Scontro di classe in e sul Donbass

0) Marghera (VE), martedì 11 novembre 2014: Con l'Ucraina antifascista
1) Ucraina, scene di lotta di classe (Fabrizio Poggi, Il Manifesto 15.10.2014)
2) La Resistenza antifascista nel Donbass (di Daniele Bergamini, 11/9/2014)
3) Alcune considerazioni sulla guerra civile in Ucraina (di Giuseppe Amata)
4) Contro la NATO e i fascisti Con i ribelli del Donbass (di Leo, Coord. Reg. per l'Ucraina Antifascista Emilia-Romagna)


Altri link consigliati:

Intervista al Presidente del Soviet Supremo della Repubblica Popolare di Donetsk Boris Alekseievič Litvinov (Rianovosti | ria.ru – 29/08/2014)
http://www.resistenze.org/sito/te/po/uc/poucel12-015150.htm

Ucraina, perché il Donbass. A cura di Giuliano Cappellini (su GramsciOggi di Settembre 2014, pag. 27)

Gennady Zyuganov (KPRF): THE CRISIS IN UKRAINE AND ITS DEEP ROOTS (Sept. 5, 2014) [Article in  
English: The crisis in Ukraine and its deep roots – http://cprf.ru/2014/09/1108/ 
Español: Crisis en Ucraina y sus raìces profundas – https://docs.google.com/file/d/0B6ubbrisn9iHMWRLeW5wWHB3Zkk/edit?pli=1
and  Russian – https://docs.google.com/file/d/0B6ubbrisn9iHOE1saVBTZzI5Y1k/edit?pli=1 ]
TRAD.: La crisi in Ucraina e le sue profonde radici (Gennadij Zjuganov, PCFR 5 settembre 2014)
http://aurorasito.wordpress.com/2014/09/10/la-crisi-in-ucraina-e-le-sue-profonde-radici/

I ribelli del Donbass (di Valerio Evangelisti, 20 settembre 2014)
http://www.carmillaonline.com/2014/09/20/i-ribelli-donbass/

La crisi ucraina (di Luigi Marino, Presidente dell'Associazione Maksim Gorkij di Napoli e Condirettore di MarxVentuno - 24 Settembre 2014)
http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/24530-la-crisi-ucraina.html

Un camionista slavo lascia tutto per combattere il fascismo in Donbass (24/set/2014)
Un camionista slavo lascia tutto per combattere il fascismo in Donbass, messaggio-testimonianza dal volontario Rihard Branizkij…
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=HNkB7gIYFew

I precedenti storici dell'indipendenza del Donbass (Cultura Bolchevique | culturabolchevique.com, 24/09/2014)
Exiled Ukraine union organizer: ‘Never forget who your class enemy is’ (By Greg Butterfield / WW, October 11, 2014)
Simferopol, Crimea — Svetlana Licht is a trade union activist and leader of the Marxist Union Borotba (Struggle)…

In Ukraine and Donbass, class contradictions come to the fore (By Greg Butterfield / WW, on October 14, 2014)

Fonte: pagina FB "Premio Goebbels per la disinformazione", 24/10/2014
https://www.facebook.com/premiogoebbels/posts/1560303874203126
<< Il miliardario sionista, nonché ex collaborazionista delle SS e delle Croci Frecciate in Ungheria, George Soros chiede all'Europa di difendere fino alla morte il regime golpista ucraino e di partecipare con ancora più veemenza alla guerra totale degli Usa contro la Russia. >>
Wake Up, Europe - by George Soros, October 23, 2014 (NY Books, Nov. 20, 2014 issue)
Europe is facing a challenge from Russia to its very existence… The European Union would save itself by saving Ukraine.
http://www.nybooks.com/articles/archives/2014/nov/20/wake-up-europe/

La prima fabbrica occupata nel Donbass - Un esempio da seguire (24 Ottobre 2014)
http://www.marxismo.net/index.php?option=com_content&view=article&id=5858&catid=139&Itemid=571
Ukraine : une première usine occupée et autogérée dans le Donbass – un exemple à suivre ! (lundi 27 octobre 2014)
http://www.lariposte.com/spip.php?page=newsletter&id_article=2171


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Marghera (VE), martedì 11 novembre 2014
alle ore 20.30, Sala Consiliare Marghera, piazza Municipio 1

Marghera con l'Ucraina antifascista

1914 – 2014. No alla guerra imperialista!
Solidarietà con i ribelli antifascisti del Donbass

INCONTRO CON IL GIORNALISTA DI ODESSA SERGHEJ DIACHUK

organizza: comitato veneto per il donbass antinazista
partecipano: ross@, slai cobas per il sindacato di classe, tuttinpiedi


N.B. una analoga iniziativa è prevista DOMENICA 16/11/2014 a SCHIO (VI) (fonte: http://contropiano.org/politica/item/27293-ricorda-odessa-ferma-la-terza-guerra-mondiale )


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Ucraina, scene di lotta di classe


di Fabrizio Poggi, su Il Manifesto del 15.10.2014

Macerie d'Europa. Il Donbass è il forziere delle risorse industriali e naturali del Paese, qui la classe operaia è il 40% degli occupati. Non solo la Nato, in gioco nell’est finanza e magnati con il loro abuso della rivolta popolare anti Majdan

«Nelle regioni di Donetsk e Lugansk è stata scatenata una lotta di classe in cui banditi, emarginati e tutta una marmaglia randagia combatte contro la classe di biznesmen, liberi professionisti, farmer e tutti coloro che hanno bisogno dell’autorità come garanzia dei diritti e delle libertà», scrivevatempo fa Tsen​sor​.net, emanazione del partito «Patria» di Julja Timoshenko. E comas​screwing​.ru: «Nel Donbass siamo testimoni di una delle ultime rivoluzioni proletarie. Proletariato industriale ed elementi declassati lottano contro le classi dei contadini, dei piccolo-borghesi e degli oligarchi». Dunque, oltre e al di là della guerra scatenata dal governo ucraino contro le Repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk, c’è qualcosa di più profondo che agita la società civile della Novorossija?
È azzardato parlare di un movimento popolare che, difendendo terra e diritti, lotta anche su obiettivi di classe?

Che a Kiev siano al potere un governo e una Rada «legittimati» da milizie neo-naziste, con qualcosa di più di semplici tendenze fasciste, pare fuori discussione. Dati alle fiamme libri su Russia e Urss; gli ucraini proclamati portatori dei geni di una razza superiore; disciolta la frazione parlamentare del Partito comunista ucraino e lo stesso partito sottoposto ad assalti quotidiani, con la prospettiva di essere messo fuori legge (proprio oggi dovrebbe essere in discussione alla Rada un progetto di legge sul divieto «dell’ideologia comunista»); deputati assassinati; giovanissimi studenti fatti sfilare col saluto romano: non c’è bisogno di indagare sui massacri dei battaglioni neonazisti (teoricamente, non controllati dal governo) per inquadrare le scelte di Poroshenko e Jatsenjuk in una linea che mira a fare di Kiev l’avamposto diretto nell’assalto economico-militare occidentale alla Russia.

Chi combatte contro chi, per chi e per cosa nel Donbass? Quanta parte hanno le dispute tra oligarchi dell’ovest e dell’est del paese anche nella crisi in Novorossija? E’ stato solo politico il licenziamento tre giorni fa del magnate Sergej Taruta da governatore della regione di Donetsk, da parte del magnate Pëtr Poroshenko? L’oligarca Kolomojskij (governatore di Dnepropetrovsk) ha scatenato le bande neonaziste contro l’oligarca del Donbass Rinat Akhmetov (secondo Forbes il terzo più riccotra quelli dell’ex Urss) solo per impedirgli di finanziare i separatisti? Gli assalti, a suo tempo, del clan della Timoshenko alla «famiglia» degli Janukovic erano dettati da pure idee «liberali»? E poi i vari Pinchuk, Novinskij, Kosjuk, Tighipko e Zhevago e Bojko: tutte personificazioni di perfette sim- biosi tra cariche amministrative e d’affari.

E quindi, il sostegno aperto alla cosiddetta «azione anti-terrorismo» di Kiev, rientra sola- mente nel disegno di allargamento a est sia della Nato che monopoli europei, oppure nasconde anche interessi della finanza mondiale e di quella ucraina a spartirsi le risorse della regione? Una regione (abitata per il 57% da ucraini, 38,2% russi e altre 30 nazionalità) che è il forziere delle risorse industriali e naturali di tutta l’Ucraina, con una classe operaia che costituisce il 40% degli occupati. Nella sola area di Donetsk (dal 1924 al 1961 si chiamò Stalino, per gli stabilimenti di acciaio – stal — presenti) è concentrato il 20% dell’intera produzione industriale ucraina: miniere, metallurgia, chimica, macchinario pesante, elettroenergetica. E, oltre a quello che è uno dei bacini carboniferi più grandi d’Europa, anche gas (il solo metano è calcolato in 118 mlrd m3) e giacimentidi quarzo, graniti, ferro, alluminio grezzo, mercurio.

Il sito anarco-sindacalista Rabocij put (Rp; La via operaia), ancora in febbraio scriveva che «all’inizio delle proteste di Majdan, moltissimi manifestanti non condividevano le posizioni dei nazionalisti
e degli “eurointegranti”. Le persone, soprattutto delle regioni occidentali del paese, protestavano contro il governo che le aveva ridotte a estrema povertà. Con questi indirizzi, nazionalisti e fascisti avevano raccolto anche i lavoratori e le proteste si erano allargate alle regioni centrali e orientali, in cui non si può certo parlare di spirito nazionalista o ultradestro».

Anche Borotba, di ispirazione trotskista, affermava che «Euromaidan ha avuto un certo supporto di massa tra chi sperava in un avvicinamento alla Ue per migliorare le proprie condizioni di vita: un’illusione reazionaria, ma sufficiente a mobilitare una parte della popolazione contro Janukovic. Sotto la maschera di lotta alla corruzione, c’era un movimento reazionario composto principalmente da intellettuali liberali piccolo-borghesi, elementi sottoproletari e ceto medio impoverito».

Secondo Rp, «per evitare la sollevazione rivoluzionaria delle masse, i circoli più reazionari della bor- ghesia videro l’unica via d’uscita in una dittatura apertamente reazionaria; Janukovic non appoggiò tale piano, forse contando sui metodi della democrazia borghese. La destra ucraina, appoggiata da imperialisti europei e americani, dette vita a Majdan per far fuori Janukovic e arrivare alla più reazi- onaria dittatura borghese». A conflitto iniziato, sempre a detta di Rp, la classe operaia del Donbass non avrebbe «agito autonomamente, ma seguendo le indicazioni ora di una, ora di un’altra parte della borghesia. Ai meeting per dire “no alla guerra”, non si è mai detto a quale guerra ci si riferisca. Gli organizzatori dei meeting non hanno bisogno della guerra di classe, bensì della vittoria sui loro rivali in affari al potere a Kiev. Nella Repubblica di Donetsk si rappresentano gli interessi della pic- cola e media borghesia del Donbass, che, pur non d’accordo con gli oligarchi locali, persegue comun- que la conservazione della proprietà! Non ci sarebbe stata nessuna guerra, se la borghesia e “l’oligarchia di Donetsk”, non avessero temuto per le proprietà, che i clan borghesi di Dneprope- trovsk, di Kiev e dell’occidente volevano togliere loro».

Che in generale, in Ucraina, fosse in corso una guerra tra clan per una nuova ripartizione delle ultime proprietà statali, fino all’estate scorsa lo scriveva anche RIA Novosti: «Per la fine dell’anno, l’Ucraina prevede di vendere 164 grosse imprese statali, che potrebbero essere spartite tra i milio- nari danneggiati da Janukovic», a scapito di concorrenti quali «il re del Donbass Rinat Akhmetov, il magnate chimico Dmitri Firtash e Sergej Levochkin. Si perpetuano le guerre tra oligarchi e clan regionali, attraverso cui si è formato il capitale originario sulla spartizione della proprietà sovietica. È in atto una elementare ripartizione della proprietà».

In ogni caso, all’epoca di Majdan e contrapposto a Majdan, nel sudest ucraino prese piede un movi- mento in difesa dei diritti nazionali, democratici e sociali, che rifletteva il malcontento della popol- azione verso il governo degli oligarchi e che cercava di resistere alle violenze fasciste. Non solo. In più occasioni, vari dirigenti della Novorossija hanno parlato del primato della proprietà collettiva su quella privata, della nazionalizzazione della grande proprietà, proclamando i principi del potere popolare. E l’appoggio popolare e dei lavoratori non è mancato. In effetti, tra passi indietro e contr- asti tra i dirigenti della repubblica, inevitabili in un movimento di massa che, di per sé, esprime le più varie tendenze ideali o ideologiche, sembra che non tutto sia chiaro nella loro visione dell’anticapitalismo, dell’antifascismo e dei diritti civili, tra tendenze monarchiche e ammiccamenti a certa destra europea. E anche l’iniziale minaccia di nazionalizzazioni delle proprietà degli oligarchi del Donbass è via via stata corretta in proposte di accomodamento coi magnati. Nei giorni scorsi si è annunciato di puntare alla conservazione di uno spazio economico comune con l’Ucraina, attra- verso la concessione al Donbass dello status di zona offshore. Ma ora la guerra con Kiev è al primo posto.

A fine agosto il sito Classwar scriveva: «La rivolta nel Donbass è iniziata non solo come lotta di liber- azione nazionale. I fondatori della Repubblica di Donetsk parlavano di uno stato “sociale”, contrap- posto al precedente stato oligarchico ucraino. “Repubblica senza oligarchia e corruzione” — era lo slogan anti-capitalista dei ribelli. Ma mentre le milizie versano il sangue al fronte, la borghesia va al potere. Uno dopo l’altro, ci sono progetti di Costituzione intesi a consolidare il carattere capitalista delle nuove strutture pubbliche, con promesse esplicite di inviolabilità del grande capitale».

E ancora Rp: «I leader di Donetsk parlano solo della lotta contro gli oligarchi. Non hanno mai fatto cenno alla lotta contro la borghesia in generale, dato che loro stessi sono borghesia. Per raggiungere la pace, è necessario non appoggiare nessuna delle parti in conflitto, dato che questa e quella sono nemiche della classe operaia». Sembrerebbe quasi un richiamo a porsi, sin da ora, sulla strada della «costruzione del socialismo in un solo» distretto regionale Ma intanto la guerra va avanti.



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LA RESISTENZA ANTIFASCISTA NEL DONBASS


POSTED ON SET 11, 2014 IN INTERNAZIONALE | 0 COMMENTS
di Daniele Bergamini

Le neonate Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk si sono unite nell’Unione delle Repubbliche Popolari della Novorossija, un progetto che ha come obbiettivo la costituzione di una confederazione delle città a sud dell’Ucraina dove è forte la presenza di comunità russe e di ucraini di lingua russa.Il Partito Comunista Ucraino (PCU), fin dall’inizio della crisi, si è espresso a favore di un ordinamento federale dell’Ucraina per sanare i contrasti etnico linguistici foraggiati dall’imperialismo euro-atlantico e dall’oligarchia filo-occidentale, ma la popolazione del Donbass dopo le persecuzioni e i pogrom come quello di Odessa ha deciso di separarsi dall’Ucraina mediante referendum e nelle dichiarazioni delle nuove autorità popolari si considera come superata la strada federativa.
La nascita delle Repubbliche Popolari va inserita in un contesto di classe che da una parte vede la grande borghesia ucraina rappresentata dal magnate dell’industria dolciaria Poroshenko e dall’altra il proletariato e alcuni strati della piccola borghesia di lingua russa. Lo scontro tra le due realtà si riflette soprattutto sull’organizzazione economica e sui rapporti di produzione: nel Donbass non si può di certo parlare di una transizione socialista, ma tuttavia si salda ben forte il carattere antiimperialista delle Repubbliche, che hanno nazionalizzato le proprietà dei grandi oligarchi del calibro di Akhmetov, consentendo al momento l’esistenza solo della piccola e media impresa. Intanto il governo ucraino procede con tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni e svendite a favore dei grandi colossi monopolistici locali e stranieri ed ha proibito il Partito Comunista Ucraino assieme a tutte quei movimenti che si oppongono alla cosiddetta operazione “antiterrorismo”.
La situazione odierna ha generato un ampio dibattito e una grande mobilitazione della galassia della sinistra e dei comunisti, con diverse organizzazioni, dentro e fuori l’Ucraina, che si sono mobilitati in difesa del Donbass. Non solo i compagni della Banda Bassotti hanno deciso di recarsi nella zona, con la Carovana Antifascista (sostenuta e promossa fin dal primo momento dal Fronte della Gioventù Comunista), ma anche altri compagni dalla Russia, dalla Spagna, dalla Moldavia e da altre zone europee hanno deciso di unirsi ai combattenti antifascisti della Novorossija, mentre i neonazisti sono supportati da membri di gruppi neonazisti baltici e scandinavi. Il fenomeno delle nuove brigate internazionali – formatesi in seguito a un appello degli stessi dirigenti di Donetsk – non è sicuramente vasto come quello verificatosi durante la guerra civile spagnola negli anni ’30, ma è positivo che ricominci una mobilitazione internazionalista dopo la fine del blocco sovietico. Le Repubbliche antifasciste sono nate nei territori in cui la presenza dei comunisti è forte così come l’influenza nel proletariato da parte dei vari movimenti anticapitalisti e organizzazioni comuniste. La mobilitazione della classe operaia locale ha infatti radicalizzato il movimento antifascista: oltre alla nazionalizzazione delle grandi imprese si è deciso di chiamare il parlamento soviet, viene tutelato il diritto allo sciopero e si cercherà di garantire alloggi ai non abbienti, e i profitti delle imprese statali finanzieranno l’assistenza sociale.
La nascita dei veri e propri soviet però si avrà con una maggiore coscienza di classe e mobilitazione proletaria e popolare, il cui compito spetta ai comunisti e potrà avere maggiore impulso terminati gli attuali compiti di guerra, che per molti combattenti e abitanti di questi territori assume un carattere di liberazione dall’oppressione nazionale, dal fascismo, di reazione alle politiche criminali di guerra della giunta, di un movimento di liberazione nazionale del Donbass: “sono entrato nella milizia perché hanno distrutto la mia casahanno iniziato a cancellare lo status della lingua russa, poi l’aggressione militare, l’uccisione di persone innocenti…”, sono le motivazioni di molti combattenti che lasciano intravedere un carattere spontaneo nella lotta che si è andata progressivamente a strutturare e radicalizzare, istituendo forme di auto-governo dove convivono forze eterogenee.
In una recente intervista così si esprime Alexander “comunista”, combattente e rappresentante del gruppo “Guardie Rosse del Donbass”: “La milizia è stata formata da volontari per proteggere la loro patria, senza pensar troppo sulle questioni più grandi. Ma un processo di domande e risposte alla fine ci ha portato a una comprensione di classe degli eventi che si svolgono sul nostro territorio. Abbiamo identificato le forze a cui ci opponiamo, ossia magnati e oligarchi di tutte le bande: russo, ucraino, internazionali, a prescindere. Una volta, molto tempo fa, si diceva che c’erano due classi: proletariato e borghesia. Non importa quanto tempo è passato, solo la forma è cambiata; l’essenza rimane la stessa. Noi che stiamo prendendo parte agli eventi che si svolgono a un ritmo così rapido, i poveri della milizia, hanno posto la questione di alzare la bandiera rossa […] I leader delle milizie che sono venuti alla ribalta nel campo, hanno guadagnato la fiducia e il rispetto dei combattenti, sono ora costretti a sedersi al tavolo delle trattative. Armi e uniformi richiedono denaro. Ci stiamo preparando per la guerra prolungata davanti alle fredde piogge d’autunno, poi l’inverno. I comandanti non possono ignorare le opinioni di coloro che danno loro fiducia incondizionata. I comandanti dovranno prendere una decisione, o il loro impegno è sul lato dei lavoratori del Donbass o dalla parte di coloro che finanziano gli interessi contrapposti. Nella nostra terra ci sono le forze che sono in grado e pronte a difendere i nostri interessi di classe. Abbiamo attraversato partiti politici e strutture a sufficienza e, infine, abbiamo fondato la nostra guardia rossa, il nostro quartier generale antifascista, che ci ha aiutato ad unire le forze con altre frammentate formazioni anti-oligarchiche, antifasciste, in tutto il territorio dell’ex Ucraina, Donetsk e la Federazione Russa. Si tratta di una lotta, sotto la bandiera della causa comune. Il problema sta nel fatto che per 23 anni (dal crollo dell’Urss, ndt) siamo stati dispersi […] La vita ci spinge ad unirci nell’interesse della classe operaia. Il nostro destino è nelle nostre mani. Al momento si tratta di una questione di sopravvivenza.”(1)
Un segnale importante proviene dall’elezione di Boris Litvinov del PCU come Presidente del Consiglio Supremo di Donetsk, in seguito alle dimissioni di Denis Pushilin dalla carica anche se ciò non è sufficiente a condizionare la struttura economica della società delle nuove repubbliche. Per costruire il socialismo sarà necessario rompere la macchina statale borghese e sostituirla con quella proletaria, ed è necessario elaborare una tattica e una strategia col proletariato in armi, organizzato ed unito nell’orientamento di classe. In questo senso, le varie formazioni politiche comuniste e anticapitaliste ucraine e russe agiscono nella resistenza, con la promozione delle milizie popolari e lo sviluppo di manifesti politici come quello, tra gli altri, del Fronte Popolare di Liberazione dell’Ucraina, Novorossia e Transcarpazia (2), promosso da Union Borotba (organizzazione marxista ucraina nata nel 2011), dove è messo in primo piano il carattere anti-oligarchico e di classe della lotta in corso e il non allineamento ai piani dell’oligarchia russa, smentendo quindi le accuse di alcuni gruppi anarchici (in linea con i giudizi della giunta di Kiev) per cui i militanti di Borotba sarebbero agenti dell’imperialismo russo. Questi gruppi sono infatti finiti per sostenere nei fatti il movimento del Maidan, scontrandosi con le neonate Repubbliche Popolari, facendo il gioco dell’oligarchia fascista. Da sempre l’anarchismo ucraino figlio del maknovismo risponde a logiche piccolo borghesi, come l’anarchismo in generale, basti pensare che cento anni fa nella rivoluzione i maknovisti (da Nestor Makno, anarchico antibolscevico che organizzò l’anarchismo ucraino negli anni della rivoluzione russa) si scontrarono duramente contro i bolscevichi.
Rispetto al Partito Comunista Ucraino, principale organizzazione comunista del paese, vi sono divergenze di vario tipo: Borotba (composto anche da fuoriusciti dal PCU, in particolare dalla giovanile) critica il PCU per il suo precedente sostegno al governo oligarchico di Yanucovich, le illusioni parlamentariste e l’attendismo nella reazione al golpe fascista. Così si esprime in merito Sergei Kirichuk, dirigente di Borotba, in una intervista di Giugno: “Abbiamo sempre criticato il PCU perché si è concentrato solamente nella lotta parlamentare. Noi ci siamo sempre focalizzati nelle mobilitazioni di massa della classe operaia e della gioventù, nei lavoratori pubblici ecc. C’era l’illusione che avremmo vissuto molti anni in una democrazia liberale, con libertà di riunione e associazione. Adesso non siamo preparati per questa nuova situazione, per tecniche di guerriglia. Non abbiamo né infrastruttura, né armi né esperienza. Questo è stato un errore molto grave”. Borotba, vive da tempo una condizione che nei fatti è di illegalità e ovviamente si è opposta alla messa al bando del Partito Comunista Ucraina. Il nuovo esecutivo golpista perseguita le sinistre senza distinzione alcuna come purtroppo è successo nel massacro di Odessa ed ogni gruppo ormai pratica attività semiclandestina, con le squadracce neonaziste che attaccano le sedi di partito e la SBU, il Servizio di Sicurezza Ucraino, che arresta i compagni anche per semplici post sui social network con l’accusa di “propaganda separatista”(3). I militanti di Borotba sono attivi nella formazione di Comitati di Controllo Operaio per tutelare i diritti dei lavoratori e sono presenti negli organi amministrativi della Repubblica Popolare di Donetsk (4) così come nelle milizie di combattimento.
La visione di Borotba riguardo la guerra in corso è quella di un conflitto di classe, in cui la grande borghesia ucraina e l’imperialismo occidentale tentano di schiacciare la lotta popolare in corso nel Donbass, criticando tutte quelle visioni fallaci che si rifanno a un fumoso scontro di civiltà o a un riduttivo scontro geopolitico tra USA e Russia:
Dei partecipanti alle manifestazioni, circa la metà erano attivisti provenienti da altre regioni. Tra quelli che hanno risposto a un sondaggio, il 50% era di Kiev e il 50% era venuto a Maidan da altre regioni. Di questi ultimi, il 52% proveniva dall’Ucraina occidentale, il 31% dalle province centrali e solo il 17% dal sud-est-. Di quelli che stavano costantemente in piazza il 17% era imprenditore, un numero esageratamente alto. Esageratamente pochi, invece, erano i russofoni, il 16%, rispetto al loro 40-50% nella società ucraina nel suo complesso. Ci si può fare un’idea chiara della fisionomia sociale di Maidan guardando al fatto che tra i “cento del Paradiso” che sono morti non c’è un singolo lavoratore. Euromaidan è quindi un movimento avviato e controllato dagli oligarchi di primo piano. La sua base politica è costituita da nazionalisti radicali ed in misura minore da liberali filo-occidentali, mentre la sua base sociale è formata da piccolo-borghesi ed elementi sottoproletari. Al contrario, il movimento di resistenza nel sud-est è più proletario nella sua composizione, come hanno notato osservatori indipendenti. Non è un caso che la resistenza alla junta di oligarchi e nazisti che ha preso il potere grazie a Maidan sia maturata nelle regioni più sviluppate dal punto di vista industriale, dove la maggioranza della popolazione è costituita dalla classe operaia. (5)
Numerosi lavoratori del settore estrattivo hanno deciso di combattere contro la giunta di Kiev per difendersi da una macelleria sociale senza precedenti e i minatori hanno anche promosso un appello ai lavoratori europei contro il fascismo (6). Sicuramente le contraddizioni nel movimento operaio ucraino sono tante e influiscono sulla lotta anche in modo negativo, ma fanno parte dello sviluppo della lotta di classe. Così come non si può far “esercizio di purezza” nell’osservare questa lotta (che esprime una grande esperienza a tutto il movimento anti-imperialista, operaio e comunista) fuori dalla realtà concreta in cui si sviluppa, evidenziando gli aspetti contradditori e solo la presenza di forze che promuovono nei fatti il nazionalismo borghese “grande russo”. Così si esprime in merito un miliziano comunista di Borotba: ”Storicamente i lavoratori [del Donbass, ndr] hanno combattuto i bianchi e sostenuto pienamente il potere sovietico, mentalmente sono tutti “rossi” e non “bianchi”. La guerra consolida il popolo risvegliandogli memoria storica e coscienza di classe. In conclusione, vorrei dire che non si tratta di bigottismo, ma di dialettica che aiuta gli internazionalisti a comprendere l’essenza della situazione, vedendo oltre le forme bizzarre il contenuto reale, facendo una scelta giusta anche se difficile. E aggiungo, miei concittadini e fratelli ricordate che i vostri antenati hanno versato il sangue su questa terra per la vittoria del proletariato, ricordate che il Donbass moderno fu costruito dagli sforzi incredibili della classe operaia, dalla vittoria sui nazisti. Il Donbass è un vero e proprio monumento della costruzione socialista. Non dimenticate chi siete…” (7)
Oltre al PCU e Borotba, altre organizzazioni comuniste sono presenti nella lotta contro la giunta come l’Unione dei Comunisti di Ucraina membro dell’iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa insieme al Fronte dei Lavoratori di Ucraina, organizzazioni legate al Rot Front russo (di cui fanno parte il Partito Comunista Operaio Russo e l’Unione della Gioventù Comunista Rivoluzionaria Bolscevica di Russia), organizzazione politica russa che forma l’opposizione di sinistra al governo di Putin, che ha costituito il “quartier generale antifascista” a cui hanno aderito numerose organizzazioni anticapitaliste, antifasciste e antimperialiste russe, che sta coordinando una serie di aiuti finanziari e materiali nel Donbass (8), tramite l’Unione dei Comunisti d’Ucraina e il Fronte dei Lavoratori d’Ucraina che nella regione di Lugansk si compone da fuoriusciti del PCU (9) e fa parte del Consiglio Supremo così come delle milizie di combattimento. La gravità della situazione impone l’unità dei comunisti che come in Italia sono divisi in varie organizzazioni, unità che va realizzata tra chi è coerente coi principi marxisti-leninisti. Il Fronte dei Lavoratori e Borotba si impegnano in questo senso con la presenza militante nel Donbass, ma anche promuovendo incontri con i lavoratori e con altre organizzazioni che condividono l’opposizione all’ingiusta guerra contro le Repubbliche Popolari, a livello nazionale e internazionale.
La giunta in questi giorni non si è fatta scrupolo nel violare la tregua concordata con la Russia e dal mondo occidentale, ma non riuscirà ad indebolire il rafforzamento che la milizia popolare consegue giorno dopo giorno, che dopo gli arretramenti iniziali sta riconquistando il terreno perso. Anche nell’Ucraina occidentale, lontano dai luoghi di combattimento, si levano le prime proteste. La guerra contro le Repubbliche Popolari è tutta a svantaggio del proletariato ucraino, che inizia a mobilitarsi spinto dalle gravi condizioni generate dalla situazione, e spesso le proteste sono rivolte contro la giunta e contro l’invio dei giovani ucraini nelle zone di guerra e nello stesso esercito ucraino c’è chi diserta rifiutando la guerra contro i suoi fratelli che si difendono dalla dittatura fascista e oligarchica. In questo contesto i rapporti di forza possono mutare a favore del proletariato e delle forze comuniste che difendono il Donbass se sapranno agire nel contesto che si sta creando nel paese.
NOTE
1) Tratto dall’intervista a Red Tv – http://krasnoe.tv/node/23306
5) Un’analisi di classe della crisi ucraina Viktor Shapinov | borotba.org http://www.resistenze.org/sito/te/po/uc/poucef23-014702.htm
6) appello dei minatori di Donetsk contro il fascismo: http://www.resistenze.org/sito/te/pr/mo/prmoeg21-014840.htm
8) Resoconto del viaggio della delegazione del Partito Comunista Operaio Russo a Lugansk incontrando la milizia ordinaria, i membri comunisti nelle milizie, gli organizzatori della resistenza e i membri del Fronte dei Lavoratori d’Ucraina: http://www.rotfront.su/?p=6537Docu-film in russo dal titolo “Oriente Rosso“ realizzato dal Partito Comunista Operaio Russo durante la visita a Lugansk nel Luglio scorso con i compagni del Fronte dei Lavoratori d’Ucraina: http://www.youtube.com/watch?v=iEMaERzHkDY#t=78
9) Il Fronte dei Lavoratori di Lugansk è costituito per lo più da giovani dell’organizzazione regionale del Partito Comunista, che nel corso degli eventi hanno scelto la strada della lotta rivoluzionaria. Operano come parte di un fronte antifascista generale sulla base degli interessi oggettivi della lotta antifascista. Si sono organizzati per combattere a dispetto della direzione del Partito Comunista, e fanno parte del Consiglio supremo della Repubblica di Lugansk, in prima linea nella lotta per gli interessi dei lavoratori, divenendo così la spina dorsale delle unità di costruzione del Fronte dei Lavoratori d’Ucraina nella regione di Lugansk.


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Alcune considerazioni sulla guerra civile in Ucraina

di Giuseppe Amata, 21 Settembre 2014

1.    La guerra popolare nell’est dell’Ucraina è una guerra di classe, nazionale (contro l’imperialismo americano ed europeo) e sociale (rovesciamento del potere oligarchico ed avvio di un sistema politico fondato sulla democrazia diretta ed il potere popolare) insieme. Come ebbe ad intuire già Lenin e poi come riaffermato con forza da Stalin, quando la borghesia abbandona la bandiera dell’indipendenza nazionale spetta ai comunisti raccoglierla e saldarla con la lotta di classe. Ed infatti, dopo la rivoluzione d’Ottobre, tutte le rivoluzioni vittoriose hanno saldato la lotta per l’indipendenza e la dignità nazionali dall’oppressione imperialistica con la lotta per la trasformazione socialista della società: è successo in Cina, in Corea, in Vietnam, a Cuba, in Algeria, in Angola e Mozambico ed in altri paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina, anche se poi in alcuni di questi paesi (Algeria, Egitto, Indonesia, ecc.) la rivoluzione sociale non è stata portata a termine o addirittura si è avviato un processo controrivoluzionario (Egitto e Indonesia). E’ successo recentemente, tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI in Venezuela, Bolivia, Ecuador, Nicaragua che costruiscono un nuovo modello di società socialista e vi sono le condizioni in altri paesi dell’America Latina per unire la lotta per l’indipendenza economica dall’imperialismo con le trasformazioni sociali (Brasile, Argentina, Cile, Uruguay).

• In nuce dallo scontro di classe che si sta sviluppando nell’Ucraina dell’est si determineranno le condizioni oggettive, che richiedono però l’altrettanto sviluppo delle condizioni soggettive (costruzione o rafforzamento del partito comunista) per un’inversione rivoluzionaria in Europa.
• La borghesia russa che ha preso il potere dopo il crollo dell’Urss si trova tra due fuochi: da un lato deve subire questa guerra popolare che può creare le condizioni per la rinascita dei Soviet e per la ricostituzione dell’Unione Sovietica; dall’altro con il colpo di stato in Ucraina e con l’adesione dell’Ucraina all’UE e poi alla Nato si completa l’accerchiamento militare della Russia. E questo per la Russia è inaccettabile, pena la sottomissione definiva agli USA ed il suo ridimensionamento come grande potenza. Di fatto dopo il crollo dell’Urss vi è stato un ridimensionamento della Russia, ma con Putin è iniziato un processo di riaggregazione dello spazio ex-sovietico che sta entrando in conflitto con l’egemonia Usa e con l’aspirante egemonia dell’UE. Ed infatti sia gli Usa che l’UE sono accomunati per impedire questa aggregazione, come la futura Unione Doganale Euro-Asiatica.
• Lo spirito nazionale in Russia è molto forte e si basa su uno storico retroterra culturale che affonda le radici nella storia del mondo slavo, del quale la Russia è  stata ed è protagonista principale. Ma le vicende della Russia moderna e contemporanea sono state e sono interessate non solo dall’espressione di questa cultura bensì dall’importazione ad ondate di aspetti ideologici e culturali del capitalismo occidentale, prima dall’Europa oggi dagli Usa, per schiacciare la tradizione slava. In Russia esistono ed hanno però scarsi consensi elettorali partiti e circoli culturali legati all’influenza dell’imperialismo americano ed europeo. Nell’ultima fase e dopo il crollo dell’Urss erano più forti, ma con il fallimento di Eltsin si sono molto indeboliti.
• La borghesia monopolistica di stato e privata della Russia si deve dimenare tra la necessità di mantenere il potere e difendere l’unità nazionale per impedire una nuova rivoluzione sovietica da un lato e dall’altro per impedire di sottomettersi all’egemonia Usa. Per questo sostiene con molta prudenza la ribellione nell’est dell’Ucraina auspicando una soluzione politica e diplomatica. Ma nel popolo russo la solidarietà con i fratelli russi e russofoni che stavano per essere sottomessi dalla dittatura nazifascista di Kiev è molto più forte di quanto manifesta il governo. Per questi motivi ex ufficiali e soldati dell’Armata rossa sono andati a difendere le nascenti repubbliche popolari del Donbass. Si sta profilando una nuova “guerra di Spagna”: due campi di classi opposte con opposte solidarietà internazionali. Se vincerà la coalizione antinazista ed antimperialista si creeranno le condizioni per uno spostamento a sinistra della Russia e per la crisi politica della Unione Europa (quella economica da tempo fa il suo corso ed ovviamente si riflette sulla politica), espressione del grande capitale finanziario e dei grandi monopoli privati e semi-pubblici (e non visione illuministica dei popoli europei che tanto seduce o fa comodo dire ai gruppi tipo SEL ed altri in Europa!) protesi a realizzare grandi profitti, soprattutto attraverso la riduzione dei livelli salariali europei e la conquista di nuovi mercati per competere con Usa e Cina. Il Giappone è stato con le varie crisi finanziarie abbastanza ridimensionato ed il desiderio delle classi dominanti di pensare al revancismo trova fertile terreno nella politica americana protesa a contenere la Cina, ma rimane nulla più che un desiderio. E sulla crisi in Ucraina, la Cina ha però preso una posizione distaccata, apparentemente neutrale, a differenza dei paesi socialisti latino-americani che si sono apertamente schierati con le repubbliche popolari del Donbass. Bisogna riconoscere che la Cina è impegnata in un grande sforzo  di crescita economica nella convinzione di superare nell’arco di qualche decennio gli Usa. L’accento principale sulla lotta economica tra socialismo e capitalismo che è un aspetto reale della lotta di classe a livello internazionale, ma non il solo, sembra riduttivo rispetto alla complessità dello scontro.


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Da: Leo (Cesena) <momotombo @ libero.it>
Oggetto: Contro la NATO e i fascisti Con i ribelli del Donbass
Data: 08 ottobre 2014 21:26:26 CEST


“E' ormai chiaro come una lettura monolitica della questione ucraina risulti sempre più parziale e inadeguata per comprendere il rapido mutare degli eventi nati con le proteste di piazza Majdan nel novembre scorso. Lo spauracchio legato all'avanzata dei movimenti neofascisti collusi con il nuovo governo di Kiev deve trovare una nuova chiave di interpretazione, scevra da ingenui apriorismi ideologici e lontana da qualsiasi condizionamento propagandistico. “
Da Infoaut Lunedì 16 Giugno 2014

 

UCRAINA: né con questo né con quello? No grazie!!
Contro la NATO e i fascisti
Con i ribelli del Donbass

 

L'aggressione all'Ucraina riapre una piaga dentro i movimenti  sorta già ai tempi della guerra in Jugoslavia.
Snobismo e  teoria del Né-Nè hanno da allora contraddistinto l'approccio di gran parte dei movimenti pacifisti e antagonisti (salvo qualche eccezione), alle guerre di aggressione  imposte dal grande capitale in tutti questi anni: dalla Jugoslavia all'Iraq, dalla Libia alla Siria e ora siamo all'Ucraina...

 

Non abbiamo la pretesa di avere le idee chiare su quello che succede in aree come il Mediterraneo, i Balcani, l'Asia etc. dove questioni nazionali e religiose secolari s'intrecciano a oppressione di classe e modi di produzione.
Ma non dobbiamo mai dimenticare che la collocazione geo-politica di un paese o di un popolo, le sue tradizioni e peculiarità, il suo posto nella divisione internazionale del lavoro e le sue risorse naturali non sono elementi secondari: crediamo che la CIA e il Pentagono non paghino 2000 ricercatori storici e antropologi per studi a carattere  filantropico…
Nessuno può negare che in Ucraina abbiamo assistito  a un ennesimo "colpo di stato" contro un governo certamente imp

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