Jugoinfo

No alla Guerra a stelle e strisce in Colombia !
Mercoled 30 Agosto 2000
Manifestazione di fronte a Palazzo Margherita
sede dell'ambasciata nordamericana in Italia
in via Vittorio Veneto 119/A a Roma
a partire dalle ore 17:00



¡CLINTON GO HOME!

http://www.marx2001.org/cnafarc

La pubblicizzata visita del presidente degli Stati Uniti in Colombia non
porterà nulla di buono a
questo paese, ragione per cui, le FARC-EP, al di là delle opinioni del
governo, a nome di milioni
di compatrioti, dichiarano non grata la presenza di Clinton in
territorio colombiano.

Clinton non viene sventolando la bandiera della pace. Non viene
tantomeno a sostenere gli sforzi
per dare una soluzione politica al conflitto e né a sospendere le
bramanti politiche del Fondo
Monetario Internazionale. Clinton verrà a Cartagena per mettere in atto
il “Plan Colombia”, che più
che avere un proposito controinsorgente, è vero e proprio piano contro
la Colombia, in funzione
della geopolitica imperialista.

Il Plan Colombia, ideato fuori dalla Colombia, comporta una grave
minaccia al processo di pace ed
il grave pericolo di una generalizzazione della guerra, un incremento
dell’intervento militare
yankee, che potrebbe condurre alla sua vietnamizzazione, cosa che
richiede fin da ora la solidarietà
dei paesi amici.

Lo stesso piano implica maggiori vendite di apparati bellici e
tecnologici per il complesso militare
e industriale degli Stati Uniti, cosa che genererà una criminale corsa
agli armamenti nei paesi
poveri e maggiori finanziamenti per un esercito asservito che viola i
diritti umani e promuove il
paramilitarismo di stato.

E ancora il Plan prevede nuovi assessori nordamericani, come quelli che
presso Barrancón
Guaviare addestrarono i paramilitari che causarono il massacro di
Mapiripán e la repressione per i
contadini poveri. Ed infine al plan si accompagnerà la fumigazione con
sostanze chimiche e
biologiche che devasteranno l’Amazzonia, patrimonio ecologico
dell’umanità.

Con il Plan Colombia, l’imperialismo nordamericano cerca di consolidare,
attraverso l’intervento
militare, la politica economica neoliberista e così anche di aprire una
feritoia nella nostra
sovranità, per dare corso, senza resistenza alcuna, alle imposizioni del
Fondo Monetario
Internazionale, imposizioni che comporteranno più privatizzazioni, una
disoccupazione
progressiva, stipendi miserabili e tutti quei vantaggi e garanzie per lo
sfruttamento delle nostre
risorse naturali e per gli investimenti stranieri.

Per queste ragioni, il menzionato piano è di sostegno all’ingiusto e
violento Stato colombiano ed al
suo governo.

Washington sa di poter contare su una oligarchia servile e venduta che,
con il proposito di
preservare i propri privilegi ed il potere, è capace, non solo di
offrire più “sudore e lacrime” alla
popolazione, ma anche di consegnare tutto il paese e la sua sovranità
alla voracità insaziabile
dell’Impero.

Ma bisogna anche sapere che in Colombia esiste un popolo disposto a
giocarsi il tutto per tutto per
la patria.

Dato che il Plan Colombia è anche un tentativo di dissuasione
statunitense diretto alle forze
insorgenti, possiamo assicurare che le FARC, appoggiate dal popolo, sono
fatte a prova di
ultimatum. La nostra indomabile volontà di lotta è indissolubilmente
legata alla giustizia sociale,
alla vera democrazia, alla piena sovranità ed al nuovo Stato, del popolo
e per il popolo.

Esortiamo i Colombiani affinchè, con senso di patria e dignità, ispirati
dall’antimperialismo e
dall’unità latinoamericana, predicate dal nostro liberatore, Simón
Bolívar, esprimano in ogni modo
possibile il rifiuto alla visita imperialista, al loro Plan Colombia ed
alla venduta oligarchia.

Con Bolivar, per la Pace e la Sovranità Nazionale!

Segretariato dello Stato Maggiore Centrale delle
Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, Esercito del Popolo

Montagne della Colombia, 23 Agosto 2000

--------
Informazione tradotta e diffusa dal
Coordinamento Nazionale di Appoggio alle FARC-EP
e-mail: "cna_farc_italia@..."
Tel: 0335-8059837
Pagina web: http://www.marx2001.org/cnafarc

[ solo per sottoscrizione o esclusione dalla
ricezione delle notizie:"cnafarc@..." ]

=========
Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia - Ejercito del Pueblo
FARC-EP
Comision Internacional

E-mail: elbarcino@... [Commissione Internazionale ]
Email: tematicosfarcep@... [Tavolo dei Dialoghi FARC-EP]

http://tierra.ucsd.edu/farc-ep [Pagina Principale FARC-EP]
http://www.resistencianacional.org [Pagina del Segretariato]
http://orbita.starmedia.com/~caelos1 [Pagina in Francese]
http://www.qualinet.com.br/farc-ep [Pagina in Portoghese]
================================================================

Comunicato dell'ELN: VISITA NON GRATA
http://www.eln-voces.com/
http://utenti.tripod.it/elnitalia/prima.htm

Negli Stati Uniti, la marijuana è il primo prodotto agricolo ed il loro
sistema finanziario si arricchisce ogni anno di più di 150 milioni di
dollari, grazie al lavaggio dei narco-capitali; per questa ragione è
chiaro che l'intenzione del governo degli Stati Uniti non è quella di
porre fine a questo affare tanto redditizio, ma quella di accenttrare
totalmente questo monopolio. La DEA e la CIA che si allearono con il
cartello di Cali per porre fine a Pablo Escobar, oggi sostengono il
cartello paramilitare dei Castaño e dei Carranza, con l'obiettivo di
affrontare le guerriglie colombiane.

Con il pretesto di lottare contro il narcotraffico, gli Stati Uniti
hanno elaborato il piano di invasione della Colombia, con lo scopo di
contenere la crescita del movimento insorto e per incrementare il loro
intervento economico, politico e militare, già iniziato agli inizi del
secolo scorso.

Quasi l'80% dei 930 milioni di dollari che sono stati destinati al Plan
Colombia hanno come destinazione obbligatoria risorse belliche. In
questo ambito, la visita di Clinton è una benedizione alla guerra
sporca, promossa dal cartello narco-paramilitare dei Castaño e dei
Carranza ed è un invito al resto dei narcotrafficanti, affinchè
continuino a legalizzare i loro capitali negli Stati Uniti. La visita
del presidente William Clinton a Cartagena è inoltre una cerimonia di
dominio coloniale e di inaugurazione di una nuova fase della guerra,
dove risulta evidente la politica antisovrana del governo Andrés
Pastrana.

L'ELN si unisce a tutte le manifestazioni di rifiuto popolare, contro la
presenza di questa Persona Non Grata, che aggredisce la dignità e la
sovranità colombiana.

Dalle Montagne della Colombia, 28 Agosto 2000.

La Colombia per i Lavoratori !
Non un passo indietro!
Liberazione o Morte !

Per il Comando Centrale:

Nicolás Rodríguez Bautista, Antonio García e Pablo Beltrán

>
> Voce Operaia
> 29 agosto 2000
>
> Invitiamo tutti i compagni e le compagne a fare ogni sforzo per essere
> presenti domani alle ore 17,00, a Roma sotto l'Ambasciata U.S.A. (Via
> Veneto) alla manifestazione unitaria in difesa della resistenza
> colombiana e contro la minaccia di aggressione imperialistica.
> Sottolineiamo il risultato straordinario gia' ottenuto dai promotori.
> In solo quattro giorni ecco le adesioni giunte:
>
> Promuovono:
>
> Campo Antimperialista
> COBAS Confederazione dei comitati di base
> Comitato di Solidarietà Con i popoli del LatinoAmerica "Carlos
> Fonseca"
> Comitato Internazionalista Arco Iris
> Comitato Solidaridad Colombia "Giacomo Turra"
> Coordinamento MAGMA/Manziana ­
> Radio Città Aperta/Contropiano
> Voce Operaia
>
> Aderiscono:
>
> Federazione dei Verdi
> Coordinamento Nazionale di Appoggio alle FARC-EP
> Ass. Culturale Punto Rosso - Collettivo Spartakus (Vicenza)
> Associazione Vientos del Sur (Udine)
> Circolo ARCI Agorà (Pisa)
> Partito della Rifondazione Comunista, Federazione di Roma
> Partito della Rifondazione Comunista, Federazione di Udine
> Partito della Rifondazione Comunista Circolo di Fiumicello (Udine)
> C.S.O. Ricomincio dal FARO
> AIASP
> Casa dei popoli di Roma
> Rete Associazioni Popolari
> Democrazia Popolare
> Giovani Comunisti del Partito della Rifondazione Comunista
> Spazio Libero Autogestito Pellerossa (Cesena)
> Comitato Antimperialista Romano
> Collettivo Antagonista Primavalle
> AZAD-Senza Confine
> SIMA- Solidarietà Italiana con le Madri Argentine (Roma)
> Comitato Umbro Antimperialista
> Associazione Italia-Jugoslavia (Perugia)
> Partito della Rifondazione Comunista, Federazione di Pisa
> Partito della Rifondazione Comunista - Circolo del Cividalese (Ud)
> Circolo Culturale della Sinistra Antagonista ISKRA - Cividale (Ud)
>
> Adesioni Internazionali:
>
> Corrente Leninista Internazionale (Italia-Austria)
> Associazione degli Insegnanti del Cauca - ASOINCA (Colombia)
> Netzwerk Resistenza (Svizzera)
> Organizzazione di Difesa Popolare - ODEP (Cile)
> Rivista "Resumen Latinoamericano" (Spagna)
> Rifondazione Comunista, sezione di Buenos Aires (Argentina)
> Rete Solidale per i Diritti Umani (Argentina)
> Gruppo di Appoggio Mutuo (Guatemala)
> Associazione Franco-Cilena la Cordigliera, Villeneuve d'Ascq (Francia)
>
> Associazione Culturale "Yaki Kandru" (Colombia-Francia)
> Area per la Pace e la Solidarietà di "Esquerra Unida", Valencia
> (Spagna)
> H.I.J.O.S. Chaco - Rete Nazionale (Argentina)
> Coordinamento Culturale Simón Bolívar 23 Gennaio (Venezuela)
> Gioventù Comuniste (Spagna)
> Sinistra Democratica Popolare (Messico)
> Movimento della Sinistra Rivoluzionaria (Ecuador)
> Comitato di Difesa dei Diritti Umani - CODEHCO (Spagna)
> Comitato di Solidarietà Internazionalista, Zaragoza (Spagna)
> Associazione Culturale Progetto Sud, Montreal (Canada)
> Aggruppamento degli Ex Prigionieri Politici, Familiari ed Amici
> (Argentina)
> Sa Cunfederatzione de sos Comunistas Sardos (Sardegna)
> Partito Comunista Operaio-Contadino - CMKP (Pakistan)
> Lealtà all'Uomo ed alla Terra (Libano-Palestina)
>
> Adesioni Personali:
>
> Nieves y Miro Fuenzalida (Canada)
> Antonio José Vélez Toro, avvocato dell'Illustre Collegio di Granada
> (Spagna)
> Leon Rozitchner, scrittore e professore della Università di B.Aires
> (Argentina)
> F. Dorado, membro del Istituto per la Pace ed i Conflitti (Spagna)
> Mario Amorós (Spagna)
> Leslie Salgado, Columbia MD (Stati Uniti)
> Francesco Rusin (Italia)

L'ATTO D'ACCUSA DI JAIME Y. PRIETO


Mentre in Cile si uccidono lentamente gli ultimi prigionieri politici,
detenuti in carceri di massima sicurezza, in Italia le forze di polizia
minacciano un difensore della democrazia cilena. Così, mentre in Cile
Pedro Rosas Aravena, affetto da cancro, viene curato (meglio torturato)
con semplici anestetici e a Marcela Rodríguez Valdivieso, paraplegica
dal 1990, non si concede un visto per andare a curarsi in qualsiasi
paese straniero (unica speranza che le garantirebbe il diritto alla
vita), in Italia la Questura di Perugia si permette di minacciare,
maltrattare e vessare Jaime Yovanovic Prieto, cittadino cileno che lottò
per la democrazia cilena.

Che la vergogna smuova quanti si professano democratici in questo paese,
per verificare le responsabilità sui fatti descritti e procedere, di
conseguenza, a punire i responsabili delle violazioni dei diritti umani
cui è stato sottoposto Jaime Yovanovic Prieto!

Che la vergogna generi una solidarietà concreta verso i Prigionieri
Politici, per Marcela Rodríguez Valdivieso (l'Italia potrebbe salvarle
la vita!), per Pedro Rosas Aravena, per Oriana Alcayaga, per María
Cristina San Juan e per tutti gli altri !

Che i 1500 fax ricevuti dal Ministero di Giustizia si trasformino in
solidarietà concreta.


Dal racconto di Jaime Yovanovic Prieto

Al termine del Campo Antimperialista di Assisi, di grande successo per
la
quantità e la qualità dei gruppi e delle Persone presenti, per i temi
affrontati, per la convivenza e lo spirito rivoluzionario che univa i
presenti, nonché per le conclusioni raggiunte (tra cui quella di aprire
un
portale web antimperialista e di creare una rete antimperialista), venni
accompagnato alla stazione ferroviaria dove avrei dovuto prendere il
treno
per Roma.

Fin dall'uscita dal campeggio mi era sembrato che la nostra auto fosse
sotto
controllo, dal momento che una vettura bianca con un uomo e una donna a
bordo si manteneva costantemente a vista dietro di noi, benché il nostro
percorso avesse molteplici varianti di rotta.

Alla stazione venni circondato da quattro persone, tre uomini e una
donna,
la stessa dell'auto bianca. Due di loro, dopo aver mostrato un tesserino
della polizia, pretesero che li seguissi, adducendo il pretesto che il
passaporto non aveva il visto consolare.

Durante il tragitto mi dissero invece che il motivo era un altro, ovvero
il
fatto che non mi ero presentato alla polizia negli otto giorni seguenti
il
mio arrivo. In seguito dissero che il mio nome, Jaime Yovanovic Prieto,
appariva nell'elenco degli espulsi dalla Germania e che pertanto mi
avrebbero portato in caserma per accertamenti.

La caserma in cui venni portato è una caserma della Polizia, mentre
coloro
che mi hanno arrestato sono uomini della DIGOS, Direzione Investigazioni
Generali Operazioni Speciali, vale a dire uomini della sicurezza dello
Stato.

Lì sono stato trattenuto per alcune ore, nella giornata di domenica 6
agosto, a partire dalle ore 18.

Alla fine mi hanno detto la verità, e cioè che la polizia cilena, venuta
a
conoscenza della mia presenza in Italia, aveva chiesto alla polizia
italiana
di arrestarmi, sulla base dell'accusa di omicidio del generale di
brigata di
Santiago, Carol Urúa, nel 1983, e cioè in piena dittatura militare!

In caserma mi chiesero, come se stessero facendo conversazione, se avevo
ucciso io il generale. Risposi che rifiutavo fermamente l'accusa. Poiché
insistevano ad affermare che ero un terrorista, sono stato obbligato a
rifiutare di continuare
la "conversazione" senza la presenza di un avvocato.

A quel punto mi informarono che secondo la legge italiana potevano
mantenermi in stato di detenzione per 24 ore, senza alcuna accusa, con
il
solo pretesto di identificazione, e che siccome era tardi (quasi
mezzanotte), mi avrebbero tenuto a dormire nel carcere per continuare il
giorno seguente. Si trattava di un meschino inganno, perché la scorta
armata
che ci accompagnava dimostrava che in realtà ero formalmente prigioniero
e
non in "stato di detenzione".

Nel carcere mi fecero togliere i vestiti e controllarono tutte le mie
cose,
perfino il minimo dettaglio. Mi chiesero anche se ero della mafia o
della
camorra. Di fronte al mio sorriso, si innervosirono, e mi ordinarono a
voce
alta di tacere. A questo punto mi arrabbiai e dissi loro che ero stato
perseguitato e avevo sofferto la repressione sotto la dittatura e che
non
volevo sentirmi perseguitato qui, che cambiassero il tono della voce e
che
non avrei accettato di essere trattato con urla. La mia scarsa
conoscenza
dell'italiano non mi permetteva di esprimermi bene, però immagino che
abbiano inteso il messaggio, dal momento che fino ad ora mi hanno
parlato
con cortesia.

Verso le tre del mattino mi portarono dal medico, che dormiva
felicemente, e
mi sottoposero ad un superficiale esame del cuore, della pressione e dei
polmoni […]

Poi venni messo nell'ala medica, perché chiesi di rimanere da solo. Ero
nella cella n°4, una cella di 3x5 metri con due letti e un bagno di 1x5
metri, senza doccia e senza scolo nel pavimento per l'acqua. Nella cella
c'erano poi due
catini, uno in bagno e l'altro fuori, due banchi di legno e un armadio a
due
ante.

La porta, larga 1 metro, era di sbarre spesse e di notte veniva chiusa
anche
una seconda porta, tutta di metallo e molto pesante, che lasciava solo
una
finestrella nel centro. Sopra la porta c'era una televisione, dalla
quale ho
potuto seguire le mobilitazioni dei compagni italiani e di altri paesi
che
protestavano per il mio arresto.

Il lunedì la colazione venne distribuita alle 8:30. Un uomo ed una donna
passarono a consegnarmi un pacchetto di plastica trasparente, sigillato,
che
conteneva alcune fette di pane italiano senza sale, un pezzetto di
anguria
avvolto in un tovagliolo di carta, burro e una tazza di plastica con del
the
al limone.

L'uomo è un detenuto marocchino e distribuisce il cibo, oltre a
raccogliere
la spazzatura. La donna è invece etiope ed è una infermiera, che lavora
presso il carcere. Entrambi molto seri, silenziosi e timidi […].

Alle 9:00 mi portarono al piano terra (io ero detenuto al terzo piano)
per
essere interrogato dall' "educatore", che affermava di non essere né un
poliziotto né un magistrato, ma di lavorare da 20 anni come volontario,
occupandosi di diverse questioni dei prigionieri, come orientamento ,
ecc…
Costui stava preparando un esame per il suo titolo di sociologo e aveva
con
sé un libro di Max Weber. Io gli diedi alcuni suggerimenti per capire
meglio
questo autore e lui alla fine ne rimase soddisfatto, tanto che disse
alle
guardie che
il professore cileno gli aveva tenuto una lezione su Weber che gli
sarebbe
stata utile per l'esame. Questo sembra che abbia aiutato, dal momento
che in
Italia un professore universitario è molto ben visto e rispettato da
tutti.

Alle 11 circa, venni portato a pranzo nella cella. Il pranzo consisteva
in
una zuppa di riso, dal sapore orribile, che fui costretto a gettare nel
sanitario.
Così al mattino ho mangiato solo del pane e ho conservato il resto per
supplire alle cattive condizioni del cibo.

Alla sera mi portarono da una psicologa che mi fece molte domande e
concluse
alla fine che io ero un uomo forte e profondo. Replicai che anche un
torturatore poteva essere forte, ma io in più ero cosciente, il che
rappresentava la
differenza sostanziale.

Conversammo quindi sulla psicologia del detenuto e concordammo che di
fronte
a tanta ingiustizia è necessario riscattare l'essere umano concreto. Che
dal
quotidiano bisogna sviluppare il suo grido e la sua lotta per la
libertà.

Lo stesso lunedì 7 agosto, ricevetti un telegramma di Moreno, Alessandro
ed
Elias, che mi consigliavano di scegliere come mio difensore l'avvocato
Francesco Innamorati. Mi comunicavano inoltre che stavano combattendo e
che
si erano ben organizzati per la campagna contro la mia estradizione in
Cile.

L'emozione è stata forte, e la riconoscenza e l'allegria che ho provato
nel
recepire la determinazione dell'azione di solidarietà che andava
strutturandosi mi hanno commosso fino alle lacrime.

Moreno è uno dei dirigenti della Associazione Voce Operaia e della
Corrente
Leninista Internazionale. E' un uomo chiaro e molto umano, uno degli
organizzatori del Campo Antimperialista, e mi azzardo a dire uno degli
imprescindibili di Bertold Brecht.

Alessandro è uno dei compagni del Comitato Internazionalista Arco Iris,
grande amico, molto sensibile e molto cosciente. Il lavoro che fanno di
divulgazione delle lotte di tutto il mondo è insostituibile.

Elias Letelier è cileno, poeta, fu anche ufficiale dell'Esercito
Sandinista;
attualmente coordina la Rete per i Prigionieri Politici e ha realizzato
con
successo la magnifica responsabilità di creare il portale web della Rete
Antimperialista.

Potrete immaginare cosa abbia significato per me ricevere il telegramma
di
questi tre compagni. Questo mi ha trasmesso molta tranquillità.

Lo stesso lunedì, però, non mi venne concesso di inviare il telegramma
per
nominare l'avvocato.

Il giorno successivo, martedì, accettarono il telegramma, che però venne
inviato solo il giorno seguente (mercoledì 9 agosto). Sempre martedì
ricevetti un telegramma di Melinka, questo indomabile che non si stanca
mai,
che mi trasmetteva forza e mi informava che una avvocatessa di Roma si
sta
unendo al gruppo. E' l'avvocatessa che difende i cileni a Roma.

Nuova emozione, nuove lacrime, in particolare adesso che è prossimo il
15
agosto, giorno in cui celebriamo l'anniversario del MIR, più saldi che
mai,
e io qui in questa nuova trincea che mi è toccata e che assumo con
responsabilità. Grazie Melinka. Grazie a tutti. La lotta è una, la lotta
continua e solo la lotta ci renderà liberi.

Mi hanno anche dato e fatto firmare un comunicato della Corte d'Appello
di
Perugia, dove mi informano che le autorità giudiziarie di Santiago del
Cile
mi accusano di omicidio e porto d'armi e di esplosivo, e che il giorno
10
agosto verrà un giudice a chiedermi se accetto o meno l'estradizione.

Ho elaborato la mia difesa per iscritto e in qualche modo risponderò a
questa domanda, che lascerò alla coscienza dei giudici, ma continuo a
rifiutare con decisione le accuse. Spero che il testo completo della mia
difesa già stia circolando su internet e sulla stampa prima che io sia
interrogato.

Oggi 9 agosto ho colloquiato con l'avvocato che mi è sembrato
sensazionale,
dal momento che si tratta di un vecchio partigiano che ha combattuto
contro
Mussolini.

Mi ha spiegato che può passare un certo tempo prima della decisione
sull'estradizione e che cercheranno di commutare l'arresto in arresti
domiciliari, cosa che mi sembra difficile da ottenere. Mi hanno anche
informato che domani, a partire dalle 10:00 fino alle 12:00 ci sarà una
manifestazione davanti all'ingresso del carcere, visto che alle 10:30
viene
il giudice per interrogarmi.

Il giorno della Manifestazione e della Libertà

Il giudice è entrato nel carcere accompagnato da due persone, credo una
segretaria e una dattilografa, oltre all'interprete, che lavora al primo
piano della Polizia e aveva svolto lo stesso lavoro il primo giorno del
mio
arresto, cioè domenica 6 agosto, il che dimostra una relazione operativa
tra
la polizia e il potere giudiziario. Il potere giudiziario utilizza
l'interprete della polizia!!!

E' arrivato anche il mio avvocato, Francesco Innamorati, insieme a una
avvocatessa del suo gruppo. Sono stato quindi ricevuto con un sorriso
immenso dal giudice, che si è alzato dal tavolo per stringermi la mano,
la
qual cosa ha richiamato la mia attenzione; inoltre l'interprete
insisteva
perché mi sedessi e mi diceva che fuori c'erano molte persone, e nel
frattempo osservava il mio volto per captare le mie reazioni.

La prima cosa che fece l'avvocato fu di segnalare il mio diritto ad
avere
due avvocati, quindi io procedetti a nominare l'avvocatessa che mi
mandavano
i cileni di Roma, che entrò in aula e si sedette al lato di Innamorati.

Il giudice volle quindi sapere se accettavo l'estradizione in Cile. Lo
informai che la mia risposta era lì scritta, e gliene consegnai una
copia,
ma lui in un primo momento non vi diede molta importanza, preoccupato di
parlare di altre
cose. Quando si rese conto che il passaporto era stato emesso dal Cile
nel
1999, ordinò di chiedere i miei documenti alla direzione del carcere.
Nuova
attesa. Quando tornò, raccontò che avevano chiamato da Roma perché fossi
rimesso in
libertà, poiché non c'erano i presupposti per un processo di
estradizione.
Il giudice ripetè due volte che all'uscita avrei dovuto presentarmi alla
polizia prima di circolare liberamente, però non disse che sarei stato
ritirato dal carcere dalla stessa polizia.

Chiesi all'avvocato che rimanesse con me fino a che uscissi o almeno che
lasciasse un altro avvocato o un'altra persona. Gli dissi che non mi
sentivo
tranquillo e che avevo bisogno di maggiore forza nella pressione verso
le
autorità carcerarie e di polizia. Però non fu possibile. Quindi arrivò
la
polizia internazionale e quando domandai che cosa ci facessero lì visto
che
io ero libero, mi dissero che il giudice mi aveva già informato che
prima di
uscire dovevo passare dalla polizia. Mi giurarono che tutto era a posto,
che
era un semplice passaggio, ma che io dovevo capire che prima dovevo
chiarire
la mancanza del visto, che dovevo parlare con la stampa e poi tutto si
sarebbe concluso.
Adesso penso che avrei dovuto scendere dall'auto e mischiarmi alla
moltitudine per creare un caso politico più forte, però nulla sembrava
indicare la trappola che si stava preparando.

Parlai quindi con i giornalisti e lessi la mia dichiarazione pubblica
che
consegnai al giudice. La manifestazione era bella. Molti compagni
gridavano
per me, cantavano, agitavano bandiere e cartelli. Mi emozionai tanto che
sentii una
gran voglia di gridare e piangere. La voce mi si bloccò due volte mentre
leggevo il comunicato. Poi mi portarono alla polizia dove mi lasciarono
con
il questore ed il suo vice, che mi comunicarono che la Germania aveva
detto
che io non
potevo entrare nel suo territorio; mi informarono inoltre che dalla
Germania
avevano inviato una nota ufficiale all'Italia su questa decisione, cosa
che
suppongo avere a che fare con le pressioni cilene.
Quindi mi spiegarono che poiché vi è un accordo tra i paesi della
Comunità
Europea, nessun altro paese avrebbe potuto accogliermi, ragion per cui
dovevano espellermi verso il mio paese, ovvero in Cile. Dal momento che
io
ero residente in Brasile, avrebbero potuto espellermi (utilizzarono
questa
parola 23 volte) anche in questo paese; potevo scegliere io.

E' chiaro che considerai questo un ricatto assurdo, dal momento che non
c'era alternativa possibile, e i termini delle frasi che mi gettavano
addosso non lasciavano nessun dubbio: o il Cile o il Brasile. Di fronte
a
questo optai per mandare a chiamare un compagno della manifestazione per
vedere quello che si poteva fare ed arrivò Marcello, grande amico e
compagno, che mi trasmise la solidarietà e l'appoggio di tutti quelli
che
stavano fuori.

A lui spiegai la sintesi: avevo deciso di ritornare in Brasile di fronte
alla mancanza di alternative, strizzando l'occhio perché capisse che non
mi
stavano lasciando altre opportunità. Considerai che il trattamento
ricevuto
era umiliante e vessatorio; varie volte il questore mi minacciò con la
possibilità di spedirmi in Cile e si arrabbiava perché fuori c'era la
manifestazione e i compagni italiani che esigevano un'altra conferenza
stampa, che i poliziotti non permisero, temendo che io dicessi che stavo
subendo minacce.



Dico ed affermo davanti all'opinione pubblica italiana e internazionale:

1. che sono stato sottoposto ad un trattamento umiliante e vessatorio da
parte della polizia italiana, con costanti minacce di espulsione in
Cile;

2. che sono stato ingannato dal giudice, che ha detto che ero in libertà
e
non mi ha avvisato che sarei stato trattenuto dalla polizia. Non ho
nessun
dubbio che il giudice sapesse della questione tedesca;

3. che l'interrogatorio con il giudice è stato controllato totalmente
dalla
polizia, dal momento che l'interprete, la stessa utilizzata il primo
giorno
del mio arresto, è stata fornita dalla polizia stessa;

4. che il mio arresto è stato ingannevole, poiché inizialmente mi fu
detto
di stare tranquillo che venivo portato alla sede della polizia, perché
mancava un visto sul passaporto, situazione questa che si era già
verificata
con un compagno messicano;

5. che la polizia dell'aeroporto di Milano ha cercato di umiliarmi
quando il
responsabile della DIGOS di Milano mi ha offeso in pubblico,
obbligandomi a
chiedergli di tacere;

6. per finire, sostengo che la democrazia italiana è uscita molto male
da
questa situazione, perché hanno trattato come un nemico un lottatore per
la
democrazia.

Esigo che il governo italiano mi permetta di entrare e circolare
liberamente
nel paese, che non vengano accettate le pressioni cilene e mi vengano
chieste pubbliche scuse per il maltrattamento, il ricatto e le minacce
ricevute dalla
polizia italiana.

Momentaneamente dal Brasile,

Jaime Yovanovic Prieto
Profesor J

cittadino libero, secondo la giustizia italiana
cittadino perseguitato, secondo la polizia italiana


Campo Antimperialista
www.antiimperialista.com
campo@...


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DHKC
Information Bureau Brussels
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FEHRIYE E' SEMPRE IN PERICOLO
LO SCIOPERO DELLA FAME DI FERHIYE CONTINUA


Il 16 agosto, su decisione comune delle diverse istanze dello Stato
Belga,
Ferhiye Erdal e stata liberata su condizione e messa agli arresti
domiciliari.
Mentre il luogo di confino doveva rimanere segreto, il gabinetto del
ministero delle finanze ha dato lo indirizzo agli organi di
informazione,
mettendo cosi in pericolo la vita della compagna del DHKC Questo
comportamento dimostra come sia poco credibile e irresponsabile il
governo
Belga.
Il giorno del rilascio dal carcere di Bruges e` cosi scoppiata la
polemica
che ha costretto le autorita` ad assegnare un nuovo posto per la
detenzione.
Ma il giorno dopo il ministero ha subito comunicato il nuovo indirizzo
ai
media turchi, dimostrando questa volta che piu` che negligenza bisogna
parlare di complotto.

Il Belgio deve dare la dimostrazione di essere uno Stato serio
Fin dall`inizio del processo di Ferhiye, il Belgio si e` astenuto dal
rispettare il suo stesso diritto e questo sia per le pressioni dello
Stato
Turco sia per quelle dei Sabanci. La stessa sua liberazione tardiva e`
un
atto illegale.
Cosi` per la legge Ferhiye e` libera ma e` lo stesso sequestrata in
una
residenza sorvegliata.
Per di piu` la polizia seguita a far subire alla famiglia di
accoglienza
di
Ferhiye continue vessazioni e a fermare gli abitanti del quartiere per
controlli di identita', mentre non sono assolutamente intervenuti ieri
quando dei provocatori travestiti da giornalisti turchi hanno fatto 15
minuti di riprese davanti alla casa dove la compagna e` trattenuta e
hanno
intervistato i vicini.
La polizia si dovrebbe occupare della sua sicurezza, ma di che
sicurezza
si
sta parlando e' difficile capirlo. Non hanno mai rispettato la
segretezza
dell`indirizzo, mentre questa era una delle condizioni concordate con
le
autorita'.
Ma le fughe di notizie, che avvengono sempre per canali ufficiali, non
implicano solo la comunicazione dell`indirizzo. Esse mettono in causa
la
serieta` dello Stato Belga. Durante tutto il processo ci sono state
varie
violazioni del diritto e sono spesso emerse contraddizioni pesanti.
Fino a
rendere caduche decisioni prese dagli organi giuridici supremi in
seguitop
alle minacce dello stato Turco e del partito di azione nazionalista, il
MHP
fascista.

Il Belgio ha il dovere di garantire la sicurezza di Ferhiye.
Ogni volta viene pubblicato l`indirizzo aumenta il pericolo per la vita
della nostra compagna, e deve essere considerato come un tentativo di
omicidio.
L`unica soluzione che potrebbe garantire la sicurezza di Ferhiye e` la
sua
liberazione.

NON CHIEDIAMO REGALI MA GIUSTIZIA
VOGLIAMO LA LIBERAZIONE DI FERHIYE

Il Belgio deve liberare Ferhiye. E questo sarebbe semplicemente
l`applicazione di quanto deciso in sede giudiziaria.
La liberazione e`l`unico modo per assicurare la sua sicurezza.
L`identirta` di Ferhiye e` stata ufficialmente accertata dai tribunali
e
Ferhiye spera di potere ottenere il diritto d`asilo politico, sempre
che
la
decisione dei magistrati non venga influenzata da pressioni esterne.
Teoricamente Ferhiye potra` beneficiare dell`asilo politico.
Ma illegalita` commesse fino adora e I contatti segreti fra stati
dimostrano
come il vero problema sia dello Stato Belga. Ogni segno di impotenza di
fronte alla Turchia e a Sabanci e` una nuova palla al piede che rimanda
sempre piu` la liberazione di Ferhiye e legittima di fatto tutte le
irregolarita` commesse dallo Stato.
Difendere la causa di Ferhiye diventa cosi il problema anche di tutti I
Belgi di fronte agli abusi commessi dai loro dirigenti.
In virtu` della nostra tradizione di Detenuta Libera, Ferhiye e` libera
di
fatto, questo grazie alle sue convinzioni e al suo spirito. Ma quello
che
non e` libera e` sicuramente la concezione del diritto secondo loStato
Belga.

FERHIYE NON FA ALTRO CHE FARE IL SUO DOVERE

Ferhiye ha iniziato lo scorso 14 luglio uno sciopero della fame per
protestare contro le irregolarita` subite. Ha gia` perso piu` di dieci
chili
e rischia di perdere la vista.
Dopo 35 giorni di sciopero della fame Ferhiye ha deciso di continuare
fino
a
quando non fosse liberata.
Chiediamo pertanto la solidarieta` di tutti nel sostenere Ferhiye in
questa
dura lotta.

FERMIAMO TUTTE LE RESTRIZIONI CHE COLPISCONO Ferhiye
FERMIAMO L`ARBITRIO, E CHIEDIAMO DIRITTI SICURI E GIUSTIZIA
LIBERTA` PER FERHIYE

FRONTE RIVOLUZIONARIO DI LIBERAZIONE DEL POPOLO
DHKC- belgio-




DHKC - Information Bureau Brussels
Rue Belliard 197 Bte 8 Bruxelles
tel:003222802228 - fax:003222802229
mail: dhkc.bruxelles@... mail: dhkc@... Internetsite:
www.dhkc.org


Fehriye e' in sciopero della fame da 41 giorni
Fehriye deve vivere
La sua vita dipende dalla sua liberta'


Lo scorso 16 agosto, la militante del Dhkc Fehriye Erdal e' stata
trasferita
dal carcere di Bruges dove era detenuta illegalmente, verso una casa
dove e'
stata messa agli arresti domiciliari.

In 24 ore le autorita' belghe hanno divulgato alla stampa due indirizzi
dei
luoghi di detenzione di Fehriye malgrado il governo si fosse impegnato a
tenerli segreti. E cosi Fehriye continua a subire le ingiustizie, le
illegalita' e gli arbitri che i dirigenti del Belgi ; le stanno
infliggendo
ormai da mesi.
In Turchia Fehriye e' stata giudicata da un tribunale militari, e per
motivi
politici e' stata condannata a morte.
Il potere fascista e repressivo della Turchia, deciso ad eliminarla non
bada
ai mezzi per catturarla. Questo accanimento e' totalmente caratteristico
di
un paese la cui politica si basa sui massacri e la tortura. Cosi la base
della poltica dello stato turco e` la minaccia, il ricatto, il
non-diritto e
la tirannide.

Fehriye Erdal e' in scipero della fame da 41 giorni ormai.
E' per difendere la sua dignita', la sua liberta' e la sua vita, ma
anche
per resistere contro le ingiustizie, il non-diritto e i giochetti
politici
del governo belga che questa giovane compagna di soli 23 anni
compromette il
suo corpo [rischia di diventare cieca] e la sua salute da piu' di 40
giorni.

Fehriye vuole vivere.
Mal sua vita dipende dalla sua sicurezza, e la sua sicurezza dipende
dalla
sua liberta'. Da 41 giorni Fehriye paga il suo tributo alla liberta'.
La sua liberta' sono i membri del governo belga, primo fra i quali il
ministro ndegli Interni Duquesne ad avergliela rubata. Sono loro che
mettono
in pericolo la sua vita. Loro, sono grandi personaggi fieri,
dall'aspetto
sobrio, tipico degli uomini si stato, che si riuniscono per speculare
sulla
vita di una ragazza che non hanno mai visto ne' incontrata e con la
quale
non hanno avuto nessun contatto.
Il problema, il dilemma per loro e' solo «come fare per consegnarla
nelle
mani insanguinate dei boia turchi, per via diretta o via transito in uno
Stato terzo ?»
Nel quadro degli accordi segreti che legano il Belgio alla Turchia, il
Belgio voleva estradare Fehriye in Turchia. Il progetto e' fallito. E
ora il
Belgio punta su un paese terzo come intermediario.
Prima di essere un omicidio sarebbe una palese violazione del diritto.
Ma da quando gli accordi segreti si sono scontrati alle conclusioni dei
tribunali, le minacce della Turchia sono diventate sempre piu'
pressanti.
In uno scenario gia' visto con l'Italia, la Turchia ha subito minacciato
il
Belgio di un bel embargo econimico sui prodotti belgi.

Il Belgio cedera' ancora una volta ?
Di fronte alla minaccia il Belgio decidera' di nuovo di violare il
proprio
diritto ?
Chiedera' grazia sacrificando Fehriye ?
La dignita' del popolo belga verra' di nuovo macchiata?
Dipende tutto dal signor Duquesne e dal governo.
Fehriye vuole vivere e cio' dipende dalla sua liberta'. La sua liberta'
dipende dal riconoscimento del diritto d'asilo e dall'abbandandono del
progetto di espulsione anche verso uno mstato terzo, vera spada di
Damocle
che pende sulla testa di Fehriye.

Fehriye deve vivere
Liberta' per Fehriye

Per esprimere solidarieta' o per contatti : Rue Belliard, 197 bte 8
1050 Bruxelles
Tel 00322 2802228 Fax 2802229
Internet : www.dhkc.org
Fehriyeye ozgurluk (lista di solidarieta`) : fehriye@...
Ufficio dhkc: dhkc@...
Oppure : dhkc.bruxelles@...


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1999: UN CULT-MOVIE PER NEONAZISTI PRODOTTO DALLO STATO CROATO?

used without permission, for 'fair use" only


Film "In Four Rows" by Jakov Sedlar and Ivan Aralica Missed Chance to
Become Cult Film of European Neo-Nazism

Naked in Saddlear

If he managed to do what he had tried to do, Jakov Sedlar would have
entered
the history of
European culture as the director of the first openly revisionist,
neo-Nazi
movie, which in a radical
manner questions and distorts the results of WWII, and accuses war
victors of
crimes which have
been assigned to the losers for the last fifty years. God himself, if
that
was him indeed, saved us
from ignominy which we would not have been able to wash off for a long
time,
by denying Sedlar
all that is needed by a human or a creature to be an artist. Budak's
"Hearths" [Ognjista] are for
"In Four Rows" [Cetvorored], both the book and the movie, a highly
articulate, non-ideological
and modern work of art.

by Miljenko Jergovic

Feral Tribune, Split, Croatia, December 27 1999

If he managed to do what he had tried to do, Jakov Sedlar would have
entered
the history of European
culture as the director of the first openly revisionist, neo-Nazi movie,
which in a radical manner questions
and distorts the results of WWII, and accuses war victors of crimes
which
have been assigned to the
losers for the last fifty years.

Here is how, according to Sedlar's concept, "In Four Rows" was supposed
to
come out: two peaceful and
highly civilized inhabitants of Zagreb, a young actor and a make up
artist,
decided in May 1945 to leave
the city in front of an unstoppable antifascist beast. They join columns
of
Domobrans [conscript army of
the Independent State of Croatia, WWII Nazi puppet state in present
Croatia
and Bosnia-Hercegovina],
the peaceful Croatian Army, city gents and youth, among whom are four or
five
Ustashe [Croatian
pro-Nazi movement during and before WWII; the relationship between
Ustashe
and Domobrans is similar
to that of SS and German Army in the Nazi Germany] of whom one is a
criminal
(probably because he
lost an arm in the war). The column is bombarded by British airplanes
and on
the Bleiburg field they are
captured by cynical British officers, who turn all of these highly
cultured
and civilized people over to the
Partisans. After that, the Partisans slaughter them, execute by a firing
squad, rape, rob, and to make the
whole thing even clearer, at one point Soviet Red army soldiers show up
to
take away whatever the
Partisans hadn't already snatched away, and in the process cut off a
finger
of a high school graduate from
Zagreb in order to take his ring.

According to Sedlar's idea, the film ends after the surviving young
actor,
saved by the goodness of a
Jewish Partisan, vows not to say a word about these events as long as he
lives. The film refers to his act
as the Croatian silence, in order to make it crystal clear on behalf of
what
and against what it was
necessary to keep quiet.

Croatian Ed Wood

However, Jakov Sedlar did not know how to turn all of that into a movie,
nor
could Ivan Aralica offer a
story which would provide a framework for this construction, so that
instead
of a cult work of European
neo-Nazism that would find its underground audience from the Pyrenees to
the
Urals and Hamburg to
Piraeus, we got only another trivial product of Croatian Ed Wood,
something
that can even be amusing in
its inadequate execution.

For example, how does Jakov Sedlar imagine Partisan butchers? All of
them are
Serbs, men and women,
from different parts of the former Yugoslavia. Their origin is suggested
by
their accents. However, then
Sedlar decided that that was not enough, so that he made sure that every
Partisan butcher nicely
introduces himself or herself to their victims. Thus fat and mustachioed
Danko Ljustina plays a murderer
from Bosanska Krajina, Bozidar Alic portrays a slaughterer from Serbia,
and
Nives Ivankovic is supposed
to be a typical Jane Partisan, a Croat Serb woman who is jealous because
Partisans are mass raping
refined Zagreb women, so that she kills them all with a machine gun.
Sedlar's
Partisans usually confine
their acting to making facial expressions usually seen only on seriously
constipated persons. It is surprising
that Bozidar Alic did not end up with a hernia from all that hard work.

Of course, Sedlar had to explain why Partisans were so bloodthirsty.
With
that in mind a character, which
is not really a character but is there just for the hell of it, reads
Djilas'
[Yugoslav Communist official]
article from Borba [official publication of the Yugoslav Communist
party]
which clearly states what the
attitude of Partisans towards Ustashe should be; from a public
announcement
system at a train station we
can hear Tito's speech on the same topic, and it is indicated that one
of the
Partisans had been until
recently a Chetnik [Serb nationalist and monarchist guerrillas during
WWII],
although it is not entirely
clear whether Chetniks are worse or better than Partisans or whether
that
statement was simply supposed
to indicate the origin of all partisans.

Scandalous Idea

The victims are as a rule civilians with a Domobran thrown in here and
there.
A Domobran victim is, of
course, a Jehovah's Witness in a uniform of the Croatian Army. Domobrans
usually die because they
refuse to put on Ustashe insignia, nor admit in front of Partisan
butchers
that they are Ustashe. And all of
them are sooo good, peaceful and silky, and only Partisan crimes can
force
them to an occasional
self-sacrifice and a heroic deed.

But, how come that in all of that, there is a good Partisan? Very
simply:
Sedlar's and Aralica's revisionist
vision needed a place for a Jew. And since the authors drew their lesson
from
Tudman's "Wastelands of
Historical Reality", they decided to replace unnecessary and senseless
anti-Semitism by very deliberate
filo-Semitism. It seemed smart to them to, in the film with which they
intended to spread national hatred
and destroy the last traces of Croatian antifascism, use a Jew as the
most
positive character. Hey, there
are not any Jews in Croatia anyway and only fools would cause trouble
about
them. On the other hand,
believe Sedlar and Aralica, if you are nice to Jews, you can do with
Partisans and Serbs, as well as with
the results of the war, whatever you like. A smart Croatian revisionist
would
always praise Jews.

The very idea to shoot "In Four Rows" was scandalous since Aralica's
novel,
on which the movie is
based, was also scandalous. But the film was produced by four Croatian
Ministries, the Croatian
Privatization Fund, Croatian Tourist Association, Croatian
Telecommunications, the City of Zagreb,
Croatian Lottery, Croatian Oil Industry INA and many smaller and less
impressive sounding producers, so
that Sedlar's film is actually the result of a widely based social
action and
thereby similar to the Partisan
films from the former Yugoslavia, such as "Sutjeska" and "Neretva".

In practice, thousands of Croatian citizens have ended up in the role of
passive co-producers of "In Four
Rows". Perhaps, all of those who have paid a single Kuna of taxes to the
Croatian state budget deserve
such a credit. That does not mean that all of us share guilt for "In
Four
Rows", but it is the fact that all of
us have been involved in "In Four Rows" and that only unprecedented
Sedlar's
lack of talent saved us
from worse consequences. God himself, if that was him indeed, saved us
from
ignominy which we would
not have been able to wash off for a long time, by denying Sedlar all
that is
needed by a human or a
creature to be an artist.

Greatest Trickery

Actually, no matter now much we curse fate for sending us all those
Vukojevics, Krpinas, and midget
Rottweilers of Croatian judiciary, we should be at least grateful that
it
also included people like Sedlar and
Aralica. It has been proven, namely, that bastards can be extremely
talented,
that creeps can be terrific
writers and that very well articulated works of art can be motivated by
hatred and evil. What would have
happened if, for example, Sedlar were Kusturica [famous Serbian
film-maker]
and Aralica, for example,
Peter Handke [pro-Serb world-famous Austrian writer], and that the two
of
them took upon themselves
to re-tailor history and turn antifascists into fascists, and fascists
into
civilians and brothers of good soldier
Svejk? We would have had problems that we cannot even dream of today, we
would feel miserable and
empty, ungifted and lost with respect to our own enemies and enemies of
our
lives.

It is wonderful to have Sedlar and Aralica whose greatest trickery is to
include a Partisan-Jew. There is
nothing more harmless than filo-Semitic anti-Semitism, although it is
sickening and disgusting, but at least
it is so obvious and clear as every act rooted in unclear conscience. It
is
wonderful to have Sedlar because
of his fascination with male haircuts. Namely, as in "Mother of God"
[Gospa]
the hairdo on the head of
Martin Sheen, even after hours and days of torture looked as if it had
just
been sealed under a hairdryer
of a provincial hair salon, thus in "In Four Rows" the hairdo of Ivan
Marevic
is tussled in the same
seductive manner both at the start and the end of the Croatian Cavalry.
Unfortunate Jakov Sedlar does
not see such things and exactly that saves us from his idea. It is also
wonderful to have Sedlar because of
the fact that his main character can hardly speak the Croat language.
Actually, he speaks it as every
Australian, Canadian, or American of Croatian origin, and he is supposed
to
be a young actor from Zagreb
in the movie. What wonderful cynicism: In the most Croatian of all
Croatian
movies, the most valiant
Croat cannot speak Croatian. Something so mean would not have occurred
even
to the most evil of the
Partisan butchers from "In Four Rows".

Sanity Check

It is rumored among Zagreb actors that actor's wages for work in "In
Four
Rows" were enormous, the
highest in the more recent history of domestic film making, and that
that is
the reason that a team of our
best actors appears in the movie, as well as almost all young Croatian
actors. Their excuse is that Sedlar
was making offers that could not be refused, so that very few did
indeed, but
that is not a story about
historical revisionism, nor about lack of talent, but about misery and
poverty of the public scene on which
jobs are accepted and refused based on offered remuneration, so that
actors
play without any faith in their
characters.

After watching "In Four Rows", it is hard to understand why the Croatian
TV
decided to show that movie
two days after Christmas and on a day of electoral silence. Sedlar's and
Aralica's work is hardly good
propaganda; it cannot change anyone's opinion, apart from being a sanity
check for those who will watch
TV that night and nevertheless vote for HDZ. Essentially, for the
democratization of this country and
even for the opposition, it is useful to show "In Four Rows", and then
repeat
it as often as possible until
the last one among us realizes what has remained of the Independent
State of
Croatia fifty five years after
the war, and to what the old Ustashe have been transformed. Budak's
"Hearths"
[Ognjista] are for "In
Four Rows", both the book and the movie, a highly articulate,
non-ideological
and modern work of art.

However, something in all of this is still very sad. People did die in
Bleiburg and in the Croatian Cavalry.
It does not matter how many of them were killed because they were
definitely
too many. Various people
suffered and it is not the most important whether they were civilians,
soldiers, innocent people or
criminals. The fact that behind they left relatives who for years could
not
find out the truth about their
fates and who hoped for years that they would eventually return. In some
parts of Croatia and especially
Bosnia-Hercegovina there are very few families which haven't lost
someone in
Bleiburg. In principle, they
do not care whether their loved ones were criminals or innocents,
murderers
or conscripted children.
Uncertainty and empty hope with which those people lived is the greatest
and
usually totally undeserved
punishment. Ivan Aralica and Jakov Sedlar arrogantly and mercilessly
played
with emotions of the
relatives of the victims of the Croatian Cavalry. Thus a huge and
horrible
topic, which deserves human
sympathy, and probably also books and films that it will never greet,
has
been wasted. Bleiburg, ignoring
history and focusing on people from our homelands, is a sad story about
those
who waited and do not
know when exactly they stopped waiting.


[1] The Croatian Calvary (Croatian: KRIZNI PUT = the way of the cross),
an
episode in Croatian
history, when, in 1945, the Ustashe army surrendered, with a great
number of
civilians who were fleeing
communist Partisans, to the British at the town of Bleiburg in Austria.
The
British, in turn, surrendered
them to Tito's army. Most of them were soon executed without a trial,
some in
death marches led
throughout the country. The Croatian official history compares the
plight of
the "Croatian martyrs who
were executed only for being Croats" with that of Jesus Christ and his
carrying of the cross on the way to
crucifixion.

[2] The surname of director Sedlar is pronounced saddle-ar

[3] Mile Budak was an Ustashe official during WWII and a writer.
"Hearths" is
his best known novel. He
is infamous for his participation in the organization of the genocide of
Serbs, Jews and Gypsies in the
Independent State of Croatia. Since the independence he has been a sort
of a
poster boy for Croatian
nationalists and his name has been given to many streets throughout
Croatia.


Translated on March 24 2000


---


1997: I PADRI FONDATORI (FASCISTI) DELLA CROAZIA INDIPENDENTE

Fascists Reborn as Croatia's Founding Fathers
By CHRIS HEDGES

The old fascist marching songs were sung, a moment of silence was
observed
for all who died defending the fatherland, and the gathering was
reminded
that today was the 57th anniversary of the founding of Croatia's
Nazi-allied
wartime government. Then came the most chilling words of the afternoon.

"For Home!" shouted Anto Dapic, surrounded by bodyguards in black suits
and
crew cuts.

"Ready!" responded the crowd of 500 supporters, their arms rising in a
stiff
Nazi salute.

The call and response -- the Croatian equivalent of "Sieg!" "Heil!" --
was
the wartime greeting used by supporters of the fascist Independent State
of
Croatia, which governed the country for most the Second World War and
murdered hundreds of thousands of Jews, Serbs and Croatian resistance
fighters.

Today, in the final day of campaigning before local elections on Sunday,
supporters of Croatia's Party of Rights used the chant as a rallying
cry. But
the shouts of the black-shirted young men -- and the indifferent
reactions of
passersby -- illustrated a broader aspect of this country's self-image.

President Franjo Tudjman and his Croatian Democratic Union party rose to
popularity and power on the strength of its appeals to Croatians'
national
pride. Now, six years after the war that won Croatia its independence
from
Yugoslavia, Mr. Tudjman's party continues to cast the World War II
fascist
fighters as patriots and precursors of the modern Croatian state.

The Party of Rights took only 7 percent of the vote in the last
election, but
it is the closest ally of Mr. Tudjman, who is reported to be suffering
from
cancer but who has still campaigned actively.

Perhaps no other country has failed as openly as Croatia to come to
terms
with its fascist legacy. While the French celebrate a resistance
movement
that was often dwarfed by the widespread collaboration with the Vichy
regime,
and while the Austrians often act as if the war never happened, the
Croats
have rehabilitated the Croatian fascist collaborators, known as the
Ustashe.

The Ustashe was led by Ante Pavelic, the wartime dictator whose picture
was
plastered on walls in Split in preparation for the rally.

"A majority of the Croats oppose this rehabilitation," said Viktor
Ivancic,
editor in chief of the opposition weekly, The Feral Tribune. "But they
are
afraid. These neo-fascist groups, protected by the state, are ready to
employ
violence against their critics."

Ustashe veterans receive larger pensions than old Partisan fighters, who
waged a savage fight against the German and Croatian fascist armies.
Former
Ustashe soldiers are invited to state celebrations, like the annual army
day,
while Partisan fighters are ignored. And state authorities have stood by
as
pro-Ustashe groups have dismantled or destroyed 2,964 of 4,073 monuments
to
those who died in the resistance struggle, according to veteran Partisan
groups.

The identification with the quisling regime does not stop there. The
Croatian
currency is the kuna, the same instituted by the fascists. And the red
and
white checkerboard on the flag, taken from medieval Croatian emblems,
previously adorned the Ustashe uniform. The President recently proposed
bringing Mr. Pavelic's remains from Spain, where he died in exile in
1959,
for burial in Croatia, a move rejected by Mr. Pavelic's family. And
Vinko
Nikolic, an 85-year-old former high-ranking Ustashe official who fled
into
exile after the war, was appointed by the President to the Croatian
Parliament.

The transformation is all the more noticeable because of widespread
participation by many Croats in the Partisan guerrilla movement led by
Josip
Broz Tito, himself a Croat.

"A huge number of Croats fought the Nazis and the Ustashe," said
77-year-Partisan veteran Milivoj Borosa, who defected in his bomber in
1942
from the Ustashe air force and dropped his payload on a German unit
during
his escape to the Soviet Union. "But today, those who should hold their
heads
in shame, are national heroes."

The Partisans, who included among their ranks the young Franjo Tudjman,
committed what today is viewed as an unforgivable sin. They built a
united,
Communist Yugoslavia. And while the Ustashe state may have been a Nazi
puppet, it had as its stated aim the establishment of an independent
Croatia,
although it was forced by the Axis to turn over large parts of Croatia,
including much of the Dalmatian coast, to the Italians.

In the current campaign, President Tudjman sought to reconcile the
country's
wartime divisions by arguing that the fascist and anti-fascist Croatians
performed equally valuable service for their country. A general who
became a
historian after leaving the Yugoslav Army, Mr. Tudjman is among the
leaders
of a revisionist school of history that has sought to counterbalance the
Communists' relentlessly dark view of the fascist years.

But many Croats, especially those who had relatives killed by the
fascists,
smolder with indignation over the glorification of a regime that
massacred
opponents with a ferocity that often shocked its Italian and German
allies.

"You cannot reconcile victims and butchers," said Ognjen Kraus, the head
of
Zagreb's small Jewish community. "No one has the right to carry out a
reconciliation in the name of those who vanished."

The climate has become so charged that those who oppose the
rehabilitation of
the Ustashe do not dare raise their voices. And there have been several
attacks carried out against members of the Social Democratic Party, the
old
Communist party, currently fielding candidates for the municipal
elections.
Many of the black-uniformed bodyguards at the rally here fought against
the
Serbs as members of The Croatian Liberation Forces, a brutal right-wing
paramilitary unit formed by the party.

The Ustashe supporters also have a powerful ally in the Catholic Church
in
Croatia. The church, led during the war by Archbishop Alojzije Stepinac,
was
a prominent backer of the Ustashe regime. It forcibly converted tens of
thousands of Orthodox Serbs and did not denounce the government's
roundup and
massacre of Jews and Serbs.

During the war, Jews and Orthodox Serbs were subject to racial laws. The
Serbs had to wear blue arm bands with the letter "P" for "Pravoslav" --
Orthodox -- before being deported to death camps like Jasenovac.

After the war, many priests, rather than condemn the brutality of the
fascist
regime, went on to set up an underground network know as "the rat line"
to
smuggle former Ustashe leaders, including Mr. Pavelic, to countries like
Argentina.

The church, persecuted by the Communists, has now re-emerged as one of
the
most powerful institutions in the country, in large part because
religion is
the only tangible difference separating Serbs, Muslims and Croats.
Several
priests have enthusiastically joined the rehabilitation campaign,
portraying
Mr. Pavelic as a pious leader who championed Christian values.

"Ante Pavelic was a good Catholic," said Father Luka Prcela, who has
held a
memorial Mass for the former dictator in Split for the last four years.
"He
went to mass daily in his own chapel. Many of the crimes alleged to have
been
committed by his Government never happened. These stories were lies
spread by
the communists. He fought for a free, Catholic Croatia. We have this
state
today because of him."

(c) The New York Times, April 12, 1997


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1995: PERPLESSITA' EBRAICHE SUI RAPPORTI TRA USA E CROAZIA...

Open Letter to Branko Lustig, Producer of a Misunderstanding in
Washington

by Mirko Mirkovic

Feral Tribune, Split, Croatia, 2/20/95

I would like to review your speech presented to the Press Club in
Washington,
D.C. on 11/21/94, which
made a great impact recently in Croatia. It was published in its
entirety by
Vjesnik and then by Vecernji
List [state-owned daily newspapers]. Obviously, it deserved such
publicity,
since it is full of praise for
President Tudjman. You had an honor of sitting next to him at the
premier of
the film ``Schindler's List"
in cinema ``Europe" [in Zagreb]. You were, in your words,``excited
because
all of the important officials
in the Croatian government were present." I can sympathize that it
really
must have been exciting. You
noticed that the president was personally moved by the film:``after the
film
finished, he got up, gave me a
hug and I could swear that his eyes were full of tears."

If only he could have seen ``Schindler's List" before he published his
book
``Wastelands of Historical
Reality" [``Bespuca Historijske Zbiljnosti"]. Maybe he would not have
quoted
a disgusting story about the
Jews in Jasenovac [largest concentration camp in Croatia during the
WWII],
contributed by two
antisemites who had been released from the camp. In any case, why is it
that,
as a historian, he did not
find it necessary to quote testimonies of Jewish inmates who survived
the
Ustashe [Croatian fascists]
Auschwitz by pure luck? Their testimonies about that inferno were
collected
in a book published in 1972.
It is true that, later, as a president of the republic, he ``expressed
sorrow
for the suffering of the Croatian
Jews in the holocaust." Commendable. However, the president of Germany,
Roman
Hertzog went a step
further than expressing ``sorrow" when last summer he said in Warsaw:``I
beg
for forgiveness for what
the Germans did to you."

The day after the premiere of ``Schindler's List", you said:``I received
a
high Croatian decoration, Order
of Prince Trpimir... During the ceremony the president apologized to me
and
all members of the Jewish
community for those who during the Second World War took part in
Enforcement
of Hitler's racist laws."

In 1941 you were still a child and maybe did not know that in Croatia
racist
laws were not enacted by
Hitler, but by Independent State of Croatia (ISC) [Nezavisna Drzave
Hrvatska
or NDH was a Nazi
puppet state from 1941 to 1945; it was run by Croatian fascist movement
-
Ustashe in Croatian] and
enforced by Ustashe government. You might not be aware that Vinko
Nikolic was
an important
functionary in that government, a member of the Ustashe High Command. He
was
enraptured by the
Poglavnik [term corresponding to Fuhrer in Ustashe terminology] Ante
Pavelic.
``Our new intelligentsia,"
wrote Vinko Nikolic in the Novi List on 7/2/41,``must raise new
generations
under ustashe [ie. fascist]
values and above all, must engender in Croatian youth, from the earliest
age,
unlimited and devoted
loyalty towards the Poglavnik." He was not only enraptured with the
Poglavnik, but also interested in
literature, which, according to him would help the Ustashe movement ``to
mold
a new man," whose main
characteristics must be:``nationalistic soul, Ustashe heart, Poglavnik's
teaching and Ustashe creed" (Vinko
Nikolic, National Goals of Literature, Zagreb, 1944). He showed his
``loyalty
to the Poglavnik" in the
emigration to Madrid in 1949, when the Ustashe crimes were already known
around the world, by
composing an ode to Poglavnik's ISC.

Why am I mentioning this to you? Because that gentlemen recently
returned to
Zagreb, to the
government's warm welcome. President Tudjman, fighter against fascism in
the
WWII, did not know
better then to make this gentlemen (who with his ``Ustashe heart" took
part
in the machinery of the
holocaust) a member of the upper house of the Croatian parliament! No,
that
``educator according to the
fascist values" never killed anyone himself. He sat at his desk and
supported
criminals with his pen. Do
you know that, mister Lustig ?

Men for all Times

Do you think that a man who in the third Reich demanded from the youth
``limitless devotion to the
Fuhrer," could today, in democratic Germany become a member of Bundestag
-
German Federal
Parliament? Do you think that the units of the German Army could be
named
after Nazi war criminals, as
some units of the Croatian Army bear names of Ustashe butchers? Do you
think
that some
SS-Sturmbandfuhrer, who during the third Reich signed a racist order,
could
get today a high decoration
from the president of the Federal Republic of Germany (FRG)? Still, all
of
this is possible. But not in
todays Germany. Signatory of the racist Ustashe order in 1941, Ustashe
stozernik [military rank] Ivo
Rojnica, was decorated by the Poglavnik with the order of merit `` for
the
zealous service in Ustashe
movement." The very same zealot of Ustashe movement - who declared in
``Slobodna
Dalmacija":``everything I did in 1941 I would do again" - has recently
received a decoration of the high
Order of Prince Trpimir from the hands of president Tudjman personally!
Of
course this case is not
unique. Accomplice in the German genocide on the Balkan, Kurt Waldheim
also
received a high
decoration from Pavelic and then, after the war, as a secretary of the
UN,
another one from Tito! Some
people are truly for all times. Franjo Tudjman, Tito's general, knows
that
much.

The grotesque part is that you, Mr. Lustig, an Auschwitz survivor, wear
the
same decoration as a Ustashe
officer who ``zealously worked" to implement the holocaust on the
territory
of the ISC. And with great
success. Of approximately 40,000 Jews on the territory of ISC, three
quarters
were killed. Survivors were
only those who managed to escape to the Italian occupation zone or
joined the
Partisans [indigenous
communist guerilla army under Tito's leadership]. Many were helped by
the
Croatians. But while the
Croatian citizens, in personal danger, were helping persecuted Jews as
much
as they could, the
government of ISC was killing them whenever possible.

You quoted president Tudjman's message to Melvin Salzberger and Abraham
Foxman, in which he
distances himself and the Croatian government from the quisling Croatian
state [ISC] and the Ustashe
regime. Very good and commendable. But if you lived here, I believe that
as a
Jew, you would be worried
by the rehabilitation of the Ustashe ISC, which encompasses
historiography,
newspaper articles, TV talk
shows, naming of military units after infamous Ustashe ``knights", all
the
way to restaurants with names
like ``Poglavnik", ``Coffee Bar Ustasha" and similar reminders of the
genocide of the Jews in ISC. Not
far from the house in which I live, one can find Poglavnik's picture and
a
bust in a bar, so that the patrons
can get the idea about the owner's political leanings. I am convinced
that
you will agree with me that it is
unimaginable that in todays Germany restaurants and hotels would be
named
after the Fuhrer or the SS
officers, or that a Fuhrer's picture could be displayed in them. In
Germany,
such things are regulated by
the law. We in Croatia apparently have more democracy than Germans. If
it is
true, as you said, that it is
``improbable that in Croatia we see the strengthening of fascism," one
faces
a question: why does not the
president and the government protest against the rehabilitation of the
criminal ISC? It is true, as you said,
that in Croatia ``there is no antisemitism but there are a few
antisemites."
After Auschwitz, antisemitism
can hardly be en vogue. The Croatian president and the government on
several
occasions, have expressed
their favorable inclination towards the Jewish community. Was that
because of
some special love towards
the Jews? Or in order to score a few good PR points in the USA? - I
leave the
answer to you.

It is unthinkable that in democratic Germany an ex-Nazi propaganda boss
could
appear on TV and discuss
the benefits of the third Reich. On the other hand, one of the Zagreb TV
channels showed in 1992 a
program with the boss of Ustashe propaganda, Daniel Crljen. The same one
who
during the ISC
declared:``Croatia has radically solved its Jewish problem."

Points scored away from the Home field

You said that ``the tendencies described in the press (I suppose foreign
!)
are marginal and have no
support from the president or the government." Very good. However, a
striking
question is why that same
president and the government do not publicly and decisively condemn
numerous
cases of rehabilitation of
Ustashe ISC. Nothing would be easier, since they have a total control
over
the daily press and the
electronic media.

For the Jewish community, the instances of Ustashe rehabilitation can
hardly
be ``marginal." Especially
not for those Jews who survived the holocaust and who after returning to
their homeland found out that
they were left alone in this world, without a mother and a father,
without
brothers and sisters, without
their children. All of them have disappeared without a trace in Ustashe
branch offices of ``the final
solution", in Jasenovac, Stara Gradiska, Jadovna, on Pag. By the way,
the
last several hundred Jews in
Croatia, mostly elderly, were turned turned over to Eichmann, ie. sent
straight to the Nazi gas chambers.
Cardinal Stepinac tried to save Zagreb Chef Rabbi, Miroslav Freiberger
and
his family. He did not
succeed. Eichmann's word had more importance for the Poglavnik than that
of
Cardinal Stepinac.

Would it therefore be marginal for you, Mr. Lustig, if you were facing
today
the rehabilitation of racist
butchers from Auschwitz? You also said:``claims that the present
government
encourages fascism are
absolutely false." If that is true, I would be grateful if you could
explain
how that squares with the fact
that the approximately 2000 monuments to the fighters against and
victims of
fascism have been
destroyed in Croatia [since 1991] ( by ``unknown" perpetrators);
memorials
for the people who were
cruelly killed simply because they had been born Jews, or Serbs or
Gypsies or
were Croatian antifascists!
Also, do not you find it perplexing, as an Auschwitz survivor, that
president
Tudjman was so keen to
erase the Victims of Fascism Square name? I believe that you will agree
with
me, when I say that those
fighters against fascism in Croatia sacrificed their lives in the common
struggle of the humanity against the
deadly darkness which threatened to turn all of Europe in a continental
Auschwitz. Why have not the
Croatian authorities condemned or why have not they decisively
confronted
that barbarian destruction of
the memorials for the victims of fascism? Or maybe someone thinks that
the
historical facts can be
thrown into a black hole of oblivion, as did the Big Brother's
``Ministry of
Truth" in Orwell's 1984?

Black Hole of Oblivion

In your Washington speech you said:``the number of Jews in Partisans was
small." With that claim you
unfortunately misinformed your American audience. Yugoslavia had about
70,000
Jews before the
WWII. About 4,500 of those, or more than 6 percent of the total Jewish
population, took part in the
national liberation war. That means that the participation of Jews in
the
antifascist struggle was
proportionally larger than that of any other nation on the territory of
ex-Yugoslavia.

You tried to convince your American audience that Kuna is an appropriate
choice for the name of the
Croatian currency. You said:`` I personally do not see that as a
connection
with the fascist period.".
Ustashe ISC was just the first state to name the Croatian currency Kuna.
But
what sort of connection
could that have with our ``most democratic country in Europe" [a common
phrase in the Croatian press,
referring to Croatia].

Commemoration of the 50 years since the liberation of Auschwitz has
recently
taken place in Poland. Eli
Wiesel, Nobel Prize winner, and ,as you said, your friend from the death
march in January of 1943 took
part in the commemoration. you quoted his words:`` To forget is to kill
the
victims for the second time.
We could not stop their death the first time round. We must not allow
them to
be killed again." Don't you
also find intolerable the rehabilitation of Ustashe ISC, which was until
the
last moment of the third Reich
its ally in the most horrendous genocide in history?


The author is a writer and translator, ex-secretary of Croatian PEN and
a
longtime member of the
Jewish Community Council in Zagreb


Translated in May 1995


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
e-mail: crj@... - URL: http://marx2001.org/crj
http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
------------------------------------------------------------

* Nazismo croato: non solo ultras
* L'Italia alla conquista dell'economia croata
* Gli USA promettono altri aiuti militari alla Croazia; dispute legali
per i crimini croati in Bosnia; e' la BADURINA & ASSOCIATES che cura le
operazioni di "lobbying" della Croazia negli ambienti statunitensi che
contano
* Flashback: Haider in Croazia...


---

NAZISMO CROATO: NON SOLO ULTRAS

Gli incidenti che hanno avuto luogo tra ultras del Milan e teppisti
della Dinamo Zagabria, molti dei quali reduci dalla guerra di
"indipendenza" della Croazia, lo scorso 9 agosto a Milano hanno portato
alla ribalta delle cronache l'esistenza dei neonazisti ustascia croati.

Apriti cielo! Come se nessuno sapesse che il nazismo ustascia e' vivo e
vegeto, essendo stato in questi anni uno dei principali strumenti usati
dalla NATO per distruggere la RFSJ ed edificare il nuovo stato
"indipendente" croato filo-atlantico.

*** Tre siti per farsi un'idea di cosa e' il nazismo croato oggi:

USTASA NET - http://www.ustasa.net/
NEZAVISNA DRZAVA HRVATSKA - http://www.hop.hr/
CROAT NETLINK - http://ns.cronet.com/

*** Una "guida" della mafia erzegovese e delle principali formazioni
dello squadrismo ustascia in Bosnia-Erzegovina e' leggibile su:

http://www.egroups.com/message/crj-mailinglist/39
http://www.egroups.com/message/crj-mailinglist/40

*** LA NOSTRA PAGINA SULLA CROAZIA "INDIPENDENTE":

http://www.marx2001.org/crj/hr.html

*** ALCUNI VECCHI ARTICOLI IN INGLESE SUL NEONAZISMO CROATO:

1999: UN CULT-MOVIE PER NEONAZISTI PRODOTTO DALLO STATO CROATO?
Film "In Four Rows" by Jakov Sedlar and Ivan Aralica Missed Chance to
Become Cult Film of European Neo-Nazism
1997: I PADRI FONDATORI (FASCISTI) DELLA CROAZIA INDIPENDENTE
Fascists Reborn as Croatia's Founding Fathers
1995: PERPLESSITA' EBRAICHE SUI RAPPORTI TRA USA E CROAZIA...
Open Letter to Branko Lustig, Producer of a Misunderstanding in
Washington

Li trovate su: http://www.egroups.com/message/crj-mailinglist/421


---

> http://www.ecn.org/est/balcani/italia/italia11.htm
>
> Home L'Italia e i Balcani
>
> L'Italia...
> NOTIZIE EST #332 - ITALIA/BALCANI
> est@... 13 giugno 2000
>
> LE BANCHE ITALIANE FANNO ACQUISTI NEI BALCANI
>
> [Seguono due pezzi, uno dal settimanale di
> Zagabria "Nacional" sulla svendita delle banche
> croate, che ha visto in prima fila come
> controparti acquirenti due delle maggiori banche
> italiane, la Comit e la UniCredito, e uno
> sull'importante operazione di acquisto che
> quest'ultima, secondo il settimanale di Sofia
> "Kapital", si appresta a concludere in Bulgaria,
> nonché sui problemi che sta avendo in questo
> paese un'altra azienda italiana, la Marconi. Ai
> due pezzi fa seguito un commento sulla strana
> tempistica delle maggiori operazioni del grande
> capitale italiano nei Balcani - a.f.]
>
> LA SVENDITA DELLE BANCHE CROATE
> di Zeljko Rogosic - ("Nacional", 6 aprile 2000)
>
> [Il settimanale "Nacional" ha pubblicato, oltre
> a quello che segue qui sotto, altri due lunghi
> articoli sulla vendita della Splitska Banka e
> sul suo passato ruolo di finanziatrice, "a fondo
> perso", della cerchia di Pasalic e Kutle,
> rispettivamente uno esponente dell'ala destra
> della HDZ e l'altro miliardario legato a doppio
> filo con il regime di Tudjman, articoli
> pubblicati nel n. 222 del 17 febbraio 2000 e n.
> 224 del 2 marzo 2000 e archiviati nel sito web
> del giornale: http://www.nacional.hr Quando è
> stato pubblicato l'articolo che segue qui sotto,
> l'acquisto della Splitska Banka da parte della
> UniCredito non era ancora stato portato a
> termine - l'affare è stato comunque finalizzato
> poco dopo, il 19 aprile scorso. Data la
> lunghezza dell'articolo, abbiamo tradotto solo
> le parti riguardanti più direttamente le
> operazioni delle banche italiane. Sull'acquisto
> della Privredna Banka da parte della Comit
> segnaliamo il testo del Centro di Iniziativa
> Politica sui Balcani (http://www.ecn.org/cipb)]
>
> [...] Il governo di Ivica Racan non intende
> interrompere la privatizzazione delle banche del
> paese, illegale e altamente dannosa per i conti
> dello stato croato, avviata già dal governo di
> Matesa. Dopo la privatizzazione e la vendita
> delle quote di controllo della Slavonska Banka e
> della Privredna Banka Zagreb, e la recente
> vendita della Rijecka Banka alla tedesca
> Bayerische Landesbank, nonché l'annuncio
> dell'avvio di trattative per la scandalosa
> vendita della Splitska Banka alla banca italiana
> UniCredito di Milano - di cui "Nacional" ha già
> informato in maniera dettagliata l'opinione
> pubblica croata, senza che nessuno smentisse con
> una parola le nostre affermazioni - il danno
> arrecato ai conti dello stato croato ammonta
> ormai oggi a 14 miliardi di kune e continua a
> seguire una tendenza alla crescita. Nessuno si
> inquieta per il fatto che la piccola banca
> triestina Cassa di Risparmio di Trieste abbia
> deciso di acquistare la Splitska Banka
> presentandosi come parte del gruppo bancario
> UniCredito, che non ha mai manifestato nemmeno
> un lontano interesse d'affari riguardo a tale
> acquisto. I sospetti riguardo alla vendita e
> alla strana presa di controllo della Privredna
> Banka sotto il governo della HDZ verrà ora
> completato dalla coalizione di governo con
> un'altra vendita sospetta! Il governo di Racan
> punta unicamente a una soluzione a breve termine
> degli interessi croati, visto che con la somma
> limitata di 200 milioni di marchi che andranno a
> finire nelle casse di stato con la vendita della
> Rijecka Banka e della Splitska Banka, intende
> almeno per un breve periodo di tempo dare
> ossigeno a un bilancio statale eccessivamente
> carico di oneri. Questo desiderio degli
> strateghi del SDP, Slavko Linic e Mate Crkvenac,
> sarebbe del tutto comprensibile se in origine la
> politica della HDZ e la strategia di svendita
> delle proprietà croate avviata dal governo
> Matesa non avessero dato luogo al saccheggio più
> grande mai visto fino a oggi in Croazia. Secondo
> i dati della Banca Nazionale Croata, per il
> risanamento e le operazioni di salvataggio della
> banche croate in stato di fallimento o portate
> sull'orlo della bancarotta, sono stati spesi 48
> miliardi di kune, che hanno pagato di loro tasca
> i contribuenti croati. Per il risanamento della
> banche in bancarotta, il cui capitale è
> chiaramente diventato di proprietà dei magnati
> croati, sono stati prelevati dal bilancio
> statale, quindi, sei miliardi di dollari [...]
> [pari a] un terzo del prodotto interno lordo. Ma
> con la vendita della Privredna Banka alla
> italiana Comit, della Slavonska Banka
> all'austriaca Hypo Banka, della Rijecka e della
> Istarska alla tedesca Bayerische Landesbank e
> della Splitska Banka all'italiana UniCredito, il
> bilancio statale croato incasserà solamente 3,6
> miliardi di kune. La sproporzione tra i soldi
> stanziati per il risanamento e ciò che secondo
> le promesse dei politici dovrebbe tornare sotto
> forma di entrate dalle privatizzazioni delle
> banche è grande. Con il modello dominante della
> privatizzazione delle banche a ogni costo, la
> Croazia perderà milioni di marchi e sarà l'unico
> stato del mondo il cui governo ha organizzato e
> messo in atto una svendita a prezzi minimi delle
> proprie banche. Grazie a una tale
> privatizzazione, nelle casse dei cosiddetti
> partner e investitori strategici esteri vengono
> riversate decine di miliardi di kune dal
> bilancio statale croato. Gli appelli, le
> informazioni e la documentazione fatti pervenire
> alle più alte cariche del Governo,
> l'avvertimento formulato pubblicamente che con
> la vendita della Rijecka, e in particolare con
> la vendita criminale della Splitska Banka si
> arreca, e prosegue, un vero e proprio colpo
> contro il bilancio statale e la stabilità
> finanziaria dello stato, non hanno dato alcun
> risultato. Il governo ha deciso di chiudere gli
> occhi di fronte ai fatti. Esso non ha nemmeno
> sottoposto a riesame l'offerta della UniCredito
> per l'acquisto della Splitska Banka, anche se è
> evidente che nei preparativi per la sua
> privatizzazione sono stati compiuti anche gravi
> atti penali. Nel governo croato si è creata
> l'immagine fantastica che la vendita
> "salvatrice" della Splitska Banka agli italiani
> sia l'unica soluzione.
>
> IL MODELLO DELLA HDZ
> Il modello della HDZ per la vendita delle banche
> statali è stato illustrato alla fine del 1998
> dall'allora premier Zlatko Matesa. Egli ha
> annunciato che nella prima fase di
> privatizzazione sarebbe stato venduto solo il 25
> per cento della Rijecka Banka e il 36 per cento
> della Privredna Banka e della Splitska Banka, e
> che lo stato avrebbe continuato a esserne
> l'azionista di maggioranza. Chissà per decisione
> di chi, e comunque senza copertura e motivi
> finanziari effettivi, gli investitori esteri
> oggi controllano praticamente quote di
> maggioranza in tutte le banche croate
> privatizzate. La Hypo Banka, che ha comprato il
> relativo pacchetto azionario dalla EBRD (la
> Banca Europea per il Rinnovo e lo Sviluppo),
> controlla il 75 per cento del capitale della
> Slavonska Banka, la Comit detiene il 66,3 per
> cento della Privredna Banka e la BLB e la
> UniCredito riceveranno in dono rispettivamente
> il 66 e il 65 per cento della Rijecka Banka e
> della Splitska Banka. Con la vendita della
> Privredna Banka alla Comit alla fine dell'anno
> scorso è stato direttamente inaugurato il
> modello di svendita delle banche croate. Tale
> modello è stato portato alla perfezione con la
> prevista vendita della Splistka Banka, a quanto
> si dice, alla milanese UniCredito per il tramite
> della piccola Cassa triestina, vendita della
> quale "Nacional" ha esaurientemente scritto
> alcune settimane fa. Per il pacchetto di
> maggioranza della Privredna Banka la Comit ha
> pagato 660 milioni di marchi, ovvero due
> miliardi e 440 milioni di kune, una cifra che
> [l'allora] ministro delle finanze Borislav
> Skegro aveva valutato di fronte all'opinione
> pubblica come un affare eccezionale. Ma la HDZ e
> Skegro hanno dimenticato di dire che con la
> vendita della Privredna Banka i danni per il
> bilancio statale sono stati di alcune volte
> maggiori. Anche la Privredna Banka [come la
> Rijecka Banka] ha risanato il proprio bilancio,
> vale a dire che ha trasferito il proprio
> portafoglio di crediti inesigibili per un valore
> di non meno di 2,5 miliardi di kune, all'Agenzia
> statale per il risanamento delle banche (DAB). A
> nome dello stato, la DAB si è impegnata a pagare
> alla banca, cioè al suo nuovo proprietario, nel
> corso dei prossimi sette anni e con un interesse
> del 6,5 per cento, attingendo al bilancio
> statale, una somma di entità identica. Solo con
> questa operazione, il partner strategico
> italiano ha compensato le spese effettuate e
> inoltre, sulla base degli interessi, ha
> guadagnato come minimo mezzo milione di kune. Ma
> con l'acquisto della Privredna Banka da parte
> della Comit è stato acquisito anche il diritto a
> obbligazioni croate per 3,2 miliardi di kune
> emesse al fine del risanamento della banca, che
> recano un interesse del 7,5 per cento, nonché il
> diritto a un miliardo e 460 milioni di kune di
> obbligazioni statali emesse al fine della
> ricapitalizzazione della banca, che hanno una
> scadenza a 15 anni a cominciare dal 1 luglio
> 1997, con un interesse del 5 per cento, il tutto
> insieme a una clausola valutaria. Quindi, la
> Comit ha pagato per la Privredna Banka 2,4
> miliardi di kune e, solo a fronte delle
> obbligazioni basate sul bilancio statale croato,
> otterrà 4,6 miliardi di kune.
>
> LA PRIVATIZZAZIONE DANNOSA
> Ma non è tutto. Lo stato si è preso carico anche
> dei debiti della Privredna Banka conseguenti ai
> crediti contratti dalla banca all'estero e pari
> a 346 milioni di dollari, ovvero 2,7 miliardi di
> kune. Quindi alla Comit verranno pagati dal
> bilancio statale croato, e questo senza tenere
> conto del valore del portafoglio e dei crediti
> inesigibili trasferiti allo stato, ben 7,3
> miliardi di kune. La "vendita", o meglio il dono
> della Privredna Banka è stato un modello
> esemplare di come effettuare la privatizzazione
> di una banca con esiti dannosi per la Croazia.
> Il minimo che in questo saccheggio del bilancio
> statale e in questa svendita di banche statali
> poteva fare il governo di Racan sarebbe stato di
> mostrare una specifica delle quote e dei crediti
> inesigibili che la Privredna Banka ha trasferito
> allo stato, in modo tale da rendere pubblico
> quante obbligazioni nei confronti della Comit si
> è assunto lo stato croato. Per esempio, allo
> stato è stata trasferita la quota del 63 per
> cento che la Privredna Banka detiene nella
> Jadroplov di Split, per un valore di 400 milioni
> di kune - i debiti che si è così assunto lo
> stato sono pari a 80 milioni di dollari e sono
> identici ai valori delle proprietà. Si ritiene
> che oltre alla Jadroplov, tra i debiti assunti
> dallo stato ci siano anche la Ina, la Kutina e
> molte altre imprese e quindi per ora si può solo
> intuire quanti siano i crediti inesigibili e non
> pagati della Privredna Banka trasferiti a onere
> del bilancio statale. Se non vogliono mettere a
> tacere il più grande scandalo statale, il
> governo e la DAB devono rendere pubblico ai
> contribuenti l'accordo sul trasferimento allo
> stato delle quote e dei crediti inesigibili
> della Privredna Banka, della Rijecka Banka e
> della Splitska Banka, perché sono tenuti a
> farlo. Il governo dovrebbe rispondere alla
> domanda del perché la Privredna Banka è stata
> comprata attraverso la filiale lussemburghese
> della Comit e in quali rapporti è tale filiale
> con la sede centrale del nuovo proprietario di
> maggioranza della Privredna Banka, del quale si
> segnala che è un membro del "Gruppo Intesa", il
> maggiore gruppo finanziario italiano.
> Bisognerebbe rispondere chi è veramente il nuovo
> proprietario della Privredna Banka, se si tratta
> di cittadini italiani o croati, qual è il ruolo
> di alcuni ex ministri croati in tutto questo e
> perché la Comit ha acquistato la Privredna Banka
> con una linea di credito in features che,
> mediante un indebitamento sul mercato locale dei
> capitali, è stata procurata dalla filiale
> brasiliana della Comit. L'elenco delle quote e
> dei crediti inesigibili della Splitska Banka
> trasferiti allo stato, per un valore di 1,166
> milioni di kune, è noto a "Nacional", che lo
> possiede. Alla DAB sono state trasferite quote
> bancarie senza valore in residenze turistiche
> (629 milioni di kune), crediti inesigibili (345
> milioni di kune), imprese con enormi perdite
> (Plodina, Slobodna Dalmacija, Dalmacijavino),
> crediti nei confronti di imprese che sono in
> bancarotta (Tisak, Jadrantekstil, Mornar). In
> cambio di tutto ciò, lo stato è tenuto a pagare
> alla Splitska Banka 687 milioni di kune. Quello
> che non sapevamo ce lo ha raccontato Tomo
> Bolotin, in un'intervista su commissione alla
> rivista d'affari "Banka", con la quale ha
> cercato assolutamente senza successo di smentire
> il testo pubblicato da "Nacional". Bolotin
> ammette che il partner italiano ha ordinato il
> risanamento del bilancio della banca, che
> l'accordo con la DAB è effettivamente
> un'obbligazione contrattuale a sette anni con
> interessi del 6,5 per cento insieme alla
> clausola valutaria. Questo significa che
> l'obbligazione dello stato non è più la
> restituzione al proprietario della banca di 687
> milioni di kune, ma la stessa somma maggiorata
> di 150 milioni di kune per interessi. [...] Le
> residenze turistiche non sono più proprietà
> della Splitska Banka, bensì dello stato, ma nei
> libri della banca vengono ancora registrati
> stanziamenti approvati destinati a tali imprese
> per un valore di 140 milioni di marchi, ovvero
> 570 milioni di kune. Si tratta di crediti
> "vivi", che la banca ha assicurato mediante
> ipoteca sugli immobili, ma, ammette lo stesso
> Bolotin, anche con garanzie che devono essere
> pagate dallo stato alla prima richiesta.
>
> Quindi con l'operazione di risanamento del
> bilancio grazie all'"eccellente" vendita alla
> UniCredito lo stato non ha la possibilità di
> vendere gli alberghi, perché il nuovo
> proprietario ha registrato un'ipoteca su di essi
> e garanzie da pagarsi alla prima richiesta.
> Dunque, oltre ai 687 milioni di kune
> contrattuali, oltre ai 150 milioni di kune di
> interessi, oltre ai 1,193 miliardi di
> obbligazioni della Croazia, oltre alle proprietà
> della Splitska Banka per il valore di 137
> milioni di kune, il nuovo proprietario della
> Splitska Banka otterrà anche 570 milioni di kune
> di crediti approvati per il turismo con garanzie
> del governo croato, cosa che finora ancora non
> sapevamo. I nuovi dati dicono che con la
> svendita delle proprietà croate e l'acquisto
> della Splitska Banka, UniCredito guadagnerà due
> miliardi e 588 milioni di kune. [...]
>
> Rimane l'amaro sapore del dovere prendere atto
> che, per mettere delle pezze temporanee al
> bilancio, il governo di Racan ha amnistiato la
> politica della HDZ e copre tutte le mancanze, le
> illegalità e gli affari dubbi nella politica
> creditizia delle banche. In tal modo vengono
> amnistiati dalle loro responsabilità tutti i
> consigli di amministrazione e i collegi di
> controllo che sono sempre stati al servizio dei
> più grandi magnati. Se si apre il caso della
> Splitska Banka, bisognerà farlo anche con la
> Privredna Banka e questo per il governo,
> evidentemente, sarebbe un peso troppo grosso
> [...].
>
> LA UNICREDITO E LA BULGARIA
> La banca milanese UniCredito non limita i suoi
> interessi di acquisto alla Croazia. Nelle scorse
> settimane è stato annunciato dal viceministro
> bulgaro Zotev che la UniCredito è stata
> selezionata dal governo per l'acquisto della
> Bulbank, la maggiore banca bulgara. La
> UniCredito ha presentato un'offerta in consorzio
> con la tedesca Allianz AG, che tuttavia
> partecipa in misura minima (5%) all'operazione
> di acquisto. Il contratto dovrà essere
> finalizzato entro la fine di giugno e finora
> sono ignoti i dettagli dell'operazione, anche se
> secondo dati non ufficiali citati dal
> settimanale economico "Kapital" (n. 19, maggio
> 2000) la cifra offerta da UniCredito/Allianz
> sarebbe di 350 milioni di euro che, sempre
> secondo il settimanale, rappresenterebbero una
> cifra maggiore rispetto a quanto prevedeva di
> incassare il governo bulgaro, che l'anno scorso,
> per bocca del ministro delle finanze Radev,
> aveva detto di attendersi di incassare 300
> milioni di dollari. La quota acquistata dal
> consorzio guidato dalla UniCredito sarà comunque
> di controllo, ma non ne è ancora nota l'esatta
> percentuale - l'ente venditore, la Società di
> consolidazione bancaria bulgara, detiene il 98%
> delle azioni, ma è possibile che una quota di
> circa il 9-10% venga riservata ai dirigenti e ai
> dipendenti della banca. Secondo altre
> informazioni non ufficiali citate da "Kapital"
> la UniCredito sarebbe stata disposta a pagare
> una somma ancora maggiore per la Bulbank se
> fosse stata prescelta anche per l'acquisto della
> OBB, la terza banca bulgara in ordine di
> grandezza. Per quest'ultima, tuttavia, sembra
> che il governo bulgaro sia orientato a dare la
> preferenza alla Banca Nazionale Greca, secondo
> indiscrezioni dell'agenzia Reuters riportate da
> "Kapital" (n. 21, maggio 2000). La banca greca
> sarebbe disposta a pagare 240 milioni di euro,
> un cifra decisamente maggiore rispetto alle
> offerte degli altri contendenti, la Piraeus Bank
> SA e la UniCredito. Nel caso della Bulbank, la
> cui privatizzazione, a differenza di quella
> della OBB, è stata oggetto di una procedura il
> cui esito è stato ufficializzato, la UniCredito
> aveva battuto la Canovas Consortium SA, formata
> da capitali della famiglia greca Vardinojanis e
> della banca francese Credit Agricole Indosuez.
> Il prezzo che pagherà la UniCredito potrebbe
> comunque variare di molto in funzione della
> decisione della banca di avvalersi dello schema
> "debito contro proprietà" concordato l'anno
> scorso tra il governo italiano e quello bulgaro,
> con il quale i debiti (124 milioni di marchi) di
> due banche bulgare nei confronti della
> assicuratrice italiana SACE sono stati
> trasformati in debito statale, che la Bulgaria
> può rimborsare con quote di aziende da
> privatizzare. Da parte sua, la Canovas SA si è
> immediatamente lamentata di irregolarità nella
> gara e ha rilasciato una serie di dichiarazioni
> dalle quali risulta chiaro che effettuerà lavoro
> di lobby in parlamento per ottenere una
> revisione delle varie offerte. Se andrà in
> porto, questo sarà solo l'ultimo della serie di
> acquisti effettuati dalla UniCredito nell'Europa
> Orientale: oltre alla Splitska Banka (si veda
> sopra), la banca milanese ha di recente
> acquistato una quota di controllo della Pekao
> Bank SA, la seconda banca polacca, per più di un
> miliardo di dollari.
>
> Meno fortunata è stata la genovese Marconi
> Communications, affiliata italiana della General
> Electrics, che si era aggiudicata in Bulgaria
> alla fine del 1998 un importante contratto da 58
> milioni di dollari per la costruzione di un
> sistema di comunicazioni militari conforme agli
> standard NATO, dopo un'opera di lobby degli
> allora primo ministro Prodi e ministro della
> difesa Andreatta (si veda "La Marconi e i
> miliardi bulgari per la NATO" di Momcil Milev,
> in "Notizie Est" #96 del 22 ottobre 1998). Il
> ministero della difesa bulgaro (dopo il recente
> cambio ai vertici di quest'ultimo in seguito al
> rimpasto di governo del dicembre scorso) ha
> rescisso il contratto con l'azienda italiana,
> asserendo il mancato rispetto da parte di
> quest'ultima di alcune clausole contrattuali. La
> Marconi, da parte sua, ha affermato che la
> decisione è dovuta a "motivi interni" della
> Bulgaria. La rottura di questo contratto pone
> problemi non indifferenti al governo bulgaro: da
> una parte, metà del prezzo era già stato pagato
> a fronte della consegna di strumentazioni e pare
> che ora la parte bulgara intenda chiedere un
> difficilmente ottenibile rimborso, dall'altra la
> Bulgaria rischia ora di non essere pronta per
> una serie di appuntamenti del suo processo per
> l'adesione alla NATO. Nel 1998 la Marconi aveva
> vinto il concorso battendo la svedese Ericsson e
> la tedesca Daimler-Benz. La procedura era stata
> seguita da alcune dimissioni all'interno del
> ministero della difesa bulgaro, che alcuni
> organi di stampa di Sofia avevano messo in
> collegamento con l'assegnazione del contratto
> alla Marconi (da "Pari", 4 maggio 2000)
>
> COMMENTO: LA STRANA TEMPISTICA DEGLI
> INVESTIMENTI ITALIANI NEI BALCANI
> di Andrea Ferrario
>
> Sarà un caso, ma la scelta dei tempi di
> intervento da parte del grande capitale italiano
> nei Balcani sembra ricalcare un modello ben
> preciso che si ripete a più riprese: laddove c'è
> un regime autoritario o un'oligarchia in crisi,
> il più delle volte si trova anche un'azienda
> italiana pronta a riversare centinaia di
> miliardi nelle loro casse (beninteso, facendo
> molta attenzione ai propri interessi). E'
> avvenuto così con la privatizzazione della
> Telekom serba nel 1997, che ha visto l'italiana
> STET "finanziarie" indirettamente il bilancio
> del regime di Belgrado con centinaia di miliardi
> nel momento in cui le casse dello stato serbo
> erano vuote e gli oligarchi di Milosevic si
> preparavano alla resa dei conti in Kosovo. E'
> avvenuto così ancora una volta nel dicembre
> scorso, quando la Comit ha trattato e concluso
> con il ministro Skegro, uomo di Tudjman e
> corresponsabile con quest'ultimo della
> catastrofe economica del paese, un affare da
> centinaia di miliardi che ha nei fatti aiutato,
> non i croati, ma l'oligarchia
> politico-finanziaria del regime, a rendere più
> "indolore" il passaggio dei poteri dopo la morte
> di Tudjman, a scapito dei lavoratori del paese
> (si vedano nell'articolo di "Nacional" i costi
> del risanamento delle banche di svariate volte
> superiori agli introiti generati dalla loro
> successiva vendita) e questo al di fuori di ogni
> controllo democratico (l'affare è stato concluso
> quando il parlamento era sciolto, in attesa
> delle elezioni). Il modello si replica poi in
> buona parte, anche se in un contesto politico
> diverso, con il recente acquisto, sempre in
> Croazia, della Splitska Banka da parte della
> UniCredito. Anche la "variante bulgara", pur
> nella sua diversità contestuale, rimane analoga
> nella sostanza: l'offerta e il probabile accordo
> finale della UniCredito per l'acquisto della
> Bulbank arrivano nel momento in cui il regime di
> Sofia è in piena crisi, travagliato da violente
> lotte intestine e in preda a paranoici timori
> "golpisti", in un'atmosfera che ricorda quella
> che regnava nel regime di Tudjman mentre andava
> verso la disfatta (e anche qui, come scrive il
> settimanale "Kapital" [n. 22, giugno 2000] in
> edicola la settimana scorsa, si apre la
> possibilità che, grazie a una recente operazione
> della Bulbank ancora statale, la Bulbank
> "italianizzata" riesca in futuro a mettere le
> mani sugli attivi della Parva Castna Banka, la
> ex maggiore banca bulgara, fallita anni fa per
> malversazioni con esiti disastrosi per
> l'economia del paese). Anche gli affari che non
> sono andati bene, come il contratto della
> Marconi con il governo bulgaro, sono indicativi
> del contesto in cui si svolgono gli affari:
> l'accordo, siglato nell'inverno '98, è stato
> disdetto nei mesi scorsi, poco dopo un
> avvicendamento ai vertici del ministero della
> difesa bulgaro in seguito alla "purga" messa in
> atto dal premier Kostov e con la quale sono
> state emarginate importanti lobby
> politico-finanziarie (a vantaggio di altre).
> Quello che rimane più esemplare, tuttavia, di
> questo affare è il fatto che il governo bulgaro
> si sia impegnato a stanziare cento miliardi per
> la costruzione di un sistema di
> telecomunicazioni militari il cui unico scopo è
> quello di facilitare le operazioni NATO
> nell'area, mentre nel paese la disoccupazione
> continua a fare balzi in avanti e sono decine di
> migliaia i lavoratori che non ricevono lo
> stipendio da mesi e, in alcuni casi, anche da
> anni. Anche in questo caso, il capitale italiano
> è stato subito presente all'appello.

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GLI USA PROMETTONO ALTRI AIUTI MILITARI ALLA CROAZIA

U.S. Promises To Increase Military Aid To Croatia
WASHINGTON, Aug 9, 2000 -- (Agence France Presse) The United States on
Tuesday signaled its readiness to increase military aid to Croatia and
help the country's new reformist government strengthen its ties with
NATO.
"It's on the way up, and it's up from basically zero the year before,"
said Defense Department spokesman Kenneth Bacon.
The current amount of US military aid to Croatia is less than one
million dollars, according to the Pentagon.
The comment came after US Secretary of Defense William Cohen hosted at
the Pentagon a full honors arrival ceremony for Croatian President Stipe
Mesic and Prime Minister Ivica Racan.
During their visit to Washington, the two leaders were expected to
discuss a broad array of cooperation projects designed to bolster
Croatia's economy and its standing in the international community.
"We see this visit as an important step in strengthening the growing
cooperation between the United States and the Republic of Croatia in the
wake of that country's democratic transition," State Department
spokesman Richard Boucher said.
Topics during a lunchtime discussion at the Pentagon included Croatia's
role in the Partnership for Peace program, created in 1994 to establish
cooperation and security partnerships between NATO and former Eastern
Bloc countries.
This is Mesic's first visit to the Pentagon as president, said Bacon.
Mesic and Cohen discussed an assessment by US officials on how best to
reform the Croatian military, according to the spokesman.
"They also talked about Croatia's steps toward civilian control of the
military," he added.
Croatia "has taken a big step forward to democracy which we're
encouraging," Bacon said. ((c) 2000 Agence France Presse)

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PROBLEMINI LEGALI PER LA CROAZIA
A CAUSA DEI CRIMINI COMMESSI IN BOSNIA...

http://washingtonpost.com/cgi-bin/gx.cgi/AppLogic+FTContentServer?pagename=wpni/print&articleid=A27787-2000Jun30

D.C. Lawyer in Dispute With Croatia

By R. Jeffrey Smith
Washington Post Foreign Service
Saturday , July 1, 2000 ; A18

ZAGREB, Croatia –– Top Croatian ministers looked to a Washington
attorney for advice in recent
years as they weighed demands from the international war crimes tribunal
for information about
alleged atrocities committed by Croatian troops in the 1991-95 Bosnian
war...

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BADURINA & ASSOCIATES: PUBLIC RELATIONS PER SFASCIARE UN PAESE

Below you will find a page from the Badurina and Associtates site. This
PR
firm partly is responsible for the creation and speard of anti-Serb
hatred
and racism among US Congressmen.
The link goes to a page which list those Congressmen backing anti-Serb,
racist actions through NATO.
If you are a Serb, consider these people your enemy!
Hummm. . .

http://www.dalmatia.net/croatia/badurina/us_backs_croatia.htm

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"Il Manifesto" del 24 Maggio 2000

Haider al palio dell'anello

CROAZIA
L'invito al leader razzista corona l'offensiva di destra
GIACOMO SCOTTI

Continua in Croazia l'offensiva dell'estrema destra che ha
lo scopo dichiarato di seminare il caos nel paese governato
dalla coalizione di centrosinistra. Tutte le occasioni sono
buone. Ieri è stato annunciato che il leader degli
xenofobi-liberali austriaci e governatore della Carinzia
Jorg Haider sarà "ospite d'onore" al 285esimo Palio
dell'Anello: il più celebre torneo cavalleresco della zona
che si corre ogni anno ad agosto dal 1715 nella cittadina
croata di Sinj (retroterra della Dalmazia). La competizione
dei cavalieri in uniformi settecentesche che galoppano
lancia in resta per centrare un anello di ferro ebbe dal
1990 al 1999 per supremo "carambascià" il defunto Franjo
Tudjman. Gli organizzatori, come dimostra l'invito,
accettato, a Haider e da questi accettato sono ancor sempre
estremisti di destra che vorrebbero trasformare l'edizione
2000 in raduno di filonazisti decisi a sferrare un ennesimo
colpo al governo post-tudjmaniano. Il pretesto per invitare
Haider a Sinj è stato trovato nella tradizione popolare
secondo la quale nel villaggio di Pribude, sulle pendici
del monte Svilaja, a una trentina di chilometri da Sinj,
vivono gli Haider croati. Un Haider austriaco, ufficiale
dell'esercito asburgico, dopo la prima guerra mondiale
decise di ritirarsi sul monte dove mise famiglia; i suoi
discendenti stanno ancora lassù.
L'annunciata presenza di Jorge Haider in Croazia è
un'ennesima provocazione, naturalmente, ma preoccupa il
fatto che il governo di Zagabria - condizionato dalla
presenza dei social-liberali di Budisa che non nascondono
la loro parentela con l'Hdz, il loro orientamento
nazionalistico e l'avversione agli antifascisti - lascia
ampi spazio alle sfide dei movimenti estremisti capeggiati
da Anto Djapic, Ivan Gabelica, Mladen Schwartz, Lioyic ed
altri caporioni neonazisti che sono riusciti, anche col
sostegno della destra accadizeta, a mobilitare in più
occasioni parte dei reduci della "guerra patriottica".
Negli ultimi 100 giorni, quasi ogni giorno, i neoustascia
croati, legati alla criminalità organizzata ed a schegge
deviate dei servizi segreti, hanno organizzato provocazioni
fino al tentativo di golpe. Ricordiamone alcune.
A Veljun, nella seconda guerra mondiale gli ustascia
massacrarono 520 civili di etnia serba: lì i neoustascia
hanno impedito agli ex partigiani di deporre corone sul
monumento che ricorda quelle vittime, hanno devastato il
monumento e una donna - fra gli applausi delle camicie nere
- si è calata le mutandine urinando sull'ossario; al
danneggiamento hanno preso parte cinque ufficiali
dell'esercito, ma la polizia ha lasciato fare.
In più comizi, il capo delle camicie nere Djapic ha
minacciato di far scorrere il sangue se i profughi serbi
dovessero tornare alle loro case e pretendessero di
prenderne possesso; il governo non ha reagito. Nella Piazza
dei martiri antifascisti a Zagabria, ribattezzata da
Tudjman "Piazza dei Grandi croati", gli ustascia hanno
aggredito e bastonato gli ex partigiani venuti per
celebrare la Giornata della vittoria sul fascismo; la
polizia ha lasciato fare.
A Bleiburg, in Austria, diverse migliaia di nostalgici
ustascia croati hanno celebrato la "giornata delle vittime"
commemorando con discorsi filonazisti i camerati caduti il
15 maggio '45. A quella manifestazione hanno portato il
saluto e l'adesione del Governo croato, ben tre ministri e
il vicepresidente del Parlamento, tutti social-liberali.
Uno di essi ha detto che "l'esercito partigiano non fu il
nostro esercito", aggiungendo che l'odierna Croazia
indipendente "è nata sulle ossa di questi caduti".
E non si contano le manifestazioni di protesta, organizzate
dai neoustascia, che si susseguono a Gospic, a Spalato, a
Zagabria, a Vukivar a difesa dei criminali di guerra,
contro le "interferenze" del Tribunale internazionale
dell'Aja. Ecco: impedire le indagini sulle stragi in
Croazia, impedire la consegna al tribunale dell'Aja degli
autori di quei crimini; impedire il rientro dei profughi
serbi cacciati dalla Croazia con la pulizia etnica dal 1991
al 1995; impedire la costruzione della democrazia e la
liquidazione delle strutture dell'ex regime; destabilizzare
il paese: questi sono gli obiettivi dei neoustascia e dei
loro alleati in questa sfrenata catena di provocazioni.
Un'esigua minoranza, infiltrata nei più delicati tessuti
dello stato, cerca di gettare la Croazia nel disordine, di
provocare una nuova guerra civile; una minaccia anche per i
paesi vicini dell'aera balcanico-adriatica. L'Europa, e
l'Italia in primo luogo, non può chiudere gli occhi.


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
e-mail: crj@... - URL: http://marx2001.org/crj
http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
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