Febbraio 2011–2016

1) Febbraio 2011: quando la polizia italiana non impedì l'attacco all'ambasciata libica 
2) Bandiera Usa sull’Europa / Libia, il piano della conquista (Manlio Dinucci su il manifesto)
3) Ecco perché hanno ammazzato Gheddafi. Le email Usa che non vi dicono (C. Messora, 9.1.2016)
4) Attacco dell'Islam radicale in Europa: lungimirante la “profezia” di Gheddafi (Sputnik, 8.1.2016)


Vedi anche:

Assalto all'ambasciata libica a Roma (Libera.Tv, 23 feb 2011)
ASSALTO ALL'AMBASCIATA LIBICA A ROMA, 23 febbraio 2011.

Il sogno di Muammar Gheddafi: fornire acqua fresca a tutti i libici e rendere la Libia autosufficiente nella produzione alimentare (Enrico Vigna, ottobre 2015)
I libici la chiamavano l'ottava meraviglia del mondo. I media occidentali lo hanno definito il capriccio e il sogno irrealizzabile di un cane rabbioso. Il "cane rabbioso" nel 1991 aveva profeticamente detto circa la più grande impresa di ingegneria civile nel mondo...


=== 1 ===



Febbraio 2011: quando la polizia italiana non impedì l'attacco all'ambasciata libica

Quando al grido di "Allah U Akbar" (ironia della storia) e "ammazzate Gheddafi", lo stato italiano lasciò l'ambasciata libica in balia degli assalitori

 
La polizia italiana non è forse tenuta a proteggere le sedi delle ambasciate? E se scientemente non lo fa, qualcuno viene
punito? 

Ricordiamo questo fatto di cinque anni fa. Il 23 febbraio 2011 a Roma in via Nomentana manifestanti al grido di Allah U Akbar e ammazzate Gheddafi, durante una manifestazione - autorizzata? non autorizzata?... - assaltarono in libertà l'ambasciata dell'allora Jamahiryia araba libica. Usando come scala una camionetta della polizia - le forze dell'ordine erano presenti in tenuta antisommossa- si arrampicarono sul muro, gettarono alla folla urlante la bandiera verde (che fu bruciata seduta stante) e vi sostituirono quella monarchica, attualmente in uso. Si vede tutto qui: https://www.youtube.com/watch?v=5f-H8ebC6OE
Immaginiamo cosa sarebbe successo se qualcuno avesse provato ad assaltare l'ambasciata Usa. Beh...non sarebbe successo niente, nel senso che lì non ci si può nemmeno avvicinare. Nemmeno in condizioni normali. Nemmeno passeggiando.
 
Marinella Correggia
08/02/2016


=== 2 ===



L’arte della guerra
 
Bandiera Usa sull’Europa

Manlio Dinucci
 
Partecipando (come ormai d’obbligo) all’incontro dei ministri della difesa Ue il 5 febbraio ad Amsterdam, il segretario della Nato Jens Stoltenberg ha lodato «il piano degli Stati uniti di accrescere sostanzialmente la loro presenza militare in Europa, quadruplicando i finanziamenti a tale scopo». Gli Usa possono così «mantenere più truppe nella parte orientale dell’Alleanza, preposizionarvi armamenti pesanti, effettuarvi più esercitazioni e costruirvi più infrastrutture». In tal modo, secondo Stoltenberg, «si rafforza la cooperazione Ue-Nato». 

Ben altro lo scopo. Subito dopo la fine della guerra fredda, nel 1992, Washington sottolineava la «fondamentale importanza di preservare la Nato quale canale della influenza e partecipazione statunitensi negli affari europei, impedendo la creazione di dispositivi unicamente europei che minerebbero la struttura di comando dell'Alleanza», ossia il comando Usa. 

Missione compiuta: 22 dei 28 paesi della Ue, con oltre il 90% della popolazione dell’Unione, fanno oggi parte della Nato sempre sotto comando Usa, riconosciuta dalla Ue quale «fondamento della difesa collettiva». Facendo leva sui governi dell’Est, legati più agli Usa che alla Ue, Washington ha riaperto il fronte orientale con una nuova guerra fredda, spezzando i crescenti legami economici Russia-Ue pericolosi per gli interessi statunitensi. In tutta l’Europa orientale sventola, sul pennone più alto, la bandiera a stelle e strisce assieme a quella della Nato. 

In Polonia, la nuova premier Beata Szydlo ha ammainato dalla sue conferenze stampa la bandiera della Ue, spesso bruciata nelle piazze da «patrioti» che sostengono il governo nel rifiuto di ospitare i rifugiati (frutto delle guerre Usa/Nato), definiti «invasori non-bianchi». In attesa del Summit Nato, che si terrà a Varsavia in luglio, la Polonia crea una brigata congiunta di 4mila uomini con Lituania e Ucraina (di fatto già nella Nato), addestrata dagli Usa. 

In Estonia il governo annuncia «un’area Schengen militare», che permette alle forze Usa/Nato di entrare liberamente nel paese. 

Sul fronte meridionale, collegato a quello orientale, gli Stati uniti stanno per lanciare dall’Europa una nuova guerra in Libia per occupare, con la motivazione di liberarle dall’Isis, le zone costiere economicamente e strategicamente più importanti. 

Una mossa per riguadagnare terreno, dopo che in Siria l’intervento russo a sostegno delle forze governative ha bloccato il piano Usa/Nato di demolire questo Stato usando, come in Libia nel 2011, gruppi islamici armati e addestrati dalla Cia, finanziati dall’Arabia Saudita, sostenuti dalla Turchia e altri. 

L’operazione in Libia «a guida italiana» – che, avverte il Pentagono, richiede «boots on the ground», ossia forze terrestri – è stata concordata dagli Stati uniti non con l’Unione europea, inesistente su questo piano come soggetto unitario, ma singolarmente con le potenze europee dominanti, soprattutto Francia, Gran Bretagna e Germania. Potenze che, in concorrenza tra loro e con gli Usa, si uniscono quando entrano in gioco gli interessi fondamentali. 

Emblematico quanto emerso dalle mail di Hillary Clinton, nel 2011 segretaria di Stato: Usa e Francia attaccarono la Libia anzitutto per bloccare «il piano di Gheddafi di usare le enormi riserve libiche di oro e argento per creare una moneta africana in alternativa al franco Cfa», valuta imposta dalla Francia a sue 14 ex colonie. Il piano libico (dimostravamo sul manifesto nell’aprile 2011) mirava oltre, a liberare l’Africa dal dominio del Fmi e della Banca mondiale. Perciò fu demolita la Libia, dove le stesse potenze si preparano ora a sbarcare per riportare «la pace».  
 
(il manifesto, 9 febbraio 2016)

---


L’arte della guerra 

Libia, il piano della conquista  

Manlio Dinucci
  

«Il 2016 si annuncia molto complicato a livello internazionale, con tensioni diffuse anche vicino a casa nostra. L'Italia c'è e farà la sua parte, con la professionalità delle proprie donne e dei propri uomini e insieme all'impegno degli alleati»: così Matteo Renzi ha comunicato agli iscritti del Pd la prossima guerra a cui parteciperà l’Italia, quella in Libia, cinque anni dopo la prima. 

Il piano è in atto: forze speciali Sas – riporta «The Daily Mirror» – sono già in Libia per preparare l’arrivo di circa 1000 soldati britannici. L’operazione – «concordata da Stati uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia» – coinvolgerà circa 6000 soldati e marine statunitensi ed europei con l’obiettivo di «bloccare circa 5000 estremisti islamici, che si sono impadroniti di una dozzina dei maggiori campi petroliferi e, dal caposaldo Isis di Sirte, si preparano ad avanzare fino alla raffineria di Marsa al Brega, la maggiore del Nordafrica». 

La gestione del campo di battaglia, su cui le forze Sas stanno istruendo non meglio identificati «comandanti militari libici», prevede l’impiego di «truppe, carrarmati, aerei e navi da guerra». Per bombardare in Libia la Gran Bretagna sta inviando altri aerei a Cipro, dove sono già schierati 10 Tornado e 6 Typhoon per gli attacchi in Siria e Iraq, mentre un cacciatorpediniere si sta dirigendo verso la Libia. Sono già in Libia – conferma «Difesa Online» – anche alcuni team di Navy Seal Usa. 

L’intera operazione sarà formalmente «a guida italiana». Nel senso che l’Italia si addosserà il compito più gravoso e costoso, mettendo a disposizione basi e forze per la nuova guerra in Libia. Non per questo avrà il comando effettivo dell’operazione. Esso sarà in realtà esercitato dagli Stati uniti attraverso la propria catena di comando e quella della Nato, sempre sotto comando Usa. 

Un ruolo chiave avrà lo U.S. Africa Command, il Comando Africa degli Stati uniti: esso ha appena annunciato, l’8 gennaio, il «piano quinquennale» di una campagna militare per «fronteggiare le crescenti minacce provenienti dal continente africano». Tra i suoi principali obiettivi, «concentrare gli sforzi sullo Stato fallito della Libia, contenendo l’instabilità nel paese». Fu il Comando Africa degli Stati uniti, nel 2011, a dirigere la prima fase della guerra, poi diretta dalla Nato sempre sotto comando Usa, che con forze infiltrate e 10mila attacchi aerei demolì la Libia trasformandola in uno «Stato fallito». 

Ora il Comando Africa è pronto a intervenire di nuovo per «contenere l’instabilità nel paese», e lo è anche la Nato che, ha dichiarato il segretario generale Stoltenberg,  è «pronta a intervenire in Libia». E di nuovo l’Italia sarà la principale base di lancio dell’operazione. Due dei comandi subordinati dello U.S. Africa Command si trovano in Italia: a Vicenza quello dello U.S. Army Africa (Esercito Usa per l’Africa), a Napoli quello  delle U.S. Naval Forces Africa (Forze navali Usa per l’Africa). 

Quest’ultimo è agli ordini di un ammiraglio Usa, che è anche a capo delle Forze navali Usa in Europa, del Jfc Naples (Comando Nato con quartier generale a Lago Patria) e, ogni due anni, della Forza di risposta Nato. L’ammiraglio è a sua volta agli ordini del Comandante supremo alleato in Europa, un generale Usa nominato dal Presidente, che allo stesso tempo è a capo del Comando europeo degli Stati uniti. 

In tale quadro si svolgerà la «guida italiana» della nuova guerra in Libia, il cui scopo reale è l’occupazione delle zone costiere economicamente e strategicamente più importanti. Guerra che, come quella del 2011, sarà presentata quale «operazione di peacekeeping e umanitaria».
 
(il manifesto, 12 gennaio 2016)  




=== 3 ===


Ecco perché hanno ammazzato Gheddafi. Le email Usa che non vi dicono

Pubblicato 9 gennaio 2016 - 14.41 - Da Claudio Messora

Il 31 dicembre scorso, su ordine di un tribunale, sono state pubblicate 3000 email tratte dalla corrispondenza personale di Hillary Clinton, transitate sui suoi server di posta privati anziché quelli istituzionali, mentre era Segretario di Stato. Un problema che rischia di minare seriamente la sua corsa alla Casa Bianca. I giornali parlano di questo caso in maniera generale, senza entrare nel dettaglio, ma alcune di queste email delineano con chiarezza il quadro geopolitico ed economico che portò la Francia e il Regno Unito alla decisione di rovesciare un regime stabile e tutto sommato amico dell’Italia, come la Libia di Gheddafi. Ovviamente non saranno i media mainstream generalisti a raccontarvelo, né quelli italiani né quelli di questa Europa che in quanto a propaganda non è seconda a nessuno, tantomeno a quel Putin spesso preso a modello negativo. A raccontarvelo non poteva essere che un blog, questa volta Scenari Economici di Antonio Rinaldi e del suo team, a cui vanno i complimenti.

“Due terzi delle concessioni petrolifere nel 2011 erano dell’ENI, che aveva investito somme considerevoli in infrastrutture e impianti di estrazione, trattamento e stoccaggio. Ricordiamo che la Libia è il maggior paese produttore africano, e che l’Italia era la principale destinazione del gas e del petrolio libici.

La email UNCLASSIFIED U.S. Department of State Case No. F-2014-20439 Doc No. C05779612 Date: 12/31/2015  inviata il 2 aprile 2011 dal funzionario Sidney Blumenthal (stretto collaboratore prima di Bill Clinton e poi di Hillary) a Hillary Clinton, dall’eloquente titolo “France’s client & Qaddafi’s gold”, racconta i retroscena dell’intervento franco-inglese.

Li sintetizziamo qui.

  • La Francia ha chiari interessi economici in gioco nell’attacco alla Libia.
  • Il governo francese ha organizzato le fazioni anti-Gheddafi alimentando inizialmente i capi golpisti con armi, denaro, addestratori delle milizie (anche sospettate di legami con Al-Qaeda), intelligence e forze speciali al suolo.
  • Le motivazioni dell’azione di Sarkozy sono soprattutto economiche e geopolitiche, che il funzionario USA  riassume in 5 punti:
    1. Il desiderio di Sarkozy di ottenere una quota maggiore della produzione di petrolio della Libia (a danno dell’Italia, NdR),
    2. Aumentare l’influenza della Francia in Nord Africa
    3. Migliorare la posizione politica interna di Sarkozy
    4. Dare ai militari francesi un’opportunità per riasserire la sua posizione di potenza mondiale
    5. Rispondere alla preoccupazione dei suoi consiglieri circa i piani di Gheddafi per soppiantare la Francia come potenza dominante nell’Africa Francofona.

Ma la stessa mail illustra un altro pezzo dello scenario dietro all’attacco franco-inglese, se possibile ancora più stupefacente, anche se alcune notizie in merito circolarono già all’epoca.

In sintesi Blumenthal dice:

  • Le grosse riserve d’oro e argento di Gheddafi, stimate in 143 tonnellate d’oro e una quantità simile di argento, pongono una seria minaccia al Franco francese CFA, la principale valuta africana.
  • L’oro accumulato dalla Libia doveva essere usato per stabilire una valuta pan-africana basata sul dinaro d’oro libico.
  • Questo piano doveva dare ai paesi dell’Africa Francofona un’alternativa al franco francese CFA.
  • La preoccupazione principale da parte francese è che la Libia porti il Nord Africa all’indipendenza economica con la nuova valuta pan-africana.
  • L’intelligence francese scoprì un piano libico per competere col franco CFA subito dopo l’inizio della ribellione, spingendo Sarkozy a entrare in guerra direttamente e bloccare Gheddafi con l’azione militare.


=== 4 ===


Attacco dell'Islam radicale in Europa: lungimirante la “profezia” di Gheddafi

08.01.2016

Il leader libico aveva messo in guardia Tony Blair dall'attacco dei fondamentalisti islamici in Europa: emerge dai documenti resi pubblici del Parlamento britannico. A Londra ora riconoscono che Gheddafi fosse più perspicace dei politici occidentali.

Il leader libico Muammar Gheddafi aveva messo in guardia l'ex premier britannico Tony Blair dalla minaccia dell'estremismo islamico in Europa. Emerge dalle trascrizioni delle telefonate tra i due politici rese pubbliche dalla commissione Esteri del Parlamento della Gran Bretagna, scrive il "Telegraph".

Il 25 febbraio 2011, quando in Libia già imperversavano le rivolte, Gheddafi aveva spiegato a Blair di cercare di proteggere il Paese dagli insorti di "Al Qaeda".

"Noi non li attacchiamo, loro ci attaccano. Voglio dirle la verità. Questa situazione non è così complicata, è al contrario semplice: in Nord Africa si sono svegliate le cellule dormienti di "Al Qaeda". Le cellule libiche sono simili a quelle che hanno operato in America alla vigilia dell'11 settembre," — aveva detto Gheddafi.

"I jihadisti sono entrati in possesso di armi ed hanno diffuso la paura tra la gente. Le persone non possono lasciare le loro case. <…> Ma non viene mostrato il quadro reale della situazione, non ci sono giornalisti stranieri. Abbiamo chiesto a tutti i giornalisti di tutto il mondo di venire a vedere la verità. Si tratta di bande armate. <… > E' impossibile negoziare con loro," — sottolineava Gheddafi.

"Vogliono controllare il Mediterraneo e poi attaccare l'Europa," — aveva avvertito il leader libico.

Blair, a sua volta, aveva sostenuto la necessità della pace.

Tre settimane dopo questa telefonata la coalizione di Paesi occidentali, compresa la Gran Bretagna, aveva iniziato i raid in Libia, portando al rovesciamento di Muammar Gheddafi, scrive il "Telegraph".

"Le premonizioni di Gheddafi sembrano essere state confermate, — si afferma nell'articolo. — Dopo la sua caduta, la Libia è piombata nel caos ed è ancora travolta dalla guerra civile. Molti territori sono controllati da gruppi armati di fondamentalisti islamici legati ai terroristi del Daesh (ISIS). I terroristi, inviati dal Daesh in Francia, a novembre hanno perpetrato una serie di sanguinosi attacchi terroristici a Parigi."

Il presidente della commissione Esteri Crispin Blunt ha dichiarato che i membri della commissione prenderanno in considerazione gli "avvertimenti profetici" di Gheddafi nell'ambito dell'inchiesta sugli eventi in Libia.

Secondo Blunt, i dati attualmente disponibili suggeriscono che "i politici occidentali sono meno lungimiranti di Gheddafi nei termini dei rischi connessi con l'intervento militari sia per il popolo libico e sia per gli interessi dello stesso Occidente."