Scritto da Gianandrea GaianiVenerdì 01 Marzo 2013

di Gianandrea Gaiani AnalisiDifesa.

A due anni dall’inizio della “rivoluzione” contro il regime di Muammar Gheddafi possiamo essere ben fieri dei progressi compiuti dalla Libia nel campo della libertà, della sicurezza, dei diritti umani e della civiltà. Grazie all’intervento politico e militare dell’Occidente è stato rovesciato un regime brutale e noi occidentali siamo stati bravi a non farci incantare dalle bugie del Colonnello che ci voleva convincere che tra i ribelli c’erano milizie islamiste e di al-Qaeda. Così come non abbiamo creduto agli ammonimenti dell’Unione Africana che sosteneva che il crollo di Gheddafi avrebbe trasformato la Libia in una Somalia sulle rive del Mediterraneo. Neppure quando il Consiglio Nazionale di Transizione, l’organismo politico dei ribelli assicurò che in Libia sarebbe stata imposta la sharìa abbiamo voluto riflettere su cosa stavamo facendo.  Infatti oggi la Cirenaica è in mano ai jihadisti e alle milizie che si richiamano ad  al-Qaeda, forze ben presenti del resto in tutto il Paese dove il governo di Tripoli non sembra controllare un granché considerato che ci sono almeno 70 milizie armate che hanno ormai feudalizzato la Libia.

 
 

E’ anche vero che le armi trafugate dalle caserme  di Gheddafi e i miliziani tuareg un tempo al servizio del Colonnello hanno permesso di scatenare i il caos in Malì dove l’intervento francese ha probabilmente solo dato il via a un nuovo conflitto insurrezionale che potrebbe anche coinvolgere di nuovo il sud della Libia.

Ma si tratta di bazzecole in confronto al progresso sociale e politico che la Libia ha compiuto da quando è stato seviziato e ucciso quel tiranno megalomane del Colonnello. Il nostro ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ci ha rasserenato nei giorni scorsi sostenendo che il tema della sicurezza in Libia ha una “priorità altissima” per l’Italia, perché “condiziona inevitabilmente lo sviluppo economico e sociale del paese” aggiungendo però che le condizioni della sicurezza non sono tali da contrastare la continuità della presenza imprenditoriale” italiana in Libia, “che prosegue ed è positiva anche se c’è ancora molto da fare”.

Dichiarazioni che Terzi ha rilasciato a margine di un seminario alla Farnesina sulla promozione delle libertà religiose. Per ironia della sorte, un tema di stretta attualità nella Libia democratica e pluralista che noi italiani abbiamo contribuito a costruire giungendo perfino a calpestare l’accordo di amicizia stipulato con Gheddafi.

Il 12 febbraio infatti quattro cittadini stranieri sono stati arrestati a Bengasi perché sospettati di essere missionari cristiani e di stampare libri sul Cristianesimo. Lo hanno reso noto fonti della sicurezza libica precisando che i quattro sono un egiziano, un sudafricano, un coreano e uno svedese con un passaporto degli Stati Uniti.

”Sono stati arrestati nella sede di una casa editrice dove stavano stampando migliaia di libri sulla conversione al Cristianesimo – ha riferito Hussein Bin Hmeid, un ufficiale della sicurezza che ben  rappresenta lo spirito libertario che aleggia sulla nuova Libia. “Il proselitismo è vietato in Libia. Noi siamo un Paese al cento per cento musulmano e questo tipo di azioni interferisce sulla nostra sicurezza nazionale” ha aggiunto Hmeid aggiungendo che gli ”interrogatori stanno andando avanti” e che "i quattro saranno consegnati alla intelligence libica".

A Tripoli non tira un’aria migliore. “Non passa giorno senza che le tombe subiscano atti di vandalismo” ha denunciato Bruno Dalmasso, custode del cimitero italiano nella capitale libica dove i cristiani temono l’aumento dell’estremismo islamico.

“Sono state tirate fuori dalle tombe ossa umane e sparse nel cimitero: le autorità libiche sono venute e hanno scattato fotografie. Hanno promesso di prendere provvedimenti, ma non è stato fatto nulla”.

Dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi, nel 2011, i timori della piccola comunità cristiana libica sono aumentati, soprattutto dopo che una chiesa nel dicembre scorso è stata bombardata a Dafniya provocando due morti. 

Padre Dominique Rezeau sottolinea che in Libia c’erano 100mila cristiani prima della rivoluzione e “ora sono poche migliaia”. Un bel risultato davvero nel segno del progresso e dei diritti umani anche se il meglio della nuova Libia l’ha fatto vedere il 9 febbraio la sezione costituzionale della Corte Suprema di Tripoli che ha reintrodotto la poligamia, ribaltando una parte della legge sul matrimonio del regime di Muammar Gheddafi che vietava a un uomo di avere più mogli. Una legge modificata dalla Corte Suprema  perché contraria alla sharia, la legge islamica che oggi domina la Libia grazie alle bombe della Nato e al voltafaccia dell’Italia nei confronti “dell’amico e alleato” Gheddafi.

Da oggi un uomo potrà sposare una seconda moglie senza il consenso della prima o l’autorizzazione di un tribunale. Un bel passo avanti verso la civiltà non vi pare?

 

Fonte: http://www.analisidifesa.it/2013/02/liberta-e-democrazia-in-libia/.

http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/9874-liberta-e-democrazia-in-libia.html

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