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Assecondare la smania di guerra della NATO?

0) LINKS
1) Stanko Vuleta Letter to The National Post (Canada)
2) Manlio Dinucci: NATO, il sipario di guerra aperto su due fronti / NATO opens its curtain of war on two fronts
3) Da Vicenza e Aviano parà Usa per war games in Ucraina (Antonio Mazzeo)
4) O l’Europa o la Nato (Tommaso Di Francesco)


=== 0: LINKS ===

Scenari di guerra e di pace dell'anno quattordici (Carlo Tia, 7 marzo 2014)
Piano Usa: guerra in Europa, prima che crolli il dollaro (7/3/14)

The Ukraine, Corrupted Journalism, and the Atlanticist Faith (By Karel van Wolferen • August 14, 2014)

«Devo lasciare 20 persone a casa». Il blocco russo fa le prime vittime (22 agosto 2014)
Frutta e verdura invadono i supermercati veneti, i prezzi crollano. La Gambaro, azienda agricola di Noale, costretta a non rinnovare i contratti

La Nato si prepara alla guerra in Ucraina? (di Alessandro Avvisato, 27 Agosto 2014)
http://contropiano.org/politica/item/25977-la-nato-si-prepara-alla-guerra-in-ucraina

NATO steps up military preparations against Russia (Kumaran Ira / WSWS, 28 August 2014)

Ucraina, un salto di qualità nell’attuale tendenza alla guerra (Collettivo Genova City Strike, 28 agosto 2014)
http://www.noisaremotutto.org/2014/08/28/ucraina-un-salto-di-qualita-nellattuale-tendenza-alla-guerra/

Western threats against Russia increase danger of nuclear war (By Johannes Stern / WSWS, 30 August 2014)

Several NATO officers blocked in Ukraine's Mariupol — militia (ITAR-TASS, September 01, 2014)

La politica di guerra verso la Russia colpirà anche le lavoratrici e i lavoratori del nostro paese (di Mauro Gemma, 1 Settembre 2014)

Ucraina, Nato pronta a schierare 4mila soldati contro Putin. Rasmussen: "Ci saranno le 'punte di lancia', forze di intervento immediato" (Marco Galdi, Ansa – 01/09/2014)

Belgium: "Russia is an adversary, not a partner" - NATO Secretary General Anders Fogh Rasmussen at Press conference (1/9/2014)

Seventy-five years since the outbreak of World War II (Barry Grey / WSWS, 1 September 2014)
Under conditions of mounting social tensions and deepening economic crisis, the imperialist ruling classes are recklessly pushing the conflict over Ukraine to the point of open warfare between NATO and Russia.
http://www.wsws.org/en/articles/2014/09/01/pers-s01.html

US and Europe escalate provocations against Russia (By Johannes Stern / WSWS, 1 September 2014)
This weekend's EU summit in Brussels marked a major escalation of threats against Russia, raising the specter of full-scale war between Russia and NATO.

Russia to adjust military doctrine due to NATO expansion, Ukraine crisis (RT, September 02, 2014)

Nato, maxi esercitazione nell'est Europa per dare un segnale a Putin. Partecipano anche le truppe d'assalto italiane (L'Huffington Post, 02/09/2014)

Ukraine and the militarization of Europe (Peter Schwarz / WSWS, 2 September 2014)

La Nato prepara una forza di reazione rapida contro Mosca (Marco Santopadre, 02 Settembre 2014)

Ein Ring um Russland (NATO-Gipfel – GFP, 03/09/2014)

European sanctions complement military aggression against Russia (By Clara Weiss / WSWS, 5 September 2014)

France stops deal to deliver Mistral helicopter carrier ships to Russia (By Stéphane Hugues / WSWS, 5 September 2014)

Italia-Russia, il pericoloso gioco delle sanzioni. Lettera degli imprenditori a Squinzi (Fabio Sebastiani, 3 Settembre 2014)

Italia, pronta alla guerra contro la Russia di Putin: invia un centinaio di parà della Folgore (3 Settembre 2014)

“Militari italiani per l’Ucraina”. Ma a qualcuno interessa impedire la Terza Guerra Mondiale? (F. Santoianni)

US and NATO step up military preparations against Russia (By Niles Williamson / WSWS, 3 September 2014)

German President Gauck threatens Russia with war (By Peter Schwarz / WSWS, 3 September 2014)

Permanent Ceasefire Announced in Ukraine (TeleSur, 3 September 2014)

Ucraina, nonostante l'accordo Mosca-Kiev, la Nato fa partire le esercitazioni (Fabio Sebastiani, 4 settembre 2014)

Nato, un vertice di guerra (Marco Santopadre, 05 Settembre 2014)

Il punto di Giulietto Chiesa - 5 settembre 2014

Capitalist breakdown and the drive to war (Nick Beams, 6 September 2014)
Just as in the period prior to 1914, a deepening breakdown of the global capitalist system is fuelling the drive to a new world war.

German media steps up its warmongering (By Johnnes Stern / WSWS, 6 September 2014)

German government discusses massive increase in military spending (By Christoph Dreier / WSWS, 6 September 2014)

Ucraina, tregua già violata e nervi tesi (Marco Santopadre, 6 Settembre 2014)


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Do as I say …
Re: Russia Blusters, NATO Cowers, editorial, Sept. 3.

Accusing Russia of attacking Ukraine, NATO Secretary-General Anders Fogh Rasmussen said that, “This is the first time since the end of the Second World War that one European country has tried to grab another’s territory by force.” Maybe the Secretary-General has a case of amnesia, because, if memory serves, NATO countries themselves did just this just 15 years ago, when they attacked Serbia and grabbed the Serbian territory of Kosovo by force.
In the same speech, Mr. Rasmussen also said, “We strongly condemn Russia’s repeated violations of international law. This begs the question: Was he referring to the same international law that NATO countries violated when they attacked Serbia in 1999?

Stanko Vuleta, president, The Ottawa Serbian Heritage Society, Ottawa.


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NATO, il sipario di guerra aperto su due fronti 

di Manlio Dinucci, su Il Manifesto del 4.9.14 

Si apre oggi a Newport nel Galles il Summit dei capi di stato e di governo dei 28 stati della Nato, che prenderà «decisioni chiave su come affrontare le attuali e future sfide alla sicurezza», attribuite alla «aggressione militare della Russia contro l’Ucraina» e alla «crescita dell’estremismo e della conflittualità settaria in Medio Oriente e Nord Africa». Un Summit «cruciale», attraverso cui gli Stati uniti, che conservano l’indiscussa leadership nella Nato, mobilitano gli alleati europei contemporaneamente su due fronti di guerra. In Europa, in poco più di sei mesi, è saltata la «distensione» e si è ritornati a una situazione per certi versi più pericolosa di quella della guerra fredda. Come è potuto accadere? Per capirlo, occorre riandare al momento in cui, nel 1991, la scomparsa dell’Urss e del suo blocco di alleanze crea nella regione europea una situazione geopolitica interamente nuova. Gli Stati uniti, rimasti l’unica superpotenza, cercano di trarne il massimo vantaggio, varando una nuova strategia in cui dichiarano «di fondamentale importanza preservare la Nato quale canale dell’influenza statunitense negli affari della sicurezza europea». A tal fine occorre «impedire la creazione di dispositivi di sicurezza unicamente europei, che minerebbero la Nato» (Defense Planning Guidance). Contemporaneamente, mentre usano la Nato per mantenere la loro leadership sull’Europa occidentale, gli Usa se ne servono per andare alla conquista di quella orientale. Demolita con la guerra la Jugoslavia, la Nato si estende a est, inglobando tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, due della ex Jugoslavia e tre dell’ex Urss. Entrando nella Nato, i paesi dell’Est vengono a dipendere più da Washington che da BruxelIes. Qualcosa però inceppa il piano di conquista: contrariamente a quanto previsto, la Federazione russa si riprende in gran parte dalla crisi del dopo guerra fredda, stringe crescenti relazioni economiche con l’Unione europea, fornendole il grosso del gas naturale, e apre nuovi sbocchi commerciali con la Cina e altri paesi asiatici. Ciò mette in pericolo gli interessi strategici statunitensi. È a questo punto che scoppia la crisi in Ucraina: dopo aver assunto con un lavoro di anni il controllo di posizioni chiave nelle forze armate e addestrato i gruppi neonazisti, la Nato promuove il putch di Kiev. Costringe così Mosca a muoversi in difesa dei russi di Ucraina, esponendosi alle sanzioni: una lama a doppio taglio, in quanto le controsanzioni russe danneggiano l’Unione europea, facilitando il piano della partnership transatlantica per il commercio e gli investimenti attraverso cui Washington cerca di accrescere l’influenza statunitense sulla Ue. Contemporaneamente, sotto guida Usa, la Nato estende la sua strategia al Nord Africa e Medio Oriente, e oltre fin sulle montagne afghane e nella regione Asia/Pacifico. L’obiettivo strategico resta quello enunciato nella Defense Planning Guidance: «Il nostro primo obiettivo è impedire che qualsiasi potenza domini una regione le cui risorse sarebbero sufficienti a generare una potenza globale». Oggi soprattutto in Asia, dove – sulla scia degli accordi russo-cinesi, che vanificano le sanzioni occidentali contro la Russia aprendole nuovi sbocchi a est – si prefigura la possibilità di una unione eurasiatica in grado di controbilanciare quella Usa-Ue. La demolizione della Libia con la guerra, l’analoga operazione lanciata in Siria (finora non riuscita), il rilancio della guerra in Iraq, l’uso a doppio taglio di formazioni islamiche (sostenute per abbattere i governi presi di mira, usate quindi per giustificare altri interventi armati) rientrano nella strategia Usa/Nato. Dove ci porta tutto questo? In altre guerre, in scenari sempre più pericolosi di confronto tra potenze nucleari. In una accelerazione della corsa agli armamenti e, di conseguenza, della spesa militare. Uno dei punti all’ordine del giorno del Summit è quello che i paesi della Nato debbano «spendere la giusta quantità di denaro per dotarsi di forze a spiegamento rapido, migliore addestramento e armamenti moderni». Si prospetta dunque un aumento della spesa militare: quella italiana, secondo i dati ufficiali della Nato, ammonta a 56 milioni di euro al giorno, più la spesa per le missioni militari all’estero e altri stanziamenti extra-budget, che secondo il Sipri portano la spesa militare effettiva dell’Italia a quasi 70 milioni di euro al giorno. 

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NATO opens its curtain of war on two fronts

By Manlio Dinucci on September 4, 2014

Sept. 4 — The Summit of Heads of State and Government of the 28 states of NATO opens today in Newport, Wales, where these leaders will take key decisions “to ensure NATO is prepared to address current and future security challenges” that they attribute to “military aggression of Russia against Ukraine” and “growth of extremism and sectarian conflict in the Middle East and North Africa.” In this “crucial” summit, the United States, which retains the undisputed leadership in NATO, and its European allies will mobilize simultaneously on two war fronts. (Secretary General Anders Fogh Rasmussen’s press conference)

Europe, in little more than six months, has leaped out of the “Détente” stage back to a situation in some ways more dangerous than that during the Cold War. To understand how this happened, we must look back to the time when, in 1991, the demise of the USSR and its bloc of alliances in the European region created an entirely new geopolitical situation. The U.S., the only superpower left standing, tried to take full advantage of this situation, launching a new strategy in which Washington declared it “of fundamental importance to preserve NATO as the primary instrument of Western defense and security, as well as the channel for U.S. influence and participation in European security affairs.” To this end it was necessary “to prevent the emergence of European-only security arrangements which would undermine NATO.” (Defense Planning Guidance)

At the same time, while using NATO to maintain U.S. leadership over Western Europe, the U.S. also used NATO to carry out the conquest of Eastern Europe. Having demolished Yugoslavia with war, NATO extended its reach eastward, including all the countries of the former Warsaw Pact, two from the former Yugoslavia and three from the former Soviet Union. Entering into NATO, the countries of Eastern Europe have come to depend more on Washington than Brussels.

But something disrupted Washington’s plans for conquest: contrary to what was foreseen, the Russian Federation began to respond to the crisis of the post-Cold War, tightening its growing economic relations with the European Union by providing the bulk of its natural gas and opening up new business opportunities with China and other Asian countries. These steps threatened the strategic interests of the U.S.

It was at this point that the crisis broke out in Ukraine: After spending years of work to take control of key positions in the armed forces and training neo-Nazi groups, NATO promoted the Kiev coup of Feb. 22. This forced Moscow to move in defense of the ethnic Russians of Ukraine, which exposed Russia to sanctions. The sanctions policy is a double-edged sword: Russia’s counter sanctions harm the European Union and expedite the plan for transatlantic partnership for trade and investment, through which Washington seeks to increase U.S. influence on the EU.

At the same time, under U.S. leadership, NATO has extended its strategic reach into North Africa and the Middle East, and beyond the Afghan mountains and into the Asia/Pacific region. The strategic objective remains that which was set out in the Defense Planning Guidance: “Our first objective is to prevent any hostile power from dominating a region whose resources would be sufficient to generate global power.” Today, especially in Asia, where — In the wake of the Russian-Chinese agreements, frustrating the impact of Western sanctions against Russia by opening new outlets in the East – there looms the possibility of a Eurasian union to offset the U.S.-EU bloc.

The demolition of Libya by war, a similar operation launched in Syria (which has so far failed), the reprisal of the war against Iraq, the double-edged manipulation of Islamic formations (supported to bring down targeted governments, then used elsewhere to justify armed intervention) are all included in the U.S./NATO strategy.

Where does this lead? To other wars, to scenarios of increasingly dangerous confrontation between nuclear powers. To an acceleration of the arms race and, consequently, of military spending. One of the items on the agenda of the Summit is that NATO countries should “spend the right amount of money on deployable forces, training and modern equipment.”

What is likely, therefore, is an increase in military spending: Italy’s, according to official data of NATO, amounted to 56 million euros per day, plus the expenditure on military missions abroad and other extra-budgetary funds, which, according to the Stockholm International Peace Research Institute, bring current military spending in Italy to almost 70 million euros per day ($100 million)*. (Il Manifesto, Sept.4, 2014)

[*Translator’s note: The NATO Summit is scheduled to discuss raising NATO spending alone by $60 billion over 10 years; total military spending of NATO countries, according to SIPRI, is 70 percent of the more than $1.7 trillion total military spending worldwide. Official U.S. military spending is $640 billion per year, but this amount excludes certain expenditures that are military related, like the continuing costs of past wars, that if included might raise the total to over $1 trillion per year.]

Published Sept. 4 in the Italian newspaper, Il Manifesto, this article was translated to English by Workers World managing editor John Catalinotto.


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Da Vicenza e Aviano parà Usa per war games in Ucraina


di Antonio Mazzeo – venerdì 5 settembre 2014

Oltre duecento paracadutisti statunitensi stanno per essere trasferiti in Ucraina per partecipare ad una vasta esercitazione militare multinazionale. I parà appartengono tutti al 173rd Airborne Brigade Combat Team, il reparto d’élite aviotrasportato dell’esercito Usa di stanza a Vicenza. I war games si terranno dal 16 al 26 settembre nella parte occidentale del paese; le unità statunitensi raggiungeranno l’International Peacekeeping and Security Center di Yavoriv con voli cargo che decolleranno dalla base aerea di Aviano (Pordenone). Quella della 173^ brigata aviotrasportata di Vicenza sarà la prima presenza di truppe Usa in territorio ucraino dopo lo scoppio del conflitto interno.

L’esercitazione prenderà il nome di “Rapid Trident” e vedrà la partecipazione di 1,300 militari di 15 nazioni (Ucraina, Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia, Germania, Gran Bretagna, Lettonia, Lituania, Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania, Spagna e Stati Uniti). “Saranno eseguite operazioni di peacekeeping, trasporto mezzi, pattugliamento, individuazione e disattivazione di materiale esplodente”, ha riferito il portavoce del Pentagono, colonnello Steve Warren. “L’esercitazione si terrà a Lviv, al confine con la Polonia, e contribuirà a promuovere la stabilità e la sicurezza regionale, rafforzare la partnership e favorire la fiducia con gli alleati, mentre migliorerà  l’interoperabilità tra il Comando delle forze Usa in Europa USAREUR, le unità terrestri dell’Ucraina e altri paesi Nato”. Il Pentagono ha annunciato inoltre di aver consegnato alle autorità di Kiev nuovi aiuti militari “non letali”, tra cui “caschi protettivi, dispositivi robot anti-esplosivi, sacchi a pelo, uniformi, sistemi di radiocomunicazione, giubbotti antiproiettile e kit sanitari”.

“Rapid Trident” era stata programmata inizialmente per il mese di luglio, ma il Comando di US Army in Europa aveva poi deciso di spostarla a settembre. L’esercitazione viene condotta annualmente in Ucraina sin dal 1995, anche se originariamente vedeva schierate solo unità nazionali e statunitensi. L’ultima edizione si è tenuta nel luglio 2013 e ha visto partecipare oltre un migliaio di militari di 17 paesi (Stati Uniti, Ucraina, Armenia, Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Danimarca, Georgia, Germania, Gran Bretagna, Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania, Serbia, Svezia e Turchia). Anche lo scorso anno hanno preso parte a “Rapid Trident” i paracadutisti del 173rd Infantry Brigade Combat Team di Vicenza, portando a termine oltre 300 lanci da elicotteri e aerei e l’addestramento delle unità ucraine al trasporto mobile aereo. L’esercitazione fu monitorata da “ispettori” del Comando per le forze terrestri della Nato di Izmir (Turchia).

In est Europa sono in corso altre importanti esercitazioni dell’Alleanza Atlantica con palesi obiettivi anti-russi. In un ampio territorio comprendente la Germania orientale e le Repubbliche baltiche, si svolge “Steadfast Javelin II”, a cui partecipano centinaia di militari di 13 paesi (Bulgaria, Canada, Germania, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovenia, Stati Uniti e Italia, quest’ultima con i paracadutisti della Brigata “Folgore”), più due nazioni della Partnership for peace, Bosnia Erzegovina e Serbia. Una dozzina di cacciabombardieri F-15 e 180 militari statunitensi, provenienti dalla base di Lakenhealth (Gran Bretagna), sono impegnati invece in Bulgaria in un’esercitazione bilaterale di due settimane con le forze aeree locali. Da ottobre sino alla fine dell’anno si terrà invece una vasta esercitazione terrestre in Polonia e nelle Repubbliche baltiche a cui prenderanno parte 600 unità della 1^ Divisione cavalleria di US Army, proveniente da Fort Hood (Texas), con carri armati M-1 “Abrams”, blindati e velivoli corazzati.

Al Comando Nato di Bruxelles si approntano intanto i programmi per trasferire stabilmente in Europa orientale uomini e mezzi dell’Alleanza. Al recente vertice in Galles, è stata approvata la creazione di una forza di pronto intervento con “punte di lancia” (Spearhead), capaci di entrare in azione nel giro di 48 ore, con il supporto di aviazione, marina e forze speciali. La task force avrà a disposizione basi permanenti, depositi di munizioni e carburante e tutte le infrastrutture di supporto necessarie, nei paesi Nato prossimi alla frontiera con la Russia. Saranno avviate presto attività addestrative delle unità speciali e di pronto intervento dell’Europa orientale. Il governo polacco ha formalmente chiesto a Washington di trasferire stabilmente in Polonia perlomeno un gruppo di volo con cacciabombardieri F-16 a capacità nucleare, di stanza oggi ad Aviano. Il presidente della Romania, Traian Basescu, ha annunciato che prossimamente un contingente di 200 militari Nato, tra piloti, meccanici e tecnici di manutenzione di velivoli aerei sarà stazionato in uno scalo militare rumeno. Bruxelles ha infine dato un colpo di acceleratore al programma di allargamento Nato a Macedonia, Montenegro, Georgia, Bosnia-Erzegovina, Serbia e, ovviamente, all’Ucraina.
Il 173rd Airborne Brigade Combat Team di Vicenza è stato impiegato nei principali scacchieri di guerra mediorientali, in particolare in Iraq e in Afghanistan, dove più di un centinaio di suoi militari hanno perso la vita. Da qualche mese, i comandi generali della brigata e quattro battaglioni (due provenienti dalla base di Bamberg, Germania e due dalla base vicentina di Camp Ederle) sono stati trasferiti nel nuovo hub logistico-militare realizzato all’interno dell’ex aeroporto “Dal Molin” di Vicenza, rinominato “Camp Del Din”. I lavori infrastrutturali, avviati nel 2008, hanno comportato una spesa di 289 milioni di euro. Sono stati realizzati, in particolare, 31 nuovi edifici destinati a caserme-alloggio per 2.000 militari, magazzini, spazi operativi, officine di manutenzione velivoli, uffici e centri comando, due parcheggi multipiano per 800 auto e 50 motocicli, diversi centri sportivi. Con il trasferimento al “Dal Molin” dei due battaglioni della 173rd Airborne Brigade provieniti dalla Germania, il numero dei soldati Usa a Vicenza ha raggiunto le 4.000 unità.


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O l’Europa o la Nato

di Tommaso Di Francesco, su Il Manifesto del 03/09/2014

«La mag­gio­ranza dei mem­bri della Com­mis­sione Ue non capi­sce nulla di que­stioni mon­diali. Vedi il ten­ta­tivo di far entrare nella Ue l’Ucraina. È mega­lo­ma­nia… hanno posto a Kiev la scelta o Ue o Est… ci vuole una rivolta del Par­la­mento euro­peo con­tro gli euro­crati di Bru­xel­les, così si rischia la terza guerra mon­diale»: (prima di quelle di Ber­go­glio) sono le parole allar­mate dell’ex can­cel­liere tede­sco Sch­midt in un’intervista alla Bild di tre mesi fa che non parla ancora di ingresso esplo­sivo di Kiev. Peri­colo sul quale, con ten­ta­tivo non riu­scito di influen­zare le scelte di Obama che invece rilan­cia il riarmo atlan­tico sulla base del pre­sunto sconfinamento-invasione russa dell’Ucraina, si sono pro­nun­ciati gli ex segre­tari di Stato Usa Kis­sin­ger e Brze­zin­ski e per­fino l’ex capo del Pen­ta­gono dell’amministrazione Obama, Robert Gates che nel suo libro di memo­rie ha scritto: «L’allargamento così rapido della Nato a est è un errore e serve solo ad umi­liare la Rus­sia, fino a pro­vo­care una guerra». Non è ser­vito a nulla a quanto pare.
Lamen­tano i governi euro­pei che è in gioco l’unità ter­ri­to­riale dell’Ucraina e Fede­rica Moghe­rini, Mrs Pesc in pec­tore davanti al Par­la­mento euro­peo, per farsi per­do­nare di essere con­si­de­rata filo­russa dati gli inte­ressi dell’Eni, ha la fac­cia tosta di accu­sare: «È colpa di Putin». Se gli stava vera­mente a cuore l’unità ter­ri­to­riale dell’Ucraina, per­ché i governi euro­pei insieme alla Nato e agli Usa con tanto di capo della Cia John Bren­nan, sena­tori repub­bli­cani gui­dati da McCain e segre­ta­rio di stato Kerry tutti su quella piazza, hanno ali­men­tato e soste­nuto dalla fine del 2013 fino al mag­gio 2014 la rivolta, spesso vio­lenta e di estrema destra, di Piazza Maj­dan che ha rimesso di fatto in discus­sione l’unità ter­ri­to­riale del Paese. Men­tre l’ambasciatrice Usa man­dava affan… l’Europa. Era colpa di Putin anche la rivolta di piazza Maj­dan? Magari per­ché aveva soc­corso, pronta cassa, le richie­ste di Kiev quando l’Ue se ne lavava le mani in preda alla sua crisi?

E come dimen­ti­care che quella rivolta è stata nazio­na­li­sta ucraina e anti­russa, non solo anti-Putin, ma con­tra­ria ai diritti delle popo­la­zioni dell’est che ave­vano soste­nuto ed eletto Yanu­ko­vitch — certo cor­rotto, ma non meno dell’attuale Poro­shenko e del pre­mier dimis­sio­na­rio Yatse­nyuk. La rivolta di Maj­dan è stata nazio­na­li­sta anti­russa, con­tro gli inte­ressi poli­tici e sociali delle popo­la­zioni dell’est, di lin­gua russa all’80%, quando non pro­prio russe e comun­que filo­russe, legate alla Rus­sia per appar­te­nenze sto­ri­che, reli­giose e cul­tu­rali e per legame eco­no­mico impre­scin­di­bile e com­ple­men­tare alla pro­pria soprav­vi­venza, tutt’altro che garan­tita dall’associazione delle regioni dell’ovest all’Ue.

È lì, in quel soste­gno stru­men­tale e ideo­lo­gico, come se fosse un nuovo ’89, dato dall’Occidente euro­peo ed ame­ri­cano che si è con­su­mata l’unità dell’Ucraina che a quel punto si è asso­ciata all’Ue solo a metà.
Ora accade che il governo di Kiev dimis­sio­nato pochi giorni fa dal pre­si­dente Poro­shenko annunci, di fronte alla pre­sunta inva­sione — è il quarto allarme in due mesi — la richie­sta di ade­sione all’Alleanza atlan­tica. «Il governo ha sot­to­po­sto al par­la­mento un pro­getto di legge per annul­lare lo sta­tus fuori dei bloc­chi dell’Ucraina e tor­nare sulla via dell’adesione alla Nato» ha dichia­rato quasi in fuga il pre­mier uscente, già lea­der di Maj­dan, Yatse­niuk. E subito il segre­ta­rio della Nato Ander Fogh Rasmus­sen, ha ammic­cato: «Ogni paese ha diritto di sce­gliere da sé le pro­prie alleanze». Tanto più che la deci­sione sem­bra andare incon­tro alle ultime parole di Obama che, ormai inca­pace di uscire dal «mili­ta­ri­smo uma­ni­ta­rio» degli Stati uniti, scio­rina per fer­mare l’orso russo (quel Putin che gli ha impe­dito di impe­la­garsi ancora di più nella guerra in Siria) la «nuova» agenda del riarmo ame­ri­cano e Nato nell’Europa dell’est, dalla Polo­nia, ai Paesi bal­tici — andrà in Esto­nia per que­sto domani — e alle finora neu­trali Fin­lan­dia e Svezia.

Altro che nuova agenda: è la scel­le­rata stra­te­gia della Nato in atto da più di venti anni a par­tire dalle guerre nei Bal­cani, con rela­tiva redi­stri­bu­zione di costi per la difesa sullo scac­chiere euro­peo, tra gli stessi paesi ora alle prese con la lace­rante crisi eco­no­mica. Una stra­te­gia che in que­sti venti anni ha visto l’ingresso di tutti i paesi dell’ex Patto di Var­sa­via nella Nato, con mis­sioni in guerre alleate, a par­tire dall’ex Jugo­sla­via (dove, a spec­chio capo­volto della sto­ria, i raid Nato hanno aiu­tato i ribelli dell’Uck — cri­mi­nali, dice ora l’indagine della stessa com­mis­sione Ue Eulex — ad otte­nere l’indipendenza) e ancora tante basi, strut­ture d’intelligence, siti mis­si­li­stici, ogive nucleari, scudi spa­ziali tutti quanti ai con­fini russi.

Senza l’allargamento a est della Nato non ci tro­ve­remmo sull’orlo di un con­flitto spa­ven­toso in Ucraina, né ci sarebbe stata la sce­neg­giata arro­gante di una lea­der­ship di oli­gar­chi vol­ta­gab­bana che ha desta­bi­liz­zato l’Ucraina con la vio­lenza della piazza «buona» per­ché sedi­cente filoeu­ro­pea, e che ora cavalca la repres­sione san­gui­nosa della piazza «cat­tiva» per­ché filo­russa. Senza la Nato esi­ste­reb­bero una poli­tica estera e di difesa dell’Ue. Intanto in que­ste ore nell’est ucraino si com­batte, Kiev è all’offensiva. Secondo l’Onu i morti, tanti i civili, in quat­tro mesi sono più di 2.600.

Se dal ver­tice Nato che si apre domani a Car­diff, in Gal­les, arri­vasse un sì alla richie­sta incen­dia­ria di Kiev e se si avvia, come accade, lo schie­ra­mento di forze mili­tari Nato in dichia­rate eser­ci­ta­zioni anti-Russia o ai con­fini russi, come ha chie­sto l’irresponsabile Came­ron, è l’inizio della fine. Cioè la sepa­ra­zione delle regioni dell’est con l’intervento, sta­volta vero, della Rus­sia nella guerra, a quel punto moti­vata a difen­dere dalle truppe occi­den­tali le popo­la­zioni russo-ucraine, lo sta­tus pro­cla­mato dagli insorti filo-russi ma anche lo stesso ter­ri­to­rio russo. Quando invece è chiaro che l’Ucraina resterà unita fin­ché non appar­terrà ad alcun blocco mili­tare e se ci sarà un tavolo nego­ziale per una fede­ra­liz­za­zione del paese capace di garan­tire l’autonomia sostan­ziale dell’est. È quello che chiede anche Putin quando dichiara: «Devono essere imme­dia­ta­mente avviati nego­ziati sostan­ziali non su que­stioni tec­ni­che, ma sull’organizzazione poli­tica della società e sul sistema sta­tale nel sud-est dell’Ucraina allo scopo di garan­tire incon­di­zio­na­ta­mente gli inte­ressi delle per­sone che vivono lì», ma le sue parole sono tra­dotte in modo pro­pa­gan­di­stico dai media veli­nari: «Voglio uno Stato nell’est».

È la stessa richie­sta che for­mula, ina­scol­tato, sul Cor­riere della Sera, Ser­gio Romano, tra i pochi ad inten­dersi di Rus­sia. Fede­rale e neu­trale sono le due parole chiave garan­zia di pace anche per l’Ue, e certo non aiuta l’elezione a pre­si­dente dell’Unione del polacco Tusk, lea­der della Polo­nia che vanta un con­ten­zioso sto­rico su una parte della terra ucraina con­si­de­rata ancora «polacca».

Altri­menti sarà, e non a pez­zetti, la terza guerra mon­diale in piena Europa. E siamo a cento anni fa. È il nuovo che avanza, la «nuova gene­ra­zione» alla guida euro­pea tanto cara a Renzi. Ora la Mrs Pesc Moghe­rini, anche se è stata com­mis­sa­riata da un vice-Pesc tede­sco, ha l’occasione di dimo­strarsi per una volta euro­pea e non schiac­ciata sull’Alleanza atlan­tica e sugli Stati uniti. Qual­cosa ci dice che non saremo ascoltati.