PASSATO, presente e futuro del movimento CONTRO LA GUERRA

1) 2 dicembre 1914: Karl Liebknecht è il solo deputato del Reichstag tedesco a votare contro i crediti di guerra
2) Polemiche attorno alla manifestazione di Firenze “Un Passo di Pace” (21 settembre) e alla “Marcia della Pace” Perugia-Assisi (19 ottobre)
- Con un minimo di attenzione e di coraggio (G. Pisa)
- Lettera aperta sul documento “Un Passo di pace” (V. Brandi)
- Pacifismo istituzionale italiano: il più ignorante del pianeta (P. Boylan)


Vedi anche: 
Perché dobbiamo uscire dalla NATO / Why we must get out of NATO (Appello)


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www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 03-12-14 - n. 522

2 dicembre 1914: Karl Liebknecht è il solo deputato del Reichstag tedesco a votare contro i crediti di guerra

EDT | solidarite-internationale-pcf.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

02/12/2014

Il 2 dicembre 1914, Karl Liebknecht, deputato socialdemocratico (SPD), è l'unico a votare contro i crediti di guerra al Reichstag, il Parlamento tedesco.

Il 4 agosto precedente, si era levato per la prima volta contro questi prestiti denunciando il carattere imperialista della guerra iniziata. Ma, conformandosi alla disciplina del gruppo socialdemocratico, non aveva votato contro.

Dopo 4 mesi di macelleria, Liebknecht supera l'ostacolo ed esprime il suo voto contrario, con un atto di grande coraggio che diventa storico. Egli rompe con la Sacra Unione tedesca e smentisce la SPD, unendosi al Partito socialdemocratico russo, guidato da Lenin, e ad alcuni dirigenti di partiti socialisti europei nel rifiuto e nella denuncia della guerra imperialista, conformandosi alle risoluzioni, calpestate dagli apparati riformisti dell'Internazionale socialista, tra cui quelle del Congresso straordinario di Basilea del novembre 1912 in cui si legge:

"Se viene minacciata una guerra, è un dovere della classe operaia dei paesi coinvolti, è un dovere dei loro rappresentanti in Parlamento, con l'assistenza dell'Ufficio internazionale, di compiere ogni sforzo per impedire la guerra con tutti i mezzi che si ritengono più opportuni e che variano naturalmente dall'acutezza della lotta di classe e dalla situazione politica generale. Qualora la guerra scoppiasse comunque, essi hanno il dovere di interferire per farla cessare rapidamente e usare con tutta la loro forza la crisi politica ed economica creata dalla guerra, per mobilitare gli strati popolari più profondi e affrettare la caduta del dominazione capitalista".

Riportiamo nel seguito la traduzione dell'intervento Karl Liebknecht nel Reichstag il 2 dicembre 1914. Nel 1916 fu imprigionato. Con Rosa Luxemburg e altri, il 1° gennaio 1919 Liebknecht stava per fondare, e diventare dirigente, del Partito comunista tedesco (KPD). Il 15 gennaio 1919, saranno entrambi vilmente e brutalmente assassinati durante la rivolta Spartachista dalle forze di repressione guidate dal socialdemocratico Noske.

Dichiarazione di Karl Liebknecht al Reichstag il 2 dicembre 1914

"Motivo il mio voto al progetto che ci è oggi sottoposto nel modo seguente.

"Questa guerra, che nessuna delle popolazioni coinvolte ha voluto, non è scoppiata per il bene del popolo tedesco o di altri popoli. Questa è una guerra imperialista, una guerra per la dominazione capitalista del mercato mondiale e per il dominio politico dei paesi importanti per portarvi il capitale industriale e bancario. Dal punto di vista del rilancio degli armamenti, è una guerra preventiva causata congiuntamente dai partiti della guerra tedeschi e austriaci nella oscurità del semi-assolutismo e della diplomazia segreta.

"E' anche un'impresa di carattere bonapartista tendente a demoralizzare, a distruggere il movimento operaio in crescita. E' quello che hanno dimostrato, con chiarezza sempre maggiore e, nonostante una cinica messa in scena destinata ad indurre in errore le coscienze, gli eventi degli ultimi mesi.

"La parola d'ordine tedesca: 'contro lo zarismo', proprio come la parola d'ordine inglese e francese: 'contro il militarismo', è servita come mezzo per attivare gli istinti più nobili, le tradizioni e le speranze rivoluzionarie del popolo a vantaggio dell'odio contro i popoli. Complice dello zarismo, la Germania, fino a ora modello della reazione politica, non ha nessuna qualità per svolgere il ruolo di liberatrice dei popoli.

"La liberazione del popolo russo, come del popolo tedesco deve essere l'opera di questi popoli stessi.

"Questa guerra non è una guerra difensiva per la Germania. Il suo carattere storico e la sequenza degli avvenimenti ci vietano di fidarci di un governo capitalista, quando dichiara di chiedere i crediti per la difesa della patria.

"Una pace rapida e che non umili nessuno, una pace senza conquiste, questo è quello che bisogna esigere. Ogni sforzo diretto in questo senso deve essere ben accolto. Solo l'affermazione continua e simultanea di questa volontà in tutti i paesi belligeranti potrà fermare il sanguinoso massacro prima del completo esaurimento di tutte le popolazioni interessate.

"Solo la pace basata sulla solidarietà internazionale della classe operaia e sulla libertà di tutti i popoli può essere una pace duratura. E' in questo senso che il proletariato di tutti i paesi deve compiere, anche durante la guerra, uno sforzo socialista per la pace.

"Acconsento ai crediti fin tanto che siano richiesti per opere capaci di superare la miseria esistente, anche se li trovo del tutto inadeguati.

"Sono anche d'accordo con tutto ciò che è fatto in favore della sorte dei nostri fratelli sui campi di battaglia, in favore dei feriti e dei malati per i quali io sento la più ardente compassione. Anche in questo caso, niente che venga chiesto sarà troppo ai miei occhi.

"Ma la mia protesta va contro la guerra, contro quelli che ne sono responsabili, quelli che la dirigono; va alla politica capitalistica che l'ha generata; la mia protesta è diretta contro i fini capitalisti che la guerra persegue, contro i piani di annessione, contro la violazione della neutralità del Belgio e del Lussemburgo, contro la dittatura militare, contro l'oblio completo dei doveri sociali e politici di cui si rendono colpevoli, anche oggi, il governo e le classi dominanti.

"Ed è per questo che respingo la richiesta dei crediti militari."

Karl Liebknecht
Berlino, 2 dicembre 1914


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Con un minimo di attenzione e di coraggio

18 SETTEMBRE 2014


La quantità di appelli e documenti che si stanno moltiplicando sin dalle prime settimane di settembre, appena alla ripresa dell'ordinaria attività politica, sulle questioni della guerra e della pace, colpisce per molti motivi. Innanzitutto, la reciproca auto-referenzialità: una tale quantità di prese di posizione corrisponde ad una analoga mole di sigle, reti e tavoli, che lasciano l'impressione di una fatica ad incontrarsi davvero, sul terreno dell'analisi e della sintesi e di conseguenza a confrontare le reciproche differenze, di orientamenti e proposte, e tentare una efficace convergenza. Poi, non secondaria per importanza, la ricerca della via breve: il tentativo cioè di scavalcare le differenze mantenendo sul generico le prese di posizione e di giudizio, con l'obiettivo di offrire un ambiente accogliente per il numero più ampio di soggetti, evitando però, al tempo stesso, la fatica di confrontarsi nel merito e la chiarezza delle posizioni da assumere e da proporre pubblicamente.

Queste contraddizioni possono certo essere il prodotto dell'ambizione di conciliare le differenze e di costruire reti inclusive, con l'obiettivo di ricomporre ad unità, quanto più larga e rappresentativa possibile, le forze, ampiamente divise e frammentate, di quello che una volta chiamavamo “movimento per la pace e contro la guerra” o, più chiaramente, “contro la guerra senza se e senza ma”. Obiettivo giusto e necessario, per una ricomposizione strategica ed inderogabile. L'interrogativo che nasce è piuttosto se questa strada, oltreché percorribile, sia anche efficace: se serva cioè evitare il confronto nel merito, la fatica dell'approfondire e dell'argomentare, e mettere tra parentesi differenze talvolta sostanziali, per conseguire lo scopo del “tutti in piazza, tutti insieme”. Gli esempi, d'altro canto, non mancano. Ha sollevato molta discussione, all'interno del movimento per la pace, l'appello  che promuove la prossima “Marcia della Pace” Perugia-Assisi (19 ottobre) che, pur ponendo alcuni obiettivi chiari (il riconoscimento del diritto umano alla pace, la risoluzione pacifica dei conflitti, il rafforzamento democratico delle istituzioni internazionali), non menziona nessuno degli scenari di guerra in corso e non esprime nessuna valutazione sul ruolo delle potenze occidentali, non ultima l'Italia, nei fronti di guerra aperti.

La manifestazione di Firenze “Un Passo di Pace” (21 settembre), nel suo appello, ha il merito di segnalare il no alla guerra e la difesa delle vittime come prioritari, insieme con gli obiettivi storici delle campagne nonviolente (soluzione politica dei conflitti, disarmo e difesa civile non armata e nonviolenta), ma basta scorrere l'elenco dei soggetti animatori per intravedere differenze non da poco sulla valutazione della situazione nei diversi fronti della nuova guerra mondiale, dalla Siria all'Ucraina.

A sinistra, sul versante politico, si riflettono tutte queste incertezze e contraddizioni. Il documento del gruppo di lavoro «Mediterraneo, Pace, Migranti, Relazioni Europee» de “L'Altra Europa” verso la manifestazione del 21 settembre, da una parte riconosce il ruolo nefasto delle potenze imperialiste e delle petro-monarchie del Golfo nell'addestrare e finanziare, in Siria e in ogni dove, ogni sorta di banda, dall'altra, si attarda nel rammarico per il «mancato appoggio ai democratici in Siria», senza specificare in cosa sarebbe dovuto consistere questo appoggio e quali forze democratiche si sarebbe dovuto appoggiare. Non di rado, anche le forze reputate “moderate” nell'opposizione al governo siriano hanno invocato l'intervento armato per scalzare l'odiato Assad, mentre oggi sembrano del tutto ai margini, specie all'indomani della saldatura tra diversi fronti jihadisti e dello sfaldamento della Coalizione Nazionale Siriana, eterogenea galassia, ben poco non-violenta, finanziata dagli Stati Uniti e dagli “Amici della Siria”, che come afferma, addirittura,  “Repubblica”   «si è rivelata incapace di rappresentare un'alternativa al governo di Damasco, anche soltanto dall’esilio».

Il doppio standard della politica euro-atlantica impedisce, purtroppo, di riconoscere che, in Siria, alle ultime elezioni parlamentari (maggio 2012) ha votato il 51% degli aventi diritto, mentre alle ultime elezioni presidenziali (giugno 2014) ha votato il 73%, di cui l'89% per il presidente uscente. Tutti “al soldo del regime”?

Occorrerebbe forse un minimo di attenzione e un minimo di coraggio in più, nell'approfondire le questioni collegandosi ai popoli che resistono all'aggressione dell'imperialismo, e nel sottrarsi ad un giudizio mainstreaming che, seppure comodo e confortante, quasi mai centra il punto e riesce a cogliere nel segno.

Gianmarco Pisa


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http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2746

Vincenzo Brandi, Rete NoWar Roma

Nel lungo documento ("Un passo di pace – Campagna per la difesa non armata e non violenta")  molto generico, sciatto, ed omissivo, che è alla base della contestatissima manifestazione di Firenze, balza subito agli occhi, configurandosi forse come uno dei fatti  più significativi che caratterizzano il documento, l’omissione totale di ogni accenno alla tragica situazione della Libia oggi preda di scontri intestini tra bande jihadiste e caduta nel caos e nella disperazione più completi. Nessuna critica viene indirizzata all’intervento della NATO che è servito a distruggere il paese e nessuna autocritica per la totale inerzia mostrata dai gruppi “pacifisti” di cui sopra tre anni fa quando la Libia fu aggredita da una coalizione tra la NATO e le petromonarchie reazionarie del Golfo, sfruttando anche palesi bugie alimentate dai nostri mass-media per giustificare l’attacco.
L'unica concreta proposta nel documento è la richiesta di stanziamenti governativi per il finanziamento della "nuova difesa civile (pag.1), ovvero per la formazione e l'organizzazione di "corpi e interventi civili di pace” (pag.2). Questi fantomatici corpi dovrebbero fare azioni di interposizione nel caso di conflitti e dovrebbero dipendere da un apposito Dipartimento (si suppone in ambito del Ministero della Difesa) creato ad hoc. Ovviamente si suppone che le organizzazioni firmatarie (Rete italiana disarmo, Sbilanciamoci, Tavolo interventi civili di pace, e Rete della pace comprendente ACLI – CGIL – ARCI – AGESCI – Legambiente – Associazione per la Pace – Rete della Conoscenza – Unione degli universitari)  facciano la parte del leone nei finanziamenti che il governo amico di Renzi si suppone dovrebbe concedergli.
Sul punto del "disarmo" (pag. 6) il documento si dichiara critico verso l'acquisto degli F-35 (ormai diventato un argomento abbastanza scontato anche in certi ambienti di governo), ma significativamente non precisa nemmeno se l'acquisto dovrebbe essere annullato o solo ridotto. Ci si propone solo genericamente di …. intervenire nel dibattito in corso.
Sull'export militare e la legge 185/90 (che vieta di esportare armi nei paesi in guerra) si chiede solo …… un approfondimento del tema attuato con dibattiti parlamentari …. 
Si fanno poi solo delle chiacchiere banali sul controllo del commercio degli armamenti. L'unico punto di una certa rilevanza all'interno di un documento – ripetiamo: sciatto e generico – è una presa di posizione contro il MUOS.
A proposito delle basi militari della NATO in Italia (pag. 8), si prendono in considerazione solo quelle della Sardegna (non delle altre decine sparse in tutta Italia) e non si fa nessuna analisi sul ruolo attualmente molto aggressivo ed estremamente pericoloso della NATO, pronta ad aggressioni armate (Afghanistan, Libia, Yugoslavia, ecc.) e ad estendere le basi, anche missilistiche, dell’alleanza ad Est, fin dentro il cortile di casa della Russia,.
Sulla situazione in Iraq (pag. 9) non si fanno analisi approfondite sulle responsabilità occidentali e delle monarchie semifeudali del Golfo loro alleate nella crescita del terrorismo islamico radicale, e quindi sulle forze realmente in campo e sulle prospettive geopolitiche. Ci si limita ad invocare genericamente aiuti umanitari ed a lanciare uno scontato appello per il rafforzamento del ruolo dell'ONU (dimostratosi inefficace e di pura facciata in troppe occasioni). Comunque, come unico punto positivo, si chiede di non inviare armamenti alle parti in conflitto.
Sulla Palestina (pag.10), il testo fa riferimento solo agli eventi del 1967 (e non alla questione originarie del Sionismo, della Nakba del 1948 e della natura coloniale e confessionale dello stato di Israele). Fa intravvedere come unica soluzione l'ormai tramontata soluzione dei "due stati". Parla di embargo sulle armi di entrambe "le parti in conflitto" mettendo sullo stesso piano aggrediti e aggressori e in pratica chiedendo l'embargo sulle armi ai difensori di Gaza (visto che le armi ad Israele di fatto nessuno le nega). Infine il boicottaggio dovrebbe riguardare solo i prodotti delle colonie, e non tutti quelli israeliani, come chiedono i Palestinesi. L'unico interlocutore devono essere  "i comitati popolari per la resistenza popolare non violenta" della Cisgiordania, e quindi non i “cattivoni” di Hamas che praticano la resistenza armata di fronte alle aggressioni israeliani e i “prigionieri” palestinesi che chiedono una nuova Intifada.
Le due pagine sulla Siria (pp. 12-13) sono tra le peggiori. Si accredita ancora la leggenda di una fantomatica rivolta iniziale non violenta che si sarebbe trasformata in guerra civile per colpa del regime sanguinario che ha usato le armi contro la popolazione distruggendo Homs e Aleppo. Non si parla dei continui rifornimenti di finanziamenti ed armi da parte del gruppo “amici della Siria” formato da USA, paesi NATO e petromonarchie del Golfo, ai “ribelli” direttamente o indirettamente legati ad Al Queda, Si parla di non documentate torture fino alla morte nelle carceri del regime. Si parla di truppe di Hezbollah, iraniane e persino sciite irachene che combattono per il regime e non si fa menzione delle decine di migliaia jihadisti stranieri entrati in Siria, specie dalla Turchia, bastione fondamentale della NATO. Si  alimenta ancora l'equivoco di un'opposdizione armata "moderata" (ESL), senza dire che le formazioni con cui è alleata (Al Nusra, Al Sham) sono una costola di Al Queda. Si fa capire che l'ISIS è una formazione a parte (senza parlare del patto di non aggressione stipulato tra ISIS e le formazioni "moderate") e si parla in continuazione di una fantomatica "società civile" da appoggiare. Non si citano le nette vittorie elettorali, con larga affluenza popolare, del governo in carica. 
Sulla guerra in Congo (pag.14) si prende un atteggiamento neutrale tra gli aggressori provenienti da Ruanda e Uganda (sostenuti dagli USA) ed il governo del paese regolarmente eletto. Non si parla del fallimento dell’ONU che, presente con ben 19000 soldati nel Congo, non ha fatto praticamente nulla per fermare la strage (finora 4 milioni di morti). Condivisibile è invece la posizione a favore dei Saharawi (pag. 15), peraltro anche questa ormai abbastanza scontata in Italia.
Assolutamente pessimo il pezzo sull'Ucraina (pag. 17) in cui il golpe nazista organizzato e rivendicato dagli USA è divenuto "rivolta popolare" contro un governo corrotto. Si parla di una feroce repressione iniziale da parte del passato governo senza mai dire che era stato democraticamente eletto. Si denuncia "il crescente coinvolgimento di truppe regolari russe" nell'Est, prendendo aperta posizione a favore delle narrazioni statunitensi, europee e della NATO. Non si parla del pericolosissimo disegno della NATO di metter le mani sull’intera Ucraina. Si conclude con le solite banalità sui necessari aiuti umanitari (senza dire che finora solo la Russia ne ha forniti) e si parla di fantomatici "giovani attivisti per i diritti umani" il cui miracoloso intervento potrebbe far scattare la pace.
Purtroppo il documento dimostra ancora una volta come lo schieramento di presunte organizzazioni “pacifiste” presenti a Firenze, o di altre organizzazioni simili, previlegi i rapporti con il nostro governo, coinvolto in numerose guerre di aggressione, e con la NATO (come dimostra anche l’incredibile comunicato firmato qualche tempo fa da Lisa Clark in cui si gettava su Putin e sulla Russia ogni responsabilità per il pericoloso clima di guerra fredda che le crisi in Ucraina, Libia, Africa centro-occidentale e Vicino Oriente stanno ricreando).

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Pacifismo istituzionale italiano: il più ignorante del pianeta

Patrick Boylan rivela l'ipocrisia e l'inazione del pacifismo istituzionale italiano, sempre più complice delle guerre, silenzioso, un MinCulPop della retorica pacifista…

Redazione - venerdì 26 settembre 2014


Intervista a Patrick Boylan*

Alla Manifestazione nazionale "Facciamo insieme un passo di pace" (Firenze, 21 settembre 2014) è andato come osservatore Patrick Boylan. In questa intervista rivela il livello di ipocrisia e di inazione del pacifismo istituzionale italiano, sempre più complice, silenzioso, un vero MinCulPop della retorica pacifista..


REDAZIONE: Sei andato come osservatore, a titolo personale, alla Manifestazione nazionale Facciamo insieme un passo di pace tenutasi domenica scorsa (21 settembre 2014) a Firenze, nel magnifico piazzale Michelangelo che sovrasta la città. L'iniziativa è stata indetta dalla Rete della Pace, dalla Rete Italiana per il Disarmo, da Sbilanciamoci e dal Tavolo Interventi Civili di Pace per "dare voce a chi resiste e si oppone in modo nonviolento alle guerre, alle pulizie etniche, alle politiche di guerra, ai regimi dittatoriali, al razzismo, all'apartheid." Che impressione ti ha fatto? 

PATRICK BOYLAN: Terrificante. Un'enorme dispiegamento di mezzi per incanalare nel nulla l'angoscia che provocano nella gente le guerre sempre più vicine a noi: in Afghanistan, in Siria e in Iraq, in Ucraina, in Libia... Tranne per gli interventi sulla Palestina, l'evento sembrava costruito per smorzare le angosce, senza proporre azioni di contestazione - ad esempio: atti di disubbidienza civile che obbligano i manovratori delle guerre ad uscire allo scoperto.
Confesso che, da statunitense, mi sono assai stupito che gli USA non siano stati quasi mai nominati: un primato per una manifestazione contro la guerra nella nostra epoca. Ma non sono stati nominati, o solo raramente, nemmeno i governi presenti e passati italiani e degli altri paesi europei.
Eppure le truppe USA ed europee occupano ancora l'Afghanistan, no? L'aviazione USA ed europea ha devastato con le bombe la Libia ieri e ricomincia a farlo ora in Iraq e in Siria, no? 
Sappiamo che il conflitto in Ucraina è stato innescato da un golpe armato a Kiev preparato nelle caserme NATO della Polonia, dove venivano addestrate milizie neonaziste ucraine. Quindi sono stati gli USA e gli europei ad innescare il conflitto in Ucraina, no?
Ma non si direbbe, a sentire i discorsi dal palco di domenica scorsa. I conflitti appena elencati sarebbero allora da considerarsi eventi tragici apparentemente senza autori. Guerre scatenate senza colpe, per autogenesi. Eventi rievocati per suscitare la commozione, ma non la mobilitazione.

REDAZIONE: E quale sarebbe un esempio di mobilitazione alla quale il Comitato Organizzatore di domenica avrebbe potuto chiamare la gente in piazza?

PATRICK BOYLAN: Avrebbe potuto proporre alla piazza di chiedere ai ministri Mogherini e Pinotti di bloccare gli invii delle armi italiane in Siria e a Kiev. Di censurare la CIA e la NATO per il loro golpe in Ucraina e di ritirare l'ambasciatore italiano da Kiev. Di risarcire finalmente la Libia per i bombardamenti illegali italiani nel 2012, anche con lo scopo di scoraggiare azioni simili in futuro. Di condannare il Presidente Obama per il suo uso illegale dei droni e quindi di chiudere la sua base droni a Sigonella. Di ritirare subito le truppe italiane dall'Afghanistan e di uscire dalla Coalizione, sotto la guida degli USA, che si appresta a condurre una "lunga guerra" in Iraq, cioè, a rioccuparlo.

REDAZIONE: Quindi, a Firenze, niente rivendicazioni - almeno, dal palco?

PATRICK BOYLAN: Solo quando si è parlato della Palestina, gli intervenuti hanno osato fare nomi e cognomi e proporre azioni di contestazioni concrete - per denunciare i governanti israeliani presenti e passati di aggressione imperialista in Palestina, e per denunciare l'Italia di connivenza nel concedere a Israele armamenti e suolo nazionale per i suoi esercizi militari. Questo spezzone della manifestazione di domenica ha fatto dunque un passo in avanti verso la giusta direzione, per quanto sia rimasto troppo reticente sulle origini ideologiche del conflitto israelo-palestinese. Semmai lo spezzone poteva essere criticato - ma solo ironicamente, s'intende - per il suo grande successo come spettacolo - con selezioni musicali, letture di poesie, video interviste, tutte svolte con molta professionalità - al punto che il momento di denuncia si è trasformato in momento di intrattenimento e la gente è andata via, contenta dello spettacolo, ma senza consegne precise da mettere in pratica l'indomani per realizzare l'ampio elenco delle proposte. 
Anche gli altri spezzoni di "Un passo di Pace", quelli che riguardavano le altre guerre nel mondo, hanno mancato di dare al pubblico "consegne precise", da mettere subito in pratica. Hanno mancato persino d'indicare le controparti da contestare. Eppure i mandanti di quelle guerre hanno precisi nomi e cognomi, che vanno individuati e detti.

UN DISCORSO SENZA PELI SULLA LINGUA ... SUL CONFLITTO IN UCRAINA 

REDAZIONE: Allora vuoi togliere i peli dalla lingua e dirci tu qualche nome e qualche fatto?

PATRICK BOYLAN: Certo. Ad esempio, quel fatto grosso che ho nominato prima. Oggi, in Europa, c'è un governo arrivato al potere tramite un golpe neonazista - un golpe pilotato dalla sottosegretaria statunitense Nuland e dal senatore McCain, il falco che dirige molte delle operazioni di destabilizzazione degli USA. Si tratta del governo ucraino del golpista Jacenjuk e del suo successore Poroshenko. Un governo che, da sei mesi, d'intesa con Washington, bombarda le case dei propri cittadini nelle città dell'est, con la scusa che bisogna "stanare gli indipendentisti" - come gli israeliani che bombardano le case a Gaza, uccidendo soprattutto civili, "per stanare Hamas". Del resto, come Israele, il governo di Kiev definisce i suoi avversari meri "terroristi" (anche chi è intervenuto dal palco di Firenze ha usato questo termine offensivo per indicare gli indipendentisti).
Ora, mentre ci sono state alcune - seppure troppe poche - proteste ufficiali in Europa contro la barbarie di Tel Aviv, non c'è stata nessuna protesta ufficiale europea contro la barbarie di Kiev. Il motivo? Semplice. I governi europei sono stati complici nel golpe - fino al collo - ed ora sono favorevoli all'uso dei mezzi militari contro i civili del Donbass, dal momento che quei civili vengono considerati dei burattini di Putin. Mentre essi non lo sono affatto e comunque bombardare i civili rimane un crimine di guerra.
Ma ve lo immaginate se, in Italia, gli indipendentisti veneti, sostenuti da un'Austria nostalgica del suo impero perduto, avessero preso le armi e occupato piazza San Marco? Ve lo immaginate se il governo italiano, per stanarli, avesse autorizzato il bombardamento di Venezia, ammazzando civili a frotte e distruggendo metà della città? Sarebbe successo il finimondo, perché non è così che si pone fine ad un moto indipendentista, almeno in Europa. Certo, Donetsk non ha i tesori d'arte che ha la città di Venezia; ma, come Venezia, ha comunque delle vite umane che vanno pure salvaguardate. E tuttavia, domenica scorsa a Firenze, non c'è stata neanche una sola parola di condanna per i bombardamenti dei civili che continuano ancora nel cuore dell'Europa, nonostante la tregua - ieri sera la città è stata colpita di nuovo, più volte. Nessuna contestazione dei Ministri Mogherini e Pinotti che continuano a fornire aiuti militari al governo di Kiev. Nessuna proposta di manifestazione davanti ai loro ministeri.
C'è stata solo una condanna della Russia che avrebbe "sconfinato" in Ucraina a sostegno degli indipendentisti.

REDAZIONE: Beh, sconfinare nel territorio di un altro stato sovrano è illegale secondo il diritto internazionale; la condanna sembra doverosa.

PATRICK BOYLAN: Sicuramente: e se lo sconfinamento fosse provato, sarebbe certamente un'illegalità da punire. E severamente. Solo che, con tutta la sua tecnologia avanzata, la NATO ha saputo offrire ai giornali solo foto fatte da una ditta esterna che non indicano nemmeno le coordinate GPS; quindi senza valore di prova.
Comunque, tagliamo corto: supponiamo che le accuse di sconfinamento siano vere: probabilmente è così, anche se non ci sono le prove. Il punto vero rimane comunque un altro. Gli Stati Uniti, l'Italia, la Francia, il Regno Unito ritengono di avere titolo per rimproverare alla Russia di aver "sconfinato" alcuni chilometri nell'Ucraina dell'est. Non ti sembra ipocrita, questo? Un caso di palese malafede?

REDAZIONE: E perché?

PATRICK BOYLAN: Ma mi faccia il piacere! L'Italia e i suoi alleati "sconfinano" da tredici anni in Afghanistan - e non occorrono le prove, lo ammettono! Anzi, l'Italia e i suoi alleati hanno fatto di più. Hanno fatto proprio ciò che accusano Putin di voler fare in Ucraina (ma che non fa): ossia, hanno invaso ed ora occupano l'intero paese. Come hanno invaso e occupato l'intero Iraq per undici anni, senza alcun mandato ONU, prima di essere costretti ad andarsene. Ed ora si preparano la rivincita: con la scusa dell'ISIS, progettano di "sconfinare" di nuovo per occupare l'Iraq e forse "sconfinare" per occupare anche la Siria. Sono proprio questi i paesi che puntano ora il dito e che condannano lo sconfinamento della Russia in Ucraina - che altro non è che il tentativo di recuperare un pezzo di quanto l'Occidente le ha sottratto con il golpe NATO, illegale, del 21 febbraio 2014. (E' illegale perché la carta dell'ONU proibisce colpi di Stato in paesi terzi e perché i Patti Fondativi del 1997 collocano l'Ucraina fuori dalle alleanze militari, ivi compresa la NATO.)

REDAZIONE: Beh, due torti non fanno una ragione. Se Putin ha sconfinato, va punito - l'hai detto tu.

PATRICK BOYLAN: E lo riconfermo. Mandiamo dunque Putin davanti al Tribunale Penale dell'Aia, e al più presto! Lasciamo che i giudici decidano se le prove fotografiche siano attendibili o meno. Siete d'accordo su questo, anche voi?

REDAZIONE: Sì...

PATRICK BOYLAN: Ma dopo Bush. E Cheney, Rumsfeldt, Rice, ecc. E dopo Obama con i suoi droni che "sconfinano" in Algeria e nello Yemen ecc. e ammazzano pure e le sue forze speciali che "sconfinano" in una trentina di paesi, soprattutto africani, per fare azioni clandestine. E dopo Renzi, Hollande e Cameron che hanno rinnovato la presenza delle loro truppe sconfinanti in Afghanistan, di cui molti rimarranno fino a chissà quando. E dopo i Presidenti del Consiglio italiano, francese, britannico nel 2012: loro hanno "sconfinato" in Libia, non solo con bombardieri ma anche con forze speciali terrestre, con i pezzi d'artiglieria, veicoli blindati - l'ONU ha autorizzato l'interdizione al volo, non i bombardamenti o le truppe sul terreno.
Quindi tutti in galera! E i più colpevoli per prima, secondo chi ha sconfinato di più e fatto più danni. Siete d'accordo?

REDAZIONE: Beh...

PATRICK BOYLAN: Ma concludiamo questo discorso sull'Ucraina. Come si può vedere, ci sarebbe molto da dire sulla guerra in questo paese. Ma domenica scorsa, alla manifestazione per la pace, di tutto questo neanche un accenno. Gli organizzatori hanno fatto commuovere il pubblico per le sofferenze inflitte dalla guerra in Ucraina, ma senza fornire gli elementi per capirne le cause. O meglio, attribuendo tutta la colpa a Putin. Così il pubblico è andato via come è arrivato, senza sospettare minimamente le responsabilità occidentali - cioè, le loro. Gente anestetizzata, dunque, che la nostra Rete NoWar di Roma non potrebbe mai mobilitare. Se diamo loro un volantino "contro il golpe NATO nel cuore dell'Europa" ci guardano come marziani e sbuffano: "Ma che vogliono questi qui? Esagerati!!"

REDAZIONE: Quindi stai dicendo che, alla manifestazione "Un passo di Pace", si è parlato della guerra soprattutto in astratto, come se non riguardasse le decisioni concrete del governo italiano e dei suoi alleati.
L'unico governo a peccare sarebbe stato quello russo. 

PATRICK BOYLAN: In linea di massima, sì, con l'eccezione del conflitto israelo-palestinese, che ho appena menzionato.
Faccio un altro esempio: alla manifestazione si è accennato agli orrori dell'ISIS ma, di nuovo, come se fosse un fenomeno che nascesse dal nulla. Nessuno ha condannato gli Stati Uniti per aver creato l'ISIS per rovesciare il regime siriano. Eppure ci sono le foto del capo dell'ISIS in trattativa con il senatore McCain.

DISCORSI AMBIGUI: DECIDERE SUGLI F35 SENZA CHIEDERSI A COSA SERVONO

REDAZIONE: Quindi l'impressione ricavata dalla manifestazione è che l'amico americano e il governo amico italiano non avrebbero responsabilità per le guerre nel mondo. O per la crescente militarizzazione della nostra società. E' così?

PATRICK BOYLAN: Si. Fatta eccezione per alcuni interventi - ma erano pochi - che hanno chiamato in causa il governo Renzi. Per esempio, per la sua scelta di confermare l'acquisto degli F35.
Solo che la questione degli F35 è stata trattata come se fosse un problema meramente contabile. Gli F35 costerebbero troppo in un tempo di crisi, ecco il problema. Come dire, se costassero meno, allora l'Italia potrebbe pure acquistarli per bombardare e sottomettere altri paesi, non ci sarebbero obiezioni.
Invece la vera obiezione - che qualcuno ha anche mosso, ma in sordina - è l'uso per il quale questi velivoli sono destinati. Vengono acquistati per poter attaccare all'estero (molti saranno attrezzati per i soli portaerei), non per difendere il suolo italiano. Mentre la Costituzione italiana proibisce le guerre di attacco. Vengono acquistati per portare bombe atomiche, in violazione dei patti di non proliferazione - un ritorno alle angosce della Guerra Fredda e al rischio dell'annientamento reciproco totale, dovuto a qualche errore umano.
Quindi impostando la discussione sugli F35 solo in termini contabili, gli intervenuti si sono esonerati dal discutere ciò che dovrebbero essere le finalità dell'aeronautica italiana, complessivamente. Nel 2012, l'aeronautica italiana ha compiuto più di 400 bombardamenti della Libia: era forse un'azione meno cruenta e meno anticostituzionale perché svolta con i vecchi F16 anziché con i nuovi F35? Quei bombardamenti hanno ridotto la Libia, una volta fiorente, in rovine e la popolazione nella miseria. "Ma è stato necessario per cacciare il crudele dittatore Gheddafi e dare la democrazia al popolo" dicevano e continuano a dire il governo e i mass media, per coprire il vero scopo dei bombardamenti, ossia "ricacciare la Libia nel medioevo" per poter appropriarsi del suo petrolio a prezzi stracciati. Infatti, l'Occidente non pensa più a creare in Libia le basi per la democrazia che aveva promesso: alle ultime elezioni è andato a votare solo il 18% della popolazione. Piuttosto che il voto, la gente vuole il pane, quello che l'aviazione militare nostra ha tolto loro per chissà quanto tempo ancora. Possiamo almeno sperare che avranno entrambe le cose in futuro? Ne dubito, almeno fin quando durerà il petrolio.
Ma vogliamo smettere di parlare dei costi degli F35 e parlare di questo, per favore? Cioè, dell'uso dell'aviazione italiana per bombardare e sottomettere altri paesi? Non sarebbe un tema degno per un incontro di pacifisti? Niente da fare: il tema delle guerre di aggressione italiane e dei suoi alleati non è all'ordine del giorno. Come i pacifisti del 2012 hanno dato il loro silenzio assenso alla distruzione della Libia, i pacifisti di oggi continuato a dare il loro silenzio assenso alla sua putrefazione. Nessuna protesta nel 2012, nessun pentimento nel 2014.
Ora l'Italia entra in una nuova Coalizione a guida USA che si accinge a "salvare" gli iracheni e i siriani. Dio mio! Proprio loro, i bombaroli della Libia! Ancora una volta a voler "salvare" un paese con i loro missili Tomahawk e le loro bombe Hellfire! Ci sarebbe da gridare dai tetti!! Ma alla Manifestazione per la pace di Firenze, neanche una parola.

REDAZIONE: Quindi stai dicendo che quello che tu chiami il pacifismo istituzionale - m'immagino che tu ti riferisca alle associazione che hanno organizzato la manifestazione di domenica scorsa - funzionerebbe come appannaggio del governo. Come un MinCulPop per la pace.

PATRICK BOYLAN: Diciamo che queste organizzazioni dipendono dal governo per i loro finanziamenti e quindi tendono a tenerselo buono. A volte lo contestano ma entro limiti abbastanza stretti. Pertanto alla manifestazione di Firenze, come dicevo prima, il pacifismo istituzionale non ha voluto contestare il governo Renzi per aver rinnovato la presenza militare italiana in Afghanistan e per aver annunciato che intende prolungare quella presenza anche dopo il 2014 col pretesto di effettuare solo addestramenti. Sono 13 anni che quel martoriato paese subisce le nostre bombe e i nostri rastrellamenti da Gestapo. Ma nessuno ne parla più. Nemmeno ad una manifestazione per la pace.
Con una eccezione: a Firenze domenica scorsa c'è stato il bellissimo intervento di Cecilia Strada di Emergency - degna figlia di suo padre. Il suo intervento è stato un raggio di luce nel buio. Schietto ma profondo, ha esaminato il significato della guerra anche in Afghanistan, puntualizzandone le responsabilità. Non a caso gli organizzatori le hanno tolto la parola, "per ragioni di tempo", prima che potesse finire - un chiaro riconoscimento del valore di quanto stava dicendo. E poi c'è stato anche Alex Zanotelli che vi ha fatto qualche accenno, più discreto ma efficace. E nient'altro.

DISCORSI INGANNEVOLI: SOSTENERE LA GUERRA... IN NOME DELLA PACE

REDAZIONE: Quindi quando dici che il pacifismo istituzionale contesta sì il governo "ma entro limiti abbastanza stretti", intendi dire "quasi per nulla".

PATRICK BOYLAN: Diciamo relativamente poco. Ti faccio un altro esempio.
Alla manifestazione di Firenze il governo Renzi non è stato contestato neppure per la sua adesione al Gruppo di Londra, la combriccola che organizza le forniture di armi ai guerriglieri jihadisti della Siria. Eppure il programma di "Un Passo di Pace" - l'hai ricordato tu all'inizio - proclama di voler sostenere solo chi "si oppone in modo nonviolento ai regimi dittatoriali."
Solo che, nel caso della Siria, l'Occidente non ha mai voluto sostenere l'opposizione nonviolenta, come il Coordinamento democratico siriano, perché troppo di sinistra. Se arrivasse al potere sarebbe, per l'Occidente, troppo poco accomodante. Quindi l'Occidente ha preferito incitare i giovani a prendere le armi - "per difendere i manifestanti" - sperando così di poter determinare, attraverso la fornitura selettiva delle armi, l'egemonia di una fazione dei ribelli sugli altri, quello più filo-Occidentale.
Che orrore, dunque, vedere apparire sul palco di "Un Passo di Pace" l'individuo che il Comitato Organizzatore ha designato per parlare della Siria. Si tratta di un esponente siriano che gira l'Italia da tre anni, a tenere comizi - anche presso circoli pacifisti - per convincere gli italiani che l'unico modo per rovesciare il presidente siriano Assad è con le armi. E quindi che bisogna fornirle. Egli cerca poi di rimuovere le reticenze dei pacifisti raccontando gli orrori commessi da Assad, in primis le uccisioni dei manifestanti siriani in piazza.
Ma - un momento - non era il presidente al-Sisi dell'Egitto che, un anno fa, ha fatto uccidere 1000 manifestanti in piazza in un colpo solo, un record in assoluto, di tutti i tempi, nel medio oriente? E che poi ha fatto condannare a morte 600 imputati in un processo lampo durato un giorno? Anche questo un record in assoluto. Non importa, per l'oratore sembrava contare solo la rimozione di Assad, costi quel che costi. E si capisce perché. Mentre al-Sisi ha accettato la NATO nel suo paese, Assad lo rifiuta e, anzi, ospita le navi russe. Non solo, ma costruisce gasdotti con l'Iran che competano con quelli statunitensi e israeliani. Fornisce armi a Hezbollah. Per l'oratore siriano, dunque, e sicuramente per chi sponsorizza eventualmente le sue tournée di propaganda, è Assad, non al-Sisi, il capo di stato cruente che va rimosso, senza indugio e con le armi.
Per fortuna, la platea, capendo la strumentalizzazione dell'intervento anti-Assad, ha protestato, costringendo l'oratore a tagliare corto. Ma l'ambiguità della scelta del Comitato organizzatore rimane un dato di fatto.

REDAZIONE: Ma perché, secondo te, con tutto quello che sta succedendo in Siria ora, il Comitato ha fatto venire quell'individuo ad una manifestazione per la pace?

PATRICK BOYLAN: Dovresti chiedere a loro. Se io dovessi azzardare un'ipotesi, direi che è perché in questo momento, Mogherini e Pinotti stanno trattando nuove consegne di armi italiane ai guerriglieri in Siria, quindi serve erigere una cortina fumogena per coprire questo malaffare. Discorsi anti-Assad, che lo descrivono come un mostro da eliminare a tutti i costi, servono all'uopo, stroncano sul nascere qualsiasi protesta da parte dei pacifisti. Perciò, con l'invito di quell'individuo, il Comitato organizzatore ha forse voluto - dico forse - dare una mano al "governo amico".

REDAZIONE: Quindi una manifestazione per la pace ma tutta imperniata sulla difesa della politica estera italiana - in Ucraina, in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria...

PATRICK BOYLAN: Qualche critica occasionale c'è stata pure, ma il senso globale dell'evento è stato quello. Sai, i ceti dominanti - quelli che traggono profitti dalle guerre e accrescono il proprio potere subordinando la politica estera italiana a quella guerrafondaia statunitense - hanno comunque bisogno di mantenere un certo consenso nel paese. Devono governare le angosce che le loro guerre creano. E quindi a loro serve un movimento per la pace che faccia sfogare l'emotività della gente ma senza proporre azioni concrete di contestazione delle scelte governative.

REDAZIONE: Ma allora, se la pensi così, perché non sei intervenuto tu con un discorso che proponesse azioni di contestazione da intraprendere?

PATRICK BOYLAN: Non sono stato invitato a parlare e non erano previsti interventi liberi dal pubblico - anzi, c'erano recinzioni e gorilla per impedire che il pubblico potesse avvicinarsi al palco. È stata la prima volta che io ho visto una cosa simile ad una manifestazione di pacifisti per pacifisti.
Comunque ho distribuito, a molti dei partecipanti, un volantino con il discorso che avrei potuto fare. Quindi se l'hanno letto, avranno sentito un'altra campana. Il volantino è diviso in tre parti. Ognuna descrive un tema in poche righe, poi indica un link che devi digitare nel tuo browser per vedere il resto.

REDAZIONE: E quali sono i tre temi?

PATRICK BOYLAN: Il primo è l'annuncio dell'iniziativa recente di un noto attivista per la pace negli Stati Uniti - e un amico mio - David Swanson. Ha lanciato otto azioni concrete per contrastare la propaganda guerrafondaia dei governi e dei mass media e mi ha chiesto di farle conoscere anche in Italia.
Il secondo è un esempio di ciò che io considero un discorso chiaro sulle guerre e sulla pace. Ho appena accusato la manifestazione di Firenze di eccessiva genericità. Ebbene, do un esempio di come gli intervenuti avrebbero potuto parlare - nella fattispecie, sulla questione ISIS - se non avessero avuto peli sulla lingua.
Il terzo tema è: "Perché sembra sempre pi

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