AA.VV.
"CONTRO LE NUOVE GUERRE"
a cura di Massimo Zucchetti
Odradek edizioni, pagine 282, lire 24000

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RECENSIONE
di I. Slavo (Coordinamento Romano per la Jugoslavia - crj@...)

La grande bagarre scatenata in queste ultime settimane attorno al tema
dell'uranio impoverito, in seguito alla morte accertata di altri
soldatini italiani in missione coloniale in Bosnia-Erzegovina, sembra
quasi una "nemesi mediatica" per molti di noi, che negli anni trascorsi
si sono letteralmente spaccati il cranio a cercare di far passare
qualche informazione e qualche idea diversa, nell'opinione pubblica o
anche semplicemente "a sinistra", in merito alle "nuove guerre", delle
quali quella jugoslava (1991-... ?) e' momento emblematico e
spartiacque. Qualcuno di noi si era prodigato intervenendo in ogni
possibile sede di dibattito per contrastare un certo soffocante
"perbenismo", il perbenismo che porto' ad esempio Rossana Rossanda ad
appoggiare i bombardamenti della NATO sulla Repubblica Serba di Bosnia
nel 1995; qualcun'altro si era rovinato la vista ed i nervi a scrivere
al computer, con esasperazione e con indignazione, tutto quello che
sapeva e che vedeva sulla guerra fratricida nei Balcani, e sulla annessa
e connessa campagna di disinformazione. Pero' solo con i bombardamenti
della NATO contro la RF di Jugoslavia, per amara ironia, tante cose
urlate in maniera solipsistica e disperata hanno trovato una loro
dimensione logica ed una sistematizzazione. Per l'enormita' dell'evento,
si sono create sensibilita' condivise, legami, comitati, iniziative;
molte certezze buoniste - del buonismo di "Sarajevo assediata", "Rugova
come Ghandi", "Milosevic come Hitler" - sono entrate in crisi; nuovi
linguaggi critici e di militanza vanno finalmente maturando. Certo, il
buonismo piu' coerente ha appoggiato i "bombardamenti umanitari"; quello
meno convinto ma ostinato si e' spento cortocircuitando su se stesso e
con D'Alema alla Marcia della Pace del 1999... La confusione regna
tuttora sovrana, soprattutto nella sinistra, ma il fragore delle bombe
ha riportato alla realta' molti sognatori, e li ha costretti a mettere
moltissime cose in discussione.

Uno dei frutti principali - quantomeno perche' tra i pochi durevoli -
prodotti da quelle settimane di lotta, e di vergogna per la aggressione
del nostro paese contro un paese vicino, e' il Comitato scienziate/i
contro la guerra. Il Comitato e' nato nel maggio 1999 e subito, a
giugno, ha organizzato un Seminario interdisciplinare dal quale e'
maturato il primo libro "Imbrogli di guerra" (ormai esaurito, ma
interamente leggibile in Internet). Dopo un anno il Comitato ha tenuto
un secondo Convegno Nazionale, e gli Atti, come per il precedente
incontro del 1999, sono stati pubblicati dalle edizioni Odradek. In
questo secondo libro - che qui recensiamo in maniera grossolana, ma del
quale trovate una piu' puntuale presentazione, curata dagli autori, nel
contributo successivo - si riprendono e si approfondiscono le tante
tematiche affrontate nel primo, si pongono enormi punti di domanda, e si
punta l'indice su alcuni fatti gravissimi. Fatti dei quali l'opinione
pubblica e' stata tenuta all'oscuro. La recente campagna sugli effetti
(collaterali?) delle armi all'uranio impoverito ha squarciato in parte
il velo, rendendo improvvisamente *importante* questo libro anche per la
grande stampa, e persino per certi ben noti papaveri nostrani...

Qui arriviamo all'arcano del "subject" che abbiamo scelto per questo
messaggio: che cosa c'entra il senatore a vita, e Presidente della
Commissione Esteri del Senato, Giulio Andreotti con il libro "Contro le
nuove guerre"? C'entra perche' in un intervento al Senato il 10 gennaio
scorso Andreotti ha brandito in aula il libro additandolo ad esempio di
ricerca seria sugli effetti dell'uranio impoverito, e non solo.
Clamorosa ed incredibile sorte di un libro originariamente nato
all'interno, e sostanzialmente pensato ad uso, di ambienti "sani"
(percio' minoritari, ininfluenti e ghettizzati...) della sinistra
intellettuale - persino accademica, ma fieramente antimilitarista ed
anticapitalista. Sul perche' Andreotti si mostri a tal punto
interessato alle ricerche ed idee del Comitato scienziate/i, e sul
perche' proprio adesso e con tale forza venga posta, ai vertici piu'
alti dello Stato, la questione dell'uso dell'uranio impoverito, non
entriamo nel merito. Quello che interessa qui sottolineare e' che questo
libro e' veramente *importante*, perche' e' l'unico libro pubblicato nel
nostro paese che affronti contemporaneamente tante ferite aperte e
sanguinanti della guerra in Jugoslavia e del modo in cui questa e' stata
vista e vissuta dagli "intellettuali". Il libro si apre proprio con un
lavoro dello storico Angelo D'Orsi sul "tradimento", opportunista e
bellicista, degli intellettuali nel Novecento. Forse la questione viene
presa un po' alla larga, e senza colpire abbastanza a fondo quella
intellettualita' precisa, "sinistra", firmaiola, giornalistica e
"buonista", di cui dicevamo sopra, quella del consenso alla
frantumazione della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia
(RFSJ) e dell'assenso alle "missioni umanitarie" d'ogni tipo e risma -
bombe all'uranio impoverito incluse o escluse, poco importa.

Segue un contributo di Nanni Salio sulla "trasformazione nonviolenta dei
conflitti", sostanzialmente scontato ma utile come compendio di una
linea ideologica, solo una delle tante linee ed anime che formano il
Comitato. Poi una ricerca, scritta a tre (sei) mani, sul carattere
strategico della disinformazione, giornalistica e politica, lungo tutto
il corso della guerra, a partire cioe' dal 1991: si tratta piu' che
altro di una anticipazione, di un assaggio, visto che sull'argomento
gia' si potrebbe stendere un'opera enciclopedica... L'articolo condensa
in poche pagine una grande mole di informazioni scioccanti. Unico altro
libro tascabile a contenere materia del genere, nel nostro paese, e' la
versione italiana (ridotta) di "La NATO nei Balcani", dell'I.A.C. -
Editori Riuniti, importantissimo, carico di informazioni sul chi, come e
perche' ha distrutto la RFSJ, non a caso mai recensito in Italia da
nessuno. D'altronde, fino allo scoppio del "caso dell'uranio
impoverito", nemmeno "Contro le nuove guerre" era stato presentato da
alcun mezzo di informazione italiano, stampa di sinistra inclusa.

Ci preme ancora segnalare i contributi della seconda parte sui danni
inflitti dalla NATO alla RF di Jugoslavia: due testi scientifici in
lingua inglese sugli effetti ambientali, nei quali e' descritta la
guerra chimica indiretta - e percio' ancora piu' infame - scatenata da
Massimo D'Alema e dai suoi alleati contro quel paese e contro quel
popolo. Si noti bene che e' questo l'unico materiale disponibile nelle
librerie italiane sull'argomento: nessun altro ha mai pubblicato niente
sugli obiettivi colpiti dalla NATO. A seguire, il testo di Carlo Pona
sull'uranio impoverito, che riprende ed approfondisce i contributi del
volume precedente.

Infine, segnaliamo i contributi di Baracca e Polcaro sui nuovi sistemi
d'arma e sulla nuova corsa agli armamenti (con l'Ottantanove forse
qualcuno pensava che le bombe atomiche fossero sparite dalla faccia del
pianeta?), e l'approfondito e sconvolgente studio di Alberto Di Fazio
sul problema energetico e dell'inquinamento dal punto di vista (anche
politico) globale, che da solo meriterebbe piu' di un intero volume
tutto dedicato. Nel libro ci sono tanti altri contributi su tanti altri
argomenti, talvolta non omogenei tra loro, talvolta forse persino
contraddittori con lo spirito originale che anima il Comitato
scienziate/i - cosi' ci sembra - e tuttavia tali da costruire
nell'insieme un libro di incredibile ricchezza, *prezioso* per la
fondamentale importanza dei temi che vengono affrontati, ed ahinoi per
la sua stessa rarita' ed unicita' nel suo genere, testo fondamentale per
chiunque voglia opporsi alle "nuove guerre" in maniera non soltanto
moralistica, ma consapevole e lungimirante.

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PRESENTAZIONE DEL LIBRO "CONTRO LE NUOVE GUERRE" (Odradek, 2000)

A distanza di un anno dal seminario tenutosi a Roma (21 giugno 1999) da
cui ha avuto luce "Imbrogli di guerra" (Odradek, 1999), il Comitato
"Scienziate e scienziati contro la guerra" ha promosso presso il
Politecnico di Torino un convegno scientifico sul tema:
"CULTURA, SCIENZA E INFORMAZIONE DI FRONTE ALLE NUOVE GUERRE"
(22 e 23 giugno 2000). Informazioni sul convegno si trovano al sito
web: http://www.iac.rm.cnr.it/~spweb/convegni/index.html

L' iniziativa ha da un lato ripreso ed aggiornato alcune delle analisi
gia' presentate durante l'incontro tenutosi a Roma, circa i rischi per
la salute umana e per l'ambiente dovuti all'uso di uranio impoverito e
all'inquinamento chimico causato dai bombardamenti della recente guerra
di aggressione della NATO contro la Repubblica Federale Jugoslava, e
dall'altro e' tornata sulle connessioni fra la guerra nei Balcani e gli
scenari delle crisi ambientali globali.
L' evoluzione dello scenario internazionale ha reso pero' necessario un
contributo piu' ampio al dibattito sulle implicazioni di pace e di
guerra
insite nei modi di produrre informazione, di costruire rappresentazioni
storiche, di definire norme e valori.
Non ci si e' quindi soltanto soffermati sullo specifico caso jugoslavo
(che peraltro e' stato approfondito grazie anche al contributo di
colleghe
e colleghi jugoslavi presenti al convegno), ma si è cercato di
continuare
un ragionamento piu' ampio circa le responsabilita' degli operatori
della
cultura, della scienza e della tecnologia nel rendere possibili le
guerre:
per poterle fare, occorre prima di tutto attrezzarsi e predisporre la
societa' mentalmente e materialmente a volerle fare.

I responsabili della cultura di guerra risiedono in tutti i campi del
sapere, da quelli umanistici - dove concorrono a costruire i pregiudizi,

rafforzando sensi di identita' in conflitto ed etiche intrinsecamente
discriminanti -, a quelli scientifico-tecnologici che forniscono anche
in
concreto non solo le armi ma i sistemi essenziali all'organizzazione e
al
funzionamento degli apparati militari.

Il convegno ha permesso di allargare lo scambio tra esperte ed esperti
di
discipline diverse intorno ai temi della guerra, nella consapevolezza
che,
nonostante taluni scienziati abbiano spesso collaborato in modo
determinante
alla realizzazione di strumenti di distruzione e di morte, l'impegno di
chi opera nei campi della ricerca e dell'informazione puo' contribuire a

prevenire l'insorgere di nuove guerre. Tale assunzione di
responsabilita'
appare tanto piu' urgente per chi intreccia ai compiti di ricerca anche
funzioni didattiche e di formazione, perche' con il proprio lavoro puo'
aprire spazi orientati a relazioni di pace anziche' di scontro violento.

E' stato quindi un secondo tentativo di attrezzarsi piu' adeguatamente
per operare alla ricerca del dialogo, della tolleranza e della
accettazione del diverso da se'.

Durante questo incontro le differenze su modi, strumenti di analisi e
paradigmi di riferimento sono emersi anche fra i partecipanti: il
confronto
tra diversi approcci sia al sapere scientifico che alle tematiche della
guerra
e della pace sono stati elementi molto importanti dell'incontro di
Torino.
I partecipanti hanno riscoperto che cosa li accomuna: l'insoddisfazione
per
la certezza assoluta del sapere e, all'opposto, il piacere del dubbio
sistematico, dell'accettare la sfida del confronto, del dibattito anche
polemico ma finalizzato ad ampliare costantemente le capacita' di
comprensione
di quanto ci circonda, dei problemi che esaminiamo e che decidiamo di
affrontare; infine, il rifiuto di aderire alle schiere dei dominatori,
di
coloro, cioe', che usano le scienze e le tecnologie per proiettare sul
nostro pianeta inquietanti scenari di guerra.

E' stato, insomma, un ulteriore segno della vivacita' del Comitato
scienziate
e scienziati contro la guerra che da oltre un anno affronta appassionate

discussioni in rete (scienzaepace@...) sui temi della pace,
degli
armamenti, delle crisi ambientali, come pure delle biotecnologie, della
genetica, delle vittime della guerra e degli ultimi scenari, come la
Palestina.

Si spera ovviamente che quanto viene qui presentato sia nuovamente uno
strumento per promuovere dibattiti anche oltre i confini del mondo
scientifico
dando, a noi come ad altre/i, occasioni di confronto, riflessione ed
elaborazione
culturale e scientifica per la costruzione della pace e di modalita'
diverse di
comunicazione tra i saperi e di risoluzione dei conflitti.

Gli atti del Convegno si trovano dunque nel libro "Contro le Nuove
Guerre", a
cura di Massimo Zucchetti , edito da Odradek, pagine 282, lire 24000.

Vi si trovano i contributi degli autori:
Angelo D'Orsi, Giovanni Salio, Ivan Grzetic, Mica Saric Tanaskovic,
Carlo Pona,
Alberto Di Fazio, Angelo Baracca, Francesco Polcaro, Giulia Barone,
Franco Marenco, Andrea Martocchia, Adriana Valente, Enrico Peyretti,
Antonino
Drago, Cristina Giannardi, Daniele Dominici, Mauro Cristaldi,
Associazione "Medici contro la Tortura", Natasa Lazovic, Luciano
Vasapollo,
Francesco Iannuzzelli, Lucas Gualdron, Marcella Delle Donne.

Il prezzo d'acquisto del volume e' destinato a coprire in parte le spese
di
pubblicazione, nonchè a finanziare le future attivita' del Comitato
"Scienziate e Scienziati contro la guerra", che sono ampie
e, purtroppo, sempre piu' attuali e necessarie.


Per informazioni e per ordinare il libro:
Massimo Zucchetti
DENER - Politecnico di Torino
Corso Duca degli Abruzzi, 24
10129 Torino
Tel: +39.011.564.4464
Email: zucchetti@...

Per informazioni sul Comitato:
Sito web: http://www.iac.rm.cnr.it/~spweb/

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INTERVENTO DI GIULIO ANDREOTTI
nell'aula di Palazzo Madama il giorno 10/1/2001:

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Andreotti. Ne ha facoltà.
ANDREOTTI. Signor Presidente, colleghi, io non sono né un tecnico di
fisica né un medico, quindi non ho delle opinioni personali da poter far
valere. Ringrazio il Ministro per la sua relazione, che naturalmente
deve essere ispirata anche a prudenza e attenzione, questo è ovvio, però
penso che forse una conclusione operativa possa e debba essere
tracciata.
Molte volte non occorre avere documenti riservati. L'anno scorso, in
giugno, ha avuto luogo presso il Politecnico di Torino un convegno su
questo argomento, i cui atti sono stati pubblicati, che ha fornito una
serie di informazioni e di risposte molto esaurienti, in un quadro che
si ricollega obiettivamente alla lunga battaglia che è stata fatta per
la messa al bando delle armi chimiche, per una effettiva analogia che
esiste; una battaglia che fu difficile. La Conferenza sul disarmo aveva
una struttura ad hoc a Ginevra nella quale le resistenze erano
moltissime, forse anche per l'allora situazione internazionale, che
fortunatamente oggi non è tale da doverci preoccupare. Per ben due
volte, il ministro degli esteri tedesco Genscher ed io stesso dovemmo
andare a Ginevra ad intervenire per suscitare un andamento favorevole e
per eliminare l'abitudine che vi era ai continui rinvii. Inoltre, il
Governo italiano, con una riunione di scienziati internazionali che si
tenne nel 1988 a Villa Madama, dette un contributo obiettivo di
carattere scientifico alla liceità dell'impostazione portata avanti da
coloro che erano a favore della messa al bando delle armi nucleari. La
necessità che questo tipo di armi all'uranio impoverito sia compreso in
quell'elenco mi pare obiettivamente implicita. C'è uno strano documento
al riguardo. Come sapete, la NATO, che era stata denunciata al Tribunale
internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia in relazione alle
operazioni effettuate, è stata prosciolta; ma nel documento del
Tribunale internazionale si afferma: «I gusci di uranio impoverito
attorno ai proiettili anticarro, secondo le denunce, hanno effetti di
contaminazione, tuttavia non entrano nella lista delle armi proibite e
non c'è consenso internazionale sulla loro pericolosità». Questo non è
un documento scientifico né politico; ritengo però che lavorare per
l'inserimento delle armi ad uranio impoverito nell'elenco delle armi
proibite abbia una sua logica intrinseca e sia necessario. Tanto più
che, proprio in un documento ufficiale del segretario generale della
NATO, signor Robertson (una lettera al Segretario generale delle Nazioni
Unite del febbraio dello scorso anno, prima del convegno cui ho fatto
precedentemente riferimento), si forniscono dati relativi al Kosovo
menzionando il lancio di 31.000 proiettili, pari a 10 tonnellate di
questo prodotto, i cui effetti - se ne discute nella nostra Commissione
e in altre sedi sul piano medico-scientifico - devono essere verificati,
a mio avviso, non soltanto sulle persone ma anche sul territorio. Il
Ministro ha fatto un cenno alle acque, per fortuna positivo, ma occorre
capire bene che cosa significa per il territorio, nell'immediato e a
scadenza, l'aver recepito 10 tonnellate di uranio impoverito. Ciò
solleva dubbi fortissimi. Il nostro compito però non è cronistorico ma,
piuttosto, politico. Dobbiamo incoraggiare la linea che è stata
sostenuta nei giorni scorsi: nella ricerca di una certezza di carattere
obiettivo e per un senso di opportunità politica e morale, dovrebbe
essere nel frattempo interdetto dovunque l'uso di queste armi. Ho
adoperato l'avverbio “dovunque” per riferirmi anche all'Iraq, un Paese
coinvolto in questa vicenda, secondo le notizie apprese dai giornali,
con una guerra che non è considerata tale. Del resto anche quella in
Kosovo non è stata ufficialmente una guerra e non so, tra l'altro, se i
figli di coloro che sono morti sono considerati orfani di guerra o no; è
un problema che pure andrà studiato, a prescindere dall'argomento che
oggi affrontiamo. Credo sia necessaria un'azione nelle sedi proprie,
l'Alleanza atlantica e le Nazioni Unite, le quali nei loro atti hanno
già un documento del 1996 nel quale si parla della necessità di
eliminare la produzione e la diffusione di armi di distruzione di massa
e con effetti indiscriminati, in particolare le armi nucleari, le armi
chimiche, il napalm, le bombe a frammentazione, le armi biologiche e le
armi contenenti uranio impoverito. Non si tratta di una richiesta
esorbitante; qualcuno, con una speculazione di lega piuttosto bassa, ha
sostenuto che abbiamo suscitato le ire degli americani che avrebbero
chiuso l'ambasciata per questo motivo. Ciò fa parte, a mio avviso, della
cronaca macabra, ma umoristica, di fine d'anno. Questi sono problemi
seri, venuti a conoscenza dell'opinione pubblica; abbiamo dunque la
necessità - e il Ministro se ne è dato carico - sia di evitare qualunque
momento di panico e di disorientamento all'interno delle Forze armate
sia di adottare un'azione politica. E poi, vorrei anche aggiungere una
considerazione. In Commissione esteri, qualche settimana fa, abbiamo
ricevuto la dirigente dell'agenzia dell'ONU per i rifugiati, che veniva
in visita di congedo. Le abbiamo posto il quesito: i serbi che sono
stati cacciati dalle loro terre, nel momento del conflitto in Bosnia,
nella Kraijna e nella parte della Slavonia, sono rientrati o non sono
rientrati? Purtroppo - ci ha detto - l'accordo di Dayton in questo non
si è potuto realizzare. Nel Kosovo certamente non c'è più il signor
Milosevic che fa operazioni di persecuzione nei confronti degli
albanesi, però i serbi dove sono? La grandissima parte è andata via e
per una parte non piccola sono stati uccisi. Non vorrei rifarmi a una
frase che suscitò tante polemiche a suo tempo, quella di Benedetto XV
sulla «inutile strage», però dinanzi a una situazione di difficile
convivenza etnica, se la convivenza è appoggiata solo sulla presenza di
truppe, certo transitoriamente è un bene, ma non può essere una
soluzione di carattere definitivo. Le soluzioni, posto che si trovino,
vanno ricercate altrove.
Ritengo che dobbiamo ringraziare il Ministro per averci fatto questa
relazione e dobbiamo mettere a carico suo e del Ministro degli esteri
anche la necessità di non demordere, di non fare come qualche volta
facciamo, che i problemi ci emozionano per un certo tempo, ci
interessano, poi uno strano cancellino li toglie dalla lavagna e ci
dedichiamo ad altri argomenti. Su questo non credo che dovrebbe esserci
consenso; certamente non ci sarà mai da parte mia. (Applausi dai Gruppi
PPI, DS, UDEUR e Misto-CR e dei senatori Gubert, Lorenzi e Vertone
Grimaldi. Congratulazioni).

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Bollettino di controinformazione del
Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'"
Sito WEB : http://digilander.iol.it/lajugoslaviavivra

I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente le
opinioni delle realta' che compongono il Coordinamento, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
solo scopo di segnalazione e commento ("for fair use only")

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