da: Vladimir Dedijer, Tito (contributi per la biografia)
Capitolo sedicesimo

GIOIA  E TRISTEZZA  DELLA VITTORIA

L’anno 1943 fu l’anno decisivo della Seconda guerra mondiale. All’Oriente l’Armata  Rossa da Stalingrado procedeva speditamente cacciando, nel corso di tutto l’anno, sempre più davanti a se le divisioni naziste. Gli Alleati ripulivano l’Africa dalle truppe di Rommel, l’Italia era messa fuori combattimento. Oramai era questione di tempo quando Hitler avrebbe capitolato.
                   
In Jugoslavia la gente desiderava  con tutto il cuore la fine dei patimenti, degli incendi dei villaggi, dei bombardamenti, del sangue... Le grandi vittorie degli alleati destavano speranze che la fine della guerra fosse vicina. Con quanta gioia erano celebrate queste vittorie, e che cosa significava la notizia della fine di Mussolini, e quanto si era gioito per la liberazione di Kiev il 6 novembre 1943! Lo Stato maggiore allora si trovava a Jajce. Milovan Djilas  quella sera sentì lo speaker Levitan mentre a radio Mosca leggeva l’ordine del giorno di Stalin  riguardante la liberazione della capitale dell’Ucraina, e corse su per le mura della città antica e da lì sparò tre pallottole con la rivoltella, secondo una vecchia tradizione montenegrina che si usava per annunciare qualche notizia lieta.
Anche i partigiani nella città avevano saputo della liberazione di Kiev, e quando Djilas diede l’annunzio dalla fortezza, iniziarono a sparare prima con le rivoltelle, poi dai fucili automatici, e tutta la città rimbombava per gli spari. La gente uscì nelle strade ed iniziò a ballare, e gli spari non si placavano. Tito non sapeva di che si trattasse: era uscito fuori dalla stanza,  mentre la sparatoria diventava sempre più forte. Dalla città essa aveva contagiato anche le nostre posizioni sui monti, ed i partigiani cominciarono a cannoneggiare dalle montagne vicine. La sparatoria durò un'ora intera.Volavano gli ordini per telefono, si pronunziavano dichiarazioni. Quella serata si spesero tante munizioni quanto in una intera battaglia. E ogni pallottola continuava ad essere preziosa – tutto bisognava strappare al nemico.

Questo era l'umore dell’esercito e della gente nell’autunno del 1943, quando la Milizia di liberazione partigiana, dopo esser riuscita a superare le due ultime, durissime offensive, potè contare il numero di 300.000  combattenti. Il territorio liberato corrispondeva già alla metà del territorio jugoslavo.

Nelle cerchie partigiane si era aperta la discussione su come consolidare i risultati raggiunti fino ad allora. Il Comitato Centrale del PCJ (Partito Comunista di Jugoslavia) subito dopo la capitolazione dell’Italia aveva concluso che necessitava convocare l'AVNOJ (Consiglio Antifascista di Liberazione Popolare della Jugoslavia) per poter prendere le decisioni relative alla creazione di un governo temporaneo della nuova Jugoslavia.

Ancora nell’ottobre del 1943, quando si ebbe notizia che a Mosca ci sarebbe stata una riunione tra il Ministro degli esteri britannico Eden, il ministro degli esteri americano Korder Hal ed il commissario per gli affari esteri Molotov, Tito mandò il seguente telegramma a Mosca:
 
“Per quanto riguarda la Conferenza dei rappresentanti di Unione Sovietica, Inghilterra ed America si suppone che sarà posta in discussione anche la questione jugoslava.
Il Consiglio Antifascista della Jugoslavia, di Croazia e Slovenia, e lo Stato Maggiore della Lotta di Liberazione Jugoslava e  del Movimento di Liberazione Jugoslavo mi hanno incaricato come plenipotenziario di rendervi noto quanto segue:
    
Primo: noi non riconosciamo ne' il governo jugoslavo ne' il re che si trovano all’estero, visto che essi da  due anni e mezzo ed anche tutt'oggi aiutano i collaborazionisti dell’invasore nonché il traditore Draza Mihajlovic, e per questo sono responsabili di tradimento verso i popoli jugoslavi.
  
Secondo: noi non permetteremo che costoro tornino nella Jugoslavia, visto che questo significherebbe la guerra civile.
    
Noi lo dichiariamo in nome della stragrande maggioranza del popolo, che vuole una repubblica democratica, basata sui comitati popolari di liberazione.

Quarto: L’unico potere legale è il potere  del popolo - al giorno d’oggi questo sono i comitati popolari di liberazione capeggiati dei consigli antifascisti.

La stessa dichiarazione sarà consegnata anche  alla missione inglese che si trova presso il nostro Stato Maggiore.
Il generale inglese già ci ha fatto capire che il governo inglese non insisterà troppo sul re e il governo in esilio.”

A Jajce, la vecchia capitale dei re di Bosnia, nella valle del fiume Vrbas, dove si trovava lo Stato Maggiore nell’ottobre del 1943, con impazienza si aspettavano i risultati della Conferenza di Mosca. Essa si era protratta dal 13 fino a 30 ottobre, ma il governo sovietico non mise all’ordine di giorno la dichiarazione di Tito.

Però in Jugoslavia fu deciso che si convocasse l'AVNOJ. Come luogo di raduno era stata scelta Jajce. Durante la Seconda guerra mondiale questa città diverse volte aveva cambiato padrone. I partigiani l’avevano liberata nel 1942, ma verso la fine dello stesso anno i tedeschi la avevano di nuovo ripresa, poi nell’autunno del 1943 fu per la seconda volta liberata dai partigiani. In questa città si era stabilito Tito con il suo Stato Maggiore. Sotto la fortezza, su una piana, erano state costruite due baracche con gli uffici. In una cameretta accanto abitava Tito.
    Jajce era spesso sotto il tiro del bombardamento nemico. Allora Tito generalmente scendeva verso la fabbrica, che disponeva di un tunnel, dove la gente si riparava. Proprio alla vigilia della Conferenza dell'AVNOJ Jajce fu di nuovo bombardata. Tito si trovava nel  tunnel – si era rifugiato li con molta altra gente e con i combattenti partigiani. Qui si trovava anche la stazione di primo soccorso. Una bomba che era caduta proprio sull’entrata del tunnel aveva ferito alcuni combattenti del battaglione di scorta dello Stato Maggiore. A un partigiano la bomba aveva fracassato lo stomaco. Subito, qui nel rifugio, il medico lo aveva operato, mentre Tito reggeva la testa del ferito.

- Gli sorreggevo la testa, 
ricorda Tito, mente grosse gocce di sudore gli bagnavano la fronte. L’operazione si faceva senza anestetico. Il compagno ferito tenne un atteggiamento coraggioso. Tentavo di consolarlo: “Non preoccuparti, l’operazione di sicuro andrà bene.” Dopo alcuni secondi la sua testa cadde priva di vita nelle mie mani.

I delegati alla seduta dell'AVNOJ arrivavano dalle regioni più remote della Jugoslavia. Tutti viaggiavano armati, essendo costretti a passare dai territori liberati attraverso le terre ancora sotto occupazione tedesca. Alcune delegazioni erano costrette a farsi strada anche combattendo. La strada più lunga toccò ai montenegrini che dovevano fare un viaggio di 300 km superando le montagne e le gole, tutto a piedi  ed armati.

Il Politburo del Comitato Centrale del Partito Comunista Jugoslavo discusse se fosse necessario avvertire il Komintern del fatto che sarebbe stato creato un governo provvisorio, che sarebbe stato tolto al governo del re il diritto di rappresentare il governo jugoslavo, e che al re Pietro sarebbe stato vietato il ritorno nel paese. Viste le esperienze avute con la Prima seduta dell'AVNOJ, quando il governo di Mosca  con il suo intervento aveva vietato la creazione di un nuovo governo jugoslavo provvisorio, il che avrebbe potuto avere delle conseguenze gravi per lo sviluppo ulteriore del movimento, il Politburo del Comitato Centrale del PCJ decise questa volta di limitarsi ad avvisare il Komintern che sarebbe stato creato il governo provvisorio, ma non che l'AVNOJ avrebbe dovuto decidere di togliere la legittimità al governo del re e proibire al re il ritorno nella Jugoslavia.
    
Sicché Tito, il 26 novembre, mandò a Mosca il telegramma seguente:   
“Il 28 novembre inizia la seduta plenaria del Consiglio Antifascista di Liberazione Popolare della Jugoslavia. L’ordine del giorno: Riorganizzazione del Consiglio in organo legislativo temporaneo  dei popoli jugoslavi. Secondo: creazione del Comitato Nazionale, in vece del potere esecutivo provvisorio, responsabile al Consiglio.
Si sono svolte già le sedute dei Consigli nazionali in Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, in Montenegro e in  Sangiaccato, e in queste sedute sono stati eletti i delegati che prenderanno parte alla Seduta Plenaria. Sono stati eletti anche i delegati in Macedonia – fra loro Dmitar Vlahov e Vlada Pop Tomov. Anche la Serbia ha mandato i suoi delegati.
Sono arrivati già più di 200 delegati da varie parti del paese. Sarebbe opportuno inviare loro i saluti dal Comitato panslavo. Questo avrebbe un effetto positivo per lo sviluppo ulteriore della lotta di liberazione nella Jugoslavia e nei Balcani.”


L'AVNOJ tenne la sua seduta plenaria nella sala della ex società ginnica di Sokol ("Il falco"). L’edificio in cui si trovava quella sala era stato incendiato durante il primo attacco partigiano alla città, ma appena fu liberata Jajce l’edificio fu ristrutturato, e diventò Casa della Cultura. In quella sala il Teatro della liberazione popolare rappresentava “Il Revisore” di Gogol ed altre pièces teatrali che dipingevano la vita partigiana. Adesso la sala era stata addobbata per la seduta plenaria dell'AVNOJ. Il podio era avvolto nelle bandiere: quella jugoslava con la stella rossa in mezzo, poi la sovietica, quella americana e l'inglese. La seduta si svolse soltanto nel corso di una notte.

Proprio il giorno dell’apertura della Seconda seduta plenaria dell'AVNOJ  perse la vita per una bomba tedesca Ivo Lola Ribar, membro dello Stato Maggiore. Era stato designato, insieme a Vladimir Velebit e Milivoje Milovanovic, per la prima missione dello Stato Maggiore partigiano mandata allo Stato maggiore degli Alleati in Medio Oriente. Doveva partire con un aereo per l’Italia, ma gli aerei britannici non poterono atterrare. Proprio in questi giorni un ufficiale dei domobrani (collaborazionisti) da Zagabria era fuggito su di un aereo tedesco “Dornier 17”. Fu presa la decisione di inviare in Italia, con quell’aereo recuperato, la delegazione jugoslava insieme ai due ufficiali britannici. Da un improvvisato aeroporto partigiano il nostro aereo era già pronto per mettersi in volo, quando da dietro una montagna spuntò un aereo di esplorazione tedesco. Si precipitò subito sul gruppo di gente che saliva sull’aereo e sganciò due bombe da un centinaio di metri di altezza. Così persero la vita Ivo Lola Ribar, il capitano inglese Donald Night, il maggiore inglese Robin Wederlee e un partigiano che si trovava li per caso. Il fratello più giovane di Ivo Lola Ribar, Jurica, pittore di fama, era caduto un mese prima in uno scontro con i cetnizi in Montenegro.
    Il padre di Lola Ribar, dottore Ivan Ribar, proprio quel giorno era giunto dalla Slovenia a Jajce per assistere alla Seduta plenaria dell'AVNOJ. Lui non sapeva affatto ne' che il figlio minore Jurica era caduto ne' della tragica morte del figlio maggiore Ivo, appena avvenuta. Quando giunse presso Tito, questi gli disse che Lola era caduto la mattina. Il vecchio padre non pianse, chiese soltanto:
-  Ma Jurica, che si trova lontano, sa della morte del fratello? Quando sentirà che il  fratello è caduto, sarà molto colpito...
Soltanto il quel momento Tito capì che il vecchio non sapeva di aver perso anche il figlio minore. Tito rimase in silenzio per alcuni secondi, riflettendo su cosa dire, poi si avvicino al vecchio Ribar, gli prese la mano e gli disse piano:
- Anche Jurica è caduto in un scontro con i cetnizi in Montenegro, un mese fa...
Il vecchio Ribar tacque, poi abbracciò Tito:
- È molto dura questa nostra lotta 
- disse...

La stessa sera si svolse il funerale di Lola Ribar. Un battaglione della I brigata proletaria era stato posto come guardia d’onore nel centro di Jajce.  Per ultimo, dal figlio si era accomiatato il vecchio padre. Con una voce forte, che soltanto qualche volta gli tremò, si rivolse ai combattenti della Prima brigata proletaria:
- “Nessuna forza potrà fermare il popolo di questo paese nella  lotta di liberazione”...
Poi, la bara con il corpo di Lola Ribar fu portata in un posto segreto, visto che esisteva il pericolo che i tedeschi o cetnizi scoprissero la tomba e distruggessero la salma.

La Seconda seduta plenaria dell'AVNOJ è stata per la Jugoslavia l’evento più significativo nella Seconda guerra mondiale. Essa ha, infatti, posto le fondamenta del nuovo Stato. In questa seduta, innanzitutto è stato creato il Comitato Nazionale, organo esecutivo dell’AVNOJ, con funzione di governo provvisorio. Nella Seconda seduta plenaria dell'AVNOJ è stata votata la decisione che si togliesse il diritto, al governo in esilio, di continuare a rappresentare il governo della Jugoslavia. È stato deciso ugualmente di vietare al re Pietro e agli altri membri della dinastia Karadjordjevic di tornare in Jugoslavia. La forma definitiva del governo del futuro stato – monarchia o repubblica – sarebbe stata decisa dopo la guerra. È stato proclamato che la nuova Jugoslavia sarebbe stata costituita su base federale.

È stato pure deciso di rivolgere un appello al governo americano perchè bloccasse le riserve auree della Jugoslavia, che erano state portate a Washington per sottrarle ad Hitler, e che al momento venivano spese e sprecate senza il minimo scrupolo dal governo in esilio.
Su proposta di Josip Vidmar, nell’esercito di liberazione è stato introdotto il titolo di maresciallo. Già quando era stato deciso da parte dello Stato Maggiore che nell’esercito di liberazione fosse introdotto il grado di generale, Kardelj  aveva proposto che si introducesse anche il titolo di maresciallo, ma Tito non aveva accettato. Invece, nella Seconda seduta plenaria dell'AVNOJ  la delegazione slovena ha portato la stessa proposta e questa è stata accettata, con applausi da tutti i presenti. Quando l'AVNOJ ha attribuito a Tito questa carica egli è stato molto commosso.

Quando la Seconda seduta plenaria dell'AVNOJ fu conclusa il CC del PCJ mandò  a Mosca il seguente telegramma:
    
“Alla fine di novembre si è tenuta  a Jajce  la Seconda seduta plenaria dell'AVNOJ, dopo che sono state tenute le sedute territoriali dei Consigli della  Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, del Sangiaccato e del Montenegro. Di 208 delegati, eletti da tutti i popoli jugoslavi, ne erano presenti 142 che portavano le deleghe per altri 66 delegati assenti con diritto al voto. La composizione delle delegazioni nazionali indica  che il movimento di liberazione nazionale raduna nella maniera più larga possibile componenti di tutti i gruppi democratici, e i lavori della Seduta plenaria si sono trasformati  in una manifestazione della profonda unità e fratellanza di tutti i popoli della Jugoslavia. La principale relazione sullo sviluppo della lotta di liberazione dei popoli jugoslavi, nonché sugli eventi internazionali, è stata pronunciata da Josip Broz Tito ed è stata accettata con i più grandi applausi ed altrettanto entusiasmo. – Il delegato bosniaco dottor Vojislav Kecmanovic, leader della SDS (Partito Democratico Serbo), ha proposto tre decisioni di massima importanza:
- Primo: l'AVNOJ si costituisce come massimo organo legislativo e rappresentativo, la cui presidenza nominata il Comitato di Liberazione Jugoslavo con il carattere di governo provvisorio.
- Secondo: Si pone il principio federale come principio costituente della Jugoslavia.
- Terzo: Si tolgono tutti i diritti ai governi in esilio e si vieta il ritorno nel paese al re Pietro fino alla liberazione dell’intero paese, quando sarà risolta definitivamente la questione della monarchia o della repubblica.
- Sono state prese altre decisioni importanti:
- Su proposta della delegazione slovena è stato introdotto il titolo di Maresciallo della Jugoslavia nell’esercito di liberazione popolare.
- Su proposta della stessa delegazione slovena  e con lunghi e calorosi applausi dei delegati presenti al Consiglio, questo titolo è stato assegnato al comandante supremo Tito.

La presidenza eletta nel Consiglio è composta da 63 delegati. Il presidente è il dottor Ivan Ribar, i vicepresidenti sono Mosa Piade, Antun Augustincic, Josip Rus, Marko Vujacic e Dmitar Vlahov, il segretario Rodoljub Ciolakovic e Radonja Golubovic e ancora 56 mombri della presidenza.
La Presidenza ha nominato il Comitato nazionale con la composizione seguente: presidente e fiduciario della difesa popolare Josip Broz Tito, vicepresidenti Edvard Kardelj e Vladislav Ribnikar come fiduciario dell’informazione con Bozidar Magovac; fiduciario degli affari esteri il dottor Josip Smodlaka, fiduciario degli interni Vlada Zecevic, dell’istruzione Edvard Kocbek, dell’economia Ivan Milutinovic, delle finanze Dusan Senec, del traffico Sreten Zujovic-Crni, della sanità Milivoj Jambresak, della ripresa economica Teodor Vujasinovic, delle politiche sociali dottor Ante Krzisnik, della magistratura Frane Frol, delle risorse allimentari Mile Perinicic, dell’edilizia dottor Rade Pribicevic, delle foreste e delle miniere Sulejman Filipovic.
    
30.XI.1943" 
 
La seduta dell'AVNOJ si è tenuta contemporaneamente con la Conferenza di Teheran fra Churchill, Roosvelt e Stalin. In questa conferenza, come è noto, accanto alle questioni di strategia generale della guerra contro Hitler, accanto alla questione dell’apertura del Secondo fronte ed alla precisazione della data dell'apertura, si è discusso anche del contributo della Jugoslavia nella guerra contro le forze dell’Asse. Roosvelt, Stalin e Churchill hanno costatato che la forza principale che ha combattuto contro i tedeschi è l’Esercito di Liberazione Popolare sotto il comando di Tito.
Finalmente, dopo due anni e mezzo di tentativi e lotte costanti, dopo una congiura da parte quasi del mondo intero perchè la verità sulla Jugoslavia non venisse fuori, questa ingiustizia è stata finalmente rettificata.
Con la decisione di Teheran i partigiani nella Jugoslavia sono stati di fatto accettati come esercito di liberazione. E questo fatto è stato approvato con la decisione formulata dai tre capi della coalizione anti-hitleriana. Nella dichiarazione sulle decisioni prese a Teheran al primo posto è stato messo il punto del riconoscimento dei partigiani jugoslavi, al secondo l’entrata della Turchia in guerra, al terzo la questione bulgara, al quarto – che l’apertura del secondo fronte, cioè l’operazione “Overlord”, debba iniziare nel maggio del 1944, al quinto che gli Stati Maggiori degli Alleati anche in seguito debbano consultarsi sulle operazioni militari future delle loro armate. Il testo completo sugli aiuti ai partigiani jugoslavi  è il seguente:
 
“La Conferenza è d’accordo che i partigiani nella Jugoslavia debbano essere aiutati con materiale bellico e provviste in massimo grado nonché con le operazioni dei commandos.”

Questa formulazione l'hanno firmata insieme Churchill, Stalin e Roosvelt il 1. dicembre 1943.

Sulle decisioni concrete di Jajce Tito non aveva avvisato in anticipo i rappresentati di nessuna delle grandi forze mondiali, anche se nei tratti principali le aveva comunicate sia al governo dell’URSS, con il telegramma sopra citato, sia al generale Fitzroe MacLean, capo della Missione militare alleata presso lo Stato Maggiore. Queste decisioni erano una questione jugoslava, e spettavano come diritto esclusivo ai popoli jugoslavi; queste decisioni erano basate sui principi per i quali combattevano le Nazioni Unite nella Seconda guerra mondiale. Nella risoluzione dell’AVNOJ si dice testualmente:
    
“I popoli della Jugoslavia con gioia accettano e salutano le risoluzioni della conferenza di Mosca dei rappresentanti dei governi dell’URSS, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti d’America, le quali garantiscono a tutti i popoli il diritto di esprimere liberamente la propria volontà e di decidere da soli della propria organizzazione statale. Questa decisione è di massima importanza anche per i popoli jugoslavi che con la loro insistente ed ostinata lotta di liberazione hanno dimostrato la propria volontà nonché la capacità di porre le fondamenta della loro comune futura patria, di una vera democrazia  e della vera uguaglianza tra i popoli.”
        

FONTE: 
Vladimir Dedijer: TITO, 
Kultura, Beograd, 1953
(pp.377-384)
Traduzione di JT, revisione del testo italiano a cura di AM.
I nomi anglosassoni, riportati nella trascrizione fonetica tipica del serbocroato, potrebbero essere stati riprodotti qui in maniera non rigorosa.