INIZIATIVE a ROMA, BARI, BOLOGNA, MILANO 

 

1999-2019 noi non dimentichiamo
 
1) INIZIATIVE: 
ROMA 27/3: Noi non dimentichiamo. 1999-2019
BARI 3/4: Bombe su Belgrado, 20 anni dopo
BOLOGNA 6/4: Bombe su Belgrado, 20 anni dopo
MILANO 10/4: Bombe su Belgrado, 20 anni dopo
 
2) Intervista di Enrico Vigna a ZIVADIN JOVANOVIC. A vent’anni dai bombardamenti della Repubblica Federale Jugoslava
 
3) Perché la NATO non ha condotto un’operazione terrestre contro la Jugoslavia? (Sputnik 15.3.2019)

 
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Roma, mercoledì 27 marzo 2019
alle ore 19 presso il Sally Brown Rude-Pub – Via degli Etruschi 3A/B

NOI NON DIMENTICHIAMO
20 ANNI DAI BOMBARDAMENTI SULLA JUGOSLAVIA

Esattamente 20 anni fa si scriveva una delle pagine più meschine della storia d'Europa: l'attacco contro la Jugoslavia. Sebbene l'aggressione andasse avanti già da un decennio e avesse istigato guerre fratricide, nel 1999 le forze della NATO (in pieno spregio del diritto internazionale) bombardarono quello che rimaneva della Jugoslavia unita. 
Una guerra imperialista condotta dalla NATO e sostenuta dalla nascente UE. a quei bombardamenti parteciparono anche le forze armate italiane per ordine di D'Alema e del governo delle sinistre unite.
Tra i tanti obiettivi dei bombardamenti ne vogliamo ricordare due: la fabbrica di automobili Zastava (da distruggere per poter essere rilevata senza dispendio dalla FIAT) e i ponti, simbolo dei legami tra i popoli.
Al netto di ogni altro interesse quella guerra serviva anche a definire le future vie per i flussi di merci in Europa, con particolare riguardo ai gasdotti in Adriatico e alle reti ferroviarie.
Il ricordo di quei fatti è indelebile, soprattutto perché si continua a soffrire e a morire per i veleni della guerra: quelli rilasciati nei bombardamenti delle fabbriche e l'uranio impoverito contenuto nelle armi della NATO. 
Noi non dimentichiamo e non permetteremo che l'imperialismo aggredisca altri paesi, come sta avvenendo in Venezuela, che si rifiutano di chinare la testa di fronte alle prepotenza. 
Noi non dimentichiamo.

Ne parliamo con:
SERGIO CARARO (Contropiano)
ANDREA MARTOCCHIA (Coordinamento Jugoslavia)
ALBERTO FAZOLO (saggista)
 

Organizzano:
Unione Sindacale di Base
Magazzini Popolari Casal Bertone
Coniare Rivolta
Noi Restiamo
Opposizione Studentesca d'Alternativa OSA
 
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Bari, mercoledì 3 aprile 2019
alle ore 17.30 presso la sede della Associazione Marx21, II strada priv. Borrelli 32

Bombe su Belgrado: 20 anni dopo

all'origine delle “guerre umanitarie”

 

Intervengono

Ugo Villani – Professore emerito di Diritto internazionale, Università di Bari “A. Moro”

Rajka Veljović  – dei progetti di solidarietà della Zastava di Kragujevac

Augusto Ponzio – emerito di Filosofia del linguaggio, Università di Bari “A. Moro”

Rajko Blagojević – Sindacato JSO-Zastava di Kragujevac 

Coordina

Mariella Cataldo – Associazione “Most za Beograd - un Ponte per Belgrado in Terra di Bari” e coautrice di Quel braccio di mare… e Kosovo buco nero d’Europa

 

Andrea Catonedirettore della rivista MarxVentuno, presenta il numero speciale sul tema edito in collaborazione con il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ-Onlus)

 
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Bologna, sabato 6 aprile 2019 
presso il Centro Katia Bertasi, via A. Fioravanti 22

 

BOMBE SU BELGRADO: VENT'ANNI DOPO
all'origine delle guerre umanitarie

 

promuovono: 
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS
rivista e sito MarxVentuno
rivista e sito Contropiano


INGRESSO LIBERO 

 

MATTINO ORE 10:00–13:15 [solo le sessioni del mattino saranno bilingui, in italiano ed inglese]:

Apertura
Proiezione video
Introduzione: Andrea Catone (direttore della rivista MarxVentuno – presenta il numero speciale sul tema edito in collaborazione con Jugocoord ONLUS)
Saluti: 
rappresentanza della Ambasciata di Serbia

Sessione ATTACCO AL LAVORO: 
Proiezione video

Stefano Verzegnassi (presidente, Non Bombe Ma Solo Caramelle ONLUS)
Rajko Blagojević 
(segretario sindacato metalmeccanici Kragujevac e segretario della Jedinstvena sindikalna organizacija alla Zastava)
Rajka Veljović (sindacalista, Associazione per la Solidarietà Internazionale tra i Lavoratori -UMRS-, Kragujevac)
Sergio Bellavita (sindacalista, USB)

Sessione VENTI ANNI DOPO:
Proiezione video
Jean Toschi Marazzani Visconti (saggista, membro giuria premio "Torre")
Živadin Jovanović (ex Ministro degli Esteri della R.F. di Jugoslavia, presidente del Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali)
Michel Chossudovsky (presidente del Global Research Institute)
Sergio Cararo (rivista e sito Contropiano)

PAUSA PRANZO ORE 13:15-14:40
[informazioni su menu e modalità di prenotazione seguiranno su questa pagina]


POMERIGGIO ORE 14:40–17:30:

Proiezione video: stralci dal documentario "De Zaak Milosevic" ("Il caso Milosevic", di Jos de Putter / VPRO, Olanda 2003, V.O. sottotitolata)

Sessione SCIENZA E CULTURA DENUNCIANO:
Rosa D'Amico (storica dell'arte, membro del Com. scientifico-artistico di Jugocoord ONLUS – sui danni arrecati al tesoro artistico-architettonico serbo)
Carlo Pona (fisico, membro del Com. scientifico-artistico di Jugocoord ONLUS – illustra le esperienze del "Tribunale Clark" e del "Comitato Scienziate/i contro la guerra")
Proiezione video

Sessione MICROFONO APERTO:
Interverranno tra gli altri

Alberto Tarozzi (Università del Molise)
Velimir Tomović (redattore Pandora TV)
[la priorità degli interventi sarà data alle organizzazioni aderenti e a chi si è annunciato precedentemente agli organizzatori]

Sessione LOTTARE CONTRO LE GUERRE:
Proiezione video:
 stralci dal documentario "Tutto sarà dimenticato?"
Marinella Correggia (giornalista, Rete No War)
Conclusioni: Andrea Martocchia (segretario Jugocoord ONLUS)


Sono altresì invitati a intervenire:
Siniša Mihajlović (allenatore del Bologna Calcio)
Aleksandar Djordjević (allenatore Virtus Basket Bologna)

Aderiscono:
Associazione di amicizia Italia-Cuba, Circolo di Parma
Associazione di solidarieta con Cuba "La Villetta", Bologna
Associazione Notti Rosse, Casalgrande (RE)
Circolo Agorà di Pisa
Comitato Ucraina Antifascista Bologna
Partito Comunista Italiano
Patria Socialista
Rete dei Comunisti
Unione Sindacale di Base (nazionale)
Unione Sindacale di Base, Federazione di Bologna

Si raccolgono libere adesioni di gruppi, associazioni, partiti, fino al 25 marzo 2019

 

evento facebook

 
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Milano, 10 aprile 2019 
alle ore 21.00 presso lo Spazio Ligera – Via Padova, 133 
 
Bombe su Belgrado vent’anni dopo
all’origine delle “guerre umanitarie”
 
Per non dimenticare!
a vent’anni dai bombardamenti della Nato contro la Jugoslavia
 

Andrea Martocchia (segretario Jugocoord ONLUS)
presenterà il nuovo volume di Marx21 dedicato all'anniversario dei bombardamenti NATO sulla R.F. di Jugoslavia
 
testimonianze della solidarietà proletaria fra i lavoratori aderenti allo Slai Cobas e i lavoratori della Zastava
 
proietteremo stralci del documentario: "Il caso Milosevic" di Jos de Putter (VPRO, Olanda 2003, V.O. sottotitolata)

INGRESSO GRATUITO
 
Organizza: Circolo Proletario Itinerante "Georges Politzer"
 
 
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IN ENGLISH: Interview of Zivadin Jovanovic to Enrico Vigna, Italy (9.3.2019)
 
 
 
 
Intervista di Enrico Vigna a ZIVADIN JOVANOVIC. A vent’anni dai bombardamenti della Repubblica Federale Jugoslava
 
Zivadin Jovanovic, laureato in giurisprudenza a Belgrado. E’ stato ambasciatore e diplomatico dal 1964 in vari paesi. Membro del Parlamento della Serbia, vice presidente del Partito Socialista Serbo dal 1996 al 2002. Dal 1998 al 2000 è stato Ministro degli Affari esteri della RFJ. 
Dopo il colpo di stato del 5 ottobre 2000 ha lasciato la sua posizione e ha fondato il Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali, di cui è tuttora Presidente. 
E’ anche membro del WPC ( Consiglio Mondiale della Pace).

 
EV:  Venti anni dopo l'aggressione della NATO del 1999 sulla RFY, si sono rivelate le vere ragioni geopolitiche e geostrategiche dell'aggressione (militare, politica, economica). Qual è la sua opinione?

ZJ: . Ora, a 20 anni dal cosiddetto "intervento umanitario" o "Angelo misericordioso" (ndt:  nome dato dalla Nato all'operazione militare contro la RFJè chiaro che si trattava di un'aggressione palesemente illegale con obiettivi geopolitici. In primo luogo, ottenere avere giustificazioni per lo spiegamento di truppe USA più vicine ai confini russi. Gli aerei del Kosovo divennero sul terreno portatori di truppe americane. Dopo " Camp Bondsteel" in Kosovo ( ndt: la più grande base USA dal dopoguerra), gli Stati Uniti stabilirono una catena di basi in Bulgaria (4), in Romania (4) e così via fino al Mar Baltico. Secondo, l'obiettivo era creare un precedente per i futuri interventi illegali in tutto il mondo: Afghanistan 2001, Iraq 2003, Libia, "primavere arabe", Ucraina, Siria e così via. Usando lo stesso modello, ora stanno apertamente minacciando il Venezuela, il Nicaragua, Cuba, l'Iran ... Quindi, possiamo dire che le bombe e i missili lanciati nel 1999 in Jugoslavia hanno fatto a pezzi gli accordi di Potsdam, Teheran, Yalta, la Carta delle Nazioni Unite, e il documento finale di Helsinki. In generale, il loro obiettivo è stato attaccare l’ordine mondiale globale fondato sull'esito della seconda guerra mondiale. È stata una cosa sensata?
 

EV:  Qual è la situazione politica, sociale, economica in Serbia oggi?

ZJ:  Nonostante l'opposizione al momento boicotti il Parlamento e faccia manifestazioni settimanali di protesta, direi che il governo è legittimo e stabile. Il fatto che ci saranno presto elezioni anticipate non dipenderà dalla forza dell'opposizione, ma principalmente dai bisogni tattici del partito al potere il SPP ( Partito Progressista Serbo) collegati ai negoziati sul Kosovo. 
Economicamente la Serbia si sta riprendendo moderatamente, con un aumento del PIL di circa il 4% nel 2018. Tuttavia, la disoccupazione giovanile, la fuga dei cervelli verso la Germania, l'Austria e la Svizzera, la povertà, l'approfondimento delle differenze sociali, l'alta corruzione rimangono grandi problemi, che l'attuale sistema corporativo neo-liberista, favorendo i più ricchi che hanno tutti i mezzi, appare incapace di risolvere. La Serbia “democratizzata” dagli standard NED (ndt: National Endowment for Democracy  la fondazione  dedicata alla crescita e al rafforzamento delle istituzioni democratiche in tutto il mondo…) è ancora indietro rispetto allo standard di vita degli anni '80 del secolo scorso.
                    

EV:  Conosco bene la situazione in Kosovo Metohija, direttamente sul campo e attraverso una comunicazione continua con i nostri referenti di  SOS Kosovo Metohija e SOS Yugoslavia (l'unica associazione italiana laica che opera nella provincia serba). La situazione è molto tesa, con il rischio di nuove violenze e conflitti. Nel suo ultimo libro "1244 Key to Peace in Europe" (che abbiamo presentato su www.civg.it ), sostiene che l'attuazione della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sia l’unica base per una soluzione pacifica e sostenibile. Qual è il reale futuro del Kosovo e Metohija, secondo lei?

ZJ:  L'aggressione della NATO del 1999 si è conclusa con la risoluzione 1244 (10 giugno 1999) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che garantiva, tra le altre cose, la sovranità e integrità territoriale della RFJugoslava (Serbia) e un ampia autonomia del Kosovo e Metohija in Serbia. Questo è il documento legale universalmente vincolante concordato da tutti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Per avere una pace duratura e sostenibile è necessario applicare pienamente questo documento. Che non vincola solo la Serbia ma tutti. Non per le ragioni della Serbia ma per la causa di un governo globale e della pace in Europa. Questa risoluzione è un compromesso consolidato degli interessi delle popolazioni serbe e albanesi, ma allo stesso tempo coinvolge gli interessi di tutti i fattori internazionali pertinenti. Se nel frattempo si è verificato un cambiamento di circostanze, sarebbe difficile dimostrare che un tale cambiamento non stia favorendo dei privilegi, o l'eccezionalità di un particolare potere, o un concetto unipolare di dominazione. Ma l'opposto.
Offrire alla Serbia "un accordo" per riconoscere il furto di un proprio territorio statale, in cambio dell'adesione all'UE in una prospettiva piuttosto oscura, porterebbe sicuramente ad un ulteriore accumulo di potenziali conflitti a livello regionale e globale. Abbiamo già dimenticato l'esempio di come le principali potenze occidentali stavano "salvando la pace" a Monaco nel 1938? La distruzione della RSFJ  (Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia) nel 1992-1995 è stato il prezzo per mantenere l'unità della CEE. La Serbia con tutte le esperienze degli ultimi decenni deve accettare ora la propria dissoluzione per il bene dell'unità dell'UE? È strano e preoccupante davvero, se qualcuno crede che la Serbia possa essere persuasa ad unirsi alla NATO andando ai confini russi, o accettando le sanzioni USA fatte proprie dalla UE!


EV: Come vede il futuro del Kosovo Metohija e del popolo serbo che vive lì?

ZJ:  A mio avviso, il Kosovo e Metohija dovrebbe godere di un'ampia autonomia all'interno della Serbia, come previsto dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Gli albanesi dovrebbero avere il più ampio autogoverno in tutte le sfere della loro vita, dalla cultura e dall'istruzione all'economia e alle finanze. Ciò esclude la secessione, il riconoscimento dell'indipendenza o l'unificazione con qualsiasi altro stato. Tutte le disposizioni della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite devono essere pienamente attuate, compreso il diritto di circa 230.000 sfollati serbi e altri non albanesi di tornare liberamente alle loro case e proprietà, in sicurezza e dignità. Così  come i circa 130.000 serbi che ora vivono nella provincia, dovrebbero godere di un autogoverno uguale all'interno dell'autonomia provinciale. 
La comunità dei distretti serbi all'interno della provincia, può essere la struttura che garantisce il potere esecutivo.
                    
 
EV: Qual è la situazione del processo di integrazione della Serbia nella NATO e nella UE?

ZJ:  Credo che la neutralità sia il miglior interesse della Serbia. La NATO è un'alleanza militare offensiva che interviene in tutto il mondo per gli interessi delle multinazionali e del dominio imperiale. Dall'altra parte, la Serbia è un paese piccolo, che ama la pace, che ha tradizioni molto diverse e non è mai appartenuto a nessun blocco. Infine, la Serbia non può dimenticare i crimini dell'aggressione della NATO, le vittime umane, l'uso di uranio impoverito e i danni economici di oltre 100 miliardi di dollari USA. Ciò che la NATO ha fatto alla Serbia nel 1999 è un errore storico, una vergogna indimenticabile per l'Europa e la democrazia occidentale. Hanno persino bombardato l'ambasciata cinese a Belgrado uccidendo tre cittadini cinesi. Chi avrebbe mai potuto credere che fosse stato un errore, come sosteneva Washington?
Dopo l'aggressione della NATO alla Jugoslavia nel 1999, l'Europa e il governo globale sono diventati militarizzati. Alla recente Conferenza sulla sicurezza di Monaco, non c’è stata nessuna opposizione all'opinione che la sfiducia e le tensioni globali, non siano mai state, dopo la fine della Guerra Fredda così profonde e preoccupanti come oggi. Avendo attenzione a tutto l'arsenale militare del pianeta, in particolare quello nucleare, alla diffusione del disprezzo e dell'annichilimento delle norme di base e dei trattati internazionali, sorgono dubbi sull'arresto della follia, chi e come?
Per quanto riguarda l'integrazione della Serbia in Europa, penso che dovremmo essere cauti, e aspettare di vedere prima cosa succede alla stessa UE. L'UE ha dimostrato un approccio distorto nei negoziati sul futuro della Provincia del Kosovo e Metohija e continua a favorire gli obiettivi secessionisti di Pristina e gli interessi geopolitici degli Stati Uniti e della NATO. Questo è un vicolo cieco e molto pericoloso per il futuro dell'Europa. La Catalogna è solo un promemoria. L'intero processo dovrebbe essere restituito al mandato delle Nazioni Unite, consentendo la partecipazione attiva di Russia e Cina oltre alle potenze occidentali. Solo in questo quadro si può garantire un approccio equilibrato e imparziale e una soluzione sostenibile.      
                                   

EV: Dopo la recente visita di Putin a Belgrado, pensa che la posizione della Serbia nella difesa dell'indipendenza e della sovranità nazionale sia più forte?

ZJ: La visita del presidente Putin in Serbia ha dato concretezza al partenariato strategico a lungo termine e alla cooperazione tra i due paesi. Sono stati firmati circa 20 diversi accordi che coprono molti campi di cooperazione dall'approvvigionamento di gas e la modernizzazione delle infrastrutture, al trasferimento di tecnologia nucleare per fini pacifici e culturali. Il presidente Putin ha riaffermato la ferma posizione di principio della Russia a sostegno della sovranità e dell'integrità della Serbia e la soluzione pacifica della questione Kosovo e Metohija, basata sul Diritto Internazionale e sul sistema costituzionale e legale della Serbia. Se il ruolo della Russia fu decisivo per fermare l'aggressione della NATO nel 1999 e per far passare la risoluzione 1244 nel Consiglio di sicurezza dell'ONU, che oggi compie 20 anni; qualcuno pensa che oggi sia  possibile raggiungere una soluzione duratura, mantenendo la Russia (e la Cina) a distanza? La Russia del presidente Boris Yeltsin sarebbe stata più rilevante nel 1999, nel plasmare le relazione mondiali che la Russia del presidente Vladimir Putin nel 2019?
                  

EV: Qual è la sua opinione sulla situazione politica in Serbia oggi? E cosa pensa delle proteste settimanali a Belgrado, sono spontanee o indirizzate da interessi esterni?

ZJ:  L'attuale opposizione serba è composta principalmente dai resti dell'ex DOS (Opposizione Democratica di Serbia) che nell'ottobre 2000 aveva rovesciato il presidente Slobodan Milosevic e nel 2001 lo ha incostituzionalmente consegnato al Tribunale dell'Aia, con l'aiuto decisivo dei servizi segreti occidentali. L'opposizione serba oggi è frammentata, priva di idee serie su un progresso socioeconomico per il paese, su una soluzione giusta e sostenibile per il Kosovo e la questione di Metohija, o per la politica estera indipendente. Tutte le pressioni sul governo serbo ora, sia all'interno che all'esterno del paese, sono progettate per indebolire la posizione negoziale sul Kosovo e Metohija, per costringere il governo ad accettare "un accordo": riconoscere immediatamente l'indipendenza del Kosovo e Metohija per la vaga promessa di adesione all'UE! L'elite neoliberale europea in uscita, confrontata con la marea delle forze nazionaliste e cosiddette populiste, ha bisogno almeno di un qualche successo. Quindi, vogliono che la Serbia paghi la loro futile politica cedendo parte del territorio statale e dell'identità nazionale per poi poter dire falsamente: la questione del Kosovo è risolta, la pace è preservata! Per questo stanno continuamente cercando collaboratori in Serbia.
 
                         
EV: Avete fondato in Serbia il Centro di Ricerca sulla Connettività della Via della Seta ( SilkRoad) e avete  supportato l'istituzione di una sezione italiana istituita dal CIVG, denominata l’Osservatorio Italiano del Silk Road Connectivity Research Center (www.civg.it ). Come valuta i progressi di questo progetto globale?

ZJ: Nelle divisioni odierne, le tensioni globali e il protezionismo in aumento, hanno un impatto positivo sull'iniziativa cinese Belt and Road Initiative (BRI) che è in crescita e promettente. Solo cinque anni dopo che questa iniziativa è stata annunciata dal presidente Xi Jinping ad Astana, in Kazakistan, la BRI ha attratto circa 100 paesi dall'Asia, Europa, Africa e altri continenti, direttamente coinvolti nell'attuazione pratica. Le principali integrazioni economiche regionali e gruppi di paesi diversi, stanno cercando modi per coordinare le proprie infrastrutture e altri progetti con la BRI al fine di costruire una sinergia per uno sviluppo più efficiente. Di fianco alla Belt and Road sono stati creati circa 100 strutture industriali che forniscono oltre un milione di nuovi posti di lavoro. Il BRI ha contribuito immensamente alla connettività delle persone, avvicinando civiltà, culture e giovani, rafforzando così la comprensione reciproca e la fiducia. La “CEEC China+16 Ccoperation” ( Ndt: China CEEC 16 + 1 è un'iniziativa della Repubblica Popolare Cinese volta ad intensificare ed espandere la cooperazione con 11 Stati membri dell'UE e 5 paesi balcanici (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Macedonia, Montenegro, Polonia, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia) nei settori degli investimenti, trasporti, finanza, scienza, istruzione e cultura). La cooperazione di questi paesi con la BRI è diventata un importante ponte per tra Europa e Asia e in particolare tra la Cina e l'Unione europea. Vincere con spirito di gruppo è diventato un marchio di cooperazione BRI.
Il rallentamento della crescita dell'economia globale, l'instabilità dei mercati finanziari, la globalizzazione della povertà, il protezionismo, l'indebolimento delle istituzioni multilaterali come il WTO, le politiche di potere e gli approcci geopolitici alla cooperazione economica sono alcune delle sfide future. 
La risposta generale a tutto ciò sta raddoppiando gli sforzi per creare una nuova governance globale basata sul partenariato, la multi-polarità e l'uguaglianza, sulle riforme e il rafforzamento delle istituzioni internazionali, con un migliore coordinamento. Il secondo vertice del Forum BRI in Cina, nell'aprile di quest'anno, riassumerà i grandi risultati dell'Iniziativa e aprirà nuove prospettive per il rafforzamento della cooperazione che è strategicamente importante per la stabilità e la crescita dell'economia globale. 
La Serbia partecipa attivamente alla cooperazione BRI, in particolare all'interno della CEEC Cina + 16. Gli investimenti cinesi in Serbia hanno raggiunto circa 6 miliardi di dollari USA, principalmente nelle infrastrutture moderne, nell'industria e nel settore energetico. Il segmento serbo della ferrovia ad alta velocità Belgrado - Budapest sta progredendo come uno dei più grandi progetti di investimento.       
 
 
EV: L'aggressione della NATO di 20 anni fa è stata "giustificata dalla situazione umanitaria” del Kosovo. Ogni volta che visito il Kosovo e Metohija, i serbi che vivono lì continuano a lamentarsi della loro drammatica situazione di sicurezza e il terrore per il futuro. Vista la sua conoscenza ed esperienza che cosa avreste da dire al pubblico italiano e internazionale?

ZJ:  I veri problemi nella Provincia del Kosovo e Metohija sono stati provocati dal separatismo e dal terrorismo albanesi continuamente sostenuti da alcune potenze occidentali. Questo sostegno è stato motivato dai loro interessi geopolitici: indebolire e frammentare la Serbia ha sempre significato per loro indebolire la presenza e l'influenza della Russia nei Balcani. Alla fine degli anni '90 del secolo scorso, come confermato dalle fonti britanniche, l'amministrazione di Clinton decise di rovesciare il presidente Slobodan Milosevic incoraggiando il terrorismo dell’UCK e provocare un terrorismo su vasta scala. Nell'estate del 1998 il governo serbo aveva reagito con azioni legittime contro il terrorismo, che la propaganda orchestrata dalla NATO aveva presentato come "una massiccia violazione dei diritti umani", preludio all'aggressione militare premeditata. Molte bugie erano state lanciate come l'apparente "piano a ferro di cavallo" ( ndt: la storia dell’”Operazione ferro di cavallo”: piano strategico, in realtà rivelatosi poi inesistente, che avrebbe avuto lo scopo di far scappare gli albanesi dal Kosovo), "il massacro di Racak" (ndt: nel gennaio del ‘99, tutta la stampa occidentale presentò il "massacro di Racak" come la "giustificazione" per l'invasione della Jugoslavia ad opera della NATO, poi emerse che non fu un "massacro di civili", bensì un combattimento fra forze militari). Si disse che i serbi avevano massacrato 40 abitanti innocenti  ecc., in realtà, la vera catastrofe umanitaria e l'esodo dei rifugiati è iniziata solo dopo la prima bomba NATO in Kosovo e Metohija e Jugoslavia.
                 
 
EV:  Come AssociazionSOS Kosovo e Methoija molti anni fa decidemmo di concentrare il nostro impegno di solidarietà e il lavoro di informazione soprattutto sulle enclavi serbe in Kosovo e in Metohija, perché pensiamo che questo sia il punto nodale delle contraddizioni che coinvolgeranno gli interi Balcani in futuro. E che la resistenza del popolo in Kosovo è fondamentale anche per il futuro in Serbia. Qual è la sua opinione?

ZJ:  Innanzi tutto, siamo grati alla vostra Associazione per il continuo sostegno e aiuto ai serbi in Kosovo e Metohija negli ultimi decenni. I suoi contatti, l'assistenza umanitaria e soprattutto il suo ruolo nel sostegno e visite ai bambini, sono estremamente importanti per i sentimenti dei serbi che non si sono sentiti dimenticati, né tanto meno che non hanno amici che capiscono i loro problemi. E quelli sono problemi davvero incredibili. I serbi nelle enclavi vivono oggi come nei ghetti, spesso recintati da fili spinati. Il loro movimento non è sicuro, le loro famiglie sono state costantemente derubate, le loro chiese, i cimiteri, i simboli religiosi distrutti. Vivono nello stato di incertezza e paura della nuova pulizia etnica e di pogrom simili a quelli precedenti che hanno portato all'esodo di 230.000 serbi e altri non albanesi. La distruzione di 150 monasteri e chiese cristiane medievali. La  UE, USA, UNMIK, KFOR, EULEX hanno fatto poco o nulla per punire i perpetratori dei crimini contro i serbi, per indagare sul traffico di organi umani, in generale, per garantire i diritti umani dei serbi in Kosovo e Metohija. Questa è la realtà.

 
Grazie. Arrivederci a Belgrado il 22/23/24 marzo per il Meeting Internazionale organizzato dal Forum Belgrado per un Mondo di Eguali:  
PER NON DIMENTICARE. A 20 anni dall'aggressione della NATO in Jugoslavia
STOP ALLA MAREA DELLA FOLLIA 

 
Intervista  a cura di Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado Italia/CIVG e Presidente di SOS Yugoslavia – SOS Kosovo Metohija
 
 
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Perché la NATO non ha condotto un’operazione terrestre contro la Jugoslavia?
 
15.03.2019
 
Venti anni dopo l'aggressione della NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia, le dispute continuano sul fatto se la NATO avesse davvero programmato un'operazione terrestre in Serbia su iniziativa britannica e se l'Alleanza avesse abbastanza risorse per attuarla. Gli esperti si stanno ancora chiedendo come si sarebbero evoluti gli eventi se, il 9 giugno 1999, Belgrado non avesse firmato l'accordo tecnico-militare di Kumanovo.

La terza ondata di attacchi aerei della NATO riguardò obiettivi sia militari che civili, pianificati per abbattere il morale della popolazione e costringere l'élite politica della Repubblica Federale di Jugoslavia ad arrendersi. Allo stesso tempo, tra i media occidentali è apparsa l’informazione che il piano per un'operazione di terra della NATO in Jugoslavia fosse nelle fasi finali di sviluppo. Sfortunatamente, alcuni dei generali jugoslavi hanno anche svolto un ruolo nel convincere Slobodan Milosevic della realtà di queste informazioni.

In realtà, tutto era completamente diverso. I principali problemi della NATO nell'attuazione dell'una o dell'altra versione del piano per l'ingresso delle forze di terra in Jugoslavia erano la logistica e la geografia. Nel 1999 dall'Albania al Kosovo c’erano solo due strade in pessime condizioni. La Macedonia, combattuta tra il desiderio di entrare nella NATO e la comprensione che un attacco alla Jugoslavia dal suo territorio avrebbe inevitabilmente causato il caos in Macedonia stessa, dichiarò apertamente che non avrebbe permesso il trasferimento di truppe nel suo territorio per l'intervento terrestre della NATO in Jugoslavia.
 

Dalla Croazia e dalla Bosnia-Erzegovina era più difficile entrare in Kosovo, perché il territorio della Seconda Armata della Jugoslavia difendeva il territorio da queste direzioni.

Quindi gli inglesi proposero un piano di attacchi simultanei in tutte le direzioni possibili: dall'Ungheria lungo il Danubio alla Vojvodina, dalla Croazia e Bosnia lungo il Danubio e Sava a Belgrado, dall'Albania e dalla Macedonia al Kosovo e Metohija, dalla Bulgaria a Niš e Bor. Fu a causa della possibile offensiva della NATO "su tutti i fronti" che l'esercito jugoslavo, in conformità con i principi della "difesa a tutto tondo", deteneva la maggior parte delle sue forze e la riserva strategica a sud di Belgrado, a ovest del fiume Morava, a nord del Kosovo, a est di Montenegro, vicino alle città di Kragujevac e Kraljevo.

Il piano d'invasione terrestre più radicale della NATO prevedeva una concentrazione di truppe in Ungheria, ma sarebbe stato problematico inviare truppe attraverso i territori neutrali dell'Austria e della Slovacchia, che non era ancora membro dell'Alleanza (la Slovacchia entrò a far parte della NATO solo nel 2004). I comandanti da Washington e Londra sapevano che l'esercito della Jugoslavia aveva minato il territorio tra il Danubio e Tisa, che in questa zona ci sono forze armate significative, che Novi Sad e Zrenjanin, sulla strada per Belgrado, potevano esercitare una forte resistenza. Una delle direzioni dell'attacco NATO, che doveva essere sostenuta da un attacco dalla croata Vukovar avrebbe dovuto essere Sombor. Ma qui le ripide, soprattutto da sud, rive del Danubio sarebbero state un serio ostacolo. Inoltre, la Vojvodina è scavata da canali fluviali e fiumi, e uno schema di difesa di successo nel caso di un attacco di un numero superiore blindati e corazzati del nemico in questa zona era stato elaborato dall'ex esercito dei popoli jugoslavi nel corso di varie esercitazioni per diversi anni.

E, infine, i piani per la conquista di Belgrado: la NATO aveva considerato due modelli di dominio della città: Berlino e Budapest (probabilmente intendendo l'assalto di Berlino e Budapest durante la seconda guerra mondiale). Entrambi i modelli suggerivano un lungo assedio e una grave distruzione della città. Difficilmente qualcosa del genere sarebbe potuto essere accettato nell’Europa alla fine del 20° secolo.

I generali della NATO presumevano che sul territorio della Vojvodina, la Jugoslavia avrebbe potuto difendere cinque divisioni, senza contare le unità più piccole, e in un momento cruciale il comando jugoslavo avrebbe potuto trasferire qui altre due divisioni di combattimento aggiuntive e mobilitare un'altra delle riserve.

La NATO per attaccare questa zona aveva a disposizione quattro divisioni nel primo scaglione, e due divisioni avrebbero dovuto essere lasciate per la difesa della Macedonia e dell'Albania in caso di un contrattacco delle forze armate della Jugoslavia. Dunque, a partire dal giugno 1999, la NATO non disponeva di risorse sufficienti per svolgere un'operazione di terra, poiché per la sua riuscita avrebbe avuto bisogno di un minimo di 12 divisioni con pieno supporto logistico. Ci sarebbero voluti quattro mesi perché le unità tedesche si preparassero all'attacco in Jugoslavia dall'Ungheria, mentre gli americani e gli inglesi avrebbero avuto bisogno di almeno sei mesi.

Dopo 4-6 mesi, nei quali si sarebbero addestrati, sarebbe iniziato l'autunno, e poi l'inverno durante i quali l'efficacia dell'uso di veicoli corazzati è fortemente ridotta. Quindi tutte le speculazioni sulla pianificazione dell'operazione di terra in Jugoslavia erano disinformazione e non erano altro che uno strumento per la guerra psicologica e ulteriori pressioni su Belgrado.

 

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