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Vedi anche: 
La versione integrale del documentario del regista cileno Patricio Guzman
http://www.youtube.com/watch?v=fMt7gHOtYX8
40 anni fa, a settembre...
https://www.cnj.it/documentazione/varie_storia/Cile40anni_Manes.pdf ]


Cile Quaranta anni dopo il Golpe

11 SETTEMBRE 1973: LA TRAGEDIA CILENA

Si yo a Cuba le cantara,
le cantara una canción,
tendría que ser un son,
un son revolucionario,
pie con pie, mano con mano,
corazón a corazón.
Como yo no toco el son
pero toco la guitarra,
que está justo en la batalla
de nuestra revolución,
será lo mismo que el son
qui hizo bailar a los gringos,
pero no somos guajiros,
nuestra sierra es la elección.

Victor JARA

L’11 settembre di 40 anni fa un complotto imperialista interrompeva nel sangue un sogno, il sogno cileno di una rivoluzione “democratica”, cioè della conquista del potere da parte delle sinistre tramite elezioni regolari. Questa sconfitta, oltre a provocare la morte di migliaia di cileni compreso il presidente Salvador Allende, ed a precipitare il Cile per quasi un ventennio in un incubo di violenze e di miseria, ebbe una forte ripercussione anche nei militanti di sinistra dei paesi europei, che avevano creduto nella rivoluzione legalitaria proposta da Allende e si sentirono essi stessi sconfitti nella lotta che avevano portato avanti, cioè la speranza di una vittoria elettorale che portasse al potere un governo di sinistra. Fu forse anche in seguito a quella tragedia che molti smisero di credere nella possibilità di un cambiamento radicale in seno alla democrazia istituzionale e forse fu anche questo uno dei motivi della recessione della sinistra dalla fine degli anni ‘70 in poi, recessione dalla quale non siamo ancora usciti.
Oggi intendiamo ricordare la figura di Salvador Allende e con lui ricordare anche tutti i suoi compagni di lotta, che pagarono con la vita, la carcerazione, le torture e l’esilio la loro fede nella possibilità di un cambiamento radicale ma pacifico. 
Lo spirito con il quale l’Unidad Popular (la coalizione politica che faceva capo al candidato Presidente Salvador Allende), si presentava alle elezioni emerge chiaramente da alcuni versi della canzone scritta dal poeta e musicista Victor Jara che vi abbiamo proposto all’inizio; la canzone è dedicata a Cuba ed è un elogio della rivoluzione cubana, ma Jara fa un distinguo rispetto al modo di fare una rivoluzione: “pero no somos guajiros, nuestra Sierra es la eleccion”, canta, cioè: noi non siamo guerriglieri, non faremo la guerra di guerriglia, noi ci presenteremo alle elezioni e le vinceremo regolarmente.
Victor Jara, che non voleva essere un guerrigliero ma partecipare alle elezioni, fu bestialmente torturato e poi ucciso nei primi giorni del golpe dai criminali che non avevano accettato che il popolo vincesse le elezioni e pretendesse di governare il Paese. 

Che il governo di Unidad Popular non dovesse durare lo avevano già deciso, ancora prima che la vittoria di Allende fosse compiuta, le alte sfere della CIA e le multinazionali che avevano i propri interessi nell’economia cilena. Infatti milioni di dollari furono versati dalla Cia e dalla Casa Bianca all’editore del quotidiano “el Mercurio” fin dal 1970 affinché il giornale attaccasse ogni giorno il governo di Allende.
Subito dopo le elezioni un infame crimine, l’assassinio del generale René Schneider fedele al governo eletto, iniziò la strategia della tensione in Cile.
E dato che la vittoria di Allende fu di misura, i problemi per la gestione della cosa pubblica si presentarono da subito, dato che il partito democristiano (di centro) si barcamenò tra i due schieramenti (sinistra e destra all’opposizione) ed alla fine, quando le cose iniziarono a mettersi male per il governo, gli tolse il sostegno politico e lo abbandonò al suo destino.
In questa sede non c’è lo spazio per riportare la documentazione relativa alle responsabilità statunitensi nel golpe in Cile ma vi invito a leggere il testo di Patricia Verdugo, “Salvador Allende. Anatomia di un complotto organizzato dalla CIA” ed. Baldini Castaldi Dalai, che spiega diffusamente come fu organizzato a tavolino il golpe che causò la morte di migliaia di cileni.
C’è un altro testo, che però è oggi più o meno introvabile: “L’imperialismo contro il Cile. Documenti segreti dell’ITT” sapere edizioni 1973, che riporta i documenti della multinazionale delle telecomunicazioni relativi al loro coinvolgimento nel golpe. Infatti lo stesso Allende aveva così denunciato in un intervento alle Nazioni Unite:

“L’ITT, una gigantesca multinazionale, ha iniziato,nello stesso momento in cui si conobbe la vittoria popolare, una minacciosa azione, in collusione con forze fasciste interne, per impedire che io mi insediassi alla presidenza. Signori delegati, io accuso, davanti alla coscienza del mondo, l’ITT di voler provocare nella mia patria una guerra civile!”

Inoltre è fondamentale la lettura di “Dal Cile” di Saverio Tutino (Mazzotta) che ricostruisce l’ultimo periodo del governo di Allende, quando la destra aveva scatenato tutta la propria forza di destabilizzazione, con le manifestazioni della buona borghesia che scendeva in piazza sbattendo casseruole per dimostrare che erano vuote e non c’era da mangiare; quando gli scioperi dei camionisti che bloccavano i rifornimenti alle città erano organizzati e foraggiati dagli stessi che spingevano in strada le casalinghe dei quartieri alti (che al mercato nero trovavano tutto quello che volevano, mentre era nei quartieri poveri che mancavano i mezzi di sussistenza, nonostante quanto facessero le associazioni di autogestione popolare). In quell’ultimo anno Allende si trovò anche a dover tenere a freno le associazioni di estrema sinistra che avrebbero voluto scegliere una via armata di resistenza e difesa del governo, cosa che il Presidente rifiutava sia per il suo attaccamento alla democrazia, sia perché comprendeva che sarebbe stato un suicidio; e d’altra parte è anche necessario fare piazza pulita delle accuse fatte “da sinistra” ad Allende di avere tradito i compagni più “estremisti” perché addirittura accoglieva in casa propria i militanti del MIR ricercati dalla polizia per evitare loro l’arresto.
Nonostante tutti i tentativi di destabilizzare la società cilena per ribaltare il governo di Allende, alle elezioni del marzo 1973 l’Unidad Popular ottenne ancora la maggioranza (nelle manifestazioni popolari a sostegno di Allende molti lavoratori marciavano con i cartelli “es un gobierno de mierda pero es mi gobierno”, a dimostrazione del fatto che l’alternativa avrebbe significato perdere tutto quello che si era riusciti a conquistare in quei tre anni) e fu questo sostegno popolare che costrinse l’imperialismo a cercare la via del golpe. 

La mattina dell’11 settembre i vertici dell’esercito, che solo pochi giorni prima avevano assicurato la propria fedeltà di militare al governo legittimo, iniziarono la sollevazione a Valparaiso. E l’addetto navale degli USA in Cile, Patrick Ryan, informò il Pentagono la mattina dell’11 settembre 1973 con queste parole:
“Il nostro D-day è stato pressoché perfetto”.

Il resto è storia più o meno nota, e non approfondiremo in questa sede né la gestione del potere da parte di Pinochet, né le ripercussioni internazionali del Plan condor, la rete terroristica di cui fecero parte anche neofascisti italiani, che assassinò esuli latino americani in fuga dalle varie dittature in diversi Paesi esteri; né parleremo delle calunnie che ancora oggi vengono diffuse per infangare la figura di Allende.
Oggi ci piace ricordare il governo di Unidad Popular per una piccola, grandissima riforma: garantire un mezzo litro di latte quotidiano ad ogni bambino cileno, per dare anche i piccoli dei barrios di periferia la possibilità di nutrirsi meglio e di crescere al pari dei loro coetanei dei quartieri alti. Questo mezzo litro di latte è diventato un simbolo, il simbolo di un governo che vuole il bene del proprio popolo e che per garantirgli questo mezzo litro di latte quotidiano, così come tutte le altre riforme più “grandi” necessitava di enormi risorse, che poteva trovare solo nazionalizzando le ricchezze cilene. Perché solo se la ricchezza del Cile rimaneva al Cile (e per fare questo bisognava impedire alle multinazionali di depredarle), il Paese avrebbe potuto garantire il benessere a tutto il suo popolo e non solo alla minoranza di ricchi che vedeva i propri privilegi intaccati dalle scelte di Unidad Popular.
Così spiegava Allende in un’intervista rilasciata a Roberto Rossellini nella primavera del 1972:
“Noi definiamo l’imperialismo come l’estrema fase del capitalismo. È il capitale finanziario dei paesi industrializzati che cerca terreni di investimento nei paesi dove si possono ricavare maggiori profitti , ossia larghi margini di utile (…) i paesi in via di sviluppo sono paesi che vendono materie prime. Vendiamo a poco prezzo e compriamo a caro prezzo. Il processo di inflazione fa sì che noi siamo costretti a fornire sempre più materie prime per importare lo stesso quantitativo di prodotti finiti.
Nell’ultimo decennio è stato più quello che è uscito da questi paesi dell’America latina di quello che è entrato. E tutto questo è avvenuto per pagare crediti, profitti, ammortamenti, oltre ai contributi che vengono dati dall’America latina per prestiti agli organismi semi-statali o statali e per investimenti delle economie private. Questo dramma è quello che fa sì che l’America latina sia andata impoverendosi sempre più mentre si consolidava il capitale straniero particolarmente il capitale internazionale. 

Questo l’intervento di Allende alle Nazioni Unite nel 1972: 
“Ci troviamo davanti a un vero scontro frontale tra le grandi corporazioni internazionali e gli Stati.
Questi subiscono interferenze nelle decisioni fondamentali, politiche, economiche e militari da parte di organizzazioni mondiali che non dipendono da nessuno Stato.
Per le loro attività non rispondono a nessun governo e non sono sottoposte al controllo di nessun Parlamento e di nessuna istituzione che rappresenti l'interesse collettivo.
In poche parole la struttura politica del mondo sta per essere sconvolta.
Le grandi imprese multinazionali non solo attentano agli interessi dei Paesi in via di sviluppo, ma la loro azione incontrollata e dominatrice agisce anche nei paesi industrializzati in cui hanno sede.
La fiducia in noi stessi che incrementa la nostra fede nei grandi valori dell'umanità, ci da la certezza che questi valori dovranno prevalere e non potranno essere distrutti.”
Questo discorso, che durò soltanto due minuti, fu seguito da un applauso di un minuto: lo trovate su http://www.youtube.com/watch?v=1OyI326QdvA con i sottotitoli in italiano.

Dunque il golpe delle multinazionali e della CIA fu anche, simbolicamente, rivolto contro quel mezzo litro di latte quotidiano, perché non si poteva permettere di intaccare i privilegi dei pochi ricchi per dare la possibilità alla maggioranza povera di migliorare la propria condizione di vita. Ma questo discorso era stato ben capito dai lavoratori e dai proletari cileni, ed era questo il motivo del sostegno che Allende ebbe dal suo popolo, al quale rimase fortemente legato fino alla fine, come dimostrano le ultime parole che riuscì a far uscire dal palazzo della Moneda, dove aveva deciso di rimanere invece di tentare la fuga e dove rimase vittima dei golpisti. Che si sia suicidato o sia morto per mano degli insorti non ha importanza: la morte di Allende è comunque un crimine dell’imperialismo.

Quando seppe dell’inizio del golpe Allende inviò alle 7.55 un primo messaggio radio in cui chiedeva al popolo di restare unito, mantenere la calma evitando provocazioni e manifestava la propria fiducia nella fedeltà dell’esercito al governo legale; nei messaggi successivi appare come Allende si sia via via reso conto che la situazione stava precipitando e l’ultimo messaggio delle 9.30 ci mostra un uomo che pur sentendosi sconfitto e prossimo alla fine non viene meno alla propria coerenza ed integrità. Eccolo.
“Sicuramente questa sarà l’ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi.
La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l’ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell’Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri.
Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò!
Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente.
Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli. Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece.
In questo momento conclusivo, l’ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi. (…) Dinanzi a tali fatti non posso dire che una sola parola ai lavoratori: (a questo punto la registrazione è confusa, si odono sempre più forti scoppi di bombe). 

Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria.
Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. 
Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!
Queste sono le mie ultime parole (si odono scoppi vicinissimi) e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento”. 

I SATRAPI.

Nixon, Frei e Pinochet
fino ad oggi, fino a questo amaro
mese di settembre,
dell’anno 1973,
con Bordaberry, Garrastazu e Banzer
iene voraci
della nostra storia, roditori
delle bandiere conquistate
con tanto sangue e tanto fuoco,
impantanati nei loro orticelli,
predatori infernali
satrapi mille volte venduti
e traditori eccitati
dai lupi di New York,
macchine affamate di sofferenze,
macchiate dal sacrificio
dei loro popoli martirizzati,
mercanti prostitute
del pane e dell’aria d’America,
fogne, boia, branco
di cacicchi di lupanare
senza altra legge che la tortura
e la fame frustrata del popolo.


Pablo NERUDA


Claudia Cernigoi
settembre 2013



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