Jugoinfo

L'articolo che segue uscira' sul prossimo numero de
IL BOLLETTINO di informazione antimperialista
http://www.bollettino.it/

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IL CADI' TI ACCUSA, IL CADI' TI GIUDICA (*)
di A. Martocchia

<<Mettendo insieme tre bugie non si ottiene una verita', ma
soltanto una bugia piu'grande. Tutte e tre queste accuse
hanno davvero un sottile filo rosso, per usare il termine
che qui ho sentito, che le unisce, e questo filo rosso e'
il crimine che perdura contro la Jugoslavia e contro il mio
popolo.>> (S. Milosevic all'Aia, 9/1/2002)


"PAN-PENALISMO"

Moltissimi commentatori hanno fatto notare l'uso insistente e crescente
degli strumenti del "diritto internazionale" - travisati, evocati
impropriamente, strumentalizzati - ad accompagnare tutte le aggressioni
via via decise dall'imperialismo. Addirittura, con la ventilata
istituzione del "Tribunale Penale Internazionale" (organo che dovrebbe
essere permanente ed unanimemente riconosciuto ma la cui creazione viene
di fatto osteggiata dagli Stati Uniti D'America) gli strumenti del
"diritto internazionale" paiono trasformarsi in armi nella contesa che
contrappone tra di loro le stesse diverse potenze imperialistiche - in
particolare, lo scontro sempre piu' trasparente ed esplicito tra polo
imperialista europeo e polo imperialista angloamericano-sionista.

Questa specie di deriva giustizialistica globale e' stata inizialmente
salutata con giubilo e soddisfazione da una certa sinistra ingenua, che
per maggiore chiarezza definirei "sinistra dei buoni sentimenti",
"sinistra per bene" o "sinistra idealista": quel ceto
intellettuale-borghese completamente dimentico del materialismo storico
e dialettico, armato soltanto di meravigliose idee e buone intenzioni,
che imprigionato nella retorica mediatica ed occidentale dei "diritti
umani" ha sposato negli anni Novanta le cause piu' ignobili ed infami,
quali da tempo s'era persa persino la memoria: i micronazionalismi piu'
retrivi (dalla Lituania al Tibet), la sistematica demolizione degli
Stati fondati sulla sicurezza sociale, i terrorismi di derivazione
fascista e nazista (dall'UCK alla Cecenia).

Questa disarmante ingenuita' della "sinistra dei buoni sentimenti" in
campo di regole giuridiche e formali, specialmente nel contesto
internazionale e globale ma non solo (basti vedere le surreali
manifestazioni-girotondo in favore della magistratura in Italia), e'
stata definita da alcuni "pan-penalismo". Trovo il prefisso "pan" molto
suggestivo, perche' da' la misura del livello paranoico di certe
affermazioni di principio e fede incrollabile su questa "giustizia
terrena", le cui dinamiche costitutive, pero', ed i cui attori nel
frattempo non si sa piu' bene chi siano. Cosi' come non si sa piu'
nemmeno quali debbano essere i valori fondativi di questo a-storico e
velleitario sistema di "giustizia totale" al quale alcuni, anche
appartenenti alla sinistra comunista, affermano si debba lavorare, per
renderlo sempre piu' "efficace", insomma per spianare la strada ad
una particolare specie di totalitarismo.

IL "TRIBUNALE AD HOC" DELL'AIA

Il caso del "Tribunale ad hoc per i crimini commessi sul territorio
della ex Jugoslavia" (che nel seguito chiamero' per brevita' "Tribunale
ad hoc", da non confondere quindi con la preesistente Corte
Internazionale atta a dirimere le controversie tra gli Stati, che ha
sempre sede all'Aia ma e' organismo ben piu' legittimato), rende palesi
fino all'estremo e fino al paradosso tutte le contraddizioni, tutti i
limiti e tutti gli inganni di queste operazioni di "giustizialismo
internazionale", e chiarisce molto bene la collateralita' di queste
istituzioni ai progetti dei paesi imperialisti.

Il Tribunale ad hoc è stato fondato nel 1993 dal Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite (15 membri dominati dai grandi poteri e dal veto
USA), su insistenza del Senatore Albright. Il normale canale per creare
un Tribunale come questo, come a suo tempo ha puntualizzato il
Segretario Generale delle Nazioni Unite, avrebbe dovuto essere
"attraverso un Trattato Internazionale stabilito ed approvato dagli
Stati Membri che avrebbero permesso al Tribunale di esercitare in pieno
nell'ambito della loro sovranità" (Rapporto No X S/25704, sezione 18).
Tuttavia, Washington ha imposto un'interpretazione arbitraria del
Cap.VII della Carta delle Nazioni Unite, che consente al Consiglio di
Sicurezza di prendere "misure speciali" per restaurare la pace in sede
internazionale. Dunque il "Tribunale ad hoc" e' una struttura di
fatto illegittima e para-legale. Esso e' finanziato
dai paesi della NATO, e soprattutto dagli
USA, in maniera diretta oltreche' attraverso l'ONU, ma anche da paesi
non proprio neutrali nella problematica jugoslava, come l'Arabia
Saudita, nonché da enti e personaggi privati, come George Soros, che da
anni lavorano alla destabilizzazione degli Stati che si oppongono
all'imperialismo.

Il sostegno della NATO al Tribunale ad hoc e' particolarmente indicativo
delle vere finalita' di questa struttura para-giudiziaria. In una
conferenza stampa tenuta il 17 maggio 1999, il portavoce della NATO
Jamie Shea diceva testualmente: "Non e' Milosevic che ha concesso al
procuratore Arbour il suo visto per andare in Kosovo, a condurre le sue
indagini. Se alla sua corte si puo' consentire l'accesso, come noi
vogliamo, e' grazie alla NATO, dunque la NATO e' amica del Tribunale, e'
la NATO che detiene per conto del Tribunale i criminali di guerra sotto
accusa... Sono i paesi della NATO che hanno procurato i fondi per
istituire il Tribunale, noi siamo tra i piu' grandi finanziatori."

Si noti che oltre ad attestare il sostegno finanziario e la "amicizia"
della NATO, che proprio in quegli stessi giorni bombardava i convogli di
profughi ed il petrolchimico di Pancevo, Jamie Shea rivendica alla NATO
stessa il ruolo di "polizia giudiziaria". La quale, come s'e' visto in
decine di occasioni, specialmente in Bosnia ma anche nel caso di
Milosevic, opera attraverso colpi di mano e rapimenti, nel corso dei
quali alcuni "sospetti" sono stati persino uccisi - mentre diversi
serbi-bosniaci detenuti all'Aja sono deceduti per presunti infarti e
suicidi.

In un comunicato stampa diramato all'Aia il 19 aprile 1999
(JL/PIU/397-E) si legge ancora piu' esplicitamente: <<Per conto del
Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia il Presidente del
Tribunale, giudice Gabrielle Kirk McDonald, ha espresso il suo grande
apprezzamento al governo degli Stati Uniti per la sua concessione di
500mila dollari USA destinati al Progetto Outreach del Tribunale.
Harold Koh, Vice segretario di Stato USA per la democrazia, i diritti
umani ed il lavoro, ha annunciato la donazione in una conferenza stampa
presso il Tribunale venerdi 16 aprile 1999. Questa generosa
contribuzione, che ammonta a piu' di un terzo del budget complessivo di
Outreach, "consentira' al Tribunale" - come nota lo stesso Vice
Segretario di Stato Harold Koh - "di portare il suo messaggio di
giustizia imparziale non solamente ai governi ed ai rappresentanti
legali dell'ex Jugoslavia, ma, soprattutto, alle famiglie delle
vittime".>>
Una dichiarazione tanto nobile da far venire le lacrime agli
occhi, soprattutto se si pensa che questo signore mentre parlava
rappresentava uno Stato - gli USA - che proprio in quei giorni stava
causando dolori enormi e disgrazie a quelle stesse famiglie tramite i
bombardamenti.

Non a caso, il Tribunale dell'Aja ha sistematicamente
dichiarato il non luogo a procedere per le documentate
accuse di crimini di guerra mosse da varie parti alla
NATO, nonché alle bande dell'UCK pan-albanese. La
sproporzione tra le incriminazioni nei confronti di
esponenti serbi rispetto a quelle di croati, albanesi
kosovari e bosniaci musulmani, responsabili di vaste
pulizie etniche, è resa evidente dai numeri. La
"giustizia" del Tribunale dell'Aja e' dunque quella
di una parte in causa contro l'altra, il contrario
esatto del "super partes". Il "Tribunale ad hoc", analogamente
al nostro famigerato Tribunale Speciale, lavora come uno
strumento politico, totalmente sotto controllo dei vincitori,
cioe' degli aggressori, devastatori e invasori della Jugoslavia.

La presidentessa del Tribunale, Gabrielle Kirk McDonald,
il 5 aprile 1999 veniva insignita di una onoreficenza
dalla Corte Suprema degli USA. In quella occasione essa
spiegava senza alcun imbarazzo: <<Abbiamo beneficiato
del forte sostegno dei governi interessati e degli
individui che si sono adoperati, come il Segretario
Albright. [Si noti che i bombardamenti sulla Jugoslavia
erano iniziati da pochi giorni]
Come rappresentante permanente alle Nazioni Unite,
essa ha lavorato incessantemente per creare il Tribunale.
In effetti, noi spesso ci riferiamo a lei come alla
"madre del Tribunale"...>>
Dunque la "mamma" del Tribunale dell'Aia non e' Emma Bonino!...

UNO SCANDALO DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO

Noti giuristi e commentatori hanno spiegato come, nel suo
funzionamento, il Tribunale dell'Aja violi tutti i principi
del diritto internazionale. In sostanza, esso non rispetta
la separazione dei poteri, ne' la parità fra accusa e difesa,
ne' tantomeno la presunzione di innocenza finché non si
giunge ad una condanna: la regola 92 stabilisce che le confessioni
siano ritenute credibili, a meno che l'accusato possa provare il
contrario, mentre in qualsiasi altra parte del mondo l'accusato
è ritenuto innocente fino a quando non sia provata la sua colpevolezza.

Esso formula i propri regolamenti e li modifica su ordine del
Presidente o del Procuratore, assegnando ad essi carattere
retroattivo: attraverso una procedura totalmente ridicola, il
Presidente può apportare variazioni di sua propria iniziativa o
ratificarle via fax ad altri giudici (regola 6)!

Il regolamento stesso non contempla un giudice per le indagini
preliminari che investighi sulle accuse. Il Tribunale ad hoc
utilizza testimoni anonimi che si possono dunque sottrarre
al confronto con la difesa; secreta le fonti testimoniali,
che possono essere anche servizi segreti di paesi coinvolti
nei fatti. Usa la segretezza anche sui procedimenti aperti (regola 53),
sulle prove, che possono essere state raccolte illegalmente
e non sono sottoposte a verifica. Di fatto, quindi, pone gli
imputati nell'impossibilità di difendersi; ricusa o
rifiuta a proprio arbitrio di ascoltare gli avvocati
della difesa (regola 46), allo stesso modo dei tribunali
dell'Inquisizione; può rifiutare agli avvocati di
consultare documentazione probatoria (regola 66); può detenere
sospetti per novanta giorni prima di formulare
imputazioni, con l'evidente scopo di estorcere confessioni.

A fine agosto-inizio settembre 2001, professori ed assistenti
della Facolta' di Giurisprudenza di Belgrado hanno diramato
un lungo e dettagliato documento in cui spiegano tecnicamente
tutte le ragioni per cui il "Tribunale ad hoc" e' uno scandalo
dal punto di vista giuridico. Ma la "parzialita'" del Tribunale
ad hoc e' attestata anche da personaggi assai lontani
dalle posizioni di Milosevic ed ostili alla Serbia ed alla
Jugoslavia. Basti pensare che persino uno dei giudici
dell'Aia, il brasiliano Rezek, membro della Corte
Suprema del Brasile dal 1983 al 1990, ha espresso sincere
perplessita' in interviste pubbliche (rivista "Globo",
20 agosto 2001).

IL "CASO MILOSEVIC"

L'imputazione contro l'allora Presidente della Repubblica
Federale di Jugoslavia Slobodan Milosevic veniva resa pubblica
dalla procuratrice Arbour su pressione di
Madeleine Albright proprio durante la
aggressione della NATO, nella primavera del 1999, nell'ambito
della campagna mediatica di demonizzazione della Jugoslavia
e dei suoi dirigenti. Un tassello, insomma, della piu'
ampia operazione di disinformazione strategica e guerra
psicologica. La "necessita'" di una indagine contro
Milosevic veniva annunciata alla conferenza stampa congiunta
tenuta dalla "madre del Tribunale ad hoc", Albright,
e dall'ex-procuratore Louise Arbour (successivamente
sostituita dalla Del Ponte) a Washington D.C. il 30
aprile del 1999 (si veda il documento ufficiale dell'ufficio
del portavoce del Dipartimento di Stato USA:
http://secretary.state.gov/www/statements/1999/990430a.html )

Per la effettiva cattura di Milosevic, pero', dovevano maturare
le condizioni politiche in Jugoslavia. Questo cambiamento e' avvenuto
solo nell'autunno del 2000, quando a Belgrado e' stato dato l'assalto
al Parlamento senza attendere l'esito del secondo turno elettorale,
e si e' instaurato un regime-fantoccio filooccidentale.

La rocambolesca cattura di Milosevic e' avvenuta mesi dopo, il 31
marzo: in cambio al nuovo governo jugoslavo sono stati accordati 50
milioni di dollari gia' promessi dagli USA. I dirigenti belgradesi,
per ottemperare ai ricatti militari ed economici degli USA, della
Nato e del Tribunale dell'Aja, hanno commesso una serie di
macroscopiche illegalità. Milosevic è stato detenuto
per tre mesi senza che nessuno delle centinaia di
testimoni ascoltati avesse fornito la minima prova a
sostegno dell'imputazione di "abuso di potere" (diversa da
quella di "crimini di guerra" usata all'Aia).
Al termine delle due proroghe della detenzione preventiva,
Milosevic avrebbe dovuto essere scarcerato. Viceversa,
un ulteriore, grande scandalo e' stata la modalita' della
sua "estradizione" da Belgrado in Olanda, tramite una
operazione-lampo illegale ed anticostituzionale curata
dai settori piu' filo-americani del governo di Zoran Djindjic.

A sottolineare il vero e proprio affronto operato da questi
agenti della NATO interni nel governo serbo ai
danni del paese e della sua stessa dignita' e memoria storica,
basti guardare al giorno in cui il sequestro e' avvenuto: 28
giugno, data altamente simbolica per la nazione serba
(battaglia contro i turchi, discorso del 1989 di Milosevic
a Kosovo Polje, in cui invocava la convivenza e
la parità tra tutte le etnie).
Il sequestro ed il trasporto all'Aia su velivoli della RAF
inglese avveniva in base a un decreto del solo premier
Djindjic e del ministro degli interni, con un governo dimezzato
dal ritiro dei ministri montenegrini, un
decreto che violava, insieme alle costituzioni
jugoslava e serba, la posizione del parlamento federale,
l'orientamento dei partner di maggioranza e dello stesso
presidente jugoslavo Kostunica, e la opinione contraria
della Corte Costituzionale, formalizzata il 6 novembre
2001 ed il cui testo e' stato pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale della RF di Jugoslavia N.70/01 il 28 dicembre 2001.

Il giorno dopo il trasferimento di Milosevic, i governanti
jugoslavi (gia' giunti al potere con l'aiuto militare e
finanziario della Nato) ottenevano il loro
ulteriore premio: 1.360 milioni di dollari stanziati dalla
Conferenza dei "donatori". Aiuti concessi a condizione della
totale privatizzazione dell'economia nazionale e
di posizioni di privilegio assicurate alle multinazionali.
Ma questo e' un altro discorso...

LE PRIME UDIENZE

Milosevic ha da subito tenuto un atteggiamento fermo ed inequivocabile:
si dichiara prigioniero politico, non riconosce legittimita'
al Tribunale ad hoc, e rifiuta di essere assistito da avvocati,
compresi quelli designati "d'ufficio" dal "Tribunale" stesso
(gli "amici curiae"). Milosevic ha spiegato dettagliatamente
queste sue posizioni, ed in generale la sua opinione su questa
istituzione para-legale e para-giuridica, in un documento
spedito ai "giudici" il 30 agosto 2001. Il 10 ottobre, poi,
20 componenti della Facolta' di Giurisprudenza di Belgrado
hanno sottoscritto una lettera di protesta proprio sul ruolo
degli "avvocati d'ufficio" di Milosevic. Milosevic ribadisce
continuamente di volersi difendere da solo, e chiede la sua
scarcerazione anche allo scopo di preparare la sua autodifesa
in condizioni eque.

Le prime udienze (tra luglio e gennaio) sono state dedicate a
problemi procedurali, ma Milosevic non ha mancato di dire la
sua ogni volta che gli fosse concesso di parlare, e fintantoche'
il microfono non gli e' stato spento in malo modo.

Il 29 ottobre, ad esempio, dopo la lettura della "imputazione
sulla Croazia" ha detto:
<<Questa imputazione è il secondo atto del crimine commesso contro il
mio popolo, perchè dichiara colpevole la vittima al fine di
proteggere i veri colpevoli per il crimine contro la Jugoslavia.
E' assurdo accusare la Serbia ed i serbi per la secessione armata
della Croazia, che ha causato una guerra civile, conflitti e
sofferenze per la popolazione civile.>>

Il giorno dopo, commentando "l'imputazione sul Kosovo",
egli ha fatto notare che essa <<riguarda solamente fatti avvenuti dal
24 marzo alla fine della prima settimana di giugno [1999], laddove (...)
tutto il pianeta sa che è proprio dal 24 marzo
fino alla prima settimana di giugno compresa che la Nato ha commesso
la sua criminale aggressione contro la Jugoslavia.
L'imputazione e ciò che abbiamo udito implicano che la Nato non ha
commesso una aggressione contro la Jugoslavia, ma piuttosto che la
Jugoslavia ha commesso un'aggressione contro se stessa, e perciò le
conseguenze di 78 giorni e 78 notti di bombardamenti sulla
Jugoslavia, durante i quali sono state scaricate 22.000 tonnellate di
bombe causando un altissimo numero di vittime - questi non sarebbero
gli effetti della aggressione della Nato, ma piuttosto gli effetti
dell'aggressione che la Jugoslavia ha commesso contro se stessa.
Questa non è semplice faziosità. Faziosità è una parola troppo
tenera. Quello che abbiamo ascoltato oltrepassa persino ciò che
dovevamo ascoltare da parte del nemico, cioè dal portavoce della
Nato. Quindi è ovviamente un caso di ciò che potreste definire
faziosità totale. (...)
Se la corte non vuole prendere in considerazione
questi fatti, allora è ovvio che questa non è una corte ma solamente
una parte del meccanismo atto ad eseguire crimini contro il mio paese
e la mia gente.
Se quest'ultimo è il caso (...) e dunque se
la corte è parte dell'ingranaggio, allora per piacere, date lettura
ai verdetti che vi è stato detto di formulare e smettetela di
annoiarmi.>>

Dopo la lettura del ``capo d'imputazione'' sulla
Bosnia-Erzegovina, Milosevic dichiarava invece:
<<Questo testo miserabile che abbiamo qui ascoltato e' l'apice
dell'assurdita'. Devono darmi credito per la pace in Bosnia, e non per
la guerra. La responsabilita' per la guerra in Bosnia e' delle potenze
che hanno distrutto la Jugoslavia e dei loro satrapi in Jugoslavia, e
non della Serbia, ne' del suo popolo, ne' della sua politica. Questo e'
un tentativo...>> Qui il microfono veniva spento.

Ed ancora, in dicembre:
<<Per me e' assolutamente chiaro il motivo per cui questo falso
pubblico ministero insiste sulla unificazione [dei tre "capi d'accusa"].
La causa di questo e' l'11 settembre. Loro vogliono mettere in secondo
piano le accuse contro di me sul Kosovo perche' queste inevitabilmente
aprono la questione della collaborazione della amministrazione Clinton
con i terroristi nel Kosovo, compresa la organizzazione di Bin Laden.
(...)

Quello che si puo' trovare sotto la superficie di questi ``capi
d'imputazione'' non sono altro che i detriti ed il fango di dieci anni
di guerra mediatica, condotta con l'obiettivo di demonizzare sia la
Serbia, sia il popolo serbo e la sua dirigenza, ed anche me
personalmente, e addirittura la mia famiglia. Perche' la guerra
mediatica ha preceduto quella reale, ed ha avuto come obiettivo quello
di convincere l'opinione pubblica occidentale che siamo delinquenti,
anche se non abbiamo mai dato argomenti per avvalorare questo.
Voi oggi avete letto qui che il 6 Aprile 1992 l'Unione Europea riconobbe
la Bosnia-Erzegovina. Questo e' stato fatto sotto l'influenza
dell'allora Ministro degli Esteri tedesco Hans Dietrich Genscher,
perche' il 6 Aprile era il giorno in cui nel 1941 Hitler attacco' la
Jugoslavia bombardando Belgrado. C'era un desiderio di simboleggiare, in
questo modo, il capovolgimento degli esiti della Seconda Guerra
Mondiale. >>

Il 30 gennaio 2002:
<<In realta' c'era un piano evidente contro quello Stato di
allora che era, direi, un modello per il futuro federalismo
europeo. Quello Stato era la Jugoslavia, dove piu'
nazionalita' erano comprese in un sistema federativo che
realizzava la possibilita' di vivere con pari diritti, con
successo, con la possibilita' di prosperare, svilupparsi e,
direi, di essere d'esempio al mondo intero di come si puo'
vivere insieme.
Per tutto il tempo abbiamo lottato per la Jugoslavia, per
conservare la Jugoslavia. In fondo, tutti i fatti
comprovano soltanto quello che sto dicendo. E soltanto la
Repubblica Federale di Jugoslavia tuttora esistente ha
conservato la sua struttura dal punto di vista delle
nazionalita'. (...)
Con cio' che sta avvenendo li' [in Kosovo] si sta in pratica
riabilitando la politica del periodo nazista, di Hitler e
Mussolini. Questo grande parlare di "Grande Serbia", di
questa presunta idea che non e' mai esistita, non serve
altro che a mascherare la creazione di una "Grande Albania"
- quella stessa che crearono Hitler e Mussolini durante la
Seconda Guerra Mondiale. Guardate soltanto quello schema, e
guardate che cosa si sta facendo adesso, quello che
vogliono sottrarre alla Serbia, al Montenegro ed alla
Macedonia - e un domani forse anche alla Grecia del Nord,
quando le relazioni greco-turche saranno messe alla prova
di nuovo per ordine del comune padrone, ed anche quella
sara' per loro una questione da risolvere.>>

IL "PROCESSO"

In effetti, dopo alcune incertezze legate alla intenzione della
"procuratrice" Del Ponte di unificare i tre procedimenti - sul Kosovo,
sulla Croazia e sulla Bosnia, i cui "capi d'imputazione" sono stati da
lei stessa preparati - il processo e' stato effettivamente
unificato ed e' iniziato lo scorso 12 febbraio. Da allora, nei
limiti del tempo accordatogli, a Milosevic il microfono non viene
piu' spento, e chi e' presente in aula, o chi possiede le trascrizioni
integrali delle udienze - che noi cercheremo di tradurre integralmente
in italiano, visto che i reportage dei nostri media sono,
come sempre, distorti e carenti - assiste ad uno spettacolo veramente
eccezionale, direi surreale.

Milosevic sta agevolmente rovesciando tutte le accuse, mette in
contraddizione i "testimoni", tanto che qualcuno di questi deve
rinunciare, qualcuno si sente male... Milosevic mette la
NATO sul banco degli imputati come responsabile non solo dei
bombardamenti, ma proprio del tragico squartamento della Repubblica
Federativa Socialista di Jugoslavia, ripercorrendo gli atti diplomatici,
politici, e militari a vari livelli compiuti dai paesi dell'Alleanza.
I fatti citati da Milosevic sono fatti storici, ormai, benche'
sostanzialmente ignorati o trascurati dai commentatori occidentali
e filo-occidentali in tutti questi anni. Sono fatti incontrovertibili,
e bisogna ringraziare Milosevic anche per la maniera dignitosa
ed ineccepibile con cui, mentre ripercorre pagine e pagine di
storia balcanica e mondiale, ne scrive una nuova.

LE INIZIATIVE

Nonostante il pesante clima di diffamazione e demonizzazione,
ai danni di Milosevic e della Jugoslavia, istauratosi in tutto
questo ultimo decennio anche all'interno della "sinistra"
in Italia come all'estero, numerose personalita' hanno aderito
al Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic,
sorto dopo il suo arresto in Jugoslavia.
Tra queste personalita' ricordiamo Harold Pinter, Peter Handke,
Alexandar Zinoviev, Mikis Theodorakis, Ramsey Clark, ed una schiera
di noti giuristi, avvocati ed esperti di diritto internazionale.
Dal punto di vista politico il malumore aumenta: in Serbia,
dove il processo e' seguito con entusiasmo da molti, e mette
in grave imbarazzo politico il regime di Djindjic; e negli altri
paesi, basti pensare alla Duma russa che chiede ormai esplicitamente
che questa farsa finisca prima possibile.

Nel mondo sono stati diffusi svariati appelli per la liberazione
di Milosevic e/o per la abolizione dello stesso Tribunale ad hoc,
in Italia ad esempio dal comitato Scienziate/i contro la
guerra e dal Tribunale Ramsey Clark. Nel testo di
quest'ultimo appello leggiamo:

<<L'operazione-Milosevic non può non essere qualificata,
indipendentemente dai vari giudizi che vengono
espressi sull'operato politico dell'ex-presidente - e che
sono in grande misura condizionati dalla più
massiccia strategia di disinformazione e diffamazione
mai attuata - come il proseguio dell'aggressione alla
Jugoslavia e, oggi, al popolo serbo, alla sua sovranità
ed indipendenza. L'incriminazione e la condanna di
Milosevic intendono criminalizzare ulteriormente una
nazione che lo aveva democraticamente eletto in tre
occasioni. Si vorrebbero giustificare gli smembramenti
territoriali, l'aggressione, le uccisioni, le
distruzioni, l'uso di armi genocide come l'uranio-plutonio
e l'inquinamento chimico pianificato. Si intende
sottoporre il paese al controllo coloniale dell'imperialismo
USA e Nato, appropriarsi delle sue risorse e,
soprattutto, negargli il diritto al risarcimento degli
immensi danni subiti e avviarlo, con l'intervento delle
multinazionali USA ed europee, a un depauperamento
materiale e culturale sul modello di quanto inflitto
ad altri paesi dell'Europa orientale. E' il destino
riservato a coloro che si oppongono a Nato, imperialismo
USA, neoliberismo.>>

Nell'appello si invitano inoltre tutti i cittadini a
indirizzare cartoline e fax di protesta a:

Mrs. Carla del Ponte, Prosecutor,
International Criminal Tribunal for
Yugoslavia (ICTY), DEN HAAG, Paesi Bassi,

con la richiesta di liberare Milosevic e di abolire il
tribunale. Messaggi di solidarieta' a Milosevic
possono invece essere inviati all'indirizzo:

Slobodan Milosevic
Huis van Bewaring Pompstationsweg 46a
2597GX Den Haag
The Netherlands



(*) PROVERBIO JUGOSLAVO. IL CADI' ERA L'UFFICIALE DELL'IMPERO OTTOMANO


Siti internet:
Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic
> http://www.icdsm.org
Tribunale "ad hoc" dell'Aia
> http://www.un.org/icty/
Bollettino JUGOINFO del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia
> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages

Ciao,

desideriamo farti sapere che, nella sezione File del gruppo
crj-mailinglist, troverai un nuovo file appena caricato.

File : /dalema99.rtf
Caricato da : itajug <jugocoord@...>
Descrizione : Attacco alla Jugoslavia, 24 marzo 1999: LA SINISTRA VA ALLA GUERRA

Puoi accedere al file dal seguente indirizzo:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/dalema99.rtf

Per ulteriori informazioni su come condividere i file con gli altri
iscritti al tuo gruppo, vai invece alla sezione di Aiuto al seguente
indirizzo:
http://help.yahoo.com/help/it/groups/files


Cordiali saluti,

itajug <jugocoord@...>

Kurt Köpruner

"Reisen in das Land der Kriege.
Erlebnisse eines Fremden in Jugoslawien"

Viaggiare nel paese delle guerre.
Esperienze di uno straniero in Jugoslavia

Eine Empfehlung / Kurzbeschreibung / Der Verlag über das Buch /
Auszug / Inhaltsverzeichnis / Rezensionen / Leserrezensionen /
BUCHLESUNGEN IN BERLIN, 22-23/3/2002

===*===

Ci scrive da Berlino Wolfgang Schulz:

"Oggi vorrei parlarvi di un libro sulla Jugoslavia,
che sto leggendo proprio adesso con grande interesse.
Le mie esperienze in Jugoslavia, in parte dimenticate
da lungo tempo, si risvegliano con la lettura di questo
libro degno di nota. E' davvero un testo pregevole.
(...) Sul sito Amazon tedesco il testo e' in cima alla
classifica dei libri sulla Jugoslavia sin dallo scorso
ottobre. (...) Al momento e' in corso la traduzione in
lingua serba, ma io credo che esso meriti di essere
tradotto anche in altre lingue, perche' venga letto
da ancor piu' persone... Vi allego parte della descrizione
del libro fatta dalla editrice, che potete trovare sul
sito Amazon"

Sintesi

E' soprattutto per ragioni professionali che
Kurt Köpruner, manager austriaco di una ditta ingegneristica
di Regensburg, ha viaggiato ripetutamente, tra il 1990 ed il
2000, nella Jugoslavia in disgregazione. Con mano leggera
e grande talento narrativo egli ha descritto cio' che li'
ha vissuto in prima persona e cio' che ha sperimentato
attraverso svariati contatti di lavoro e privati - e tutto
questo generalmente non corrisponde per nulla alle correnti
versioni "d'ufficio" riguardanti la crisi nei Balcani.
Trattenendo il respiro, il lettore deve seguire il ciclone
dei suoi racconti, in parte sorprendenti ed in parte
inquietanti - sulla "notte dei cristalli" in Dalmazia, sulle
benedizioni della politica di pace occidentale in Bosnia
o sul ghetto serbo nel "protettorato" del Kosovo, nell'ottobre
2000. Alla conclusione del secolo, Köpruner non ha perduto
solamente la "sua" Jugoslavia, ma anche ogni rispetto nei
confronti dei media e della politica tedesca ed austriaca.

===*===

"Heute möchte ich euch mit einem Buch über Jugoslawien
bekannt machen, das ich gerade mit großem Interesse lese.
Meine zum Teil längst vergessenen Erlebnisse in Jugoslawien
werden beim Lesen dieses bemerkenswerten Buches wach. Es
ist ein sehr ehrliches Buch.
Auf den deutschen Seiten von Amazon findet ihr unter
http://www.amazon.de/exec/obidos/ASIN/3885208016/
qid%3D998744142/028-5391566 - 9954151
mehr zu diesem Buch. Ich habe anliegend davon einiges
kopiert.
Erwähnenswert wäre sicher auch, daß das Buch unter allen
Sachbücher zum Thema "Jugoslawien" bei Amazon seit Oktober
ganz vorn auf der Verkaufsliste steht.
Noch ein Hinweis: Derzeit wird das Buch ins Serbische
übersetzt. Aber ich meine, es müsste auch in andere Sprachen
übersetzt werden, damit eine große Leserschar es kennen lernen kann.
Das hat das Buch einfach verdient. Ich kenne auch den Autor
persönlich und meine, dass er es auch verdient, im Ausland
bekannt gemacht zu werden." Wolfgang Schulz



Reisen in das Land der Kriege. Erlebnisse eines Fremden in Jugoslawien.
von Kurt Köpruner
Preis: EUR 19,90

Versandfertig in 2 bis 3 Werktagen.

Kategorie(n): Geist & Wissen, Politik, Biografien & Zeitgeschichte,
Lernen & Nachschlagen

Kurzbeschreibung

Vor allem aus beruflichen Gründen reiste Kurt Köpruner,
österreichischer Manager einer Regensburger Maschinenbauagentur,
in den Jahren 1990 bis 2000 viele Male in das zerfallende
Jugoslawien. Mit leichter Hand und großem erzählerischen Talent
hat er aufgezeichnet, was er dort selber erlebt und in vielfältigen
geschäftlichen und privaten Kontakten erfahren hat - und das
entspricht meist ganz und gar nicht den hiesigen "amtlichen"
Darstellungen von der Krise am Balkan. Atemlos folgt der Leser
dem Wirbel seiner teils erstaunlichen, teils beängstigenden
Berichte - sei es über die "dalmatinische Kristallnacht", die
Segnungen westlicher Befriedungspolitik in Bosnien oder ein
serbisches Ghetto im "Protektorat" Kosovo im Oktober 2000. Am
Ende des Jahrhunderts hat Köpruner nicht nur "sein" Jugoslawien
verloren, sondern auch den Respekt vor den Medien und der deutschen
und österreichischen Politik.

Der Verlag über das Buch

Von einem, der auszog, das Fürchten zu lernen

Über den Autor

Kurt Köpruner, 1951 in Bregenz geboren, lebte bis 1989 in
Vorarlberg, Österreichs westlichstem Bundesland. Nach einer
kaufmännischen Ausbildung Leiter eines Instituts für
Erwachsenenbildung, später Landessekretär des Österreichischen
Gewerkschaftsbundes in Vorarlberg und SPÖ-Funktionär.
1989 übersiedelte er nach Deutschland, seitdem Unternehmer.
Viele Reisen, u.a. in verschiedene Regionen des früheren
Jugoslawien. Seit Beginn der neunziger Jahre lebt er in
Lebensgemeinschaft mit einer Kroatin und ihren zwei Kindern
in Regensburg.

Auszug aus Reisen in das Land der Kriege. Erlebnisse eines
Fremden in Jugoslawien. von Kurt Köpruner. Copyright © 2001.

Abdruck erfolgt mit freundlicher Genehmigung der Rechteinhaber.
Alle Rechte vorbehalten.

"Ich bin Serbe, und ich bin stolz darauf. Wir werden vielleicht
alle sterben, aber wir werden kämpfen!", begrüßte mich Cupe,
der Rent-a-Car-Mann, in gutem Deutsch, nachdem ihm Snjezana
mit wenigen serbokroatischen Sätzen unsere Lage erklärt hatte.
Na also, das war jetzt offenbar endlich einer von diesen Serben,
von denen ich schon damals so vieles gelesen hatte: voller
Pathos, kämpferisch, größenwahnsinnig, leidensbereit,
schicksalsschwanger, von Verfolgungswahn besessen. Ich
verbrachte den halben Tag mit ihm. Es wurden spannende
Stunden. Was er mir zu seinem ausgebrannten Bürogebäude
erzählte, hörte sich wie ein Schauermärchen an. Vor etwa
einem Monat, Anfang Mai, habe sich in Zadar jene, schon
von Josip kurz erwähnte, "dalmatinische Kristallnacht"
abgespielt. Eine Bande von etwa hundert Personen habe in
einer zehn (!) Stunden dauernden Aktion im Zentrum von Zadar
und in der näheren Umgebung insgesamt hundertsechzehn
serbische Geschäftslokale sowie Wohnhäuser zerstört. All
das habe nicht nur unter dem Schutz der Polizei stattgefunden,
diese habe die Operation sogar koordiniert! Er, Cupe, habe
die ganze Aktion am Polizeifunk mitgehört, vom Beginn bis
zum Ende. Ich sagte zu Cupe, dass ich in diesem Land
mittlerweile ja manches für möglich hielte, aber so könne
es nicht gewesen sein, so etwas wäre bei uns im Fernsehen
gekommen, mindestens in einer Zeitung hätte ich darüber
wenigstens eine kleine Notiz lesen müssen, wo doch täglich
auch über viel unspektakulärere Zwischenfälle in Jugoslawien
berichtet wurde. Er lacht böse auf: "In euren Zeitungen steht
doch nur, was für Schweine die Serben sind. Wenn Sie einmal
sehen wollen, wie die Wirklichkeit aussieht, dann kommen Sie
mit, ich zeige sie Ihnen!" Dieses Angebot nahm ich sofort an.
Zwei oder drei Stunden lang führte mich Cupe per Auto,
zwischendurch auch zu Fuß, von einer hässlichen Ruine zur
nächsten. Da waren Kleidergeschäfte, Bäckereien, Metzgereien,
Zeitungskioske, Zigarettenläden, Juweliergeschäfte, Bürohäuser,
Friseursalons und Dergleichen - teils einzeln stehende Gebäude,
teils kleine Blechhäuschen oder, wie in der Kala Larga,
Verkaufslokale, die im Erdgeschoss von Wohngebäuden beziehungsweise
in Einkaufspassagen untergebracht waren. Einige davon hatte
ich schon gestern während meines Spazierganges mit Josip
gesehen, aber erst jetzt begriff ich, was mir dieser da
zeigen wollte. Immer weniger fand ich den Ausdruck "dalmatinische
Kristallnacht" übertrieben. So ungefähr muss es damals
zugegangen sein, im November 1938, in den Städten Großdeutschlands.
Die Tour mit Cupe war starker Tobak für mich. Wenn ich nicht
alles mit eigenen Augen gesehen hätte - niemals hätte ich so
etwas für möglich gehalten. Als wir von einem Trümmerhaufen
zum nächsten zogen, fragte ich mich die ganze Zeit, warum mir
denn Snjezana von diesen Dingen nichts erzählt hatte. Das
konnte ihr doch unmöglich entgangen sein. Ich beschloss,
jetzt endlich die Wahrheit aus ihr herauszuquetschen.
Immerhin planten wir ja, im Juli bei diesem Verrückten
Urlaub zu machen, gemeinsam mit meiner Tochter Vera, die
damals gerade sechs Jahre alt war. Mehr und mehr schien
mir das eine äußerst riskante Sache zu werden. Snjezana
stellte fest, dass sie mich an diesem Tag sehr wohl angerufen
habe, um mir alles zu erzählen, aber dann doch kein Wort
herausbrachte. Sie habe mich einfach nicht beunruhigen
wollen, habe das auch irgendwie weggedrängt, nicht mehr
daran denken wollen, und außerdem hätte ich des Öfteren
eher ungläubig reagiert, wenn sie mir solche absurden Dinge
von Zadar erzählt habe. "Sei ehrlich, hättest du mir geglaubt,
wenn ich dir das erzählt hätte?" Ich kann nicht sagen, wie
ich mich bei alledem fühlte. "Hilflos" ist wohl das beste
Wort. Das alles war, ich muss es wiederholen, im Mai 1991,
Monate, bevor der Krieg in Kroatien begann.


Inhaltsverzeichnis:
Peter Glotz über dieses Buch

WELTPOLIZEI - 1899, 1999
Wie dieses Buch entstand
Tito, Tito, Tito

KRIEG IN KROATIEN, 1991 BIS 1995
Die letzten Monate vor dem Krieg
Snjezana
Hier liegt was in der Luft
"Das Selbstbestimmungsrecht der Völker"
Die Wahl des jugoslawischen Staatspräsidenten
Die Haltung Österreichs
Die Zeichen stehen auf Sturm
"Roter Stern Belgrad"
Fahrt durch die Krajina
Josip - oder: "Die bitten Gott um Krieg"
Cupe - oder: Die dalmatinische Kristallnacht
Maria - oder: Eine Kerze im Fenster
Von Medien und Wahlen
Arif - oder: Die Geschichte eines kroatischen Muslims
"Die kroatische Armee kämpft nicht in Bosnien"
"Prijatno" - oder: Die Geburt einer Sprache
Kleine "Rassenlehre"
"Pro Kroatien" - "Pro Vorarlberg"
Jetzt müssen die Landkarten neu erstellt werden
Slowenien - oder: "Wer hat da auf wen geballert?"
Die Wende in Deutschland - oder: "Terror der Serben"
Nächtliche Explosionen
Bei Mirko, dem Einsiedler
Roman und Nina
"Bumm, fertig!"

Abschied von Snjezana
Neubeginn in Deutschland

Exkurs: Fragen an die Geschichte
Was heißt da schon "Geschichte"?
Prinz Eugen, die Türken und die Serben
Die Geburt Jugoslawiens
Ein uraltes Phänomen
Ustascha
Die Partisanen
Titos Gräuel
Titos Jugoslawien
Das Ende des Bundes der Kommunisten
Erste freie Wahlen
Tudjman, der Vater des neuen Kroatiens
Die Ustascha-Renaissance
Reaktionen der kroatischen Serben

Krieg an allen Fronten
Die Kriegsberichterstattung
Die HOS und ihre Söldner
Der Konflikt in der EG wird offensichtlich
Ein vergeblicher Brief an Kanzler und Minister
Ein Vergleich: Deutschland - Bayern - Niederbayern
Milosevic und Tudjman
Die UNO schaltet sich ein
Deutschland setzt Fakten
Der Kroatische Winter
Von lieben Nachbarn in schützenden Kellern
Genschers Friede
Ohnmächtige UNO
Schwerer Kater nach dem nationalistischen Rausch

KRIEG IN BOSNIEN, 1992 BIS 1995
Die Kettenreaktion nimmt ihren Lauf
Der Mythos vom multikulturellen Bosnien
Jeder gegen jeden
Zum Kriegsverlauf
Die UNO in Bosnien
Massakerpolitik (1)
Dayton
"Journalismus"
Nach dem Krieg in Bosnien
Ein kleines Lehrstück in Sachen Korruption
"Glauben Sie kein Wort!"
Anmerkungen zur Architektur eines Krieges (1)
Ruder Finn - oder: Dementis sind wertlos
"Serben sind Monster"
"Ich weiß doch, was meine Chefs wollen!"
Bosnien am Ende des Jahrhunderts
"Brüderlichkeit"
Ergina
In Ivo Andrics Heimatstadt
Zwei junge Muslime erzählen von Himmel und Hölle
Marshallplan im Jahre 1999
Erlebnisse in der deutschen Botschaft
Eine zum Himmel stinkende Show
Eine wertlose Telefonnummer
Im Mekka des Multikulturalismus
Auf dem Weg ins "Neue Reich des Bösen"
Olovo und Kladanj
In der Serbischen Republik Bosnien

KRIEG IN SERBIEN, 1998 BIS 1999
Das Problem "Kosovo"
Zu den Mehrheitsverhältnissen im Kosovo
Zuspitzung der Lage nach Titos Tod
Milosevics Aufstieg
Zur Aufhebung der Autonomie des Kosovo
Die Unabhängigkeitserklärung des Staates "Kosova"
Die UCK

Sieg oder "Schutt und Asche"!
Die letzten Monate vor den Nato-Bomben
Der Bürgerkrieg im Jahre 1998
Das Holbrooke-Abkommen und die OSZE-Mission
Anmerkungen zur Architektur eines Krieges (2)
Bomben auf Belgrad
Racak - oder: Massakerpolitik (2)
"Rambouillet" - die Friedenskonferenz
Der Vertragstext und seine Knackpunkte 139
Die Nato-Luftschläge
Sauberer High-tech-Krieg oder Bombenterror?
Die ersten Monate nach den Luftschlägen
Neue Erkenntnisse über einen Bundesgenossen
Serbien im Winter nach den Natobomben
Beim Konsulat in München
Von Todesängsten und Vorurteilen
Erste "Interviews"
In Sremska Mitrovica
Belgrad fünf Monate nach den Bomben
Die Serben und Milosevic
Zrenjanin, Kikinda und weitere Begegnungen
Dusan
Der 42. Tag
Ich gebe ein Interview
Bombensightseeing
Der Nebel lichtet sich, die Sicht bleibt schlecht
Wer flüchtete wann, vor wem und warum?
Wer oder was tötete wen?
Völkermord? - oder: Asyl nein - Bomben ja
Ging die deutsche Bundesregierung davon aus, dass Völkermord stattfand?
Die Lageberichte des deutschen Außenministeriums
Hatte die Nato das Recht, militärisch zu intervenieren?
ALS TOURIST IM KOSOVO, OKTOBER 2000
Wie kommt man als Tourist in den Kosovo?
Fahrt nach Orahovac
Heidi
"Seither bin ich kaputt"
Bei der OSZE
Von Bürgerkriegs- und Bombenzeiten
Pec
Decani
Im serbischen Getto
Cica
"Wir haben gemeinsam gelitten"
"Was haben wir den Albanern getan?"
Der Wurm im Lügengebäude
Die Kinder von Kragujevac
Am Ende des Jahrzehnts

ANHANG
Die Nato-Luftschläge in Zahlen und Stichworten
Zeittafel
Literatur
Der Autor



Rezensionen

DIE PRESSE, 17. November 2001
Köpruners klug gegliedertes Werk orientiert sich mehr
an Werken engl. Historiker denn an dt. Kriegsreportagen.
Der Autor bleibt konkret, wo andere mutmaßen.

Zeit-Fragen, 8. Oktober 2001
Das überaus spannende Buch ist nicht nur für den Balkan-Laien,
sondern auch f. d. Experten geeignet, weil es die menschliche
Dimension der Konflikte beleuchtet.

Neues Deutschland, 5. November 2001
Der besondere Wert dieses Buches besteht darin, dass es
nicht in Archiven entstanden ist, sondern auf teils
abenteuerlichen Entdeckungstouren im Lande selbst.

Junge Welt, 15. November 2001
Es gibt nur wenige politische Bücher, die hochkomplexe
Zusammenhänge auf derart anschauliche Art zu zeichnen in
der Lage sind, daß man sie nicht weglegen mag.

Vorarlberger Nachrichten, 22. September 2001
Der Autor fragt mit bestechender Klarheit und ohne
vorgefertigte Urteile: Wie hat das kommen können? Wer
Antworten möchte, dem ist das Buch zu empfehlen.

Financial Times Deutschland, 07.12.2001
"Ideale Perspektive: Gerade in Zeiten, in denen Frieden
klingt, wie ein Begriff aus einer untergegangenen Welt,
hilft das Buch Kriegspropaganda von Berichterstattung zu
unterscheiden."

Mail-Magazin (Stories & Texte), Dezember 2001
Buch des Monats. Empfehlenswert für jene, die sich
hauptberuflich mit der Politik auf dem Balkan beschäftigen
und als Standardwerk für jene, die es eben nicht getan haben.

Wann & Wo, 12. Dezember 2001
Köpruners Schilderung persönlicher Erlebnisse im zerfallenden
Jugoslawien und seine Beurteilung der Rolle der Medien sind
nicht nur äußerst informativ, sondern sehr, sehr spannend.

VN Heimat, 13. Dezember 2001
Rezensenten von bürgerlich konservativ bis ganz links
reagieren begeistert darüber, was Kurt Köpruner in seinem
Buch über die Hintergründe des Balkandramas ans Tageslicht zerrt.


LESERREZENSIONEN


Erlebnisse statt Mutmaßungen, 2. Februar 2002
Rezensentin/Rezensent: Rauch, Andreas P aus Bielefeld,
NRW Deutschland (andreasp.rauch@...)
Kurt Köpruner, war erstaunt, als er 1990 vor Ort ein ganz
anderes Jugoslawien vorfand als das, was in den Medien zu
sehen war. Bei Besuchen in Kroatien, die eigentlich der
Anbahnung von Geschäftsbeziehungen dienen sollten, wurde
er Zeuge, wie kroatische Nationalisten zunehmend an Einfluß
gewannen. Die Häuser einzelner Serben wurden angesteckt,
ganz offen die Ermordung unliebsamer Zeitgenossen diskutiert.
Rasch breiteten sich die Symbole und Parolen des
klerikalfaschistischen Ustascha-Regimes wieder über
Kroatien aus. Örtliche Medien hetzten offen gegen alles
Nicht-Kroatische. Krieg werde kommen, erfuhr Köpruner von
seinen Gesprächspartnern. Zunächst ungläubig - nichts davon
war den gängigen deutschen Medien eine Schlagzeile wert
gewesen -, dann zunehmend entsetzter beobachtete Köpruner,
wie die Einheimischen recht behielten.
In den nächsten zehn Jahren bereiste Kurt Köpruner immer
wieder den Balkan, pflegte private wie Geschäftskontakte
und ließ sich von den Menschen vor Ort erzählen. Was er
hörte, paßte nun ganz und gar nicht zu dem einfachen
Schwarz-Weiß-Bild, das hiesige Politiker und Medien malten.
Er begann, festzuhalten, was er sah und hörte, was ihm
berichtet wurde und was zeitgleich in deutschsprachigen
Medien zu lesen war.
Gut die Häfte des Buches "Reisen in das Land der Kriege"
besteht aus solchen Berichten. Köpruner erweist sich als
ausgezeichneter Beobachter. Lebendig und genau berichtet
er von seinen Eindrücken, Erlebnissen und Gesprächen. Aus
Kroatien, in das er schon während der Kriege immer wieder
reiste, aus Bosnien und Serbien nach dem Daytoner Abkommen,
und auch in das NATO-Protektorat Kosovo. Manches ist
beängstigend, das wenigste ist spektakulär - spannend wird
es gerade deshalb, weil es eine ganz andere Wirklichkeit
beschreibt als die, die man gemeinhin in den Medien
vorgeführt bekam. Dabei beschönigt Köpruner nichts,
relativiert weder Titos Diktatur nur die Untaten einzelner
Ethnien, nimmt nicht Partei für die eine oder andere "gute
Sache".
Die Erlebnisse eines "ganz normalen" Menschen, der
unvermittelt mit etwas konfrontiert wird, das ganz und
gar nicht "normal" ist, der genauer hinzuschauen und
genauer nachzufragen beginnt - die sind ungemein spannend
zu lesen. Die Hintergründe, die Köpruner immer wieder
einstreut, hätten kürzer beschrieben werden können, und
es gibt dazu auch bessere Bücher. M.-J. Calics "Krieg
und Frieden in Bosnien-Hercegovina" zum Beispiel, und H.
Loquais "Der Kosovo-Konflikt".
Hier hat jemand eine Reise getan, und er hat eine ganze
Menge zu erzählen - aus einem Land, das in Bürgerkriegen
zerfiel, und von den Menschen dort, und von ihren Geschichten.
Köpruner schafft es, auch die in den Bann zu schlagen,
die sich für den Balkan eigentlich gar nicht sonderlich
interessieren.
Unbedingt reinschauen!


Endlich ein Buch das zum nach- bzw. umdenken anregt,
27. Januar 2002
Rezensentin/Rezensent: Mittermayr Roman aus Wels Österreich
Endlich ein Buch das zum nach- bzw. umdenken anregt, viele
Fragen tauchen auf und je weiter man liest desto klarer
werden die Antworten. Ein unbedingtes muss für jeden der
sich objektiv über das Geschehen vor, während und nach
dem Krieg informieren will. Ein Buch für alle, die den
sogenannten "unabhängigen" Medien nicht über den Weg trauen.


spannend wie ein krimi, 24. September 2001
Rezensentin/Rezensent: B.Sima (calisalsa@...) aus
Berlin Deutschland
Scheinbar mühelos bringt es Kurt Köpruner fertig, in seinem
Buch "Reisen in das Land der Kriege",die Krise im zerfallenden
Jugoslawien zu schildern. Mit pochendem Herzen folgen wir
Köpruner in den Zeiten des Krieges nach Kroatien, Bosnien
und Serbien. Authenzität erhält das Buch vor allem durch
die zahlreichen persönlichen Kontakte des Autors. Vom
Betriebsdirektor bis zum mitgenommenen Tramper lässt Köpruner
alle zu Wort kommen. Jeder schildert auf seine Weise die
Erlebnisse und Auswirkungen des Krieges auf sich, seine
Familie und das gesamte Land. Oftmals decken sich die
Schilderungen nicht mit den bei uns herrschenden Meinungen.
Abgerundet wird das Buch durch zahlreiche Zitate von
offiziellen Stellen. Am Schluss des Buches sind wir, als
Touristen im Kosovo, Zeugen des Resultates des 1. Krieges
im Namen der Menschenrechte. Diese sind lange nicht so
hoffnungsvoll, wie man auf den 1.Blick zu erkennen glaubt.
Was bleibt, ist ein bitterer Beigeschmack über die Rolle
der Medien und Politik im Jugoslawien-Krieg, sowie ein
glänzend und spannend erzähltes Buch.


Spannend und sehr nahegehend, 19. September 2001
Rezensentin/Rezensent: B.Sima calisalsa@... aus
Berlin Deutschland
Ein Buch mit eine Fülle von Details über die Fehler & Lügen
der Medien & Politik im Jugoslawien-Konflikt. Köpruner
vermag die Zustände im zerfallenden Jugoslawien,bis hin
zum Krieg in Serbien, anhand von persönlichen Erlebnissen
anschaulich & emotional sehr nahegehend darzustellen. Ein
Buch, welches, durch fundierte politische Kenntnis untermauert,
ein spannendes Leseabenteuer für jeden politisch
Interessierten der jüngsten deutschen Kriegsgeschichte ist.


===*===

Buchlesungen Kurt Köpruner aus seinem Buch:
,,Reisen in das Land der Kriege":

22.03.2002,
20.00 Uhr, im TERZO MONDO, Grolmannstraße 28,
10623 Berlin (Nähe S-Bahn Savignyplatz / U-Bahn Uhlandstraße)
als Gast des Griechen Kostas Papanastasiou.

23.03.2002,
19.00 Uhr, in den Gemeinderäumen der Friedenskirche,
Ruppiner Straße 28, 13355 Berlin, (Nähe U-Bahn Voltastraße)
als Gast der serbisch-orthodoxen Kirchengemeinde Berlin.
Die dokumentarische Fotoausstellung ,,DIE BRÜCKE VON VARVARIN"
der Journalistin Gabriele Senft, Berlin, wird am
23.03.2002, vor der Lesung und nach dem Friedensgebet der
serbisch-orthodoxen Gemeinde Berlin in den Gemeinde-räumen
um 18.45 eröffnet. Die Veranstaltungen dienen auch der
Unterstützung der Klage der Varvariner NATO-Bombenopfer auf
Schadenersatz gegen die (mit-) verantwortliche Deutsche
Bundesregierung. Verantwortlich im Sinne des Pressegesetzes:
Harald Kampffmeyer, Berlin

IL REGISTA EMIR KUSTURICA DIVENTA
AMBASCIATORE UNICEF NELLA RF DI JUGOSLAVIA

DIRECTOR EMIR KUSTURICA BECOMES UNICEF AMBASSADOR
BELGRADE, March 12 ( Beta)- Yugoslav film director Emir Kusturica was
designated on March 12 as national UNICEF ambassador to Yugoslavia.
Speaking at a press conference of UNICEF's Belgrade office, Kusturica
announced that he would strive to promote certain ideas and actions of
the organization, by dealing with the rights of children in his movies
and vignettes.
UNICEF Belgrade office chief, Jean-Michel Delmotte, said that as a
UNICEF ambassador, Kusturica would employ his creativity to advocate the
rights of children and youth, as well as other activities of the
organization in Yugoslavia.
Delmotte also stressed that the UNICEF study entitled "A Brave Young
Generation" could serve as a foundation for the Yugoslav authorities to
formulate detailed policy regarding the young. The study, which refers
to Yugoslavs aged 15 to 24, has shown that 86 percent of that population
believes their life will be better than the lives of their parents, but
that half of them want to leave the country.