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Subject: [icdsm-italia] A. Bernardini: VIGLIACCHI, GRAN VIGLIACCHI
Date: April 10, 2006 4:40:20 PM GMT+02:00
To: icdsm-italia @yahoogroups.com, aa-info @yahoogroups.com


http://www.pasti.org/bernar36.html

VIGLIACCHI, GRAN VIGLIACCHI

Il comportamento della stampa italiana sulla morte di Slobodan
Milosevic – l'assassinio provocato dall'illegittimo e ormai
scopertamente delittuoso cosiddetto Tribunale per la ex Jugoslavia,
quanto meno per colpevole negligenza nel rifiutare al Presidente
jugoslavo le cure indispensabili – è stato, com'era da aspettarsi, a
dir poco ignobile: parziale pur se assai debole eccezione in un
articolo di Lannutti su "Liberazione", qualche servizio sul
"Manifesto" con lievi accenni di ripensamento, ben inteso entro
confini assai stretti. Ma addirittura incredibile il totale silenzio,
o la deformazione e minimizzazione, proprio sulla stampa che si vuole
"democratica" e "di sinistra", rispetto alla straordinaria
manifestazione di popolo nella Piazza del Parlamento a Belgrado sabato
18 marzo 2006, dove è stato dato il saluto finale della capitale
serba, anzi jugoslava, a Milosevic. Vi erano almeno 250.000 persone,
c'è chi parla di 500.000. E' stato giustamente osservato che,
rifiutati i funerali di Stato, da parte di uno Stato che del resto
aveva tradito Milosevic, la vittoria morale di Slobo è risultata
sancita da un grandioso funerale di popolo. Ma silenzio o
minimizzazione anche sulla precedente incessante fila, di giorno e di
notte senza interruzioni pure sotto pioggia battente, di migliaia e
migliaia di cittadini ed ospiti stranieri al Museo della Rivoluzione,
dove il corpo di Slobo era stato collocato al rientro in patria.
Silenzio sulla toccante cerimonia finale dell'interramento a
Pozarevac, con altre decine di migliaia di persone. Invano, su questi
fatti, si sarebbe cercato un cenno sul "Manifesto" o su "Liberazione"
(di martedì 21 marzo, superato lo sciopero dei quotidiani di domenica
19). E neppure su "Rinascita della sinistra" nel primo numero utile
(venerdì 24 marzo). Noto incidentalmente che a tutt'e tre queste
testate, ma anche ad altri giornali, avevo fatto pervenire, dopo il
tragico decesso di Milosevic e nella mia qualità di componente del
Comitato internazionale per la difesa del Presidente jugoslavo, una
lettera che prima del triste evento avevo inviata a Fausto Pocar (
http://www.pasti.org/bernar33.html ), l'italiano mio collega
universitario di Diritto internazionale, presidente dell'indegno ICTY:
gli avevo sottolineato le responsabilità incombenti su un organismo,
gabellato come giudiziario, per aver formalmente rifiutato con
ordinanza camerale a Milosevic le cure dichiarate indispensabili da
un'équipe autorevolissima di medici specialisti. Naturalmente, sempre
come d'abitudine, silenzio assoluto anche su ciò da parte di tutti
questi organi di stampa sedicenti democratici.

Commovente mi è allora apparso Sansonetti ("Liberazione", 21 marzo
2006), nella sua critica rivolta al silenzio della stampa nazionale
sulla manifestazione "pacifista" di Roma del 18 marzo: "Non è solo
Berlusconi l'autore delle censure, che sono il pane quotidiano del
nostro sistema informativo". Commuove veramente il bue che
implicitamente si riconosce cornuto di fronte all'asino. O colui che,
sempre implicitamente, ammette di avere una trave nell'occhio proprio,
mentre critica la pagliuzza altrui. Eh sì, Sansonetti, tu hai
confessato in definitiva che applichi molte censure e ti poni come
vestale "a sinistra" del politicamente corretto: lasciamo pure le
lettere non pubblicate se "scomode", ma invano, e lo ho detto, ho
cercato nel tuo foglio, come del resto in tutti gli altri, un
resoconto della grandiosa manifestazione popolare durante le esequie
di Milosevic.

Vigliacchi, gran vigliacchi. Avete accettato la vulgata del criminale
imperialismo, del suo pensiero unico. La criminalizzazione di
Milosevic, con i falsi argomenti della propaganda goebbelsiana
dell'imperialismo, li avete fatti propri, come del resto l'indecente
"tribunale" dell'Aja, che li aveva presi alla base delle sue
incriminazioni e li avrebbe posti a fondamento di una prevista
sentenza di condanna, del tutto scontata, perché rispondente alla
missione affidata a quel "tribunale": trovare il colpevole di tutto,
per esonerare gli aggressori imperialisti. Di fronte alla demolizione
che Milosevic nella sua strenua autodifesa aveva conseguito con
successo continuo, vi sarebbe stata la difficoltà, un vero macigno, di
inventare delle motivazioni. A questo riguardo, la scomparsa in
carcere di Slobo è caduta a proposito. Su tutto ciò avete taciuto e lo
avete ignorato, vigliacchi, gran vigliacchi. Forse è il caso di
ricordarvi, a voi che amate tanto rifugiarvi sotto le ali delle
Nazioni Unite persino quando si fanno partecipi di indegnità, che una
solenne dichiarazione dell'Assemblea Generale, risalente ad epoche di
maggior serietà e minor servilismo, la risoluzione 36/103 del 9
dicembre 1981, "Dichiarazione sull'inammissibilità dell'intervento e
dell'ingerenza negli affari interni degli Stati", aveva proclamato il
"dovere degli Stati di astenersi da ogni campagna diffamatoria,
denigrazione o propaganda ostile allo scopo di intervenire o ingerirsi
negli affari interni di altri Stati" e quello di "astenersi
dall'utilizzazione e distorsione di questioni attinenti ai diritti
umani come mezzo di interferenza negli affari interni degli Stati, di
esercitare pressione su altri Stati o di creare sfiducia e disordine
entro o fra Stati o gruppi di Stati". Siete capaci di riconoscere in
ciò quanto è stato compiuto contro la Jugoslavia e il suo Presidente
Milosevic? Con la vostra caldissima partecipazione?

Vigliacchi, gran vigliacchi. Non si deve parlare, e se è proprio
inevitabile parlarne, sia ciò solo in male, di chiunque, pure
eventualmente tra qualche compromesso e annacquamento, abbia cercato
di resistere contro lo smantellamento totale del grande sistema
economico-sociale dei paesi socialisti, che pur tra deviazioni e
revisionismo (e certo la Jugoslavia di Tito ne era stata tra i primi
attori) hanno bene o male tutelato la condizione anzitutto proletaria.
E hanno fatto barriera contro l'imperialismo. Si veda del resto oggi
l'atteggiamento nei confronti della Bielorussia di Lukashenko, che
giustamente non vuol cedere alla nefasta pressione dell'imperialismo
occidentale, di cui vi dimostrate a ogni pie' sospinto succubi.

Ho visto, dalla tribuna di Piazza del Parlamento a Belgrado, la folla
partecipe, commossa, adirata per l'assassinio del suo leader compiuto
da un "tribunale", privo di ogni legittimità e criminalmente
irresponsabile, con la complicità di "dirigenti" serbi, assurti al
potere con l'ausilio di servizi segreti e di operazioni finanziate dai
soliti centri mondiali alla Soros, dirigenti comprati
dall'imperialismo e che a questo svendono il proprio paese: Giuda che
per trenta denari hanno consentito al sequestro e rapimento di
Milosevic da Belgrado all'Aja. Non avete avuto il coraggio civile di
informare i vostri lettori e i militanti di partiti che si vogliono
comunisti sull'atteggiamento della folla belgradese né sulla presenza
di dirigenti e personalità internazionali, che hanno reso omaggio a
Milosevic, paragonandolo anche ad altri eroi della lotta
antimperialista, come Guevara e Dimitrov, e fatto appello di
resistenza antimperialista alla folla degli astanti: i russi Zjuganov
e Baburin, l'ambasciatore della Bielorussia, Ramsey Clark, Velko
Valkanov, Konstantin Satulin, il generale russo L. Ivashov, Branko
Kitanovic, segretario del Partito neocomunista (staliniano) jugoslavo
e altri. State invece ancora ad arrovellarvi perché Mladic e Karadzic
– che eventualmente solo una giustizia indipendente del loro paese
potrebbe, se necessario, giudicare – non sono stati ancora consegnati
al tribunale criminale (nel senso proprio di questo aggettivo)
dell'Aja, assise che il fermissimo e dignitoso comportamento e lotta
di Milosevic ha ormai disvelato e svergognato: e sarebbe bastato
questo, per gente che ancora ardisce di appellarsi comunista, in un
soprassalto di onestà e verità (di cui pare non siate stati capaci),
se non altro a riscattare Milosevic dalle ipotetiche, e solo
fantasticate, colpe ascritte dal pensiero unico dell'imperialismo!

E il rifiuto delle cure adeguate sarebbe dovuto bastare a suscitare in
voi un moto di indignazione e almeno di comprensione: mi è toccata la
ventura, tra gli attori pur minimi della vicenda, di aver anch'io,
come ho ricordato, messo in mora quel "tribunale" sulla salute di
Milosevic. Ma anche qui nulla, vigliacchi, gran vigliacchi.

Il 4 agosto 1996 sul "Washington Post" poteva leggersi: "Milosevic è
stato incapace di comprendere il messaggio politico della caduta del
muro di Berlino. Gli altri politici comunisti hanno accettato il
modello occidentale, ma Milosevic ha intrapreso un diverso cammino".
Sentiamo Ralph Hartmann (già ambasciatore della Repubblica democratica
tedesca), in una prima celebrazione il 15 marzo 2006 a Belgrado. Egli
ricorda che il 10 marzo Milosevic aveva affermato al suo vice nel
Partito socialista serbo, Vucelic: "Non mi piegheranno. Riuscirò ad
affrontarli ed a vincerli" e che, con la testimonianza preparata da
Momir Bulatovic, l'ex presidente del Montenegro, si apprestava ad
infliggere al Tribunale "il colpo sin qui più duro che mai gli sia
stato assestato". Ma proprio in quella notte, fra il 10 e l'11 marzo,
è deceduto nella sua cella. Dice Hartmann: "La notizia è stata accolta
con costernazione da amici e sostenitori, mentre i suoi avversari
all'Aja e nelle metropoli della NATO, dopo le prime ipocrite reazioni
di sorpresa, hanno ripreso a cantare le sperimentate litanie contro il
mostro di Belgrado. Non gli hanno mai perdonato di esser stato
l'ultimo governo in Europa a non voler ammainare la bandiera rossa, di
aver difeso ad oltranza il diritto all'esistenza dello Stato jugoslavo
federato multinazionale e di aver dato fino all'ultimo del filo da
torcere alla Banca mondiale, al Fondo monetario internazionale ed alla
NATO. Questa era ed è rimasta la ragione che spiega l'odio profondo di
questi signori. I loro canali di informazione hanno ripetuto con
convinzione esattamente quelle stesse menzogne che l'accusato aveva
smontato in modo più che convincente e cioè la favola del nazionalismo
grande-serbo senza scrupoli, della sistematica pulizia etnica, dei
massacri consumati in Croazia, Bosnia e Kosovo, degli stupri di
massa". L'ambasciatore sintetizza gli sforzi compiuti dall'illegale
tribunale per piegare in tutti i modi Milosevic anche sul piano
fisico, ma "malgrado questo, il tribunale non è riuscito a metterlo in
ginocchio. Egli ha dimostrato in modo convincente, con atteggiamento
sicuro e con cognizione di causa, punto per punto, l'inconsistenza
dell'accusa e la falsità delle testimonianze. Egli ha accusato con
veemenza le ingerenze della NATO, e soprattutto della Germania,
tendenti a creare le condizioni per lo scoppio di una guerra civile,
il loro sostegno ai terroristi e separatisti del Kosovo ed infine
l'aggressione brutale ed aperta da parte dell'alleanza di guerra.
Persino alcuni osservatori della NATO hanno dovuto riconoscere che
Milosevic da accusato si era trasformato in accusatore: Carla Del
Ponte e con lei l'intero tribunale insieme ai loro mandanti si
trovavano alla vigilia di una sconfitta... di fronte a questo pericolo
i nemici di Milosevic non hanno esitato a minare la sua già precaria
salute". L'ambasciatore prosegue con i rischi di morte a cui è stato
esposto Milosevic: "Il tentativo del Tribunale e dei suoi complici di
insinuare il dubbio che fosse stato proprio Milosevic ad aver assunto
dei medicinali che avrebbero aumentato il rischio di infarto dimostra
soltanto di quali infami e stupide bassezze questi signori siano
capaci. Questo maldestro tentativo completa in certo qual modo
l'immagine che il Tribunale dell'Aja ha offerto fin dall'inizio di sé
e del processo penale che i suoi mandanti gli hanno commissionato
contro il Presidente del paese da loro aggredito. Slobodan Milosevic
ha avuto fino all'ultimo ragione... in effetti non lo hanno piegato,
lo hanno soltanto portato alla morte".

Così parla un comunista, vigliacchi, gran vigliacchi.

Qualche ricordo personale. Delle due ore che ho passato il 16 agosto
2001 con Milosevic all'inizio della sua incarcerazione a Scheveningen,
e di cui allora ha ampiamente riferito il "Corriere della Sera", oltre
che il "Foglio" e un giornale ticinese (ma inutilmente pure su questo
avreste cercato cenno nella pubblicistica che si autonomina
"comunista"), conservo il ricordo di una personalità forte, pugnace,
franca e di salda ispirazione umanistica. Mi sottolineò come l'idea
jugoslava fosse quella dell'unione di popoli diversi, e che questa
proprio la cosiddetta Europa comunitaria, che sta annaspando sul suo
cammino, aveva contribuito a distruggere. Opera dell'imperialismo, una
categoria a lui ben presente, anche per connotare la globalizzazione,
e che invece è sparita tra le file dei "comunisti" che aspirano a
stare al governo in un paese imperialista. Ebbe parole di
commiserazione per Gorbaciov, di cui mi disse che, al minimo, gli era
apparso come qualcuno che non sapeva ciò che volesse: e a questo
punto, su mia sollecitazione, egli, che pur proveniva dal filone
revisionista jugoslavo, riconobbe che Stalin era stato ben altra cosa
e ne rigettò l'accostamento ormai corrente a Hitler. Un episodio
importante: dopo gli accordi di Dayton, nel 1997, se mal non ricordo,
promosse o comunque partecipò a Creta ad un incontro dei paesi
balcanici meridionali, nel quale sostenne l'idea di una loro
associazione o federazione, indipendente dall'Europa. Fra l'altro, in
tale sede, il leader albanese Fatos Nano, gli aveva riconosciuto
l'appartenenza del Kosovo alla Jugoslavia. Secondo Milosevic, furono
proprio tali prospettive a scatenare la reazione occidentale e fu il
Ministro degli Esteri francese ad iniziare la campagna anti-jugoslava
sul Kosovo, che ebbe poi i nefasti sviluppi ben noti. Slobo pronunciò
inoltre energiche parole di deprecazione per i paramilitari, autori di
nefandezze che egli condannava e per le quali auspicava il giusto
perseguimento in via giudiziaria. Quanto al tribunale che lo stava
perseguendo, con l'esito funesto e criminoso di qualche giorno fa, non
solo lo disconosceva, ma ne negava ogni fondamento di giuridica
legittimità: "Quale Stato avrebbe sottoscritto la Carta delle Nazioni
Unite, se avesse previsto un simile mostro giuridico?", mi disse con
grande chiarezza di idee.

Egli, il dirigente che aveva decisivamente contribuito agli accordi di
Dayton, per i quali ricevé anche critiche da parte di decisi
sostenitori della sopravvivenza della Jugoslavia, e che aveva
vittoriosamente lottato per inserire nella Costituzione serba del 1990
e in quella jugoslava del 1992 il concetto che la cittadinanza dovesse
dipendere dal luogo di abituale residenza e non dall'etnia (in
antitesi, ad esempio, alla Costituzione croata, per cui "la Croazia è
il paese dei croati"), il dirigente che voleva certo mantenere la
Jugoslavia, ma si era rassegnato a farlo "per coloro che ci volessero
stare", si vedeva accusato di aspirare ad una Grande Serbia, proprio
il contrario di quanto stava realizzando nei più ristretti confini
della mini-Jugoslavia. Nella quale, fra l'altro, a differenza delle
Repubbliche secessioniste, dopo qualche sbandamento iniziale si era
sforzato di mantenere o ripristinare un forte contenuto sociale, che
ora per opera dei "liberatori" promossi dall'Occidente sta andando
disperso. Gli è stato recriminato, come ispirato a ideologia
grande-serba, il discorso del 1989 a Kosovo Polje, che invece è una
espressione certo anche di difesa della componente serba, ma nel
quadro di un ideale jugoslavo e socialista apertamente affermato.
Queste sono le colpe di Milosevic, che alcuni comunque deplorano per
non aver organizzato una resistenza come Saddam Hussein ha fatto in
Iraq: ma, a mia precisa domanda, ha risposto di aver voluto evitare un
bagno di sangue. Su questo si può sempre discutere. Nei giorni
immediatamente precedenti il suo arresto a Belgrado, avevo
personalmente visto gran folla di popolo intorno alla sua residenza,
pronta a battersi in sua difesa: era lì anche il segretario del
Partito neocomunista jugoslavo, Branko Kitanovic, che ho già nominato,
deciso a difendere l'indipendenza del paese e il Presidente deposto da
un colpo di Stato dall'apparenza, solo l'apparenza, legale.

Di tutto questo nulla deve sapersi in Italia. Non posso che ripetere:
vigliacchi, gran vigliacchi.

Come non ricordare l'infamia di un titolo di giornale di sinistra,
"Belgrado ride", dopo il colpo di Stato contro Milosevic? E come
dimenticare quanto Milosevic stesso mi disse sulla visita che aveva
ricevuto, a fronte dei bombardamenti, da parte di Bossi e di Cossutta,
che gli avevano ambedue fatto la penosa impressione di cedimento
all'imperialismo: l'Italia "era stata di fatto costretta a partecipare
alla guerra", sostenevano. In questa chiave ho quindi letto la
dichiarazione di Armando Cossutta al "Corriere della Sera" del 13
marzo: "La mia missione nel 1999 fu concordata con l'allora Ministro
Dini. Fu un incontro duro, due ore. Milosevic credeva di poter tenere
unite le etnie. Non si può negare che avesse un consenso di massa". Fu
dunque, nella sostanza, un invito alla resa. Imperterrito, Cossutta
declama: "Questo non toglie che abbia commesso dei crimini" (quando?
di essi non aveva tenuto conto in rapporto a quel colloquio, come la
mettiamo?). Di qui il motivo per non partecipare ai funerali di
Milosevic: "Il mio giudizio oggi è netto: fu un tiranno. E questo non
lo assolve". Asserzioni prive di ogni contatto con la realtà (il
tiranno che organizza elezioni, che lascia operare un'opposizione
pagata dall'estero...). Mi spiace dover pronunciare un nettissimo:
"Vergogna!". Un'autoassoluzione di puro conio opportunistico: certo,
sarebbe stato un po' difficile, dopo aver partecipato in seno al
governo italiano di allora, presieduto da D'Alema, all'aggressione
contro la Jugoslavia, recarsi ai funerali di Milosevic! Ma è proprio
quell'aggressione che è stata un crimine assoluto e inescusabile, per
il quale i governanti occidentali, quelli italiani fra gli altri,
sarebbero stati da perseguirsi dalla giustizia penale.

Ho rivisto Milosevic nel suo carcere il 25 febbraio 2005, insieme a
Ramsey Clark e all'indiano prof. Singh: era certo provato, i problemi
di salute incombevano sempre di più, ma si mostrò sempre energico e
pronto a combattere. Contro i mostruosi teoremi giuridici, fabbricati
da una "corte" fantoccio. Contro l'imperialismo, il nemico
dell'umanità. Il suo comportamento all'Aja lo iscrive fra gli eroi di
questa lotta di resistenza, di cui è stato uno degli iniziatori (pur
senza dimenticare l'autodifesa di Erich Honecker). La sua morte
provocata lo colloca anzi fra i martiri. I comunisti che non aspirano
a entrare nel "salotto buono" della borghesia e a partecipare a
governi imperialisti lo onorano e sempre lo onoreranno. Al contrario
dei "comunisti" di salotto e di governo.

Vigliacchi, gran vigliacchi, anzi maramaldi, che cercate persino di
cancellare con il silenzio ogni traccia, ogni memoria, di un
combattente ammirevole per la verità storica contro ogni rinnegamento.

Se mi stavo risolvendo, in vista del 9 aprile, a votare, pur tra mille
perplessità, per un partito della falce e martello, anche se forse
posticci, escludendo Rifondazione Comunista ormai in piena deriva
anticomunista e alla caccia di farfalle nuoviste che in realtà
riesumano vecchissime ideologie, la vicenda della morte di Milosevic e
del comportamento tenuto dal complesso della stampa "comunista" me lo
vieta assolutamente: prima ancora che di ostacolo politico si tratta
di una soglia morale per me invalicabile che, al di là del gravissimo
episodio del silenzio e delle distorsioni che ho enunciato, attesta un
atteggiamento di complicità totale con l'imperialismo e di
assorbimento dei suoi postulati, slogan e operazioni ideologiche di
falsificazione totale della verità. Rifletterò se esista qualche
marginale possibilità di dare un contributo per il superamento
dell'attuale emergenza governativa in Italia, caratterizzata da
concrete derive fascistizzanti, un superamento comunque da cui – ne
sono convinto – scaturirebbe solo la caduta dalla padella attuale
nella brace di un filoimperialismo morbido e ipocrita.

Certo, se mia crocetta sulla scheda vi sarà, non potrà essere per i
vigliacchi, gran vigliacchi.

Aldo Bernardini

5 aprile 2006

(Nota di ICDSM-Italia: Aldo Bernardini non è membro di ICDSM-Italia,
ma aderisce al Comitato Internazionale a titolo personale)






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IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
Il j'accuse di Slobodan Milosevic
di fronte al "Tribunale ad hoc" dell'Aia"
(Ed. Zambon 2005, 10 euro)

Tutte le informazioni sul libro, appena uscito, alle pagine:
http://www.pasti.org/autodif.html
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/204

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*** Conto Corrente Postale numero 86557006, intestato ad
Adolfo Amoroso, ROMA, causale: DIFESA MILOSEVIC ***
LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)