Contiene:

1. Intervista ad Aldo Bernardini sulla prigionia di
Milosevic
"Corriere dela Sera", 18.08.2001

2. Aleksandar Ivanov: KARLA DEL PONTE GUBI OD MILOSEVICA
"Nezavisimaja gazeta", 10.08.2001

3. GREGORY ELICH:
Yugoslavia's Real War Criminals Are Not On Trial
PRAVDA (RUSSIA), Wednesday, August 1, 2001


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> http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=ESTERI&doc=MILO

dal "Corriere della Sera", 18 agosto 2001

ESTERI

Milosevic: �Mi manca tanto mia moglie Mira�

L'ex leader, visitato in carcere dal giurista italiano
Bernardini, parla della sua difesa e delle sue nostalgie

�Slobodan Milosevic mi ha detto che vuole andare fino in
fondo, che la sua battaglia contro quello che definisce un
tribunale falso e illegale, un'arma della Nato contro il
popolo serbo, � soltanto all'inizio�. E' un Milosevic
lucido e determinato, dall'aria distesa e insieme
energica, quello che due giorni fa si � presentato a
Aldo Bernardini, l'unico italiano a cui la corte penale
dell'Onu per i crimini commessi nella ex Jugoslavia ha
concesso di incontrare l'ex presidente serbo, da quasi
due mesi detenuto nella prigione olandese di Scheveningen,
in attesa di processo per crimini contro l'umanit�.
Bernardini, professore di diritto internazionale a Teramo
ed ex rettore dell'universit� di Chieti, ha ottenuto
il via libera alla visita in qualit� di consulente
giuridico. Milosevic infatti ha deciso di non nominare
un proprio collegio difensivo, ma ha accettato di ricevere
alcune consulenze legali. Alla fine di luglio, con lo
status di consiglieri, avevano gi� varcato la soglia del
carcere anche l'ex ministro della Giustizia americano
(negli anni Sessanta) Ramsey Clark e il legale canadese
Cristopher Black. Entrambi, come Bernardini, fanno parte
del Comitato internazionale in difesa di Milosevic, nato
per iniziativa di decine di intellettuali, soprattutto
del mondo slavo, decisi a battersi contro un processo
a loro parere ingiusto. Il presidente del comitato � il
parlamentare bulgaro Velkov Valkanov, ma l'esponente
di gran lunga pi� noto � il commediografo inglese Harold
Pinter.
L'incontro tra Bernardini e Milosevic, un faccia a faccia
in una saletta del penitenziario, senza vetri divisori
o microfoni, � durato un paio di ore alla sola presenza
di un'interprete, che, per�, si � limitata ad ascoltare,
assentandosi di tanto in tanto, visto che i due ospiti
parlavano entrambi l'inglese. �Ho solo fatto il mio
dovere per difendere il popolo serbo�, ha ripetuto pi�
volte Milosevic nel suo colloquio con il visitatore
italiano, respingendo con forza tutte le accuse che gli
vengono rivolte dal Tribunale dell'Onu. �Pi� volte -
ricorda Bernardini - l'ex presidente si � visibilmente
commosso ricordando i giorni terribili dei bombardamenti
Nato sulla Jugoslavia�.
Questione di un attimo, per�. E poi il prigioniero
numero 39 del carcere di Scheveningen ha subito ripreso
il suo contegno abituale. Quello di un uomo politico
deciso far valere le sue ragioni di fronte al mondo.

DIETRO LA GRATA - Un duro, insomma, che per� ha confessato
a Bernardini di sentire molto la nostalgia del suo
Paese e, soprattutto, di sua moglie Mira Markovic. A
questo proposito Milosevic non ha perso l'occasione di
denunciare quella che considera una vera e propria
discriminazione nei suoi confronti. Infatti, ha spiegato
�Slobo�, a tutti gli altri detenuti viene concesso di
vedere i familiari con estrema facilit�. A lui invece
sono stati posti grandi ostacoli. Tutto nasce dal fatto
che Mira Markovic fa parte della lista nera dei serbi
indesiderati nei Paesi occidentali. E in pi�, si �
lamentato Milosevic con il suo interlocutore italiano,
l'unico incontro con la moglie, lo scorso luglio, �
avvenuto attraverso una grata e con un microfono a
registrare le loro conversazioni.

LE GUERRE BALCANICHE - Parlando due giorni fa con il
professore di Teramo, Milosevic non si � limitato a
ribadire i suoi attacchi alla Corte dell'Aja, ma ha
commentato a lungo anche gli ultimi sviluppi della crisi
nei Balcani. �Mi ha detto - racconta Bernardini - che
il nuovo focolaio di guerra in Macedonia non � altro
che il risultato della strategia della Nato, che
sostenendo la guerriglia albanese ha fomentato nuove
violenze�. Prima ancora, per�, era stato il nazionalismo
dei serbi ad esasperare le tensioni tra le varie etnie
della Jugoslavia. Ma su questo punto l'ex capo del
governo di Belgrado ha negato ogni responsabilit�.
Racconta Bernardini: �Milosevic ha usato parole molto
dure contro l'estremismo nazionalista. Non vuole essere
identificato come l'ideologo della Grande Serbia. Anzi,
si � descritto come un fautore della convivenza tra
le varie etnie all'interno della federazione jugoslava.
Ha voluto ricordarmi la sua battaglia contro i
nazionalisti per far approvare l'articolo uno della
nuova costituzione del 1990, dove si spiegava che la
Serbia � il Paese di tutti coloro che vi abitano e non
il Paese dei serbi, come invece pretendevano gli
estremisti�. Detto questo, Milosevic ancora una volta
ha voluto chiarire che non intende in nessun modo
riconoscere il Tribunale dell'Aja. �Mi ha rivelato
di non aver neppure letto l'atto d'accusa nei suoi
confronti�, spiega Bernardini. Di conseguenza � molto
probabile che l'ex uomo forte di Belgrado si presenter�
alla prossima udienza preliminare del 30 agosto, ma
semplicemente per ripetere che la corte non ha nessuna
legittimit� giuridica. Proprio come � gi� successo lo
scorso 3 luglio, quando, per soli 11 minuti, il
protagonista della Norimberga dei Balcani venne
condotto per la prima volta davanti al Tribunale
dell'Onu. Su questo punto la posizione dell'ex
presidente serbo � molto chiara. Il processo non
sarebbe altro che una messa in scena orchestrata
dalla Nato, un nuovo capitolo dell'aggressione contro
i serbi, proprio come i bombardamenti del 1999.
�Milosevic mi ha detto - racconta Bernardini - che,
se davvero fosse libero di difendersi, allora
dovrebbe chiamare a testimoniare anche i capi dei
governi occidentali che hanno partecipato alla guerra
in Kosovo, da Bill Clinton al cancelliere tedesco
Gerhard Schr�der, al presidente francese Jacques
Chirac, al nostro Massimo D'Alema�. �Ma questo
ovviamente non sar� possibile�, ha concluso l'imputato.

UN BREVISSIMO INCONTRO - Nessun rapporto anche con il
procuratore dell'Aja, il magistrato svizzero Carla Del
Ponte. �Milosevic mi ha raccontato che nei giorni
scorsi ha visto per pochi minuti la signora Del Ponte -
rivela Bernardini - ma non aveva niente da dirle,
quindi la visita si � chiusa molto in fretta�. In
base all'atto d'accusa dell'Onu, Milosevic � chiamato
a rispondere di stragi e deportazioni durante la guerra
del Kosovo. Secondo il procuratore Del Ponte tutto
sarebbe stato pianificato a tavolino dal governo di
Belgrado, deciso a espellere gli albanesi dalla
provincia meridionale della Serbia.
�Ovviamente abbiamo parlato anche di queste accuse�,
spiega Bernardini. �Ma, secondo Milosevic - continua
il professore italiano - l'esercito jugoslavo aveva
ordini precisi di evitare qualunque violenza contro
la popolazione civile. Poi, nel caos determinato dai
bombardamenti, ci possono essere state violazioni di
questi ordini, ma non facevano parte di un piano
predeterminato�.

GLI AMICI ITALIANI -Insomma, secondo questa versione
dei fatti, la tragedia del Kosovo sarebbe tutta colpa
dei bombardamenti scatenati dalla Nato nel marzo del
1999. Continua Bernardini: �Milosevic mi ha raccontato
con grande commozione di quei giorni terribili. Mi ha
detto che pi� volte il negoziato sembrava vicino a un
accordo di pace ma poi gli americani hanno fatto saltare
tutto. Ha anche ricordato i politici italiani, come
Umberto Bossi e Armando Cossutta, che andarono a
portargli solidariet� a Belgrado e gli dissero
che l'Italia era stata di fatto costretta a partecipare
alla guerra�. Ma la rievocazione dei giorni della
guerra � stato l'unico momento di debolezza dell'ex
uomo forte dei Balcani: �Per il resto del colloquio
si � sempre dimostrato fermo e determinato nel difendere
le sue scelte politiche, mi � apparso psicologicamente
molto motivato e pronto a dare battaglia�, ha detto
Bernardini.
Durante il lungo colloquio Milosevic ha voluto spiegare
le ragioni delle sue scelte politiche. Lo ha fatto con
foga, a volte con rabbia, rigettando sull'Alleanza
Atlantica e soprattutto �sulla sete di dominio mondiale
degli americani� tutte le responsabilit� della guerra.
Ma l'incontro non si � mai trasformato in un comizio.
L'uomo che meno di un anno fa teneva in pugno un Paese
intero, a tratti ha messo da parte la sua autodifesa
per raccontare anche la sua vita da carcerato. �Si tiene
informato - racconta Bernardini -, guarda la televisione
e soprattutto legge molto. Io stesso gli ho portato due
saggi storici in inglese di Hobsbawn ("Il secolo breve")
e di Mack Smith�.
Nelle scorse settimane si � detto che Milosevic si era
isolato, che non voleva contatti con gli altri detenuti,
ma il diretto interessato ha smentito con forza questa
versione dei fatti divulgata dai portavoce dell'Onu.
�Milosevic - spiega il professore italiano - si �
lamentato che le autorit� del Tribunale dal momento del
suo arrivo non gli hanno consentito di vedere nessuno.
Da qualche giorno invece pu� frequentare gli altri
carcerati. Tutti salvo tre, per motivi, come gli �
stato spiegato, di ordine processuale�.
L'ex leader dei serbi ha raccontato di aver ricevuto
un'ottima accoglienza dai suoi compagni di prigionia,
anche i croati e i musulmani. Lo chiamano presidente
e gli hanno offerto sigarette. �Mi ha anche rivelato
con orgoglio - dice Bernardini - di aver ricevuto decine
di lettere di solidariet� da ogni parte del mondo�. Ma
adesso le attese e le speranze del carcerato Milosevic
sono tutte rivolte alla prossima settimana, quando
festegger� il suo sessantesimo compleanno. Per
l'occasione arriver� all'Aja da Belgrado, per fermarsi
qualche giorno, anche sua moglie, Mira Markovic.

Vittorio Malagutti

� Corriere della Sera

---

"Nezavisimaja gazeta", 10.08.2001.

Aleksandar Ivanov

KARLA DEL PONTE GUBI OD MILOSEVICA

Najispolitizovanija tuziteljka Evrope u
delovanju bivseg jugoslovenskog predsednika
nije pronasla znake genocida

Karla del Ponte ni u Hagu nema vise srece nego
u domovini Svajcarskoj. Najglasovitijem predmetu
glavnog tuzioca Medjunarodnog tribunala - o ratnim
zlocinima Slobodana Milosevica - preti propast zbog
odsustva realnih dokaza njegove krivice. Del Ponteova
je prekjuce bila prinudjena da u svom poslednjem
intervjuu italijanskom listu "Il Piccolo" prizna da
tribunal kome je na celu nije uspeo da pronadje materijale
o odgovornosti bivseg jugoslovenskog predsednika za
genocid na Kosovu. Sada ona u tom predmetu uglavnom
racuna na Miloseviceve "zlocine" tokom gradjanskih
ratova u Hrvatskoj i Bosni i Hercegovini. Medjutim,
pozicije glavnog tuzioca su i tu vrlo klimave.
Izvanredno oprezni Milosevic prakticno nije ostavljao
tragove svoje rukovodece delatnosti. Vise je voleo da
naloge daje iskljucivo usmeno i tet-a-tet. Osim toga,
sav prljavi posao tokom rata u Hrvatskoj su, i
umnogome na sopstvenu inicijativu, obavljali prvo
generali federalne armije (tj. jos one, "velike
Jugoslavije"), a potom lideri tamosnje srpske manjine,
kao kasnije lideri bosanskih Srba Radovan Karadzic i
general Ratko Mladic tokom gradjanskog rata sa
muslimanima. Nije slucajno sto se sada del
Ponteova sve cesce priseca isto tako zasad nedokazanih
finansijskih mahinacija bivseg jugoslovenskog predsednika.
Ali to pitanje tim pre potpada pod prerogativu
nacionalnih istrazno-sudskih organa SRJ.

Tuzilac Medjunarodnog tribunala fakticki svakim svojim
postupkom, svakom izjavom za glasila potvrdjuje svoju
kolegama odavno poznatu strucnu neupotrebljivost. U
sustini, citava njena tridesetogodisnja pravna praksa
se sastoji iz izgubljenih procesa, kontra-tuzbi i
demantija. Necemo dublje zalaziti u cisto svajcarsku ili
evropsku prasumu, vec cemo se setiti makar samo "ruskih
predmeta" del Ponteove: o firmi "Mabeteks", o sredstvima
moskovskih mafijaskih formacija u zapadnim bankama ili
hapsenja preduzetnika Sergeja Mihajlova predstavljenog
kao rukovodioca momaka iz Solnceva. U ovom slucaju necemo
zalaziti u pitanje stvarne krivice ili nevinosti tih
objekata na koje je bila usmerena njena tuzilacka paznja.
Sustina je u necemu drugom: u onoj nepromisljenoj
odlucnosti del Ponteove da ih unapred, pre istrage i
sudjenja, proglasi krivima i izvede dalekosezne zakljucke
o vladajucem moralu u doticnoj zemlji. Da angazuje u
svoju podrsku mnoge medjunarodne institucije i organizacije,
da rastrubi svoje zakljucke po svim svetskim glasilima. I,
dobivsi jos vise zvanje, da se preseli u Hag, ne obracajuci
paznju, na primer, na placanje milionske nadoknade istom tom
Mihajlovu koji je uspeo da opovrgne sve optuzbe del Ponteove.

Nista nije ispalo ni sa Rusima, pa se onda "uraganska
tuziteljka" kako su je nekad pre nazvali zemljaci-Svajcarci
latila Srba. I na duznosti glavnog tuzioca Medjunarodnog
tribunala del Ponteova dela s istom bespogovornoscu kao
i ranije u svom kantonu, a potom u Zenevi. Istrazni
zatvor je prepun bivsih srpskih politicara i vojnih
lica, jos vise optuzbi je razaslato u Beograd i
bosansku Republiku Srpsku (RS), znatno manje - u
druge mlade balkanske drzave, premda je poznato da je
u gradjanskom ratu u nacelu nemoguce razabrati ko je
prav a ko kriv. Vec i jedan primer sa bivsom
predsednicom RS Biljanom Plavsic opovrgava navodnu
objektivnost Haskog tribunala. Plavsiceva postade
sef republike koji poslusno sprovodi prozapadnu
politiku - na nju u Hagu zaboravise; cim je neslavno
napustila tu duznost - opet se nje setise i pozvase
je kod sebe, dok sad bice da del Ponteova i ne zna
sta da inkriminira toj 70-godisnjoj zeni, pa bi da
je pusti kuci.

Brizljivo gradeci sopstvenu karijeru na tudjim
zlocinima i nesrecama, Karla del Ponte istovremeno
sve otvorenije ispoljava svoju angazovanost koja
granici s direktnom servilnoscu. Kad vec u istom
tom njenom propalom predmetu o dogadjajima iz 1999.
godine na Kosovu nisu pronadjeni nikakvi direktni
dokazi Milosevicevih zlocina, onda bar postoji
mnostvo ociglednih dokaza zlocina NATO tokom
bombardovanja SRJ, izmedju ostalog i vazdusnih
napada na cisto civilne objekte. Pa i u stampi
objavljenih potvrda, na primer, toga da masovni
odlazak Albanaca s Kosova nije zapoceo pre,
nego upravo posle pocetka natovskih bombardovanja,
na Zapadu ima vise nego dovoljno. O tome sada svedoce
ne samo novinari, nego i aktivni, a jos cesce
penzionisani zapadni politicari i generali. Ali,
glavni tuzilac Haskog tribunala ne samo da ne primecuje
takve materijale, nego i odbija direktne tuzbe
protiv Severnoatlantske alijanse. Ona ne obraca
paznju ni na opseznu trgovinu drogom i oruzjem cime
se bave sadasnji lideri politickih struktura
Kosova, kao ni na oruzane upade prvo u Juznu Srbiju
a sad i Makedoniju koje oni organizuju. Kao ni na
ranije akcije genocida u odnosu na sopstvenu
srpsku manjinu od strane vlasti Hrvatske.

Uostalom, takva kratkovidost napreskok od koje del
Ponteova pati vrlo lako se moze objasniti: u
pozadini blickrigova hrvatske armije u sopstvene
provincije Krajinu i Slavoniju naseljene pretezno
Srbima, mnogih provokativnih radnji muslimanskih
vlasti u Bosni, stvaranja i faktickog ocuvanja sve
dosad nerazoruzanih kosovskih borbenih formacija
stajali su politicari Zapada, tacnije SAD i NATO.
Isti su i Karlu del Ponte doveli na celo te
institucije koja je, kako je ovih dana pisalo
u engleskom listu "Gardijan", "cedo bivseg drzavnog
sekretara SAD Madlen Olbrajt" i koja sve dosad "igra
kako joj americka spoljnopoliticka institucija svira".

Zato je za ocekivati da cemo imati jos dosta
prilika da cujemo priznanja del Ponteove isto
toliko razoracana i nemusto prosaputana u intervjuu
nekom manjem izdanju tipa spomenutog "Il Piccolo".
Vrlo je moguce da i "proces veka" s Milosevicem
propadne. Ali, "uraganska tuziteljka" ce mozda
dotad vec otici na neku visu duznost, jer ovih
dana vec ulazi u drugu polovinu cetvorogodisnjeg
roka na toj duznosti. A na Zapadu odanost umeju
da cene.

To join or help this struggle, visit:
http://www.sps.org.yu/ (official SPS website)
http://www.belgrade-forum.org/ (forum for the world of equals)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend
Slobodan Milosevic)

---

http://english.pravda.ru/yougoslavia/2001/08/01/11509.html

PRAVDA (RUSSIA), Wednesday, August 1, 2001

2001-08-01

GREGORY ELICH:
Yugoslavia's Real War Criminals Are Not On Trial

The blare of media fanfare exhorts us to
celebrate the abduction and imprisonment of
former Yugoslav President Slobodan Milosevic.
Though widely touted as a victory in the American
crusade for human rights, the arrest of Milosevic
fits a quite different pattern when seen in the
context of the history of post World War II
history. Whether waving the banner of freedom or
waving the banner of human rights, Western
leaders have consistently sought to obscure both
their motivations and the often-dreadful
consequences of their actions. Freedom was never
a concern. Nor were human rights, but such
rhetorical justifications helped to engage
domestic public support for international
adventures designed to serve corporate interests.
The lure of profit always takes precedence over
the lives of millions. Every year, 40 million
people die needlessly of hunger, victims of a
global capitalist system that cherishes wealth,
but human lives not at all. In terms of death,
this silent holocaust is the equivalent of a
Second World War - in which 55 million died -
taking place every year and a half. Yet a drop in
the Stock Market evokes more concern. Such a
system is monstrous. One can gauge Western
commitment to human rights and justice by
examining the record of these self-appointed
judges. History is replete with examples, so a
few cases will have to serve as a synecdoche.

In August 1995, Croatian troops invaded Serbian
Krajina. Within days, virtually the entire
Serbian population, over 200,000 people, was
driven from their homes. U.S. NATO warplanes
spearheaded the assault, bombing Serbian radar
and anti-aircraft sites. American EA-6B
Electronic Warfare aircraft jammed Serb military
communications. Croatian troops, trained and
supplied with weapons and satellite
reconnaissance by the U.S., rampaged through the
Krajina, burning down homes and slaughtering
thousands who couldn't escape in time. It was the
single greatest refugee crisis of the 1991-95
Balkan civil war, and it was U.S. officials who
gave the go-ahead to the Croatian government.
Serbian Krajina was closely associated with
Yugoslavia, the last remaining socialist-led
government in Europe, and decidedly outside the
orbit of Western control.

In March 1998, the secessionist Kosovo Liberation
Army (KLA) was a small force with about 300
members. Turing a blind eye to the KLA's policy
of murder and intimidation, the U.S., Germany and
Great Britain sent arms shipments and provided
training to the KLA, building it up into a major
guerrilla army with as many as 30,000 members.
Western intervention turned a small conflict into
a major crisis. As a pretext, NATO relied on the
crisis it had created in order to justify waging
a war of aggression against Yugoslavia. Foremost
among crimes against humanity is the crime
against peace, and for this crime NATO and
Western leaders clearly bear guilt. Every town
and city in Yugoslavia was the target of their
bombs. My travels throughout Yugoslavia shortly
after the war confirmed that NATO deliberately
targeted civilians. Entire residential areas were
wiped out. Factories, schools, hospitals,
bridges, apartment buildings, houses, offices and
a passenger train were destroyed. Cluster bombs,
anti-personnel in nature, were dropped on
residential areas, tearing human beings to
pieces. Over 2,000 civilians were killed and over
10,000 wounded by NATO.

Western leaders could not sell the war to their
publics by revealing that it was intended to
create a market friendly to Western corporate
interests, so they concocted the lie of concern
for Albanian human rights. When NATO bombs
started falling, Serbian extremists became
enraged, blaming Albanians for the bombs.
Right-wing paramilitary squads formed, venting
their rage on Albanian civilians in mainly border
areas of Kosovo. Rogue police and criminal gangs,
both Serbian and Albanian, took advantage of the
chaos to loot homes and drive away occupants.
Yugoslav security forces, the target of NATO
bombs, struggled to stabilize the situation. By
the third week of the war, they were escorting
Albanian refugees back to their homes, and within
two months order had been restored to most of
Kosovo. Yugoslav security forces fought against
the terrorism of both the KLA and Serbian
paramilitaries, and by the end of the war had
arrested over 800 Serbian extremists for crimes
against Albanian civilians.

President Milosevic's position was consistent. He
advocated ethnic equality. His delegation at
Rambouillet peace talks consisted of members of
every ethnic group in Kosovo, including Albanian.
Serbs were a minority in the Yugoslav delegation.
At the talks, the Yugoslav delegation offered
wide-ranging autonomy for Kosovo. Repeatedly,
Milosevic stated his commitment to a multi-ethnic
society. His words from a 1992 speech are
typical: "We know that there are many Albanians
in Kosovo who do not approve of the separatist
policy of their nationalist leaders. They are
under pressure, intimidated, and blackmailed, but
we shall not respond with the like. We must
respond by offering our hand, living with them in
equality, and not permitting that a single
Albanian child, woman, or man be discriminated
against in Kosovo in any way. We must, for the
sake of all Serbian citizens, insist on the
policy of brotherhood, unity, and ethnic equality
in Kosovo. We shall persevere on this policy." A
monumental propaganda campaign has succeeded in
achieving one of the most astounding smear
campaigns in history, painting a democrat devoted
to socialist ideals as a racist hate-monger.

Milosevic's offense was his opposition to
privatization and foreign control of the Yugoslav
economy. The U.S.-organized Balkan Stability Pact
called for a region under the sway of the free
market model. Yugoslavia, strategically
positioned along the Danube and astride a major
highway transportation route, stood in the way of
the effort to place the Balkans under complete
and total Western economic domination.

The common thread running through these examples
is not a zeal for justice and human rights by the
West, but a vindictive urge to seek the
imprisonment or murder of its opponents. Nothing
can stand in the way of corporate profits. As one
man in Yugoslavia told me, " I think our
President Milosevic is more of a problem for
imperialism than for us."

Who can believe that Milosevic could possibly
receive a fair trial at the hands of the
International Criminal Tribunal for Former
Yugoslavia (ICTY)? He wasn't even allowed to
speak at his arraignment without having his
microphone twice switched off. During NATO's war
against Yugoslavia, the Tribunal hastily composed
its indictment of Milosevic and four other
Yugoslav leaders in order to bolster sagging
public support for the war. Created and funded by
the same Western powers that carried out NATO's
war, the ICTY serves its master. The trial is
widely, and rightly, seen as setting an important
precedent. No longer would international law be
an impediment to action. Already the war
established that Western powers could wage war
without authorization by the United Nations. The
trial will establish their right to seize anyone
without regard to borders or legal niceties.
Anyone resisting Western demands would be
threatened with abduction and imprisonment. It
will be yet another tool for imposing Western
domination over other nations, and make no
mistake, it will be used. The trial of Slobodan
Milosevic will be a show trial with a preordained
verdict.

The real war criminals are not on trial. They act
as judge and jury. We are witnessing the
outrageous spectacle of criminals judging their
victims. President Milosevic's only crime was
that he had the courage to stand up to NATO
despite overwhelming odds, to patriotically
defend his country against aggression. Shortly
after the war, I was a member of a delegation
that interviewed Albanian refugees who fled to
Belgrade. Among those we interviewed was Fatmir
Seholi, Chief Editor at Radio Television Pristina
until NATO troops entered Kosovo and expelled him
from the province. Unlike those in the West
deluded by propaganda, he knew a real war
criminal when he saw one. "Every NATO bombing was
a big problem," he told us. "There was no purpose
relating to the Serbian nation or the Albanian
nation. Whether that was their purpose or not,
people were killed. The man who could command
NATO to bomb people is not human. He is an
animal. After the bombing at Djakovica, I saw
decapitated bodies. I have pictures of that. It
is horrible, terrible. I saw people without arms,
without feet." Seholi demanded, "Who is Clinton
to accuse another? I would like to say to Hillary
Clinton that her husband is an immoral person.
That man ruined our state for no reason. What
would he say if someone bombed the United States,
bombed the White House, or killed or raped his
daughter? Who is the evil man here? Milosevic,
who is protecting the territory of Yugoslavia and
protecting the people of Kosovo, or Clinton, who
bombs us?"

Prepared by Gregory Elich

---

Questa lista e' curata da componenti del
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ).
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le posizioni ufficiali o condivise da tutto il CNJ, ma
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