutto è l'occupazione dell'Epiro e del porto di Prevesa [...].
Duce: Adesso un'altra cosa. Fissata la data si tratta di sapere come diamo la par­venza della fatalità di questa nostra operazione. Una giustificazione di carattere ge­nerale è che la Grecia è alleata dei nostri nemici [...] ma poi ci vuole l'incidente per il quale si possa dire che noi entriamo per mettere l'ordine. Se questo incidente lo fa­te sorgere è bene, se non lo determinate è lo stesso.
Jacomoni: lo posso fare qualcosa sulle frontiere, incidenti fra ciamurioti ed autori­tà greche.
Visconti Prasca: Abbiamo predisposto delle armi e bombe francesi per fare un fin­to attacco
Duce: [...] è per dare un po' di fumo. Tuttavia è bene se potete fare in modo che ci sia l'appiglio all'accensione della miccia.
Ciano: Quando volete che l'incidente avvenga?
Duce: Il 24
Ciano: Il 24 ci sarà l'incidente
Duce: Nessuno crederà a questa fatalità, ma per una giustificazione di carattere me­tafisico si potrà dire che era necessario venire ad una conclusione [...](33).

In osservanza di quanto stabilito nella riunione di Roma il Luogotenente generale in Albania, Jacomoni inviò al Ministero Affari Esteri un rapporto nel quale comunicava al governo italiano:

[...] provvedo a creare l'ambiente più favorevole alla nostra marcia oltre frontiera, procedo alla preparazione degli incidenti che potranno giustificare il nostro fulmineo intervento militare in Grecia: - lancio, su qualche località albanese, da parte di un ae­reo che rimarrà sconosciuto, di manifestini in lingua albanese, con i quali verrà fatto invito agli albanesi di ribellarsi agli italiani e di far causa comune con gli inglesi ed i greci; - fucilate, da parte di nostri in territorio greco, contro nostri posti di frontiera e contro pacifici albanesi in movimento nelle regioni di frontiera; - scoppio di una bomba nel nostro ufficio Luogotenenziale di Porto Edda, come risultato di un com­plotto organizzato da agenti inglesi e greci. A questi fatti che dovranno verificarsi tra il 22 ed il 24 ottobre, ed ai quali farò dare dalla stampa carattere di provocazione e grande risalto, seguiranno, nei maggiori centri albanesi, dimostrazioni contro l'Inghilterra ed il governo di Atene (34).

A seguito delle attività terroriste sostenute dallo stesso governo fascista, Mussolini spedì nelle prime ore del 28 ottobre 1940 l'ultimatum al governo di Metaxas nel quale si fece riferimento ai falsi attacchi subiti dall'Albania lungo la zona di confine che l'Italia aveva delimitato con la Grecia:

Il Governo italiano [...] deve ricordare al governo greco l'azione provocatrice svolta verso la Nazione albanese con la politica terroristica da esso adottata nei riguardi del­la popolazione della Ciamuria e con i persistenti tentativi di creare disordini oltre le sue frontiere. Anche su questi fatti il governo italiano è stato nella necessità di richia­mare il Governo greco sulle inevitabili conseguenze che tale politica avrebbe avuto nei riguardi dell'Italia. Tutto questo non può essere dall'Italia ulteriormente tollerato [...] il Governo italiano è venuto pertanto nella determinazione di chiedere al Governo greco, come garanzia della neutralità della Grecia e come garanzia di sicu­rezza per l'Italia, la facoltà di occupare con le proprie forze armate [...] alcuni punti strategici in territorio greco [...] ove le truppe italiane dovessero incontrare resisten­ze, tali resistenze saranno piegate con le armi e il governo greco si assumerebbe la re­sponsabilità delle conseguenze che ne deriverebbero (35).

Il 10 novembre, dopo solo due settimane di operazioni militari, le dif­ficoltà di avanzata italiana furono tanto evidenti che Mussolini, in una ri­unione a Palazzo Venezia, dovette ammettere:

Lo scopo di questa riunione è di fare il punto sulla situazione albanese dopo quattor­dici giorni dall'inizio delle operazioni. La prima constatazione che si deve fare è la seguente: che le cose non sono andate come si poteva pensare e come ci avevano fat­to sperare e il dirigente politico Luogotenente Generale per l'Albania Jacomoni, e il dirigente Visconti Prasca, comandante delle truppe in Albania |...] (36).

Le difficoltà operative incontrate dal Regio Esercito spinsero all'utiliz­zo massiccio dell'aviazione sia per fiaccare l'opposizione delle truppe gre­che, sia per colpire gravemente la popolazione civile, divenuta immedia­tamente un obiettivo strategico dell'azione militare italiana che puntava alla disarticolazione della vita sociale in Grecia. Mussolini affermò:

[...] in questo periodo di sosta occorre che l'aviazione faccia quello che non possono fare gli altri. Questi bombardamenti incessanti dovranno: a) dimostrare alle popolazio­ni greche che il concorso dell'aviazione inglese è insufficiente o nulla; b) disorganiz­zare la vita civile della Grecia, seminando il panico dovunque. Quindi voi dovete sce­gliere - chilometro quadrato per chilometro quadrato - la Grecia da bombardare [.. .] (37).

La campagna di Grecia, pensata dal regime come una guerra lampo, con il passare dei mesi divenne per l'Italia fascista un fronte aperto pieno di insidie e difficoltà militari tanto che le truppe del Regio Esercito non so­lo non riuscirono a piegare l'opposizione militare greca, ma subirono numerosi rovesci che costrinsero più volte alla ritirata entro i confini alba­nesi. Durante questi ripiegamenti non mancarono azioni italiane di sac­cheggio e distruzione di villaggi e persone incontrati lungo la ritirata. In proposito un comunicato greco riportato da Radio Londra riassumendo le operazioni militari dell'esercito greco informava che :

[...] sull'ala sinistra del fronte le nostre truppe, vinte la resistenza avversaria sulle ri­ve del Bistrica ed attraversato il fiume, hanno occupato Santi Quaranta, spostando le proprie linee a nord della città saccheggiata e incendiata dal nemico in fuga [...] (38).

Dal 28 ottobre 1940, alla metà di aprile, dunque, le operazioni di inva­sione della Grecia non portarono i risultati auspicati, costringendo l'Italia ad un dispendio di forze tali da far pensare ad un fallimento complessivo dell'azione bellica. Il possibile concretizzarsi di una ipotesi del genere spinse i vertici dello Stato Maggiore dell'Esercito ad avviare operazioni di bombardamento sulle zone civili con lo scopo di fiaccare il fronte interno greco.

[...] quando le nostre truppe furono costrette a retrocedere e a ripassare le frontiere, Mussolini si allarmò decisamente. Cambiò a due riprese il comandante delle truppe [...] il che sottrasse automaticamente il Comitato Locale della dipendenza dello Stato Maggiore dell'Esercito passandola a quella diretta del Duce [...] ordinò l'invio di grossi rinforzi [...] e stabilì che la nostra aeronautica, per stroncare qualsiasi velleità offensiva dell'esercito ellenico, radesse al suolo tutte le località greche di popolazio­ne superiore ai 10.000 abitanti, Atene esclusa. (39)

A sei mesi dall'inizio del conflitto l'intervento dell'esercito tedesco as­sunse, dunque, la caratteristica di elemento dirimente e decisivo ai fini del­la conclusione delle operazioni di invasione e occupazione del territorio ellenico. Il mattino del 17 aprile 1940 le prime formazioni naziste entra­rono ad Atene e la radio greca, interrotte le trasmissioni, diffuse il primo comunicato in tedesco dell'occupante:

Fuhrer!
Il 17 aprile 1941 alle 8.10 del mattino, siamo entrati, come avanguardie della Wehrmacht, in Atene ed alle 8.45 abbiamo issato la bandiera tedesca sull'Acropoli e sul Municipio. Heil Fuhrer!
Maggiore Jacobi, della 10° Divisione Brandeburg; Luogotenente Holtz, della 6° Divisione Montagna (40)

Tra il 20 e il 23 aprile le truppe dell'Asse conclusero l'azione militare, obbligando alla resa senza condizioni e alla firma dell'armistizio la Grecia. Nella triplice spartizione del territorio, alla quale prese parte an­che la Bulgaria, i tedeschi assunsero il controllo della Macedonia occi­dentale, delle isole del mar Egeo, del golfo di Salonicco e di Creta, men­tre all'Italia venne assegnata la parte della Grecia continentale, l'isola Eubea, le Sporadi, le Cicladi, il Dodecaneso e le isole Jonie che, separate dal resto della Grecia, divennero una sorta di protettorato in cui l'Italia im­pose leggi, dogane, fisco, tribunali e amministrazioni proprie.

La Bulgaria, dal canto suo, ottenne parte della Tracia, con relativo sboc­co a mare, la Macedonia orientale, fino a Stroma, e le isole Thasos e Samotracia.

Ad Atene il 30 aprile venne insediato dalle forze dell'Asse un governo di militari greci collaborazionisti presieduto dal generale Tsolakoglou e formato da alte gerarchie militari elleniche come il generale Bakos, al qua­le venne affidato il Ministero della Guerra. Gli eserciti occupanti razzia­rono tutte le risorse e le derrate alimentari presenti nei depositi e nelle sta­zioni greche e la popolazione civile venne a trovarsi priva dei mezzi di sussistenza minimi.

La disastrosa condizione sociale nella quale versò la Grecia occupata dagli eserciti nazifascisti venne illustrata da uno documento greco di pro­paganda anti-Asse:

[...] Tutte le derrate alimentari e tutte le merci dei nostri magazzini sono sparite: zuc­chero, caffè, riso, petrolio, cuoio, metalli, strumenti, medicine. Perfino gli apparecchi scientifici dei nostri laboratori. Il bestiame, gli animali da soma, cavalli, muli, buoi, montoni, capre, porci, tacchini, polli sono stati razziati. Tutti i nostri mezzi di tra­sporto, camions, automobili, macchine, motociclette, perfino i carretti amano [...] Tutti i prodotti della terra [...] si sono volatilizzati [...] gli occupanti hanno fatto man bassa anche sull'olio d'oliva, sulle olive stesse, sui vini, sull'insalata, sul pesce, sulla frutta e sul tabacco [...] (41).

La fame e la denutrizione si estesero a tutti gli strati della popolazione dando inizio alla proliferazione del mercato nero. In particolare la divisione del territorio in tre zone distintamente amministrate da Italia, Germania e Bulgaria portò in brevissimo tempo l'economia nazionale greca al collasso; il razionamento del pane scese a 100 grammi a testa al giorno, i senza casa e i disoccupati aumentarono in maniera esponenziale e ad essi si aggiunsero tutti i militari smobilitati dell'ex esercito greco che tornavano dal fronte senza più una posizione economica né un ruolo sociale.

Nell'estate del 1941 ebbero inizio le prime aperte manifestazioni con­tro gli occupanti e il 16 luglio a seguito di una protesta di alcune migliaia di cretesi, impossibilitati a ritornare sulla propria isola dal regime di oc­cupazione, le truppe tedesche arrestano e deportano nel campo di concen­tramento di Larissa più di mille persone (42).

L'inverno 1941-42 divenne un terribile stillicidio per la popolazione ci­vile.

Un dettagliato rapporto del Consiglio Superiore dell'igiene, indirizza­to al Ministero della Previdenza Sociale, relazionò sullo stato della po­polazione civile greca, individuando quali cause fondamentali di tale si­tuazione:

1) L'Occupazione; 2) La totale carenza di organizzazione dei trasporti, che impedisce l'approvvigionamento di Atene, del Pireo e delle altre grandi città (43).

Il rapporto, premettendo che le calorie minime necessarie sarebbero dovute essere circa 2.500 a persona, registrò le calorie prò capite dal luglio 1941 al febbraio 1942, evidenziando come non solo non fossero per nulla
vicine alla soglia minima di sussistenza, ma che con il proseguimento dell'occupazione sarebbero diminuite ulteriormente. Veniva infine segnalato come il tasso di mortalità fosse sette volte superiore al normale e come
quello di natalità si fosse dimezzato. Nel prospetto si legge:

450 calorie luglio 194; 412 nell'agosto 1941; 510 nel settembre 1941; 327 nell'otto­bre 1941; 183 nel novembre 1941; 410nel dicembre 1941; 355 nel gennaio 1942; 204 nel febbraio 1942. (44)

Le condizioni di miseria e fame in cui versò la popolazione greca du­rante l'inverno 1941-42 provocarono in tutto il paese centinaia di migliaia di vittime tanto che secondo un rapporto del Comitato Internazionale del­la Croce Rossa dal dicembre 1941 al marzo 1942 nella sola Atene mori­rono di fame circa 10.000 persone al mese. (45)

Non solo le organizzazioni internazionali, ma gli stessi occupanti erano perfettamente consci di come la fame e la mortalità fossero ormai un fattore allarmante e dalle vaste dimensioni in Grecia. Un rapporto tedesco, classificato come "riservato" del gennaio 1942, analizzando le condizioni economico-sociali mise in evidenza come la situazione per la popolazione civile delle città e delle campagne fosse ormai insostenibile:

[...] l'approvvigionamento della popolazione: a) il tenore di vita della popolazione greca resta [...] al di sotto dei 100 marchi a testa per anno [...] la situazione difficile che in tal modo sta delineandosi per i prossimi anni è quindi tanto più preoccupante [...] la disoccupazione è estesa [...] le condizioni di vita della popolazione greca so­no, in complesso, al di sotto del minimo necessario per l'esistenza. Ad Atene e al Pireo si hanno 200 casi di morte al giorno [...]. (46)

La carestia e la fame diffusa provocarono, da parte della popolazione greca, reazioni quasi immediate contro le truppe occupanti. Il 26 gennaio 1942 si svolse ad Atene una manifestazione di 6.000 mutilati di guerra; il 17 marzo una nuova protesta di ex combattenti e invalidi venne duramen­te repressa dai Carabinieri e dalla Feldgendarmerie; il 25 marzo, festa na­zionale per la celebrazione delle rivolte contro i turchi durante la guerra d'indipendenza, grandi manifestazioni si svolsero in tutto il paese assu­mendo carattere anti-italiano e anti-tedesco. (47)

[...] lo spirito di resistenza all'invasione italiana, privo ormai di ogni riferimento isti­tuzionale [...] si disperde in mille rivoli della resistenza spontanea, individuale o di gruppo, manifestata dalla popolazione civile all'arrivo della truppe italiane nei vil­laggi rurali e nei centri urbani del paese. Le autorità militari giudicano "indubbia­mente ostile" l'impatto con il paese occupato: particolarmente delicata si presenta la situazione dell'ordine pubblico, soprattutto per l'allarme suscitato dai sintomi di in­sorgenza sociale, dalla formazione di bande armate e dalle frequenti violazioni dei bandi militari [...]. (48)

A questa crescente opposizione popolare le truppe di occupazione del Regio Esercito risposero con una durissima repressione emettendo ordinan­ze e bandi militari molto rigidi, aumentando saccheggi, razzie e confische nei villaggi e fucilando, arrestando e deportando in campi di concentramento, a Larissa, Hadari e Atene, o al confino in Italia gli oppositori e gli antifascisti.

Nei telegrammi del Regio Esercito in merito alle deportazioni in Italia si legge:

Si informa che i dieci confinati politici delle isole Jonie possono essere accompagna­ti nel Regno e fatti tradurre nell'isola di Ponza (Littoria) [...] tenendo conto che es­sendo i campi di concentramento della Penisola del tutto saturi, per il continuo af­flusso degli internandi delle nuove province, molto difficilmente potrebbero essere accolte eventuali altre richieste del genere [...]. (49)

Dalla deportazione in luoghi di confino non erano esenti nemmeno i re­duci, i mutilati e gli invalidi di guerra che oltre a rappresentare un proble­ma sociale, con le loro proteste pubbliche, avrebbero potuto affiancare le nascenti bande armate nella cospirazione anti-invasore. In più occasioni l'Ufficio Affari Civili e le autorità militari italiane in Grecia rivolgendosi al Ministero Affari Esteri chiesero l'autorizzazione alla deportazione in Italia di inabili:

[...] pregasi sollecitare autorizzazione Direzione Generale della Polizia per trasferi­mento in luogo di confine 10 elementi inabili.
F.to Parini (50)

L'ordine pubblico divenne, per le autorità italiane, la priorità assoluta e la condizione indispensabile da raggiungere per condurre l'occupazione e lo sfruttamento della regione, per questi motivi la pressione militare e i ci­cli operativi realizzati dalle truppe del Regio Esercito e dai carabinieri, co­adiuvati da battaglioni di Camicie Nere, si fecero sempre più frequenti.

Il carattere dell'occupazione italiana in Grecia assunse tratti e caratteri­stiche metodologiche molto simili a quelle adottate in seguito dal Regio Esercito nelle zone di operazioni in Jugoslavia. I ribelli catturati durante i rastrellamenti o nei "cicli operativi" venivano fucilati sul posto, i loro fa­miliari arrestati o, se resistenti all'arresto, passati per le armi in qualità di fiancheggiatori. Gli ordini militari prevedevano inoltre lo sgombero di in­tere zone e villaggi abitati e l'incendio delle case di presunti conniventi con i ribelli:

[...] Tutti i banditi catturati dovevano essere fucilati sul posto, le famiglie dei brigan­ti arrestate e se qualcuno dei membri avesse opposto resistenza sarebbe stato passato per le armi, come i favoreggiatori. Nessun riguardo sarebbe stato usato verso autori­tà politiche ed ecclesiastiche. Oltre a queste misure, fu previsto l'incendio e la distru­zione delle case dei favoreggiatori o di interi abitati (facendo "largo impiego di mortai da 81" è specificato nel documento) e lo sgombero della popolazione. [...] Tutti i corpi d'armata dipendenti dall'11° armata adottarono i medesimi metodi. (51).

I rastrellamenti divennero così intensi che anche il personale militare inglese che operava per il servizio segreto in Grecia, il S.O.E. [Special Operation Executive], seppur guidato dalle formazioni partigiane sul ter­ritorio, trovava difficilissimo lo spostamento da una zona all'altra:

[...] il passaggio di un gruppo tanto numeroso di inglesi non può passare, d'altra par­te, inosservato. Inseguiti dagli italiani, gli uomini del S.O.E. devono tenersi nascosti di notte e viaggiare di giorno, evitando i villaggi. (52)

In Grecia di fronte all'allargamento del movimento partigiano intorno al­le formazioni dell'E.A.M. [Fronte Nazionale di Liberazione] e dell'EL.A.S. |Esercito Nazionale Popolare di Liberazione], in prevalenza composte da comunisti, le autorità italiane tentarono di costituire delle milizie filo-fasci­ste alle quali assegnare il compito della lotta antipartigiana.

L'incarico dell'organizzazione di questi gruppi venne affidato al genera­le Bakos, Ministro della Guerra nel governo collaborazionista di Tsolakoglou, ma i gruppi di miliziani delle Unioni Nazionali, delle Azioni Nazionali e dei Corpi Nazionali Rivoluzionari, non riuscirono mai a com­prendere più di qualche decina di arruolati, con le uniche eccezioni rappre­sentate dall'organizzazione "X" e dalla P.A.O. (Organizzazione Panellenica di Liberazione]. La prima sorta ad Atene dall'unione di ex ufficiali e sot­toufficiali filo-monarchici e guidata dal colonnello Grivas, si proclamò for­mazione resistente ma in realtà fu finanziata e agì esclusivamente al fianco delle truppe nazifasciste in chiave antipartigiana e specificamente antico­munista, eseguendo compiti di polizia e ordine pubblico nella città di Atene, arrestando, interrogando, torturando e uccidendo tutti i sospettati di appartenenza alle formazioni partigiane combattenti dell'EA.M.-ELA.S.

La P.A.O. dal canto suo operò nella stessa misura e funzione dell'orga­nizzazione "X", finché le forze partigiane non la distrussero definitiva­mente alla fine del 1943, con il conseguente passaggio dei componenti della P.A.O. nelle file tedesche.

L'organizzazione "X" e la P.A.O. mantennero i contatti con i servizi se­greti militari britannici, che proprio per la propensione anticomunista di questi gruppi li utilizzarono contro l'E.A.M-E.L.A.S. e il Partito comuni­sta greco durante la guerra civile successiva alla liberazione del paese:

«[...] La P.A.O. si è mantenuta per lungo tempo in contatto con il S.O.E. de II Cairo, ed è stata sostenuta attivamente da alcuni agenti britannici, e in particolare dal capitano Miller, in missione nella Macedonia orientale, tra i più fanatici avversari dell'EL.A.S. [...]». (53)

Le operazioni di normalizzazione e pacificazione del territorio su va­sta scala, dunque, continuarono ad essere eseguite direttamente dalle truppe italiane secondo le direttive preordinate dai comandi militari: «Il comando della divisione Pinerolo ordinò al presidio di Lamia di "ra­strellare a fondo la zona del Parnaso e di distruggere tutti i rifugi dei pa­stori"». (54)

In una ordinanza del 27 settembre 1942 il comandante del XXVI Corpo d'Armata, Della Bona, comandò:

[...] ogni qualvolta si incontrino individui non legittimamente armati, si faccia fuoco senz'altro e senza intimazione preventiva [...] rilevandosi aggressioni armate sgom­berare i villaggi nel raggio di 10 Km e poi distruggerli; effettuare il censimento degli abitanti dei villaggi, i maschi validi trovali in più portarli via. Indagare sui mancanti, il motivo della loro assenza. Ove manchino senza giustificato motivo arrestare la fa­miglia e sequestrare i viveri [...] non si abbia pietà alcuna per popolazione [...] (55).

Per fiaccare la resistenza armata nelle città le autorità fasciste prosegui­rono con ritmo serrato alla condanna e alla deportazione in Italia di coloro i quali erano considerati attivisti delle formazioni combattenti. I Tribunali di guerra italiani inoltre non si limitarono a comminare anni di carcere, chie­dendo e ottenendo, attraverso l'Ufficio Affari Civili, l'allontanamento dei condannati al fine di recidere ogni possibile legame di questi ultimi con la società civile greca. Le corrispondenze intercorse tra le autorità italiane nel periodo settembre-novembre 1942 confermano come quelle degli ex milita­ri dell'esercito greco, degli studenti e degli intellettuali fossero considerate le categorie più pericolose di oppositori da deportare in Italia:

[...] Caro Pietromarchi, nel corriere di oggi vedrai la proposta di smistare in Italia al­cuni dei confinati più in vista delle isole. [...] questi otto-dieci intellettuali rompisca­tole che abbiamo inviato a Paxos è bene che siano avviati in un luogo di confino in Italia [...] la situazione qui continua ad essere soddisfacente, ma bisogna ogni tanto fare sentire che non si scherza su alcuni tasti [...]
F. to Parini (56)

[...] l'estendersi del movimento comunista nei Balcani consiglia l'adozione di alcuni provvedimenti di prevenzione [...] poiché il movimento comunista ha preso un'acce­sa tinta nazionalista [...] gli elementi più fervidamente aderenti alla Grecia nazionale [sono] filo-comunisti. Per questa ragione è opportuno che quel gruppo [sia] trasferito in campo di concentramento o in un luogo di confino in Italia [...] la permanenza nel­le isolette locali [Paxos] non rappresenta quella severità di regime che è utile sia con­nessa con un provvedimento di polizia.
F.to Piero Parini (57)

[...] informo che il 5 novembre corr. sulla motonave "Città di Spezia" sono partiti per l'Italia le seguenti persone da internare per motivi politici: 1) Paleologo Costantino, col. esercito ellenico, 2) Arghiros Costantino, Maggiore; 3) Manessis Giorgio 18 an­ni; 4) Curcumeli Rodostano Pietro, anni 21; 5) Rathi Spiridione, anni 40; 6) Petrù Giorgio, anni 50; 7) Collas Daniele, anni 45; 8) Collas Teodoro, anni 40.
F.to II Capo degli Affari Civili Parini (58)

Tra settembre e ottobre del 1942 le attività dell'E.A.M.-E.L.A.S. Si in­tensificarono notevolmente e le truppe italiane, in linea con le direttive del Comando della XI Armata eseguirono vaste operazioni di rastrellamento. Una di queste venne compiuta nella zona Parnaso-Giona e si concluse con 430 persone internate in campo di concentramento e due paesi completa­mente sgomberati dalle popolazioni civili (59).

Cicli operativi di questo genere rappresentarono per l'occupante italia­no una prassi consolidata finalizzata al mantenimento dell'ordine interno nei territori e alla lotta contro il movimento partigiano; gli uomini trovati con le armi in pugno durante i rastrellamenti venivano fucilati sul posto, mentre i prigionieri deportati nei campi di concentramento erano usati per eseguire rappresaglie successive ad azioni partigiane.

Nonostante queste misure di repressione sociale e territoriale praticate dal Regio Esercito, alle azioni di sabotaggio realizzate dalle formazioni partigiane contro gli occupanti, come la distruzione del viadotto di Gorgopotamos, si affiancò una sempre maggiore partecipazione popolare alle aperte manifestazioni di protesta contro le truppe nazifasciste e con­tro le condizioni di estrema povertà in cui versava il paese.

Il 22 dicembre 1942 uno sciopero operaio organizzato ad Atene e nella zona del Pireo contro la fame e l'occupazione convogliò nelle strade della capitale greca decine di migliaia di manifestanti, tra cui anche numerosi studenti, donne e impiegati:«[...] la folla inalbera manifesti con le scritte "Vogliamo pane e minestra popolari"; "Abbasso il terrore"; "Rilasciate i detenuti» (60), le proteste sfociarono in duri scontri con i militari italiani durante i quali rimasero uccisi gli studenti Mitsos Konstantinidis e Filis Gheorghiou.

La radicalizzazione delle metodologie di mantenimento dell'ordine pubblico, da parte italiana, non riuscirono né a smantellare la rete e gli or­ganismi della resistenza greca né a creare, con il terrore, un ordine interno pacificato. Il 24 febbraio 1943 una grande manifestazione popolare ad Atene contro il lavoro forzato pianificato dalle autorità dell'Asse si dires­se verso la sede del governo collaborazionista greco distruggendone i lo­cali. La folla, muovendosi verso la sede del Ministero del lavoro entrò a contatto con le compagnie di carabinieri poste a presidio dell'edificio e i militari italiani fecero fuoco sui manifestanti provocando la morte di de­cine di persone. Sulle vicende di quella giornata il dirigente della resi­stenza greca André Kedròs riferì:

Il Ministero del lavoro è presidiato da due compagnie di carabinieri, rinforzate con una sezione di carri leggeri e con alcune altre unità dotate di armi automatiche (...) i carabinieri tirano in aria raffiche di intimidazione [...] lentamente la canne dei fucili e delle armi automatiche si abbassano: la truppa tira sulla folla |...] dalle finestre e dai terrazzi i carabinieri continuano a sparare [...] la croce Rossa è ormai sul posto con le sue ambulanze e trasporta i feriti all'ospedale Evanghelismos [...] si lamentano un gran numero di morti, 59 feriti gravi e centinaia di feriti leggeri [...]. (61).

Eventi come le aperte manifestazioni popolari anti-Asse posero alle au­torità fasciste non soltanto il problema della repressione del movimento resistenziale attraverso i cicli operativi militari ma anche quello della pa­cificazione interna delle masse di civili.

In questo quadro per raggiungere queste finalità vennero presi provve­dimenti sempre più restrittivi nei confronti della popolazione come i ra­strellamenti di viveri dalle campagne, gli arresti e le deportazioni di pre­sunti conniventi con i partigiani, la distruzione e l'incendio dei centri abi­tati, nonché le azioni di rappresaglia.

L'affermarsi di questa metodologia di "normalizzazione" del territorio volgendo ad una progressiva cancellazione delle differenze tra partigiani e popolazione civile, spinse le autorità italiane ad applicare una strategia operativa di "associazione per la separazione", secondo la quale coinvolgendo la popolazione nel quadro delle misure generali di repressione, si sarebbe ottenuto di separare con la politica del terrore i gruppi armati clan­destini dal corpo sociale e civile greco:

[...] Fonti militari relative al primo anno di occupazione (1941-1942) attestano come le esecuzioni esemplari, le fucilazioni sul posto dei presunti ribelli, la distruzione dei villaggi diventino pratiche ricorrenti nella cornice di un'azione repressiva volta a fa­re terra bruciata intorno al brigantaggio rurale e a privare le bande armate di ogni sup­porto logistico nelle campagne. [...] In una strategia repressiva che va gradualmente definendosi [...] vengono elaborate le premesse concettuali per il coinvolgimento di­retto della popolazione civile nelle azioni di rappresaglia [...] il massacro di civili ver­rà adottato su larga scala in funzione antipartigiana. (62)

Nella logica militare di associazione civili-partigiani, inserita nel qua­dro del controllo dell'ordine interno, proseguirono e si intensificarono le deportazioni di civili sia nei campi di concentramento presenti in Grecia, sia nei luoghi di confino in Italia:

[...] Pregasi voler avvertire di urgenza Ministero dell'Interno che sabato 20 corrente giungeranno a Brindisi via aerea 4 confinati politici isole Jonie destinati isola di Ponza. Carabinieri Reali Corfù provvederanno alla scorta [...]
F.to Parini (63)

Le azioni di rappresaglia in Grecia, come nel resto dei territori occupa­ti dal Regio Esercito nei Balcani, assunsero un carattere "discrezionale", in quanto non vi furono procedure e ordinanze definite e precise, tanto che si poteva passare dalle indicazioni di un rapporto di 1 a 10 alla proporzio­ne di 50 esecuzioni per un attacco partigiano a linee di comunicazione; dalla distruzione e incendio di interi villaggi alla deportazione di massa della popolazione; dalla fucilazione sul posto dei sospetti al bombarda­mento di interi abitati e obiettivi civili.

Nei comunicati e nei bollettini di informazione interna delle formazio­ni partigiane greche, vennero riassunte molte delle operazioni militari di rappresaglia italiana contro i civili e i loro abitati. In alcune relazioni del febbraio 1943 si legge:

Comunicato n. 5
Il 16 febbraio 1943, le bande partigiane di Agrafiotis e Baldoumis, del gruppo di Oxias, informate che una formazione di 200 italiani si sta dirigendo a piedi ad Elassona, e che passerà la notte a Mylogousta, le tendono un'imboscata vicino a Domenikon. Il giorno successivo esse hanno dovuto affrontare non la fanteria, ma 150 italiani trasportati sui camions. Durante lo scontro seguitone gli italiani hanno avuto più di 30 morti e altrettanti feriti [...] In rappresaglia i fascisti italiani hanno manda­to alcuni aerei a bombardare Domenikon con bombe incendiarie. Inoltre hanno ucci­so in maniera disumana, alcuni uomini di età tra i 15 ed i 24 anni, abitanti di Domenikon e dei villaggi vicini. Un andartes [...] si è trovato d'un tratto alla svolta della strada di Zagora di fronte ad una pattuglia italiana composta da 14 uomini: ha aperto il fuoco, uccidendo il sergente e disperdendo la pattuglia stessa. Come rappre­saglia gli italiani hanno arrestato 310 abitanti di Zagora e ne hanno uccisi 5.
Alla sede del Quartier Generale: 26 febbraio 1943 (64).

Nel solo villaggio di Domenikon tra fucilati sul posto e vittime di rap­presaglia, eseguita dopo la morte del sergente italiano, si contarono oltre 120 persone uccise dal Regio Esercito, a cui si aggiunsero le 10 vittime causate nei pressi di Milogousta come rappresaglia per l'attacco partigia­no del 16 febbraio.

Le cifre fornite, probabilmente in difetto rispetto alle effettive propor­zioni delle rappresaglie, dal rapporto del Comando del III Corpo d'Armata riguardo al ciclo operativo realizzato nel febbraio 1943 e coordinato dal Maggiore Antonio Valli, relazionavano di 152 persone uccise con l'accu­sa di essere membri o favoreggiatori delle formazioni partigiane, inoltre figuravano 107 persone passate per le armi per rappresaglia e 113 interna­menti di civili.

A queste cifre andava aggiunto il numero imprecisato, sempre secondo il rapporto del comando militare, dei morti causati dai bombardamenti ae­rei dell'aviazione italiana (65).

Lo stesso Antonio Valli, inoltre, il 12 febbraio aveva diretto l'operazio­ne di repressione della cittadina di Tsaritani, che, cinta d'assedio dalle truppe italiane, subì la distruzione degli abitati e la fucilazione in piazza, con successiva esposizione pubblica dei corpi di 40 suoi abitanti.

Le formazioni della resistenza comunicarono, con nota del 26 febbraio, che ulteriori rappresaglie avevano avuto luogo in diverse altre zone della Grecia :

Comunicato n. 6
[...] un'altra unità ha catturato alcuni ufficiali e tecnici tedeschi dell'organizzazione Todt, che stava viaggiando su camions militari. L'Aviazione italiana bombarda inces­santemente i villaggi di Ostrovo e di Velemisti, sull'altura di Hassia, senza però cau­sare vittime
Alla sede del Quartier Generale: 26 febbraio 1943 (66)

I bandi pubblicati dalle autorità militari italiane, come detto, non di ra­do divergevano sulle proporzioni delle rappresaglie; a Grevenà, ad esem­pio, dopo un ciclo operativo concluso con molte vittime civili, nel perio­do dell'ottobre 1942 le autorità militari comunicarono alla popolazione che: «per ogni soldato morto o ferito sarebbero stati passati per le armi mi­nimo 10 ostaggi». (67)

Diversamente l'ordine del Comandante della Divisione "Pinerolo", Cesare Benelli, del giugno 1943, avvertiva:

[...] se dovessero verificarsi atti di sabotaggio alla linea ferroviaria Larissa-Volo o at­tacchi contro treni lungo la medesima ferrovia, saranno fucilati i seguenti 50 cittadi­ni greci detenuti nel campo di concentramento |...]. (68)

Tra il 16 e il 23 febbraio 1943, a seguito di scontri tra partigiani e oc­cupanti, il Regio Esercito incendiò, distruggendolo completamente, il villaggio di Menadi, nella zona di Arta e altri scontri molto duri si erano già verificati tra l'8 e il 10 febbraio, quando le truppe italiane avevano subito gravi perdite e una dura sconfitta che le aveva obbligate alla riti­rata:

Il 10 febbraio 1943, 256 italiani hanno assalito, partendo da Kalambaka, il villaggio di Oxincia, saccheggiando ed usando violenza contro molte donne.

Le bande dell'E.L.A.S. "Tzavellas" e "Hassiotis", venute a conoscenza di questo fat­to, sono accorse sul luogo ed hanno preparato un'imboscata nella quale, il giorno se­guente, gli Italiani, ritornando alla base carichi di bottino, sono caduti. La mischia si è trasformata presto in una vera e propria battaglia durata dalle ore 15 dell'11 febbraio alle ore 10 del giorno successivo, e conclusasi con l'annientamento del nemico. (69)

Il Regio Esercito si avvalse per la lotta antipartigiana di miliziani col­laborazionisti rumeni che costituirono la Legione Valacca coordinata nel­la sua azione dai comandi dei carabinieri italiani, che si rese protagonista di numerose azioni di repressione di civili all'interno della logica dei cicli operativi.

Le deportazioni per motivi politici pur proseguendo a ritmo serrato non riuscirono ad infliggere colpi risolutivi alla resistenza greca e nelle città più grandi come Atene i gruppi clandestini riuscirono non solo a.compie­re azioni di sabotaggio ma anche a coinvolgere la popolazione civile nel­la lotta all'occupante. Tra i deportati figuravano anche molti militari dell'ex-esercito greco che, in quanto tali, avrebbero potuto supportare dal punto di vista militare le brigate partigiane formatesi nelle città:

[...] In data 10 corrente sono stati avviati nel Regno in aereo, via Brindisi, ad un cam­po di concentramento nella provincia di Matera 14 sudditi greci [...] i predetti sono gli esponenti di quella classe intellettuale che si dimostra sempre più ostile all'Italia t...] un piccolo gruppo di altri esponenti dei medesimi ceti sarà successivamente av­viato nel regno in campo di concentramento a mezzo di piroscafo nazionale [...]
F.to Parini

Elenco internati a Pisticci (Matera):1) Gulis Teodoro, generale; 2) Ceconotzi Alessandro, generale; 3) Chitiris Stamatio, generale; 4) Costandis Gerossimo, colon­nello esercito; 5) Agatos Eftatio, ten. col; 6) Mucas Cristadulos, commerciante; 7) Mucas Fotio, commerciante; 8) Mucas Spiridione, commerciante; 9) Capsalis Sotizio, tenente esercitolo) Russi Tememaco, impiegato municipale; 11) Zevos Costantino, ingeniere; 12) Stini Achille, farmacista; 13) Marcidis Giovanni, studente; 14) Cacoseos Giovanni, insegnante a Tebe. (70)

Alla mobilitazione e partecipazione diffusa dei greci alla resistenza, o ad ogni modo al vasto sostegno di cui i partigiani goderono, concorse sen­za dubbio la condizione disperata dal punto di vista sociale e alimentare in cui l'intero paese continuò a versare dall'inizio alla fine dell'occupazione nazifascista della penisola ellenica.

La drammatica condizione dei civili venne più volte evidenziata non solo dalla Croce Rossa Internazionale ma anche dalle stesse autorità ita­liane del posto, tant'è che in una nota spedita dalla direzione dell'ospeda­le di cefalonia "Evanghelismos" il governo italiano venne invitato ad in­viare viveri per far fronte alla drammatica carenza di mezzi di sussistenza della popolazione:

Si trasmette un'istanza diretta del dottor J.S. Patrikos, capo del servizio neurologico del locale ospedale Evanghelismos, con cui sollecita l'invio di viveri per l'isola di Cefalonia.
Il Comm. Arno [...] ha fatto presente che questa non è l'unica testimonianza che è giunta sulle condizioni difficilissime in cui si trova la popolazione di quell'isola dal punto di vista alimentare [...]: «Monsieur le Dèlèguè General [...] nous apprenons que un état de famine esiste en Céphalonie et que des cas de mort et oedèmes de la famine y sont règulièrement signalès. Puisque la distribution de vivres faite par la Croix Rouge International n'est pas étendue aux iles Ioniennes et par à part le mesures que la Croix Rouge Italienne croira eventuellement devoir prendre en faveur de cette population, il faut que nous occupions nous-mèmes du salut de nos familles [...]». [71]

La richiesta presentata dall'ospedale di Cefalonia non rappresentò un'i­stanza isolata, infatti l'Ufficio Affari Civili e lo stesso Ministero degli Affari Esteri segnalarono più volte, con proprie missive, la grave crisi ali­mentare, sollecitando il governo di Roma ad intervenire con approvvigio­namenti, spedizioni di viveri e generi di prima necessità per poter far fron­te all'emergenza in Grecia e nelle isole:

[...] L'Ufficio Affari Civili delle isole Jonie, nel prospettare la critica situazione ali­mentare venutasi a creare in quelle isole [...] ha segnalato l'urgente necessità di prov­vedere all'immediato invio dall'Italia dei viveri assegnati per il mese di luglio e per il mese in corso, la cui spedizione non è stata fino ad oggi effettuata [...] si segnala che la situazione riveste la massima importanza [...]
F.to Rosso (72)

Nonostante le reiterate richieste e segnalazioni fatte da organismi inter­nazionali e dalla stessa amministrazione italiana i viveri continuarono a non essere inviati tanto da arrivare, a causa della sospensione delle forni­ture, al blocco totale della produzione di pane e generi di prima necessità. Il 21 agosto il Comando Supremo comunicò al Ministero Affari Esteri che:

[...] causa mancato arrivo derrate mesi di giugno et luglio disponibilità farina per le popolazioni isole Jonie termina oggi 21 corrente. Per consentire panificazione alme­no per centri urbani chiede cessione di [...] milleottocento sacchi di farina [...]
Capo II Reparto Generale Palma (73)

[...] Faccio nuovamente presente che, mentre nelle isole minori da alcuni giorni è già cessata la distribuzione del pane alla popolazione civile per il mancato arrivo dei vi­veri dell'ultima decade di giugno, del mese di luglio e del mese di agosto, anche a Corfù città si dovrà sospendere la distribuzione del pane col 1° settembre [...]
F. to Parini (74)

La condizione della popolazione civile già da molti mesi era andata configurandosi come insostenibile a causa della completa disarticolazione economica e sociale cui la Grecia era stata sottoposta dall'occupazione delle truppe dell'Asse.

La condotta delle autorità militari condannò la popolazione civile alla morte per denutrizione, poiché esse allineandosi all'indirizzo politico di Roma, si limitarono a comunicare al governo centrale l'evolversi della situazione sul territorio greco senza intervenire in nessun modo.

Le autorità non solo non operarono per modificare le condizioni dei ci­vili ma anzi in alcuni casi, come quello del Comando Supremo, si oppo­sero esplicitamente all'invio di carichi alimentari da destinare alle regioni occupate:

[...] Avuta comunicazione che Comando Supremo non ha autorizzato imbarco di fa­rina per fabbisogno civili isole Jonie su "Città di Spezia" [...] popolazione di Corfù città resterà pertanto senza pane a partire dal 1° settembre [...] centri cittadini di altre isole sono già senza pane dal 21 corrente [...]
F. to Parini (75)

La condizione di fame in cui versò la popolazione civile, i metodi re­pressivi adottati per controllare l'ordine pubblico, rastrellamenti, deporta­zioni, carcerazioni, esecuzioni sommarie, razzie e saccheggi, e lo sfrutta­mento di tutte le risorse agricole e minerarie del paese rappresentarono i principali elementi che concorsero ad allargare la base di consenso e l'a­desione popolare al movimento partigiano.

La situazione di crescente incidenza e allargamento del movimento par­tigiano venne sottolineata da un rapporto del generale Geloso, inviato dal comando Super-Grecia al Comando Supremo dell'aprile 1943 nel quale si legge:

Situazione interna Grecia sempre più critica per estendersi movimento comunista nel­la capitale et nelle province con larga adesione statale et corpi gendarmeria et polizia [...] sempre più urgente [...] costituzione forte governo che [...] affianchi decisa­mente azioni forze armate di occupazione oggi preminentemente diretta at repressio­ne dilagante attività ribelli [...1 urge, ripeto urge che sia evitato determinarsi insurre­zione generale cui minaccia oggi incombe su paese [...]. (76)

Le attività dell'EA.M.-EL.A.S divennero sempre più intense e meno controllabili dall'esercito italiano e questa condizione si verificò sia nelle grandi città sia nelle campagne.

I sabotaggi e le imboscate contro gli occupanti arrecarono ingenti dan­ni non solo alle divisioni militari, ma anche all'economia delle Forze dell'Asse tanto da obbligare, nella primavera del 1943, le truppe del Regio Esercito e quelle della Wehrmacht a lanciare una vasta offensiva antipar­tigiana tra il 20 maggio, data in cui scadeva il termine di amnistia conces­so dal governo collaborazionista greco ai partigiani, per consegnarsi alle autorità fasciste, e il 26 giugno che investì tutte le zone della regione con­trollate dalle forze della resistenza.

II ciclo operativo italiano prese il via il 21 maggio dalla zona del Parnaso dove il 26 sui monti Ghiona le truppe italiane, attaccate dai gruppi di andartes (partigiani), subirono gravi perdite.

Tre giorni dopo i militari italiani cinsero d'assedio la città di Atalanta catturando e fucilando sul posto 10 dirigenti dell'E.A.M. tra i quali il ma­tematico Mimis Hassiotis.

Il 25 maggio una dettagliata relazione illustrò al Ministero degli Affari Esteri italiano la portata di alcune azioni eseguite all'interno del ciclo ope­rativo in varie zone della Grecia:

[...] Da fonte confidenziale si apprende che il quartier generale del noto Napoleone Zervas si trova tuttora nella regione del Vulgarellion dove già da precedente segnala­zione risultavano trovarsi gli organi dirigenti più importanti del movimento insurre­zionale in Grecia. A seguilo di tale segnalazione il nostro comando disponeva il bom­bardamento aereo della predetta borgata che risultava aver causato 46 morti e 87 fe­riti; 200 case su 300 risultano essere distrutte.
Operazioni di rastrellamento: 1) A seguito di azioni compiute dai ribelli contro nostri reparti nei pressi di Astakos le nostre truppe hanno dato alle fiamme 4 villaggi e fu­cilato 11 individui sospetti [...]; 2) Nel Peloponneso settentrionale hanno avuto luo­go varie operazioni di rastrellamento [...] nel corso delle predette operazioni è stalo incendiato il villaggio di Arakova; 3) Nel corso di un'altra operazione di rastrella­mento nel Peloponneso, nelle vicinanze di Patrasso è stato incendiato l'abitato di Paraskevi e sono state arrestate 10 persone sospette [.,.]
F.to Berio (78)

Tra il 1° e il 2 giugno le formazioni dell'E.L.A.S. realizzano un attac­co contro le forze italiane facendo esplodere il tunnel di Kournovo, nei pressi di Domokos, durante il passaggio di un convoglio militare italiano e provocando centinaia di perdite, 600 uomini circa, nelle file italiane. Il 3 giugno, proseguendo il ciclo operativo nella regione, tre battaglioni ita­liani colpirono la città di Gravia dirigendosi verso Kastela, nella Lokrida, dove sostennero duri scontri armati con le formazioni dell'E.L.A.S. che ri­uscirono ad infliggere grosse perdite al contingente italiano. Il 6 giugno in rappresaglia per l'attacco di Kournovo i carabinieri prelevarono dal cam­po di concentramento di Larissa 106 prigionieri greci, quasi tutti politici, arrestati in quanto appartenenti all'E.A.M. o partecipanti alle manifesta­zioni pubbliche anti-Asse svoltesi dal 1941. Tutti i deportati vennero fuci­lati dai plotoni d'esecuzione italiani di carabinieri e soldati su ordine, se­condo le relazioni delle Nazioni Unite sui criminali di guerra, del genera­le Carlo Vecchiarelli (79).

Nella Tessaglia l'8 giugno, all'altezza della Porta Mouzaki, e il 26 nel­la zona dei villaggi di Phtiotide, si verificarono altri scontri armati che vi­dero il prevalere della resistenza greca con gravi perdite tra le truppe italiane.

Le operazioni di consolidamento dell'ordine fascista nella regione, as­sunto come elemento prioritario in relazione all'attività del movimento partigiano e alla condizione di tensione sociale tra occupanti e popolazio­ne civile, proseguirono su ampia scala territoriale nelle zone della peniso­la ellenica in cui più forte era la presenza della resistenza.

[...] Nel 1943, alla migliore organizzazione ed efficienza dei movimenti partigiani, il Regio Esercito rispose con rappresaglie e rastrellamenti immediati nelle zone ove era accertala la presenza di bande, con la "distruzione di tutti i centri d'appoggio e delle basi logistiche, onde togliere alle bande la possibilità di rifornimenti e di vita" e con "severe misure di repressione contro i villaggi che, con aperto favoreggiamento e con passiva indifferenza, hanno agevolato l'opera dei ribelli. (80)

I rapporti militari italiani inviati a Roma nel mese di giugno conferma­no questa modalità operativa dell'Esercito italiano nelle zone "ribelli" del­la Grecia:

[...] Operazioni di rastrellamento: i nostri reparti hanno effettuato con buon esito ope­razioni di rastrellamento in Beozia, nella provincia di Castoria e nel Peloponneso. Bombardamenti aerei e azioni di rastrellamento sono stati effettuati nei dintorni di Janina [...]. (81)

Il sostanziale fallimento politico e militare del ciclo operativo del mag­gio-giugno 1943 non dissuase le autorità italiane dal proseguire con la po­litica del terrore nelle regioni poste sotto la propria giurisdizione. Infatti tra la metà di giugno e la prima decade di luglio 1943 i rapporti inviati a Roma riguardanti le attività militari svolte dal Regio Esercito riferiscono di continui rastrellamenti, di villaggi incendiati e di centinaia di morti tra i civili durante le operazioni:

Nostri reparti hanno effettuato un'importante azione di rastrellamento nei monti in­torno a Amficlia, in Beozia [...] le autorità militari di Janina hanno disposto diverse azioni di rastrellamento intorno alla città [...] in una nuova azione di rastrellamento tra Argos-Orestikon e Neapolis, provincia di Castoria, nostri reparti entravano in con­flitto con una forte banda di ribelli [...] i ribelli venivano dispersi, diversi villaggi ra­si al suolo. [...] nel Peloponneso le nostre autorità militari eseguivano con successo un'azione per ripulire la zona di Meligalà, a nord di Calamata. [...] Nostre truppe del­la forza di 2 battaglioni hanno rastrellato i monti a sud di Lamia.
F.to Berio. 
(82)

Un'importante azione di rastrellamento è in corso da diversi giorni nella Tessaglia cen­trale e precisamente in tutta la zona circostante la città di Carditza; vi partecipano da parte nostra 2 reggimenti di cavalleria e 3 battaglioni di fanteria. Durante tale azione hanno avuto luogo successivi violenti scontri con i ribelli; numerosi abitati sono stati "normalizzati" [...] le perdite ribelli ammontano a 123 morti accertati ed a un centi­naio probabili [...] hanno avuto luogo diverse altre operazioni di rastrellamento nella Tessaglia centrale ed orientale; nostri reparti hanno percorso quasi tutta la regione [...]
F.to Berio, F.to Russo
 (83)

III.4. La resistenza greca come guerra popolare, la repressione italo-tedesca come politica del terrore.

L'attività delle formazioni combattenti greche costituì per le truppe e le autorità dell'Asse un fronte militare sempre aperto e molto impegnativo. La resistenza greca costrinse Regio Esercito e Wehrmacht all'impiego di numerose divisioni obbligando le truppe dell'Asse a far rientrare e con­vergere sul fronte interno greco molti loro soldati impegnati al fronte con­tro gli alleati.

[...]

Note:

32) Antica canzone greca delle bande dei Clephtes (Clefti) e degli Armatoles (Armatoli) che Iniziarono la lotta di indipendenza dall'impero ottomano.

33) Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito, documenti del Tomo II "La Campagna di Grecia" a cura del generale Montanari, verbale della riunione del 15 ottobre 1940 tenuta a Roma, documento n. 52, pp. 159-163

34) Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito, documenti del Tomo II "La Campagna di Grecia" a cura del generale Montanari, Promemoria segreto stilato dal luogotenente in Albania Jacomoni per il sottosegretario di Stato per gli affari Albanesi Benini, il 19 Ottobre 1940, documento n. 62, p. 178.

35) USSME, "La Campagna di Grecia", nota del Governo italiano al governo greco presen­tala dal Regio Ministro Grazzi al Presidente del consiglio ellenico alle ore 3 antimeridiane del 28 ottobre 1940, documento n. 65, pp. 184-185.

36) USSME, "La Campagna di Grecia", verbale della riunione tenuta a Palazzo Venezia il 10 novembre 1940, documento n. 99, p. 310.

37) Ibidem, p. 314.

38) USSME, "La Campagna di Grecia", Comando Supremo Stato Maggiore Generale Ufficio Informazioni, bollettino di notizie di Fonte Estera sull'Italia e la Germania dell'8 dicembre 1940, documento n. 177, p. 537.

39) M. Roatta, Otto milioni di baionette, Milano, Mondatori, 1946, p. 132.
40) A. Kedros, Storia della Resistenza greca, Padova, Marsilio, 1967, p. 75.

41) D. Glinos, Che cos'è e cosa vuole l'EAM., Archivi Storici della Resistenza Nazionale, quaderni n. 1, già pubblicato in A. Kedròs, op. cit., p. 84.

42) A. Kedròs, op. cit., p. 85.

41) D. Gatopoulos, Il martirio della città di Atene, in Archivi Storici della Resistenza Nazionale, quaderni n. 7-8, già pubblicato in A. Kedròs, op. cit., p. 85.

44)  Ibidem, p. 86.

45)   Statistiche del Comitè International de la Croix Rouge, "Ravitaillement de la Grece pendant l'occupation 1941-1944", Ginevra 1948, in B. Mantelli, Gli italiani nei Balcani 1941-43: occupazione militare, politiche persecutorie e crimini dì guerra, «Qualestoria», n.l a. XXX, giugno 2002. .

46) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-1943, busta n. 1.AP21 serie V Grecia, Ufficio Armistizio-Pace, rapporto te­desco del 20 gennaio 1942.

47) A. Kedròs, op. cit., pp.124-124.

48) L. Santarelli, Invasione italiana e popolazione civile nella Grecia occupata (primavera-estate 1941), in «Qualestoria», n.l, XXX, giugno 2002.

49)   Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-1943, busta n. 4, AP24 serie V Grecia,Telespresso del Ministero Affari Esteri all'Ufficio Affari Civili isole Jonie, n. 15774 del 7 ottobre 1942.

50) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-1943, busta n. 4, AP 24 serie V Grecia, Telegramma del 9 ottobre 1942 n.32132.

51) D. Rodogno, La repressione dei territori occupati dall'Italia fascista tra il 1940 ed il
1943, in «Qualestoria», n.l, XXX, giugno 2002, USSME, Diario storico.

52) A. Kedròs, Storia della Resistenza greca, Padova, Marsilio, 1967, pp. 177-178.

53) Ibidem, p 213, nota 9.

54) D. Rodogno, La repressione dei territori occupati dall'Italia fascista tra il 1940 ed il 1943, in «Qualestoria», n.1, a. XXX giugno 2002, USSME, Diario storico.

55) Ivi.

56) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e Segreteria Generale 1923-1943, busta n. 4, AP 24, serie V Grecia, Telegramma dell'Ufficio Affari Civili isole Jonie al Ministro degli affari esteri Luca Pietromarchi il 16 settembre 1942, n. 13706.

57) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto Armistizio-Pace 1923-1943, AP 24 Grecia, Telespresso del 15 settembre 1942, n. 13660 dell'Ufficio Affari civili isole Jonie al Ministero Affari Esteri.

58) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-1943, busta n. 4 , AP 24 serie V Grecia, Telespresso dell'Ufficio Affari Civili delle isole Jonie, poi. 6, n. 16858 del 7 novembre 1942

59) Dati statistici tratti da D. Rodogno, cit., «Qualestoria», XXX, n.1 giugno 2002.

60) A. Kedròs, op. cit., p. 201.

61) A. Kedròs, op. cit., p. 207.

62) L. Santarelli, Invasione italiana e popolazione civile nella Grecia occupata (primavera-estate 1941) in «Qualestoria», n.l, a. XXX, giugno 2002.

63) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4 , AP 24 serie V Grecia, tel. n. 4737 PR, 14 febbraio 1943, Uff. Affari Civili isole Jonie al Min. degli Esteri.

64) Archivi Storici della Resistenza Nazionale, in A. Kedròs, op. cit., p. 236, nota 9.

65) D. Rodogno, // nuovo ordine mediterraneo, cit., p. 413. USSME, Diari Storici.

66) Archivi Storici della Resistenza Nazionale, in A. Kedròs, op. cit., p. 236, nota 9.

67) D. Rodogno, cit., p 412

68) Ibidem., p. 414.

69) A. Kedròs, op. cit., p. 240, Comunicato n.l del Comando dell'E.L.A.S. della Tessaglia.

70) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4 ,AP 24 serie V Grecia, Telegramma n. 07899, 11 giugno 1943, Uff. Affari Civili isole Jonie al Min. degli Esteri.

71) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4 , AP 24 serie V Grecia n. protocollo 1098, 3 marzo 1943.

72) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4, AP 24 serie V Grecia, Telegramma n. 25598 del 18 agosto 1943 del Min. Aff. Esteri, Gabinetto Grecia al Ministero Comunicazioni Direzione Generale Marina Mercantile.

73) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4 , AP 24 serie V Grecia, Comando Supremo Ufficio Servizi 2° sezione reparto secondo n. 12794/sv. 21 agosto 1943.

74) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4 , AP 24 serie V Grecia, Telespresso n. 10871 del 25 agosto 1943, Ufficio affari Civili isole Jonie al Min. Esteri.

75) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4, AP 24 serie V Grecia, Telegramma dell'Ufficio Affari Civili isole Jonie del 25 agosto 1943 al Ministero Affari Esteri, Gabinetto Grecia n. 5842R.

76) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4, AP 24 serie V Grecia, messaggio del generale Geloso al Comando Supremo, I aprile 1943, n. prot. 044717/AC.

77) A. Kedròs, op. cit., p. 272.

78) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4 , AP 24 serie V Grecia, Telespresso segreto n. 03211 della regia rappresentanza in Atene al Ministero Affari esteri Gabinetto AP Grecia, 25 maggio 1943.

79) A. Kedròs, op. cit., p. 275.

80) D. Rodogno, «Qualestoria» n. 1, a. XXX, giugno 2002, cit., USSME, Diario Storico.

81) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4, AP 24 serie V Grecia, Appunto del Gabinetto AP Grecia del 21 giugno 1943 (tratto dalla relazione della Regia Rappresentanza in Atene) per il sottose­gretario agli esteri riguardo al periodo 4-14 giugno 1943.

82) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4, AP 24 serie V Grecia, Telespressso n. 03718 del 25 giugno del Ministero esteri Gab. Grecia, per le Ambasciate e le delegazioni italiane nei Balcani, riportante la relazione della Regia Rappresentanza in Atene del 14 giugno 1943.

83) Archivio Storico Diplomatico Ministero Esteri, Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 1923-43, busta n. 4, AP 24 serie V Grecia, Telespressso n. 04060, relazione della Regia Rappresentanza ad Atene del 25 giugno 1943 inviata dal Ministero Affari Esteri il 12 luglio alle Ambasciate e Delegazioni italiane nei Balcani.
 
 
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Domenikon 1943: quando ad ammazzare sono gli italiani
 
• 20 febbraio 2021
di Redazione
 

«Questi soldati non sono venuti da soli, li ha mandati lo Stato italiano. Dei loro crimini vi erano le evidenze negli archivi e l’Italia avrebbe dovuto indagare come debito nei confronti della sua storia e del suo popolo che ha sofferto del fascismo e del nazismo.»

Il 16 febbraio 1943 tutti gli «uomini validi» di Domenikon, piccolo villaggio della Tessaglia, in Grecia, furono uccisi come (illegittima) reazione a un’imboscata partigiana in cui morirono nove camicie nere. Fu una delle peggiori stragi compiute dai militari italiani nei Balcani. Per i morti di Domenikon nessuno ha mai pagato. È un caso clamoroso di giustizia negata che, come spiega Vincenzo Sinapi anche attraverso documenti inediti, è inconfessabilmente legato a quello dell’impunità assicurata ai criminali di guerra nazisti responsabili delle stragi commesse in Italia.

Nel giugno 2018, su richiesta del pm, il gip militare ha archiviato anche la terza inchiesta sull’eccidio perché i responsabili sono tutti morti, ormai, o rimasti «ignoti». Un nulla di fatto giudiziario di cui il procuratore militare Marco De Paolis ha chiesto irritualmente scusa ai familiari delle vittime con una lettera riportata nel libro.

Una storia che nessuno ha finora mai raccontato e che aiuta ad aprire gli occhi su una pagina buia, e ancora poco esplorata, della storia del nostro Paese.

 

La recensione dell’ANSA 

Il 16 febbraio 1943 si consumò un Grecia, nel villaggio di Domenikon, uno dei peggiori eccidi compiuti dalle forze italiane di occupazione: almeno 140 civili furono trucidati come (illegittima) rappresaglia per l’uccisione, in una imboscata partigiana, di nove camicie nere: dopo 78 anni nessuno ha mai pagato per quella strage, oggetto di più inchieste, l’ultima delle quali archiviata recentemente, e i familiari delle vittime continuano a chiedere “giustizia”.
“Queste persone non sono venute da sole, né in Grecia né nel mio villaggio.

Le ha mandate lo Stato italiano ed erano rappresentanti dello Stato italiano”, ha scritto – parlando dei soldati che hanno compiuto la strage – Stathis Psomiadis, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime di Domenikon, in una lettera al magistrato Marco De Paolis che, nonostante le indagini condotte, fu costretto a chiedere l’archiviazione perché tutti i possibili imputati erano ormai morti. E per questo chiese scusa. Psomiadis, pur ringraziando per l’impegno profuso, ha lamentato che l’Italia non ha mai assunto alcuna iniziativa per risarcire le vittime del massacro.

Più in generale – come sottolineano gli storici Filippo Focardi e Lutz Klinkhammer nella prefazione al libro “Domenikon 1943. Quando ad ammazzare sono gli italiani” (Mursia), del giornalista Vincenzo Sinapi – fin dal dopoguerra è stata stesa una coltre di silenzio sui crimini compiuti dall’esercito fascista nei territori occupati, dove vennero fatte “migliaia di vittime innocenti per le quali non c’è mai stata giustizia”.

A differenza di quanto avvenuto in Francia e nella stessa Germania, in Italia “un pubblico esame di coscienza sulle proprie responsabilità (…) è stato finora frenato da vari fattori, fra cui interessi politici e istituzionali restii a riconoscere le malefatte del Paese, non ultimo per scongiurare eventuali richieste di indennizzi da parte dei familiari delle vittime dei crimini italiani”. Resta questa una “pagina rimossa della storia del nostro Paese”, con la quale però “l’opinione pubblica dovrebbe finalmente confrontarsi”.

Vincenzo Sinapi (Spoleto, 1963) vive a Roma. È caporedattore aggiunto alle Cronache italiane dell’agenzia ANSA. Dopo essersi occupato per un decennio di inchieste giudiziarie e grandi processi, dal 1998 ha iniziato a scrivere di difesa e di sicurezza, seguendo da vicino le attività dei militari italiani «fuori area». Tra i riconoscimenti ha ottenuto quello del concorso internazionale «Giornalisti del Mediterraneo». Con Mursia ha pubblicato, insieme a Lao Petrilli, UFO. I dossier italiani (2014).

 

Domenikon 1943. Quando ad ammazzare sono gli italiani

 di Vincenzo Sinapi   

Prefazione di Filippo Focardi e Lutz Klinkhammer

Editore: Ugo Mursia Editore

Collana: Testimonianze fra cronaca e storia

Anno edizione: 2021

In commercio dal: 27 gennaio 2021

Pagine 250
Euro 18,00
Codice 14984H
EAN 9788842563266