(2/2 - fine)

Prima ancora delle sanzioni ufficiali da parte del Consiglio di
Sicurezza dell'ONU la RFT, durante l'inverno, poco prima del suo
riconoscimento di Croazia e Slovenia, aveva imposto unilateralmente il
blocco dei traffici con la RFJ; poi, puntualmente a Natale, ebbe luogo
il promesso riconoscimento - e la prevedibile e fino ad oggi proseguita
escalation della guerra civile jugoslava. In tal modo l'imperialismo
tedesco manifestava il suo ritorno alla "normalit�" dopo la fine
del "blocco". Il 23 Dicembre 1991 va pertanto segnato sul calendario -
analogamente al 1 Settembre 1994 di Hans-Peter Schwarz - tra le "svolte
importanti" della storia tedesca.



LA JUGOSLAVIA E LA "NORMALIZZAZIONE" TEDESCA

La discussione sui riconoscimenti ed il conseguente dibattito sulla
Bosnia � nel segno del "ritorno alla normalit�", un obiettivo dello
Stato preordinato dall'alto con il quale dovrebbe concludersi la fase
quarantennale di interdizione della Germania dai traffici di politica
estera.

In politica interna, sin dall'inizio della guerra in Jugoslavia, si
persegue "una quasi-normalizzazione del Nazionalsocialismo per mezzo
della moltiplicazione delle sue forme di apparizione", e la
corrispondenza giornalistica tedesca mira a creare "una, due, tante
Auschwitz" per poter gettare finalmente nella spazzatura dodici anni di
storia propria. Cos� esistono persino "campi di sterminio
serbi", "campi di concentramento", la "Grande Serbia", una "Endl�sung"
[soluzione finale, detto per l'Olocausto degli Ebrei, ndt] operata dai
Serbi e la "follia di dominio" serba, stese a copertura della propria
storia (19). Con l'istituzione, su iniziativa della RFT, di un
Tribunale internazionale per i crimini di guerra a L'Aia, si cerca da
parte tedesca di relativizzare finalmente lo "smacco di Norimberga".
Naturalmente a Bonn si nega ogni corresponsabilit� nei crimini e nella
guerra in Jugoslavia: nella versione ufficiale c'� solo un gruppo di
responsabili e criminali di guerra - i Serbi. Quale sia lo scopo
dell'arresto e dell'atteso processo contro Dusko Tadic', un serbo
abitante a Monaco, lo ha chiarito un avvocato di Amburgo, che avrebbe
condotto le autorit� tedesco-federali sulle tracce di Tadic', nel corso
di una trasmissione speciale della ARD: Tadic' sarebbe in effetti
soltanto un Hess, un guardiano di campi di concentramento; per suo
tramite si vuole arrivare ad Himmler - Karadzic' - ed Hitler -
Milosevic'.

Questo genere di demagogia e revisionismo storico hanno permesso al
giornalista americano David Binder, pure conservatore, di chiedere che
anche Kohl e Genscher vengano messi nella lista dei criminali di guerra
in un procedimento giudiziario sulla guerra in Bosnia, poich�
questi "hanno preso decisioni che hanno portato all'estensione e
all'intensificazione della guerra" (20).

Attraverso il riconoscimento della anticostituzionale secessione delle
Repubbliche ex-jugoslave alla politica tedesca ed occidentale era
riuscito di internazionalizzare un conflitto essenzialmente di
carattere interno, impegnandosi pi� apertamente per un intervento nel
senso di "garantire la pace". Persino Genscher ha potuto farsi passare
da critico difensore dei diritti umani, mentre spingeva gli alleati
europei al riconoscimento: "Anche nel futuro la Germania si porr� dalla
parte dei diritti umani, dei diritti delle minoranze e del diritto
all'autodeterminazione, contro l'aggressione e l'oppressione. (...)
Alla Comunit� Europea si impone di aprire una prospettiva europea ai
popoli della Jugoslavia per il futuro" (21). Avendo sottolineato, come
premessa, che soltanto ai popoli della Jugoslavia spetta di decidere
sul proprio futuro, egli metteva poi in guardia esplicitamente: "Non
possiamo lasciare da sole le Repubbliche indipendenti (...). Non le
possiamo spingere nell'isolamento rispetto alla comunit� internazionale
degli Stati!". Con ci� egli riusciva a dare al "futuro dei popoli
jugoslavi" una precisa prospettiva nel quadro comunitario, con
l'obiettivo (suddetto) della decomposizione o del rimpicciolimento di
quello Stato, e della conseguente annessione di queste parti distaccate
ad una vasta area di influenza in qualit� di soggetti economicamente e
politicamente dipendenti, nel quadro della gerarchia raffigurata dal
gi� citato Roland Berger.

L'Handelsblatt [importante quotidiano economico e finanziario, ndt]
descriveva nel Settembre 1991 lo sviluppo economico dell'Europa nella
seguente maniera: la "storia dell'economia [insegna] che la dinamica
economica non si sviluppa mai in senso superficiale-orizzontale, bens�
di regola a partire da centri le cui attivit� si estendono verso
l'esterno come anelli che si allargano. Cos� lo sviluppo economico del
continente ha potuto evolvere secondo i seguenti binari: i centri
mitteleuropei si irradiano verso Est, conquistando innanzitutto gli ex
paesi satelliti. Solo in seguito verranno raggiunte le regioni di
confine dell'impero sovietico. Tralasciando alcuni punti di forza
industriali propri presenti sul territorio dell'Unione Sovietica,
attorno al nocciolo duro europeo si formeranno anelli concentrici con
livelli di attivit� economica decrescente, il cui standard produttivo
fluttua nel contatto con l'Europa..." (22).

Per poter esercitare pi� influenza su questi "anelli concentrici che
circondano il nocciolo dell'Europa con attivit� economica decrescente",
e per controllarli meglio, tramite lo slogan dell'"autodeterminazione"
� stata distrutta la Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia.

"L'attuale politica interventista contro la Jugoslavia, in interazione
con gli attuali meccanismi di formazione della opinione pubblica
all'interno della RFT, ancora non si configurano come uno stato di
guerra [palese, nda]. Si mira per� a raggiungere una capacit� di
mobilitazione bellica, tanto all'esterno quanto all'interno" (23).

Come questo pu� avere luogo ce lo indica la seguente
considerazione: "Le circostanze mi hanno costretto per anni a parlare
quasi soltanto di pace. Solo tramite la costante proclamazione del
desiderio tedesco di pace e delle intenzioni pacifiche mi � stato
possibile procacciare al popolo tedesco la libert�, pezzetto per
pezzetto, e l'equipaggiamento che fu sempre necessario come condizione
per poter fare il passo successivo (...). E' stato altres�
indispensabile mutare a poco a poco la psicologia del popolo tedesco, e
chiarirgli lentamente che esistono cose che vanno ottenute per mezzo
della violenza, se non possono esserlo con mezzi pacifici. Tuttavia a
tale scopo si � reso necessario non solo propagandare la violenza in
quanto tale, bens� illuminare il popolo tedesco in merito a certi
accadimenti di politica estera, in modo che nel cervello delle masse si
generasse lentamente la seguente convinzione: se questo non si pu�
cambiare con le buone, allora lo sar� con la violenza". Cos� si
esprimeva Adolf Hitler dinanzi alla stampa tedesca il 10-11-1938 (24).

La "illuminazione" sistematica e persuasiva su avvenimenti di politica
estera, compiuta in maniera tale da indurre gran parte della
popolazione ad esprimersi a favore di misure violente contro un altro
Stato, � un costituente essenziale della formazione di una propria
capacit� bellica. E sotto questo aspetto vanno analizzati anche gli
ultimi tre anni di politica riguardo la Jugoslavia.



CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

L'economista egiziano e teorico marxista Samir Amin ha recentemente
individuato quali compiti oggi si pongano concretamente nella
discussione riguardante interventi propagandati con la copertura
dell'umanitarismo e dei diritti umani: "Sotto ogni aspetto, in ogni
tempo ed in ogni forma, il fatto che il Nord si immischi negli affari
del Sud (ed a maggior ragione quando si tratta di un intervento
violento, militare o politico) � un fatto negativo. Gli eserciti
occidentali non porteranno mai pace, benessere o democrazia ai popoli
di Asia, Africa ed America Latina. In futuro come da cinque secoli a
questa parte potranno portare solo schiavit�, sfruttamento del loro
lavoro e delle loro ricchezze, negazione dei loro diritti. E' compito
delle forze progressiste dell'Ovest capire questo" (25).

Mentre un tempo ampi settori della sinistra solidarizzavano con i
movimenti di liberazione, si preoccupavano dello sfruttamento dei paesi
del cosiddetto Terzo Mondo e dimostravano contro FMI e Banca Mondiale,
oggi in Occidente si � sviluppata una cultura di stampo chauvinista che
non ha origine dagli ambienti conservatori e nazionalisti, bens� dal
centrosinistra liberale - dal luogo politico cio� in cui era situato il
movimento pacifista. Sorprendentemente l'idea che la Germania sia una
grande potenza, che cerca senza riguardi di perseguire il proprio
interesse, � assolutamente scomparsa, anche in Germania - e nella
stessa sinistra. Tanto quanto il concetto di imperialismo � passato di
moda (innanzitutto in relazione alla societ� tedesca).

E cos� non sono stati n� gli incitamenti all'odio di Herr Rei�m�ller
sulla FAZ n� i racconti dell'orrore del deputato CDU Stefan Schwarz a
far s� che, dopo lo scoppio del conflitto in Jugoslavia, si proclamasse
da ogni parte ad alta voce e per la strada la necessit� dell'intervento
occidentale contro i Serbi. Sono stati al contrario partiti come i
Gr�nen [Verdi, ndt] e fogli liberali (di sinistra) come la TAZ, il
Frankfurter Rundschau, Die Zeit, il francese Liberation e il britannico
Guardian a diffondere un panico antiserbo tale da influenzare fino ad
oggi la percezione del conflitto degli intellettuali occidentali.
Frattanto il movimento pacifista e terzomondista gioca qui un ruolo non
sottovalutabile, rendendo popolari gli interventi occidentali nei paesi
del Tricontinente. Da questa parte � giunta la maggioranza delle
proposte, ad es. quella di porre termine finalmente al conflitto
jugoslavo attraverso un intervento (militare o meno). Purtroppo in
questi ambienti l'antico slogan del tempo della I Guerra Mondiale

"il principale nemico si trova nel proprio paese" � finito nel
dimenticatoio, e conseguentemente la protesta non � diretta contro lo
chauvinismo occidentale di fronte agli altri popoli, n� contro
l'intromissione del proprio Stato nelle faccende degli altri Stati
sovrani. Al contrario, le campagne dell'opposizione antimilitarista
sono dirette in primo luogo ad es. contro l'esportazione di armamenti,
quindi contro la fornitura di armi a regimi considerati particolarmente
terribili, e non contro il militarismo tedesco. Il messaggio lanciato
da tali campagne pu� essere considerato a tutt'oggi uno solo: ci sono
due categorie di Stati - quelli per i quali il possesso di armamenti �
legittimo e senza problemi (l'Occidente), e quelli per i quali �
interdetto (i paesi del cosiddetto Terzo Mondo) (26).

Un "movimento per la pace" che incita il proprio Stato ad immischiarsi
nelle questioni di altri popoli non � un movimento per la pace. Questo
deve essere chiarito assolutamente. E conseguentemente il vecchio
slogan "combattere il nemico nel proprio paese" deve essere rimesso
all'ordine del giorno dell'agenda politica della sinistra - contro
qualsiasi forma di preparativo alla guerra, all'interno come
all'estero, sia essa di tipo economico, politico, militare o ideologico.

Rispetto al conflitto in Jugoslavia, ci� significa concretamente
schierarsi contro ogni tipo di intervento ed anzi chiederne la
cessazione. Perch�, come ci ha detto Samir Amin, una intromissione
dell'imperialismo non pu� mai portare n� pace, n� benessere n�
democrazia (27). Questa deve essere la posizione di partenza
inalienabile di un lavoro internazionalista ed antiimperialista, ed a
partire da questa si possono discutere ulteriori rivendicazioni e
prospettive politiche.

______________________________________________



NOTE
1. Sui retroscena del conflitto Jugoslavo sia a livello politico che
economico cfr. il contributo di Jochen Gester: Retroscena economici del
conflitto jugoslavo, sui Marxistische Bl�tter 1-'95, ppgg. 8-17.

2. H.-P. Schwarz: Die Zentralmacht Europas - Deutschlands R�ckkehr auf
die Weltb�hne [La potenza centrale d'Europa - Il ritorno della Germania
sul proscenio mondiale]. Berlino 1994. Pag. 7.

3. H.-P. Schwarz, op. cit., pag. 8.

4. Citato dai Politische Berichte 19-'94, pag.3.

5. Cfr. il Frankfurter Rundschau del 13-9-1994, a pag. 1.

6. Cfr. Schwarz, op. cit., pag. 245.

7. Schwarz, op. cit., pag. 248.

8. Schwarz, op. cit., pag. 249.

9. Schwarz, op. cit., pag. 251.

10. Heleno Sa�a: Das Vierte Reich - Deutschlands sp�ter Sieg. Amburgo
1990. Pag. 108.

11. Der Spiegel n.18-'94, pag. 154. Queste considerazioni non sono
nuove, bens� sono in continuit� con la costruzione di una vasta area
d'influenza durante il fascismo. Gi� nel 1941 Theo Suranyi-Unger aveva
formulato riflessioni di questo tipo sulla Zeitschrift f�r die gesamte
Staatswirtschaft - Rivista per l'economia statale globale: "I paesi
subordinati potranno coprire non soltanto il loro fabbisogno (...)
bens� anche quello del paese-guida, mentre quest'ultimo si dedicher�
sempre pi� a quei rami dell'industria che richiedono manodopera
altamente qualificata e processi produttivi particolarmente lunghi...".
Citato da: Hunno Hochberger, Sull'intervento della RFT nella guerra
civile jugoslava - Alcune riflessioni sull'espressione "europa
tedesca". In: A. Meurer, H. Vollmer, H. Hochberger: Die Intervention
der BRD in den jugoslawischen B�rgerkrieg. Hintergr�nde, Methoden,
Ziele. GNN-Verlag. Colonia 1992. Pag. 33.

12. Hochberger, op. cit., pag. 30.

13. Cfr. Wolf-Dieter Gudopp: Auf dem Weg in den dritten Weltkrieg ?
[Verso la terza guerra mondiale?] Verein Wissenschaft und Sozialismus
e.V.- Francoforte 1993, pag.18.

14. Schwarz, op. cit., pag. 156.




15. Citato da: Hochberger, op. cit., pag. 31.

16. John Newhouse: Bonn, der Westen und die Aufl�sung Jugoslawiens. Das
Versagen der Diplomatie - Chronik eines Skandals [Bonn, l'Occidente e
il disfacimento della Jugoslavia. La sconfitta della diplomazia -
cronaca di uno scandalo]. In: Bl�tter f�r deutsche und internationale
Politik 10-'92, pag.1195.

17. Newhouse, op. cit., pag.1193.

18. Newhouse, op. cit., pag.1196.

19. Tutte le citazioni da: Arthur Heinrich: Wunderbare Wandlung. Die
Nachkriegsdeutschen und der Bosnien-Einmarsch. Ein Frontbericht
[Metamorfosi miracolosa. I tedeschi del dopoguerra e la marcia sulla
Bosnia. Un reportage dal fronte]. In: Bl�tter f�r deutsche und
internationale Politik 4-'93, pag.411.

20. Citato da: Heinrich, op. cit., pag. 413.

21. Citato da: Hochberger, op. cit., pag.32.

22. Hochberger, op. cit., pag. 33.

23. Hochberger, op. cit., pag. 42.

24. Gudopp, op. cit., pag. 3.

25. Samir Amin: Das Reich des Chaos - Der neue Vormarsch der Ersten
Welt [L'impero del caos - la nuova avanzata del Primo Mondo]. VSA-
Verlag. Amburgo 1992, pag. 18.

26. Cfr. Sabine Reul: Friedenslobby und politisch korrekter
militarismus [Lobby pacifista e militarismo politically correct]. In:
NOVO n.13, 11/12-1994, ppgg. 35-37; Ernst Woit: Imperialistische Ziele
und Strategien [Obiettivi e strategie imperialiste]. In: Marxistische
Bl�tter 5-'94, ppgg. 55-59.

27. Fuori luogo � appellarsi ad una "razionalit� del capitalismo", e
sperare in una "politica socioeconomica di pace a livello globale",
come fa Werner Ruf sui Marxistische Bl�tter 5-1994. Cfr. R�diger G�bel
in: Prokla n.95, 24-6-'94, ppgg. 287-301.

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tratto da: Jugoslawien-Bulletin 4-'95, raccolta di
documentazione "contro le sanzioni, l'incitamento guerrafondaio e la
politica tedesca da grande potenza". Per contatti, contributi e
abbonamenti:

Jugoslawien-Bulletin c/o Friedensladen, Schillerstr. 28, 69115
Heidelberg (Germania)

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